A.A. 2013-2014 Appunti del Corso di GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Idraulica ed Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio Docente: Prof. Giovanni Maria Sechi Cagliari, Marzo 2014 Indice 1 Introduzione 1.1 Impatto delle opere 1.2 Strumenti per la pianificazione e gestione dei sistemi idrici 2 Premesse sulla identificazione e valutazione dei piani 2.1 Valore futuro di un singolo pagamento 2.2 Valore attuale di un singolo pagamento 2.3 Valore futuro di una serie uniforme 2.4 Valore attuale di una serie uniforme 2.5 Tassi multipli e composti 3 Scelte tra diverse alternative di piano 3.1 Saggio di rendimento interno 3.2 Grandezze finanziarie e grandezze economiche 3.3 Costi interni e costi esterni 3.4 Costi ambientali 3.5 Benefici interni ed esterni 3.6 L’alternativa del non intervento 3.7 Progetti con vita delle opere differenti 3.8 I prezzi reali 4 Obiettivi dell’intervento pubblico 4.1 La funzione obiettivo 4.2 La funzione di produzione 4.3 Le condizioni di ottimalita’ 4.4 Alcuni semplici esempi Un solo serbatoio con un solo tipo di utilizzazione Un solo serbatoio con due tipi di utilizzazione 2 Due serbatoi con un solo tipo di utilizzazione 4.5 Una applicazione dei concetti di base Dati di base Combinazione di minimo costo dei serbatoi Combinazione di minimo costo dei serbatoi con sistemazione alveo La soluzione ottimale 5 Metodi e tecniche per l’analisi di un sistema di risorse idriche 5.1 Premessa 5.2 Il sistema campione esaminato 5.3 La Simulazione del sistema Idrologia Irrigazione Benefici irrigui Costi irrigui Fabbisogno di energia idroelettrica Potenza degli impianti idroelettrici Benefici della produzione di energia Costi e cartatteristiche degli impianti idroelettrici Capacita’ disponibile per il controllo delle piene Propagazione delle piene Costo del controllo delle piene Costo dei serbatoi Procedure di gestione del sistema Considerazioni sulle procedure di gestione adottate Istruzioni di gestione adottate Procedura operativa 6 Altri metodi per l’ottimizzazione dei sistemi 7 La programmazione dinamica 3 7.1 L’equazione ricorsiva 7.2 Esempio applicativo della DP 7.3 Il principio di ottimalita’ 7.4 Variabili di stato multiple 7.5 Altre applicazioni 7.6 Considerazioni conclusive sulla Programmazione Dinamica 8 Elementi di programmazione lineare 8.1 Risultati intuitivi 8.2 Alcune definizioni 8.3 Premesse al metodo del simplesso 8.4 Miglioramemnto di una soluzione di base 8.5 Sintesi del metodo del simplesso 9 Il problema duale 9.1 Relazioni fra i valori della funzione obiettivo 9.2 Interpretazione economica del duale 10 Ottimizzazione di sistemi di risorse idriche tramite programmazione lineare 10.1 Possibilita’ di erogazione da un invaso 10.2 Modello di qualita’ dell’acqua 10.3 Variabili duali e prezzi ombra 11 Problemi di flusso su reti 11.1 Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi 11.2 Matrice di incidenza 11.3 Rappresentazione dei vettori fuori base 11.4 Il metodo del simplesso per problemi di flusso su rete 4 APPENDICE A: Le opere idrauliche e gli usi della risorsa idrica APPENDICE B: Il Piano Regionale delle Acque APPENDICE C: Utilizzazione degli algoritmi di programmazione lineare su rete per i sistemi di risorse idriche APPENDICE G: Documenti e normativa sulle acque 5 Principali testi di riferimento (oltre gli appunti) - LOUCKS D.P., J.R.STEDINGER, D.A.HAITH: Water resources systems planning and analysis, Prentice-Hall ed., 1981. - MAASS A., M.M. HUFSCHMIDT, R. DORFMAN, H.A. THOMAS Jr., S.A. MARGLIN, G.M. FAIR: Design of Water-Resource Systems, Harvard University Press, 1962. - HENDERSON J.M., R.E. QUANDT: Teoria microeconomica Una impostazione matematica, UTET, 1973. - BAZARAA M.S., JARVIS J.J.: Linear Programming and Network Flows, Wiley ed, 1977. - LOUCKS D.P., E. van BEEK: Water Resources Systems Planning and Management - An Introduction to Methods, Models and Applications, UNESCO ed, 2005. 6 1 Introduzione Obiettivo delle analisi per la pianificazione e gestione ottima delle risorse idriche e’ essenzialmente quello del controllo delle acque per far fronte alle esigenze di richiesta per le diverse utenze e contestualmente prevenire possibilmente i danni causati da fenomeni legati alle piene, magre, decadimento della qualita’ delle acque, ecc. Spesso le risorse idriche sono viste dai diversi utilizzatori in modo privatistico per cui il pianificatore dovra’ rendere possibilmente compatibili le diverse esigenze delle utenze. (Esempio: conflitti che possono derivare dall’andamento temporale delle richieste irrigue e idroelettriche) Per rendere possibile il controllo e l’utilizzazione delle acque e’ necessaria l’esecuzione di svariate opere come dighe, torrini di presa, serbatoi, acquedotti, sistemazioni irrigue, impianti idroelettrici, bonifiche, ecc.. In linea di massima, i costi derivanti dalla realizzazione di tali opere dovranno essere compensati dai benefici da esse ritraibili durante il periodo assunto come vita o durata delle opere stesse. I criteri di scelta di tipo economico vanno ovviamente accompagnati da quelli relativi alla compatibilita’ tecnica, al reddito nazionale nel suo insieme ed al benessere sociale. Nell’ambito della Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche (PGRI) e’ quindi indispensabile una interazione tra il tecnico (va’ inteso in senso ampio in quanto possono essere coinvolte diverse competenze) e il decisore (in genere un amministratore pubblico). Il primo deve fornire e giustificare una serie di alternative tecnicamente valide e giustificabili nei riguardi delle conseguenze di tipo economico, sociale ed ambientale che tali soluzioni possono determinare e che dovranno essere valutati dal decisore inserendole in un contesto piu’ ampio nel quale l’acqua, come patrimonio e risorsa comune, deve essere accuratamente tutelata. 7 In merito si ricorda che gia’ il T.U. sulle opere idrauliche del 1904 (R.D. 25.07.1904 n.523) affermava che le acque sono soggette alla pubblica amministrazione ed individuava cinque categorie di opere idrauliche. Tale concetto e’ ribadito in modo categorico dal Testo unico sulle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti idroelettrici (R.D. 11.12.1933 n.1775) che afferma il principio che sono pubbliche le acque sorgenti, fluenti e lacuali anche se artificialmente estratte dal sottosuolo. In questa Legge sono inoltre ripresi e completati i criteri di istruttoria per affidare in concessione le acque pubbliche, gia’ emanati nel 1920 (R.D. 14.08.1920 n.1285) che gia’ attribuiva ai Genio Civile il controllo primario delle concessioni. Anche il Codice Civile agli articoli 812, 822 ed 823 afferma che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico i fiumi, torrenti, laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia. Per quanto riguarda la Sardegna, l’articolo 14 dello Statuto speciale (Legge costitutiva 26.02.1948 n.3) prevede che la Regione, nell’ambito del suo territorio succeda nei beni e nei diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare ed in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo. Di conseguenza si puo’ ritenere trasferito alla regione sarda l’intero patrimonio idrico statale. Alla Regione e’ quindi attribuita potesta’ legislativa ed amministrativa esclusiva in materia di esercizio dei diritti demaniali sulle acque pubbliche (art. 3). La Regione Sardegna e quindi subentrata in modo completo allo Stato nelle competenze in materia di concessioni e riconoscimenti di acque pubbliche. NOTA BENE: Si rimanda all’Appendice G per una illustrazione piu’ ampia della Normativa di settore. 8 1.1 Impatto delle opere Deve sempre essere tenuto presente che la costruzione di grandi opere per il controllo delle risorse idriche determina un impatto, spesso di tipo irreversibile, sul corpo idrico e sull’ambiente nel suo complesso. Tornare indietro in condizioni indisturbate e’ una operazione spesso impossibile ed in ogni caso molto onerosa. Si esaminino ad esempio le modifiche indotte dalla costruzione di uno sbarramento artificiale, di una importante opera di trasporto a p.l. o conseguenti allo scarico di inquinanti nel corso d’acqua. Al riguardo, la rilettura dei dodici principi della Carta Europea dell’Acqua, emanata dal Consiglio d’Europa gia’ nel 1970 e per molti punti ripresa dalla Direttiva 2000/60/CE, puo’ aiutarci a chiarire gli obiettivi di una corretta utilizzazione delle risorse idriche: 1 - Non c’e’ vita senza acqua. L’acqua e’ un bene prezioso, indispensabile a tutte le attivita’ umane. 2 - Le disponibilita’ di acqua dolce non sono inesauribili. E’ indispensabile preservarle, controllarle e se possibile accrescerle. 3 - Alterare la qualita’ dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri viventi che da essa dipendono. 4 - La qualita’ dell’acqua deve essere mantenuta in modo da poter soddisfare le esigenze delle utilizzazioni previste, specialmente della salute pubblica. 5 - Quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita all’ambiente naturale, deve essere in condizioni da non compromettere i possibili usi dell’ambiente, sia pubblici che privati. 6 - La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, e’ essenziale per la conservazione delle risorse idriche. 7 - Le risorse idriche devono essere accuratamente inventariate. 9 8 - La buona gestione dell’acqua deve essere materia di pianificazione da parte delle autorita’ competenti. 9 - La salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di formazione di specialisti, e di informazione pubblica. 10 - La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturale piuttosto che entro frontiere amministrative e politiche. 11 - L’acqua non ha frontiere. Essa e’ una risorsa comune la cui tutela richiede la cooperazione internazionale. 1.2 Strumenti per la Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche Nella PGRI oltre alle conoscenze dell’Idrologia, Idraulica, Costruzioni Idrauliche ed Economia, risulta indispensabile l’utilizzazione di tecniche basate sulla programmazione matematica ed in particolare che si rifanno alla Ricerca Operativa ed alla Analisi dei sistemi. Tali metodi, pur fornendo degli strumenti oggettivamente potenti per la individuazione delle scelte ottime, non offrono comunque garanzie assolute in quanto la loro utilizzazione deve essere sempre accompagnata da una scelta oculata e consapevole nella attribuzione di priorita’ assegnate alle esigenze che si confrontano nella formulazione degli obiettivi da perseguire. L’arte dell’analista e’ proprio quella di identificare nel processo di pianificazione quegli aspetti che e’ necessario prendere in esame riuscendo ad inserirli nella modellazione in un corretto contesto. Anche se l’analisi per la PGRI non si puo’ restringere alla formulazione di modelli matematici, sicuramente questa fornisce degli strumenti formidabili per il pianificatore. La predisposizione del modello matematico richiede che vengano prese in esame in modo 10 quantificabile le variabili che entrano in gioco nel processo decisionale. Di riscontro, i risultati conseguibili consentono una valutazione oggettiva della bonta’ della configurazione proposta. Risulta quindi evidente che una delle difficolta’ maggiori che si presentano in questo approccio deriva dalla difficolta’ di rappresentare in modo aderente la realta’ fisica dei sistemi . I dati di input, cosi’ come gli obiettivi ed i vincoli, possono essere controversi ed incerti. Ovviamente e’ sempre da tener presente che tutte le ipotesi assunte in questa fase di costruzione del modello influiranno in modo determinante sull’output che forniremo al decisore. Volendo fornire un criterio per indirizzarci sul come costruire il modello dovremmo innanzituto chiarire con gli altri attori (committenti, amministratori, utenti, ecc.) quale siano: - gli obiettivi della analisi; - i dati richiesti per valutare i progetti; - i tempi, risorse e strumenti a disposizione; - le conoscenze e le capacita’ del modellatore e del decisore. Pare evidente da queste prime osservazioni che chi si avvia ad analizzare questo tipo di problemi deve possedere non solo conoscenze di base di tipo matematico particolarmente indirizzate verso l’analisi dei sistemi ma anche conoscenza degli strumenti ingegneristici, economici, e di impatto ambientale che le coinvolgono le opere inserite nei sistemi di utilizzazione delle risorse idriche. E’ comunque usuale, nella predisposizione di piani ad ampia valenza, la collaborazione di specialisti nelle varie discipline sopra citate che, tuttavia, devono essere in grado di interagire tra loro in modo ampio. NOTA BENE: Per una illustrazione pi ampia delle problematiche che interessano la Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche si rimanda ai primi capitoli del testo di LOUCKS D.P., E. van BEEK: 11 Water Resources Systems Planning and Management - An Introduction to Methods, Models and Applications UNESCO ed, 2005, consultabile con il link dato nel sito web del corso. 12 2 Premesse sulla identificazione e valutazione dei piani e dei progetti In linea di massima il processo di pianificazione deve prendere in esame differenti alternative progettuali. Ad esempio per l’approvvigionamento di un centro abitato potrebbe essere possibile captare delle sorgenti prevedendo una integrazione con pozzi trivellati, ovvero realizzare una traversa ad acqua fluente con impianto di potabilizzazione ed ugualmente integrazione da pozzi o, infine, potrebbe essere possibile realizzare un invaso con la costruzione di una diga a gravita’ grazie alla quale si potrebbe anche irrigare un comprensorio agricolo. E’ quindi indispensabile valutare i benefici cosi’ come i costi di costruzione e manutenzione delle opere al fine di individuare la soluzione economicamente piu’ valida. In primo luogo ´e ovvio che la valutazione di costi e benefici deve avvenire su basi confrontabili e pertanto devono essere espressi sotto forma monetaria. In secondo luogo deve essere possibile combinare costi e benefici che avvengono in istanti temporali differenti, riportandoli quindi ad uno stesso orizzonte temporale. Indichiamo con: P = valore presente di una certa somma di denaro; Fn = valore futuro di P dopo un certo periodo n; i = tasso di interesse. Generalmente i e’ espresso come tasso di interesse annuo e pertanto n e’ espresso in anni. P puo’ essere considerato come il capitale investito in una certa opera ed Fn il capitale investito piu’ il guadagno che si puo’ avere in n anni di attivita’ di tale opera. Se si pone n = 1 si ricava: F1 − P i= (1) P Il tasso di interesse (1) puo’ essere considerato come una misura 13 della produzione netta del capitale investito e l’investitore cerchera’ di massimizzare questo guadagno scegliendo, tra diverse opportunita’, quella per la quale e’ massimo il tasso di interesse. Il problema si complica quando, pur essendo ia < ib , si abbia che l’investimento a sia esente da rischi (ad es.: acquisto di buoni del tesoro), mentre all’investimento b sia associato un certo rischio legato al fallimento dell’impresa, crollo in borsa, ecc. E’ comunque chiaro che un’impresa che voglia richiamare capitali per un suo finanziamento, al quale e’ sempre legato un certo rischio, dovra’ offrire un tasso di interesse superiore rispetto a quello offerto dallo Stato. 2.1 Valore futuro di un singolo pagamento Con la simbologia gia’ definita, si ha dopo un anno: F1 = P + iP = P (1 + i) (2) F2 = F1 (1 + i) = P (1 + i)2 (3) dopo due anni: ed in definitiva, dopo n anni: Fn = P (1 + i)n 2.2 (4) Valore attuale di un singolo pagamento Riprendendo l’ultima espressione scritta precedentemente si ottiene P = Fn (1 + i)−n (5) dove, ovviamente, P stavolta rappresenta il valore attuale di un pagamento che avviene dopo n anni. 2.3 Valore futuro di una serie uniforme Indichiamo con A una somma di denaro fissa pagata alla fine di ogni periodo. Nel contesto generale nel quale ci mettiamo A puo’ 14 rappresentare sia un costo di manutenzione, gestione o operativo, ovvero anche un beneficio. Con Fn si indica la somma del valore futuro dei singoli pagamenti A piu’ i relativi interessi. Per quanto detto precedentemente risultera’: Fn = A(1 + i)n−1 + A(1 + i)n−2 + ... + A(1 + i) + A (6) Fn = A[(1 + i)n−1 + (1 + i)n−2 + ... + (1 + i) + 1] (7) ovvero: moltiplicando entrambi i membri per (i + 1) si riscrive: Fn (1 + i) = A[(1 + i) + (1 + i)2 + ... + (1 + i)n−1 + (1 + i)n ] (8) Sottraendo Fn si ottiene: Fn (1 + i) − Fn = A[(1 + i)n − 1] (9) (1 + i)n − 1 Fn = A i (10) e quindi: Invertendo l’espressione precedente si puo’ trovare il valore dei flussi costanti di denaro per determinare, nel futuro dopo n anni, un valore pari ad Fn : i A = Fn (11) (1 + i)n − 1 2.4 Valore attuale di una serie uniforme Il valore attuale P derivante da una successione di pagamenti futuri A di importo costante per una serie di durata n, si ricava inserendo nella (5) il valore di Fn dato dalla(11): (1 + i)n − 1 P =A i(1 + i)n (12) Dalla precedente espressione si puo’ determinare l’importo annuale posticipato da pagare per n anni per estinguere un debito P attuale: 15 i(1 + i)n A=P (1 + i)n − 1 (13) n i(1+i) Il termine (1+i) n −1 che compare nella (13) e’ detto tasso di ammortamento del capitale P in n anni al tasso di interesse i. 2.5 Tassi multipli e composti Non sempre il tasso di interesse i e’ calcolato annualmente. Esso puo’ essere valutato per periodi minori o maggiori dell’anno. Sia i0 il tasso di interesse annuo che viene valutato m volte nell’anno. Il tasso di interesse nel periodo e’: i = i0 /m. Se la vita dell’opera e’ pari a p anni, il numero di periodi di valutazione degli interessi e’ pari a n = pm . Operando opportunamente si ottiene che il valore futuro di una serie di pagamenti costanti in n periodi vale: (1 + i0 /m)pm − 1 Fn = A i0 /m (14) In questo caso un valore annuale effettivo del tasso di interesse annuale puo’ essere valutato come nel seguente modo: i0 m ief f = 1 + m −1 questo valore puo’ dedursi ponendo, nel singolo anno: 0 m i (1 + ief f )1 = 1 + m . 16 3 Scelta fra diverse alternative Indichiamo con: B = benefici derivanti dalla realizzazione del progetto; C = capitali investiti; A = costi operativi, di manutenzione e gestione degli impianti. Il costo capitale e’ spesso assimilabile ad un singolo pagamento effettuato all’inizio di un certo anno. Ci sono tuttavia delle eccezioni: per esempio quando la costruzione dell’opera e’ realizzata in diverse fasi o richieda tempi molto lunghi. In tal caso indicheremo con Ck i costi effettuati nel periodo k. I benefici B ed i costi operativi, di manutenzione e gestione A possono in genere essere assimilati a serie uniformi di pagamenti. Il valore attuale netto (VAN nella letteratura italiana e NPW, net present worth, in quella anglosassone) e’ uguale alla differenza F0 − P , dove ora F0 rappresenta il valore attuale dei benefici e costi futuri, valutato con le espressioni viste precedentemente, mentre P sono i costi attuali. Il processo decisionale, per selezionare la migliore alternativa progettuale utilizzando il valore attuale netto, in sintesi puo’ essere articolato nel seguente modo: - Si calcola il V AN = B0 − A0 − C0 per ciascuna alternativa a, b, c, ovvero : V AN a , V AN b , V AN c . - Si considerano solo le alternative ammissibili, definendo in tal modo quelle per le quali V AN ≥ 0. - Si sceglie tra le alternative ammissibili quella per la quale si ha il massimo del V AN . Di seguito, nel corso, saranno presi in considerazione piu’ in dettaglio alcune applicazioni che utilizzano questo tipo di analisi basata sulla valutazione del valore attuale netto. 