Dispense Corso GRI

A.A. 2013-2014
Appunti del Corso di
GESTIONE DELLE RISORSE
IDRICHE
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Idraulica
ed Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio
Docente: Prof. Giovanni Maria Sechi
Cagliari, Marzo 2014
Indice
1 Introduzione
1.1 Impatto delle opere
1.2 Strumenti per la pianificazione e gestione dei sistemi idrici
2 Premesse sulla identificazione e valutazione dei piani
2.1 Valore futuro di un singolo pagamento
2.2 Valore attuale di un singolo pagamento
2.3 Valore futuro di una serie uniforme
2.4 Valore attuale di una serie uniforme
2.5 Tassi multipli e composti
3 Scelte tra diverse alternative di piano
3.1 Saggio di rendimento interno
3.2 Grandezze finanziarie e grandezze economiche
3.3 Costi interni e costi esterni
3.4 Costi ambientali
3.5 Benefici interni ed esterni
3.6 L’alternativa del non intervento
3.7 Progetti con vita delle opere differenti
3.8 I prezzi reali
4 Obiettivi dell’intervento pubblico
4.1 La funzione obiettivo
4.2 La funzione di produzione
4.3 Le condizioni di ottimalita’
4.4 Alcuni semplici esempi
Un solo serbatoio con un solo tipo di utilizzazione
Un solo serbatoio con due tipi di utilizzazione
2
Due serbatoi con un solo tipo di utilizzazione
4.5 Una applicazione dei concetti di base
Dati di base
Combinazione di minimo costo dei serbatoi
Combinazione di minimo costo dei serbatoi con sistemazione
alveo
La soluzione ottimale
5 Metodi e tecniche per l’analisi di un sistema di risorse idriche
5.1 Premessa
5.2 Il sistema campione esaminato
5.3 La Simulazione del sistema
Idrologia
Irrigazione
Benefici irrigui
Costi irrigui
Fabbisogno di energia idroelettrica
Potenza degli impianti idroelettrici
Benefici della produzione di energia
Costi e cartatteristiche degli impianti idroelettrici
Capacita’ disponibile per il controllo delle piene
Propagazione delle piene
Costo del controllo delle piene
Costo dei serbatoi
Procedure di gestione del sistema
Considerazioni sulle procedure di gestione adottate
Istruzioni di gestione adottate
Procedura operativa
6 Altri metodi per l’ottimizzazione dei sistemi
7 La programmazione dinamica
3
7.1 L’equazione ricorsiva
7.2 Esempio applicativo della DP
7.3 Il principio di ottimalita’
7.4 Variabili di stato multiple
7.5 Altre applicazioni
7.6 Considerazioni conclusive sulla Programmazione Dinamica
8 Elementi di programmazione lineare
8.1 Risultati intuitivi
8.2 Alcune definizioni
8.3 Premesse al metodo del simplesso
8.4 Miglioramemnto di una soluzione di base
8.5 Sintesi del metodo del simplesso
9 Il problema duale
9.1 Relazioni fra i valori della funzione obiettivo
9.2 Interpretazione economica del duale
10 Ottimizzazione di sistemi di risorse idriche tramite programmazione lineare
10.1 Possibilita’ di erogazione da un invaso
10.2 Modello di qualita’ dell’acqua
10.3 Variabili duali e prezzi ombra
11 Problemi di flusso su reti
11.1 Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi
11.2 Matrice di incidenza
11.3 Rappresentazione dei vettori fuori base
11.4 Il metodo del simplesso per problemi di flusso su rete
4
APPENDICE A: Le opere idrauliche e gli usi della risorsa idrica
APPENDICE B: Il Piano Regionale delle Acque
APPENDICE C: Utilizzazione degli algoritmi di programmazione
lineare su rete per i sistemi di risorse idriche
APPENDICE G: Documenti e normativa sulle acque
5
Principali testi di riferimento
(oltre gli appunti)
- LOUCKS D.P., J.R.STEDINGER, D.A.HAITH: Water resources
systems planning and analysis, Prentice-Hall ed., 1981.
- MAASS A., M.M. HUFSCHMIDT, R. DORFMAN, H.A. THOMAS
Jr., S.A. MARGLIN, G.M. FAIR: Design of Water-Resource
Systems, Harvard University Press, 1962.
- HENDERSON J.M., R.E. QUANDT: Teoria microeconomica Una impostazione matematica, UTET, 1973.
- BAZARAA M.S., JARVIS J.J.: Linear Programming and Network Flows, Wiley ed, 1977.
- LOUCKS D.P., E. van BEEK: Water Resources Systems Planning
and Management - An Introduction to Methods, Models and
Applications, UNESCO ed, 2005.
6
1
Introduzione
Obiettivo delle analisi per la pianificazione e gestione ottima delle
risorse idriche e’ essenzialmente quello del controllo delle acque per
far fronte alle esigenze di richiesta per le diverse utenze e contestualmente prevenire possibilmente i danni causati da fenomeni legati
alle piene, magre, decadimento della qualita’ delle acque, ecc.
Spesso le risorse idriche sono viste dai diversi utilizzatori in modo
privatistico per cui il pianificatore dovra’ rendere possibilmente compatibili le diverse esigenze delle utenze.
(Esempio: conflitti che possono derivare dall’andamento temporale
delle richieste irrigue e idroelettriche)
Per rendere possibile il controllo e l’utilizzazione delle acque
e’ necessaria l’esecuzione di svariate opere come dighe, torrini di
presa, serbatoi, acquedotti, sistemazioni irrigue, impianti idroelettrici, bonifiche, ecc.. In linea di massima, i costi derivanti dalla
realizzazione di tali opere dovranno essere compensati dai benefici
da esse ritraibili durante il periodo assunto come vita o durata delle
opere stesse.
I criteri di scelta di tipo economico vanno ovviamente accompagnati da quelli relativi alla compatibilita’ tecnica, al reddito nazionale
nel suo insieme ed al benessere sociale.
Nell’ambito della Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche
(PGRI) e’ quindi indispensabile una interazione tra il tecnico (va’
inteso in senso ampio in quanto possono essere coinvolte diverse
competenze) e il decisore (in genere un amministratore pubblico).
Il primo deve fornire e giustificare una serie di alternative tecnicamente valide e giustificabili nei riguardi delle conseguenze di tipo
economico, sociale ed ambientale che tali soluzioni possono determinare e che dovranno essere valutati dal decisore inserendole in
un contesto piu’ ampio nel quale l’acqua, come patrimonio e risorsa
comune, deve essere accuratamente tutelata.
7
In merito si ricorda che gia’ il T.U. sulle opere idrauliche del
1904 (R.D. 25.07.1904 n.523) affermava che le acque sono soggette
alla pubblica amministrazione ed individuava cinque categorie di
opere idrauliche. Tale concetto e’ ribadito in modo categorico dal
Testo unico sulle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti
idroelettrici (R.D. 11.12.1933 n.1775) che afferma il principio che
sono pubbliche le acque sorgenti, fluenti e lacuali anche se artificialmente estratte dal sottosuolo. In questa Legge sono inoltre
ripresi e completati i criteri di istruttoria per affidare in concessione
le acque pubbliche, gia’ emanati nel 1920 (R.D. 14.08.1920 n.1285)
che gia’ attribuiva ai Genio Civile il controllo primario delle concessioni. Anche il Codice Civile agli articoli 812, 822 ed 823 afferma
che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico i
fiumi, torrenti, laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in
materia.
Per quanto riguarda la Sardegna, l’articolo 14 dello Statuto speciale (Legge costitutiva 26.02.1948 n.3) prevede che la Regione,
nell’ambito del suo territorio succeda nei beni e nei diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare ed in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo. Di conseguenza si puo’ ritenere trasferito alla regione sarda l’intero patrimonio idrico statale. Alla Regione
e’ quindi attribuita potesta’ legislativa ed amministrativa esclusiva
in materia di esercizio dei diritti demaniali sulle acque pubbliche
(art. 3).
La Regione Sardegna e quindi subentrata in modo completo allo
Stato nelle competenze in materia di concessioni e riconoscimenti
di acque pubbliche.
NOTA BENE: Si rimanda all’Appendice G per una illustrazione
piu’ ampia della Normativa di settore.
8
1.1
Impatto delle opere
Deve sempre essere tenuto presente che la costruzione di grandi
opere per il controllo delle risorse idriche determina un impatto,
spesso di tipo irreversibile, sul corpo idrico e sull’ambiente nel suo
complesso. Tornare indietro in condizioni indisturbate e’ una operazione spesso impossibile ed in ogni caso molto onerosa. Si esaminino
ad esempio le modifiche indotte dalla costruzione di uno sbarramento artificiale, di una importante opera di trasporto a p.l. o
conseguenti allo scarico di inquinanti nel corso d’acqua.
Al riguardo, la rilettura dei dodici principi della Carta Europea
dell’Acqua, emanata dal Consiglio d’Europa gia’ nel 1970 e per molti
punti ripresa dalla Direttiva 2000/60/CE, puo’ aiutarci a chiarire
gli obiettivi di una corretta utilizzazione delle risorse idriche:
1 - Non c’e’ vita senza acqua. L’acqua e’ un bene prezioso, indispensabile a tutte le attivita’ umane.
2 - Le disponibilita’ di acqua dolce non sono inesauribili. E’ indispensabile preservarle, controllarle e se possibile accrescerle.
3 - Alterare la qualita’ dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo
e degli altri esseri viventi che da essa dipendono.
4 - La qualita’ dell’acqua deve essere mantenuta in modo da poter
soddisfare le esigenze delle utilizzazioni previste, specialmente
della salute pubblica.
5 - Quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita
all’ambiente naturale, deve essere in condizioni da non compromettere i possibili usi dell’ambiente, sia pubblici che privati.
6 - La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, e’ essenziale per la conservazione delle risorse
idriche.
7 - Le risorse idriche devono essere accuratamente inventariate.
9
8 - La buona gestione dell’acqua deve essere materia di pianificazione da parte delle autorita’ competenti.
9 - La salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di
ricerca scientifica, di formazione di specialisti, e di informazione
pubblica.
10 - La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel
bacino naturale piuttosto che entro frontiere amministrative e
politiche.
11 - L’acqua non ha frontiere. Essa e’ una risorsa comune la cui
tutela richiede la cooperazione internazionale.
1.2
Strumenti per la Pianificazione e Gestione delle Risorse
Idriche
Nella PGRI oltre alle conoscenze dell’Idrologia, Idraulica, Costruzioni
Idrauliche ed Economia, risulta indispensabile l’utilizzazione di tecniche basate sulla programmazione matematica ed in particolare che
si rifanno alla Ricerca Operativa ed alla Analisi dei sistemi.
Tali metodi, pur fornendo degli strumenti oggettivamente potenti per la individuazione delle scelte ottime, non offrono comunque
garanzie assolute in quanto la loro utilizzazione deve essere sempre accompagnata da una scelta oculata e consapevole nella attribuzione di priorita’ assegnate alle esigenze che si confrontano
nella formulazione degli obiettivi da perseguire.
L’arte dell’analista e’ proprio quella di identificare nel processo
di pianificazione quegli aspetti che e’ necessario prendere in esame
riuscendo ad inserirli nella modellazione in un corretto contesto.
Anche se l’analisi per la PGRI non si puo’ restringere alla formulazione di modelli matematici, sicuramente questa fornisce degli
strumenti formidabili per il pianificatore. La predisposizione del
modello matematico richiede che vengano prese in esame in modo
10
quantificabile le variabili che entrano in gioco nel processo decisionale. Di riscontro, i risultati conseguibili consentono una valutazione
oggettiva della bonta’ della configurazione proposta.
Risulta quindi evidente che una delle difficolta’ maggiori che si
presentano in questo approccio deriva dalla difficolta’ di rappresentare in modo aderente la realta’ fisica dei sistemi . I dati di input, cosi’ come gli obiettivi ed i vincoli, possono essere controversi
ed incerti. Ovviamente e’ sempre da tener presente che tutte le
ipotesi assunte in questa fase di costruzione del modello influiranno
in modo determinante sull’output che forniremo al decisore.
Volendo fornire un criterio per indirizzarci sul come costruire il
modello dovremmo innanzituto chiarire con gli altri attori (committenti, amministratori, utenti, ecc.) quale siano:
- gli obiettivi della analisi;
- i dati richiesti per valutare i progetti;
- i tempi, risorse e strumenti a disposizione;
- le conoscenze e le capacita’ del modellatore e del decisore.
Pare evidente da queste prime osservazioni che chi si avvia ad
analizzare questo tipo di problemi deve possedere non solo conoscenze
di base di tipo matematico particolarmente indirizzate verso l’analisi
dei sistemi ma anche conoscenza degli strumenti ingegneristici, economici, e di impatto ambientale che le coinvolgono le opere inserite
nei sistemi di utilizzazione delle risorse idriche. E’ comunque usuale,
nella predisposizione di piani ad ampia valenza, la collaborazione di
specialisti nelle varie discipline sopra citate che, tuttavia, devono
essere in grado di interagire tra loro in modo ampio.
NOTA BENE: Per una illustrazione pi ampia delle problematiche
che interessano la Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche si
rimanda ai primi capitoli del testo di LOUCKS D.P., E. van BEEK:
11
Water Resources Systems Planning and Management - An Introduction to Methods, Models and Applications UNESCO ed, 2005,
consultabile con il link dato nel sito web del corso.
12
2
Premesse sulla identificazione e valutazione
dei piani e dei progetti
In linea di massima il processo di pianificazione deve prendere in
esame differenti alternative progettuali. Ad esempio per l’approvvigionamento di un centro abitato potrebbe essere possibile captare
delle sorgenti prevedendo una integrazione con pozzi trivellati, ovvero
realizzare una traversa ad acqua fluente con impianto di potabilizzazione ed ugualmente integrazione da pozzi o, infine, potrebbe essere possibile realizzare un invaso con la costruzione di una diga a
gravita’ grazie alla quale si potrebbe anche irrigare un comprensorio
agricolo.
E’ quindi indispensabile valutare i benefici cosi’ come i costi di
costruzione e manutenzione delle opere al fine di individuare la
soluzione economicamente piu’ valida.
In primo luogo ´e ovvio che la valutazione di costi e benefici deve
avvenire su basi confrontabili e pertanto devono essere espressi sotto
forma monetaria. In secondo luogo deve essere possibile combinare
costi e benefici che avvengono in istanti temporali differenti, riportandoli quindi ad uno stesso orizzonte temporale.
Indichiamo con:
P = valore presente di una certa somma di denaro;
Fn = valore futuro di P dopo un certo periodo n;
i = tasso di interesse.
Generalmente i e’ espresso come tasso di interesse annuo e pertanto n e’ espresso in anni. P puo’ essere considerato come il capitale investito in una certa opera ed Fn il capitale investito piu’ il
guadagno che si puo’ avere in n anni di attivita’ di tale opera.
Se si pone n = 1 si ricava:
F1 − P
i=
(1)
P
Il tasso di interesse (1) puo’ essere considerato come una misura
13
della produzione netta del capitale investito e l’investitore cerchera’
di massimizzare questo guadagno scegliendo, tra diverse opportunita’, quella per la quale e’ massimo il tasso di interesse.
Il problema si complica quando, pur essendo ia < ib , si abbia
che l’investimento a sia esente da rischi (ad es.: acquisto di buoni
del tesoro), mentre all’investimento b sia associato un certo rischio
legato al fallimento dell’impresa, crollo in borsa, ecc. E’ comunque
chiaro che un’impresa che voglia richiamare capitali per un suo finanziamento, al quale e’ sempre legato un certo rischio, dovra’ offrire un tasso di interesse superiore rispetto a quello offerto dallo
Stato.
2.1
Valore futuro di un singolo pagamento
Con la simbologia gia’ definita, si ha dopo un anno:
F1 = P + iP = P (1 + i)
(2)
F2 = F1 (1 + i) = P (1 + i)2
(3)
dopo due anni:
ed in definitiva, dopo n anni:
Fn = P (1 + i)n
2.2
(4)
Valore attuale di un singolo pagamento
Riprendendo l’ultima espressione scritta precedentemente si ottiene
P = Fn (1 + i)−n
(5)
dove, ovviamente, P stavolta rappresenta il valore attuale di un
pagamento che avviene dopo n anni.
2.3
Valore futuro di una serie uniforme
Indichiamo con A una somma di denaro fissa pagata alla fine di
ogni periodo. Nel contesto generale nel quale ci mettiamo A puo’
14
rappresentare sia un costo di manutenzione, gestione o operativo,
ovvero anche un beneficio. Con Fn si indica la somma del valore
futuro dei singoli pagamenti A piu’ i relativi interessi.
Per quanto detto precedentemente risultera’:
Fn = A(1 + i)n−1 + A(1 + i)n−2 + ... + A(1 + i) + A
(6)
Fn = A[(1 + i)n−1 + (1 + i)n−2 + ... + (1 + i) + 1]
(7)
ovvero:
moltiplicando entrambi i membri per (i + 1) si riscrive:
Fn (1 + i) = A[(1 + i) + (1 + i)2 + ... + (1 + i)n−1 + (1 + i)n ] (8)
Sottraendo Fn si ottiene:
Fn (1 + i) − Fn = A[(1 + i)n − 1]
(9)
(1 + i)n − 1 
Fn = A 
i
(10)
e quindi:


Invertendo l’espressione precedente si puo’ trovare il valore dei flussi
costanti di denaro per determinare, nel futuro dopo n anni, un valore
pari ad Fn :


i

A = Fn 
(11)
(1 + i)n − 1
2.4
Valore attuale di una serie uniforme
Il valore attuale P derivante da una successione di pagamenti futuri
A di importo costante per una serie di durata n, si ricava inserendo
nella (5) il valore di Fn dato dalla(11):
(1 + i)n − 1 

P =A
i(1 + i)n


(12)
Dalla precedente espressione si puo’ determinare l’importo annuale
posticipato da pagare per n anni per estinguere un debito P attuale:
15
i(1 + i)n 
A=P
(1 + i)n − 1


(13)
n
i(1+i)
Il termine (1+i)
n −1 che compare nella (13) e’ detto tasso di ammortamento del capitale P in n anni al tasso di interesse i.
2.5
Tassi multipli e composti
Non sempre il tasso di interesse i e’ calcolato annualmente. Esso
puo’ essere valutato per periodi minori o maggiori dell’anno. Sia i0
il tasso di interesse annuo che viene valutato m volte nell’anno. Il
tasso di interesse nel periodo e’: i = i0 /m. Se la vita dell’opera e’
pari a p anni, il numero di periodi di valutazione degli interessi e’
pari a n = pm .
Operando opportunamente si ottiene che il valore futuro di una
serie di pagamenti costanti in n periodi vale:
(1 + i0 /m)pm − 1 

Fn = A
i0 /m


(14)
In questo caso un valore annuale effettivo del tasso di interesse
annuale puo’ essere valutato come nel seguente modo:
i0 m
ief f = 1 + m
−1
questo valore puo’ dedursi
ponendo, nel singolo anno:
0 m
i
(1 + ief f )1 = 1 + m
.
16
3
Scelta fra diverse alternative
Indichiamo con:
B = benefici derivanti dalla realizzazione del progetto;
C = capitali investiti;
A = costi operativi, di manutenzione e gestione degli impianti.
Il costo capitale e’ spesso assimilabile ad un singolo pagamento effettuato all’inizio di un certo anno. Ci sono tuttavia delle eccezioni:
per esempio quando la costruzione dell’opera e’ realizzata in diverse
fasi o richieda tempi molto lunghi. In tal caso indicheremo con Ck
i costi effettuati nel periodo k.
I benefici B ed i costi operativi, di manutenzione e gestione A
possono in genere essere assimilati a serie uniformi di pagamenti.
Il valore attuale netto (VAN nella letteratura italiana e NPW,
net present worth, in quella anglosassone) e’ uguale alla differenza
F0 − P , dove ora F0 rappresenta il valore attuale dei benefici e costi
futuri, valutato con le espressioni viste precedentemente, mentre P
sono i costi attuali.
Il processo decisionale, per selezionare la migliore alternativa progettuale utilizzando il valore attuale netto, in sintesi puo’ essere
articolato nel seguente modo:
- Si calcola il V AN = B0 − A0 − C0 per ciascuna alternativa a, b,
c, ovvero : V AN a , V AN b , V AN c .
- Si considerano solo le alternative ammissibili, definendo in tal
modo quelle per le quali V AN ≥ 0.
- Si sceglie tra le alternative ammissibili quella per la quale si ha il
massimo del V AN .
Di seguito, nel corso, saranno presi in considerazione piu’ in dettaglio alcune applicazioni che utilizzano questo tipo di analisi basata
sulla valutazione del valore attuale netto.
17
3.1
Saggio di rendimento interno
Il limite principale del criterio di scelta basato sul N P W e’ che
questo, trattandosi di una somma algebrica di costi e di benefici,
non e’ in grado di fornire una indicazione completa della redditivita’
dell’intervento: un V AN di 5 miliardi potrebbe derivare da un’opera
che costi 2 miliardi, oppure 20 miliardi. Nonostante la coincidenza
dell’indicatore pare evidente la maggiore redditivita’ dell’opera di
minor costo.
Per colmare questa carenza interviene il saggio di rendimento
interno (SRI) che corrisponde a quel particolare tasso di interesse
che una banca dovrebbe riconoscere all’operatore per eguagliare i
proventi che derivano dalla realizzazione dell’opera e che quindi sintetizza in un’unico valore la redditivita’ propria dell’investimento.
Dalle espressioni precedenti, nel caso di un singolo pagamento si
ha: Fn
n
P = (1 + SRI)
Pertanto il saggio di rendimento interno, azzerando il guadagno,
fornisce quel tasso di interesse per il quale sarebbe piu’ conveniente
mettere i soldi in banca. Tassi di interesse inferiori indicano la
convenienza ad investire e quindi la superiorita’ del saggio di rendimento interno dell’investimento proposto.
3.2
Grandezze finanziarie e grandezze economiche
Una spesa di mille euro per l’acquisto di materiale di consumo per
la gestione di un impianto puo’ non corrispondere, da parte di chi
riceve la somma, a mille euro di spesa netta: perlomeno da tale
importo dovra’ sottrarre una parte dell’IVA, trasporto, oneri vari,
ecc.
Il passaggio dalle grandezze finanziarie (quanto effettivamente si
spende) alle grandezze economiche consiste appunto nella misura di
18
tali differenze per valutare l’entita’ dei trasferimenti.
In una analisi di tipo economico, finalizzata quindi a verificare
la effettiva convenienza dell’investimento per la collettivita’ nel suo
insieme, non ha importanza se la titolarieta’ di una quota del reddito viene trasferita; cio’ che alla fine e’ importante e’ l’effettivo
guadagno della collettivita’.
Ad esempio lo Stato puo’ essere ben disponibile ad accollarsi
parte degli oneri per l’irrigazione di un comprensorio irriguo poiche’
dall’aumento di reddito degli agricolori derivera’ un trasferimento
allo Stato sotto forma di tasse che a loro volta serviranno a finanziare nuove opere nell’ambito della irrigazione.
Con l’analisi economica si deve tendere a valutare la convenienza
per la collettivit´
a sommando costi e benefici per tutti i soggetti.
In linea di massima il problema del passaggio dall’onere finanziario
all’onere economico si semplifica attraverso l’adozione di fattori di
conversione, coefficienti, in genere con valore minore di uno, che
consentono la valutazione dell’effettivo onere economico sulla base
dell’onere finanziario.
3.3
Costi interni e costi esterni
Si intendono come costi economici esterni quelli sopportati da soggetti
diversi da quelli cui compete l’esecuzione, manutenzione e gestione
diretta dell’opera.
Nel caso della realizzazione di un comprensorio irriguo i costi
esterni saranno quelli non sostenuti dal Consorzio di bonifica con
finanziamenti dello Stato ma bensi’ provenienti da altri attori come,
ad esempio gli stessi agricoltori per la predisposizione delle opere
aziendali, ovvero altri enti per l’adeguamento delle infrastrutture
dovuto all’espansione degli insediamenti agricoli, viabilit´a, ecc.
19
3.4
I costi ambientali
Sono anch’essi, in genere, costi esterni. Andrebbero associati in
questa voce quei costi che sono, solitamente senza alcuna remunerazione, sopportati da soggetti esterni alla realizzazione dell’opera
ma che con questa interagiscono per l’ambiente, ovvero il contesto
territoriale nel quale queste opere sono realizzate.
Ad esempio, nella realizzazione di un Parco protetto, in questa
voce si dovranno considerare i danni conseguenti al fatto che gli
allevatori non potranno piu’ utilizzare alcune aree del Parco. A
seguito della realizzazione di una diga, piu’ a valle una cascata non
sar´a pi´
u oggetto di richiamo turistico, ecc. Si tratta , evidentemente
di costi sopportati dalla collettivita’ e certamente connessi all’opera
anche se esterni a questa.
3.5
Benefici interni ed esterni
Sono benefici esterni quelli che derivano alla collettivita’ ma non
direttamente ai soggetti cui compete la manutenzione, e gestione
dell’offerta ritraibile dalla realizzazione di un’opera.
La costruzione di una autostrada determina, evidentemente, un
beneficio interno per l’ente concessionario che otterra’ gli introiti dei
pedaggi; ulteriormente, un beneficio esterno sara’ determinato dalla
riduzione della incidentalita’ conseguente alla realizzazione di una
adeguata sede stradale e, in secondo luogo, dalla possibilita’ degli
operatori di poter approvvigionare i materiali alle aziende con un
numero inferiore di mezzi di trasporto.
Relativamente ai benefici interni si e’ soliti distinguere tra:
- rientri tariffari;
- rientri non tariffari;
- altri benefici.
20
I primi sono commisurati al pagamento di un canone, i secondi sono
derivanti da tutti gli altri tipi di introiti come: vendita di beni o
servizi, sovvenzioni pubbliche, ovvero il valore residuo dell’opera al
termine della vita economica dell’investimento. Altri benefici possono essere il know-how culturale derivante dalla utilizzazione di una
tecnologia innovativa, valutazione della disponibilita’ a pagare per
una prestazione che per quanto non venga effettivamente effettuata
a pagamento, rappresenta comunque un introito per la collettivita’
nel suo complesso (ad esempio la realizzazione di una autostrada
senza pedaggio).
3.6
L’alternativa del non-intervento
La progressiva maggiore sensibilizzazione della societa’ verso i problemi dell’impatto ambientale delle grandi opere idrauliche ha portato come alternativa da tenere sempre presente quello della impossibilita’ di operare l’intervento a causa del suo impatto verso
l’ambiente nel suo complesso.
Poiche’ l’alternativa del non-intervento e’ con C = 0, da cio’
sembrerebbe debba sempre dedursi che l’efficienza del sistema non
e’ cambiata e che non ci saranno diretti benefici da tale ipotesi.
I realta’ non si puo’ escludere la possibilita’ di benefici da tale
ipotesi che possono comunque essere preesistenti alla modifica dello
stato del sistema e che potrebbero nel nuovo contesto essere persi.
3.7
Progetti con vita delle opere differenti
E’ gia’ stato affermato che tutte le alternative progettuali devono
essere esaminate sotto uguali basi di confronto. Questo ovviamente
richiede che debba essere presa in esame la diversa vita delle opere
che sono previste nelle soluzioni progettuali.
Se si ipotizza, ad esempio, di acquisire una macchina con durata
operativa di tre anni, questa dovra’ essere messa in confronto in
21
modo corretto con una macchina che, pur costando di meno restera’
operativa per un solo anno.
Se estendiamo l’analisi per tre anni, nel secondo caso dovremmo
considerare i tre costi annuali attualizzati C0 = f (C1 , C2 , C3 ). In alternativa possiamo esaminare un estensione temporale piu’ ridotta
ma in tal caso valutare il valore residuo della prima macchina come
un beneficio. In genere pero’ quest’ultima operazione e’ di difficile
valutazione e si preferisce riportarsi al primo caso, ossia estendere
l’analisi economica per la durata del componente che ha vita (durata) maggiore. Nel fare questa operazione si deve spesso considerare l’onere di sostituzione di parte dei componenti del sistema
analizzato.Un caso tipico quello dell’analisi di un acquedotto nel
quale siano inseriti parti elettromeccaniche (pompe, quadri elettrici,
ecc.) che sicuramente hanno durata di funzionamento minore delle
condotte. Si dovra’ pertanto prevedere la sostituzione di tali parti
dopo un certo numero di anni, spesso cio’ accade piu’ volte nel corso
della estensione temporale utilizzata per l’analisi economica.
3.8
I prezzi reali
I prezzi che un consumatore paga per ricevere un bene si assume
essere perlomeno pari al livello di soddisfazione che lo stesso consumatore puo’ ricevere da tale bene. Se il costo e’ troppo alto il
bene non sara’ acquistato.
Il prezzo reale di un bene e’ quindi una misura della utilita’ di tale
bene. Tuttavia la carenza di un certo tipo di bene puo’ determinare
l’aumento del suo prezzo finale mentre l’eccesso di produzione porta
ad una diminuzione del suo prezzo. In tali casi i prezzi si dicono
inflazionati o deflazionati rispetto ai prezzi reali.
Consideriamo il caso in cui un individuo acquisti un bene con
una vita media di 5 anni per 100 e lo dia in affitto ad un tasso di
22
interesse annuo del 7% . Dopo 5 anni ricevera’ un importo:
F5 = 100(1 + .07)5 = 140.26
(15)
Si potrebbe pensare che si sia realizzato un profitto di 40.26,
tuttavia, quando l’individuo si reca a riacquistare il bene si accorge
che ora (dopo cinque anni) lo stesso bene non costa piu’ cento ma
bensi’ 150 e quindi in effetti ha avuto una perdita di 9.74. Questo
fatto e’ stato determinato dall’inflazione che ha fatto lievitare il
costo del bene.
Il tasso medio di inflazione f puo’ essere determinato essendo:
Pˆ = P (1 + f )n
(16)
Il simbolo Pˆ indica che il valore monetario non e’ riferito all’anno
zero ma, bensi’, all’anno n.
Nel caso dell’esempio si ha un tasso di inflazione media annua:
150 = 100(1 + f )5 e quindi si ricava: f = 8.45%.
L’andamento medio dei prezzi al consumo sono un indice globale
del valore dell’inflazione, cosi’ come l’andamento dei costi per il
produttore. Esistono statistiche ufficiali per le quali e’ possibile
sapere quale e’ stato il valore di f , differenziandolo di anno in anno.
Conoscendo il valore annualmente variabile di f , possiamo quindi
riscrivere l’espressione precedente:
Pˆ = P (1 + f1 )(1 + f2 )...(1 + fn )
(17)
Nei problemi ingegneristici e’ spesso necessario, nelle valutazioni
economiche, fare delle previsioni sull’andamento dell’inflazione nel
futuro. Il piu’ delle volte ci si limita ad ipotizzare un tasso medio
presunto dell’inflazione in n anni.
Nell’esempio precedente, se ipotizziamo che l’individuo chieda
200 per l’utilizzo di cinque anni del bene pagato 100, a cio’ cor23
risponderebbe un tasso d’interesse i per cui:
200 = 100(1 + i)5 , e quindi: i = 14.87% .
In effetti il tasso reale di interesse r e’ tale per cui:
Fˆn = P (1 + i)n
Fˆn = Pˆ (1 + r)n
Fˆn = P (1 + f )n (1 + r)n
(18)
(19)
(20)
e nel nostro caso, essendo:
200 = 150(1 + r)5 , risulta un tasso reale di interesse r = 5.92%
mentre il tasso complessivo ha espressione:
(1 + i) = (1 + r)(1 + f )
(21)
i = (1 + r)(1 + f ) − 1
(22)
e quindi:
Consideriamo due differenti tipi di investimento:
Il primo utilizza un capitale iniziale di 1000 ed un profitto in termini
di rata costante pari a 180 per 10 anni.
Il secondo un investimento di 1000 ed un profitto di 180 legato
all’inflazione.
Ipotizziamo r = 10% ed f = 5% per anno.
Dalla espressione (22) si ricava i = 15.5%.
Nel primo caso si puo valutare un valore attuale netto:
(1 + 0.155)10 − 1 