17 3.1 Saggio di rendimento interno Il limite principale del criterio di scelta basato sul N P W e’ che questo, trattandosi di una somma algebrica di costi e di benefici, non e’ in grado di fornire una indicazione completa della redditivita’ dell’intervento: un V AN di 5 miliardi potrebbe derivare da un’opera che costi 2 miliardi, oppure 20 miliardi. Nonostante la coincidenza dell’indicatore pare evidente la maggiore redditivita’ dell’opera di minor costo. Per colmare questa carenza interviene il saggio di rendimento interno (SRI) che corrisponde a quel particolare tasso di interesse che una banca dovrebbe riconoscere all’operatore per eguagliare i proventi che derivano dalla realizzazione dell’opera e che quindi sintetizza in un’unico valore la redditivita’ propria dell’investimento. Dalle espressioni precedenti, nel caso di un singolo pagamento si ha: Fn n P = (1 + SRI) Pertanto il saggio di rendimento interno, azzerando il guadagno, fornisce quel tasso di interesse per il quale sarebbe piu’ conveniente mettere i soldi in banca. Tassi di interesse inferiori indicano la convenienza ad investire e quindi la superiorita’ del saggio di rendimento interno dell’investimento proposto. 3.2 Grandezze finanziarie e grandezze economiche Una spesa di mille euro per l’acquisto di materiale di consumo per la gestione di un impianto puo’ non corrispondere, da parte di chi riceve la somma, a mille euro di spesa netta: perlomeno da tale importo dovra’ sottrarre una parte dell’IVA, trasporto, oneri vari, ecc. Il passaggio dalle grandezze finanziarie (quanto effettivamente si spende) alle grandezze economiche consiste appunto nella misura di 18 tali differenze per valutare l’entita’ dei trasferimenti. In una analisi di tipo economico, finalizzata quindi a verificare la effettiva convenienza dell’investimento per la collettivita’ nel suo insieme, non ha importanza se la titolarieta’ di una quota del reddito viene trasferita; cio’ che alla fine e’ importante e’ l’effettivo guadagno della collettivita’. Ad esempio lo Stato puo’ essere ben disponibile ad accollarsi parte degli oneri per l’irrigazione di un comprensorio irriguo poiche’ dall’aumento di reddito degli agricolori derivera’ un trasferimento allo Stato sotto forma di tasse che a loro volta serviranno a finanziare nuove opere nell’ambito della irrigazione. Con l’analisi economica si deve tendere a valutare la convenienza per la collettivit´ a sommando costi e benefici per tutti i soggetti. In linea di massima il problema del passaggio dall’onere finanziario all’onere economico si semplifica attraverso l’adozione di fattori di conversione, coefficienti, in genere con valore minore di uno, che consentono la valutazione dell’effettivo onere economico sulla base dell’onere finanziario. 3.3 Costi interni e costi esterni Si intendono come costi economici esterni quelli sopportati da soggetti diversi da quelli cui compete l’esecuzione, manutenzione e gestione diretta dell’opera. Nel caso della realizzazione di un comprensorio irriguo i costi esterni saranno quelli non sostenuti dal Consorzio di bonifica con finanziamenti dello Stato ma bensi’ provenienti da altri attori come, ad esempio gli stessi agricoltori per la predisposizione delle opere aziendali, ovvero altri enti per l’adeguamento delle infrastrutture dovuto all’espansione degli insediamenti agricoli, viabilit´a, ecc. 19 3.4 I costi ambientali Sono anch’essi, in genere, costi esterni. Andrebbero associati in questa voce quei costi che sono, solitamente senza alcuna remunerazione, sopportati da soggetti esterni alla realizzazione dell’opera ma che con questa interagiscono per l’ambiente, ovvero il contesto territoriale nel quale queste opere sono realizzate. Ad esempio, nella realizzazione di un Parco protetto, in questa voce si dovranno considerare i danni conseguenti al fatto che gli allevatori non potranno piu’ utilizzare alcune aree del Parco. A seguito della realizzazione di una diga, piu’ a valle una cascata non sar´a pi´ u oggetto di richiamo turistico, ecc. Si tratta , evidentemente di costi sopportati dalla collettivita’ e certamente connessi all’opera anche se esterni a questa. 3.5 Benefici interni ed esterni Sono benefici esterni quelli che derivano alla collettivita’ ma non direttamente ai soggetti cui compete la manutenzione, e gestione dell’offerta ritraibile dalla realizzazione di un’opera. La costruzione di una autostrada determina, evidentemente, un beneficio interno per l’ente concessionario che otterra’ gli introiti dei pedaggi; ulteriormente, un beneficio esterno sara’ determinato dalla riduzione della incidentalita’ conseguente alla realizzazione di una adeguata sede stradale e, in secondo luogo, dalla possibilita’ degli operatori di poter approvvigionare i materiali alle aziende con un numero inferiore di mezzi di trasporto. Relativamente ai benefici interni si e’ soliti distinguere tra: - rientri tariffari; - rientri non tariffari; - altri benefici. 20 I primi sono commisurati al pagamento di un canone, i secondi sono derivanti da tutti gli altri tipi di introiti come: vendita di beni o servizi, sovvenzioni pubbliche, ovvero il valore residuo dell’opera al termine della vita economica dell’investimento. Altri benefici possono essere il know-how culturale derivante dalla utilizzazione di una tecnologia innovativa, valutazione della disponibilita’ a pagare per una prestazione che per quanto non venga effettivamente effettuata a pagamento, rappresenta comunque un introito per la collettivita’ nel suo complesso (ad esempio la realizzazione di una autostrada senza pedaggio). 3.6 L’alternativa del non-intervento La progressiva maggiore sensibilizzazione della societa’ verso i problemi dell’impatto ambientale delle grandi opere idrauliche ha portato come alternativa da tenere sempre presente quello della impossibilita’ di operare l’intervento a causa del suo impatto verso l’ambiente nel suo complesso. Poiche’ l’alternativa del non-intervento e’ con C = 0, da cio’ sembrerebbe debba sempre dedursi che l’efficienza del sistema non e’ cambiata e che non ci saranno diretti benefici da tale ipotesi. I realta’ non si puo’ escludere la possibilita’ di benefici da tale ipotesi che possono comunque essere preesistenti alla modifica dello stato del sistema e che potrebbero nel nuovo contesto essere persi. 3.7 Progetti con vita delle opere differenti E’ gia’ stato affermato che tutte le alternative progettuali devono essere esaminate sotto uguali basi di confronto. Questo ovviamente richiede che debba essere presa in esame la diversa vita delle opere che sono previste nelle soluzioni progettuali. Se si ipotizza, ad esempio, di acquisire una macchina con durata operativa di tre anni, questa dovra’ essere messa in confronto in 21 modo corretto con una macchina che, pur costando di meno restera’ operativa per un solo anno. Se estendiamo l’analisi per tre anni, nel secondo caso dovremmo considerare i tre costi annuali attualizzati C0 = f (C1 , C2 , C3 ). In alternativa possiamo esaminare un estensione temporale piu’ ridotta ma in tal caso valutare il valore residuo della prima macchina come un beneficio. In genere pero’ quest’ultima operazione e’ di difficile valutazione e si preferisce riportarsi al primo caso, ossia estendere l’analisi economica per la durata del componente che ha vita (durata) maggiore. Nel fare questa operazione si deve spesso considerare l’onere di sostituzione di parte dei componenti del sistema analizzato.Un caso tipico quello dell’analisi di un acquedotto nel quale siano inseriti parti elettromeccaniche (pompe, quadri elettrici, ecc.) che sicuramente hanno durata di funzionamento minore delle condotte. Si dovra’ pertanto prevedere la sostituzione di tali parti dopo un certo numero di anni, spesso cio’ accade piu’ volte nel corso della estensione temporale utilizzata per l’analisi economica. 3.8 I prezzi reali I prezzi che un consumatore paga per ricevere un bene si assume essere perlomeno pari al livello di soddisfazione che lo stesso consumatore puo’ ricevere da tale bene. Se il costo e’ troppo alto il bene non sara’ acquistato. Il prezzo reale di un bene e’ quindi una misura della utilita’ di tale bene. Tuttavia la carenza di un certo tipo di bene puo’ determinare l’aumento del suo prezzo finale mentre l’eccesso di produzione porta ad una diminuzione del suo prezzo. In tali casi i prezzi si dicono inflazionati o deflazionati rispetto ai prezzi reali. Consideriamo il caso in cui un individuo acquisti un bene con una vita media di 5 anni per 100 e lo dia in affitto ad un tasso di 22 interesse annuo del 7% . Dopo 5 anni ricevera’ un importo: F5 = 100(1 + .07)5 = 140.26 (15) Si potrebbe pensare che si sia realizzato un profitto di 40.26, tuttavia, quando l’individuo si reca a riacquistare il bene si accorge che ora (dopo cinque anni) lo stesso bene non costa piu’ cento ma bensi’ 150 e quindi in effetti ha avuto una perdita di 9.74. Questo fatto e’ stato determinato dall’inflazione che ha fatto lievitare il costo del bene. Il tasso medio di inflazione f puo’ essere determinato essendo: Pˆ = P (1 + f )n (16) Il simbolo Pˆ indica che il valore monetario non e’ riferito all’anno zero ma, bensi’, all’anno n. Nel caso dell’esempio si ha un tasso di inflazione media annua: 150 = 100(1 + f )5 e quindi si ricava: f = 8.45%. L’andamento medio dei prezzi al consumo sono un indice globale del valore dell’inflazione, cosi’ come l’andamento dei costi per il produttore. Esistono statistiche ufficiali per le quali e’ possibile sapere quale e’ stato il valore di f , differenziandolo di anno in anno. Conoscendo il valore annualmente variabile di f , possiamo quindi riscrivere l’espressione precedente: Pˆ = P (1 + f1 )(1 + f2 )...(1 + fn ) (17) Nei problemi ingegneristici e’ spesso necessario, nelle valutazioni economiche, fare delle previsioni sull’andamento dell’inflazione nel futuro. Il piu’ delle volte ci si limita ad ipotizzare un tasso medio presunto dell’inflazione in n anni. Nell’esempio precedente, se ipotizziamo che l’individuo chieda 200 per l’utilizzo di cinque anni del bene pagato 100, a cio’ cor23 risponderebbe un tasso d’interesse i per cui: 200 = 100(1 + i)5 , e quindi: i = 14.87% . In effetti il tasso reale di interesse r e’ tale per cui: Fˆn = P (1 + i)n Fˆn = Pˆ (1 + r)n Fˆn = P (1 + f )n (1 + r)n (18) (19) (20) e nel nostro caso, essendo: 200 = 150(1 + r)5 , risulta un tasso reale di interesse r = 5.92% mentre il tasso complessivo ha espressione: (1 + i) = (1 + r)(1 + f ) (21) i = (1 + r)(1 + f ) − 1 (22) e quindi: Consideriamo due differenti tipi di investimento: Il primo utilizza un capitale iniziale di 1000 ed un profitto in termini di rata costante pari a 180 per 10 anni. Il secondo un investimento di 1000 ed un profitto di 180 legato all’inflazione. Ipotizziamo r = 10% ed f = 5% per anno. Dalla espressione (22) si ricava i = 15.5%. Nel primo caso si puo valutare un valore attuale netto: (1 + 0.155)10 − 1 V AN = −1000 + 180 = −113.58 0.155(1 + 0155)10 (23) Nel secondo investimento il beneficio annuo aggiornato sara’: 24 ˆk = B(1 + f )k , k = 1, 10 B (24) ˆk ricevuto nell’anno k e’: Il valore attuale del B P WB = ˆk B (1 + i)k (25) ed essendo (1 + i) = (1 + r)(1 + f ), la relazione diventa: P WB = B B(1 + f )k = (1 + r)k (1 + f )k (1 + r)k (26) In definitiva il problema si riduce a trovare il V AN in termini del tasso reale r: (1 + 0.10)10 − 1 V AN = −1000 + 180 = 106.02 0.10(1 + 0.10)10 (27) e quindi in questo secondo investimento si ottiene un guadagno netto. 25 4 Obiettivi dell’intervento pubblico Come e’ stato gia’ detto, obiettivo primario dell’intervento pubblico e’ quello di massimizzare il benessere nazionale; questo criterio non e’ pero’ facilmente traducibile in criteri operativi per il pianificatore. Un criterio potrebbe essere quello di massimizzare il reddito nazionale ovvero, piu’ precisamente, l’incremento del reddito nazionale conseguente alla realizzazione del progetto. E’ gia’ stato detto al paragrafo 3 che cio’ comporta la valutazione di costi e benefici che possono essere sia interni che esterni in relazione al progetto che si sta esaminando. Tuttavia questo criterio ha il difetto di: 1) trascurare tutte le componenti non esprimibili in termini economici; e 2) non tiene in conto come avviene la distribuzione del reddito. Quest’ultimo e’ un problema assai complesso sul quale difficilmente si riesce ad impostare criteri di ottimizzazione soddisfacenti. Restando in ambito economico, tradizionalmente la misura della performance di un progetto e’ espresso, come gia’ detto, in termini di benefici netti conseguibili ed e’ chiamata funzione obiettivo. Nel nostro caso, i benefici netti (in termini di efficenza economica) misurano il contributo netto di un sistema di utilizzazione di risorse idriche al reddito nazionale, ossia la differenza fra il reddito nazionale dovuto dovuto all’output del sistema ed il reddito nazionale impiegato per la realizzazione e l’esercizio del sistema, salvo che per la eventuale differenza (positiva) dovuta al surplus (rendita) dei consumatori che utilizzano l’output come beni finali. Per una trattazione piu’ ampia degli aspetti generali legati alla definizione dei concetti ed obiettivi nella pianificazione delle risorse idriche si veda Maass & al., 1962 (pagg. 18-87). 26 4.1 La funzione obiettivo Assumiamo in generale che la funzione obiettivo (F O) del nostro intervento, detta anche funzione di utilita’ in ambito economico, sia del tipo: u = u(x, y) (28) ove x e’ il vettore di input ed y e’ il vettore di output che possono essere individuati nell’intervento. Una forma plausibile di u, limitandoci al caso lineare, puo’ essere: u(x, y) = X p j yj − j X pi xi (29) i dove la prima sommatoria indica i benefici e la seconda i costi attualizzati ed essendo pj e pi i relativi prezzi di mercato. Si noti che, comunque, la funzione obiettivo deve essere una funzione scalare perche’ deve consentire un completo ordinamento delle soluzioni alternative. Poiche’ ipotizziamo un mercato senza condizionamenti (mercato perfetto), la massimizzazione della F O porta alla verifica della efficenza economica (spesso chiamata ottimo paretiano), definita nei termini in cui ogni possibile ridistribuzione dei beni porta ad una diminuizione della produzione di almeno un bene, si potrebbe teoricamente prescindere dallo scrivere la F O in modo esplicito poiche’ basterebbero le sole condizioni differenziali ma, in pratica, cio’ non e’ vero poiche’ possono trovarsi diversi massimi locali ed inoltre devono essere confrontate singolarmente le soluzioni con le condizioni al contorno. Trascuriamo per il momento difficolta’ di definizione del problema che riguardano l’incertezza dovuta a fattori idrologici (gli input, cosi’ come certi output, possono essere variabili casuali) ed 27 economici (gli interventi di manutenzione possono essere variabili casuali). Si considerano, invece, input ed output che avvengono in diverse date nell’orizzonte temporale analizzato ed attribuiamo ad essi, coerentemente con quanto esaminato nel capitolo 2, i costi e benefici attualizzati. 4.2 La funzione di produzione I vettori delle variabili di input x e di output y sono legati tra loro dalla funzione di produzione: f (x, y) = 0 (30) Il concetto che sta alla base della definizione della funzione di produzione puo’ essere spiegato nel seguente modo: Se diamo ad x e ad y dei valori qualunque puo’ essere, ovvero puo’ non essere, possibile produrre y con x: nel primo caso siamo nella regione della fattibilita’ tecnologica, nel secondo caso no. Fra tutte le coppie (x, y) della regione di fattibilita’ tecnologica a noi interessano solo quelle efficienti (attenzione: concetto di efficienza tecnologica da non confondere con la efficienza economica). Esse sono quelle per cui a pari x forniscono un vettore y che ha ciascuna componente piu’ elevata di qualunque altra che puo’ ottenersi con x ovvero, viceversa, che a pari y richiedono le minime quantita’ di x. Il luogo dei punti che abbina (x, y) tecnologicamente efficienti fornisce la funzione di produzione. Come gia’ detto, trascuriamo in questo contesto le difficolta’ legate alla natura intrinsecamente stocastica della f (x, y) nel campo delle risorse idriche. Inoltre, parliamo di funzione di produzione a breve termine quando 28 l’installazione delle opere e’ definita ed e’ immodificabile nell’arco del tempo considerato (problema di gestione ottima); di funzione di produzione di lungo periodo quando le opere, almeno in parte, devono essere ancora eseguite (problema di pianificazione ottima). La funzione di produzione e’ utile sul piano concettuale anche se in pratica e’ assai difficile da definire in tutti i suoi aspetti soprattutto se l’intervento previsto si estende nel tempo con un flusso di input ed output difficilmente prevedibile in termini di date di realizzazione. Per fortuna le relative derivate parziali in punti di interesse si possono spesso determinare lo stesso, e’ cio’ e’ sufficiente per le analisi sulle variazioni marginali che devono essere eseguite. Nella Figura 1 e’ riportato, a titolo di esempio ed in forma grafica, il processo per la definizione della funzione di produzione per un sistema di approvvigionamento idrico . L’esempio e’ riferito ad un semplice schema dato da un singolo serbatoio da realizzare per approvvigionare una sola utenza, di tipo irriguo. La quantita’ di acqua che puo’ essere fornita all’irrigazione in ogni anno dipende, oltre che ovviamente dal regime degli input idrologici e dall’andamento temporale delle richieste (che si ipotizzano conosciuti), dalla capacita’ del serbatoio. Tale capacita’ del serbatorio, avendo prefissato la posizione della stretta nella quale sara’ realizzata la diga, dipende dall’altezza della diga secondo la relazione della curva di invaso data nella Figura 1.b. Sono inoltre definiti la tipologia costruttiva della diga e le relazioni del costo della diga in funzione della sua altezza (Figura 1.a). Tramite la regolazione dei deflussi, sia inoltre determinata la curva di possibilita’ di erogazione (Figura 1.c), ossia la quantita’ di acqua erogabile in ciascun anno in funzione della capacita’ del serbatoio. La Figura 1.d, fornisce la relazione dei costi di costruzione, espressi come funzione della capacita’ del serbatoio, Questa relazione puo’ 29 Figure 1: Relazioni funzionali per un semplice schema invaso - utenza irrigua 30 essere ottenuta semplicemente dalle precedenti ricavando l’altezza di diga corrispondente a ciascuna capacita’ del serbatoio ed il costo corrispondente a tale altezza. Ugualmente la Figura 1.e puo’ essere tracciata in base agli andamenti delle Figure 1.c ed 1.d. Quest’ultima figura rappresenta, appunto, la funzione di produzione per lo schema idrico in esame, infatti fornisce la relazione tra gli input (in questo esempio i costi di costruzione della diga) e gli output massimi ottenibili, espressi come volume d’acqua utilizzabile annualmente dall’utenza irrigua. In sintesi la funzione di produzione esprime i limiti tecnologici che esistono, in condizioni di massima efficenza tecnologica, per ottenere con fissati input gli output ottimali dal sistema. 