V AN = −1000 + 180
= −113.58
0.155(1 + 0155)10


(23)
Nel secondo investimento il beneficio annuo aggiornato sara’:
24
ˆk = B(1 + f )k , k = 1, 10
B
(24)
ˆk ricevuto nell’anno k e’:
Il valore attuale del B
P WB =
ˆk
B
(1 + i)k
(25)
ed essendo (1 + i) = (1 + r)(1 + f ), la relazione diventa:
P WB =
B
B(1 + f )k
=
(1 + r)k (1 + f )k
(1 + r)k
(26)
In definitiva il problema si riduce a trovare il V AN in termini
del tasso reale r:
(1 + 0.10)10 − 1 
V AN = −1000 + 180 
= 106.02
0.10(1 + 0.10)10


(27)
e quindi in questo secondo investimento si ottiene un guadagno
netto.
25
4
Obiettivi dell’intervento pubblico
Come e’ stato gia’ detto, obiettivo primario dell’intervento pubblico e’ quello di massimizzare il benessere nazionale; questo criterio non e’ pero’ facilmente traducibile in criteri operativi per il
pianificatore. Un criterio potrebbe essere quello di massimizzare il
reddito nazionale ovvero, piu’ precisamente, l’incremento del reddito nazionale conseguente alla realizzazione del progetto. E’ gia’
stato detto al paragrafo 3 che cio’ comporta la valutazione di costi
e benefici che possono essere sia interni che esterni in relazione al
progetto che si sta esaminando.
Tuttavia questo criterio ha il difetto di: 1) trascurare tutte le
componenti non esprimibili in termini economici; e 2) non tiene in
conto come avviene la distribuzione del reddito.
Quest’ultimo e’ un problema assai complesso sul quale difficilmente
si riesce ad impostare criteri di ottimizzazione soddisfacenti.
Restando in ambito economico, tradizionalmente la misura della
performance di un progetto e’ espresso, come gia’ detto, in termini
di benefici netti conseguibili ed e’ chiamata funzione obiettivo.
Nel nostro caso, i benefici netti (in termini di efficenza economica) misurano il contributo netto di un sistema di utilizzazione di
risorse idriche al reddito nazionale, ossia la differenza fra il reddito nazionale dovuto dovuto all’output del sistema ed il reddito
nazionale impiegato per la realizzazione e l’esercizio del sistema,
salvo che per la eventuale differenza (positiva) dovuta al surplus
(rendita) dei consumatori che utilizzano l’output come beni finali.
Per una trattazione piu’ ampia degli aspetti generali legati alla
definizione dei concetti ed obiettivi nella pianificazione delle risorse
idriche si veda Maass & al., 1962 (pagg. 18-87).
26
4.1
La funzione obiettivo
Assumiamo in generale che la funzione obiettivo (F O) del nostro
intervento, detta anche funzione di utilita’ in ambito economico, sia
del tipo:
u = u(x, y)
(28)
ove x e’ il vettore di input ed y e’ il vettore di output che possono
essere individuati nell’intervento.
Una forma plausibile di u, limitandoci al caso lineare, puo’ essere:
u(x, y) =
X
p j yj −
j
X
pi xi
(29)
i
dove la prima sommatoria indica i benefici e la seconda i costi
attualizzati ed essendo pj e pi i relativi prezzi di mercato.
Si noti che, comunque, la funzione obiettivo deve essere una funzione scalare perche’ deve consentire un completo ordinamento delle
soluzioni alternative.
Poiche’ ipotizziamo un mercato senza condizionamenti (mercato
perfetto), la massimizzazione della F O porta alla verifica della efficenza economica (spesso chiamata ottimo paretiano), definita nei
termini in cui ogni possibile ridistribuzione dei beni porta ad una
diminuizione della produzione di almeno un bene, si potrebbe teoricamente prescindere dallo scrivere la F O in modo esplicito poiche’
basterebbero le sole condizioni differenziali ma, in pratica, cio’ non
e’ vero poiche’ possono trovarsi diversi massimi locali ed inoltre devono essere confrontate singolarmente le soluzioni con le condizioni
al contorno.
Trascuriamo per il momento difficolta’ di definizione del problema che riguardano l’incertezza dovuta a fattori idrologici (gli input, cosi’ come certi output, possono essere variabili casuali) ed
27
economici (gli interventi di manutenzione possono essere variabili
casuali).
Si considerano, invece, input ed output che avvengono in diverse
date nell’orizzonte temporale analizzato ed attribuiamo ad essi, coerentemente con quanto esaminato nel capitolo 2, i costi e benefici
attualizzati.
4.2
La funzione di produzione
I vettori delle variabili di input x e di output y sono legati tra loro
dalla funzione di produzione:
f (x, y) = 0
(30)
Il concetto che sta alla base della definizione della funzione di
produzione puo’ essere spiegato nel seguente modo:
Se diamo ad x e ad y dei valori qualunque puo’ essere, ovvero puo’
non essere, possibile produrre y con x: nel primo caso siamo nella
regione della fattibilita’ tecnologica, nel secondo caso no.
Fra tutte le coppie (x, y) della regione di fattibilita’ tecnologica
a noi interessano solo quelle efficienti (attenzione: concetto di efficienza tecnologica da non confondere con la efficienza economica).
Esse sono quelle per cui a pari x forniscono un vettore y che ha
ciascuna componente piu’ elevata di qualunque altra che puo’ ottenersi con x ovvero, viceversa, che a pari y richiedono le minime
quantita’ di x.
Il luogo dei punti che abbina (x, y) tecnologicamente efficienti
fornisce la funzione di produzione. Come gia’ detto, trascuriamo
in questo contesto le difficolta’ legate alla natura intrinsecamente
stocastica della f (x, y) nel campo delle risorse idriche.
Inoltre, parliamo di funzione di produzione a breve termine quando
28
l’installazione delle opere e’ definita ed e’ immodificabile nell’arco
del tempo considerato (problema di gestione ottima); di funzione
di produzione di lungo periodo quando le opere, almeno in parte,
devono essere ancora eseguite (problema di pianificazione ottima).
La funzione di produzione e’ utile sul piano concettuale anche se
in pratica e’ assai difficile da definire in tutti i suoi aspetti soprattutto se l’intervento previsto si estende nel tempo con un flusso di
input ed output difficilmente prevedibile in termini di date di realizzazione. Per fortuna le relative derivate parziali in punti di interesse
si possono spesso determinare lo stesso, e’ cio’ e’ sufficiente per le
analisi sulle variazioni marginali che devono essere eseguite.
Nella Figura 1 e’ riportato, a titolo di esempio ed in forma grafica,
il processo per la definizione della funzione di produzione per un sistema di approvvigionamento idrico . L’esempio e’ riferito ad un
semplice schema dato da un singolo serbatoio da realizzare per approvvigionare una sola utenza, di tipo irriguo. La quantita’ di acqua
che puo’ essere fornita all’irrigazione in ogni anno dipende, oltre che
ovviamente dal regime degli input idrologici e dall’andamento temporale delle richieste (che si ipotizzano conosciuti), dalla capacita’
del serbatoio.
Tale capacita’ del serbatorio, avendo prefissato la posizione della
stretta nella quale sara’ realizzata la diga, dipende dall’altezza della
diga secondo la relazione della curva di invaso data nella Figura
1.b. Sono inoltre definiti la tipologia costruttiva della diga e le
relazioni del costo della diga in funzione della sua altezza (Figura
1.a). Tramite la regolazione dei deflussi, sia inoltre determinata la
curva di possibilita’ di erogazione (Figura 1.c), ossia la quantita’
di acqua erogabile in ciascun anno in funzione della capacita’ del
serbatoio.
La Figura 1.d, fornisce la relazione dei costi di costruzione, espressi
come funzione della capacita’ del serbatoio, Questa relazione puo’
29
Figure 1: Relazioni funzionali per un semplice schema invaso - utenza irrigua
30
essere ottenuta semplicemente dalle precedenti ricavando l’altezza
di diga corrispondente a ciascuna capacita’ del serbatoio ed il costo
corrispondente a tale altezza.
Ugualmente la Figura 1.e puo’ essere tracciata in base agli andamenti delle Figure 1.c ed 1.d. Quest’ultima figura rappresenta,
appunto, la funzione di produzione per lo schema idrico in esame,
infatti fornisce la relazione tra gli input (in questo esempio i costi
di costruzione della diga) e gli output massimi ottenibili, espressi
come volume d’acqua utilizzabile annualmente dall’utenza irrigua.
In sintesi la funzione di produzione esprime i limiti tecnologici che
esistono, in condizioni di massima efficenza tecnologica, per ottenere
con fissati input gli output ottimali dal sistema.
4.3
Le condizioni di ottimalita’ marginale
Fissata la funzione obiettivo e nota la funzione di produzione, il
problema e’ quello di massimizzare la funzione obiettivo soggetto al
vincolo della seconda:
max u(x, y)
s.t. f (x, y) = 0
(31)
(32)
Se entrambe le funzioni sono differenziabili si puo’ ricercare il
massimo libero della Lagrangiana:
max L = u(x, y) + λf (x, y)
(33)
dove λ sono i moltiplicatori da determinare.
Indicati con xi (i = 1, ..., n) i fattori produttivi e con yj (j =
1, ..., m) i prodotti finali, le condizioni necessarie per ottenere il
massimo sono:
31
∂u
∂f
= −λ
(i = 1, ..., n)
∂xi
∂xi
∂f
∂u
= −λ
(j = 1, ..., m)
∂yj
∂yj
f (x, y) = 0
(34)
(35)
(36)
Da queste si deducono dividendo:
∂u
∂xi
∂u
∂yj
∂u
∂xi
∂u
∂xh
∂u
∂yj
∂u
∂yk
=
=
=
∂f
∂xi
∂f
∂yj
∂f
∂xi
∂f
∂xh
∂f
∂yj
∂f
∂yk
(37)
(38)
(39)
dove i e h = 1, ..., n , mentre j e k = 1, ..., m .
Si noti che relazioni del tipo di quelle precedenti se ne possono
scrivere m + n − 1 indipendenti che assieme alla f (x, y) = 0 costituiscono un sistema completo per la determinazione delle m + n
incognite: entita’ dei fattori produttivi e dei prodotti finali.
Dal vincolo sulla funzione di produzione f (x, y) = 0 si ricava:
∂f
∂xi
∂f
∂yj
∂f
∂xi
∂f
∂xh
∂f
∂yj
∂f
∂yk
= −
∂yj
∂xi
(40)
= −
∂xh
∂xi
(41)
= −
∂yk
∂yj
(42)
Sostituendo nelle precedenti (37), (38) e (39) si ottengono le condizioni sui vettori di input (fattori produttivi) ed output (prodotti)
che massimizzano la funzione obiettivo:
32
∂u
∂xi
∂u
∂yj
∂u
∂xi
∂u
∂xh
∂u
∂yj
∂u
∂yk
= −
∂yj
= −P Mji
∂xi
(43)
= −
∂xh
= SSThi
∂xi
(44)
= −
∂yk
= ST Pkj
∂yj
(45)
dove si e’ indicato:
−P Mji : produzione marginale yj con variazione marginale di xi
SSThi : saggio di sostituzione tecnica di xh con xi
ST Pkj : saggio di trasferimento del prodotto yk ed yj
Dalle precedenti espressioni si vede che se la funzione obiettivo indica la massimizzazione del reddito nazionale in condizioni di libero
mercato perfettamente competitivo (ipotesi Paretiana, fondamentale per queste condizioni di ottimalita’) e se con yj ed xi si indicano i beni finali ed i fattori produttivi primari, allora il criterio
di max (F O) garantisce la massima efficenza economica purche’ le
risorse siano impiegate ed i beni siano prodotti rispettando gli stessi
rapporti esistenti nel resto del contesto economico.
Le espressioni precedenti si possono anche scrivere:
CMi
= P Mji
BMj
CMi
= SSThi
CMh
BMj
= ST Pkj
BMk
(46)
(47)
(48)
∂u
dove con CMi si e’ indicato il costo marginale − ∂x
mentre con
i
∂u
BMj il beneficio marginale ∂yj .
33
∂u
Si noti che CMi e’ uguale a ∂x
con segno cambiato perche’ u
i
decresce con l’aumentare di xi , come risulta appunto nella funzione
di utilita’ (28).
Solo quando il problema e’ molto semplice si puo’ riuscire ad
esprimere la F O in funzione di una sola variabile di input e riportare
anche l’output in funzione di tale variabile attraverso la funzione di
produzione. L’analisi di un tale caso puo’ pero’ essere utile dal
punto di vista concettuale per illustrare il criterio di ottimalita’.
Indicata con z la variabile, il problema si scrive:
max {u(z)} = max {B(z) − C(z)}
e quindi la condizione di ottimo si scrive:
dB
dz
=
dC
dz
→ BMz = CMz
che implica l’uguaglianza delle tangenti de lle curve B e C come
illustrato nella figura (2).
Come variabile di riferimento puo’ essere assunto lo stesso beneficio B o costo C che compendiano sia l’input che l’output. In tal
caso il problema si scrive:
dC
max {B − C(B)} → 1 = dB
max {B(C) − C} → dB
dC = 1
che equivalgono alle scrittura precedente.
Nel caso che z sia l’unico output del sistema si puo’ anche ricorrere alla rappresentazione classica usata in economia data nella
figura (3) nella quale e’ rappresentata la curva dei costi marginali
ed il valore costante dei benefici marginali.
Nei casi in cui non e’ possibile compendiare i vettori x e y in
una sola variabile, il che avviene di norma, occorre riferirsi ad un
34
Figure 2: Relazioni fra costi e benefici per un semplice serbatoio
numero adeguato di equazioni differenziali (37),(38) e (39), oltre che
alla funzione di produzione f (x, y) = 0.
Una osservazione importante su questa trattazione, relativa ai
criteri di ricerca della ottimalita’, riguarda il fatto che le condizioni
di ottimalita’ marginali (46), (47), (48) sono condizioni necessarie
ma non sufficienti per garantire l’ottimo assoluto nel raggiungimento dell’obiettivo dell’intervento pubblico, ossia il massimo della
F O precedentemente definita. Nascono infatti dall’annullamento
delle derivate prime della funzione di utilita’ e non ci garantiscono
sull’esistenza di ulteriori massimi locali. L’analisi economica dovra’
essere quindi completata con ulteriori verifiche su queste eventualita’ volte ad accertare il raggiungimento dell’ottimo assoluto.
35
Figure 3: Costi e benefici marginali nel caso di singolo output
36
4.4
Alcuni semplici esempi
Un solo serbatoio con un solo tipo di utilizzazione
Si puo’ riprendere il caso visto precedentemente dell’unico serbatoio a scopo irriguo. Per semplificare ipotizziamo che i costi
di gestione, manutenzione e sostituzione (costi OM R : Operating,
Management, Replacement costs) siano trascurabili, che il costo di
costruzione sia speso in un’unica soluzione all’inizio del periodo e
che il flusso di benefici, in termini di prodotti agricoli, sia uniforme
per tutto il periodo .
Assunta una vita economica del progetto di T anni ed un tasso
di interesse pari ad i, il valore attualizzato del flusso di benefici e’
dato dal prodotto del prezzo di mercato per la quantita’ prodotta
annualmente, e quindi, ricordando la (12):


1
1
1

P = py 1 +
+
+
...
+
2
T
(1 + i) (1 + i)
(1 + i)


T
(1
+
i)
−
1
 = vpy
= py 
T
i(1 + i)
(49)
(50)
Si noti che, per semplificare l’esempio, p e’ da intendersi depurato
dalle eventuali spese per produrre y ed inoltre si ipotizza che il
prodotto sia unico, ovvero, piu’ realisticamente, che si consideri
una composizione percentuale media e fissa dei beni effettivamente
prodotti.
Se si considera la capacita’ del serbatoio x come unica variabile
che puo’ compendiare tutti i fattori di input, la condizione di ottimo
si scrive:
max (vpy − C(x))
s.t. f (x, y) = 0
37
(51)
(52)
Se e’ nota la C(x) la funzione di produzione potra’ essere determinata tramite la curva di possibilita’ di erogazione (si veda in
proposito la Figura (1) e stavolta esprimera’ il legame tra la capacita’ del serbatoio x ed il volume erogabile annualmente y.
La condizione di ottimo porta, come gia’ visto, alla coincidenza
di benefici e costi marginali:
CM
dB
dC dx
dC
→
=
→ vp =
PM
dy
dx dy
dy
Come gia’ era stato mostrato nelle Figure precedenti.
BM =
(53)
Un solo serbatoio con due tipi di utilizzazione
L’argomento e’ del tutto analogo a quello della teoria dell’impresa
nel caso di due prodotti congiunti. La funzione di produzione sara’
del tipo: f (y1 , y2 , x) = 0 che si puo’ rappresentare con gli isoquanti
di equazione x = cost sul piano (y1 , y2 ), come indicato schematicamente nella Figura (4).
Con semplificazioni analoghe alle precedenti possiamo scrivere
che la condizione di ottimo cercata e’:
max (vp1 y1 + vp2 y2 − C(x))
s.t. f (y1 , y2 , x) = 0
(54)
(55)
essendo y1 ed y2 i prodotti, p1 e p2 i relativi prezzi ed x la capacita’
del serbatoio.
La terza delle condizioni differenziali (49) scritte precedetemente
impone:
38
Figure 4: Isoquanti (x = cost.) ottenuti dalla funzione di produzione.
∂y2
BM1
= ST P21 = −
BM2
∂y1
ossia, nel nostro caso, che risulti:
vp1
p1
∂y2
=
=−
vp2
p2
∂y1
(56)
(57)
Basta quindi determinare i punti delle singole curve degli isoquanti ove cio’ si verifica. L’insieme dei luoghi ove cio’ si verifica,
al variare di x, solitamente viene definito percorso di espansione del
progetto. In ciscun punto del percorso di espansione la pendenza
dell’isoquanto sara’ pari a pp21 sara’ a B = cost. = p1 y1 + p2 y2 che e’
al pendenza della retta che rappresenta il saggio di trasformazione
del prodotto.
Per prefissate x la curva di espansione φ(y1 , y2 ) rappresenta la
sequenza di stati ottimi in relazione alla ripartizione del prodotto
tra y1 ed y2 .
39
Possiamo individuare la situazione di ottimo globale scegliendo
come variabile di riferimento y1 o y2 , x, B o C come nel caso precedente, legate comunque tra loro dalla relazione fornita dalla curva
di espansione ottima φ(y1 , y2 ).
Scegliamo, ad esempio x: allora si avra’ B(y1 , y2 ) = B(x) tramite
le f (y1 , y2 , x) = 0.
La soluzione si ottiene considerando le equazioni differenziali non
utilizzate precedentemente; la prima per esempio si scrive:
dC
∂B ∂y1
dB
CM
= P M1 →
=
=
BM1
dx
∂y1 ∂x
dx
(58)
Due serbatoi con un solo tipo di utilizzazione
Con semplificazioni analoghe alle precedenti possiamo scrivere
per la ricerca della condizione dell’ottimo:
max (vpy − C(x1 , x2 ))
s.t. f (x1 , x2 , y) = 0
(59)
(60)
essendo x1 ed x2 le capacita’ dei due serbatoi. Questa situazione
si puo’ rappresentare con gli isoquanti a produzione costante y =
cost sul piano (x1 , x2 ) come indicato nella Figura (5).
La seconda delle equazioni differenziali (48) richiede che
CM1
= SST21 →
CM2
∂C
∂x1
∂C
∂x2
=−
∂x2
∂x1
calcolate con la funzione di produzione f (x1 , x2 , y).
40
(61)
Figure 5: Isoquanti (y = cost.) ottenuti dalla funzione di produzione.
Sullo stesso piano (x1 , x2 ) possiamo riportare le curve a C = cost.
per le quali si avra’:
∂C
∂x1
∂C
∂x2
=−
dx2
dx1
(62)
stavolta calcolato tramite la funzione di costo C(x1 , x2 ).
La condizione precedente e’ quindi rispettata nei punti di tangenza fra le famiglie di curve C = cost e y = cost il cui luogo
determina ancora il percorso di espansione del progetto.
Ciascuna coppia (x1 , x2 ) lungo il percorso di espansione individua, tramite la funzione di produzione, un valore di y e, tramite
la funzione di costo, il valore di C corrispondente.
Si puo’ quindi tracciare la C(y) che avra’ qualitativamente l’andamento
riportato nella figura (6).
Dalla figura si evidenzia che la condizione di ottimo corrisponde
41
Figure 6: Livello ottimo di output per l’esempio di due serbatoi ed una utilizzazione.
alle relazioni differenziali prima non utilizzate:
CM1
= P M1 →
BM
∂C
∂x1
dB
dy
∂y
dB
∂C ∂x1
∂C
dC
→
= vp =
=
=
∂x1
dy
∂x1 ∂y
∂y
dy
(63)
essendo possibile esprimere C = C(y) come gia’ detto.
=
A conclusione dell’esame di questi semplici esempi, si noti che
quando il beneficio non viene valutato in termini di prodotti finali, come nei casi precedentemente illustrati, occorre fare molta
attenzione alla formulazione della FO. Relativamente al caso di un
solo serbatoio ed un solo tipo di utilizzazione, ad esempio, e’ assai
piu’ comodo riferirsi al quantitativo d’acqua erogato (prodotto) annualmente, che e’ un bene intermedio, piuttosto che ai beni finali
sopratutto perche’ questa e’ una unica grandezza di riferimento.
42
La difficolta’ cosi’ eliminata si ritrova pero’ quando deve essere
definito il prezzo dell’acqua perche’ questo puo’ essere ricavato solo
indirettamente (non esiste infatti un reale mercato dell’acqua) sulla
base della quantita’ e dei prezzi dei beni che l’acqua produce.
Comunque si considerino le variabili di riferimento il beneficio
dovra’ sempre essere valutato in modo che lo stesso esprima correttamente il valore di mercato dei beni finali conseguenti alla realizzazione del progetto.
Questo problema e’ evidentemente direttamente connesso a quanto
detto inizialmente sulle condizioni necessarie affinche’ l’obiettivo
dell’efficenza economica coincida con quello di massimizzare il reddito nazionale. Si noti che anche se finora l’argomento e’ stato
evidenziato solo per gli outputs, problemi analoghi possono sorgere
anche per quel che riguarda le variabili di input.
Relativamente alla forma delle curve di isoquanto degli esempi
precedenti, e’ interessante notare che essa e’ legata al fatto che i due
settori di utilizzazione siano competitivi o complementari rispetto
all’uso dell’acqua.
Sono competitivi quando si escludono a vicenda (per es.: uso irriguo ed uso industriale); sono complementari quando sono perfettamente compatibili ed usano quindi la stessa acqua. In realta’ questo
secondo caso non succede mai perfettamente e da cio’ deriva la forma
delle curve di isoquanto che sono chiaramente legate all’entita’ del
saggio di trasformazione dei prodotti ST Pij .
43
Figure 7: Schematizzazione del sistema a rischio di piena analizzato.
4.5
Una applicazione dei concetti di base e dei criteri di
ottimalita’
Si considera il sistema schematizzato nella Figura 7 costituito dai
serbatoi A e B potenzialmente realizzabili e da un tratto di corso
d’acqua che potrebbe essere sistemato con arginature. Tutte le
opere possono essere realizzate allo scopo di di proteggere un’area
valliva dal rischio di inondazione.
Per quanto riguarda la definizione della funzione di produzione
si osserva che la sua formulazione si puo’ ottenere in due passi successivi: 1) con il primo si esprime la relazione tra input (fattori
produttivi) e le dimensioni delle opere; 2) col secondo la relazione
tra le dimensioni delle opere e gli output del sistema (portate).
La prima fase riguarda una questione squisitamente ingegneristica e puo’ essere risolta compendiando i risultati nella funzione di
costo delle opere che possono essere realizzate.
44
La seconda fase e’ piu’ complessa e la relazione che si puo’ ottenere di norma ha un carattere probabilistico legato alla natura
stocastica degli inputs idrologici.
Nel caso in esame le capacita’ dei serbatoi di laminazione hanno
la funzione di accumulare una parte dei volumi di piena riducendo le
portate al colmo che defluiscono a valle della diga in modo tale che
tali deflussi possono comunque transitare nell’alveo di valle entro
una struttura adeguata ad evitare rischi di esondazione.
Data la natura degli eventi di piena si dovra’ fare uso di relazioni
di tipo probabilistico che legano le portate al colmo col tempo di
ritorno ipotizzabile per tali eventi.
Per quanto riguarda le relazioni di ottimalit´a marginale, da utilizzare per ricavare la combinazione delle variabili che fornisce la
configurazione ottima delle opere in progetto, nella massimizzazione
dei benefici netti si dovr´a considerare, in primo luogo, la relazione
differenziale (47) illustrata precedentemente che mette in relazione
il rapporto tra i costi marginali con il saggio di sostituzione tecnica
dei fattori produttivi:
CMi
= SSThi
CMh
(64)
In questa situazione la configurazione delle variabili di progetto
massimizza il beneficio netto del sistema garantendo i livelli di protezione ottimale per l’area in esame.
Successivamente i costi marginali del sistema saranno messi a
raffronto con i rispettivi costi per determinare la combinazione ottimale nelle dimensioni delle strutture ed il livello ottimale di protezione dalle piene.
Poiche’, come gia’ detto, la funzione di produzione ha sostanzial45
mente caratteristiche di tipo stocastico, tale sara’ anche la funzione
obiettivo e pertanto si usera’ il concetto di valore atteso annuo dei
benefici netti. Questi saranno ricavati sulla base della valutazione
dei benefici lordi e dovranno essere intesi come riduzione dei danni
conseguenti agli eventi di piena, attesi con una certa probabilita’ di
accadimento, a seguito alla realizzazione delle opere di invaso e di
difesa arginale, e dei costi di realizzazione delle stesse opere.
Dati di base
Nella tabella seguente e’ riportata l’entita’ delle portate al colmo
in funzione dei tempi di ritorno, delle probabilita’ di superamento,
ovvero di non superamento, degli eventi di piena per i siti A, B e C.
Si ricorda che la relazione tra tempi di ritorno, probabilit´a di
superamento e non superamento la seguente:
Ps = 1/Tr ;
Pns = 1 − 1/Tr
Si noti che mentre B e’ prossimo a C, A e’ notevolmente piu’
a monte sicch´e e’ necessario tener conto del contributo dovuto dal
bacino residuo compreso tra le sezioni A e C.
Tempo
di ritorno
(anni)
100
20
10
5
Probabilita’
di superam.
(%)
1
5
10
20
Probabilita’
di non super.
(%)
99
95
90
80
Serb.A
Q
Serb.B
Q
Tratto A-C
Q
Sezione C
Q
20.00
16.00
18.00
10.00
15.00
12.00
9.00
7.50
4.00
3.20
2.40
2.00
31.00
24.80
18.60
15.50
Per semplicit´a si e’ assunto che il colmo in C sia pari al 60%
del colmo in A piu’ il colmo in B piu’ il contributo del tratto A-C.
Si e’ assunto inoltre che i colmi si riferiscano allo stesso evento ed
avvengano quindi contemporaneamente.
Questa assunzione e’ molto semplicistica, in realt´a le relazioni fra
l’entita’ degli eventi e la loro probabilita’ in diverse localita’ sono
46
Figure 8: Distribuzione probabilistica (probabilita’ di superamento) della portata
al colmo in C.
assai piu’ complesse come sono pure piu’ complesse le modificazioni
che subisce un’onda di piena lungo un tratto d’alveo. La definizione
di queste grandezze e’ conseguente allo studio idrologico ed alla
simulazione idraulica del deflusso nei corsi d’acqua.
Sulla base dei dati sopra riportati e’ possibile costruire la curva
di distribuzione probabilistica della portata al colmo in C riportata
nella Figura 8 in termini di probabilita’ di superamento.
I costi capitale dei serbatoi A e B e della sistemazione dell’alveo
sono riportati nelle Figure 9 e 10 in funzione delle dimensioni delle
opere. La sistemazione dell’alveo consiste nella esecuzione di lavori
che consentono il deflusso di portate piu’ elevate, in particolare:
rivestimento delle sponde, innalzamento degli argini, allargamento
della sezione mediante dragaggio, ecc.
I costi di gestione, manutenzione e rinnovamento si assumono
proporzionali ai costi capitale e pari al 0.25% per i serbatoi e 2%
47
Figure 9: Costi capitale per la realizzazione dei serbatoi A e B.
per le sistemazioni d’alveo.
Come gia’ detto, i benefici devono essere intesi come riduzione
dei danni. Pertanto, per la valutazione dei benefici occorre associare
a ciascun valore della portata di piena, o della relativa probabilita’,
la corrispondente entita’ del danno conseguente. Questa relazione
e’ schematizzata nella Figura 11 con riferimento alla situazione antecedente alla realizzazione delle opere. Dalla curva risulta, ad esempio, che c’e’ una probabilita’ del 40% che i danni ammontino
almeno a 100.000 dollari nell’anno in media ed una probabilita’ del
10% che siano almeno pari a 190.000 dollari all’anno in media.
I danni sono nulli per piene con Ps ≥ 50%, ossia la piena, nelle
condizioni d’alveo antecedenti l’intervento, non esonda fino a eventi
con probabilita’ Ps = 50%, che implica Tr = 2 anni.
L’area sotto la curva ´e pari al valore atteso del danno:
E(D) =
Z 1
0
48
Ds dPs
(65)
Figure 10: Costi capitale per la sistemazione dell’alveo.
Figure 11: Curva di probabilita’ del danno medio annuo (valore atteso) in condizioni antecedenti alla realizzazione delle opere.
49
Nella espressione (65) si ´e indicato con D il danno, valutato in
termini economici, che si ha in corrispondenza delle probabilit´a di
accadimento dell’evento di piena cui corrisponde Ps .
L’espressione precedente si pu´o anche modificare:
E(D) =
Z ∞
0
Ps dDs
(66)
Nei calcoli pratici si lavora per intervalli di tempi di ritorno:
Tr1 , Tr2 ... cui corrispondono probabilit´a di superamento: Ps1 =
1/Tr1 , Ps2 = 1/Tr2 ...
e l’espressione (65) si modifica nella seguente:
E(D) =
X
[(Diinf + Disup )/2] [(1/Trinf ) − (1/Trsup )]i
(67)
i=1,N
nella quale Trinf e Trsup sono i valori del tempo di ritorno dell’estremo
superiore e inferiore dell’intervallo di calcolo del danno atteso Di .
Nel caso in esame si assume che la misura del valore atteso (valore
medio annuo) del danno sia pari a 72.000 dollari.
Inoltre, nell’esempio in esame la funzione di produzione deve
essere intesa come la relazione che lega la portata di piena yc ,
che e’ attesa con un certo tempo di ritorno, quando la stessa si
pu´o ritenere controllata completamente dal sistema (alla quale corrisponde quindi un danno nullo) a seguito delle ipotesi sulla dimensione dei serbatoi xa e xb e la dimensione delle opere di sistemazione
dell’alveo xc . Formalmente:
f (yc , xa , xb , xc ) = 0
(68)
Come valore di xc si puo’ assumere la portate che pu´o transitare
nell’alveo regolarizzato senza causare danni.
Nel seguito, per poter effettuare le rappresentazioni grafiche si
considerera’ yc come parametro che assume i quattro valori specificati nella tabella precedente in funzione dei tempi di ritorno e delle
50
Figure 12: Curve di uguale costo capitale per la costruzione dei serbatoi A e B.
probabilita’ conseguenti. Sicch´e, per ciascun valore del parametro
yc , la funzione di produzione resta funzione delle sole tre variabili
di progetto xa , xb e xc . Eventualmente al valore di xc si puo’ anche
sostituire, come riferimento, la riduzione effettuata da monte sulla
portata al colmo che transita a valle, ossia: y = yc − xc , ovvero:
yc = xc + y.
Combinazione di minimo costo dei serbatoi
Come nel semplice esempio visto nel paragrafo precedente, nella
Figura 12 sono riportate le curve, a capitale costante, relative alla
costruzione dei due serbatoi A e B.
Queste curve si ricavano semplicemente da quelle di costo gia’
date nella Figura 9. I costi di gestione non si riportano in quanto si
e’ assunto che siano proporzionali al costo di costruzione e non modificano pertanto la pendenza (ossia i valori marginali) delle curve.
51
Ciascuna curva rappresenta tutte le combinazioni di capacita’
dei due serbatoi che determinano il medesimo costo complessivo.
La costruzione di queste curve rappresenta, praticamente, la prima
fase nella costruzione della funzione di produzione della quale si e’
detto precedentemente.
Assunta, come gi´a detto, come variabile di riferimento la riduzione
di portata al colmo y alla sezione di confluenza C, e’ necessario ora
tracciare sullo stesso piano di Figura 12 le curve che forniscono per
ciascun evento di piena con portata yc tutte le combinazioni di capacita’ che danno luogo alla stessa riduzione y nella portata (ossia
la rappresentazione degli isoquanti in y della funzione di produzione
con parametro yc ).
Si ottiene pertanto una famiglia di curve in y per ciascun evento
yc di probabilita’ Ps assunta precedentemente pari a 1, 5, 10 e 20%.
Nelle Figure 13 sono riportate tali curve di isoquanto in y al variare
della’ probabilit´a dell’evento yc .
Per ottenere queste curve e’ necessario simulare il comportamento del sistema, utilizzando una la tecnica di simulazione che
esamineremo pi´
u in dettaglio nei prossimi capitoli.
Nel far questo considereremo diverse combinazioni di capacita’
dei serbatoi considerando separatamente i quattro eventi di piena
yc che abbiamo assunto precedentemente.
Si noti che a tale scopo occorre avere gli idrogrammi di piena
naturale che defluiscono nelle sezioni A, B e nel bacino residuo CA; laminare i primi due idrogrammi attraverso i serbatoi e calcolare
la portata di piena in C secondo le ipotesi semplificate gia’ illustrate
precedentemente.
Sovrapponendo a ciscuna famiglia di curve di equi-riduzione della
portata y, la famiglia di curve di uguale costo, date sullo stesso piano di riferimento (xa , xb ), si possono ottenere i punti di tangenza
52
Figure 13: Curve di uguale costo e Isoquanti di uguale riduzione della portata
di picco y con riferimento alle diverse probabilita’ degli eventi di piena (1, 5, 10,
20%).
53
tra le due famiglie di curve, riportati anch’essi nelle Figure 13, che
soddisfano contemporaneamente sia le condizioni differenziali di ottimalit´a (equivalenti al semplice esempio gia’ illustrato nel paragrafo
precedente dei due serbatoi ed un prodotto),
∂xb
CMa
= SSTba = −
(69)
CMb
∂xa
sia la condizione di ottimalit´a tecnologica della funzione di produzione : La pendenza dalla espressione precedente dovr´a quindi
∂xb
eguagliare la pendenza ∂x
delle curve di isoquanto date dalla funa
zione di produzione.
Si badi che alcune coppie di capacita’ derivano da soluzioni di
frontiera, ossia non esiste nel campo un punto di tangenza fra le
due curve. In tali casi, ovviamente, non valgono le condizioni differenziali.
In effetti le curve a tratteggio della Figura 13 sono ottenute per
successivi tentativi, tracciando le curve di isocosto piu’ fittamente,
ove necessario. La sovrapposizione effettiva delle figure nel caso di
P = 1% e’ riportata a titolo d’esempio nella Figura 14.
L’insieme dei punti di tangenza rappresentano, per ogni livello
di probabilita’ P , il percorso di espansione ossia la combinazione di
capacita’ dei due serbatoi che fornisce il livello di riduzione di piena
y al minimo costo .
La Tabella riportata nella Figura 15 riporta sommariamente i
risultati ottenuti.
L’ultima colonna in questa tabella riporta i valori medi annui del
costo dei serbatoi calcolato in base al costo capitale e ad un periodo
d’ammortamento di 50 anni al tasso del 2.5% ed incrementato dei
costi di gestione, manutenzione, ecc., posti pari allo 0.25% del costo
capitale.
54
Figure 14: Curve di ugual costo (linea a tratti) e curve di uguale riduzione di
piena (linea continua) nel caso di evento con proababilita’ di superamento pari
all’1%.
Si nota che in questo caso sono stati utilizzati i costi annui ottenuti per ammortamento anziche’ considerare il valore attuale dei
benefici. Poiche’ si considera un flusso annuo di benefici e di costi
di gestione uniforme, le due formulazioni su base annua o su base
attuale sono in questo caso perfettamente equivalenti, come e’ facile
verificare. In generale conviene pero’ adottare di norma i valori
attualizzati onde evitare inutili complicazioni e poter considerare
flussi differenziati annualmente.
55
Figure 15: Tabella per la ricerca della combinazione di minimo costo dei serbatoi
A e B (valori sulle curve di espansione ottima).
56
Combinazione di minimo costo del sistema con serbatoi
e con sistemazione alveo
Per ciascun evento di piena con probabilita’ di superamento Ps si
possono ora costruire le curve che che rappresentano il costo annuo
dell’intervento relativo ai serbatoi in funzione della portata massima
residua in C, xc . Tali curve sono contrassegnate con la lettera a nelle
Figure 16 che rappresentano le situazioni con Ps = 1, 5, 10, 20% .
Sulle stesse Figure 16, contrassegnate con la lettera b, sono anche
tracciate le curve di costo annuo relative alla sistemazione dell’alveo
che consente di convogliare la portata residua xc senza alcun danno
a valle della sezione C.
Queste curve sono direttamente ottenute dalle curve di costo capitale di Figura 10 in base ad un periodo di ammortamento delle
opere di 50 anni, un tasso di interesse del 2.5% ed un costo di gestione pari al 2% del costo capitale.
Il costo congiunto dei serbatoi e della sistemazione in funzione
della portata residua xc e’ riportato anch’esso nelle Figure citate ed
e’ indicato con la lettera c.
Il valore del minimo costo complessivo si ottiene immediatamente
da questo grafico per ciascun valore Ps della probabilita’ di superamento degli eventi di piena considerati.
Tale valore di minimo costo complessivo soddisfa, come e’ logico,
la condizione differenziale richiesta. Infatti, posto C = Cs + Cc ,
dove con Cs si indica il costo dei serbatoi, con Cc il costo della
sistemazione e con C il costo totale, e ricordando che in base alle
elaborazioni precedenti possiamo esprimere Cs in funzione dell’unico
parametro di progetto y uguale alla riduzione della portata di piena
in C, ed ancora che si ha: y = yc − xc , con yc come parametro
(ovvero la relativa probabilita’), la relazione differenziale fra i costi
marginali dei due tipi di opere:
57
Figure 16: Combinazione di minimo costo dei serbatoi (a), di sistemazione
dell’alveo (b) e congiunta (c) in funzione della portata di piena residua nel caso
dell’evento con probabilita’ dell’1%, 5%, 10% e 20%.
58
∂xc
CMs
= SSTcs = −
CMc
∂y
della f.d.p.
(70)
diventa:
∂Cs
∂y
∂Cc
∂xc
→
∂Cc
∂Cs
=
∂y
∂xc
∂xc
=1 →
∂y
∂Cs
∂Cc
→
=−
∂xc
∂xc
=−
(71)
(72)
che equivale ad esprimere il minimo del costo complessivo C =
Cs + Cc rispetto a xc .
Questo risultato, peraltro, e’ del tutto scontato perche’ sappiamo
dall’analisi economica che la condizione di massimo profitto implica
la condizione di minimo costo a parita’ di output (ossia di beneficio).
L’insieme delle combinazioni xa , xb , xc che forniscono per ogni
portata di piena yc la soluzione di minimo costo, rappresenta ancora,
ma questa volta con riferimento a tutte e tre le variabili di progetto,
il percorso di espansione del progetto, ossia il luogo dei punti che
rappresentano le configurazioni entro le quali va ancora ricercata
quella di ottimo assoluto.
Il problema a questo punto sarebbe risolto se fosse imposto il
tempo di ritorno Tr dell’evento critico. In tal caso non siamo, tuttavia, in un mercato perfetto di tipo paretiano.
La soluzione ottima
Occorre a questo punto ricavare la funzione che rappresenta i
benefici lordi del progetto. Questi sono equiparati, per definizione,
alla differenza fra il valori attesi del danno in presenza di opere
di protezione o in assenza di esse. I benefici restano quindi definiti
59
Figure 17: Curva di frequenza del danno di piena in condizioni naturali e con
controllo completo della piena con probabilita’ del 20%.
come riduzione del valore atteso del danno, valutati rispetto a quelli
attesi precedentemente la realizzazione del progetto.
Come variabile di riferimento dell’output consideriamo ancora
la portata massima yc per la quale il sistema di opere garantisce la
protezione completa. La Figura 17 si riferisce alla situazione che corrisponde all’evento di piena con probabilita’ P = 20%. Nella stessa
Figura 17 e’ riportata sia la curva di Figura 11 sia la curva che rappresenta il danno residuo annuo in funzione della relativa probabilita’
quando le opere garantiscono la piena protezione (danno nullo) per
l’evento di piena con P = 20%.
Tale seconda curva puo’ essere ricavata con gli stessi metodi gia’
indicati per ricavare la curva di Figura 11, utilizzando entit´a delle
portate di piena ridotte grazie alla presenza degli invasi di monte
ed esondazioni limitate grazie alla presenza degli argini a valle.
60
La riduzione del valore atteso del danno e’ data dall’area compresa fra le due curve. Di questa, la parte a tratteggio incrociato
indica la parte di danno eliminato completamente dalle opere, mentre l’altra, punteggiata, rappresenta la quota di danno ridotto grazie
alla presenza delle opere di difesa dalle piene.
L’area al di sotto della parte piu’ interna, in chiaro, e’ ovviamente la quota residua non eliminata dalle opere. Nello specifico
quest’ultima vale 23.000 dollari per anno e, conseguentemente, il
beneficio lordo, corrispondente alla riduzione del danno, vale 72.00023.000=49.000 dollari per anno.
Valutazioni analoghe per le piene con P = 1, 5, 10% conducono
a valori del beneficio lordo pari rispettivamente a 70.000, 67.000 e
60.000 dollari per anno.
La curva dei benefici lordi medi annui cosi’ determinata e’ riportata in Figura 18 assieme a quella dei costi medi annui di intervento,
dedotta dalle Figure 16, in funzione dell’entita’ dell’evento di piena
per il quale si ha protezione completa.
La soluzione corrispondente al massimo valore dei benefici netti
medi annui e’ quella indicata nella Figura 18 e coincide con l’uguaglianza
delle derivate prime delle due curve:
∂B
∂C
=
∂yc
∂yc
(73)
La soluzione indica come livello ottimale di realizzazione delle
opere di protezione quello che corrisponde al valore della portata di
piena attesa alla sezione C:
yc = 16.3 103 (cuf t/s)
al quale corrisponde un costo di realizzazione delle opere di 22.250
dollari per anno, un beneficio lordo di 53.500 dollari per anno ed un
beneficio netto di 31.250 dollari per anno.
61
Figure 18: Determinazione della dimensione ottima dell’intervento.
Questa piena di progetto corrisponde al livello di probabilit di
superamento Ps = 15% come risulta dalla Figura 8 data precedentemente.
Nelle Figure 19 e 20 sono riportate, per il corrispondente valore
di y ricavato dalle curve di espansione ottima, le curve analoghe a
quelle gia’ viste nelle Figure 13 e 16 che consentono di specificare
la portata di dimensionamento della sistemazione dell’alveo pari a
9.0 103 cuf t/s (Figura 20) e le capacita’ dei due serbatoi pari a
0.7 103 acref t per il serbatoio A e 2.5 103 acref t per il serbatoio
B (Figura 19) per una riduzione di portata pari a 16.5 − 9.0 =
7.5 cuf ts.
I costi relativi si possono desumere dalle stesse figure e sono
riassunti nella Tabella contenuta nella Tabella seguente.
62
Figure 19: Individuazione delle dimensioni ottime dei serbatoi.
Figure 20: Individuazione della dimensione ottima della sistemazione dell’alveo.
63
SOLUZIONE OTTIMA DEL PROBLEMA
opera in progetto
Capacita’
Serbatoio A
Serbatoio B
Sistemazione
Totale
Costo capitale
0.7
2.5
-
90.00
360.00
100.00
550.00
64
Costo medio annuo
3.35
13.40
5.50
22.25
5
5.1
Le opere idrauliche per l’utilizzazione della
risorsa idrica
Premessa
Per l’utilizzazione dell’acqua e’ in genere necessario che essa sia prelevata dal suo ambiente naturale, che ne sia eventualmente regolata
la sua disponibilita’ nel tempo, che ne vengano migliorate, se necessario, le caratteristiche di qualita’ per renderla adatta agli usi e che
sia trasferita verso i centri di utilizzo e quindi distribuita all’utenza.
Gli usi della risorsa idrica possono essere suddivisi nelle seguenti
tipologie:
- potabile e civile;
- irrigazione;
- industriale;
- produzione di energia;
- navigazione interna;
- pesca;
- usi ricreativi ed ambientali.
Le opere idrauliche che consentono queste utilizzazioni dell’acqua
possono essere raggruppate nelle sequenti categorie:
- opere di presa e derivazione (da sorgenti, da acque profonde, da
acque superficiali);
- opere di invaso (di regolazione);
- opere di trasporto (canali, gallerie, condotte);
- opere di trattamento (potabilizzazione, depurazione);
65
- opere di distribuzione (acquedotti ad usi civile, industriale, irriguo);
- opere di raccolta e dreno (fognature e bonifiche);
Oltre queste opere, strettamente legate alle utilizzazioni, e’ spesso