4.3 Le condizioni di ottimalita’ marginale Fissata la funzione obiettivo e nota la funzione di produzione, il problema e’ quello di massimizzare la funzione obiettivo soggetto al vincolo della seconda: max u(x, y) s.t. f (x, y) = 0 (31) (32) Se entrambe le funzioni sono differenziabili si puo’ ricercare il massimo libero della Lagrangiana: max L = u(x, y) + λf (x, y) (33) dove λ sono i moltiplicatori da determinare. Indicati con xi (i = 1, ..., n) i fattori produttivi e con yj (j = 1, ..., m) i prodotti finali, le condizioni necessarie per ottenere il massimo sono: 31 ∂u ∂f = −λ (i = 1, ..., n) ∂xi ∂xi ∂f ∂u = −λ (j = 1, ..., m) ∂yj ∂yj f (x, y) = 0 (34) (35) (36) Da queste si deducono dividendo: ∂u ∂xi ∂u ∂yj ∂u ∂xi ∂u ∂xh ∂u ∂yj ∂u ∂yk = = = ∂f ∂xi ∂f ∂yj ∂f ∂xi ∂f ∂xh ∂f ∂yj ∂f ∂yk (37) (38) (39) dove i e h = 1, ..., n , mentre j e k = 1, ..., m . Si noti che relazioni del tipo di quelle precedenti se ne possono scrivere m + n − 1 indipendenti che assieme alla f (x, y) = 0 costituiscono un sistema completo per la determinazione delle m + n incognite: entita’ dei fattori produttivi e dei prodotti finali. Dal vincolo sulla funzione di produzione f (x, y) = 0 si ricava: ∂f ∂xi ∂f ∂yj ∂f ∂xi ∂f ∂xh ∂f ∂yj ∂f ∂yk = − ∂yj ∂xi (40) = − ∂xh ∂xi (41) = − ∂yk ∂yj (42) Sostituendo nelle precedenti (37), (38) e (39) si ottengono le condizioni sui vettori di input (fattori produttivi) ed output (prodotti) che massimizzano la funzione obiettivo: 32 ∂u ∂xi ∂u ∂yj ∂u ∂xi ∂u ∂xh ∂u ∂yj ∂u ∂yk = − ∂yj = −P Mji ∂xi (43) = − ∂xh = SSThi ∂xi (44) = − ∂yk = ST Pkj ∂yj (45) dove si e’ indicato: −P Mji : produzione marginale yj con variazione marginale di xi SSThi : saggio di sostituzione tecnica di xh con xi ST Pkj : saggio di trasferimento del prodotto yk ed yj Dalle precedenti espressioni si vede che se la funzione obiettivo indica la massimizzazione del reddito nazionale in condizioni di libero mercato perfettamente competitivo (ipotesi Paretiana, fondamentale per queste condizioni di ottimalita’) e se con yj ed xi si indicano i beni finali ed i fattori produttivi primari, allora il criterio di max (F O) garantisce la massima efficenza economica purche’ le risorse siano impiegate ed i beni siano prodotti rispettando gli stessi rapporti esistenti nel resto del contesto economico. Le espressioni precedenti si possono anche scrivere: CMi = P Mji BMj CMi = SSThi CMh BMj = ST Pkj BMk (46) (47) (48) ∂u dove con CMi si e’ indicato il costo marginale − ∂x mentre con i ∂u BMj il beneficio marginale ∂yj . 33 ∂u Si noti che CMi e’ uguale a ∂x con segno cambiato perche’ u i decresce con l’aumentare di xi , come risulta appunto nella funzione di utilita’ (28). Solo quando il problema e’ molto semplice si puo’ riuscire ad esprimere la F O in funzione di una sola variabile di input e riportare anche l’output in funzione di tale variabile attraverso la funzione di produzione. L’analisi di un tale caso puo’ pero’ essere utile dal punto di vista concettuale per illustrare il criterio di ottimalita’. Indicata con z la variabile, il problema si scrive: max {u(z)} = max {B(z) − C(z)} e quindi la condizione di ottimo si scrive: dB dz = dC dz → BMz = CMz che implica l’uguaglianza delle tangenti de lle curve B e C come illustrato nella figura (2). Come variabile di riferimento puo’ essere assunto lo stesso beneficio B o costo C che compendiano sia l’input che l’output. In tal caso il problema si scrive: dC max {B − C(B)} → 1 = dB max {B(C) − C} → dB dC = 1 che equivalgono alle scrittura precedente. Nel caso che z sia l’unico output del sistema si puo’ anche ricorrere alla rappresentazione classica usata in economia data nella figura (3) nella quale e’ rappresentata la curva dei costi marginali ed il valore costante dei benefici marginali. Nei casi in cui non e’ possibile compendiare i vettori x e y in una sola variabile, il che avviene di norma, occorre riferirsi ad un 34 Figure 2: Relazioni fra costi e benefici per un semplice serbatoio numero adeguato di equazioni differenziali (37),(38) e (39), oltre che alla funzione di produzione f (x, y) = 0. Una osservazione importante su questa trattazione, relativa ai criteri di ricerca della ottimalita’, riguarda il fatto che le condizioni di ottimalita’ marginali (46), (47), (48) sono condizioni necessarie ma non sufficienti per garantire l’ottimo assoluto nel raggiungimento dell’obiettivo dell’intervento pubblico, ossia il massimo della F O precedentemente definita. Nascono infatti dall’annullamento delle derivate prime della funzione di utilita’ e non ci garantiscono sull’esistenza di ulteriori massimi locali. L’analisi economica dovra’ essere quindi completata con ulteriori verifiche su queste eventualita’ volte ad accertare il raggiungimento dell’ottimo assoluto. 35 Figure 3: Costi e benefici marginali nel caso di singolo output 36 4.4 Alcuni semplici esempi Un solo serbatoio con un solo tipo di utilizzazione Si puo’ riprendere il caso visto precedentemente dell’unico serbatoio a scopo irriguo. Per semplificare ipotizziamo che i costi di gestione, manutenzione e sostituzione (costi OM R : Operating, Management, Replacement costs) siano trascurabili, che il costo di costruzione sia speso in un’unica soluzione all’inizio del periodo e che il flusso di benefici, in termini di prodotti agricoli, sia uniforme per tutto il periodo . Assunta una vita economica del progetto di T anni ed un tasso di interesse pari ad i, il valore attualizzato del flusso di benefici e’ dato dal prodotto del prezzo di mercato per la quantita’ prodotta annualmente, e quindi, ricordando la (12): 1 1 1 P = py 1 + + + ... + 2 T (1 + i) (1 + i) (1 + i) T (1 + i) − 1 = vpy = py T i(1 + i) (49) (50) Si noti che, per semplificare l’esempio, p e’ da intendersi depurato dalle eventuali spese per produrre y ed inoltre si ipotizza che il prodotto sia unico, ovvero, piu’ realisticamente, che si consideri una composizione percentuale media e fissa dei beni effettivamente prodotti. Se si considera la capacita’ del serbatoio x come unica variabile che puo’ compendiare tutti i fattori di input, la condizione di ottimo si scrive: max (vpy − C(x)) s.t. f (x, y) = 0 37 (51) (52) Se e’ nota la C(x) la funzione di produzione potra’ essere determinata tramite la curva di possibilita’ di erogazione (si veda in proposito la Figura (1) e stavolta esprimera’ il legame tra la capacita’ del serbatoio x ed il volume erogabile annualmente y. La condizione di ottimo porta, come gia’ visto, alla coincidenza di benefici e costi marginali: CM dB dC dx dC → = → vp = PM dy dx dy dy Come gia’ era stato mostrato nelle Figure precedenti. BM = (53) Un solo serbatoio con due tipi di utilizzazione L’argomento e’ del tutto analogo a quello della teoria dell’impresa nel caso di due prodotti congiunti. La funzione di produzione sara’ del tipo: f (y1 , y2 , x) = 0 che si puo’ rappresentare con gli isoquanti di equazione x = cost sul piano (y1 , y2 ), come indicato schematicamente nella Figura (4). Con semplificazioni analoghe alle precedenti possiamo scrivere che la condizione di ottimo cercata e’: max (vp1 y1 + vp2 y2 − C(x)) s.t. f (y1 , y2 , x) = 0 (54) (55) essendo y1 ed y2 i prodotti, p1 e p2 i relativi prezzi ed x la capacita’ del serbatoio. La terza delle condizioni differenziali (49) scritte precedetemente impone: 38 Figure 4: Isoquanti (x = cost.) ottenuti dalla funzione di produzione. ∂y2 BM1 = ST P21 = − BM2 ∂y1 ossia, nel nostro caso, che risulti: vp1 p1 ∂y2 = =− vp2 p2 ∂y1 (56) (57) Basta quindi determinare i punti delle singole curve degli isoquanti ove cio’ si verifica. L’insieme dei luoghi ove cio’ si verifica, al variare di x, solitamente viene definito percorso di espansione del progetto. In ciscun punto del percorso di espansione la pendenza dell’isoquanto sara’ pari a pp21 sara’ a B = cost. = p1 y1 + p2 y2 che e’ al pendenza della retta che rappresenta il saggio di trasformazione del prodotto. Per prefissate x la curva di espansione φ(y1 , y2 ) rappresenta la sequenza di stati ottimi in relazione alla ripartizione del prodotto tra y1 ed y2 . 39 Possiamo individuare la situazione di ottimo globale scegliendo come variabile di riferimento y1 o y2 , x, B o C come nel caso precedente, legate comunque tra loro dalla relazione fornita dalla curva di espansione ottima φ(y1 , y2 ). Scegliamo, ad esempio x: allora si avra’ B(y1 , y2 ) = B(x) tramite le f (y1 , y2 , x) = 0. La soluzione si ottiene considerando le equazioni differenziali non utilizzate precedentemente; la prima per esempio si scrive: dC ∂B ∂y1 dB CM = P M1 → = = BM1 dx ∂y1 ∂x dx (58) Due serbatoi con un solo tipo di utilizzazione Con semplificazioni analoghe alle precedenti possiamo scrivere per la ricerca della condizione dell’ottimo: max (vpy − C(x1 , x2 )) s.t. f (x1 , x2 , y) = 0 (59) (60) essendo x1 ed x2 le capacita’ dei due serbatoi. Questa situazione si puo’ rappresentare con gli isoquanti a produzione costante y = cost sul piano (x1 , x2 ) come indicato nella Figura (5). La seconda delle equazioni differenziali (48) richiede che CM1 = SST21 → CM2 ∂C ∂x1 ∂C ∂x2 =− ∂x2 ∂x1 calcolate con la funzione di produzione f (x1 , x2 , y). 40 (61) Figure 5: Isoquanti (y = cost.) ottenuti dalla funzione di produzione. Sullo stesso piano (x1 , x2 ) possiamo riportare le curve a C = cost. per le quali si avra’: ∂C ∂x1 ∂C ∂x2 =− dx2 dx1 (62) stavolta calcolato tramite la funzione di costo C(x1 , x2 ). La condizione precedente e’ quindi rispettata nei punti di tangenza fra le famiglie di curve C = cost e y = cost il cui luogo determina ancora il percorso di espansione del progetto. Ciascuna coppia (x1 , x2 ) lungo il percorso di espansione individua, tramite la funzione di produzione, un valore di y e, tramite la funzione di costo, il valore di C corrispondente. Si puo’ quindi tracciare la C(y) che avra’ qualitativamente l’andamento riportato nella figura (6). Dalla figura si evidenzia che la condizione di ottimo corrisponde 41 Figure 6: Livello ottimo di output per l’esempio di due serbatoi ed una utilizzazione. alle relazioni differenziali prima non utilizzate: CM1 = P M1 → BM ∂C ∂x1 dB dy ∂y dB ∂C ∂x1 ∂C dC → = vp = = = ∂x1 dy ∂x1 ∂y ∂y dy (63) essendo possibile esprimere C = C(y) come gia’ detto. = A conclusione dell’esame di questi semplici esempi, si noti che quando il beneficio non viene valutato in termini di prodotti finali, come nei casi precedentemente illustrati, occorre fare molta attenzione alla formulazione della FO. Relativamente al caso di un solo serbatoio ed un solo tipo di utilizzazione, ad esempio, e’ assai piu’ comodo riferirsi al quantitativo d’acqua erogato (prodotto) annualmente, che e’ un bene intermedio, piuttosto che ai beni finali sopratutto perche’ questa e’ una unica grandezza di riferimento. 42 La difficolta’ cosi’ eliminata si ritrova pero’ quando deve essere definito il prezzo dell’acqua perche’ questo puo’ essere ricavato solo indirettamente (non esiste infatti un reale mercato dell’acqua) sulla base della quantita’ e dei prezzi dei beni che l’acqua produce. Comunque si considerino le variabili di riferimento il beneficio dovra’ sempre essere valutato in modo che lo stesso esprima correttamente il valore di mercato dei beni finali conseguenti alla realizzazione del progetto. Questo problema e’ evidentemente direttamente connesso a quanto detto inizialmente sulle condizioni necessarie affinche’ l’obiettivo dell’efficenza economica coincida con quello di massimizzare il reddito nazionale. Si noti che anche se finora l’argomento e’ stato evidenziato solo per gli outputs, problemi analoghi possono sorgere anche per quel che riguarda le variabili di input. Relativamente alla forma delle curve di isoquanto degli esempi precedenti, e’ interessante notare che essa e’ legata al fatto che i due settori di utilizzazione siano competitivi o complementari rispetto all’uso dell’acqua. Sono competitivi quando si escludono a vicenda (per es.: uso irriguo ed uso industriale); sono complementari quando sono perfettamente compatibili ed usano quindi la stessa acqua. In realta’ questo secondo caso non succede mai perfettamente e da cio’ deriva la forma delle curve di isoquanto che sono chiaramente legate all’entita’ del saggio di trasformazione dei prodotti ST Pij . 43 Figure 7: Schematizzazione del sistema a rischio di piena analizzato. 4.5 Una applicazione dei concetti di base e dei criteri di ottimalita’ Si considera il sistema schematizzato nella Figura 7 costituito dai serbatoi A e B potenzialmente realizzabili e da un tratto di corso d’acqua che potrebbe essere sistemato con arginature. Tutte le opere possono essere realizzate allo scopo di di proteggere un’area valliva dal rischio di inondazione. Per quanto riguarda la definizione della funzione di produzione si osserva che la sua formulazione si puo’ ottenere in due passi successivi: 1) con il primo si esprime la relazione tra input (fattori produttivi) e le dimensioni delle opere; 2) col secondo la relazione tra le dimensioni delle opere e gli output del sistema (portate). La prima fase riguarda una questione squisitamente ingegneristica e puo’ essere risolta compendiando i risultati nella funzione di costo delle opere che possono essere realizzate. 44 La seconda fase e’ piu’ complessa e la relazione che si puo’ ottenere di norma ha un carattere probabilistico legato alla natura stocastica degli inputs idrologici. Nel caso in esame le capacita’ dei serbatoi di laminazione hanno la funzione di accumulare una parte dei volumi di piena riducendo le portate al colmo che defluiscono a valle della diga in modo tale che tali deflussi possono comunque transitare nell’alveo di valle entro una struttura adeguata ad evitare rischi di esondazione. Data la natura degli eventi di piena si dovra’ fare uso di relazioni di tipo probabilistico che legano le portate al colmo col tempo di ritorno ipotizzabile per tali eventi. Per quanto riguarda le relazioni di ottimalit´a marginale, da utilizzare per ricavare la combinazione delle variabili che fornisce la configurazione ottima delle opere in progetto, nella massimizzazione dei benefici netti si dovr´a considerare, in primo luogo, la relazione differenziale (47) illustrata precedentemente che mette in relazione il rapporto tra i costi marginali con il saggio di sostituzione tecnica dei fattori produttivi: CMi = SSThi CMh (64) In questa situazione la configurazione delle variabili di progetto massimizza il beneficio netto del sistema garantendo i livelli di protezione ottimale per l’area in esame. Successivamente i costi marginali del sistema saranno messi a raffronto con i rispettivi costi per determinare la combinazione ottimale nelle dimensioni delle strutture ed il livello ottimale di protezione dalle piene. Poiche’, come gia’ detto, la funzione di produzione ha sostanzial45 mente caratteristiche di tipo stocastico, tale sara’ anche la funzione obiettivo e pertanto si usera’ il concetto di valore atteso annuo dei benefici netti. Questi saranno ricavati sulla base della valutazione dei benefici lordi e dovranno essere intesi come riduzione dei danni conseguenti agli eventi di piena, attesi con una certa probabilita’ di accadimento, a seguito alla realizzazione delle opere di invaso e di difesa arginale, e dei costi di realizzazione delle stesse opere. Dati di base Nella tabella seguente e’ riportata l’entita’ delle portate al colmo in funzione dei tempi di ritorno, delle probabilita’ di superamento, ovvero di non superamento, degli eventi di piena per i siti A, B e C. Si ricorda che la relazione tra tempi di ritorno, probabilit´a di superamento e non superamento la seguente: Ps = 1/Tr ; Pns = 1 − 1/Tr Si noti che mentre B e’ prossimo a C, A e’ notevolmente piu’ a monte sicch´e e’ necessario tener conto del contributo dovuto dal bacino residuo compreso tra le sezioni A e C. Tempo di ritorno (anni) 100 20 10 5 Probabilita’ di superam. (%) 1 5 10 20 Probabilita’ di non super. (%) 99 95 90 80 Serb.A Q Serb.B Q Tratto A-C Q Sezione C Q 20.00 16.00 18.00 10.00 15.00 12.00 9.00 7.50 4.00 3.20 2.40 2.00 31.00 24.80 18.60 15.50 Per semplicit´a si e’ assunto che il colmo in C sia pari al 60% del colmo in A piu’ il colmo in B piu’ il contributo del tratto A-C. Si e’ assunto inoltre che i colmi si riferiscano allo stesso evento ed avvengano quindi contemporaneamente. Questa assunzione e’ molto semplicistica, in realt´a le relazioni fra l’entita’ degli eventi e la loro probabilita’ in diverse localita’ sono 46 Figure 8: Distribuzione probabilistica (probabilita’ di superamento) della portata al colmo in C. assai piu’ complesse come sono pure piu’ complesse le modificazioni che subisce un’onda di piena lungo un tratto d’alveo. La definizione di queste grandezze e’ conseguente allo studio idrologico ed alla simulazione idraulica del deflusso nei corsi d’acqua. Sulla base dei dati sopra riportati e’ possibile costruire la curva di distribuzione probabilistica della portata al colmo in C riportata nella Figura 8 in termini di probabilita’ di superamento. I costi capitale dei serbatoi A e B e della sistemazione dell’alveo sono riportati nelle Figure 9 e 10 in funzione delle dimensioni delle opere. La sistemazione dell’alveo consiste nella esecuzione di lavori che consentono il deflusso di portate piu’ elevate, in particolare: rivestimento delle sponde, innalzamento degli argini, allargamento della sezione mediante dragaggio, ecc. I costi di gestione, manutenzione e rinnovamento si assumono proporzionali ai costi capitale e pari al 0.25% per i serbatoi e 2% 47 Figure 9: Costi capitale per la realizzazione dei serbatoi A e B. per le sistemazioni d’alveo. Come gia’ detto, i benefici devono essere intesi come riduzione dei danni. Pertanto, per la valutazione dei benefici occorre associare a ciascun valore della portata di piena, o della relativa probabilita’, la corrispondente entita’ del danno conseguente. Questa relazione e’ schematizzata nella Figura 11 con riferimento alla situazione antecedente alla realizzazione delle opere. Dalla curva risulta, ad esempio, che c’e’ una probabilita’ del 40% che i danni ammontino almeno a 100.000 dollari nell’anno in media ed una probabilita’ del 10% che siano almeno pari a 190.000 dollari all’anno in media. I danni sono nulli per piene con Ps ≥ 50%, ossia la piena, nelle condizioni d’alveo antecedenti l’intervento, non esonda fino a eventi con probabilita’ Ps = 50%, che implica Tr = 2 anni. L’area sotto la curva ´e pari al valore atteso del danno: E(D) = Z 1 0 48 Ds dPs (65) Figure 10: Costi capitale per la sistemazione dell’alveo. Figure 11: Curva di probabilita’ del danno medio annuo (valore atteso) in condizioni antecedenti alla realizzazione delle opere. 49 Nella espressione (65) si ´e indicato con D il danno, valutato in termini economici, che si ha in corrispondenza delle probabilit´a di accadimento dell’evento di piena cui corrisponde Ps . L’espressione precedente si pu´o anche modificare: E(D) = Z ∞ 0 Ps dDs (66) Nei calcoli pratici si lavora per intervalli di tempi di ritorno: Tr1 , Tr2 ... cui corrispondono probabilit´a di superamento: Ps1 = 1/Tr1 , Ps2 = 1/Tr2 ... e l’espressione (65) si modifica nella seguente: E(D) = X [(Diinf + Disup )/2] [(1/Trinf ) − (1/Trsup )]i (67) i=1,N nella quale Trinf e Trsup sono i valori del tempo di ritorno dell’estremo superiore e inferiore dell’intervallo di calcolo del danno atteso Di . Nel caso in esame si assume che la misura del valore atteso (valore medio annuo) del danno sia pari a 72.000 dollari. Inoltre, nell’esempio in esame la funzione di produzione deve essere intesa come la relazione che lega la portata di piena yc , che e’ attesa con un certo tempo di ritorno, quando la stessa si pu´o ritenere controllata completamente dal sistema (alla quale corrisponde quindi un danno nullo) a seguito delle ipotesi sulla dimensione dei serbatoi xa e xb e la dimensione delle opere di sistemazione dell’alveo xc . Formalmente: f (yc , xa , xb , xc ) = 0 (68) Come valore di xc si puo’ assumere la portate che pu´o transitare nell’alveo regolarizzato senza causare danni. Nel seguito, per poter effettuare le rappresentazioni grafiche si considerera’ yc come parametro che assume i quattro valori specificati nella tabella precedente in funzione dei tempi di ritorno e delle 50 Figure 12: Curve di uguale costo capitale per la costruzione dei serbatoi A e B. probabilita’ conseguenti. Sicch´e, per ciascun valore del parametro yc , la funzione di produzione resta funzione delle sole tre variabili di progetto xa , xb e xc . Eventualmente al valore di xc si puo’ anche sostituire, come riferimento, la riduzione effettuata da monte sulla portata al colmo che transita a valle, ossia: y = yc − xc , ovvero: yc = xc + y. Combinazione di minimo costo dei serbatoi Come nel semplice esempio visto nel paragrafo precedente, nella Figura 12 sono riportate le curve, a capitale costante, relative alla costruzione dei due serbatoi A e B. Queste curve si ricavano semplicemente da quelle di costo gia’ date nella Figura 9. I costi di gestione non si riportano in quanto si e’ assunto che siano proporzionali al costo di costruzione e non modificano pertanto la pendenza (ossia i valori marginali) delle curve. 51 Ciascuna curva rappresenta tutte le combinazioni di capacita’ dei due serbatoi che determinano il medesimo costo complessivo. La costruzione di queste curve rappresenta, praticamente, la prima fase nella costruzione della funzione di produzione della quale si e’ detto precedentemente. Assunta, come gi´a detto, come variabile di riferimento la riduzione di portata al colmo y alla sezione di confluenza C, e’ necessario ora tracciare sullo stesso piano di Figura 12 le curve che forniscono per ciascun evento di piena con portata yc tutte le combinazioni di capacita’ che danno luogo alla stessa riduzione y nella portata (ossia la rappresentazione degli isoquanti in y della funzione di produzione con parametro yc ). Si ottiene pertanto una famiglia di curve in y per ciascun evento yc di probabilita’ Ps assunta precedentemente pari a 1, 5, 10 e 20%. Nelle Figure 13 sono riportate tali curve di isoquanto in y al variare della’ probabilit´a dell’evento yc . Per ottenere queste curve e’ necessario simulare il comportamento del sistema, utilizzando una la tecnica di simulazione che esamineremo pi´ u in dettaglio nei prossimi capitoli. Nel far questo considereremo diverse combinazioni di capacita’ dei serbatoi considerando separatamente i quattro eventi di piena yc che abbiamo assunto precedentemente. Si noti che a tale scopo occorre avere gli idrogrammi di piena naturale che defluiscono nelle sezioni A, B e nel bacino residuo CA; laminare i primi due idrogrammi attraverso i serbatoi e calcolare la portata di piena in C secondo le ipotesi semplificate gia’ illustrate precedentemente. Sovrapponendo a ciscuna famiglia di curve di equi-riduzione della portata y, la famiglia di curve di uguale costo, date sullo stesso piano di riferimento (xa , xb ), si possono ottenere i punti di tangenza 52 Figure 13: Curve di uguale costo e Isoquanti di uguale riduzione della portata di picco y con riferimento alle diverse probabilita’ degli eventi di piena (1, 5, 10, 20%). 53 tra le due famiglie di curve, riportati anch’essi nelle Figure 13, che soddisfano contemporaneamente sia le condizioni differenziali di ottimalit´a (equivalenti al semplice esempio gia’ illustrato nel paragrafo precedente dei due serbatoi ed un prodotto), ∂xb CMa = SSTba = − (69) CMb ∂xa sia la condizione di ottimalit´a tecnologica della funzione di produzione : La pendenza dalla espressione precedente dovr´a quindi ∂xb eguagliare la pendenza ∂x delle curve di isoquanto date dalla funa zione di produzione. Si badi che alcune coppie di capacita’ derivano da soluzioni di frontiera, ossia non esiste nel campo un punto di tangenza fra le due curve. In tali casi, ovviamente, non valgono le condizioni differenziali. In effetti le curve a tratteggio della Figura 13 sono ottenute per successivi tentativi, tracciando le curve di isocosto piu’ fittamente, ove necessario. La sovrapposizione effettiva delle figure nel caso di P = 1% e’ riportata a titolo d’esempio nella Figura 14. L’insieme dei punti di tangenza rappresentano, per ogni livello di probabilita’ P , il percorso di espansione ossia la combinazione di capacita’ dei due serbatoi che fornisce il livello di riduzione di piena y al minimo costo . La Tabella riportata nella Figura 15 riporta sommariamente i risultati ottenuti. L’ultima colonna in questa tabella riporta i valori medi annui del costo dei serbatoi calcolato in base al costo capitale e ad un periodo d’ammortamento di 50 anni al tasso del 2.5% ed incrementato dei costi di gestione, manutenzione, ecc., posti pari allo 0.25% del costo capitale. 54 Figure 14: Curve di ugual costo (linea a tratti) e curve di uguale riduzione di piena (linea continua) nel caso di evento con proababilita’ di superamento pari all’1%. Si nota che in questo caso sono stati utilizzati i costi annui ottenuti per ammortamento anziche’ considerare il valore attuale dei benefici. Poiche’ si considera un flusso annuo di benefici e di costi di gestione uniforme, le due formulazioni su base annua o su base attuale sono in questo caso perfettamente equivalenti, come e’ facile verificare. In generale conviene pero’ adottare di norma i valori attualizzati onde evitare inutili complicazioni e poter considerare flussi differenziati annualmente. 55 Figure 15: Tabella per la ricerca della combinazione di minimo costo dei serbatoi A e B (valori sulle curve di espansione ottima). 56 Combinazione di minimo costo del sistema con serbatoi e con sistemazione alveo Per ciascun evento di piena con probabilita’ di superamento Ps si possono ora costruire le curve che che rappresentano il costo annuo dell’intervento relativo ai serbatoi in funzione della portata massima residua in C, xc . Tali curve sono contrassegnate con la lettera a nelle Figure 16 che rappresentano le situazioni con Ps = 1, 5, 10, 20% . Sulle stesse Figure 16, contrassegnate con la lettera b, sono anche tracciate le curve di costo annuo relative alla sistemazione dell’alveo che consente di convogliare la portata residua xc senza alcun danno a valle della sezione C. Queste curve sono direttamente ottenute dalle curve di costo capitale di Figura 10 in base ad un periodo di ammortamento delle opere di 50 anni, un tasso di interesse del 2.5% ed un costo di gestione pari al 2% del costo capitale. Il costo congiunto dei serbatoi e della sistemazione in funzione della portata residua xc e’ riportato anch’esso nelle Figure citate ed e’ indicato con la lettera c. Il valore del minimo costo complessivo si ottiene immediatamente da questo grafico per ciascun valore Ps della probabilita’ di superamento degli eventi di piena considerati. Tale valore di minimo costo complessivo soddisfa, come e’ logico, la condizione differenziale richiesta. Infatti, posto C = Cs + Cc , dove con Cs si indica il costo dei serbatoi, con Cc il costo della sistemazione e con C il costo totale, e ricordando che in base alle elaborazioni precedenti possiamo esprimere Cs in funzione dell’unico parametro di progetto y uguale alla riduzione della portata di piena in C, ed ancora che si ha: y = yc − xc , con yc come parametro (ovvero la relativa probabilita’), la relazione differenziale fra i costi marginali dei due tipi di opere: 57 Figure 16: Combinazione di minimo costo dei serbatoi (a), di sistemazione dell’alveo (b) e congiunta (c) in funzione della portata di piena residua nel caso dell’evento con probabilita’ dell’1%, 5%, 10% e 20%. 58 ∂xc CMs = SSTcs = − CMc ∂y della f.d.p. (70) diventa: ∂Cs ∂y ∂Cc ∂xc → ∂Cc ∂Cs = ∂y ∂xc ∂xc =1 → ∂y ∂Cs ∂Cc → =− ∂xc ∂xc =− (71) (72) che equivale ad esprimere il minimo del costo complessivo C = Cs + Cc rispetto a xc . Questo risultato, peraltro, e’ del tutto scontato perche’ sappiamo dall’analisi economica che la condizione di massimo profitto implica la condizione di minimo costo a parita’ di output (ossia di beneficio). L’insieme delle combinazioni xa , xb , xc che forniscono per ogni portata di piena yc la soluzione di minimo costo, rappresenta ancora, ma questa volta con riferimento a tutte e tre le variabili di progetto, il percorso di espansione del progetto, ossia il luogo dei punti che rappresentano le configurazioni entro le quali va ancora ricercata quella di ottimo assoluto. Il problema a questo punto sarebbe risolto se fosse imposto il tempo di ritorno Tr dell’evento critico. In tal caso non siamo, tuttavia, in un mercato perfetto di tipo paretiano. La soluzione ottima Occorre a questo punto ricavare la funzione che rappresenta i benefici lordi del progetto. Questi sono equiparati, per definizione, alla differenza fra il valori attesi del danno in presenza di opere di protezione o in assenza di esse. I benefici restano quindi definiti 59 Figure 17: Curva di frequenza del danno di piena in condizioni naturali e con controllo completo della piena con probabilita’ del 20%. come riduzione del valore atteso del danno, valutati rispetto a quelli attesi precedentemente la realizzazione del progetto. Come variabile di riferimento dell’output consideriamo ancora la portata massima yc per la quale il sistema di opere garantisce la protezione completa. La Figura 17 si riferisce alla situazione che corrisponde all’evento di piena con probabilita’ P = 20%. Nella stessa Figura 17 e’ riportata sia la curva di Figura 11 sia la curva che rappresenta il danno residuo annuo in funzione della relativa probabilita’ quando le opere garantiscono la piena protezione (danno nullo) per l’evento di piena con P = 20%. Tale seconda curva puo’ essere ricavata con gli stessi metodi gia’ indicati per ricavare la curva di Figura 11, utilizzando entit´a delle portate di piena ridotte grazie alla presenza degli invasi di monte ed esondazioni limitate grazie alla presenza degli argini a valle. 60 La riduzione del valore atteso del danno e’ data dall’area compresa fra le due curve. Di questa, la parte a tratteggio incrociato indica la parte di danno eliminato completamente dalle opere, mentre l’altra, punteggiata, rappresenta la quota di danno ridotto grazie alla presenza delle opere di difesa dalle piene. L’area al di sotto della parte piu’ interna, in chiaro, e’ ovviamente la quota residua non eliminata dalle opere. Nello specifico quest’ultima vale 23.000 dollari per anno e, conseguentemente, il beneficio lordo, corrispondente alla riduzione del danno, vale 72.00023.000=49.000 dollari per anno. Valutazioni analoghe per le piene con P = 1, 5, 10% conducono a valori del beneficio lordo pari rispettivamente a 70.000, 67.000 e 60.000 dollari per anno. La curva dei benefici lordi medi annui cosi’ determinata e’ riportata in Figura 18 assieme a quella dei costi medi annui di intervento, dedotta dalle Figure 16, in funzione dell’entita’ dell’evento di piena per il quale si ha protezione completa. La soluzione corrispondente al massimo valore dei benefici netti medi annui e’ quella indicata nella Figura 18 e coincide con l’uguaglianza delle derivate prime delle due curve: ∂B ∂C = ∂yc ∂yc (73) La soluzione indica come livello ottimale di realizzazione delle opere di protezione quello che corrisponde al valore della portata di piena attesa alla sezione C: yc = 16.3 103 (cuf t/s) al quale corrisponde un costo di realizzazione delle opere di 22.250 dollari per anno, un beneficio lordo di 53.500 dollari per anno ed un beneficio netto di 31.250 dollari per anno. 61 Figure 18: Determinazione della dimensione ottima dell’intervento. Questa piena di progetto corrisponde al livello di probabilit di superamento Ps = 15% come risulta dalla Figura 8 data precedentemente. Nelle Figure 19 e 20 sono riportate, per il corrispondente valore di y ricavato dalle curve di espansione ottima, le curve analoghe a quelle gia’ viste nelle Figure 13 e 16 che consentono di specificare la portata di dimensionamento della sistemazione dell’alveo pari a 9.0 103 cuf t/s (Figura 20) e le capacita’ dei due serbatoi pari a 0.7 103 acref t per il serbatoio A e 2.5 103 acref t per il serbatoio B (Figura 19) per una riduzione di portata pari a 16.5 − 9.0 = 7.5 cuf ts. I costi relativi si possono desumere dalle stesse figure e sono riassunti nella Tabella contenuta nella Tabella seguente. 62 Figure 19: Individuazione delle dimensioni ottime dei serbatoi. Figure 20: Individuazione della dimensione ottima della sistemazione dell’alveo. 63 SOLUZIONE OTTIMA DEL PROBLEMA opera in progetto Capacita’ Serbatoio A Serbatoio B Sistemazione Totale Costo capitale 0.7 2.5 - 90.00 360.00 100.00 550.00 64 Costo medio annuo 3.35 13.40 5.50 22.25 5 5.1 Le opere idrauliche per l’utilizzazione della risorsa idrica Premessa Per l’utilizzazione dell’acqua e’ in genere necessario che essa sia prelevata dal suo ambiente naturale, che ne sia eventualmente regolata la sua disponibilita’ nel tempo, che ne vengano migliorate, se necessario, le caratteristiche di qualita’ per renderla adatta agli usi e che sia trasferita verso i centri di utilizzo e quindi distribuita all’utenza. Gli usi della risorsa idrica possono essere suddivisi nelle seguenti tipologie: - potabile e civile; - irrigazione; - industriale; - produzione di energia; - navigazione interna; - pesca; - usi ricreativi ed ambientali. Le opere idrauliche che consentono queste utilizzazioni dell’acqua possono essere raggruppate nelle sequenti categorie: - opere di presa e derivazione (da sorgenti, da acque profonde, da acque superficiali); - opere di invaso (di regolazione); - opere di trasporto (canali, gallerie, condotte); - opere di trattamento (potabilizzazione, depurazione); 65 - opere di distribuzione (acquedotti ad usi civile, industriale, irriguo); - opere di raccolta e dreno (fognature e bonifiche); Oltre queste opere, strettamente legate alle utilizzazioni, e’ spesso necessario eseguire altre costruzioni idrauliche quali le opere di sistemazione fluviale, di protezione da esondazione per eventi di piena, ecc. che sono comunque necessarie per una corretta gestione della risorsa. Di seguito saranno esaminate le principali opere necessarie per l’utilizzo e la gestione della risorsa idrica. 66 5.2 Captazione delle sorgenti Con molta cautela si dovra’ effettuare l’opera in corrispondenza della scaturigine geologica della sorgente che in genere e’ ricoperta da detriti di falda che dovranno essere rimossi. Preventivamente alla esecuzione delle opere si dovra’ effettuare una campagna di misura della portata effluente in modo da valutare correttamente la risorsa. Anche durante i lavori e’ opportuno continuare ad effettuare queste misure e verificare la continuita’ del deflusso con l’avanzamento dei lavori. I lavori sulle sorgenti devono essere effettuati con estrema cautela e sotto continua sorveglianza. Spesso e’ necessario adattare l’opera di presa alla conformazione del sito di scaturigine. Il bottino di presa dovra’ essere ben incassato nella roccia (v. Figura 1), le acque saranno convogliate in una vasca che deve essere completamenre chiusa e protetta in modo che nessun animale possa penetrarvi. L’accesso all’opera di presa deve essere consentita al solo personale addetto alla sorveglianza e controllo delle opere. La vasca potra’ essere semplice o consistere di piu’ elementi che potranno trattenere sabbia o altro materiale che l’acqua sgorgante puo’ trascinare (vasca di calma e di sedimentazione); una seconda vasca (vasca di misura) puo’ essere disoposta in modo da facilitare la misura con stramazzo dell’acqua che viene prelevata. Una terza vasca puo’ contenere le luci di presa (vasca di presa) dalle quali ha origine l’opera di convogliamento dell’acqua. L’insieme di queste vasche dovranno comunque avere: gli scarichi di fondo, scarico di troppo pieno, presa, dispositivo di misura. Il dispositivo di misura nelle grandi captazioni dovra’ essere dotato di apparecchio registratore e potra’ essere effettuato, oltre che con lo stramazzo in vasca, anche con un venturi posto nel primo tratto di 67 Figure 21: Opera di presa da sorgente con camera semplice. 68 tubazione, dispositivi magnetici, ecc.. Le vasche non occorre che abbiano grandi dimensioni perche’ non devono assumere funzioni di riserva o di compenso. Il dimensionamento delle prese da sorgente viene effettuato sulla base della portata assicurata anche nei periodi con assenza di afflussi ed in genere per la portata di magra ordinaria. Deve quindi essere sempre agevole allontanare con uno sfioratore la portata in sovrappiu’ rispetto a quella da derivare. Le vasche saranno rivestite ed impermeabilizzate internamente. Solai e volte saranno impermeabilizzate anche esternamente in modo da impedire infiltrazioni di acque superficiali. A questo fine sara’ anche necessario predisporre intorno alle opere di presa una zona di protezione che deve comprendere tutta l’area dalla quale possono provenire acque che raggiungono la presa per infiltrazione superficiale. 69 Figure 22: Opera di presa da sorgente. 70 5.3 Captazione da falde La captazione da falde viene in genere eseguita tramite le trincee o gallerie filtranti ed i pozzi. Le gallerie filtranti si costruiscono nelle falde freariche superficiali appoggiando la platea, possibilmente, su un terreno impermeabile e costruendo la spalla a monte (o anche entrambe) drenanti realizzate con muro di pietrame a secco o con feritoie (v. Figura 3) Se l’andamento ororgrafico del terreno non consente che la galleria filtrante venga prolungata fino a raggiungere la superficie all’aperto, e’ necessario disporre all’estremita’ una vasca (detta anche pozzo) nella quale verranno collocate le pompe atte a ricondurre l’acqua ad una vasca in quota dalla quale partiranno le condotte. Spesso le gallerie si usano per captare falde subalvee ed in tal caso si disporranno parallelarmente al corso d’acqua. Non e’ semplice calcolare a priori la lunghezza della galleria filtrante per poter captare una certa portata. In genere si effettuano misure in corso d’opera per verificare quanto viene derivato dall’opera. La captazione con pozzi puo’ essere eseguita con pozzi di grande diametro in muratura eseguiti realizzando lo scavo sino alla falda freatica e poi murando, ovvero costruendo una canna muraria che si fa lentamente affondare scavando al suo interno pozzi autoaffondanti. Questi ultimi devono avere un anello di base molto resistente in genere realizzato in cemento armato. Quando la profondita’ del pozzo e’ notevole si ricorre a pozzi perforati che si eseguono con apposite macchine che possono essere di diverso tipo: sonde a percussione; sonde a rotazione con circolazione d’acqua; sonde miste a rotazione e percussione; sonde a rotazione con circolazione di fango. Il sistema piu’ usuale e’ quello a rotazione e circolazione d’acqua che consente di raggiungere profondita’ anche superiore ai 500 m, di effettuare perforazioni anche non verticali e 71 Figure 23: Gallerie e sollevamento per presa da falda. 