necessario eseguire altre costruzioni idrauliche quali le opere di sistemazione fluviale, di protezione da esondazione per eventi di piena,
ecc. che sono comunque necessarie per una corretta gestione della
risorsa.
Di seguito saranno esaminate le principali opere necessarie per
l’utilizzo e la gestione della risorsa idrica.
66
5.2
Captazione delle sorgenti
Con molta cautela si dovra’ effettuare l’opera in corrispondenza
della scaturigine geologica della sorgente che in genere e’ ricoperta
da detriti di falda che dovranno essere rimossi.
Preventivamente alla esecuzione delle opere si dovra’ effettuare
una campagna di misura della portata effluente in modo da valutare correttamente la risorsa. Anche durante i lavori e’ opportuno
continuare ad effettuare queste misure e verificare la continuita’ del
deflusso con l’avanzamento dei lavori. I lavori sulle sorgenti devono
essere effettuati con estrema cautela e sotto continua sorveglianza.
Spesso e’ necessario adattare l’opera di presa alla conformazione
del sito di scaturigine. Il bottino di presa dovra’ essere ben incassato
nella roccia (v. Figura 1), le acque saranno convogliate in una vasca
che deve essere completamenre chiusa e protetta in modo che nessun
animale possa penetrarvi. L’accesso all’opera di presa deve essere
consentita al solo personale addetto alla sorveglianza e controllo
delle opere.
La vasca potra’ essere semplice o consistere di piu’ elementi che
potranno trattenere sabbia o altro materiale che l’acqua sgorgante
puo’ trascinare (vasca di calma e di sedimentazione); una seconda
vasca (vasca di misura) puo’ essere disoposta in modo da facilitare
la misura con stramazzo dell’acqua che viene prelevata. Una terza
vasca puo’ contenere le luci di presa (vasca di presa) dalle quali ha
origine l’opera di convogliamento dell’acqua.
L’insieme di queste vasche dovranno comunque avere: gli scarichi
di fondo, scarico di troppo pieno, presa, dispositivo di misura. Il
dispositivo di misura nelle grandi captazioni dovra’ essere dotato di
apparecchio registratore e potra’ essere effettuato, oltre che con lo
stramazzo in vasca, anche con un venturi posto nel primo tratto di
67
Figure 21: Opera di presa da sorgente con camera semplice.
68
tubazione, dispositivi magnetici, ecc..
Le vasche non occorre che abbiano grandi dimensioni perche’
non devono assumere funzioni di riserva o di compenso. Il dimensionamento delle prese da sorgente viene effettuato sulla base della
portata assicurata anche nei periodi con assenza di afflussi ed in
genere per la portata di magra ordinaria. Deve quindi essere sempre agevole allontanare con uno sfioratore la portata in sovrappiu’
rispetto a quella da derivare.
Le vasche saranno rivestite ed impermeabilizzate internamente.
Solai e volte saranno impermeabilizzate anche esternamente in modo
da impedire infiltrazioni di acque superficiali. A questo fine sara’
anche necessario predisporre intorno alle opere di presa una zona
di protezione che deve comprendere tutta l’area dalla quale possono
provenire acque che raggiungono la presa per infiltrazione superficiale.
69
Figure 22: Opera di presa da sorgente.
70
5.3
Captazione da falde
La captazione da falde viene in genere eseguita tramite le trincee o
gallerie filtranti ed i pozzi. Le gallerie filtranti si costruiscono nelle
falde freariche superficiali appoggiando la platea, possibilmente, su
un terreno impermeabile e costruendo la spalla a monte (o anche
entrambe) drenanti realizzate con muro di pietrame a secco o con
feritoie (v. Figura 3)
Se l’andamento ororgrafico del terreno non consente che la galleria filtrante venga prolungata fino a raggiungere la superficie all’aperto,
e’ necessario disporre all’estremita’ una vasca (detta anche pozzo)
nella quale verranno collocate le pompe atte a ricondurre l’acqua ad
una vasca in quota dalla quale partiranno le condotte. Spesso le gallerie si usano per captare falde subalvee ed in tal caso si disporranno
parallelarmente al corso d’acqua. Non e’ semplice calcolare a priori
la lunghezza della galleria filtrante per poter captare una certa portata. In genere si effettuano misure in corso d’opera per verificare
quanto viene derivato dall’opera.
La captazione con pozzi puo’ essere eseguita con pozzi di grande
diametro in muratura eseguiti realizzando lo scavo sino alla falda
freatica e poi murando, ovvero costruendo una canna muraria che
si fa lentamente affondare scavando al suo interno pozzi autoaffondanti. Questi ultimi devono avere un anello di base molto resistente
in genere realizzato in cemento armato.
Quando la profondita’ del pozzo e’ notevole si ricorre a pozzi perforati che si eseguono con apposite macchine che possono essere di
diverso tipo: sonde a percussione; sonde a rotazione con circolazione
d’acqua; sonde miste a rotazione e percussione; sonde a rotazione
con circolazione di fango. Il sistema piu’ usuale e’ quello a rotazione
e circolazione d’acqua che consente di raggiungere profondita’ anche
superiore ai 500 m, di effettuare perforazioni anche non verticali e
71
Figure 23: Gallerie e sollevamento per presa da falda.
72
tempi di esecuzione sufficientemente rapidi. Fino a 100 m si possono
eseguire perforazioni anche col solo metodo a percussione.
Il pozzo viene normalmente tubato con tubi di acciaio trafilato
o saldato collegati fra loro per mezzo di un bicchiere o di un manicotto. Una volta trivellato si dovra’ provvedere alla sistemazione
definitiva del pozzo sistemando i filtri (v. Figura) ed effettuando la
cementazione tra la colonna di perforazione e la colonna definitiva,
ovvero tra tubazione e parete di scavo del pozzo.
Se la falda non e’ artesiana, ovvero non risale almeno fino alla
quota del terreno e’ necessario inserire all’interno del pozzo la pompa.
Normalmente oggi si utilizzano pompe centrifughe chiuse in carter
insieme al motore che mantengono dimensioni tali da poter essere
inserite entro il tubo.
73
Figure 24: Pozzo per presa da falda.
74
Figure 25: Derivazione di acque superficiali con sollevamento.
5.4
Captazione di acque superficiali
Il prelievo di acque superficiali puo’ avvenire ad acqua fluente, se
la portata da derivare e’ minore della portata di magra del fiume,
ovvero da un invaso se e’ necessario regolare i deflussi per assicurare
la possibilita’ del prelievo.
Nel primo caso sara’ sufficiente realizzare una traversa nel fiume
che costituisce un piccolo sbarramento che ha solo il compito di determinare un rigurgito nella corrente in modo da assicurare un carico
sufficiente sulla luce di presa anche durante i periodi di magra del
fiume. Si dovra’ verificare che l’innalzamento della corrente non determini problemi in occasione di eventi di piena. In alcuni casi si potranno realizzare traverse con paratoie che consentono di agevolare
il deflusso in occasione di tali eventi. La derivazione avviene in
genere a lato dell’opera di sbarramento secondo lo schema dato in
Figura. Una griglia proteggera’ sempre la camera di presa ed una
paratoia permettera’ di isolarla.
75
Figure 26: Traversa per derivazione ad acqua fluente .
Quando e’ necessario regolare le acque superficiali per assicurare un volume a disposizione nei periodi di magra si costruiscono
sbarramenti piu’ importanti: dighe. Di queste parleremo piu’ diffusamente nei paragrafi seguenti. Le dighe determinano un invaso
dal quale avviene il prelievo.
Nel derivare le acque del lago occorre tenere presente che le acque
superficiali sono meno ricche di materiali in sospensione delle acque
fluenti ma in alcune stagioni possono essere troppo calde o troppo
fredde. In genere converra’ prelevare le acque a qualche metro di
profondita’ sotto il pelo dell’acqua evitando tuttavia quelle troppo
profonde che in genere sono piu’ torbide e povere di ossigeno.
Le opere di presa da lago sono percio’ in genere costituite da una
torre di presa munita di parecchie luci disposte a profondita’ diverse
e manovrabili dall’alto (v. Figura 8). In alcuni casi l’opera di presa
e’ realizzata nel corpo della diga anche inserendo piu’ luci a quote
diverse.
76
Figure 27: Schema della derivazione ad acqua fluente.
5.5
Le opere di invaso
I fabbisogni delle acque per i vari usi elencati in premessa hanno andamenti che variano nel tempo in modo del tutto distinto da quello
che e’ il regime idrologico delle risorse. Si puo’ anzi affermare che per
certe utenze, ed in particolare quella irrigua, la richiesta e’ proprio
concentrata in quei mesi nei quali mancando l’apporto pluviometrico si ha anche una riduzione delle portate dei corsi d’acqua.
In presenza di corsi d’acqua perenni il valore comunque derivabile
ad acqua fluente verso le utilizzazioni e’ dato dalla portata minima assicurata dal corso d’acqua. Se, come avviene in Sardegna,
la risorsa naturale ha un regime che vede pressoche’ annullarsi le
portate nei periodi estivi nasce la necessita’ di intervenire costruendo serbatoi artificiali che consentono di accumulare la risorsa nei
periodi nei quali questa e’ sovrabbondante rispetto alle richieste per
poi rilasciarla nei periodi nei quali invece risulta inferiore.
Nel semplice caso in qui si voglia utilizzare l’intera risorsa (rego77
Figure 28: Torre di presa da lago.
78
Figure 29:
lazione totale) con un valore pari alla portata media, la costruzione
grafica di Figura 9 consente di valutare la capacita’ di invaso necessaria.
Costruzioni grafiche piu’ complesse consentono comunque di valutare le capacita’ necessarie per soddisfare richieste inferiori al
deflusso naturale ed andamenti comunque variati nel tempo (regolazione parziale), ovvero l’erogazione compatibile con una certa
capacita’ di invaso.
La valutazione della possibilita’ di erogazione da un invaso sara’
comunque determinata con tecniche di ottimizzazione in una delle
ultime parti del Corso (Capitolo 10).
5.6
Sbarramenti di ritenuta
Si definisce diga di ritenuta uno sbarramento costruito attraverso un
corso d’acqua allo scopo di creare un serbatoio artificiale. Sulla base
del Decreto del 24/03/1982 (Norme teniche per la progettazione
e la costruzione delle dighe di sbarramento) gli sbarramenti sono
79
classificati nei tipi seguenti:
A) Dighe murarie, suddivise in:
a1) a gravita’ ordinarie;
a2) a speroni, a vani interni (a gravita’ alleggerite);
b1) ad arco;
b2) ad arco-gravita’
b3) a cupola;
c1) a volte o solette sostenute da contrafforti.
B) Dighe di materiali sciolti, suddivise in:
a) di terra omogenea;
b) di terra e/o pietrame, zonate con nucleo di terra per la
tenuta;
c) di terra permeabile o pietrame, con manto o diaframma
di tenuta di materiali artificiali.
C) Sbarramenti di tipo vario.
D) Traverse fluviali.
5.7
Definizioni
Altezza della diga: e’ il dislivello tra la quota del piano di coronamento e quella del punto piu’ basso della superficie di fondazione
(escluse eventuali sottostrutture di tenuta)
Quota di massimo invaso: e’ la quota massima a cui puo’ giungere il livello dell’acqua ove si verifichi il piu’ gravoso evento di piena
previsto, escluso la sopraelevazione del moto ondoso.
80
Quota massima di regolazione: e’ la quota del livello d’acqua alla
quale ha inizio automaticamente lo sfioro dagli scarichi di superficie.
Altezza di massima ritenuta: e’ il dislivello tra la quota di massimo invaso e quella del punto piu’ depresso dell’alveo naturale nel
paramento di monte.
Franco: e’ il dislivello tra la quota del coronamento e quella di
massimo invaso.
Franco netto: e’ pari al franco meno la massima semionda positiva nel lago.
Volume totale di invaso: e’ la capacita’ del serbatoio compresa
tra la quota di massimo invaso e la quota minima di fondazione.
Volume utile di regolazione: e’ il volume compreso tra la quota
massima di regolazione e la quota minima dalla quale puo’ essere
derivata l’acqua dalle opere di presa.
Volume di laminazione: e’ il volume compreso tra la quota di
massimo invaso e la quota massima di regolazione (salvo che per i
serbatoi che svolgono solo funzione di laminazione delle piene).
5.8
Dighe a gravita’
Le dighe a gravita’ (massiccie o alleggerite) sono costituite da strutture nelle quali le forze esterne (spinta dell’acqua, sottopressioni,
eventuale spinta dei ghiacci e sismiche) sono equilibrate dal peso
proprio della struttura.
Le dighe a gravita’ massicce sono costituite da una struttura
piena; nelle dighe a gravita’ alleggerite (o a speroni) il concio,
81
Figure 30:
elemento strutturale di base, risulta ridotto di volume con varie
modalita’ attraverso cavita’ interne o sagomature degli speroni.
Nelle Figura 10 sono riportate le sezioni schematiche di dighe
a gravita’ massiccia. Con riferimento al profilo triangolare teorico
il dimensionamento di massima porta a definire la pendenza del
paramento di valle tale che risulti:
γa
tg(φe ) =
γm − mγa
!1/2
(74)
dove γa e γm indicano, rispettivamente, il peso specifico dell’acqua
e del calcestruzzo, mentre m e’ un coefficiente, inferiore od equale
ad 1, che tiene condo dell’andamento delle sottopressioni secondo
lo schema dato in Figura 11.
In presenza di dreni, normalmente per le sottopressioni si assume un andamento lineare spezzato che partendo dal valore massimo della pressione idrostatica in corrispondenza del paramento di
82
Figure 31:
monte decresce fino ad un valore non inferiore alla pressione idrostatica di valle aumentata di 0.35 la differenza fra la pressione di
monte e di valle, in corrispondenza dei dreni, e raggiunge a valle la
massima pressione idrostatica che si puo’ ivi avere.
Verifiche di sicurezza per le dighe a gravita’
Per le dighe a gravita’ devono essere eseguite le verifiche di stabilita’ allo scorrimento (per il quale deve essere assicurato un coefficiente di sicurezza pari a 0.75) e di verifica di resistenza per le
tensioni principali di compressione e di trazione.
Le verifiche di resistenza devono essere condotte a serbatoio sia
pieno che vuoto.
Per le dighe a speroni (gravita’ alleggerita), se il valore del rapporto tra l’interasse di due elementi affiancati e lo spessore di essi
83
e’ compresa fra 2 e 4 per almeno 2/3 dell’altezza dell’elemento,
le verifiche si possono condurre considerando le sottopressioni solo
sull’espansione di monte. Se il rapporto e’ inferiore a 2 le verifiche
si eseguono come per le dighe a gravita’ ordinarie; se e’ maggiore di
4 la struttura e’ da considerarsi speciale.
5.9
Dighe a volta
Le dighe sono costituite da strutture murarie in calcestruzzo nelle
quali attraverso la curvatura si scaricano sulle sponde della stretta
parte delle forze agenti sulla struttura.
Convenzionalmente, ai fini della analisi statica si suddividono in:
a) dighe ad arco quando le forme ed i rapporti di dimensione sono
tali che la resistenza alle azioni orizzontali e’ sopportata in gran
parte per effetto della curvatura orizzontale (arco) (v. Figura
12).
b) dighe ad arco-gravita’ quando la forma ed i rapporti di dimensione sono tali che alla resistenza concorrono sia l’effetto di
curvatura longitudinale che quello trasversale di mensola (v.
Figura 13).
c) dighe a cupola quando la forma ed i rapporti di dimensione sono
tali che la reattivita’ elastica e’ assimilabile a quella lastra a
doppia curvatura (v. Figura 14).
5.10
Dighe di materiali sciolti
Le dighe di terra omogenee sono costituite totalmente di terre di
permeabilita’ uniforme di misura atta da sola a realizzare la tenuta.
84
Figure 32:
Le dighe zonate sono costituite di materiali naturali di specie
diverse disposti in diverse parti della sezione in modo da realizzare
una zona di terra a bassa permeabilita’ (nucleo) con funzione di
tenuta (v. Figura 15).
Le dighe di terra o pietrame con dispositivo di tenuta di materiali
artificiali sono costituite con materiali naturali di specie diversa, ma
sempre ampiamente permeabili e di dispositivo di tenuta a monte
(manto) o interno (diaframma) realizzato con materiali artificiali
(v. Figura 16).
Le verifiche di stabilita’ della diga dovranno essere effettuate nelle
condizioni di invaso vuoto (al termine della costruzione), di invaso
pieno al livello massimo ed a seguito di rapido svuotamento del
serbatoio.
85
Figure 33:
86
Figure 34:
Figure 35:
87
Figure 36:
5.11
Opere complementari
Ogni diga di ritenuta, oltre al corpo principale, comprende un certo
numero di di opere complementari; alcune di queste opere possono essere di difficolta’ o comportare oneri tali da condizionare
le soluzioni di scelta della stessa opera principale.
Opere complementari sono in particolare gli scarichi (fondo, mezzofondo, allegerimento, superficie) e le opere di presa (delle quali si
e’ gia’ detto precedentemente).
5.12
Le fondazioni
Lo studio delle fondazioni cosituisce una delle parti piu’ impegnative
del progetto di una diga: la errata valutazione delle caratteristiche
della sezione di imposta di una diga puo’ determinare l’insuccesso
dell’opera, condizionandone la sua possibilita’ di utilizzazione e determiando comunque maggiore oneri per il suo completamento.
88
L’indagine sulla stretta di imposta dovra’ prevedere una fase
conoscitiva generale sulla geologia, tettonica e stato delle formazioni
costituenti la sezione di sbarramento. A queste seguiranno indagini
di dettaglio sulla base di accertamenti che possono prevedere l’esecuzione
di cunicoli, pozzi, sondaggi a diverse profondita’, indagini geofisiche,
prove statiche in situ, prove di laboratorio sui materiali.
La preparazione delle fondazioni costituisce una delle parti piu’
delicate ed impegnative nella costruzione delle dighe. Spesse volte
per raggiungere le caratteristiche di impermeabilita’ e resistenza
che si richiedono al materiale lapideo sono necessarie iniezioni di
cemento o altre miscele e l’esecuzione di opere integrative di fondazione.
89
6
Metodi e tecniche di simulazione
per l’ottimizzazione dei sistemi di risorse idriche
6.1
Premessa
I sistemi di risorse idriche, anche quelli relativamente piu’ semplici,
possono essere realizzati in pressoche’ infiniti modi diversi combinando in vario modo le unita’ del sistema, l’entita’ delle grandezze
prodotte e la ripartizione dei volumi dei serbatoi fra le diverse utilizzazioni. Lo scopo della progettazione del sistema e’ quello di
selezionare quelle combinazioni di variabili che rende massimi i benefici netti in conformita’ col criterio di progettazione prestabilito.
Questa liberta’ apparentemente illimitata di scelte fra le componenti del sistema puo’ essere circoscritta utilizzando tecniche che ci
consentono di identificare rapidamente quella combinazioni di variabili che soddisfano alla funzione di produzione e sono pertanto sia
fattibili tecnicamente sia efficienti.
Queste combinazioni devono includere quella alla quale compete
il valore piu’ elevato possibile dei benefici netti.
Scopo di questa parte del corso e’ quella di descrivere brevemente
ed in termini generali i metodi e le tecniche per l’analisi di ottimizzazione di un sistema di risorse idriche complesso a scopi multipli
utilizzando uno schema campione come banco di prova.
In linea di massima possiamo utilizzare due tipi di tecniche:
- La prima simula il comportamento del sistema su computer, osserva la sua risposta per un periodo di tempo esteso, relativamente a diverse combinazioni di opere, quantita’ di prodotto e
scopi di utilizzazione e, infine, sceglie la combinazione migliore.
- La seconda tecnica, di ottimizzazione, affronta il problema in
modo tale da poterlo risolvere per mezzo di metodi matematici
90
che conducono alla soluzione ottimale, con riferimento alla formulazione adottata per la funzione obbiettivo. In questo secondo approccio in genere si possono considerare solo sistemi
che introducono semplificazioni sulla realta’ fisica dei processi
considerati.
Ambedue le tecniche dovrebbero essere utilizzate in modo tale da
prendere in esame un gran numero di alternative, sia ingegneristiche
che economiche, e da essere possibilmente adattabili a qualunque
obiettivo e vincolo istituzionale ipotizzabile.
Una trattazione estesa delle tecniche di simulazione ed ottimizzazione e’ riportata nel testo di Loucks & van Beek (2005), al quale
si rimanda (v. il link nel sito web).
Le possibilita’ di uso delle tecniche di simulazone, i relativi vantaggi e limitazioni saranno discussi in questo paragrafo mentre le
tecniche di ottimizzazione saranno esaminate nei paragrafi che seguono.
6.2
Simulazione: Il sistema campione esaminato
Di seguito, per descrivere una applicazione della tecnica di simulazione, viene esaminato un sistema fluviale utilizzato da Maass &
al. (1962) per il quale fornito una ampia documentazione e e che
si presta ad una ricerca dell’assetto ottimale con l’applicazione iterativa di tecniche di simulazione. Infatti, per poter essere utilizzato
in modo sufficientemente generalizzato, il sistema doveva soddifare
i seguenti requisiti:
1 essere sufficientemente semplice in modo da consentire le sperimentazioni e, nello stesso tempo, sufficientemente complesso
da poter rappresentare delle reali utilizzazioni a scopi plurimi;
2 essere conosciuti costi e benefici unitari realizzabili nel sistema in
modo da consentire un esame completo delle combinazioni piu’
importanti di opere e grandezze prodotte;
91
3 includere i tipi piu’ importanti degli scopi di un sistema di risorse
idriche, ossia: utilizzazioni con consumi tipo civile, irriguo,
ecc.; utilizzazioni senza consumo, ad esempio per problemi di
laminazione delle piene, ecc.;
4 conoscere il regime idrologico dei corsi d’acqua;
5 prestarsi ad un’analisi per mezzo dell’uso del computer.
Il sistema considerato e’ illustrato nella Figura (21) e prevede
la realizzazione di quattro invasi da utilizzare per tre scopi diversi:
irrigazione, produzione di energia elettrica e protezione dalle piene.
L’energia e’ generata in due impianti idroelettrici mentre il comprensorio irriguo e’ approvvigionato da una traversa di presa dalla
quale si dipartono le opere principali di derivazione formate da due
canali. Tutti i serbatoi possono contribuire in misura diversa al
controllo delle piene.
In totale vi sono 12 variabili di progetto (2 x 4 invasi; 1 superf.
comprens. irriguo; 2 potenza centrali idroelettr.; 1 energia annua).
Si nota che il bacino avrebbe potuto includere anche risorse di
tipo sotterraneo o altre utilizzazioni che qui solo per semplicita’ non
sono state inserite.
Se le tecniche di risoluzione si rivelano adatte per il bacino in
esame, potra’ essere possibile sviluppare ulteriormente il sistema
per applicarle a situazioni piu’ complesse che contengono ulteriori
elementi da dimensionare o altri tipi di risorse ed utilizzazioni.
6.3
Simulazione
La attuale disponibilita’ di calcolatori digitali veloci di grande capacita’ di memoria, in linea di massima, consente di simulare il fun92
Figure 37: Schema del sistema in esame.
93
zionamento di sistemi fluviali complessi per periodi di tempo (orizzonte temporale di analisi) lunghi pressoche’ quanto si vuole. Di
fatto, la simulazione via computer e’ probabilmente la tecnica piu’
frequentemente utilizzata per l’analisi al fine della ottimizzazione
dei sistemi di risorse idriche. Il problema e’ che non semplice realizzare modelli di simulazione di uso generalizzato.
E’ necessario puntualizzare che anche le prime parti dell’esercitazione
del corso di GRI sono di tipo simulativo. Il modello di simulazione
che costruiamo nell’esercitazione e’ pero’ sostanzialmente ritagliata
sul caso specifico esaminato. Vedremo piu’ avanti che esistono modelli di simulazione di uso piu’ generale.
In particolare esamineremo il modello di simulazione WARGISIM che stato predisposto da UNICA ed applicato al sistema multisettoriale della Sardegna.
La simulazione consiste sostanzialmente nel riprodurre il comportamento di un sistema nei suoi aspetti piu’ importanti. La
modellazione e’ sostanzialmente realizzata attraverso la scrittura
di espressioni di tipo matematico e algebrico ma include anche la
possibilita’ di riprodurre alcuni processi logici (if ... then; while;
etc.) non strettamente matematici.
La gestione del sistema e’ esercitata per mezzo di una politica o
procedimento di gestione che assume la forma di istruzioni di programma sul calcolatore in modo da riprodurre i flussi nella rete conseguenti all’immissione degli input naturali, l’invaso della risorsa, il
rilascio verso le utilizzazioni, ecc. e le relative regole gestione delle
infrastrutture del sistema.
Nel sistema che sara’ esaminato di seguito le dodici variabili di
progetto consistono nella dimensione dei serbatoi intesi sia come
volume di regolazione per irrigazione e produzione idroelettrica, sia
94
volume riservato alla laminazione delle piene (2x4), la dimensione
degli impianti idroelettrici (2) ed i livelli annuali di erogazione programmata per l’irrigazione e l’energia (2).
I risultati del modello di simulazione devono essere riportati in
termini economici e pertanto le funzioni di costo delle opere (capitale ed OMR) e di beneficio dei prodotti devono essere utilizzati nel
codice del programma di simulazione fornendo un valore della funzione obiettivo (FO). In alternativa, deve essere possibile valutare
con un post-processor, che utilizza i risultati della simulazione, per
fornire un valore della FO che indica la performance del sistema.
Come gia’ stato precisato, i termini di costo e beneficio per
poter essere comparati in modo corretto devono essere stimati in
termini di valore attuale (considerando anche, se necessario, differenti ipotesi alternative sui tassi di interesse), ovvero devono essere
espressi in termini di flussi annui di denaro (passivita’ e ricavi).
La valutazione del progetto puo’ essere effettuata attribuendo
dei valori di tentativo alle variabili di progetto. L’output del programma di simulazione puo’ fornire, ad esempio, come variabili
guida: l’energia totale generata (sia garantita che di supero), il
numero dei mesi con deficit di energia ed il suo valore cumulato,
il numero di anni con deficit di irrigazione ed il relativo valore cumulato, il massimo ed il minimo volume invasato nei serbatoi, il
numero di piene dannose e la massima piena registrata, i benefici
lordi relativi all’irrigazione, alla produzione di energia elettrica ed
al controllo delle piene, ecc.
In questo esempio le prestazioni del sistema saranno valutate in
termini economici sulla base dei flussi annui conseguenti ai costi
capitale, ai costi di manutenzione, di gestione e rinnovamento delle
opere, ed infine dei benefici netti conseguenti.
Le principali informazioni e dati necessari alla simulazione e le
95
principali ipotesi assunte per realizzare la simulazione del sistema
considerato sono riassunte di seguito con riferimento ai seguenti
elementi:
1 Idrologia;
2 Caratteristiche del comprensorio irriguo;
3 Benefici irrigui;
4 Costi irrigui;
5 Fabbisogni di energia idroelettrica;
6 Potenza degli impianti idroelettrici;
7 Benefici della produzione idroelettrica;
8 Costi e caratteristiche degli impianti idroelettrici;
9 Capacita’ disponibile per il controllo delle piene;
10 Propagazione delle piene;
11 Costo del controllo delle piene;
12 Costo dei serbatoi;
13 Procedure di gestione del sistema.
Idrologia
L’idrologia si ipotizza costituita dai dati di portata mensili in
condizioni normali e dei dati di portata orari per i periodi di piena.
Questi deflussi sono riportati come volumi in input nei serbatoi,
traverse e nodi confluenza. E’ necessario avere a disposizione serie
idrologiche che devono consentire di estendere la simulazione per
orizzonti temporali che devono essere estesi anche diverse decine
di anni per poter essere significativi e per valutare correttamente
96
le procedure di gestione e la convenienza economica delle opere.
Con serie sufficientemente estese (possibilmente quanto la vita utile
delle opere di maggiore durata) si possono correttamente individuare l’entita’ dei prodotti attesi (essenzialmente le erogazioni verso
le utenze), i costi ed benefici conseguenti.
Nell’esempio considerato i dati di deflusso sono riferiti a corsi
d’acqua americani ed i risultati conseguenti possono qualitativamente mostrare differenze significative con quelli attesi nell’ambiente
mediterraneo.
Preliminarmente e’ necessario sistemare i dati di input in formati
facilmente utilizzabile dalle routine di calcolo (file dati sequenziali
o ad accesso random).
Nello schema dell’esempio e’ ipotizzato che il programma di simulazione utilizzi normalmente il passo temporale mensile. Esistono