72 tempi di esecuzione sufficientemente rapidi. Fino a 100 m si possono eseguire perforazioni anche col solo metodo a percussione. Il pozzo viene normalmente tubato con tubi di acciaio trafilato o saldato collegati fra loro per mezzo di un bicchiere o di un manicotto. Una volta trivellato si dovra’ provvedere alla sistemazione definitiva del pozzo sistemando i filtri (v. Figura) ed effettuando la cementazione tra la colonna di perforazione e la colonna definitiva, ovvero tra tubazione e parete di scavo del pozzo. Se la falda non e’ artesiana, ovvero non risale almeno fino alla quota del terreno e’ necessario inserire all’interno del pozzo la pompa. Normalmente oggi si utilizzano pompe centrifughe chiuse in carter insieme al motore che mantengono dimensioni tali da poter essere inserite entro il tubo. 73 Figure 24: Pozzo per presa da falda. 74 Figure 25: Derivazione di acque superficiali con sollevamento. 5.4 Captazione di acque superficiali Il prelievo di acque superficiali puo’ avvenire ad acqua fluente, se la portata da derivare e’ minore della portata di magra del fiume, ovvero da un invaso se e’ necessario regolare i deflussi per assicurare la possibilita’ del prelievo. Nel primo caso sara’ sufficiente realizzare una traversa nel fiume che costituisce un piccolo sbarramento che ha solo il compito di determinare un rigurgito nella corrente in modo da assicurare un carico sufficiente sulla luce di presa anche durante i periodi di magra del fiume. Si dovra’ verificare che l’innalzamento della corrente non determini problemi in occasione di eventi di piena. In alcuni casi si potranno realizzare traverse con paratoie che consentono di agevolare il deflusso in occasione di tali eventi. La derivazione avviene in genere a lato dell’opera di sbarramento secondo lo schema dato in Figura. Una griglia proteggera’ sempre la camera di presa ed una paratoia permettera’ di isolarla. 75 Figure 26: Traversa per derivazione ad acqua fluente . Quando e’ necessario regolare le acque superficiali per assicurare un volume a disposizione nei periodi di magra si costruiscono sbarramenti piu’ importanti: dighe. Di queste parleremo piu’ diffusamente nei paragrafi seguenti. Le dighe determinano un invaso dal quale avviene il prelievo. Nel derivare le acque del lago occorre tenere presente che le acque superficiali sono meno ricche di materiali in sospensione delle acque fluenti ma in alcune stagioni possono essere troppo calde o troppo fredde. In genere converra’ prelevare le acque a qualche metro di profondita’ sotto il pelo dell’acqua evitando tuttavia quelle troppo profonde che in genere sono piu’ torbide e povere di ossigeno. Le opere di presa da lago sono percio’ in genere costituite da una torre di presa munita di parecchie luci disposte a profondita’ diverse e manovrabili dall’alto (v. Figura 8). In alcuni casi l’opera di presa e’ realizzata nel corpo della diga anche inserendo piu’ luci a quote diverse. 76 Figure 27: Schema della derivazione ad acqua fluente. 5.5 Le opere di invaso I fabbisogni delle acque per i vari usi elencati in premessa hanno andamenti che variano nel tempo in modo del tutto distinto da quello che e’ il regime idrologico delle risorse. Si puo’ anzi affermare che per certe utenze, ed in particolare quella irrigua, la richiesta e’ proprio concentrata in quei mesi nei quali mancando l’apporto pluviometrico si ha anche una riduzione delle portate dei corsi d’acqua. In presenza di corsi d’acqua perenni il valore comunque derivabile ad acqua fluente verso le utilizzazioni e’ dato dalla portata minima assicurata dal corso d’acqua. Se, come avviene in Sardegna, la risorsa naturale ha un regime che vede pressoche’ annullarsi le portate nei periodi estivi nasce la necessita’ di intervenire costruendo serbatoi artificiali che consentono di accumulare la risorsa nei periodi nei quali questa e’ sovrabbondante rispetto alle richieste per poi rilasciarla nei periodi nei quali invece risulta inferiore. Nel semplice caso in qui si voglia utilizzare l’intera risorsa (rego77 Figure 28: Torre di presa da lago. 78 Figure 29: lazione totale) con un valore pari alla portata media, la costruzione grafica di Figura 9 consente di valutare la capacita’ di invaso necessaria. Costruzioni grafiche piu’ complesse consentono comunque di valutare le capacita’ necessarie per soddisfare richieste inferiori al deflusso naturale ed andamenti comunque variati nel tempo (regolazione parziale), ovvero l’erogazione compatibile con una certa capacita’ di invaso. La valutazione della possibilita’ di erogazione da un invaso sara’ comunque determinata con tecniche di ottimizzazione in una delle ultime parti del Corso (Capitolo 10). 5.6 Sbarramenti di ritenuta Si definisce diga di ritenuta uno sbarramento costruito attraverso un corso d’acqua allo scopo di creare un serbatoio artificiale. Sulla base del Decreto del 24/03/1982 (Norme teniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento) gli sbarramenti sono 79 classificati nei tipi seguenti: A) Dighe murarie, suddivise in: a1) a gravita’ ordinarie; a2) a speroni, a vani interni (a gravita’ alleggerite); b1) ad arco; b2) ad arco-gravita’ b3) a cupola; c1) a volte o solette sostenute da contrafforti. B) Dighe di materiali sciolti, suddivise in: a) di terra omogenea; b) di terra e/o pietrame, zonate con nucleo di terra per la tenuta; c) di terra permeabile o pietrame, con manto o diaframma di tenuta di materiali artificiali. C) Sbarramenti di tipo vario. D) Traverse fluviali. 5.7 Definizioni Altezza della diga: e’ il dislivello tra la quota del piano di coronamento e quella del punto piu’ basso della superficie di fondazione (escluse eventuali sottostrutture di tenuta) Quota di massimo invaso: e’ la quota massima a cui puo’ giungere il livello dell’acqua ove si verifichi il piu’ gravoso evento di piena previsto, escluso la sopraelevazione del moto ondoso. 80 Quota massima di regolazione: e’ la quota del livello d’acqua alla quale ha inizio automaticamente lo sfioro dagli scarichi di superficie. Altezza di massima ritenuta: e’ il dislivello tra la quota di massimo invaso e quella del punto piu’ depresso dell’alveo naturale nel paramento di monte. Franco: e’ il dislivello tra la quota del coronamento e quella di massimo invaso. Franco netto: e’ pari al franco meno la massima semionda positiva nel lago. Volume totale di invaso: e’ la capacita’ del serbatoio compresa tra la quota di massimo invaso e la quota minima di fondazione. Volume utile di regolazione: e’ il volume compreso tra la quota massima di regolazione e la quota minima dalla quale puo’ essere derivata l’acqua dalle opere di presa. Volume di laminazione: e’ il volume compreso tra la quota di massimo invaso e la quota massima di regolazione (salvo che per i serbatoi che svolgono solo funzione di laminazione delle piene). 5.8 Dighe a gravita’ Le dighe a gravita’ (massiccie o alleggerite) sono costituite da strutture nelle quali le forze esterne (spinta dell’acqua, sottopressioni, eventuale spinta dei ghiacci e sismiche) sono equilibrate dal peso proprio della struttura. Le dighe a gravita’ massicce sono costituite da una struttura piena; nelle dighe a gravita’ alleggerite (o a speroni) il concio, 81 Figure 30: elemento strutturale di base, risulta ridotto di volume con varie modalita’ attraverso cavita’ interne o sagomature degli speroni. Nelle Figura 10 sono riportate le sezioni schematiche di dighe a gravita’ massiccia. Con riferimento al profilo triangolare teorico il dimensionamento di massima porta a definire la pendenza del paramento di valle tale che risulti: γa tg(φe ) = γm − mγa !1/2 (74) dove γa e γm indicano, rispettivamente, il peso specifico dell’acqua e del calcestruzzo, mentre m e’ un coefficiente, inferiore od equale ad 1, che tiene condo dell’andamento delle sottopressioni secondo lo schema dato in Figura 11. In presenza di dreni, normalmente per le sottopressioni si assume un andamento lineare spezzato che partendo dal valore massimo della pressione idrostatica in corrispondenza del paramento di 82 Figure 31: monte decresce fino ad un valore non inferiore alla pressione idrostatica di valle aumentata di 0.35 la differenza fra la pressione di monte e di valle, in corrispondenza dei dreni, e raggiunge a valle la massima pressione idrostatica che si puo’ ivi avere. Verifiche di sicurezza per le dighe a gravita’ Per le dighe a gravita’ devono essere eseguite le verifiche di stabilita’ allo scorrimento (per il quale deve essere assicurato un coefficiente di sicurezza pari a 0.75) e di verifica di resistenza per le tensioni principali di compressione e di trazione. Le verifiche di resistenza devono essere condotte a serbatoio sia pieno che vuoto. Per le dighe a speroni (gravita’ alleggerita), se il valore del rapporto tra l’interasse di due elementi affiancati e lo spessore di essi 83 e’ compresa fra 2 e 4 per almeno 2/3 dell’altezza dell’elemento, le verifiche si possono condurre considerando le sottopressioni solo sull’espansione di monte. Se il rapporto e’ inferiore a 2 le verifiche si eseguono come per le dighe a gravita’ ordinarie; se e’ maggiore di 4 la struttura e’ da considerarsi speciale. 5.9 Dighe a volta Le dighe sono costituite da strutture murarie in calcestruzzo nelle quali attraverso la curvatura si scaricano sulle sponde della stretta parte delle forze agenti sulla struttura. Convenzionalmente, ai fini della analisi statica si suddividono in: a) dighe ad arco quando le forme ed i rapporti di dimensione sono tali che la resistenza alle azioni orizzontali e’ sopportata in gran parte per effetto della curvatura orizzontale (arco) (v. Figura 12). b) dighe ad arco-gravita’ quando la forma ed i rapporti di dimensione sono tali che alla resistenza concorrono sia l’effetto di curvatura longitudinale che quello trasversale di mensola (v. Figura 13). c) dighe a cupola quando la forma ed i rapporti di dimensione sono tali che la reattivita’ elastica e’ assimilabile a quella lastra a doppia curvatura (v. Figura 14). 5.10 Dighe di materiali sciolti Le dighe di terra omogenee sono costituite totalmente di terre di permeabilita’ uniforme di misura atta da sola a realizzare la tenuta. 84 Figure 32: Le dighe zonate sono costituite di materiali naturali di specie diverse disposti in diverse parti della sezione in modo da realizzare una zona di terra a bassa permeabilita’ (nucleo) con funzione di tenuta (v. Figura 15). Le dighe di terra o pietrame con dispositivo di tenuta di materiali artificiali sono costituite con materiali naturali di specie diversa, ma sempre ampiamente permeabili e di dispositivo di tenuta a monte (manto) o interno (diaframma) realizzato con materiali artificiali (v. Figura 16). Le verifiche di stabilita’ della diga dovranno essere effettuate nelle condizioni di invaso vuoto (al termine della costruzione), di invaso pieno al livello massimo ed a seguito di rapido svuotamento del serbatoio. 85 Figure 33: 86 Figure 34: Figure 35: 87 Figure 36: 5.11 Opere complementari Ogni diga di ritenuta, oltre al corpo principale, comprende un certo numero di di opere complementari; alcune di queste opere possono essere di difficolta’ o comportare oneri tali da condizionare le soluzioni di scelta della stessa opera principale. Opere complementari sono in particolare gli scarichi (fondo, mezzofondo, allegerimento, superficie) e le opere di presa (delle quali si e’ gia’ detto precedentemente). 5.12 Le fondazioni Lo studio delle fondazioni cosituisce una delle parti piu’ impegnative del progetto di una diga: la errata valutazione delle caratteristiche della sezione di imposta di una diga puo’ determinare l’insuccesso dell’opera, condizionandone la sua possibilita’ di utilizzazione e determiando comunque maggiore oneri per il suo completamento. 88 L’indagine sulla stretta di imposta dovra’ prevedere una fase conoscitiva generale sulla geologia, tettonica e stato delle formazioni costituenti la sezione di sbarramento. A queste seguiranno indagini di dettaglio sulla base di accertamenti che possono prevedere l’esecuzione di cunicoli, pozzi, sondaggi a diverse profondita’, indagini geofisiche, prove statiche in situ, prove di laboratorio sui materiali. La preparazione delle fondazioni costituisce una delle parti piu’ delicate ed impegnative nella costruzione delle dighe. Spesse volte per raggiungere le caratteristiche di impermeabilita’ e resistenza che si richiedono al materiale lapideo sono necessarie iniezioni di cemento o altre miscele e l’esecuzione di opere integrative di fondazione. 89 6 Metodi e tecniche di simulazione per l’ottimizzazione dei sistemi di risorse idriche 6.1 Premessa I sistemi di risorse idriche, anche quelli relativamente piu’ semplici, possono essere realizzati in pressoche’ infiniti modi diversi combinando in vario modo le unita’ del sistema, l’entita’ delle grandezze prodotte e la ripartizione dei volumi dei serbatoi fra le diverse utilizzazioni. Lo scopo della progettazione del sistema e’ quello di selezionare quelle combinazioni di variabili che rende massimi i benefici netti in conformita’ col criterio di progettazione prestabilito. Questa liberta’ apparentemente illimitata di scelte fra le componenti del sistema puo’ essere circoscritta utilizzando tecniche che ci consentono di identificare rapidamente quella combinazioni di variabili che soddisfano alla funzione di produzione e sono pertanto sia fattibili tecnicamente sia efficienti. Queste combinazioni devono includere quella alla quale compete il valore piu’ elevato possibile dei benefici netti. Scopo di questa parte del corso e’ quella di descrivere brevemente ed in termini generali i metodi e le tecniche per l’analisi di ottimizzazione di un sistema di risorse idriche complesso a scopi multipli utilizzando uno schema campione come banco di prova. In linea di massima possiamo utilizzare due tipi di tecniche: - La prima simula il comportamento del sistema su computer, osserva la sua risposta per un periodo di tempo esteso, relativamente a diverse combinazioni di opere, quantita’ di prodotto e scopi di utilizzazione e, infine, sceglie la combinazione migliore. - La seconda tecnica, di ottimizzazione, affronta il problema in modo tale da poterlo risolvere per mezzo di metodi matematici 90 che conducono alla soluzione ottimale, con riferimento alla formulazione adottata per la funzione obbiettivo. In questo secondo approccio in genere si possono considerare solo sistemi che introducono semplificazioni sulla realta’ fisica dei processi considerati. Ambedue le tecniche dovrebbero essere utilizzate in modo tale da prendere in esame un gran numero di alternative, sia ingegneristiche che economiche, e da essere possibilmente adattabili a qualunque obiettivo e vincolo istituzionale ipotizzabile. Una trattazione estesa delle tecniche di simulazione ed ottimizzazione e’ riportata nel testo di Loucks & van Beek (2005), al quale si rimanda (v. il link nel sito web). Le possibilita’ di uso delle tecniche di simulazone, i relativi vantaggi e limitazioni saranno discussi in questo paragrafo mentre le tecniche di ottimizzazione saranno esaminate nei paragrafi che seguono. 6.2 Simulazione: Il sistema campione esaminato Di seguito, per descrivere una applicazione della tecnica di simulazione, viene esaminato un sistema fluviale utilizzato da Maass & al. (1962) per il quale fornito una ampia documentazione e e che si presta ad una ricerca dell’assetto ottimale con l’applicazione iterativa di tecniche di simulazione. Infatti, per poter essere utilizzato in modo sufficientemente generalizzato, il sistema doveva soddifare i seguenti requisiti: 1 essere sufficientemente semplice in modo da consentire le sperimentazioni e, nello stesso tempo, sufficientemente complesso da poter rappresentare delle reali utilizzazioni a scopi plurimi; 2 essere conosciuti costi e benefici unitari realizzabili nel sistema in modo da consentire un esame completo delle combinazioni piu’ importanti di opere e grandezze prodotte; 91 3 includere i tipi piu’ importanti degli scopi di un sistema di risorse idriche, ossia: utilizzazioni con consumi tipo civile, irriguo, ecc.; utilizzazioni senza consumo, ad esempio per problemi di laminazione delle piene, ecc.; 4 conoscere il regime idrologico dei corsi d’acqua; 5 prestarsi ad un’analisi per mezzo dell’uso del computer. Il sistema considerato e’ illustrato nella Figura (21) e prevede la realizzazione di quattro invasi da utilizzare per tre scopi diversi: irrigazione, produzione di energia elettrica e protezione dalle piene. L’energia e’ generata in due impianti idroelettrici mentre il comprensorio irriguo e’ approvvigionato da una traversa di presa dalla quale si dipartono le opere principali di derivazione formate da due canali. Tutti i serbatoi possono contribuire in misura diversa al controllo delle piene. In totale vi sono 12 variabili di progetto (2 x 4 invasi; 1 superf. comprens. irriguo; 2 potenza centrali idroelettr.; 1 energia annua). Si nota che il bacino avrebbe potuto includere anche risorse di tipo sotterraneo o altre utilizzazioni che qui solo per semplicita’ non sono state inserite. Se le tecniche di risoluzione si rivelano adatte per il bacino in esame, potra’ essere possibile sviluppare ulteriormente il sistema per applicarle a situazioni piu’ complesse che contengono ulteriori elementi da dimensionare o altri tipi di risorse ed utilizzazioni. 6.3 Simulazione La attuale disponibilita’ di calcolatori digitali veloci di grande capacita’ di memoria, in linea di massima, consente di simulare il fun92 Figure 37: Schema del sistema in esame. 93 zionamento di sistemi fluviali complessi per periodi di tempo (orizzonte temporale di analisi) lunghi pressoche’ quanto si vuole. Di fatto, la simulazione via computer e’ probabilmente la tecnica piu’ frequentemente utilizzata per l’analisi al fine della ottimizzazione dei sistemi di risorse idriche. Il problema e’ che non semplice realizzare modelli di simulazione di uso generalizzato. E’ necessario puntualizzare che anche le prime parti dell’esercitazione del corso di GRI sono di tipo simulativo. Il modello di simulazione che costruiamo nell’esercitazione e’ pero’ sostanzialmente ritagliata sul caso specifico esaminato. Vedremo piu’ avanti che esistono modelli di simulazione di uso piu’ generale. In particolare esamineremo il modello di simulazione WARGISIM che stato predisposto da UNICA ed applicato al sistema multisettoriale della Sardegna. La simulazione consiste sostanzialmente nel riprodurre il comportamento di un sistema nei suoi aspetti piu’ importanti. La modellazione e’ sostanzialmente realizzata attraverso la scrittura di espressioni di tipo matematico e algebrico ma include anche la possibilita’ di riprodurre alcuni processi logici (if ... then; while; etc.) non strettamente matematici. La gestione del sistema e’ esercitata per mezzo di una politica o procedimento di gestione che assume la forma di istruzioni di programma sul calcolatore in modo da riprodurre i flussi nella rete conseguenti all’immissione degli input naturali, l’invaso della risorsa, il rilascio verso le utilizzazioni, ecc. e le relative regole gestione delle infrastrutture del sistema. Nel sistema che sara’ esaminato di seguito le dodici variabili di progetto consistono nella dimensione dei serbatoi intesi sia come volume di regolazione per irrigazione e produzione idroelettrica, sia 94 volume riservato alla laminazione delle piene (2x4), la dimensione degli impianti idroelettrici (2) ed i livelli annuali di erogazione programmata per l’irrigazione e l’energia (2). I risultati del modello di simulazione devono essere riportati in termini economici e pertanto le funzioni di costo delle opere (capitale ed OMR) e di beneficio dei prodotti devono essere utilizzati nel codice del programma di simulazione fornendo un valore della funzione obiettivo (FO). In alternativa, deve essere possibile valutare con un post-processor, che utilizza i risultati della simulazione, per fornire un valore della FO che indica la performance del sistema. Come gia’ stato precisato, i termini di costo e beneficio per poter essere comparati in modo corretto devono essere stimati in termini di valore attuale (considerando anche, se necessario, differenti ipotesi alternative sui tassi di interesse), ovvero devono essere espressi in termini di flussi annui di denaro (passivita’ e ricavi). La valutazione del progetto puo’ essere effettuata attribuendo dei valori di tentativo alle variabili di progetto. L’output del programma di simulazione puo’ fornire, ad esempio, come variabili guida: l’energia totale generata (sia garantita che di supero), il numero dei mesi con deficit di energia ed il suo valore cumulato, il numero di anni con deficit di irrigazione ed il relativo valore cumulato, il massimo ed il minimo volume invasato nei serbatoi, il numero di piene dannose e la massima piena registrata, i benefici lordi relativi all’irrigazione, alla produzione di energia elettrica ed al controllo delle piene, ecc. In questo esempio le prestazioni del sistema saranno valutate in termini economici sulla base dei flussi annui conseguenti ai costi capitale, ai costi di manutenzione, di gestione e rinnovamento delle opere, ed infine dei benefici netti conseguenti. Le principali informazioni e dati necessari alla simulazione e le 95 principali ipotesi assunte per realizzare la simulazione del sistema considerato sono riassunte di seguito con riferimento ai seguenti elementi: 1 Idrologia; 2 Caratteristiche del comprensorio irriguo; 3 Benefici irrigui; 4 Costi irrigui; 5 Fabbisogni di energia idroelettrica; 6 Potenza degli impianti idroelettrici; 7 Benefici della produzione idroelettrica; 8 Costi e caratteristiche degli impianti idroelettrici; 9 Capacita’ disponibile per il controllo delle piene; 10 Propagazione delle piene; 11 Costo del controllo delle piene; 12 Costo dei serbatoi; 13 Procedure di gestione del sistema. Idrologia L’idrologia si ipotizza costituita dai dati di portata mensili in condizioni normali e dei dati di portata orari per i periodi di piena. Questi deflussi sono riportati come volumi in input nei serbatoi, traverse e nodi confluenza. E’ necessario avere a disposizione serie idrologiche che devono consentire di estendere la simulazione per orizzonti temporali che devono essere estesi anche diverse decine di anni per poter essere significativi e per valutare correttamente 96 le procedure di gestione e la convenienza economica delle opere. Con serie sufficientemente estese (possibilmente quanto la vita utile delle opere di maggiore durata) si possono correttamente individuare l’entita’ dei prodotti attesi (essenzialmente le erogazioni verso le utenze), i costi ed benefici conseguenti. Nell’esempio considerato i dati di deflusso sono riferiti a corsi d’acqua americani ed i risultati conseguenti possono qualitativamente mostrare differenze significative con quelli attesi nell’ambiente mediterraneo. Preliminarmente e’ necessario sistemare i dati di input in formati facilmente utilizzabile dalle routine di calcolo (file dati sequenziali o ad accesso random). Nello schema dell’esempio e’ ipotizzato che il programma di simulazione utilizzi normalmente il passo temporale mensile. Esistono controlli nella routine di simulazione per cui quando si presenta un evento di piena significativo (con check sulla portata media mensile) il programma prevedere l’attivazione di un procedimento di generazione dell’onda di piena (basato su intervalli temporali di sei ore se il bacino e’ ampio o di un ora per i piccoli bacini) che consente la simulazione dei fenomeni di propagazione in alveo e laminazione nei serbatoi dell’onda di piena Irrigazione I consumi ed i fabbisogni irrigui sono tipici per zone semi-aride con una stagione di crescita relativamente lunga di 205 gg. (circa 7 mesi). Per semplicita’ il regime colturale e’ mantenuto costante per tutto l’orizzonte temporale esaminato, con sole variazioni nella ripartizione delle classi di terreno nell’area irrigua. 97 Nella tabella seguente e’ riportata la distribuzione delle colture ed il relativo rendimento irriguo. Il consumo netto durante la stagione irrigua e’ stato valutato stimando le perdite evapotraspirative col metodo di Blaney-Criddle ed assumendo come costante la precipitazione efficace ai fini irrigui (infiltrazione) durante la stagione irrigua. Complessivamente il consumo irriguo e’ posto pari a 6000m3 /ha in ciascuna stagione, valore non molto diverso rispetto a quello normalmente utilizzato per la Sardegna. Coltura % area irrigua Alfalfa Erba da pascolo Barbabietola da z. Patate Ortaggi Colture stagionali Varie TOTALE 35 15 20 10 10 5 5 100 % rendimento 60 50 55 50 55 60 50 Per semplificare i calcoli del fabbisogno irriguo si assume che il consumo unitario nel periodo non irriguo e’ pari all’apporto meteorico nello stesso periodo e pertanto non risulta necessaria integrazione irrigua in tale periodo. Benefici irrigui Per essere significativi ai fini della pianificazione, i benefici derivanti dall’irrigazione devono determinare la possibilita’ di scelta economica fra diversi progetti in termini variazione dei benefici tra i possibili tipi di utilizzazioni ed le quantita’ d’acqua necessarie per ciascun ipotesi progettuale. 98 Relativamente a queste problematiche, si sottolinea che nell’esempio si sono introdotte importanti semplificazioni per cui si ha una variazione colturale solo in relazione al fatto che per superfici via via maggiori si dovranno coltivare classi di terreno progressivamente di qualita’ inferiore. Nel sistema in esame e’ stata, comunque, imposta una superficie massima irrigabile di 1.2 106 acri (N.B.: 1 acro = 0.405 ha). I benefici lordi unitari sono stati assunti decrescenti da circa 6.5 $/(acro x piede) in corrispondenza della minore espansione irrigua, fino a 5.0 $ /(acro x piede) per la massima espansione (N.B.: 1 acro x 1 piede = 4.047 103 x 3.08 10− 1 = 1.254 103 m3 ) La Figura (38) mostra la funzione adottata per i benefici lordi unitari. Quest’andamento dei benefici lordi unitari trova motivo nella diminuizione complessiva della qualita’ dei terreni comunemente associato con l’espansione dell’area da sottoporre a regime irriguo. Quando si hanno limitazioni di erogazione (deficit) deve logicamente risultare una riduzione dei benefici lordi. Gli effetti economici determinati dai deficit, ossia dalle limitazioni negli approvvigionamenti irrigui rispetto ai valori di target, sono funzione del momento in cui avvengono, loro durata, frequenza ed intensita’. Tuttavia, se l’agricoltore adotta una procedura attenta di irrigazione, puo’ esistere un certo margine per ridurre le perdite economiche dovute alla riduzione dell’erogazione (flessibilita’ della richiesta). In Figura (39) e’ riportata la funzione di perdita adottata nell’esempio in esame valida con riferimento ai deficit totali annui. La funzione di perdita presenta una prima zona inferiore nella 99 Figure 38: Funzione dei benefici lordi irrigui. Figure 39: Funzione delle perdite per deficit irrigui. 100 quale si e’ ritenuto che l’andamento delle perdite nei benefici irrigui sia inizialmente modesta in quanto e’ possibile migliorare la distribuzione dell’acqua al campo con un incremento di costo minimo e, pertanto, in questa zona di deficit limitato il prodotto raccolto si riduce solo di poco. Nella parte finale della curva, il livello di deficit al quale si hanno perdite totali e’ un problema lungamente discusso e dipende fondamentalmente dai tipi di colture e dalle modalita’ di irrigazione. Costi irrigui Nell’esempio riportato in Maass & al. (1962), Le stime del costo capitale e del costo di gestione, manutenzione e rinnovamento (OMR) per la derivazione, trasporto e distribuzione delle acque sono state basate sui dati degli studi del US Bureau of Reclamation. Esse sono riportate rispettivamente nelle Figure (24) e (25) Si e’ inoltre assunto che i primi 840000 acri dell’area del comprensorio possono essere serviti a gravita’ mentre l’irrigazione di ulteriori e maggiori superfici di terreno richiede il sollevamento dell’acqua all’opera di derivazione. Fabbisogno di energia idroelettrica Il fabbisogno di energia per il sistema e’ stato determinato in modo tale da esser rappresentativo di una economia diversificata di tipo agricolo-industriale e rurale-urbana. Non e’ inclusa nel sistema alcuna richiesta eccessivamente elevata destinata ad una singola utilizzazione. La composizione della domanda di energia risulta dalla tabella data di seguito. 101 Figure 40: Costi capitale per derivazione irrigua, sollevamento e distribuzione. Figure 41: Costi OMR per derivazione irrigua, sollevamento e distribuzione. 102 COMPOSIZIONE DELLA RICHIESTA ENERGETICA Classi d’utenza Domestica rurale Industriale Irrigazione e condizion. Commerciale Perdite e varie Totale % sul totale 30 35 15 10 10 --100 La ripartizione mensile del carico nella richiesta di energia ed i relativi fattori di carico sono indicati nella seguente tabella: RIPARTIZIONE MENSILE DELLA DOMANDA ENERGETICA Mese % energia totale fattore di carico Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago 8.1 8.3 8.2 7.5 7.3 7.7 8.3 8.9 9.1 9.3 0.63 0.61 0.62 0.60 0.58 0.60 0.62 0.64 0.66 0.68 103 Set Ott TOT.ENERGIA 9.1 8.2 --100 0.68 0.64 CARICO MEDIO 0.60 Il fattore di carico e’ pari al rapporto tra carico medio e carico di punta: l = (cm /cp ). Si e’ assunto indifferente il fatto che il livello di produzione, ossia l’energia necessaria per soddisfare un dato carico, venga realizzato nell’impianto B o G. Potenza degli impianti idroelettrici Una volta stabilito il livello di produzione mensile ed i fattori di carico, la potenza installata richiesta puo’ essere calcolata con le seguenti ipotesi semplificative: 1 Non e’ prevista l’esecuzione di alcuna centrale termica all’interno del sistema. 2 Il sistema di produzione non dovrebbe richiedere, possibilmente, eccessiva acquisizione di energia dall’esterno, ovvero l’interconnessione con sistemi piu’ ampi dovrebbe essere limitata. Una certa interconnessione e’ stata prevista che consente principalmente di compensare eventuali insufficienze del sistema di produzione. 3 Si e’ imposto di non consentire un continuo sovraccarico alle macchine; si e’ consentito solo il normale sovraccarico durante i periodi di punta brevi. 4 Non e’ stata prevista alcuna potenza di riserva. L’arrotondamento in eccesso della potenza richiesta a 5000 kw si e’ tradotta in un significativo incremento della riserva considerando che si tratta di piccoli impianti. In genere si usa assegnare una 104 riserva di potenza dell’ordine del 10 − 15% della domanda di punta complessiva. La potenza richiesta ha un massimo in Giugno quando l’energia richiesta e’ dell’8.9% dell’energia totale annua ed il fattore di carico e’ di 0.64. Cio’ risulta dalla relazione che fornisce la potenza c richiesta dal sistema: pE (75) 100lh dove p e’ la percentuale dell’energia totale annua E (kwh) richiesta dal sistema, l il fattore di carico mensile ed h il numero di ore del mese. c= La simulazione consente di adottare differenti livelli di produzione di energia e differenti livelli di potenzialit´a di produzione degli impianti (sono considerate entrambi variabili di progetto). I valori minimi delle potenze richieste per gli impianti B e G sono stati determinati considerando queste le potenze come variabili limitate inferiormente. Il valore di produzione annua E e’ una variabile di progetto. Il massimo valore annuo di produzione e’ stato assunto Emax = 4 × 109 kwh. Come nel caso dell’irrigazione, questo valore e’ sufficientemente elevato da rendere il quantitativo d’acqua corrispondente l’effettivo limite fisico allo sviluppo dell’utilizzazione. Fra 0 e 1.6 109 kwh il livello desiderato di produzione puo’ essere ottenuto sia con l’impianto B che con quello G; al di sopra di tale valore sono necessari entrambi. Benefici della produzione di energia I benefici unitari sono stati assunti costanti per tutti i livelli di produzione del sistema, ossia 0.07$/kwh per l’energia richiesta e 0.015$/kwh per i cascami, per entrambi gli impianti B e G. 105 Figure 42: Costi capitale per gli impianti idroelettrici B e G. Il beneficio suddetto puo’ considerarsi un valor medio che pero’ non e’ stato ulteriormente diversificato nella simulazione. Nell’esempio si e’ assunto di poter tollerare deficit occasionali di energia con un limite massimo pari al 25% del livello mensile previsto. Si puo’ supporre che l’energia sia disponibile dal sistema esterno ed acquisibile ad un prezzo costante di 0.09 $/kwh. Costi e caratteristiche degli impianti idroelettrici I costi capitale ed OMR utilizzati nell’esempio sono ricavati dai dati della US Federal Power Commission e sono indicati nelle Figure (26) e (27). Per ciascuna potenza si e’ assunto che il dimensionamento fosse ottimale relativamente alle condotte forzate, turbine, opere di presa, pozzi piezometrici e opere varie. L’impianto B e’ assunto a salto variabile secondo una relazione 106 Figure 43: Costi annuali OMR per gli impianti idroelettrici B e G. che lega il salto alla capacita’ del serbatoio data nella Figura 28. L’impianto G e’ assunto a salto costante pari a 50 m. Capacita’ disponibile per il controllo delle piene Il sistema e’ realizzato in modo tale da riservare una parte della capacita’ dei serbatoi per il controllo (laminazione) delle onde di piena, ma limitatamente ai soli mesi di Aprile, Maggio e Giugno in relazione all’idrologia dei corsi d’acqua considerati. Il volume di controllo delle piene puo’ essere riservato in qualunque serbatoio o ripartito fra piu’ serbatoi. Come ripartire questa capacita’ fra di essi dipende in parte dal contributo di ciascun sottobacino all’idrogramma di piena che complessivamente transita nella zona a rischio di esondazione ed in parte dal necessario carattere plurimo svolto dai serbatoi (serbatoi ad uso multi-settoriale). In particolare, nel sistema in esame si e’ dovuta vincolare in B l’aliquota di 107 Figure 44: Relazione tra salto utile e capacita’ del serbatoio B. capacita’ riservata alle piene con le capacita’ necessarie per gli altri usi ed in particolare per quello idroelettrico. IPOTESI GESTIONALE IMPORTANTE: Poiche’ il serbatoio A sottende un bacino che contribuisce solo in misura modesta alla formazione delle piene (ed inoltre il suo contributo puo’ essere controllato a valle anche dal serbatoio C), si assume che la regolazione delle portate di piena sia esercitata principalmente in B e C. In definitiva pero’, considerato che in B c’e’ l’impianto idroelettrico e che tale invaso deve anche regolare i deflussi irrigui, la realizzazione della laminazione delle piene e’ principalmente realizzata nel serbatoio C, oltre a D per i contributi residui vallivi in sponda destra. Pertanto, anche il serbatoio D deve regolare una aliquota dei contributi di piena. Propagazione delle piene La procedura di propagazione delle piene attraverso il sistema, procedura comunque complessa, e’ ulteriormente resa difficile dalla 108 Figure 45: Relazione tra danno di piena e portata a valle di G. esigenza di inserirla nell’ambito della simulazione complessiva del sistema al fine della valutazione delle sue prestazioni. A tal fine, e’ gia’ stato detto che e’ necessario modificare il passo temporale di analisi nella simulazione in modo da tener conto degli effetti di tutte le piene e non soltanto, di alcune di esse. Infatti questa simulazione non si limita a considerare, come talvolta capita, la sola piena di progetto per la quale vengono dimensionate le opere di scarico ed il volume di laminazione. Sulla base delle caratteristiche del bacino e’ stata assunta l’ipotesi semplificativa che a valle degli invasi le onde di piena traslino senza modificare di forma e pertanto le portate al colmo restano invariate. Conseguentemente, nella simulazione e’ stata adottata una semplice stima del tempo di ritardo con la quale la piena transita alle varie sezioni. Il tempo di transito tra A o B e G e’ stimato in 12 ore; quello fra C e G di circa 6 ore; quello fra D e G e’ praticamente 109 trascurabile. I danni di piena sono stati assunti essere funzione solo della portata al colmo in G e sono riportati nella Figura 29 in funzione di questa portata al colmo. Dalla figura si nota che fino alla portata di 105 103 non vi e’ alcun danno; quando viene raggiunto il livello d’acqua corrispondente le sponde vengono superate e l’acqua invade zone con superfici sempre crescenti con danni che aumentano rapidamente. Quando tutta la zona prossima all’alveo viene inondata la portata aumenta senza che vi siano ulteriori danni per un ampio campo; livelli d’acqua ancora maggiori non riescono a invadere ulteriori zone poste a quote piu’ elevate. Quindi, nel tratto finale, i danni riprendono a crescere rapidamente per portate ancora maggiori. Nel sistema in esame, cos´ı come in quello considerato nell’esempio precedente, i benefici relativi al controllo dalla piene ottenuti con capacita’ di invaso sono calcolati come differenza tra i danni determinati dalle piene incontrollate e da quelle regolate dagli invasi. Costo del controllo delle piene Nell’assegnare le capacita’ per il controllo delle piene si e’ ipotizzato che per i serbatoi non sia necessario prevedere ulteriori costi per lo scarico delle portate di piena anche quando si varia il volume riservato. Il vuotamento degli invasi avviene quindi con modalita’ che sono indipendenti dal volume di invaso riservato alle piene. Costo dei serbatoi Le curve riportate nelle Figure 30 e 31 indicano i valori assunti per i costi capitale ed OMR necessari a realizzare le capacita’ dei quattro serbatoi del sistema. 