controlli nella routine di simulazione per cui quando si presenta un
evento di piena significativo (con check sulla portata media mensile)
il programma prevedere l’attivazione di un procedimento di generazione dell’onda di piena (basato su intervalli temporali di sei ore
se il bacino e’ ampio o di un ora per i piccoli bacini) che consente
la simulazione dei fenomeni di propagazione in alveo e laminazione
nei serbatoi dell’onda di piena
Irrigazione
I consumi ed i fabbisogni irrigui sono tipici per zone semi-aride
con una stagione di crescita relativamente lunga di 205 gg. (circa 7
mesi).
Per semplicita’ il regime colturale e’ mantenuto costante per
tutto l’orizzonte temporale esaminato, con sole variazioni nella ripartizione delle classi di terreno nell’area irrigua.
97
Nella tabella seguente e’ riportata la distribuzione delle colture
ed il relativo rendimento irriguo. Il consumo netto durante la stagione irrigua e’ stato valutato stimando le perdite evapotraspirative col metodo di Blaney-Criddle ed assumendo come costante la
precipitazione efficace ai fini irrigui (infiltrazione) durante la stagione irrigua. Complessivamente il consumo irriguo e’ posto pari a
6000m3 /ha in ciascuna stagione, valore non molto diverso rispetto
a quello normalmente utilizzato per la Sardegna.
Coltura
% area irrigua
Alfalfa
Erba da pascolo
Barbabietola da z.
Patate
Ortaggi
Colture stagionali
Varie
TOTALE
35
15
20
10
10
5
5
100
%
rendimento
60
50
55
50
55
60
50
Per semplificare i calcoli del fabbisogno irriguo si assume che il
consumo unitario nel periodo non irriguo e’ pari all’apporto meteorico nello stesso periodo e pertanto non risulta necessaria integrazione irrigua in tale periodo.
Benefici irrigui
Per essere significativi ai fini della pianificazione, i benefici derivanti
dall’irrigazione devono determinare la possibilita’ di scelta economica fra diversi progetti in termini variazione dei benefici tra i possibili tipi di utilizzazioni ed le quantita’ d’acqua necessarie per ciascun
ipotesi progettuale.
98
Relativamente a queste problematiche, si sottolinea che nell’esempio
si sono introdotte importanti semplificazioni per cui si ha una variazione colturale solo in relazione al fatto che per superfici via via
maggiori si dovranno coltivare classi di terreno progressivamente di
qualita’ inferiore.
Nel sistema in esame e’ stata, comunque, imposta una superficie
massima irrigabile di 1.2 106 acri (N.B.: 1 acro = 0.405 ha).
I benefici lordi unitari sono stati assunti decrescenti da circa
6.5 $/(acro x piede) in corrispondenza della minore espansione irrigua, fino a 5.0 $ /(acro x piede) per la massima espansione (N.B.:
1 acro x 1 piede = 4.047 103 x 3.08 10− 1 = 1.254 103 m3 )
La Figura (38) mostra la funzione adottata per i benefici lordi
unitari.
Quest’andamento dei benefici lordi unitari trova motivo nella
diminuizione complessiva della qualita’ dei terreni comunemente associato con l’espansione dell’area da sottoporre a regime irriguo.
Quando si hanno limitazioni di erogazione (deficit) deve logicamente risultare una riduzione dei benefici lordi. Gli effetti economici
determinati dai deficit, ossia dalle limitazioni negli approvvigionamenti irrigui rispetto ai valori di target, sono funzione del momento
in cui avvengono, loro durata, frequenza ed intensita’.
Tuttavia, se l’agricoltore adotta una procedura attenta di irrigazione, puo’ esistere un certo margine per ridurre le perdite economiche dovute alla riduzione dell’erogazione (flessibilita’ della richiesta).
In Figura (39) e’ riportata la funzione di perdita adottata nell’esempio
in esame valida con riferimento ai deficit totali annui.
La funzione di perdita presenta una prima zona inferiore nella
99
Figure 38: Funzione dei benefici lordi irrigui.
Figure 39: Funzione delle perdite per deficit irrigui.
100
quale si e’ ritenuto che l’andamento delle perdite nei benefici irrigui
sia inizialmente modesta in quanto e’ possibile migliorare la distribuzione dell’acqua al campo con un incremento di costo minimo
e, pertanto, in questa zona di deficit limitato il prodotto raccolto si
riduce solo di poco.
Nella parte finale della curva, il livello di deficit al quale si hanno
perdite totali e’ un problema lungamente discusso e dipende fondamentalmente dai tipi di colture e dalle modalita’ di irrigazione.
Costi irrigui
Nell’esempio riportato in Maass & al. (1962), Le stime del
costo capitale e del costo di gestione, manutenzione e rinnovamento
(OMR) per la derivazione, trasporto e distribuzione delle acque sono
state basate sui dati degli studi del US Bureau of Reclamation.
Esse sono riportate rispettivamente nelle Figure (24) e (25)
Si e’ inoltre assunto che i primi 840000 acri dell’area del comprensorio possono essere serviti a gravita’ mentre l’irrigazione di ulteriori e maggiori superfici di terreno richiede il sollevamento dell’acqua
all’opera di derivazione.
Fabbisogno di energia idroelettrica
Il fabbisogno di energia per il sistema e’ stato determinato in
modo tale da esser rappresentativo di una economia diversificata di
tipo agricolo-industriale e rurale-urbana.
Non e’ inclusa nel sistema alcuna richiesta eccessivamente elevata
destinata ad una singola utilizzazione.
La composizione della domanda di energia risulta dalla tabella
data di seguito.
101
Figure 40: Costi capitale per derivazione irrigua, sollevamento e distribuzione.
Figure 41: Costi OMR per derivazione irrigua, sollevamento e distribuzione.
102
COMPOSIZIONE DELLA RICHIESTA ENERGETICA
Classi d’utenza
Domestica rurale
Industriale
Irrigazione e condizion.
Commerciale
Perdite e varie
Totale
% sul totale
30
35
15
10
10
--100
La ripartizione mensile del carico nella richiesta di energia ed i
relativi fattori di carico sono indicati nella seguente tabella:
RIPARTIZIONE MENSILE DELLA DOMANDA ENERGETICA
Mese
% energia totale
fattore di carico
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
8.1
8.3
8.2
7.5
7.3
7.7
8.3
8.9
9.1
9.3
0.63
0.61
0.62
0.60
0.58
0.60
0.62
0.64
0.66
0.68
103
Set
Ott
TOT.ENERGIA
9.1
8.2
--100
0.68
0.64
CARICO MEDIO
0.60
Il fattore di carico e’ pari al rapporto tra carico medio e carico di
punta: l = (cm /cp ). Si e’ assunto indifferente il fatto che il livello di
produzione, ossia l’energia necessaria per soddisfare un dato carico,
venga realizzato nell’impianto B o G.
Potenza degli impianti idroelettrici
Una volta stabilito il livello di produzione mensile ed i fattori
di carico, la potenza installata richiesta puo’ essere calcolata con le
seguenti ipotesi semplificative:
1 Non e’ prevista l’esecuzione di alcuna centrale termica all’interno
del sistema.
2 Il sistema di produzione non dovrebbe richiedere, possibilmente,
eccessiva acquisizione di energia dall’esterno, ovvero l’interconnessione
con sistemi piu’ ampi dovrebbe essere limitata. Una certa interconnessione e’ stata prevista che consente principalmente di
compensare eventuali insufficienze del sistema di produzione.
3 Si e’ imposto di non consentire un continuo sovraccarico alle macchine; si e’ consentito solo il normale sovraccarico durante i
periodi di punta brevi.
4 Non e’ stata prevista alcuna potenza di riserva.
L’arrotondamento in eccesso della potenza richiesta a 5000 kw si
e’ tradotta in un significativo incremento della riserva considerando
che si tratta di piccoli impianti. In genere si usa assegnare una
104
riserva di potenza dell’ordine del 10 − 15% della domanda di punta
complessiva.
La potenza richiesta ha un massimo in Giugno quando l’energia
richiesta e’ dell’8.9% dell’energia totale annua ed il fattore di carico
e’ di 0.64. Cio’ risulta dalla relazione che fornisce la potenza c
richiesta dal sistema:
pE
(75)
100lh
dove p e’ la percentuale dell’energia totale annua E (kwh) richiesta dal sistema, l il fattore di carico mensile ed h il numero di ore
del mese.
c=
La simulazione consente di adottare differenti livelli di produzione
di energia e differenti livelli di potenzialit´a di produzione degli impianti
(sono considerate entrambi variabili di progetto). I valori minimi
delle potenze richieste per gli impianti B e G sono stati determinati considerando queste le potenze come variabili limitate inferiormente.
Il valore di produzione annua E e’ una variabile di progetto.
Il massimo valore annuo di produzione e’ stato assunto Emax =
4 × 109 kwh. Come nel caso dell’irrigazione, questo valore e’ sufficientemente elevato da rendere il quantitativo d’acqua corrispondente l’effettivo limite fisico allo sviluppo dell’utilizzazione.
Fra 0 e 1.6 109 kwh il livello desiderato di produzione puo’ essere
ottenuto sia con l’impianto B che con quello G; al di sopra di tale
valore sono necessari entrambi.
Benefici della produzione di energia
I benefici unitari sono stati assunti costanti per tutti i livelli di
produzione del sistema, ossia 0.07$/kwh per l’energia richiesta e
0.015$/kwh per i cascami, per entrambi gli impianti B e G.
105
Figure 42: Costi capitale per gli impianti idroelettrici B e G.
Il beneficio suddetto puo’ considerarsi un valor medio che pero’
non e’ stato ulteriormente diversificato nella simulazione.
Nell’esempio si e’ assunto di poter tollerare deficit occasionali
di energia con un limite massimo pari al 25% del livello mensile
previsto. Si puo’ supporre che l’energia sia disponibile dal sistema
esterno ed acquisibile ad un prezzo costante di 0.09 $/kwh.
Costi e caratteristiche degli impianti idroelettrici
I costi capitale ed OMR utilizzati nell’esempio sono ricavati dai
dati della US Federal Power Commission e sono indicati nelle Figure
(26) e (27).
Per ciascuna potenza si e’ assunto che il dimensionamento fosse
ottimale relativamente alle condotte forzate, turbine, opere di presa,
pozzi piezometrici e opere varie.
L’impianto B e’ assunto a salto variabile secondo una relazione
106
Figure 43: Costi annuali OMR per gli impianti idroelettrici B e G.
che lega il salto alla capacita’ del serbatoio data nella Figura 28.
L’impianto G e’ assunto a salto costante pari a 50 m.
Capacita’ disponibile per il controllo delle piene
Il sistema e’ realizzato in modo tale da riservare una parte della
capacita’ dei serbatoi per il controllo (laminazione) delle onde di
piena, ma limitatamente ai soli mesi di Aprile, Maggio e Giugno in
relazione all’idrologia dei corsi d’acqua considerati.
Il volume di controllo delle piene puo’ essere riservato in qualunque
serbatoio o ripartito fra piu’ serbatoi. Come ripartire questa capacita’ fra di essi dipende in parte dal contributo di ciascun sottobacino all’idrogramma di piena che complessivamente transita nella
zona a rischio di esondazione ed in parte dal necessario carattere plurimo svolto dai serbatoi (serbatoi ad uso multi-settoriale). In particolare, nel sistema in esame si e’ dovuta vincolare in B l’aliquota di
107
Figure 44: Relazione tra salto utile e capacita’ del serbatoio B.
capacita’ riservata alle piene con le capacita’ necessarie per gli altri
usi ed in particolare per quello idroelettrico.
IPOTESI GESTIONALE IMPORTANTE: Poiche’ il serbatoio
A sottende un bacino che contribuisce solo in misura modesta alla
formazione delle piene (ed inoltre il suo contributo puo’ essere controllato a valle anche dal serbatoio C), si assume che la regolazione
delle portate di piena sia esercitata principalmente in B e C.
In definitiva pero’, considerato che in B c’e’ l’impianto idroelettrico e che tale invaso deve anche regolare i deflussi irrigui, la realizzazione della laminazione delle piene e’ principalmente realizzata
nel serbatoio C, oltre a D per i contributi residui vallivi in sponda
destra. Pertanto, anche il serbatoio D deve regolare una aliquota
dei contributi di piena.
Propagazione delle piene
La procedura di propagazione delle piene attraverso il sistema,
procedura comunque complessa, e’ ulteriormente resa difficile dalla
108
Figure 45: Relazione tra danno di piena e portata a valle di G.
esigenza di inserirla nell’ambito della simulazione complessiva del
sistema al fine della valutazione delle sue prestazioni.
A tal fine, e’ gia’ stato detto che e’ necessario modificare il passo
temporale di analisi nella simulazione in modo da tener conto degli
effetti di tutte le piene e non soltanto, di alcune di esse. Infatti
questa simulazione non si limita a considerare, come talvolta capita,
la sola piena di progetto per la quale vengono dimensionate le opere
di scarico ed il volume di laminazione.
Sulla base delle caratteristiche del bacino e’ stata assunta l’ipotesi
semplificativa che a valle degli invasi le onde di piena traslino senza
modificare di forma e pertanto le portate al colmo restano invariate.
Conseguentemente, nella simulazione e’ stata adottata una semplice stima del tempo di ritardo con la quale la piena transita alle
varie sezioni. Il tempo di transito tra A o B e G e’ stimato in 12
ore; quello fra C e G di circa 6 ore; quello fra D e G e’ praticamente
109
trascurabile.
I danni di piena sono stati assunti essere funzione solo della portata al colmo in G e sono riportati nella Figura 29 in funzione di
questa portata al colmo. Dalla figura si nota che fino alla portata
di 105 103 non vi e’ alcun danno; quando viene raggiunto il livello d’acqua corrispondente le sponde vengono superate e l’acqua
invade zone con superfici sempre crescenti con danni che aumentano rapidamente. Quando tutta la zona prossima all’alveo viene
inondata la portata aumenta senza che vi siano ulteriori danni per
un ampio campo; livelli d’acqua ancora maggiori non riescono a invadere ulteriori zone poste a quote piu’ elevate. Quindi, nel tratto
finale, i danni riprendono a crescere rapidamente per portate ancora
maggiori.
Nel sistema in esame, cos´ı come in quello considerato nell’esempio
precedente, i benefici relativi al controllo dalla piene ottenuti con
capacita’ di invaso sono calcolati come differenza tra i danni determinati dalle piene incontrollate e da quelle regolate dagli invasi.
Costo del controllo delle piene
Nell’assegnare le capacita’ per il controllo delle piene si e’ ipotizzato che per i serbatoi non sia necessario prevedere ulteriori costi
per lo scarico delle portate di piena anche quando si varia il volume
riservato.
Il vuotamento degli invasi avviene quindi con modalita’ che sono
indipendenti dal volume di invaso riservato alle piene.
Costo dei serbatoi
Le curve riportate nelle Figure 30 e 31 indicano i valori assunti
per i costi capitale ed OMR necessari a realizzare le capacita’ dei
quattro serbatoi del sistema.
110
Sono state assunte le seguenti ipotesi per la determinazione del
costo capitale dei serbatoi:
- I costi riportati nelle figure sono la somma dei costi di costruzione
delle dighe, degli sfioratori e delle opere di presa; della ricostruzione delle strade ed altre opere che verranno sommerese;
della pulitura della zona di invaso ed ulteriori oneri vari.
- I costi comprendono anche gli interessi durante le fasi di costruzione
che sono fissati in un valore costante per tutti gli invasi.
- I costi dei serbatoi sono gli stessi qualunque sia l’utilizzazione
dell’invaso.
- Il limite superiore della capacita’ del serbatoio e’ stato fissato
approssimativamente pari a tre volte il deflusso medio annuo
per ciascuna sezione.
Si precisa che, con ulteriori semplificazioni, nell’analizzare il sistema per mezzo della simulazione si sono inoltre trascurate le perdite
per evaporazione e per infiltrazione dal sito di invaso e non sono
state messe in conto le riduzioni di capacita’ di invaso causate dal
fenomeno dell’interrimento.
111
Figure 46: Costi capitale per i serbatoi A, B, C e D.
112
Figure 47: Costi OMR per i serbatoi A, B, C e D.
113
6.4
Procedure di gestione del sistema
Le prestazioni del sistema di risorse idriche, sotto il profilo economico, devono essere stimate per diverse combinazioni delle variabili di progetto. Le prestazioni sono valutate simulando il comportamento del sistema con algoritmi implementati su computer.
Pertanto devono essere costruite una serie di regole che identificano le procedure di gestione del sistema in una forma adatta al
calcolo automatico su computer.
L’individuazione di queste procedure derivano fondamentalmente
dalle valutazioni fatte precedentemente e possono essere sintetizzate nei seguenti punti: 1) Idrologia del bacino; 2) Configurazione
fisica del sistema; 3) Procedure operative; 4) Caratterizzazione delle
grandezze prestazionali del sistema.
Considerazioni sulle procedure di gestione adottati
Avendo presenti le caratteristiche del sistema illustrate precedentemente, la procedura di gestione risulta basata sulle seguenti
considerazioni generali.
Finche’ e’ possibile, i quantitativi di risorsa richiesti sono ottenuti
utilizzando i deflussi non regolati dei bacini parziali o acque che
comunque sarebbero scaricate o sfiorate dai serbatoi per mantenere
i livelli richiesti per il controllo delle piene.
L’invaso nel serbatoio B e’ tenuto il piu’ alto possibile compatibilmente con l’erogazione richiesta. Le richieste irrigue sono pertanto
soddisfatte, per quanto possibile col serbatoio A; ugualmente, nella
produzione di energia si opera preliminarmente dagli altri serbatoi
prima di procedere allo svuotamento del serbatoio B.
CONSIDERAZIONE GENERALE: Necessita’ di salvaguardare la
risorsa idrica ad energia potenziale maggiore.
114
Le piene della sezione A sono relativamente modeste e quindi A
non riduce sensibilmente i danni in G; pertanto, in via semplificata,
si pu´o trascurare l’effetto di laminazione delle piene in funzione della
capacit´a in A.
I serbatoi C e D sono a valle, e non possono quindi essere utilizzati, per la zona irrigua; conseguentemente le erogazioni per la
produzione di energia sono ottenute in primo luogo da questi serbatoi e solo se necessario da quello in B.
Dato che i deficit di energia possono essere compensati da acquisti esterni al sistema, mentre i deficit irrigui non hanno questa
possibilita’, si provvede ad utilizzare in modo prioritario i serbatoi
A e B a scopo irriguo.
L’energia prodotta in B dovrebbe essere conseguente alle erogazioni
per l’uso irriguo; la produzione idroelettrica in B e’ pertanto massima in primavera ed estate a causa delle necessita’ irrigue; l’energia
prodotta in G e’ massima in autunno-inverno.
Dato che l’afflusso al serbatoio D e’ massimo in tarda primavera, il suo livello viene abbassato prima di tale periodo e pertanto
le massime produzioni idroelettriche invernali in G sono dovute ai
deflussi rilasciati da questo serbatoio.
Poich´e il serbatoio in C funziona come serbatoio di regolazione
delle portate scaricate da A e B, non e’ agevole formulare una procedura di gestione di questo serbatoio; tuttavia sembra ragionevole
scaricare l’acqua per produrre energia in inverno avanzato, primavera ed estate in modo da rendere libera parte della capacita’ per
invasare le portate scaricate da A e B durante i periodi di maggiori
portate.
In relazione al fatto che la portata di piena che puo’ transitare
senza danni fino a G e’ elevata rispetto alla capacita’ di laminazione
dei serbatoi, si puo’ prevedere che il loro svuotamento fino al livello
115
prescritto avvenga nell’arco di un solo mese.
Istruzioni di gestione adottati
Sulla base delle considerazioni precedenti le istruzioni di gestione
si possono organizzare nel seguente modo:
1 Usare gli sfiori dei serbatoi A e B (se ci sono) assieme ai deflussi
del bacino residuo tra A e B ed E per le richieste irrigue.
2 Se le richieste irrigue non sono soddisfatte utilizzare l’invaso del
serbatoio A finche’ il serbatoio non sia vuoto.
3 Se A e’ vuoto e la richiesta irrigua e’ ancora non soddisfatta,
utilizzare l’invaso B sino a quando non si svuota fino al livello
delle acque morte.
4 Turbinare le portate di supero e quelle scaricate da B fino alla
massima potenza dell’impianto.
5 Utilizzare gli sfiori dai serbatoi C e D e le portate del bacino
residuo fino a G per ottenere energia nella centrale G.
6 Per quanto riguarda la produzione di energia idroelettrica si puo’
diversificare la regola di gestione nel seguente modo:
Da Settembre a Gennaio:
Utilizzare l’invaso del serbatoio D fino a soddisfare la richiesta
ovvero fino a quando si raggiunge la massima portata della
centrale G o fino a che D non sia vuoto.
Utilizzare l’invaso del serbatoio C fino a soddisfare la richiesta,
fino a che non si raggiunge la massima potenza in G o fino a
quando C non e’ vuoto.
Utilizzare l’invaso del serbatoio A, se ci´o e’ ancora possibile,
fino a soddisfare la richiesta, ovvero fino alla massima portata
nella centrale o fino a quando A sia vuoto.
Utilizzare l’acqua del serbatoio B, se questo e’ ancora possibile,
116
fino a soddisfare la richiesta. Si noti che le acque invasate in B
sono a salto variabile: il calcolo del volume da erogare richiede
pertanto un procedimento per tentativi.
Da Febbraio ad Agosto:
Utilizzare il serbatoio C, c.s.
Utilizzare il serbatoio D, c.s.
Utilizzare il serbatoio A, c.s.
Utilizzare il serbatoio B, c.s.
7 Riservare le capacita’ previste durante i mesi di Aprile, Maggio e
Giugno nelle combinazioni seguenti dei valori per i serbatoi B,
C e D:
Nel mese di Marzo, vuotare ciascun serbatoio in modo da rendere disponibile al primo Aprile meta’ della capacita’ di riserva
complessiva.
Se la piena capita in Aprile, non scaricare durante questo mese.
Altrimenti, vuotare ciascun serbatoio in modo che tutta la capacita’ di riserva sia disponibile al 1 Maggio .
Se la piena capita in Maggio, non vuotare durante questo mese;
altrimenti vuotare ciascun serbatoio in modo da rendere disponibile tutta la capacita’ di riserva al 1 Giugno.
8 Durante i mesi di Marzo, Aprile a Maggio, turbinare i volumi
scaricati nelle centrali B e G fino alla massima portata e utilizzare le acque di B per soddisfare le richieste irrigue.
9 Se il mese contiene un evento di piena, seguire le istruzioni indicate di seguito. La procedura non differisce sostanzialmente
da quella vista in precedenza salvo alcune particolarita’ ma,
sopratutto, si riferisce a periodi di 6 ore e non mensili; in secondo luogo, se l’energia richiesta non puo’ essere soddisfatta
dall’utilizzazione iniziale del serbatoio B e dal vuotamento dei
serbatoi A,C e D non si provvede a svuotar ulteriormente il serbatoio B e si calcola il deficit energetico; infine, ancora, si deve
117
tener conto del lag temporale per il trasferimento dell’onda di
piena da A e B in C e G.
Le istruzioni per la gestione in periodo di piena con passo temporale di 6 ore sono le seguenti:
a vuotamento dei serbatoi B, C e D per mantenere il volume
previsto per il controllo delle piene; in G la portata non
deve eccedere il valore di 52 × 103 entro le 6 ore;
b se c’e’ il rischio di superare questa portata una parte dei
volumi deve essere invasata iniziando da C, quindi D ed
infine B a seconda che siamo prossimi o meno al valore di
sicurezza;
118
6.5
Procedura operativa
Ciacuna simulazione e’ basata sugli stessi 60 anni di informazione
disponibili, i primi 10 dei quali costituisco.o il periodo di pre - riscaldamento (non utilizzato ai fini delle valutazioni di prestazione). Il
codice di calcolo deve valutare i risultati in termini di prestazione
sia per gli aspetti fisici che economici. In particolare, per questi ultimi si calcola il valore attuale dei benefici netti assumendo un tasso
di interesse del 2.5 % e nell’ipotesi che non vi siano limitazioni di
capitale e di fondi necessari per la gestione, manutenzione ed ammortamento dei costi di costruzione delle opere.
La risposta del sistema in termini di valore della FO, ovvero la
superficie di risposta del sistema in termini di beneficio netto, puo’
essere rappresentato da una funzione B = f (x1 , x2 , ....x12 ), ove le
x sono i valori delle variabili di progetto. I livelli degli outputs in
termini di irrigazione, energia e controllo delle piene sono funzioni
implicite delle 12 variabili di progetto precedentemente definite.
Un metodo pratico per trovare la combinazione ottimale e’ quello
di procedere alla valutazione della FO per campionamento delle
variabili di progetto. Ciascuna risposta conseguente alle ipotesi
su queste variabili e’ risultato di operazioni complesse eseguite dal
computer per simulare il sistema secondo le regole gestionali viste
precedentemente.
I metodi di campionamento delle variabili per l’analisi del sistema
si possono suddividere in due grandi categorie:
a) campionamento sistematico;
b) campionamento casuale.
Nel primo metodo si scelgono i valori delle variabili di sistema
secondo un criterio ordinato, nel secondo si opera secondo ipotesi
di estrazione casuale del campione dalla popolazione ipotizzata per
le variabili.
119
Relativamente al campionamento sistematico si presentano diverse alternative, le piu’ usuali sono sintetizzate di seguito:
- Metodo del reticolo uniforme o metodo fattoriale: Il campo di
variabilita’ di ciascuna variabile viene campionata con valori
uniformemente spaziati fra loro. Per n variabili considerando m
valori si ha una campionatura complessiva di mn combinazioni.
Nel sistema esaminato, volendo anche solo campionare due valori per ciascuna variabile di progetto, si ottengono 212 = 4096
combinazioni diverse. Ogni combinazione richiede un run del
processo simulativo ed una valutazione prestazionale del sistema in questa configurazione. Il numero di iterazioni puo’
rendere impraticabile questa procedura di campionamento a
causa dei tempi di calcolo necessari.
- Metodo del fattore singolo: I valori di tutte le variabili sono mantenute costanti eccetto una che viene fatta variare passo a passo
finche’ non si ottiene un valore di risposta piu’ elevato. Il processo viene quindi ripetuto per ciascuna variabile finche’ non si
riscontra piu’ alcun miglioramento. Questo metodo deve partire da una situazione iniziale non troppo lontana da quella
ottima. Affinche’ la procedura operi in modo soddisfacente e’
necessario che le variabili siano fra loro indipendenti in termini di risposta del sistema. Spesso, tuttavia, le variabili di
un sistema di risorse idriche sono fra loro strettamente interrelate e pertanto questo metodo rischia di non condurre alla
soluzione ottimale e di portare a circoli viziosi nel processo di
ottimizzazione.
- Metodo incrementale o di analisi marginale: Invece di modificare una variabile per volta, si opera su piu’ variabili in modo
da tener conto delle loro interrelazioni. Il metodo, nel caso in
esempio, puo’ essere utilizzato quando si conosce gia’ approssimativamente la posizione dell’ottimo essendo inoltre disponibili
informazioni relative alle variabili piu’ importanti ed alle loro
relazioni funzionali.
120
Figure 48: Esempio grafico per valutare il massimo di una funzione di due variabili
col metodo del gradiente.
- Metodo della massima pendenza (o del gradiente): Questa tecnica
di ricerca dell’ottimo prende il nome dal fatto che l’individuazione
dei valori da attribuire alle variabili di progetto procede dalle
quote (valori del beneficio netto) inferiori a quelle superiori
nella superficie di risposta B = f (x) secondo le direzioni di
maggiore pendenza e, quindi, di minore distanza. Graficamente
il procedimento e’ illustrato nella Figura 32.
Anche qui e’ importante definire correttamente il punto iniziale. Nel procedimento devono essere quindi valutati direzione
e distanza del movimento nello spazio delle variabili di progetto.
Due considerazioni sulla scelta della distanza: quanto piu’ e’
grande, quanto piu’ rapidamente ci si avvicinera’ all’ottimo ma
tanto maggiore e’ anche il rischio di superare inavvertitamente
questo punto. Un passo troppo piccolo, oltre a rallentare il
processo di convergenza all’ottimo, richia di non riuscire ad
121
allontanarsi da massimi locali.
Da un punto di vista matematico, se indichiamo con P 0 il punto
iniziale con componenti (x01 , x02 , .... , x0n ), il valore iniziale del
beneficio netto risulta: B 0 = f (x01 , .... , x0n ).
A partire da tale valore, tramite simulazione, si possono valutare i benefici marginali:δBi /δxi per ciascuna delle variabili
di progetto xi , i = 1, n.
Il passaggio dal punto iniziale P 0 al successivo punto P 1 viene
effettuato imponendo che gli incrementi di ciascuna variabile
siano proporzionali ai relativi benefici marginali:
x1i − x0i = C(δB/δxi )
(76)
ove C puo’ essere espresso in funzione della distanza d tra P 1
e P 0:

d=
d=C
(x1i −
X
i=1,n

X

(1/2)
x0i )2 
(77)
(1/2)
2
(78)
(δB/δxi )
i=1,n
da cui risulta:
C=
d
P
[ i=1,n (δB/δxi )2 ](1/2)
(79)
Naturalmente sono anche possibili diverse alternative nella valutazione della distanza e della direzione quale, ad esempio,
quella di imporre che la massima variazione di ciascuna variabile sia minore o uguale in modulo ad un valore k prefissato:
122
maxi x1i − x0i = k
(80)
Dalla precedente e dalla (72) consegue:
C (max |δB/δxi |) = k
(81)
e quindi si ottiene:
C=
k
(max |δB/δxi |)
(82)
Ottenuto il punto P 1 si passa a P 2 e cosi’ via.
Nel processo di ricerca dell’ottimo δx, d e K possono essere
variati da un passo al successivo, se lo si reputa conveniente,
ovvero se si vuole uscire da una situazione di stallo nel processo
iterativo ricerca dell’ottimo.
L’applicazione del metodo in casi come quello esaminato puo’
dar luogo a complicazioni dovute, per esempio, alle unita’ di
misura che sono in genere diverse, mentre per la validita’ delle
espressioni precedenti e’ necessario che siano omogenee e possibilmente riportate a variazioni monetarie. Per ovviare a questo
problema si possono rendere adimensionali gli incrementi delle
variabili in rapporto al loro campo di variazione.
Si nota infine che, anche se questo metodo di guida della simulazione verso la soluzione di ottimo offre indubbi vantaggi
rispetto ai precedenti, non viene comunque garantito il raggiungimento del massimo assoluto specie quando la superficie
di risposta presenta massimi locali ovvero quando la superficie
di risposta B o le sue derivate non sono continue.
123
7
Altri metodi per l’ottimizzazione dei sistemi
Nel capitolo precedente abbiamo discusso come operare il confronto
e la valutazione di un sistema di risorse per mezzo di tecniche di
simulazione. Sistemi che portano ad un elevato numero di variabili
di progetto e di varibili operative (complessivamente sono chiamate
variabili decisionali) possono non essere facilmente esaminati con
questo tipo di approccio. I metodi di ottimizzazione matematica
saranno l’oggetto dei prossimi capitoli.
In termini matematici questi metodi devono identificare i valori
delle variabili decisionali xi , che complessivamente formano il vettore X, che massimizzano la funzione di beneficio netto B(X ), ossia
la funzione obiettivo del nostro problema.
I valori che le variabili decisionali possono assumere raramente
non sono vincolate. Normalmente esistono relazioni di vario tipo tra
queste variabili che, ovviamente, devono essere soddisfatte anche
nelle condizioni di ottimo. Inoltre possono sussistere limitazioni sui
fondi complessivamente disponibili per la realizzazione delle opere.
In genere i vincoli sono espressi da equazioni nella forma generale: gi (X) = bi . Valori ammissibili delle variabili decisionali sono
quelli che soddisfano tutti i vincoli. Tra questi valori ammissibili
sara’ ovviamente da ricercare la combinazione che fornisce il valore
ottimo, in quanto rende massima la funzione obiettivo.
Analiticamente il problema di ottimizzazione si potra’ quindi esprimere:
s.t.
max
gi (X) = bi
B(X)
i = 1, n
(83)
(84)
Metodi che consentono di risolvere il problema di ottimo vinco124
lato dato dalle equazioni (83) e (84), sono forniti dagli algoritmi di
programmazione (ottimizzazione) matematica.
Il tipo di algoritmo piu’ appropriato per un particolare problema
di ottimizzazione di risorse idriche dipendera’ dalla forma della funzione obiettivo e delle equazioni dei vincoli. Non esiste una procedura di soluzione che possa risolvere in modo universale tutti i
modelli di ottimizzazione.
Quindi, il pianificatore dovra’ tendere a riportare il modello di
ottimizzazione in esame ad una delle forme per le quali esistono efficienti procedure di soluzione. Questo conduce inevitabilmente alla
necessita’ di introdurre semplificazioni nella struttura del problema
e, in certi casi, al dover trascurare alcuni aspetti del problema. Per
tale motivo, come gia’ detto in precedenza, questo tipo di approccio conduce solo, talvolta, ad una soluzione che e’ prossima a quella
ottima reale.
In alcuni casi i problemi nascono dalla impossibilita’ di esprimere
sotto forma di espressioni matematiche tutti gli obiettivi o i vincoli
del problema; incertezze di tipo tecnico, economico e politico ed
altri aspetti che giocano comunque un ruolo importante nel processo
decisionale reale.
E’ quindi importante rendersi conto che l’ottimo matematico non
coincide necessariamente con l’ottimo del sistema reale ma e’ solo
una indicazione relativa allo schema sintetico che abbiamo offerto
all’algoritmo di soluzione del modello matematico.
I metodi di ottimizzazione che saranno illustrati nei seguenti capitoli utilizzano, inoltre, i criteri decisionali dell’economia applicata
all’ingegneria gia’ richiamati nei capitoli precedenti. E’ fondamentale, nella scrittura della funzione obiettivo, richiamare il concetto
della necessita’ di riportare la serie temporale di costi e guadagni ad
un singolo valore che possa essere confrontato nelle varie alternative
125
esaminate.
Dovra’ quindi essere definito il tasso di interesse che sara’ utilizzato per realizzare la comparazione fra flussi di denaro che avvengono in tempi diversi. Per confrontare progetti o piani che determinano differenti flussi di denaro nel tempo si ricorre, in alternativa,
al concetto di valore attuale, che viene espresso come singolo valore
riferito all’oggi, ovvero al concetto di valore annuo equivalente che
richiede che costi (anche in termini di passivit´a) e benefici siano
riportati a flussi annui di entita’ costante, con le espressioni fornite
nei capitoli precedenti.
Il sintesi, nei capitoli che seguono saranno forniti gli aspetti
metodologici fondamentali e alcuni esempi applicativi per i seguenti
metodi di ottimizzazione:
- Programmazione dinamica
- Programmazione lineare
- Ottimizzazione su rete
- Metodi misti che sfruttano gli algoritmi di ottimizzazione su rete
- Cenni su ottimizzazione meta-euristica
126
8
La Programmazione Dinamica
La programmazione dinamica e’ una tecnica di ottimizzazione che
puo’ essere applicata a problemi di gestione delle risorse quando
le decisioni sono prese in sequenza. Nell’esempio del precedente
capitolo, nel gestire un serbatoio noi potremo definire una regola
che decida quanto rilasciare in ciascun mese sulla base di quanto
e’ il volume invasato all’inizio del mese; ovviamente le operazioni
vanno reiterate in sequenza per tutti i mesi.
Si noti che non tutti i problemi di ottimizzazione seguono questa
struttura, comunque ci sono una ampia fascia di situazioni, ed in
particolare quelle legate alla gestione in real-time delle risorse, che
possono essere riportate a questo schema concettuale nel quale si
puo’ operare secondo le tecniche di programmazione dinamica.
A titolo di esempio consideriamo un problema di allocazione
(o assegnazione) ottima della risorsa idrica in un singolo periodo.
Nello specifico, si tratta di realizzare, in un fissato periodo, la gestione ottima di un invaso a scopo multiplo.
Per ciascun uso, la funzione di beneficio lordo sia definita dalla
funzione:
Bj = aj [1 − e(−bj xj ) ]
e il costo sia definito dalla funzione concava:
d
Cj = cj xj j
dove cj e dj sono costanti note e positive, e inoltre dj < 1.
E’ facile verificare che la funzione di costo Cj ha valore marginale
decrescente come cresce il valore della variabile xj . In altre parole
il sistema evidenzia economie di scala.
Si considera come funzione obiettivo quella di massimizzare i
benefici netti R = BN = (B − C) soggetta ai vincoli di non neg127
Figure 49: Schematizzazione del processo di assegnazione.
ativita’ sulla singola assegnazione e di capacita’ complessiva Q di
risorsa disponibile.
Si considerano, inoltre, 3 possibili usi per la risorsa. Il modello
di ottimizzazione si scrive quindi:
max
P
j=1,3
s.t.
aj (1 − e
−bj xj
)−
≤Q
xj ≥ 0 ∀j
P
j=1,3 xj
d
cj xj j
(85)
Il primo passo nella procedura di programmazione dinamica e’
quello di strutturare il processo come una sequenza di decisioni successive, secondo lo schema della Figura 49
Quando una porzione xj dell’acqua complessivamente disponibile
Q e’ allocata alla risorsa j, da questa risulta un beneficio netto
d
Rj (xj ) = aj [1 − e−bj xj ] − cj xj j .
128
Una variabile di stato sj puo’ essere definita per indicare la quantita’ d’acqua disponibile per i restanti usi o successivi passi decisionali. Quindi, la funzione di trasformazione sj+1 = sj − xj definisce lo
stato del sistema al passo successivo come una funzione dello stato
corrente e dell’assegnazione prevista all’uso j.
8.1
L’equazione ricorsiva
Con le precedenti definizioni e’ possibile scrivere il problema (85) in
termini di programmazione dinamica come:
f1 (Q) = max(x1 +x2 +x3 ≤Q),(x1 ,x2 ,x3 ≥0) [R1 (x1 ) + R2 (x2 ) + R3 (x3 )] (86)
La funzione f1 (Q) fornisce il massimo beneficio netto che puo’
essere ottenuto dall’attribuzione di una quantita’ dell’acqua Q agli
usi 1, 2 e 3.
Ciascuna attribuzione x1 , x2 ed x3 non puo’ essere negativa e la
loro somma non puo’ eccedere Q.
L’equazione (86) rappresenta in forma sintetica un problema di
ottimizzazione con tre variabili decisionali. Nella programmazione
dinamica esso puo’ essere riportato a tre problemi concatenati, ciascuno avente una sola variabile decisionale.
Possiamo infatti scrivere:
f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) +
maxx2 (0≤x2 ≤Q−x1 =s2 ) (R2 (x2 ) +
maxx3 (0≤x3 ≤s2 −x2 =s3 ) R3 (x3 ))]
129
(87)
Indichiamo con f3 (s3 ) il massimo beneficio netto che deriva dall’uso
3 quando ad esso e’ attribuita una quantita’ pari ad s3 . Conseguentemente, per diversi valori discreti di s3 compresi tra 0 e Q,
si puo’ determinare il valore di f3 (s3 ):
f3 (s3 ) = maxx3 (0≤x3 ≤s3 ) [R3 (x3 )]
(88)
Essendo s3 = s2 − x2 , l’equazione (88) puo’ essere ora riscritta in
termini delle sole x1 , x2 , s2 :
f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) +
maxx2 (0≤x2 ≤s2 ) (R2 (x2 ) + f3 (s2 − x2 ))
(89)
Indichiamo ora con f2 (s2 ) il massimo benefico netto derivabile
dagli usi 2 e 3, essendo s2 la quantita’ d’acqua dedicata a tali usi.
Allora, per diversi valori discreti di s2 , tra 0 e Q, s puo’ determinare il valore di f2 (s2 ):
f2 (s2 ) = maxx2 (0≤x2 ≤s2 ) (R2 (x2 ) + f3 (s2 − x2 ))
(90)
Infine, essendo s2 = Q − x1 , l’equazione (90) puo’ essere riscritta
in termini di soli x1 e Q.
f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) + f2 (Q − x1 )]
(91)
Quindi f1 (Q) e’ il massimo beneficio netto ottenibile con una
quantita’ di acqua Q da utilizzare per gli usi 1, 2 e 3.
L’equazione (91) non puo’ essere risolta senza la conoscenza di
f2 (s2 ). L’equazione (90), che produce f2 (s2 ), non puo’ essere risolta
senza la conoscenza di f3 (s3 ).
130
Fortunatamente f3 (s3 ) puo’ essere risolta utilizzando l’equazione
(88) senza riferimento ad altre funzioni di massimo beneficio fj (sj ).
Una volta valutata f3 (s3 ), il valore di f2 (s2 ) puo’ essere calcolato
e cio’, infine, consente di valutare la f1 (Q), ossia la quantita’ di
nostro interesse.
Poiche’ le equazioni (88), (90) e (91) devono essere risolte in
sequenza, esse prendono il nome di equazioni ricorsive: cio’ implica
che la soluzione di una equazione deve essere sempre preceduta da
quella dalla quale dipende. La conoscenza della f3 (s3 ) consente di
valutare la f2 (s2 ) e questa permette di valutare la f1 (Q), funzione
obiettivo del problema originale (87).
L’individuazione del set di equazioni ricorsive e’ l’elemento fondamentale nell’impostare il modello di programmazione dinamica. In
termini generali, l’interesse per questo approccio deriva dalla considerazione che e’ spesso piu semplice e piu’ veloce risolvere numerosi
problemi di ottimizzazione con una sola variabile che non un solo
problema con molte variabili decisionali. Ciascuna equazione rappresenta un passo nella quale e’ presa una decisione, per tale motivo
la programmazione dinamica e’ anche definita come un multistage
decision-making procedure.
L’interesse nella pianificazione e gestione delle risorse idriche per
questo approccio deriva dal fatto che spesso i problemi decisionali
possono essere riportati alla dipendenza di una singola variabile, il
piu’ delle volte espressa come entita’ della risorsa idrica.
In genere i set di valori che possono assumere sj ed xj sono
discreti e pertanto si parla di programmazione dinamica discreta.
131
8.2
Esempio
Con riferimento al problema (86) ed alla Figura 49, nella prima
Tabella riportata nella Figura 50 riportati i valori dei benefici netti
Rj (xj ). I calcoli sono effettuati avendo assunto:
aj = 100, 50, 100;
bj = 0.1, 0.4, 0.2;
cj = 10, 10, 25;
dj = 0.6, 0.8, 0.4;
per j che varia da 1 a 3. Si e’ inoltre posto Q = 5.
I calcoli per la valutazione al primo stadio del procedimento della
f3 (s3 ), definita dalla (88), portano ai valori nella seconda Tabella.
I calcoli per la valutazione dei benefici netti allo stadio intermedio
sono definiti in generale dall’equazione ricorsiva:
fj (sj ) = maxxj ,(0≤xj ≤sj ) [Rj (xj ) + fj+1 (sj − xj )]
(92)
per i diversi valori di sj tra 0 e Q, sono dati nella terza Tabella.
L’ultima Tabella della Figura 34 contiene i calcoli dell’ultima equazione
ricorsiva (86).
Memorizzando il valore di assegnazione ottima x∗j associato a
ciascuna variabile di stato sj , si rende possibile percorrere al contrario le Tabelle successive per ottenere il valore ottimo di ciascuna
variabile decisionale.
Dall’ultima Tabella nella Figura 50 risulta che il massimo beneficio netto f1 (Q) e’ uguale a 18 ed in corrispondenza al valore x∗1 = 0.
Quindi il valore ottimale di s2 , ossia la quantita’ d’acqua disponibile
per l’uso 2, risulta: s2 = Q − x∗1 = 5 − 0 = 5.
Dalla penultima Tabella, il valore ottimo di x∗2 per l’uso 2 e con
s2 = 5, risulta uguale ad 1. Quindi il valore ottimo di s3 , ossia la
132
Figure 50: Valori dei benefici netti Rj (xj ); e calcolo delle fj (xj ).
133
quantita’ d’acqua disponibile per l’uso 3, consegue uguale a s3 =
s2 − x2 = 5 − 1 = 4.
Dalla terzultima Tabella, per l’uso 3, l’assegnazione ottimale di
x3 e’ proprio il suo valore massimo uguale a 4.
Pertanto la configurazione ottimale complessiva nella collocazione
delle risorse e’ di 0, 1, 4, rispettivamente per i tre usi considerati. In
questo esempio risulta inoltre che tutta la risorsa e’ stata utilizzata.
8.3
Il principio di ottimalita’
Per illustrare il principio sul quale e’ basata la programmazione
dinamica, e’ utile rappresentare il problema di assegnazione ottima
della risorsa per mezzo del grafo riportato nella Figura 51.
I nodi del grafo rappresentano lo stato del sistema, ovvero la
quantita’ di acqua disponibile per l’uso attuale e quelli successivi. I
rami di collegamento rappresentano le decisioni possibili ed ammissibili sulla base dello stato del sistema.
Attraverso l’uso del grafo dei percorsi ammissibili possibile riportare il problema di programmazione dinamica ad un problema di
ricerca del cammino ottimo (optimum path), ovvero del percorso di
massimo benefico (o di minimo costo) tra il nodo origine e il nodo
termine che pu essere aggiunto al grafo a partire da tutti i nodi
terminali attribuendo costo zero a tali archi.
Associato a ciascun ramo di collegamento e’ posto il relativo
benefico netto Rj (xj ). Iniziando dall’uso (o stadio) 3, per ciascun
valore discreto ed ammissibile della variabile di stato s3 il valore
massimo fra tutte le R3 (x3 ) fra i nodi entranti nel nodo s3 definisce
f3 (s3 ). Cio’ consente di passare allo stadio 2 e computare per ciascuna variabile di stato s2 la relativa f2 (s2 ). Infine, con ciascuna
f2 (s2 ) ed i valori dei link dallo stadio 1 allo stadio 2, si puo’ valutare
la f1 (Q) e conseguentemente la ripartizione ottima della risorsa tra
gli usi.
134
Figure 51: Grafo della assegnazione ammissibile della risorsa e benefici netti sui
trasferimenti.
135
La procedura descritta si muove con modalita’ backward attraverso
la rete dallo stadio 3 allo stadio 1 per ottenere la soluzione ed e’
basata sul principio che in qualunque stadio ci si muove all’indietro
in condizioni tali da raggiungere l’ottimo finale negli spostamenti
tra gli stadi.
Tuttavia si nota che la procedura potrebbe essere invertita e
procedere con modalita’ forward, iniziando dallo stadio (uso) uno.
In tal caso il beneficio netto dell’uso 1 risulta:
f10 (s1 ) = maxx1 (x1 ≤s1 ) [R1 (x1 )]
(93)
Poiche’ il valore ottimo di x1 e’ incognito, l’equazione precedente
deve essere risolta per diversi valori discreti di x1 tra 0 e s1 = Q.
Successivamente si ha, quindi:
f20 (s2 ) = maxx2 (x2 ≤s2 ) [R2 (x2 ) + f10 (s2 + x1 )]
(94)
Anche questa equazione deve essere risolta per diversi valori discreti di s2 tra 0 e Q. Infine:
f30 (s3 ) = maxx3 (x3 ≤s3 ) [R3 (x3 ) + f20 (s3 + x2 )]
(95)
In questo modo il processo che si muove forward dallo stadio 1
allo stadio 3 si basa sempre sul principio che non interessa lo stato
in cui siamo ma che questo stato sia raggiunto nel modo ottimale.
Questa concetto riprende quello che Bellman defini’ come principio di ottimalita’ della programmazione dinamica.
Nell’esempio qui visto e’ stato semplice riportare il problema di
assegnazione ottima come problema che puo’ essere risolto sia con
procedura forward che backward di programmazione dinamica. Si
noti pero’ che cio’ non e’ sempre possibile o agevole per tutti i
problemi nella gestione delle risorse idriche.
Si noti ancora che, diversamente da altre procedure di ottimizzazione, l’introduzione di vincoli puo’ semplificare la risoluzione del
136
problema di programmazione dinamica; ad esempio i vincoli capacitativi possono ridurre il numero di valori discreti xj che devono
essere considerati nella valutazione delle fj (sj ).
8.4
Variabili di stato multiple
Ci sono certi tipi di problemi decisionali multi-stadio che possono
creare alcune difficolta’ computazionali.
Si supponga, nell’esempio precedente di assegnazione ottima, che
l’acqua sia usata per differenti colture irrigue. Inoltre debba essere
assegnata alla coltura anche l’aliquota di terreno da utilizzare per
essa. Se si indica con A la quantita’ complessiva di terreno disponibile e con uj la quantita’ d’acqua di cui ha bisogno ciascuna coltura
(dotazione irrigua), il problema di ottimizzazione e’ ora quello di
determinare l’assegnazione xj di acqua e la quantita’ di terreno
aj = xj /uj che massimizzano il beneficio totale netto soggetto alla
limitazione ulteriore sul terreno disponibile. Il problema di ottimizzazione si formalizza ora nel seguente modello:
max
s.t.
P
j=1,3 Rj (xj )
P
j=1,3 xj ≤ Q
≤A
xj ≥ 0 j = 1, 3
P
j=1,3 (xj /uj )
(96)
(97)
(98)
(99)
Diversamente dal problema originale ci sono ora due assegnazioni
da fare a ciscun passo: acqua (eq.: 97) e terra (eq.: 98). E’ quindi
necessario prendere in esame un’altra variabile di stato rj per individuare la quantita’ di terra disponibile per l’attribuzione alle rimanenti colture.
L’equazione generale ricorsiva diventa:
137
fj (sj , rj ) = max(0≤xj ≤sj ),(xj ≤rj uj ) [Rj (xj ) + fj+1 (sj − xj , rj − (xj /uj ))]
(100)
che deve essere risolta per diversi valori sia della variabile di stato
sj (0 ≤ sj ≤ Q), sia della variabile di stato rj (0 ≤ rj ≤ A).
Anche se l’introduzione della seconda variabile di stato non introduce ulteriori difficolta’ concettuali, essa comunque determina
un incremento nella difficolta’ computazionale della risoluzione del
problema.
Maggiore e’ il numero di variabili di stato, maggiori sono le combinazioni di attribuzione dei valori alle variabili decisionali che devono essere esaminati in ciascuno stadio decisionale del problema.
Sul computer cio’ richiede maggiore memoria a disposizione e
maggiore tempo di calcolo.
In genere la necessit´a di considerare piu’ di tre variabili di stato,
se richiede di esaminare un notevole numero di valori discreti per
ciascuno stato, determina la crescita del problema fino a dimensioni
intrattabili.
Cio’ e’ dovuto alla crescita esponenziale del numero totale di stati
discreti che devono essere esaminati con la crescita delle variabili di
stato.
Questo fenomeno e’ chiamato curse of dimensionality dei problemi di programmazione dinamica con variabili di stato multiple.
138
8.5
Altre applicazioni
Espansione della capacita’ di un sistema
Si considera un centro abitato per il quale, a causa dell’aumento
della popolazione, si debba prevedere un aumento della capacita’
del serbatoio di approvvigionamento (N.B.: il problema sarebbe
concettualmente lo stesso se si dovessero aumentare le dimensioni
delle condotte o per aumento delle dimensioni dell’impianto di potabilizzazione o trattamento reflui).
Sia Dt la capacita’ del sistema necessaria alla fine di ciascun
periodo t nel quale si e’ discretizzato l’arco temporale considerato.
Il costo di espansione Ct (st , xt ) in ciascun periodo e’ funzione sia
dell’aumento di capacita’ richiesto, sia della capacita’ precedentemente esistente. Le variabili decisionali del problema sono, quindi,
le xt , incremento della capacita’ del serbatoio al tempo t, mentre le
st indicano le capacita’ preesistenti.
Il problema di pianificazione e’ quello di trovare la sequenza di
espansione delle capacita’ che minimizza il costo attualizzato dei
costi da sostenere nell’orizzonte temporale esaminato per soddisfare
le esigenze di ampliamento di capacita’.
Il problema puo’ quindi essere scritto:
f = min
T
X
αt Ct (st , xt )
(101)
t=1
dove con αt , al solito, si e’ indicato il fattore di attualizzazione:
(1 + r)−(t−1) ed r indica il tasso di interesse.
Nel problema deve essere posto, ovviamente, il vincolo che alla
fine di ciascun periodo (ovvero all’inizio di quello successivo) la capacita’ disponibile subisca un incremento perlomeno pari all’incremento
richiesto e sia quindi soddisfatta la relazione:
139
Figure 52: Esempio di programma di espansione della capacita’.
st+1 = st + xt ≥ Dt
(102)
Ci possono anche essere vincoli sulla possibilita’ di espansione
del serbatoio in ciascun periodo (in genere sono vincoli tecnologici)
che possono essere definiti da un set Ωt di valori possibili, tali che
risulti:
x t ∈ Ωt
(103)
La Figura 52 illustra in modo schematico questo problema di
espansione ottima della capacita’ del serbatoio.
La funzione di costo tipicamente ha dei costi iniziali fissi e presenta economie di scala (in un intervallo limitato di possibili valori
della variabile decisionale), come illustrato nella Figura 53.
Il problema di ottimizzazione definito dalle equazioni precedenti
puo’ essere strutturato come un processo decisionale multi-stato
e risolto come un processo di programmazione dinamica forward
ovvero, in alternativa, backward.
140
Figure 53: Funzione di costo dell’espansione della capacita’.
Gli stati del sistema sono relativi ai periodi nei quali sono prese
le decisioni di espansione (stadi decisionali). Le variabili di stato
possono essere sia le capacita’ st+1 alla fine del periodo t, se e’ usata
una procedura forward, sia la capacita’ st all’inizio del periodo se e’
usata una procedura backward.
La procedura forward-moving puo’ essere schematizzata graficamente come e’ indicato nella Figura 38.
La scrittura della equazione ricorsiva richiede che in ciascuno
stadio del processo decisionale sia definita una funzione ft (st+1 ) che
esprime il valore attuale di minimo del costo complessivo di espansione dal periodo attuale fino al periodo t.
Quindi, iniziando dal periodo 1 e per D1 ≤ s2 ≤ DT , dove DT e’
la massima capacita’ che e’ necessario sia considerata, si ha:
f1 (s2 ) = minx1 (x1 ∈Ω1 ) α1 C1 (s2 − x1 , x1 )
(104)
Si nota che la variabile s1 nella funzione di costo puo’ essere
espressa in termini di variazione della variabile decisionale: s1 =
s2 − x1 . Inoltre la capacita’ finale nel periodo 1, indicata come s2 ,
141
Figure 54: Schematizzazione della procedura forward di espansione della capacita’
del serbatoio
deve essere non inferiore di quella richiesta alla fine del periodo: D2 .
L’equazione (104) deve essere risolta per valori discreti di x1 .
L’ambito di variazione della variabile di stato s2 , che indica la capacita’ del serbatoio alla fine tempo 1, sara’ compresa tra quella
iniziale D1 e quella finale DT nell’intero orizzonte temporale esaminato .
Per il periodo t = 2 la funzione f2 (s3 ) e’ definita nel seguente
modo:
f2 (s3 ) = minx2 (x2 ∈Ω2 ) [α2 C2 (s3 − x2 , x2 ) + f1 (s3 − x2 )]
(105)
L’equazione (100) deve essere risolta per valori discreti di x2 compatibili con la condizione che s3 sia compresa tra D2 e DT in modo
da rendere ammissibile la soluzione dell’equazione successiva.
In generale, per ciascun periodo t l’equazione ricorsiva, in procedura forward, si pu´o scrivere:
ft (st+1 ) = minxt (xt ∈Ωt ) [αt Ct (st+1 − xt , xt ) + ft−1 (st+1 − xt )] (106)
142
Questa equazione ricorsiva deve essere risolta per tutti i valori
Dt ≤ st+1 ≤ DT . Per l’ultimo periodo, t = T , l’equazione deve
essere risolta, con sT +1 = DT per i valori che minimizzano il costo
totale:
fT (DT ) = minxT , xT ∈ΩT [αT CT (DT − xT , xT ) + fT −1 (DT − xT )]
(107)
La procedura backward puo’ essere formulata in modo simile.
Nelle espressioni che seguono indichiamo con l’apice i valori della
funzione obiettivo della equazione ricorsiva ottenuta in modalita’
backward.
Pertanto, la funzione ft0 (st ) definisce il minimo valore attuale
del costo totale di espansione dal periodo t fino a T , avendo una
capacita’ iniziale uguale a st . Si noti la differenza nella definizione
della funzione f 0 rispetto alla procedura precedente.
Per l’ultimo periodo T , nel quale l’espansione della capacita’ deve
portare a soddisfare la domanda DT . Per l’equazione ricorsiva con
modalita’ backward si ha:
fT0 (sT ) = minxT
, xT ∈ΩT [αT CT (sT , xT )]
(108)
questa equazione deve essere risolta per tutti i valori discreti di
sT compresi tra DT −1 e DT ; per il generico periodo compreso tra 2
e T − 1 si ha:
0
ft0 (st ) = minxt , xt ∈Ωt [αt Ct (st , xt ) + ft+1
(st + xt )]
(109)
che deve essere risolta per tutti i valori di st compresi fra Dt−1 e
DT .
Infine, nel periodo t=1 il valore della funzione e’ ricavato dalla
seguente espressione:
143
f10 (s1 ) = minx1 , x1 ∈Ω1 [α1 C1 (s1 , x1 ) + f20 (s1 + x1 )]
(110)
che, ovviamente, deve fornire un valore uguale a quello ricavabile
dalla procedura forward.
144
Figure 55: Schema del sistema e variabili considerate nella gestione dell’invaso.
Gestione di serbatoi
Nella Figura 55 e’ schematizzato un serbatoio avente, nel generico
periodo t, un volume di afflusso idrologico pari a it e dal quale viene
rilasciato, nello stesso periodo, un volume rt .
In ambito deterministico la sequenza degli afflussi it e’ assunta
conosciuta a priori mentre deve essere determinata la sequenza ottima dei rilasci rt . Pertanto le variabili decisionali del problema
sono i rilasci dal serbatoio rt .
E’ inoltre fissata la capacita’ del serbatoio, posta uguale a K.
Il beneficio netto puo’ essere espresso tramite una funzione sia del
volume invasato che del volume rilasciato in ciascun periodo.
Si indica con st il volume iniziale invasato nel periodo t. Assumiamo che il beneficio netto in ciascun periodo possa essere definito
come funzione del volume iniziale e finale invasato (st , st+1 ) e del
volume rt erogato dal serbatoio nello stesso periodo. Indichiamo
questo beneficio con N Bt (st , st+1 , rt ).
145
Consideriamo l’orizzonte temporale di analisi T uguale ad un
adeguato numero di anni e dividiamolo in periodi t che si possono
assumere pari al mese. L’obiettivo della gestione e’ quello di massimizzare il beneficio netto totale:
X
max
N Bt (st , st+1 , rt )
(111)
t=1,T
La procedura dovra’ considerare la stima dei benefici netti come
flussi annui monetari attualizzati. I vincoli devono includere l’equazione
di continuita’ per ciascun periodo. Ipotizziamo trascurabili le perdite,
pertanto:
st+1 = st + it − rt
t=1, T
(112)
Per consentire la ripetitivita’ della serie si pone il vincolo di
uguaglianza dei volumi nei periodi (T + 1) e 1.
I vincoli devono considerare anche la limitazione alla capacita’ K
del volume invasato in ciascun mese e la non-negativita’ dei valori
di invaso :
st ≤ K
st ≥ 0
t=1, T
t=1, T
(113)
Il problema puo’ essere risolto con la programmazione dinamica
con una formalizzazione che segue lo schema nella Figura 56.
Gli stadi decisionali avvengono in ciascun periodo temporale e
gli stati del sistema sono definiti dai volumi invasati. Procedendo
con modalita’ backward si parte dall’ultimo periodo T .
Definiamo una funzione fT0 (sT ) che e’ il massimo beneficio netto
ottenibile dal gestire il serbatoio nell’ultimo periodo avendo come
volume iniziale il volume sT :
146
Figure 56: Schematizzazione del processo decisionale.
fT0 (sT ) = max(rT ≥0),(rT ≤sT +iT ),(rT ≥sT +iT −K) [N BT (sT , sT +iT −rT , rT )]
(114)
I vincoli sul rilascio rT limitano l’acqua disponibile al volume
invasato piu’ l’input idrologico nel periodo ed impongono il rilascio
dell’acqua eccedente la capacita’ del serbatoio K.
L’equazione (114) deve essere risolta per valori discreti di rt e con
sT variabile tra 0 (o un eventuale valore minimo di rilascio imposto)
e la capacita’ K.
Come al solito, nella procedura con modalita’ backward, la valutazione dei valori di fT0 (sT ) e’ necessaria per poter procedere nella
successiva equazione che consente di valutare il massimo beneficio
del periodo precedente:
147
fT0 −1 (sT −1 ) =
(115)
max(rT −1 ≥0),(rT −1 ≤sT −1 +iT −1 ),(rT −1 ≥sT −1 +iT −1 −K)
[N BT −1 (sT −1 , sT −1 + iT −1 − rT −1 , rT −1 ) +
fT0 (sT −1 + iT −1 − rT −1 )]
Anche questa equazione deve essere risolta per tutti i possibili
valori della variabile decisionale rT −1 , compatibili con le ipotesi sulla
variabile di stato sT −1 , prima di poter procedere alla risoluzione
della successiva formulazione della equazione ricorsiva. In termini
generali questa si scrive:
ft0 (st ) =
(116)
max(rt ≥0),(rt ≤st +it ),(rt ≥st +it −K)
[N Bt (st , st + it − rt , rt ) +
0
ft+1
(st + it − rt )]
Ovviamente, in generale nei nostri climi non e’ sufficiente considerare un solo anno per determinare i valori di erogazione ottimali
rt e pertanto sara’ necessario estendere il periodo esaminato ad un
adeguato numero di anni. Inoltre, e’ necessario verificare su diversi
anni se si tende a soluzioni stazionarie nelle erogazioni nei singoli
mesi.
148
8.6
Considerazioni conclusive sulla programmazione dinamica
Concludendo questa parte del corso sulla programmazione dinamica
e’ opportuno ricordare le principali ipotesi che sono alla base della
sua applicazione nell’ambito delle risorse idriche e le conseguenti
limitazioni.
La prima e’ che i benefici e costi risultanti in ciascuna fase decisionale del problema siano esprimibili come dipendenti dai valori
assunti dalla variabile di stato ed attraverso di essa siano esprimibili
tutte le dipendenze dalle decisioni prese nelle altre fasi decisionali
antecedenti nel processo esaminato.
Se la soluzione in ciascuna fase non e’ esprimibile attraverso
l’esame di un numero limitato di variabili di stato, la programmazione dinamica non e’, probabilmente, una tecnica appropriata
per il problema in esame.
Per esempio la programmazione dinamica non e’ una tecnica che
si presta ad essere utilizzata quando, per un problema di gestione
ottima delle risorse, oltre alla valutazione delle sequenze ottime di
rilascio dal singolo serbatoio si debba determinare la ripartizione
delle erogazioni tra diversi serbatoi. Questo il caso di un sistema
di utilizzazione delle risorse idriche piu’ complesso e che preveda la
interconnesione dei serbatoi, come spesso attualmente avviene.
Per questi problemi di ottimizzazione possono essere utilizzate
altre tecniche risolutive, come la programmazione lineare che verra’
esaminata di seguito.
149
9
Elementi di programmazione lineare
Supponiamo che una determinata risorsa possa essere utilizzata in
due differenti modi produttivi, con vincoli b1 e b2 sulla quantita’ di
risorsa da dedicare a ciascun impiego. Supponiamo inoltre che la
quantita’ totale di risorsa da dedicare abbia una limitazione superiore b3 . Indichiamo con x1 , x2 le quantita’ di risorsa impiegate e con
c1 , c2 i corrispondenti profitti per unita’ di risorsa impiegata.
Il problema consiste nel calcolo delle quantita’ x1 , x2 che danno
il massimo profitto e queste sono, pertanto, le variabili decisionali
del problema.
Dal punto di vista di programmazione matematica si tratta di
trovare il massimo della funzione obiettivo che esprime il profitto che
puo’ essere ottenuto impiegando la risorsa e vincolandola secondo
quanto detto precedentemente:
max
f (x1 , x2 ) = c1 x1 + c2 x2
s.t.
x1 + x2 ≤ b3
x1 ≤ b1
x2 ≤ b2
x1 , x 2 ≥ 0
(117)
(118)
(119)
(120)
(121)
Il problema puo’ essere espresso in forma piu’ compatta ponendo:
b = [b1 , b2 , b3 ]T
c = [c1 , c2 ]T
150
Figure 57: Rappresentazione grafica del problema di programmazione lineare.


A = 
10
01
11





e formulando, conseguentemente, il modello di ottimizzazione nel
seguente modo:
max
cx
s.t. Ax ≤ b
x≥0
(122)
(123)
(124)
Il problema e’ rappresentato graficamente nella Figura 57.
Da tale figura si vede che la soluzione ottima x∗ e’ ottenuta
muovendosi lungo la direzione del gradiente della funzione obiettivo grad(f ), dato dal vettore di componenti c. Le curve di livello
sono sono le rette di equazione (122) ortogonali al vettore grad(f ).
151
9.1
Risultati intuitivi
Se indichiamo con X l’insieme di ammissibilita’ per le x, si ha:
1 Se X = 0 non esistono soluzioni ammissibili e quindi soluzioni
ottimali.
2 Se X non e’ limitato lungo la direzione di c, non esistono soluzioni
finite, cioe’: supx∈X cx = ∞.
3 Se vi e’ un solo massimo esso e’ sempre in un vertice.
4 Se vi e’ piu’ di un massimo, allora ve ne sono infiniti e tra questi
vi e’ almeno un vertice (questo risultato sara’ alla base del
metodo del simplesso).
5 Un punto x∗ ∈ X e’ ottimale se e solo se la retta cx = cx∗ non
interseca l’interno di X .
9.2
Alcune definizioni
- Insieme convesso: un insieme X in E n e’ detto convesso se, consiederati due punti qualunque x1 , x2 in X , risulta: λx1 + (1 −
λ)x2 ∈ X , per qualunque λ ∈ [0, 1]. Si veda nella Figura (42)
un esempio di insieme convesso e non convesso.
- Punto estremo: Un punto x nell’insieme convesso X e’ detto
punto estremo se esso non puo’ essere rappresentato come combinazione convessa di altri due distinti punti in X . Si veda nella
Figura (43) alcuni esempi di punti estremi e non estemi.
- Iperpiano e semispazio: Un iperpiano in E n e’ la generalizzazione
della nozione di linea retta in E 2 e della nozione di piano in
E 3 ; un iperpiano H in E n e’ l’insieme dei punti {x : bx = k}
dove b e’ un vettore non nullo e k uno scalare. L’iperpiano
H divide E n in due semispazi; uno semispazio e’ l’insieme dei
punti che soddisfano al vincolo: {x : bx ≥ k}, l’altro e’ dato
dai punti {x : bx ≤ k}.
152
Figure 58: Esempi di insiemi convessi e non convessi.
Figure 59: Punti estremi e non estremi.
153
Figure 60: Direzioni in un insieme convesso.
- Direzioni estreme di un insieme convesso: La nozione di direzione
estrema e’ simile a quella di punto estremo. Le due direzioni
estreme d1 , d2 nella Figura (44) non possono essere rappresentate come combinazione positiva di due distinte direzioni
interne all’insieme.
- Funzioni convesse e concave: Una funzione f (x) e’ detta convessa se e’ valida la seguente disuguaglianza:
f (λx1 + (1 − λ)x2 ) ≤ λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )
per qualunque λ ∈ [0, 1] e per qualunque vettore x1 , x2 . Una
funzione f e’ concava se e solo se −f e’ convessa e quindi
nell’espressione precedente vale la disuguaglianza ≥. Nella
Figura (45) sono rappresentati esempi di funzioni convesse,
concave e ne concave ne convesse.
154
Figure 61: Esempi di funzioni convesse (a), concave (b) e ne concave ne convesse
(c).
9.3
Premesse al metodo del simplesso
Consideriamo il sistema nella forma standard:
Ax = b con x ≥ 0, dove A e’ una matrice m × n e b e’ un vettore
di dimensione m.
Sistemiamo le righe di A in modo che sia A = [B, N] dove B e’
una matrice invertibile m×m mentre N e’ una matrice m×(n−m).
Il vettore:

x=
xB
xN


nel quale si e’ indicato con:
xB = B−1 b
xN = 0
e’ chiamato soluzione di base del sistema.
155
Figure 62: Soluzioni di base ammissibili.
Se xB ≥ 0, il vettore xB e’ chiamato soluzione ammissibile di
base del sistema; B e’ detta matrice di base (o semplicemente base)
ed N matrice fuori base. Le componenti xB del vettore x sono dette
in base mentre xN sono le componenti fuori base.
Se xB > 0, allora la soluzione e’ detta non degenere; se anche
uno dei componenti di xB e’ nullo, la soluzione e’ ammissibile ma
degenere.
Si consideri il poliedro definito dalle seguenti disuguaglianze ed
illustrato nella Figura (46) :
x1 + x2 ≤ 6
x2 ≤ 3
x1 , x2 ≥ 0
(125)
(126)
(127)
Introducendo le variabili slack x3 ed x4 il problema si puo’ mettere nella forma standard:
156
x1 + x2 + x3 = 6
x2 + x4 = 3
x1 , x 2 , x 3 , x 4 ≥ 0
(128)
(129)
(130)
Risulta pertanto la matrice dei coefficienti:

A = [a1 , a2 , a3 , a4 ] = 
1110
0101


Dalla definizione data precedentemente, ad una soluzione ammissibile di base corrisponde una matrice B di dimensione (2 × 2)
in base alla quale risulta un vettore xB = B−1 b non negativo.
Per l’esempio in esame sono possibili le scelte della matrice di
base illustrate nella Figura (47).
Si noti che i valori corrispondenti ai casi 1, 2, 3 e 5 danno luogo
a soluzioni ammissibili; il caso 4 fornisce una soluzione di base non
ammissibile in quanto viene violato il vincolo di non negativita’ della
soluzione di base.
Le quattro soluzioni di base risultano pertanto:

x1 =









3



3 

, x2 = 

0 

0


6



0 

, x3 = 

0 

3


0



3 

, x4 = 

3 

0

0
0 
.
6 
3
Questi punti appartengono ad uno spazio in E 4 in quanto sono
state introdotte le variabili slack. Proiettando in E 2 , ossia nel piano
(x1 , x2 ), si ottengono i seguenti punti:
157
Figure 63: Calcolo delle soluzioni di base.
158


 
3
,
3

 
6
,
0
 
0
,
3



0
,
0
che sono i quattro vertici (punti estemi) della Figura (46).
In generale il numero delle soluzioni ammissibili e’ minore o
uguale a (numero di combinazioni di m colonne estratte dal set
di n possibili):


n
m


=
n!
m!(n−m)!
nel nostro caso risulta:


4
2


=
4!
2!2!
=6


n 
Poiche’ il numero delle soluzioni di base e’ limitato a 
,
m
si potrebbe pensare semplicemente di enumerare tutte le soluzioni
di base e prendere come ottima quella per la quale e’ minima la
funzione obiettivo.
Questo approccio
non
e’ perseguibile per diversi motivi: innanzi


n 
diventa enormemente grande anche per per
tutto il numero 
m
piccoli problemi; in secondo luogo questo approccio non ci dice se
il problema ha una soluzione non finita, fatto che puo’ accadere
se la regione di ammissibilita’ non e’ finita; infine, se la regione
di ammissibilita’ e’ un insieme vuoto, se utilizziamo la semplice
enumerazione, noi scopriremo cio’ solo dopo che tutte le possibili
combinazioni per estrarre m colonne dalle n colonne della matrice
A non ci consente di trovare soluzioni ammissibili alle quali competa
B per cui risulti B−1 b ≥ 0.
159
Il metodo del simplesso ci consente di passare da un punto estremo all’altro migliorando la funzione obiettivo ad ogni passo e
permette di verificare se la regione ammissibile e’ vuota o se la
soluzione ottima non e’ limitata. In definitiva il metodo enumera
solo una piccola parte dei punti estremi della regione di ammissibilita’.
160
9.4
Miglioramento di una soluzione di base
Consideriamo il solito problema di programmazione lineare:
min
cx
s.t. Ax = b
x≥0
(131)
(132)
(133)
dove A e’ una matrice m × n di rango m. Supponiamo di avere
una soluzione ammissibile di base

x=
B−1 b
0


alla quale corrisponda un valore della funzione obiettivo z0 dato
dalla espressione:

z0 = c 
B−1 b
0



= (cB , cN ) 
B−1 b
0


= cB B−1 b
(134)
Consideriamo un’altra soluzione ammissibile x = (xB , xN ) con
(xB ≥ 0) e (xN ≥ 0).
Risultera’: Ax = BxB + NxN = b.
Moltiplicando per B−1 si ottiene:
xB = B−1 b − B−1 NxN = B−1 b−
X
B−1 aj xj
(135)
j∈R
dove R indica l’insieme delle variabili non in base.
Dalle equazioni (129) e (130) si ricava il valore della funzione
obiettivo:
161
z=
cx
=
cB xB + cN xN
P
P
= cB (B−1 b − j∈R B−1 aj xj ) + j∈R cj xj
P
=
z0 − j∈R (zj − cj )xj
(136)
(137)
(138)
(139)
dove zj = cB B−1 aj per le variabili fuori base.
L’equazione (134) precedente ci puo’ guidare nel processo di
miglioramento della soluzione ammissibile. Poiche’ dobbiamo mininimizzare la z, dalla (134) risulta chiaro che conviene incrementare le
xk fuori base (dal loro attuale valore = 0) finche’ risulta (zk −ck ) > 0.
La seguente regola puo’ quindi essere adottata: si fissano a zero
tutte le variabili fuori base eccetto una xk per la quale sia positiva
la quantita’ (zk − ck ).
Dall’equazione (134) il nuovo valore della f.o. risulta:
z = z0 − (zk − ck )xk .
(140)
Come xk aumenta, le variabili in base si modificano in accordo
con l’equazione (130) e quindi risulta:
xB = B−1 b − B−1 ak xk = b − yk xk
(141)
dove:
b = B−1 b
yk = B−1 ak
Con riferimento alla variabile i-esima dell’equazione (136), se
yik ≤ 0 allora xBi aumenta all’aumentare di xk e quindi xBi con162
tinua ad essere positivo restando in base. Se yik > 0, allora xBi
decrescera’ al crescere di xk . La xk potra’ quindi essere incrementata fino a quando una variabile attualmente in base xBi non scende
a zero.
Esaminando l’equazione (136) e’ chiaro che la prima variabile in
base che scendera’ a zero corrisponde al minimo bi /yik per valori
positivi di yik .
In definitiva:


 b

br
i
= min1≤i≤m 
: yik > 0 = xk
yrk
yik
(142)
Le variabili assumono quindi i seguenti valori:
xBi = bi −
yik
br
yrk
i = 1, 2, ...m
(143)
br
yrk
(144)
xk =
Tutte le altre xj che erano gia’ fuori base restano a zero mentre
la variabile in base xBr va a zero .
Per riassumere, si e’ sopra descritta la tecnica che muove da una
soluzione ammissibile di base verso un’altra soluzione ammissibile
di base.
Questo e’ fatto incrementando il valore di una variabile inizialmente fuori base xk con un valore positivo di (zk −ck ) e modificando
il valore delle altre variabili in base delle quali una, xBr scende a
zero e lascia la base. In assenza di degenerazione la f.o. decresce; il
processo dovrebbe terminare in un numero finito di passi.
Nel caso in cui per tutte le variabili fuori base risulta (zj −cj ) ≤ 0
si e’ raggiunta la soluzione ottimale.
163
Nel caso in cui (zk − ck ) > 0, e quindi xk e’ candidato ad entrare
in base, ma non e’ possibile travare alcun componente positivo yik
e quindi e’ yk ≤ 0 la soluzione ottima non e’ limitata.
164
9.5
Sintesi del metodo
Tutte le principali informazioni sui criteri alla base del metodo del
simplesso sono gia’ state date precedentemente e consentono (in
assenza di degenerazione) di convergere verso la soluzione finale in
un numero finito di iterazioni secondo i seguenti passi:
1 - Si parte da una soluzione di base ammissibile alla quale corrisponde una matrice di base B.
2 - Si risolve il sistema BxB = b che fornisce come soluzione: xB = B−1 b = b
; xN = 0 ; z = cB xB .
3 - Si risolve il sistema wB = cB che fornisce come unica soluzione:
w = cB B−1 . Si calcola quindi zj − cj = waj − cj per tutte ne
variabili non in base.
4 - Posto:
zk − ck = maxj∈R (zj − cj )
(dove R indica l’insieme degli indici associati alle varibili fuori
base), se (zk − ck ) ≤ 0 la procedura si ferma e la soluzione
attualmente in base e’ la soluzione ottima; in caso contrario si
va al passo seguente.
5 - Si risolve il sistema Byk = ak che fornisce come unica soluzione:
yk = B−1 ak . Se risulta yk ≤ 0 la soluzione ottima non e’ limitata; in caso contrario si va al passo successivo.
6 - La variabile xk entra nella base mentre una variabile xBr , attualmente in base, lascia la base. L’indice r e’ determinato dal
criterio:
br
bi
: yik > 0
yrk = min1≤i≤m
yik
Viene fatto l’update della matrice B nella quale ak sostituisce
aBr ; si torna quindi al passo 2.
165
10
Il problema duale
A ciascun problema di programmazione lineare puo’ essere associato
un altro problema, che deriva dal primo, e che soddisfa ad alcune
importanti proprieta’. Il problema originario viene comunemente
denominato primale, quello derivato duale.
Supponiamo che il problema primale sia posto in forma canonica:
min
cx
s.t. Ax ≥ b
x≥0
(145)
(146)
(147)
Il problema duale in forma canonica e’ definito nel modo seguente:
max
wb
s.t. wA ≤ c
w≥0
(148)
(149)
(150)
Si noti che abbiamo una variabile duale per ciascun vincolo nel
primale e, corrispondentemente, un vincolo nel duale per ciascuna
variabile nel primale.
Un’altra definizione del duale si ha nel caso in cui il problema
primale sia messo in forma standard (con vincoli di uguaglianza):
Primale:
min
cx
s.t. Ax = b
x≥0
Duale:
166
(151)
(152)
(153)
max
s.t.
w
wb
wA ≤ c
non vincolato
(154)
(155)
(156)
Data la definizione del duale per il problema in forma canonica o
standard e possibile dimostrare che anche l’altra definizione e’ valida. La forma standard del problema primale puo’ essere ottenuta
aggiungendo le variabili slack, pertanto:
min
cx
s.t. Ax − Ixs = b
x , xs ≥ 0
(157)
(158)
(159)
e corrispondentemente si ottiene:
max
s.t.
w
wb
wA ≤ c
−wI ≤ 0
non vincolato
(160)
(161)
(162)
(163)
ma poiche’ −wI ≤ 0 e’ lo stesso che scrivere w ≥ 0 riotteniamo
la forma canonica del problema duale.
E’ comunque possibile trovare anche per vincoli misti il duale
del problema riportandosi alla forma standard. Ad esempio, se si
considera il seguente problema:
min
cx
s.t. A1 x ≥ b1
A 2 x = b2
A 3 x ≤ b3
x≥0
167
(164)
(165)
(166)
(167)
(168)
riportandolo in forma standard si ottiene:
min
cx
s.t. A1 x − Ixs = b1
A 2 x = b2
A3 x + Ixt = b3
x , xs , xt ≥ 0
(169)
(170)
(171)
(172)
(173)
ed il duale di questo problema, per quanto detto sopra, e’ il
seguente:
max
s.t.
w1 b1 + w2 b2 + w3 b3
w1 A1 + w2 A2 + w3 A3 ≤ c
−w1 I ≤ 0
w3 I ≤ 0
w1 , w2 , w3 non vincolati
(174)
(175)
(176)
(177)
(178)
Nella tabella riportata nella Figura (48) sono sintetizzati tutti i
possibili casi nei quali deve essere effettuata la trasformazione per
ottenere il duale.
10.1
Relazioni fra i valori delle funzioni obiettivo
Consideriamo un problema primale nella sua forma canonica ed il
corrispondente duale. Siano x0 ed w0 , rispettivamente, soluzioni
ammissibili per il problema primale e duale.
Risultera’ quindi:
(P ) Ax0 ≥ b ,
x0 ≥ 0
(D) w0 A ≤ c ,
w0 ≥ 0.
Moltiplicando in entrambe la prima riga per w0 e la seconda per
x0 , dal loro confronto si ottiene:
cx0 ≥ w0 Ax0 ≥ w0 b
168
(179)
Figure 64: Relazioni tra primale e duale.
Pertanto il valore della f.o. per una soluzione ammissibile del
problema di minimizzazione e’ sempre maggiore o al piu’ uguale
del valo della f.o. per una soluzione ammissibile del problema di
massimizzazione.
In particolare la f.o. del problema di minimizzazione fornisce un
limite superiore alla f.o. ottima del problema di massimizzazione,
sempre con riferimento a soluzioni ammissibili.
Se quindi, per soluzioni ammissibili x0 e w0 , risulta verificata
l’eguaglianza tra le f.o.:
cx0 = w0 b
si deduce che e’ stata raggiunta la soluzione ottimale sia per il
problema primale che per quello duale.
Si noti inoltre che se uno dei due problemi ha una f.o. non
limitata, l’altro non possiede soluzioni ammissibili.
169
10.2
Interpretazione economica del duale
Consideriamo il seguente problema di programmazione lineare ed il
suo duale:
(P ) : min cx
s.t. Ax ≥ b
x≥0
(D) : max wb
s.t. wA ≤ c
w≥0
(180)
Se B e’ la base ottima del problema (P ) e cB e’ il vettore dei
costi delle variabili in base, risultera’:
z ∗ = cB B−1 b = w∗ b
dalla quale si puo’ ricavare:
∂z ∗
= cB B−1 = w∗ .
(181)
∂b
Quindi i singoli componenti wi∗ di w∗ rappresentano la variazione
della funzione obiettivo per un’unita’ di incremento nel valore del
coefficiente bi . Poiche’ wi∗ ≥ 0, si ha che z ∗ aumentera’ o restera’
costante all’aumentare di bi .
Economicamente possiamo pensare a w∗ come al vettore dei
prezzi ombra relativamente al vettore dei termini noti b.
Se, ad esempio, nel (P) il vincolo i-esimo rappresenta una richiesta per la produzione di almeno bi unita’ del prodotto i-esimo e cx
rappresenta il costo totale di produzione, allora wi∗ e’ il costo incrementale dovuto al produrre un’unita’ in piu’ del prodotto i-esimo.
Espresso in altro modo, wi∗ e’ il giusto prezzo che deve essere
pagato per avere un’ulteriore unita’ di prodotto.
Da un punto di vista economico, il problema (P ), indica l’obiettivo
170
di minimizzare i costi derivanti dalle attivita’ o trasformazioni su xj
al fine di produrre quantita’ di prodotto almeno pari a bi . I singoli
valori aij della matrice A rappresentano le relazioni tra le quantita’
di output i generate da ciascuna attivita’ j.
Invece di cercare di controllare i costi di trasformazione, supponiamo adesso di poter intervenire sui prezzi wi dei prodotti finali
i-esimi.
Questi prezzi devono comunque essere equi e pertanto la sommaP
toria i=1,m aij wi non deve eccedere il prezzo reale di produzione cj .
Quindi il produttore dovra’ rispettare il vincolo del problema (D):
P
i=1,m aij wi ≤ cj .
All’interno di questo vincolo il produttore potra’ scegliere i prezzi
P
che massimizzano il suo ricavo: i=1,m wi bi .
In questi termini abbiamo definito anche il problema (D).
L’uguaglianza delle f.o. dei due problemi nasce dalla considerazione che se vi e’ equilibrio tra il mercato dell’offerta e del consumo
la situazione di ottimo in termini di minimo costo di produzione si
traduce anche in ottimo in termini di massimo ricavo.
171
11
Ottimizzazione di sistemi di risorse idriche
tramite la programmazione lineare
Diversamente da cio’ che avviene per la gran parte delle altre tecniche di programmazione matematica, per la programmazione lineare sono disponibili numerosi pacchetti software utilizzabili sia su
personal computer che per workstation o mainframe. In genere per
l’uso di questi software non e’ necessaria una conoscenza approfondita delle basi metodologiche e dei criteri di implementazione
utilizzati e spesso i software si prestano ad un uso di tipo generale.
Questo e’ senz’altro uno dei motivi principali per i quali questa
tecnica, che pure per il suo utilizzo richiede la linearizzazione di f.o.
e vincoli, e’ certamente quella piu’ utilizzata anche nell’ambito delle
risorse idriche.
I modelli di ottimizzazione matematica possono dar luogo ad uno
strumento realmente operativo nella ricerca della configurazione e
della gestione ottima di sistemi idrici complessi, che possono anche
prevedere l’uso congiunto di risorse convenzionali e marginali in
condizioni di siccita’, solo se si tengono presenti alcuni aspetti che
sono cruciali nel predisporre uno strumento adeguato nell’affrontare
tali problemi.
In particolare, e ben noto (Loucks et al., 1981; 2005) che il principale elemento da perseguire con l’ottimizzazione risiede nella possibilita’ di risolvere in maniera adeguata un modello per quanto
possibile aderente alla realta’ fisica, i cui risultati possano essere
visti come un target di riferimento da utilizzare in una successiva
fase di simulazione per la verifica del sistema.
Le configurazioni di flusso ottenute dalla ottimizzazione matematica possono essere equiparate ai risultati ottenibili da un gestore
ideale del sistema che abbia perfetta conoscenza anche degli anda172
menti futuri di disponibilita’ e di richiesta di risorsa.
Altro requisito necessario per convincere i decisori ad accettare
l’ottimizzazione come strumento risolutivo per problemi reali, risiede
nella possibilita’ che il modello presenti un interfaccia grafica interattiva in modo che la semplicita’ di utilizzo del modello di ottimizzazione consenta l’uso anche ad un utente non esperto delle
procedure risolutive implementate. Tale esigenza di semplicita’ di
utilizzo e’ generalmente riconosciuta come requisito essenziale nel
predisporre nuovi strumenti di ottimizzazione dei sistemi idrici (v.
presentazione software WARGI).
Ulteriore elemento da considerare nella modellazione, in particolare quando si considera l’uso di risorse non convenzionali, e’
l’aspetto legato alla definizione della qualita’ dell’acqua che risulta
fattore cruciale in quanto limitante l’effettiva disponibilit di risorsa
idrica per i diversi usi. Per tener conto della qualita’ delle acque
di approvvigionamento, sono stati sviluppati indici di valutazione
sintetica per classificare le acque in relazione ai possibili utilizzi.
Tali parametri risultano generalmente differenziati a seconda delle
caratteristiche dei corpi idrici e dei fattori vincolanti la loro utilizzazione.
Torneremo piu’ avanti sulle principali limitazioni che questa tecnica di ottimizzazione impone nella sua utilizzazione mentre di seguito esamineremo piu’ in dettaglio alcuni possibili ambiti di applicazione.
173
Figure 65: Curve di possibilita’ di erogazione al variare della affidabilit del sistema
11.1
Possibilita’ di erogazione da un invaso
Consideriamo dapprima un serbatoio singolo per il quale sia nota
una serie di afflussi idrologici con scansione temporale sufficientemente stretta.
Il rilascio che puo’ essere effettuato da questo serbatoio verso le
utilizzazioni dipende essenzialmente dalla capacita’ di regolazione
utile del serbatoio secondo una curva di possibilita’ di erogazione
che, eventualmente, puo’ essere diversificata quando, in ambito probabilistico, si voglia evidenziare la affidabilita’ con la quale saranno
possibili certi livelli di erogazione mettendoli, ad esempio, in relazione con una certa probabilita’ di deficit. Nella Figura (49) sono
schematizzate due curve di possibilita’ di erogazione alle quali corrisponde una elevata (curva inferiore) e una bassa (curva superiore)
affidabilita’ delle erogazioni verso le utenze.
Un modo per ottenere tali curve puo’ essere quello di fissare,
di volta in volta, la capacita’ K del serbatoio e di massimizzare il
174
rilascio effettuabile.
Mettiamoci per ora in ambito deterministico e ipotizziamo per
semplicita’ che il rilascio r sia uniforme nei periodi esaminati, ad
esempio con scansione mensile. La nostra funzione obiettivo sara’
quindi, semplicemente:
max r
(182)
Sulla base di quanto abbiamo gia’ visto nei capitoli precedenti,
e’ chiaro che il rilascio r sara’ condizionato dall’afflusso in ciascun
periodo (che supponiamo noto) e dalla capacita’ del serbatoio K.
Il primo set di vincoli e’ rappresentato, quindi, dalla equazione di
continuita’ all’invaso che sara’ scritta in modo da eguagliare il volume invasato vt+1 , all’inizio del periodo t + 1, a quello che si ha
all’inizio del periodo precedente vt , piu’ l’afflusso nello stesso periodo at , meno il rilascio r e gli eventuali sfiori st e le perdite, che
pero’ ipotizziamo trascurabili in questo esempio.
Ipotizzeremo, quindi, di seguito di poter considerare nulle le
perdite per evaporazione da specchio liquido e per infiltrazione. Le
modalita’ per poterle considerare in via indiretta sono illustrate
nelle dispense del corso di Idrologia (b) - Ordinamento 509.
Questo tipo di vincolo dovra’ essere ripetuto per tutti i periodi
(t = 1, T ) esaminati. In definitiva possiamo scrivere:
vt+1 = vt + at − st − r
t = 1, ..., T
(183)
Per la ripetitivita’ del processo si dovra’ inoltre imporre che lo
stato di invaso nel periodo finale sia quello del primo periodo, pertanto:
vT +1 = v1
175
(184)
Un set di vincoli dovra’ imporre il bound superiore alle variabili
volume di invaso vt pari alla prefissata capacita’ K del serbatoio:
vt ≤ K
t = 1, ..., T
(185)
Saranno infine presenti i vincoli di non negativita’ per tutte le
variabili esaminate.
Il problema lineare costituito dalla f.o. (182) e dai vincoli (183
- 185) puo’ essere efficacemente risolto, ad esempio, col metodo del
simplesso.
In tal modo puo’ essere ottenuto il valore ottimo del rilascio r
per capacita’ K prefissata.
All’aumentare di K potranno essere trovati i valori crescenti di
r e conseguentemente puo’ essere tracciata, per interpolazione trai
punti trovati, la curva di possibilita’ di erogazione sul tipo di quella
in Figura (65) associata alla affidabilita’ piu’ elevata (assenza di
deficit).
Si noti, tuttavia, che il valore di r e’ limitato superiormente alla
consistenza della risorsa in esame e pertanto, anche con capacita’
elevata, non potra’ comunque essere derivata una quantita’ d’acqua
superiore al deflusso medio del corso d’acqua:
P
r ≤ T1 t=1,T at
In tal caso siamo nella condizione di realizzare la regolazione
totale dei deflussi. Pertanto il processo di valutazione della curva di
possibilita’ di erogazione terminera’ con il valore di K che assicura
la regolazione totale. Per tener conto della eventualita’ che possano
avvenire deficit, e contestualmente che possono mediamente essere
erogati volumi superiori, si introduce la variabile deft (t = 1, T )
che rappresenta l’entita’ di possibili deficit ai quale sono ovviamente
associati penalizzazioni nella F.O.:
176
X
max r − c
deft
(186)
t=1,T
I deficit dovranno essere vincolati a non superare l’entita’ D e
cumulati nel tempo τ a non superare un valore massimo accettabile
nello stesso tempo:
deft ≤ D
X
t = 1, ..., τ
deft ≤ Dτ
t = 1, ..., τ
t∈τ
(187)
e consentiranno di soddisfare piu’ facilmente il vincolo di continuita’ all’invaso che sara’ modificato nella seguente forma:
vt+1 = vt + at − st − r + deft
t = 1, ..., T
(188)
La curva di possibilita’ di erogazione, fornita per punti dalla
risoluzione del problema modificato nelle espressioni della FO e con
inseriti i vincoli 187 e 188, sara’ quello indicato nella Figura (65)
con andamento superiore, a parita’ di capacita’, ma con minore
affidabilita’.
177
Figure 66: Schema del problema di qualita’ delle acque.
11.2
Modello di qualita’ dell’acqua
Vediamo un altro esempio di applicazione della Programmazione
Lineare nella gestione delle risorse idriche con riferimento ad un
semplice problema di controllo della qualita’ delle acque.
La Figura (66) mostra lo schema di un corso d’acqua che riceve
in due localita’ lo scarico di due differenti impianti di trattamento
di reflui. Senza alcun trattamento la concentrazione di ossigeno
disciolto qi (mg/l) nelle localita’ 2 e 3 resterebbe inferiore a quella
richiesta dalle normative, indicata con Qi .
Il problema e’ quello di trovare il livello di trattamento delle
acque reflue nei luoghi di immissione 1 e 2, necessari per soddisfare
i limiti imposti dalle norme, al minimo costo totale compatibile.
Assumiamo che per ciascuna unita’ di inquinante rimosso in 1,
l’indice di qualita’ in 2 migliori di 0.025 (mg/l) mentre in 3 il miglioramento e’ di 0.0125 (mg/l). Nell’esempio la qualita’ dell’acqua in 1
e 2 e’ misurata immediatamente prima dell’immissione dello scarico.
Quindi lo scarico in 1 influenza la qualita’ nei punti di prelievo delle
178
sezioni 2 e 3 mentre lo scarico 2 influenza la qualita’ solo nel punto
di prelievo 3.
Indichiamo con aij l’indice di miglioramento della qualita’ dell’acqua
in j per unita’ di inquinante rimosso in i; con Wi la quantita’ di inquinante da trattare in i e con xi la frazione di inquinante rimossa
in i.
In definitiva, le variabili decisionali del nostro problema sono
le xi : frazione di inquinante rimosso in i. Teoricamente le xi potranno variare tra 0 (nessun trattamento) ed 1 (totale rimozione
dell’inquinante).
Quindi, il miglioramento della qualita’ dell’acqua nel sito j dovuto
a Wi xi unita’ di inquinante rimossi in i, e’ pari a aij Wi xi (mg/l).
Per tutti i valori di x1 compresi tra 0 ed 1, l’indice di qualita’
(ossigeno disciolto) del sito 2 sara’ uguale al valore attuale q2 piu’
il miglioramento a12 W1 x1 dovuto al trattamento nel sito 1.
L’indice di qualita’ nel sito 3 sara’ uguale a quello attuale piu’ il
miglioramento a13 W1 x1 + a23 W2 x2 dovuto al trattamento in 1 e 2.
In ciascun sito i, il costo del trattamento Ci (xi ) si assume essere
una funzione della frazione di inquinante rimosso xi .
In definitiva, la F.O. di questo esempio minimizza il costo totale
della rimozione delle frazioni di inquinante x1 ed x2 :
min C1 (x1 ) + C2 (x2 )
(189)
dovendo essere soddisfatti gli standard di qualita’ Qj nei siti
j = 2, 3 e pertanto dovendo risultare:
179
q2 + a12 W1 x1 ≥ Q2
q3 + a13 W1 x1 + a23 W2 x2 ≥ Q3
(190)
(191)
Per completare il set dei vincoli e’ necessario imporre le aliquote
che tecnologicamente sono ammissibili come valori massimi e minimi
per la frazione di inquinate xi che puo’ essere rimossa. Si assume
una aliquota minima pari al 30% e massima del 95%. Pertanto gli
ulteriori vincoli sono:
xi ≥ 0.30
xi ≤ 0.95
(192)
(193)
Il modello definito dalle equazioni (190 - 193) contiene vincoli
lineari ed anche la F.O. deve essere essere riportata alla forma lineare.
In tal caso la F.O. riportata nella (189) assume la forma piu’
semplice:
min C = c1 x1 + c2 x2 .
Variabili duali e prezzi ombra del problema
E’ gia’ stato detto che le variabili duali specificano la variazione
relativa del costo totale per unita’ di variazione dei termini noti nei
vincoli del problema. Partendo da tale definizione possiamo trovare
i valori e significati delle variabili duali del problema.
Nel caso in esame conviene riscrivere i vincoli nella forma:
xi ≥ bi = (Qj − qj )/aij Wi
j = 2, 3.
180
Ovviamente i valori delle variabili duali dipendono dai costi marginali
c1 e c2 : assumiamo c1 = 10 e c2 = 6. Se b2 aumenta da 0.8 a 0.9 si
trovera’ che il costo totale del trattamento passera’ da C = 12.8 a
C = 13.2 e pertanto risulta: ∆C/∆b2 = 0.4/0.1 = 4.0
In modo analogo se b3 diminuisce da 1.6 a 1.5, C passera’ da 12.8
a 12.2 e pertanto si ha ∆C/∆b3 = 0.6/0.1 = 6.0
Le quantita’ ∆C/∆b2 = 4.0 e ∆C/∆b3 = 6.0 sono le due variabili
duali relativi ai vincoli (182) e (183) .
Per scrivere in modo completo il duale riscriviamo il primale nella
seguente forma:
min
s.t.
10x1 + 6x2
x1 ≥ 0.8
x1 + x2 ≥ 1.6
x1 ≤ 0.95
x2 ≤ 0.95
(194)
(195)
(196)
(197)
(198)
Il duale puo’ essere scritto nella forma seguente:
max 0.8w1 + 1.6w2 − 0.95w3 − 0.95w4
s.t.
w1 + w2 − w3 ≤ 10
w2 − w4 ≤ 6
(199)
(200)
(201)
Dalla lettura di questo modello duale discendono in modo piu’
immediato le considerazioni fatte precedentemente.
181
12
12.1
Formulazione di un modello di ottimizzazione
lineare per la pianificazione di un sistema di
risorse idriche
Premessa
Per procedere al dimensionamento ottimale di un sistema di risorse
idriche e’ necessario, preliminarmente, definirlo in termini spaziali
individuando anche le interconnessioni con l’esterno, individuare
l’arco ed il passo temporale di riferimento, nonche’ fornire la caratterizzazione di funzionamento ed i relativi vincoli tecnologici oltre,
ovviamente, alla caratterizzazione economica degli interventi ipotizzabili e degli oneri di gestione e manutenzione.
I dati del problema sono, conseguentemente, tutte quelle grandezze, note o comunque calcolabili a monte della risoluzione del modello, che caratterizzano la sua definizione. I dati possono essere di
vario tipo: topografici, idraulici, idrologici, geologici, strutturali,
agronomici, sociali, economici, ecc.
Come gia’ detto nei precedenti paragrafi, da una possibile configurazione del sistema discende la determinazione sia di variabili
di tipo progettuale che, per esempio, caratterizzeranno la capacita’
di un serbatoio, il tipo ed il diametro di una condotta, l’estensione
di un comprensorio, ecc., sia di variabili di tipo gestionale che intervengono nella definizione delle regole di utilizzazione delle opere
del sistema. L’insieme delle due variabili e’ spesso definito come
insieme delle variabili decisionali.
Le relazioni nelle quali compaiono le variabili decisionali, e che
devono essere rispettate dal sistema, forniscono l’insieme dei vincoli
del modello. I vincoli dovranno necessariamente quindi esprimere:
vincoli di continuita’ sui flussi di risorsa idrica, vincoli di tipo capacitativo nei trasferimenti, vincoli di tipo tecnico di ammissibilita’
tra i valori assunti dalle variabili decisionali, vincoli di tipo ambien182
tale quali il rispetto della portata minima da assicurare in un corso
d’acqua, vincoli sulla risorsa da assicurare ai vari utilizzi nei diversi
periodi, ecc. Altri vincoli possono derivare da limiti finanziari nei
riguardi delle somme a disposizione per i singoli investimenti o per
il loro complesso.
12.2
Definizione dello schema funzionale del sistema
La prima fase da sviluppare nella modellazione e’ quella relativa alla
delimitazione del sistema da prendere in esame in relazione al suo
sviluppo geografico ed all’arco temporale da esaminare. Al riguardo
e’ opportuno, partendo dalla rappresentazione cartografica (ad esempio sulla cartografia al 25.000 IGM), pervenire ad una schematizzazione degli elementi che saranno presi in esame nel modello.
In questa schematizzazione dovrebbero essere evidenziati sia le
interconnessioni interne al sistema esaminato, sia i possibili collegamenti con l’esterno. Possono essere inoltre inseriti elementi fittizi
(rappresentati da nodi, dummy nodes) che possono, ad esempio,
rappresentare il recapito finale degli sfiori o delle perdite, e connessioni fittizie (dummy arcs) che, ad esempio, possono collegare
il nodo di provenienza di flussi fittizi che rappresentano deficit di
risorsa e consentono di equilibrare il bilancio ai nodi domanda.
Agli elementi che definiscono lo schema funzionale del sistema
dovranno essere associati le necessarie caratterizzazioni in relazione
alle dimensioni delle opere (capacita’ dei serbatoi, diametri condotte, ecc.), alla variabilita’ temporale della risorsa disponibile (input idrologici, trasferimenti, ecc.) ovvero alla variabilita’ della risorsa
richiesta per i vari usi.
I dati idrologici, in particolare, dovranno fornire l’entita’ e la distribuzione nel tempo dei deflussi, e delle perdite per evaporazione.
Strettamente connessi all’idrologia superficiale sono anche i dati
idrogeologici connessi alla natura e consistenza delle falde ed alla
183
loro ricarica. In tal modo potra’ essere definita la possibilit di utilizzazione delle acque sotterranee anche in relazione all’andamento
delle precipitazioni e dei deflussi superficiali.
In sintesi, si puo’ affermare che la definizione del sistema richiede
perlomeno la predisposizione di due strutture dati:
- la prima e’ un insieme di dati che descrivono la configurazione
dello schema in termini spazio-temporali (ad esempio liste di
adiacenza)
- la seconda richiede la predisposizione di una base dati che indichi
gli input ed output di risorsa dal sistema.
12.3
Esame dei principali elementi del sistema e dei relativi vincoli funzionali
Serbatoi
I serbatoi artificiali, determinati dalla realizzazione di uno sbarrammento, sono, perlomeno nel nostro ambito regionale, i principali
elementi che consentono il trasferimento nel tempo della risorsa
idrica per assicurare il soddisfacimento delle richieste nei diversi
periodi esaminati (trasferimento inter-periodale). Ad essi sono normalmente associati gli input idrologici quantificati come dati noti a
priori sulla base di studi specialistici (ad es. SISS).
La grandezza che viene utilizzata per descrivere l’evoluzione nel
tempo della risorsa disponibile nel serbatoio e’ il volume invasato.
Questa grandezza si puo’ considerare come una variabile di tipo
gestionale, o di flusso lungo il trasferimento inter-periodale della
184
risorsa. Ovviamente questa variabile sara’ vincolata dalle dimensioni dello sbarramento e, conseguentemente, dalla possibilita’ di
invaso nel lago artificiale che ne deriva.
La capacita’ di invaso puo essere una variabile decisionale di tipo
progettuale, nel caso di problema di dimensionamento, o puo’ essere definita a priori e comparire solo come limite (bound) superiore
per le variabili di flusso inter-periodale che rappresentano il volume
invasato, nel caso di un problema di gestione ottima del sistema.
L’equazione di continuita’ all’invaso e’ il principale vincolo associato ai serbatoi: con riferimento al generico periodo t−esimo si
puo’ scrivere:
Vt+1 − Vt = It + Qt − Et − Ut − Pt
(202)
dove:
It : input idrologico al serbatoio;
Qt : volume trasferito o importato;
Et : volume delle perdite;
Ut : volume rilasciato a valle (sfiori);
Pt : volume derivato verso le utenze.
Le grandezze sopra elencate possono essere a loro volta delle variabili decisionali o rappresentare delle quantita’ note a priori. Come
gia’ detto, in linea di massima gli input idrologici sono grandezze
note a priori sulla base di misure effettuate o di studi di modellazione idrologica. Normalmente i volumi delle perdite sono quantificati dalla somma dei volumi evaporati dallo specchio liquido e dei
volumi persi per infiltrazione nel corpo diga e nel sito di invaso. Tale
variabile di perdita puo’ essere espressa come funzione del volume
invasato nel serbatoio nel periodo e da ulteriori grandezze climatiche
(temperatura, umidita’, velocita’ del vento, ecc.).
185
In via semplificata, si puo’ ipotizzare che la relazione tra evaporazione e superfice dello specchio liquido possa essere stagionalizzata, linearizzata e ritenuta costante in ogni stagione:
Et = ft (St )
(203)
dove St indica lo specchio liquido dell’invaso al tempo t. Si considerano disponibili le curve di invaso e delle superfici, ossia le relazioni
volumi-quote e superfici-quote. E’ quindi possibile risalire ad una
relazione, il piu’ delle volte nota in forma grafica, volumi-superfici
di invaso.
Considerando l’insieme delle coppie {(Si , Vi ), i = 1, N } si puo’
definire, ad esempio tramite una relazione regressiva, una espressione analitica lineare Si = g(Vi ) che, sostituita nella equazione
(203), fornisce:
Et = ft (g(Vt ))
(204)
E’ inoltre frequente ipotizzare una altezza di evaporazione costante
in ciascun mese per cui la ft nella (204) da luogo ad un coefficente
numerico moltiplicativo. L’equazione (204) definisce la grandezza
Et che compare nella (202) relativamente alle perdite per evaporazione.
Il valore associato alla variabile Ut nella (202) che quantifica i
rilasci verso valle puo’ derivare dal vincolo capacitativo associato al
volume invasato nel serbatorio:
Vt ≤ C
(205)
nel quale, come gia’ detto, la capacita’ C puo’ rappresentare un
valore noto (problema di gestione ottima) ovvero la capacita’ da
determinare (problema di dimensionamento).
Ulteriori vicololi sul rilascio a valle della diga Ut possono essere
determinati da vincoli di tipo ambientale o ricreativo: in tal caso si
dovranno inserire bound inferiori sui deflussi del tipo:
Ut ≥ At
186
(206)
Riesce generalmente difficile inserire vincoli che quantificano le
misure per la difesa dalle piene in un modello di ottimizzazione nella
gestione della risorsa idrica ai fini della sua utilizzazione poiche’
quest’ultimo approccio modellistico e’ in genere sviluppato con passo
temporale eccessivamente esteso per essere adeguatamente sensibile
agli eventi di piena.
Questa difficolta’ modellistica e’ anche in relazione al fatto che,
in genere, la valutazione dei danni di piena e la valutazione delle
relative misure di prevenzione sono da realizzarsi in ambito stocastico e non prettamente deterministico, come quello nel quale stiamo
operando in questa fase.
Pertanto, relativamente alla ottimizzazione delle opere di difesa
dalle piene, e’ in genere preferibile procedere indipendentemente con
un modello di simulazione o altri metodi di ottimizzazione in ambito
stocastico.
Si precisa, comunque, che quando la protezione dalle piene e’ realizzata in modo principale dagli invasi, il processo di ottimizzazione
dovra’ individuare i volumi di invaso da riservare per la laminazione
delle onde di piena tenendo conto in via semplificata della efficienza
degli stessi per lo scopo della attenuazione dei colmi. Dovranno
essere valutati, conseguentemente, i benefici ottenibili (in termini
di riduzione dei danni) e gli oneri determinati dal maggior costo
delle opere di invaso o, eventualmente, dei costi determinati dalle
riduzioni delle erogazioni verso le utenze.
187
Centrali idroelettriche ed impianti di sollevamento
Gli impianti idroelettrici possono essere suddivisi tra quelli ad
acqua fluente o ad invaso. La corretta modellazione delle centrali
idroelettriche con la programmazione lineare determina notevoli
problemi legati alla variabilita’ delle grandezze in gioco ed alla nonlinearita’ delle relazioni tra i flussi turbinati e la produzione elettrica.
Inoltre, nella modellazione di un impianto idroelettrico ad invaso
si dovra’ tener conto della variazione del salto utile disponibile che
e’ funzione del livello di invaso nel serbatoio e della fascia temporale nella quale avviene la produzione che ne determina una diversa
redditivita’. Per quanto riguarda il salto utile, dalla linearizzazione
della curva di invaso si puo’ ricavare una relazione del tipo
Ht = H0 + r(Vt )
(207)
nella quale H0 indica il salto minimo assicurato ad invaso vuoto
mentre la relazione lineare H 0 = r(Vt ) indica il valore ulteriore di
salto disponibile sulla base del volume invasato.
La dimensione, in termini di potenza installata, della centrale
idroelettrica determina ovviamente un vincolo sulla massima energia ritraibile. La potenza dell’impianto e’ definita:
Wt = 9.806 η Qt Ht
(kW )
(208)
mentre l’energia prodotta nel periodo t risulta:
Nt = Tt Wt
(kW h)
(209)
Nelle precedenti espressioni Qt (m3 s−1 ) indica la portata media
nel periodo t, il salto utile Ht e’ definito dalla (207), mentre Tt e’
il numero di ore di funzionamento nel periodo t; risulta ovvio il
significato degli altri termini.
188
Il vincolo sui volumi massimi turbinabili nel periodo t e’ pertanto:
Vt ≤
3600 Nmax
9.806 η Ht
(m3 )
(210)
essendo:
Nmax = Tmax Wmax
(kW h)
(211)
dove si e’ attribuito a Wmax il valore di dimensionamento della
centrale idroelettrica (potenza dell’impianto).
Sulla dimensione dell’impianto potra’ essere posto un vincolo di tipo
tecnologico o economico:
Nmax ≤ N 0
(212)
Il discorso precedente, con le ovvie modifiche, e’ facilmente utilizzabile anche per gli impianti di sollevamento con prevalenza variabile. Si ricorda che per tali impianti il termine della prevalenza Ht
sara’ data dalla somma della prevalenza geodetica H0 e delle perdite
di carico lungo la condotta premente Ht0 . Queste ultime, tuttavia,
non potranno essere determinate con le usuali equazioni del moto,
quale ad esempio la espressione utilizzata in ambito simulativo nella
esercitazione:
Ht0 = k Qαt D−n L
(m)
(213)
(nelle quali D indica il diametro ed L lo sviluppo della condotta
premente), in quanto chiaramente non lineare. In merito alla valutazione di Ht0 si puo’ quindi far riferimento ad un valore medio di
Qt o ad una interpolazione lineare della equazione del moto (218)
nell’intorno dei valori di Q e D relativi al funzionamento previsto.
Per condotte gia dimensionate si ha D = cost e si puo’ porre:
k D−n L = K
e quindi:
189
(214)
Ht0 = K Qαt
(m)
(215)
conseguentemente risulta:
0
Hmax
= K Qαmax
(m)
(216)
ed il vincolo capacitativo sara’ del tipo:
0
Hmax
)1/α
(m3 s−1 )
Qt ≤ Qmax = (
K
ovvero, in termini di volume trasferito, si ha:
0
Hmax
Vt = 3600 Tt Qt ≤ 3600 Tt (
)1/α = Vmax
K
(217)
(m3 )
(218)
Nel caso in cui il diametro D sia da determinare (sia quindi una
variabile di progetto), in genere si blocca il valore di H 0 e risulta:
Qαt = (
H0
) Dn
kL
(m3 s−1 )
(219)
e quindi :
H 0 1/α n/α
Qt = (
) D
kL
ed in termini sintetici:
Qt = K1 D r ≈ K2 D
(m3 s−1 )
(220)
(m3 s−1 )
(221)
L’espressione va ovviamente tarata nell’intorno dei valori di presumibile ottimalita’. In termini di volumi trasferiti si avra’ ovviamente:
Vt ≤ Vmax = 3600 Tt K2 D
190
(m3 )
(222)
Trasferimenti a gravita’ nelle condotte in pressione
Si puo’ fare riferimento a quanto sopra detto per i sollevamenti.
Considerando il carico ∆ H fisso, si puo’ fare riferimento ai seguenti
casi:
Caso 1- D prefissato:
∆H 1/α
)
K
ovvero, in termini di volume:
Qmax = (
(m3 s−1 )
Vt ≤ Vmax = 3600 Tt Qmax
(223)
(m3 )
(224)
Caso 2 - D incognita (variabile di progetto):
1/α
Qt = K3
Dn/α ≈ K3 D
(m3 s−1 )
(225)
ed il vincolo capacitativo sara’:
Vt ≤ Vmax = 3600 Tt Qmax ≈ 3600 Tt K30 D
191
(m3 )
(226)
12.4
Funzione obiettivo
Per per venire ad una configurazione di ottimo e’ necessario definire
in termini analitici la funzione obiettivo. Nella sua valutazione occorre sempre tener presente quanto si detto nei primi capitoli sulla
corretta valutazione delle prestazioni del sistema e quindi depurare costi e benefici di eventuali elementi che costituiscono solo dei
trasferimenti interni.
Occorre inoltre tener conto che costi e benefici non sono in genere
contemporanei e non si realizzano in un unico periodo. In genere
i maggiori costi si realizzano nel breve periodo mentre i benefici
in genere sono estesi a intervalli piu’ lunghi e sono frequentemente
sono riportabili a flussi monetari costanti. Per operare il confronto
economico e’ necessario riferirsi a termini omogenei o attualizzando
allo stesso istante costi e benefici ovvero trasformando i costi di
costruzione nelle relative rate di ammortamento.
Se si intende conseguire il massimo vantaggio assoluto del progetto senza limitazioni di spesa la funzione da massimizzare puo’
essere la differenza (B − C) tra benefici e costi. Se invece, come gia’
visto nei precedenti capitoli, per la possibilita’ di attuare progetti
alternativi si intende conseguire la massima remunerazione del capitale impiegato, la funzione da massimizzare potra’ essere il rapporto
(B/C) oppure (B − C)/C o il tasso di rendimento interno.
Ovviamente la soluzione del modello di ottimizzazione dipendera’
dal criterio adottato nella definizione della FO del problema; Si
vuole evidenziare che il massimo di (B − C) e quello di (B − C)/C
si ottengono in genere per diverse soluzioni
In modo diretto la programmazione lineare consente di ottenere
la massimizzazione di un probelma con FO espressa in termini di
di max (B − C); con alcuni accorgimenti con la programmazione
lineare si puo’ anche ottenere l’ottimo di max (B − C)/C.
192
Per quanto riguarda i serbatoi, i costi da considerare, come gia’
esaminato nella simulazione, sono di due tipi: costi di realizzazione
dell’opera e costi di gestione, mantenimento e sostituzione (OMR).
Normalmente e’ possibile esprimere questi costi in funzione della
capacita’ del serbatoio.
Pertanto nella FO compariranno sia il termine di costo capitale K1 (C) che il termine che esprime i costi OMR dell’opera:
P
i=1,T K2 (Ct ), dove K1 e K2 comprendono anche i termini di attualizzazione.
Seguendo le indicazioni del Piano delle Acque per gli impianti di
sollevamento la funzione di costo puo’ essere fatta dipendere dalla
potenza di dimensionamento dell’impianto, suddivisa in tre voci relative al costo dei macchinari e valvolame, opere civili, opere complementari. L’espressione generale ha quindi la forma polinomia:
Ct = µ0 + µ1 y s1 + µ2 y s2 + µ3 y s3
(227)
ovviamente, per la sua utilizzazione, si dovra’ pervenire ad una
linearizzazione della equazione di costo nell’introno della ottimalita’.
Per ulteriori aspetti nella definizione del modello di ottimizzazione,
anche con riferimento alla qualita’ della risorsa, si veda l’articolo riportato al link del sito web del corso:
UN MODELLO DI OTTIMIZZAZIONE PER LA GESTIONE DI SISTEMI IDRICI
COMPLESSI CON LUSO CONGIUNTO DI RISORSE CONVENZIONALI E MARGINALI
http://pcserver.unica.it/web/sechi/main/Selected%20papers/L’acqua 2005.pdf
193
Figure 67: Semplice esempio di grafo orientato
13
Problemi di flusso su reti
Gli algoritmi di ottimizzazione dei flussi su rete hanno una notevole possibilita’ di
applicazione nei sistemi di risorse idriche e, come vedremo nel seguito, in particolare
per i problemi di gestione ottima che spesso possono essere riportati a questa classe di
modellazione.
Consideriamo il grafo orientato G che e’ formato da un insieme di nodi N =
{1, 2, ..., m} e da un insieme di archi orientati S = {(i, j), i, j ∈ N } che collegano
il nodo i col nodo j e che sono diretti da i verso j.
Assumiamo che la rete abbia m nodi ed n archi.
Nella Figura (51) e’ rappresentato un semplice grafo con 4 nodi e 7 archi.
A ciascun nodo i in G associamo un numero bi > 0 che rappresenta la risorsa
disponibile (input al nodo) ovvero bi < 0 che rappresenta la richiesta (output dal
nodo).
Se bi = 0 il nodo e’ solo di trasferimento e nessun input o output e’ associato ad
esso.
A ciascun arco (i, j) puo’ invece essere associato il flusso trasferito nell’arco xi,j che
dovra’ comunque risultare maggiore o al piu’ uguale a zero (xi,j ≥ 0).
Dobbiamo inoltre verificare, per la ammissibilita’ del problema, che nel grafo complessivo l’input totale eguagli l’output totale e risulti quindi:
194
X
bi = 0.
(228)
i=1,m
Nel caso in cui l’espressione precedente non sia verificata e che ad esempio risulti
i=1,m bi > 0 , inseriremo un nodo fittizio m + 1 di domanda nel quale sia:
P
X
bm+1 = −
bi
(229)
i=1,m
A questo punto possiamo scrivere il problema di flusso di costo minimo che richiede
al sistema di soddisfare gli output ai nodi conoscendo gli input e minimizzando i costi
di trasferimento dei flussi:
min
X
X
cij xij
(230)
i = 1, ..., m
(231)
i, j = 1, ..., m
(232)
i=1,m j=1,m
s.t.
X
j=1,m
xij −
X
xki = bi
k=1,m
xij ≥ 0
In definitiva, nel modello compare una FO che considera la sola attribuzione di
costi o benefici sui flussi trasferiti. Oltre ai vincoli di continuita’ ai nodi e di non
negativita’ possono comparire anche vincoli capacitativi sui flussi lungo gli archi. A
questo tipo di modello ci si puo’ riportare in problemi riguardanti, oltre le risorse
idriche, la programmazione dei trasporti, la movimentazione di merci, le reti elettriche
e telematiche ed in genere il trasferimento di risorse da un punto all’altro seguendo
percorsi alternativi e con limiti capacitativi.
Il vincolo (200) rappresenta l’equazione di continuita’ ai nodi estesa ai flussi che
percorrono gli archi incidenti nel nodo. Il vincolo (201) impone la non negativita’ dei
flussi su tutti gli archi del grafo.
Per il modello in esame l’applicazione del metodo del simplesso risulta semplificata
essendo possibile lavorare direttamento sul grafo G. Si parla quindi di simplesso su
grafo.
13.1
Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi
Un percorso dal nodo i0 al nodo ip e’ una sequenza di archi P = {(i0 , i1 ), (i1 , i2 ), ...., (ip−1 , ip )}
nei quali il nodo iniziale di ciascun arco e’ lo stesso del nodo terminale dell’arco precedente nella sequenza P . Nel percorso ciascun arco e’ diretto verso ip e proviene da
i0 .
Una catena e’ definita in modo simile al percorso salvo che non e’ richiesto che tutti
gli archi siano rivolti verso ip .
195
Un circuito e’ un percorso nel quale il nodo iniziale e’ uguale al nodo finale: i0 = ip .
Un circuito e’ quindi un percorso chiuso.
Un ciclo e’ una catena chiusa. Ovviamente, dalle precedenti definizioni, tutti i
percorsi sono catene ma non e’ vero il viceversa; ogni circuito e’ un ciclo ma non il
viceversa.
Nei sistemi di risorse idriche si fa in genere riferimento a strutture di grafi G connessi
nei quali e’ quindi possibile trovare una catena da ciascun nodo a qualunque altro nodo
in G.
Un albero e’ un grafo connesso senza alcun ciclo al suo interno. Un albero ricoprente
e’ un albero che include tutti i nodi del grafo.
Nelle Figure (52) sono dati esempi delle strutture precedentemente definite.
13.2
Matrice di incidenza
La matrice di incidenza A e’ associata ai vincoli di continuita’ ai nodi (200). La matrice
A e’ costruita associando a ciascuna riga un nodo del grafo ed a ciascuna colonna un
arco del grafo.
Ciascuna colonna di A contiene quindi due soli elementi non nulli ed uguali rispettivamente a +1 ed a −1. La colonna associata all’arco (i, j) contiene +1 nella riga i e
−1 nella riga j mentre sono nulli tutti gli altri termini.
Le colonne di A sono quindi date da:
aij = ei − ej
dove ei ed ej sono vettori unitari in E m aventi, rispettivamente, 1 nella i-esima e j-esima
posizione.
La matrice A e’ chiamata matrice di incidenza archi-nodi del grafo G. Per il grafo
in Figura (51) la matrice di incidenza assume i valori:




A=

1
1
0
0
0
0 −1
−1
0
1
1 −1
0
0 


0 −1 −1
0
1
1
0 
0
0
0 −1
0 −1
1
(233)
La matrice A non ha rango pieno in quanto la somma delle sue righe e’ il vettore
0. Puo’ essere dimostrato che il rango di A e’ (m − 1).
La base B puo’ essere costruita scegliendo m − 1 colonne linearmente indipendenti
196
Figure 68: Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi.
197
Figure 69: Grafo generalizzato con arco radice.
di A insieme con un arco artificiale che inizia nel nodo m e termina nello spazio, come
illustrato nella Figura (53).
Puo’ inoltre essere dimostrato che un qualunque albero ricoprente insieme con l’arco
artificiale determina una sotto-matrice B, estratta da A, che e’ anche una base per A.
13.3
Rappresentazione dei vettori fuori base
Consideriamo il sottografo GB corrispondente all’albero ricoprente con l’aggiunta dell’arco
artificiale. Consideriamo inoltre un arco fuori base (r, s); la catena data da GB insieme
con l’arco (r, s) costituiscono un ciclo, come puo’ essere visto dalla Figura (54).
Assegnando al ciclo un orientamento coerente con (r, s), possiamo scrivere:
ars − arj + akj + ... + asp =
= (er − es ) − (er − ej ) + (ek − ej ) + ... + (es − ep ) = 0
(234)
(235)
e quindi:
ars = arj − akj + ... − asp .
(236)
Questo risultato consente di utilizzare la precedente semplice procedura per rappresentare ciascun arco non in base. Come esempio si consideri il semplice grafo di
Figura (55) che fornische un albero ricoprente ed e’ quindi una base della rete.
Se vogliamo rappresentare l’arco (1,2), secondo il criterio precedente esposto risulta:
198
Figure 70: Ciclo formato inserendo l’arco fuori base.
Figure 71:
199
Figure 72: Esempio di rete.
a12 = a13 − a23
(237)
= (e1 − e3 ) − (e2 − e3 )
(238)
= (e1 − e2 )
(239)
Si noti che i coefficienti che esprimono la colonna fuori base ars nei termini delle
colonne in base danno luogo al vettore yrs visto nel metodo del simplesso.
13.4
Il metodo del simplesso per problemi di flusso su rete
Per fissare le idee vediamo il metodo gia’ nella sua applicazione al problema illustrato
nella Figura (56).
Aggiungendo l’arco artificiale al nodo 5 selezioniamo una base ammissibile data
dall’albero ricoprente in Figura (57).
Il con riferimento alla base B conseguente alla scelta fatta, il sistema da risolvere
e’ il seguente:







1
0
0
0
0
1
0
0
0 −1
1
0
0
0 −1
1
−1
0
0 −1
0
0
0
0
1
200







x15
x23
x34
x45
x5


 
 
 
=
 
 
2
5
1
−4
−4







(240)
Figure 73: Sottografo di base.
dove x5 e’ la variabile associata all’arco artificiale uscente dal nodo 5. Anziche’
risolvere il sistema e’ pero’ possibile valutare i flussi esaminando il grafo dalle foglie
verso la radice.
Esaminando il nodo 1 nella Figura (57) possiamo vedere che esso e’ una estremita’
dell’albero in base, ossia e’ un nodo ”foglia” nel quale incide un solo arco.
Pertanto puo’ essere facilmente ricavato il valore del flusso lungo (1, 5) risultando
x15 = b1 = 2. Questo risultato poteva ovviamente essere semplicemente ricavato anche
dalla (204).
Considerando il nodo 2, allo stesso modo possiamo ricavare x23 = b2 = 5.
Possiamo adesso risolvere il nodo 3 dovendo risultare x34 − x23 = 1 e quindi: x34 =
1 + 5 = 6.
Nel nodo 4 risulta: x45 − x34 = −4 e quindi: x45 = 2.
Infine nel nodo 5 si ottiene per l’arco radice fittizio: x5 − x15 − x45 = −4 e quindi:
x5 = 0.
201
Il processo per ottenere la soluzione di base procede pertanto dalle estremita’
dell’albero verso il nodo radice.
Valutazione di zij − cij
Come per il simplesso ordinario dobbiamo valutare zij − cij per tutte le variabili
fuori base xij e fermarci o proseguire introducendo una variabile fuori base se risulta
un valore positivo di zij − cij .
Il vettore (zij − cij ) per le variabili fuori base puo’ essere calcolato valutando preliminarmente le variabili duali w risolvendo il sistema:
wB = cB
Per il problema in esame, in modo esteso si scrive:

1
0
0
0
0
1
0
0
0 −1
1
0
0
0 −1
1
−1
0
0 −1
= [2, −4, 0,



[w1 , w2 , w3 , w4 , w5 ] 


0
0
0
0
1
3,







0]
(241)
L’ultima equazione ci fornisce w5 = 0.
Dalla penultima otteniamo w4 − w5 = 3 e pertanto: w4 = 3 − 0 = 3.
Da quella precedente w3 − w4 = 0 e quindi: w3 = 0 + 3 = 3.
Proseguendo: w2 − w3 = −4 e quindi: w2 = −4 + 3 = −1.
Infine: w1 − w5 = 2 e pertanto: w1 = 2 + 0 = 2.
Mentre la valutazione dei flussi l’analisi del grafo avviene dalla estremita’ dell’albero
in base verso la radice, la determinazione delle variabili duali avviene dalla radice verso
l’estremita’.
Per valutare zij − cij per gli archi fuori base utilizziamo la relazione:
zij − cij =
waij − cij
202
Figure 74: Valutazione di zij − cij sul grafo.
= w(ei − ej ) − cij
=
wi − wj − cij
(242)
Nella Figura (58) e’ schematizzato il calcolo di (zij − cij ) per le variabili fuori base
indicate a tratteggio.
Nell’esempio risulta (z13 − c13 ) = 1 > 0 , pertanto la variabile x13 e’ candidata ad
entrare in base.
Cio’ che dobbiamo fare e’ aumentare x13 dal valore nullo iniziale mantenendo la
ammissibilita’ della soluzione e determinando quale e’ la prima variabile attualmente
in base che scende a zero e che quindi lascera’ la base.
A tal fine consideriamo il grafo base insieme con l’arco (1,3). Se incrementiamo
x13 di un valore ∆, per mantenere i flussi bilanciati dovremo incrementare x34 di ∆,
incrementare x45 di ∆ ed infine ridurre x15 sempre di ∆.
Questo processo puo’ essere pensato come una attivazione di un flusso additivo ∆
203
Figure 75: Nuovo grafo di base.
lungo il ciclo determinato dall’inserimento dell’arco fuori base.
Come x13 aumenta di ∆ la sola variabile in base che deve diminuire e’ x15 = 2 − ∆.
Quindi il valore critico di ∆ e’ 2, valore per il quale x15 scende a zero e lascia la base.
Tutte le altre variabili in base sono corrette conseguentemente all’aggiunta del flusso
∆ nel ciclo.
La nuova soluzione e’ data dal grafo nella Figura (59).
Un esempio completo di come si arriva alla soluzione utilizzando il simplesso su rete
e’ dato nella Figura (60).
204
Figure 76: Soluzione col simplesso su rete.
205