110 Sono state assunte le seguenti ipotesi per la determinazione del costo capitale dei serbatoi: - I costi riportati nelle figure sono la somma dei costi di costruzione delle dighe, degli sfioratori e delle opere di presa; della ricostruzione delle strade ed altre opere che verranno sommerese; della pulitura della zona di invaso ed ulteriori oneri vari. - I costi comprendono anche gli interessi durante le fasi di costruzione che sono fissati in un valore costante per tutti gli invasi. - I costi dei serbatoi sono gli stessi qualunque sia l’utilizzazione dell’invaso. - Il limite superiore della capacita’ del serbatoio e’ stato fissato approssimativamente pari a tre volte il deflusso medio annuo per ciascuna sezione. Si precisa che, con ulteriori semplificazioni, nell’analizzare il sistema per mezzo della simulazione si sono inoltre trascurate le perdite per evaporazione e per infiltrazione dal sito di invaso e non sono state messe in conto le riduzioni di capacita’ di invaso causate dal fenomeno dell’interrimento. 111 Figure 46: Costi capitale per i serbatoi A, B, C e D. 112 Figure 47: Costi OMR per i serbatoi A, B, C e D. 113 6.4 Procedure di gestione del sistema Le prestazioni del sistema di risorse idriche, sotto il profilo economico, devono essere stimate per diverse combinazioni delle variabili di progetto. Le prestazioni sono valutate simulando il comportamento del sistema con algoritmi implementati su computer. Pertanto devono essere costruite una serie di regole che identificano le procedure di gestione del sistema in una forma adatta al calcolo automatico su computer. L’individuazione di queste procedure derivano fondamentalmente dalle valutazioni fatte precedentemente e possono essere sintetizzate nei seguenti punti: 1) Idrologia del bacino; 2) Configurazione fisica del sistema; 3) Procedure operative; 4) Caratterizzazione delle grandezze prestazionali del sistema. Considerazioni sulle procedure di gestione adottati Avendo presenti le caratteristiche del sistema illustrate precedentemente, la procedura di gestione risulta basata sulle seguenti considerazioni generali. Finche’ e’ possibile, i quantitativi di risorsa richiesti sono ottenuti utilizzando i deflussi non regolati dei bacini parziali o acque che comunque sarebbero scaricate o sfiorate dai serbatoi per mantenere i livelli richiesti per il controllo delle piene. L’invaso nel serbatoio B e’ tenuto il piu’ alto possibile compatibilmente con l’erogazione richiesta. Le richieste irrigue sono pertanto soddisfatte, per quanto possibile col serbatoio A; ugualmente, nella produzione di energia si opera preliminarmente dagli altri serbatoi prima di procedere allo svuotamento del serbatoio B. CONSIDERAZIONE GENERALE: Necessita’ di salvaguardare la risorsa idrica ad energia potenziale maggiore. 114 Le piene della sezione A sono relativamente modeste e quindi A non riduce sensibilmente i danni in G; pertanto, in via semplificata, si pu´o trascurare l’effetto di laminazione delle piene in funzione della capacit´a in A. I serbatoi C e D sono a valle, e non possono quindi essere utilizzati, per la zona irrigua; conseguentemente le erogazioni per la produzione di energia sono ottenute in primo luogo da questi serbatoi e solo se necessario da quello in B. Dato che i deficit di energia possono essere compensati da acquisti esterni al sistema, mentre i deficit irrigui non hanno questa possibilita’, si provvede ad utilizzare in modo prioritario i serbatoi A e B a scopo irriguo. L’energia prodotta in B dovrebbe essere conseguente alle erogazioni per l’uso irriguo; la produzione idroelettrica in B e’ pertanto massima in primavera ed estate a causa delle necessita’ irrigue; l’energia prodotta in G e’ massima in autunno-inverno. Dato che l’afflusso al serbatoio D e’ massimo in tarda primavera, il suo livello viene abbassato prima di tale periodo e pertanto le massime produzioni idroelettriche invernali in G sono dovute ai deflussi rilasciati da questo serbatoio. Poich´e il serbatoio in C funziona come serbatoio di regolazione delle portate scaricate da A e B, non e’ agevole formulare una procedura di gestione di questo serbatoio; tuttavia sembra ragionevole scaricare l’acqua per produrre energia in inverno avanzato, primavera ed estate in modo da rendere libera parte della capacita’ per invasare le portate scaricate da A e B durante i periodi di maggiori portate. In relazione al fatto che la portata di piena che puo’ transitare senza danni fino a G e’ elevata rispetto alla capacita’ di laminazione dei serbatoi, si puo’ prevedere che il loro svuotamento fino al livello 115 prescritto avvenga nell’arco di un solo mese. Istruzioni di gestione adottati Sulla base delle considerazioni precedenti le istruzioni di gestione si possono organizzare nel seguente modo: 1 Usare gli sfiori dei serbatoi A e B (se ci sono) assieme ai deflussi del bacino residuo tra A e B ed E per le richieste irrigue. 2 Se le richieste irrigue non sono soddisfatte utilizzare l’invaso del serbatoio A finche’ il serbatoio non sia vuoto. 3 Se A e’ vuoto e la richiesta irrigua e’ ancora non soddisfatta, utilizzare l’invaso B sino a quando non si svuota fino al livello delle acque morte. 4 Turbinare le portate di supero e quelle scaricate da B fino alla massima potenza dell’impianto. 5 Utilizzare gli sfiori dai serbatoi C e D e le portate del bacino residuo fino a G per ottenere energia nella centrale G. 6 Per quanto riguarda la produzione di energia idroelettrica si puo’ diversificare la regola di gestione nel seguente modo: Da Settembre a Gennaio: Utilizzare l’invaso del serbatoio D fino a soddisfare la richiesta ovvero fino a quando si raggiunge la massima portata della centrale G o fino a che D non sia vuoto. Utilizzare l’invaso del serbatoio C fino a soddisfare la richiesta, fino a che non si raggiunge la massima potenza in G o fino a quando C non e’ vuoto. Utilizzare l’invaso del serbatoio A, se ci´o e’ ancora possibile, fino a soddisfare la richiesta, ovvero fino alla massima portata nella centrale o fino a quando A sia vuoto. Utilizzare l’acqua del serbatoio B, se questo e’ ancora possibile, 116 fino a soddisfare la richiesta. Si noti che le acque invasate in B sono a salto variabile: il calcolo del volume da erogare richiede pertanto un procedimento per tentativi. Da Febbraio ad Agosto: Utilizzare il serbatoio C, c.s. Utilizzare il serbatoio D, c.s. Utilizzare il serbatoio A, c.s. Utilizzare il serbatoio B, c.s. 7 Riservare le capacita’ previste durante i mesi di Aprile, Maggio e Giugno nelle combinazioni seguenti dei valori per i serbatoi B, C e D: Nel mese di Marzo, vuotare ciascun serbatoio in modo da rendere disponibile al primo Aprile meta’ della capacita’ di riserva complessiva. Se la piena capita in Aprile, non scaricare durante questo mese. Altrimenti, vuotare ciascun serbatoio in modo che tutta la capacita’ di riserva sia disponibile al 1 Maggio . Se la piena capita in Maggio, non vuotare durante questo mese; altrimenti vuotare ciascun serbatoio in modo da rendere disponibile tutta la capacita’ di riserva al 1 Giugno. 8 Durante i mesi di Marzo, Aprile a Maggio, turbinare i volumi scaricati nelle centrali B e G fino alla massima portata e utilizzare le acque di B per soddisfare le richieste irrigue. 9 Se il mese contiene un evento di piena, seguire le istruzioni indicate di seguito. La procedura non differisce sostanzialmente da quella vista in precedenza salvo alcune particolarita’ ma, sopratutto, si riferisce a periodi di 6 ore e non mensili; in secondo luogo, se l’energia richiesta non puo’ essere soddisfatta dall’utilizzazione iniziale del serbatoio B e dal vuotamento dei serbatoi A,C e D non si provvede a svuotar ulteriormente il serbatoio B e si calcola il deficit energetico; infine, ancora, si deve 117 tener conto del lag temporale per il trasferimento dell’onda di piena da A e B in C e G. Le istruzioni per la gestione in periodo di piena con passo temporale di 6 ore sono le seguenti: a vuotamento dei serbatoi B, C e D per mantenere il volume previsto per il controllo delle piene; in G la portata non deve eccedere il valore di 52 × 103 entro le 6 ore; b se c’e’ il rischio di superare questa portata una parte dei volumi deve essere invasata iniziando da C, quindi D ed infine B a seconda che siamo prossimi o meno al valore di sicurezza; 118 6.5 Procedura operativa Ciacuna simulazione e’ basata sugli stessi 60 anni di informazione disponibili, i primi 10 dei quali costituisco.o il periodo di pre - riscaldamento (non utilizzato ai fini delle valutazioni di prestazione). Il codice di calcolo deve valutare i risultati in termini di prestazione sia per gli aspetti fisici che economici. In particolare, per questi ultimi si calcola il valore attuale dei benefici netti assumendo un tasso di interesse del 2.5 % e nell’ipotesi che non vi siano limitazioni di capitale e di fondi necessari per la gestione, manutenzione ed ammortamento dei costi di costruzione delle opere. La risposta del sistema in termini di valore della FO, ovvero la superficie di risposta del sistema in termini di beneficio netto, puo’ essere rappresentato da una funzione B = f (x1 , x2 , ....x12 ), ove le x sono i valori delle variabili di progetto. I livelli degli outputs in termini di irrigazione, energia e controllo delle piene sono funzioni implicite delle 12 variabili di progetto precedentemente definite. Un metodo pratico per trovare la combinazione ottimale e’ quello di procedere alla valutazione della FO per campionamento delle variabili di progetto. Ciascuna risposta conseguente alle ipotesi su queste variabili e’ risultato di operazioni complesse eseguite dal computer per simulare il sistema secondo le regole gestionali viste precedentemente. I metodi di campionamento delle variabili per l’analisi del sistema si possono suddividere in due grandi categorie: a) campionamento sistematico; b) campionamento casuale. Nel primo metodo si scelgono i valori delle variabili di sistema secondo un criterio ordinato, nel secondo si opera secondo ipotesi di estrazione casuale del campione dalla popolazione ipotizzata per le variabili. 119 Relativamente al campionamento sistematico si presentano diverse alternative, le piu’ usuali sono sintetizzate di seguito: - Metodo del reticolo uniforme o metodo fattoriale: Il campo di variabilita’ di ciascuna variabile viene campionata con valori uniformemente spaziati fra loro. Per n variabili considerando m valori si ha una campionatura complessiva di mn combinazioni. Nel sistema esaminato, volendo anche solo campionare due valori per ciascuna variabile di progetto, si ottengono 212 = 4096 combinazioni diverse. Ogni combinazione richiede un run del processo simulativo ed una valutazione prestazionale del sistema in questa configurazione. Il numero di iterazioni puo’ rendere impraticabile questa procedura di campionamento a causa dei tempi di calcolo necessari. - Metodo del fattore singolo: I valori di tutte le variabili sono mantenute costanti eccetto una che viene fatta variare passo a passo finche’ non si ottiene un valore di risposta piu’ elevato. Il processo viene quindi ripetuto per ciascuna variabile finche’ non si riscontra piu’ alcun miglioramento. Questo metodo deve partire da una situazione iniziale non troppo lontana da quella ottima. Affinche’ la procedura operi in modo soddisfacente e’ necessario che le variabili siano fra loro indipendenti in termini di risposta del sistema. Spesso, tuttavia, le variabili di un sistema di risorse idriche sono fra loro strettamente interrelate e pertanto questo metodo rischia di non condurre alla soluzione ottimale e di portare a circoli viziosi nel processo di ottimizzazione. - Metodo incrementale o di analisi marginale: Invece di modificare una variabile per volta, si opera su piu’ variabili in modo da tener conto delle loro interrelazioni. Il metodo, nel caso in esempio, puo’ essere utilizzato quando si conosce gia’ approssimativamente la posizione dell’ottimo essendo inoltre disponibili informazioni relative alle variabili piu’ importanti ed alle loro relazioni funzionali. 120 Figure 48: Esempio grafico per valutare il massimo di una funzione di due variabili col metodo del gradiente. - Metodo della massima pendenza (o del gradiente): Questa tecnica di ricerca dell’ottimo prende il nome dal fatto che l’individuazione dei valori da attribuire alle variabili di progetto procede dalle quote (valori del beneficio netto) inferiori a quelle superiori nella superficie di risposta B = f (x) secondo le direzioni di maggiore pendenza e, quindi, di minore distanza. Graficamente il procedimento e’ illustrato nella Figura 32. Anche qui e’ importante definire correttamente il punto iniziale. Nel procedimento devono essere quindi valutati direzione e distanza del movimento nello spazio delle variabili di progetto. Due considerazioni sulla scelta della distanza: quanto piu’ e’ grande, quanto piu’ rapidamente ci si avvicinera’ all’ottimo ma tanto maggiore e’ anche il rischio di superare inavvertitamente questo punto. Un passo troppo piccolo, oltre a rallentare il processo di convergenza all’ottimo, richia di non riuscire ad 121 allontanarsi da massimi locali. Da un punto di vista matematico, se indichiamo con P 0 il punto iniziale con componenti (x01 , x02 , .... , x0n ), il valore iniziale del beneficio netto risulta: B 0 = f (x01 , .... , x0n ). A partire da tale valore, tramite simulazione, si possono valutare i benefici marginali:δBi /δxi per ciascuna delle variabili di progetto xi , i = 1, n. Il passaggio dal punto iniziale P 0 al successivo punto P 1 viene effettuato imponendo che gli incrementi di ciascuna variabile siano proporzionali ai relativi benefici marginali: x1i − x0i = C(δB/δxi ) (76) ove C puo’ essere espresso in funzione della distanza d tra P 1 e P 0: d= d=C (x1i − X i=1,n X (1/2) x0i )2 (77) (1/2) 2 (78) (δB/δxi ) i=1,n da cui risulta: C= d P [ i=1,n (δB/δxi )2 ](1/2) (79) Naturalmente sono anche possibili diverse alternative nella valutazione della distanza e della direzione quale, ad esempio, quella di imporre che la massima variazione di ciascuna variabile sia minore o uguale in modulo ad un valore k prefissato: 122 maxi x1i − x0i = k (80) Dalla precedente e dalla (72) consegue: C (max |δB/δxi |) = k (81) e quindi si ottiene: C= k (max |δB/δxi |) (82) Ottenuto il punto P 1 si passa a P 2 e cosi’ via. Nel processo di ricerca dell’ottimo δx, d e K possono essere variati da un passo al successivo, se lo si reputa conveniente, ovvero se si vuole uscire da una situazione di stallo nel processo iterativo ricerca dell’ottimo. L’applicazione del metodo in casi come quello esaminato puo’ dar luogo a complicazioni dovute, per esempio, alle unita’ di misura che sono in genere diverse, mentre per la validita’ delle espressioni precedenti e’ necessario che siano omogenee e possibilmente riportate a variazioni monetarie. Per ovviare a questo problema si possono rendere adimensionali gli incrementi delle variabili in rapporto al loro campo di variazione. Si nota infine che, anche se questo metodo di guida della simulazione verso la soluzione di ottimo offre indubbi vantaggi rispetto ai precedenti, non viene comunque garantito il raggiungimento del massimo assoluto specie quando la superficie di risposta presenta massimi locali ovvero quando la superficie di risposta B o le sue derivate non sono continue. 123 7 Altri metodi per l’ottimizzazione dei sistemi Nel capitolo precedente abbiamo discusso come operare il confronto e la valutazione di un sistema di risorse per mezzo di tecniche di simulazione. Sistemi che portano ad un elevato numero di variabili di progetto e di varibili operative (complessivamente sono chiamate variabili decisionali) possono non essere facilmente esaminati con questo tipo di approccio. I metodi di ottimizzazione matematica saranno l’oggetto dei prossimi capitoli. In termini matematici questi metodi devono identificare i valori delle variabili decisionali xi , che complessivamente formano il vettore X, che massimizzano la funzione di beneficio netto B(X ), ossia la funzione obiettivo del nostro problema. I valori che le variabili decisionali possono assumere raramente non sono vincolate. Normalmente esistono relazioni di vario tipo tra queste variabili che, ovviamente, devono essere soddisfatte anche nelle condizioni di ottimo. Inoltre possono sussistere limitazioni sui fondi complessivamente disponibili per la realizzazione delle opere. In genere i vincoli sono espressi da equazioni nella forma generale: gi (X) = bi . Valori ammissibili delle variabili decisionali sono quelli che soddisfano tutti i vincoli. Tra questi valori ammissibili sara’ ovviamente da ricercare la combinazione che fornisce il valore ottimo, in quanto rende massima la funzione obiettivo. Analiticamente il problema di ottimizzazione si potra’ quindi esprimere: s.t. max gi (X) = bi B(X) i = 1, n (83) (84) Metodi che consentono di risolvere il problema di ottimo vinco124 lato dato dalle equazioni (83) e (84), sono forniti dagli algoritmi di programmazione (ottimizzazione) matematica. Il tipo di algoritmo piu’ appropriato per un particolare problema di ottimizzazione di risorse idriche dipendera’ dalla forma della funzione obiettivo e delle equazioni dei vincoli. Non esiste una procedura di soluzione che possa risolvere in modo universale tutti i modelli di ottimizzazione. Quindi, il pianificatore dovra’ tendere a riportare il modello di ottimizzazione in esame ad una delle forme per le quali esistono efficienti procedure di soluzione. Questo conduce inevitabilmente alla necessita’ di introdurre semplificazioni nella struttura del problema e, in certi casi, al dover trascurare alcuni aspetti del problema. Per tale motivo, come gia’ detto in precedenza, questo tipo di approccio conduce solo, talvolta, ad una soluzione che e’ prossima a quella ottima reale. In alcuni casi i problemi nascono dalla impossibilita’ di esprimere sotto forma di espressioni matematiche tutti gli obiettivi o i vincoli del problema; incertezze di tipo tecnico, economico e politico ed altri aspetti che giocano comunque un ruolo importante nel processo decisionale reale. E’ quindi importante rendersi conto che l’ottimo matematico non coincide necessariamente con l’ottimo del sistema reale ma e’ solo una indicazione relativa allo schema sintetico che abbiamo offerto all’algoritmo di soluzione del modello matematico. I metodi di ottimizzazione che saranno illustrati nei seguenti capitoli utilizzano, inoltre, i criteri decisionali dell’economia applicata all’ingegneria gia’ richiamati nei capitoli precedenti. E’ fondamentale, nella scrittura della funzione obiettivo, richiamare il concetto della necessita’ di riportare la serie temporale di costi e guadagni ad un singolo valore che possa essere confrontato nelle varie alternative 125 esaminate. Dovra’ quindi essere definito il tasso di interesse che sara’ utilizzato per realizzare la comparazione fra flussi di denaro che avvengono in tempi diversi. Per confrontare progetti o piani che determinano differenti flussi di denaro nel tempo si ricorre, in alternativa, al concetto di valore attuale, che viene espresso come singolo valore riferito all’oggi, ovvero al concetto di valore annuo equivalente che richiede che costi (anche in termini di passivit´a) e benefici siano riportati a flussi annui di entita’ costante, con le espressioni fornite nei capitoli precedenti. Il sintesi, nei capitoli che seguono saranno forniti gli aspetti metodologici fondamentali e alcuni esempi applicativi per i seguenti metodi di ottimizzazione: - Programmazione dinamica - Programmazione lineare - Ottimizzazione su rete - Metodi misti che sfruttano gli algoritmi di ottimizzazione su rete - Cenni su ottimizzazione meta-euristica 126 8 La Programmazione Dinamica La programmazione dinamica e’ una tecnica di ottimizzazione che puo’ essere applicata a problemi di gestione delle risorse quando le decisioni sono prese in sequenza. Nell’esempio del precedente capitolo, nel gestire un serbatoio noi potremo definire una regola che decida quanto rilasciare in ciascun mese sulla base di quanto e’ il volume invasato all’inizio del mese; ovviamente le operazioni vanno reiterate in sequenza per tutti i mesi. Si noti che non tutti i problemi di ottimizzazione seguono questa struttura, comunque ci sono una ampia fascia di situazioni, ed in particolare quelle legate alla gestione in real-time delle risorse, che possono essere riportate a questo schema concettuale nel quale si puo’ operare secondo le tecniche di programmazione dinamica. A titolo di esempio consideriamo un problema di allocazione (o assegnazione) ottima della risorsa idrica in un singolo periodo. Nello specifico, si tratta di realizzare, in un fissato periodo, la gestione ottima di un invaso a scopo multiplo. Per ciascun uso, la funzione di beneficio lordo sia definita dalla funzione: Bj = aj [1 − e(−bj xj ) ] e il costo sia definito dalla funzione concava: d Cj = cj xj j dove cj e dj sono costanti note e positive, e inoltre dj < 1. E’ facile verificare che la funzione di costo Cj ha valore marginale decrescente come cresce il valore della variabile xj . In altre parole il sistema evidenzia economie di scala. Si considera come funzione obiettivo quella di massimizzare i benefici netti R = BN = (B − C) soggetta ai vincoli di non neg127 Figure 49: Schematizzazione del processo di assegnazione. ativita’ sulla singola assegnazione e di capacita’ complessiva Q di risorsa disponibile. Si considerano, inoltre, 3 possibili usi per la risorsa. Il modello di ottimizzazione si scrive quindi: max P j=1,3 s.t. aj (1 − e −bj xj )− ≤Q xj ≥ 0 ∀j P j=1,3 xj d cj xj j (85) Il primo passo nella procedura di programmazione dinamica e’ quello di strutturare il processo come una sequenza di decisioni successive, secondo lo schema della Figura 49 Quando una porzione xj dell’acqua complessivamente disponibile Q e’ allocata alla risorsa j, da questa risulta un beneficio netto d Rj (xj ) = aj [1 − e−bj xj ] − cj xj j . 128 Una variabile di stato sj puo’ essere definita per indicare la quantita’ d’acqua disponibile per i restanti usi o successivi passi decisionali. Quindi, la funzione di trasformazione sj+1 = sj − xj definisce lo stato del sistema al passo successivo come una funzione dello stato corrente e dell’assegnazione prevista all’uso j. 8.1 L’equazione ricorsiva Con le precedenti definizioni e’ possibile scrivere il problema (85) in termini di programmazione dinamica come: f1 (Q) = max(x1 +x2 +x3 ≤Q),(x1 ,x2 ,x3 ≥0) [R1 (x1 ) + R2 (x2 ) + R3 (x3 )] (86) La funzione f1 (Q) fornisce il massimo beneficio netto che puo’ essere ottenuto dall’attribuzione di una quantita’ dell’acqua Q agli usi 1, 2 e 3. Ciascuna attribuzione x1 , x2 ed x3 non puo’ essere negativa e la loro somma non puo’ eccedere Q. L’equazione (86) rappresenta in forma sintetica un problema di ottimizzazione con tre variabili decisionali. Nella programmazione dinamica esso puo’ essere riportato a tre problemi concatenati, ciascuno avente una sola variabile decisionale. Possiamo infatti scrivere: f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) + maxx2 (0≤x2 ≤Q−x1 =s2 ) (R2 (x2 ) + maxx3 (0≤x3 ≤s2 −x2 =s3 ) R3 (x3 ))] 129 (87) Indichiamo con f3 (s3 ) il massimo beneficio netto che deriva dall’uso 3 quando ad esso e’ attribuita una quantita’ pari ad s3 . Conseguentemente, per diversi valori discreti di s3 compresi tra 0 e Q, si puo’ determinare il valore di f3 (s3 ): f3 (s3 ) = maxx3 (0≤x3 ≤s3 ) [R3 (x3 )] (88) Essendo s3 = s2 − x2 , l’equazione (88) puo’ essere ora riscritta in termini delle sole x1 , x2 , s2 : f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) + maxx2 (0≤x2 ≤s2 ) (R2 (x2 ) + f3 (s2 − x2 )) (89) Indichiamo ora con f2 (s2 ) il massimo benefico netto derivabile dagli usi 2 e 3, essendo s2 la quantita’ d’acqua dedicata a tali usi. Allora, per diversi valori discreti di s2 , tra 0 e Q, s puo’ determinare il valore di f2 (s2 ): f2 (s2 ) = maxx2 (0≤x2 ≤s2 ) (R2 (x2 ) + f3 (s2 − x2 )) (90) Infine, essendo s2 = Q − x1 , l’equazione (90) puo’ essere riscritta in termini di soli x1 e Q. f1 (Q) = maxx1 (0≤x1 ≤Q) [R1 (x1 ) + f2 (Q − x1 )] (91) Quindi f1 (Q) e’ il massimo beneficio netto ottenibile con una quantita’ di acqua Q da utilizzare per gli usi 1, 2 e 3. L’equazione (91) non puo’ essere risolta senza la conoscenza di f2 (s2 ). L’equazione (90), che produce f2 (s2 ), non puo’ essere risolta senza la conoscenza di f3 (s3 ). 130 Fortunatamente f3 (s3 ) puo’ essere risolta utilizzando l’equazione (88) senza riferimento ad altre funzioni di massimo beneficio fj (sj ). Una volta valutata f3 (s3 ), il valore di f2 (s2 ) puo’ essere calcolato e cio’, infine, consente di valutare la f1 (Q), ossia la quantita’ di nostro interesse. Poiche’ le equazioni (88), (90) e (91) devono essere risolte in sequenza, esse prendono il nome di equazioni ricorsive: cio’ implica che la soluzione di una equazione deve essere sempre preceduta da quella dalla quale dipende. La conoscenza della f3 (s3 ) consente di valutare la f2 (s2 ) e questa permette di valutare la f1 (Q), funzione obiettivo del problema originale (87). L’individuazione del set di equazioni ricorsive e’ l’elemento fondamentale nell’impostare il modello di programmazione dinamica. In termini generali, l’interesse per questo approccio deriva dalla considerazione che e’ spesso piu semplice e piu’ veloce risolvere numerosi problemi di ottimizzazione con una sola variabile che non un solo problema con molte variabili decisionali. Ciascuna equazione rappresenta un passo nella quale e’ presa una decisione, per tale motivo la programmazione dinamica e’ anche definita come un multistage decision-making procedure. L’interesse nella pianificazione e gestione delle risorse idriche per questo approccio deriva dal fatto che spesso i problemi decisionali possono essere riportati alla dipendenza di una singola variabile, il piu’ delle volte espressa come entita’ della risorsa idrica. In genere i set di valori che possono assumere sj ed xj sono discreti e pertanto si parla di programmazione dinamica discreta. 131 8.2 Esempio Con riferimento al problema (86) ed alla Figura 49, nella prima Tabella riportata nella Figura 50 riportati i valori dei benefici netti Rj (xj ). I calcoli sono effettuati avendo assunto: aj = 100, 50, 100; bj = 0.1, 0.4, 0.2; cj = 10, 10, 25; dj = 0.6, 0.8, 0.4; per j che varia da 1 a 3. Si e’ inoltre posto Q = 5. I calcoli per la valutazione al primo stadio del procedimento della f3 (s3 ), definita dalla (88), portano ai valori nella seconda Tabella. I calcoli per la valutazione dei benefici netti allo stadio intermedio sono definiti in generale dall’equazione ricorsiva: fj (sj ) = maxxj ,(0≤xj ≤sj ) [Rj (xj ) + fj+1 (sj − xj )] (92) per i diversi valori di sj tra 0 e Q, sono dati nella terza Tabella. L’ultima Tabella della Figura 34 contiene i calcoli dell’ultima equazione ricorsiva (86). Memorizzando il valore di assegnazione ottima x∗j associato a ciascuna variabile di stato sj , si rende possibile percorrere al contrario le Tabelle successive per ottenere il valore ottimo di ciascuna variabile decisionale. Dall’ultima Tabella nella Figura 50 risulta che il massimo beneficio netto f1 (Q) e’ uguale a 18 ed in corrispondenza al valore x∗1 = 0. Quindi il valore ottimale di s2 , ossia la quantita’ d’acqua disponibile per l’uso 2, risulta: s2 = Q − x∗1 = 5 − 0 = 5. Dalla penultima Tabella, il valore ottimo di x∗2 per l’uso 2 e con s2 = 5, risulta uguale ad 1. Quindi il valore ottimo di s3 , ossia la 132 Figure 50: Valori dei benefici netti Rj (xj ); e calcolo delle fj (xj ). 133 quantita’ d’acqua disponibile per l’uso 3, consegue uguale a s3 = s2 − x2 = 5 − 1 = 4. Dalla terzultima Tabella, per l’uso 3, l’assegnazione ottimale di x3 e’ proprio il suo valore massimo uguale a 4. Pertanto la configurazione ottimale complessiva nella collocazione delle risorse e’ di 0, 1, 4, rispettivamente per i tre usi considerati. In questo esempio risulta inoltre che tutta la risorsa e’ stata utilizzata. 8.3 Il principio di ottimalita’ Per illustrare il principio sul quale e’ basata la programmazione dinamica, e’ utile rappresentare il problema di assegnazione ottima della risorsa per mezzo del grafo riportato nella Figura 51. I nodi del grafo rappresentano lo stato del sistema, ovvero la quantita’ di acqua disponibile per l’uso attuale e quelli successivi. I rami di collegamento rappresentano le decisioni possibili ed ammissibili sulla base dello stato del sistema. Attraverso l’uso del grafo dei percorsi ammissibili possibile riportare il problema di programmazione dinamica ad un problema di ricerca del cammino ottimo (optimum path), ovvero del percorso di massimo benefico (o di minimo costo) tra il nodo origine e il nodo termine che pu essere aggiunto al grafo a partire da tutti i nodi terminali attribuendo costo zero a tali archi. Associato a ciascun ramo di collegamento e’ posto il relativo benefico netto Rj (xj ). Iniziando dall’uso (o stadio) 3, per ciascun valore discreto ed ammissibile della variabile di stato s3 il valore massimo fra tutte le R3 (x3 ) fra i nodi entranti nel nodo s3 definisce f3 (s3 ). Cio’ consente di passare allo stadio 2 e computare per ciascuna variabile di stato s2 la relativa f2 (s2 ). Infine, con ciascuna f2 (s2 ) ed i valori dei link dallo stadio 1 allo stadio 2, si puo’ valutare la f1 (Q) e conseguentemente la ripartizione ottima della risorsa tra gli usi. 134 Figure 51: Grafo della assegnazione ammissibile della risorsa e benefici netti sui trasferimenti. 135 La procedura descritta si muove con modalita’ backward attraverso la rete dallo stadio 3 allo stadio 1 per ottenere la soluzione ed e’ basata sul principio che in qualunque stadio ci si muove all’indietro in condizioni tali da raggiungere l’ottimo finale negli spostamenti tra gli stadi. Tuttavia si nota che la procedura potrebbe essere invertita e procedere con modalita’ forward, iniziando dallo stadio (uso) uno. In tal caso il beneficio netto dell’uso 1 risulta: f10 (s1 ) = maxx1 (x1 ≤s1 ) [R1 (x1 )] (93) Poiche’ il valore ottimo di x1 e’ incognito, l’equazione precedente deve essere risolta per diversi valori discreti di x1 tra 0 e s1 = Q. Successivamente si ha, quindi: f20 (s2 ) = maxx2 (x2 ≤s2 ) [R2 (x2 ) + f10 (s2 + x1 )] (94) Anche questa equazione deve essere risolta per diversi valori discreti di s2 tra 0 e Q. Infine: f30 (s3 ) = maxx3 (x3 ≤s3 ) [R3 (x3 ) + f20 (s3 + x2 )] (95) In questo modo il processo che si muove forward dallo stadio 1 allo stadio 3 si basa sempre sul principio che non interessa lo stato in cui siamo ma che questo stato sia raggiunto nel modo ottimale. Questa concetto riprende quello che Bellman defini’ come principio di ottimalita’ della programmazione dinamica. Nell’esempio qui visto e’ stato semplice riportare il problema di assegnazione ottima come problema che puo’ essere risolto sia con procedura forward che backward di programmazione dinamica. Si noti pero’ che cio’ non e’ sempre possibile o agevole per tutti i problemi nella gestione delle risorse idriche. Si noti ancora che, diversamente da altre procedure di ottimizzazione, l’introduzione di vincoli puo’ semplificare la risoluzione del 136 problema di programmazione dinamica; ad esempio i vincoli capacitativi possono ridurre il numero di valori discreti xj che devono essere considerati nella valutazione delle fj (sj ). 8.4 Variabili di stato multiple Ci sono certi tipi di problemi decisionali multi-stadio che possono creare alcune difficolta’ computazionali. Si supponga, nell’esempio precedente di assegnazione ottima, che l’acqua sia usata per differenti colture irrigue. Inoltre debba essere assegnata alla coltura anche l’aliquota di terreno da utilizzare per essa. Se si indica con A la quantita’ complessiva di terreno disponibile e con uj la quantita’ d’acqua di cui ha bisogno ciascuna coltura (dotazione irrigua), il problema di ottimizzazione e’ ora quello di determinare l’assegnazione xj di acqua e la quantita’ di terreno aj = xj /uj che massimizzano il beneficio totale netto soggetto alla limitazione ulteriore sul terreno disponibile. Il problema di ottimizzazione si formalizza ora nel seguente modello: max s.t. P j=1,3 Rj (xj ) P j=1,3 xj ≤ Q ≤A xj ≥ 0 j = 1, 3 P j=1,3 (xj /uj ) (96) (97) (98) (99) Diversamente dal problema originale ci sono ora due assegnazioni da fare a ciscun passo: acqua (eq.: 97) e terra (eq.: 98). E’ quindi necessario prendere in esame un’altra variabile di stato rj per individuare la quantita’ di terra disponibile per l’attribuzione alle rimanenti colture. L’equazione generale ricorsiva diventa: 137 fj (sj , rj ) = max(0≤xj ≤sj ),(xj ≤rj uj ) [Rj (xj ) + fj+1 (sj − xj , rj − (xj /uj ))] (100) che deve essere risolta per diversi valori sia della variabile di stato sj (0 ≤ sj ≤ Q), sia della variabile di stato rj (0 ≤ rj ≤ A). Anche se l’introduzione della seconda variabile di stato non introduce ulteriori difficolta’ concettuali, essa comunque determina un incremento nella difficolta’ computazionale della risoluzione del problema. Maggiore e’ il numero di variabili di stato, maggiori sono le combinazioni di attribuzione dei valori alle variabili decisionali che devono essere esaminati in ciascuno stadio decisionale del problema. Sul computer cio’ richiede maggiore memoria a disposizione e maggiore tempo di calcolo. In genere la necessit´a di considerare piu’ di tre variabili di stato, se richiede di esaminare un notevole numero di valori discreti per ciascuno stato, determina la crescita del problema fino a dimensioni intrattabili. Cio’ e’ dovuto alla crescita esponenziale del numero totale di stati discreti che devono essere esaminati con la crescita delle variabili di stato. Questo fenomeno e’ chiamato curse of dimensionality dei problemi di programmazione dinamica con variabili di stato multiple. 138 8.5 Altre applicazioni Espansione della capacita’ di un sistema Si considera un centro abitato per il quale, a causa dell’aumento della popolazione, si debba prevedere un aumento della capacita’ del serbatoio di approvvigionamento (N.B.: il problema sarebbe concettualmente lo stesso se si dovessero aumentare le dimensioni delle condotte o per aumento delle dimensioni dell’impianto di potabilizzazione o trattamento reflui). Sia Dt la capacita’ del sistema necessaria alla fine di ciascun periodo t nel quale si e’ discretizzato l’arco temporale considerato. Il costo di espansione Ct (st , xt ) in ciascun periodo e’ funzione sia dell’aumento di capacita’ richiesto, sia della capacita’ precedentemente esistente. Le variabili decisionali del problema sono, quindi, le xt , incremento della capacita’ del serbatoio al tempo t, mentre le st indicano le capacita’ preesistenti. Il problema di pianificazione e’ quello di trovare la sequenza di espansione delle capacita’ che minimizza il costo attualizzato dei costi da sostenere nell’orizzonte temporale esaminato per soddisfare le esigenze di ampliamento di capacita’. Il problema puo’ quindi essere scritto: f = min T X αt Ct (st , xt ) (101) t=1 dove con αt , al solito, si e’ indicato il fattore di attualizzazione: (1 + r)−(t−1) ed r indica il tasso di interesse. Nel problema deve essere posto, ovviamente, il vincolo che alla fine di ciascun periodo (ovvero all’inizio di quello successivo) la capacita’ disponibile subisca un incremento perlomeno pari all’incremento richiesto e sia quindi soddisfatta la relazione: 139 Figure 52: Esempio di programma di espansione della capacita’. st+1 = st + xt ≥ Dt (102) Ci possono anche essere vincoli sulla possibilita’ di espansione del serbatoio in ciascun periodo (in genere sono vincoli tecnologici) che possono essere definiti da un set Ωt di valori possibili, tali che risulti: x t ∈ Ωt (103) La Figura 52 illustra in modo schematico questo problema di espansione ottima della capacita’ del serbatoio. La funzione di costo tipicamente ha dei costi iniziali fissi e presenta economie di scala (in un intervallo limitato di possibili valori della variabile decisionale), come illustrato nella Figura 53. Il problema di ottimizzazione definito dalle equazioni precedenti puo’ essere strutturato come un processo decisionale multi-stato e risolto come un processo di programmazione dinamica forward ovvero, in alternativa, backward. 140 Figure 53: Funzione di costo dell’espansione della capacita’. Gli stati del sistema sono relativi ai periodi nei quali sono prese le decisioni di espansione (stadi decisionali). Le variabili di stato possono essere sia le capacita’ st+1 alla fine del periodo t, se e’ usata una procedura forward, sia la capacita’ st all’inizio del periodo se e’ usata una procedura backward. La procedura forward-moving puo’ essere schematizzata graficamente come e’ indicato nella Figura 38. La scrittura della equazione ricorsiva richiede che in ciascuno stadio del processo decisionale sia definita una funzione ft (st+1 ) che esprime il valore attuale di minimo del costo complessivo di espansione dal periodo attuale fino al periodo t. Quindi, iniziando dal periodo 1 e per D1 ≤ s2 ≤ DT , dove DT e’ la massima capacita’ che e’ necessario sia considerata, si ha: f1 (s2 ) = minx1 (x1 ∈Ω1 ) α1 C1 (s2 − x1 , x1 ) (104) Si nota che la variabile s1 nella funzione di costo puo’ essere espressa in termini di variazione della variabile decisionale: s1 = s2 − x1 . Inoltre la capacita’ finale nel periodo 1, indicata come s2 , 141 Figure 54: Schematizzazione della procedura forward di espansione della capacita’ del serbatoio deve essere non inferiore di quella richiesta alla fine del periodo: D2 . L’equazione (104) deve essere risolta per valori discreti di x1 . L’ambito di variazione della variabile di stato s2 , che indica la capacita’ del serbatoio alla fine tempo 1, sara’ compresa tra quella iniziale D1 e quella finale DT nell’intero orizzonte temporale esaminato . Per il periodo t = 2 la funzione f2 (s3 ) e’ definita nel seguente modo: f2 (s3 ) = minx2 (x2 ∈Ω2 ) [α2 C2 (s3 − x2 , x2 ) + f1 (s3 − x2 )] (105) L’equazione (100) deve essere risolta per valori discreti di x2 compatibili con la condizione che s3 sia compresa tra D2 e DT in modo da rendere ammissibile la soluzione dell’equazione successiva. In generale, per ciascun periodo t l’equazione ricorsiva, in procedura forward, si pu´o scrivere: ft (st+1 ) = minxt (xt ∈Ωt ) [αt Ct (st+1 − xt , xt ) + ft−1 (st+1 − xt )] (106) 142 Questa equazione ricorsiva deve essere risolta per tutti i valori Dt ≤ st+1 ≤ DT . Per l’ultimo periodo, t = T , l’equazione deve essere risolta, con sT +1 = DT per i valori che minimizzano il costo totale: fT (DT ) = minxT , xT ∈ΩT [αT CT (DT − xT , xT ) + fT −1 (DT − xT )] (107) La procedura backward puo’ essere formulata in modo simile. Nelle espressioni che seguono indichiamo con l’apice i valori della funzione obiettivo della equazione ricorsiva ottenuta in modalita’ backward. Pertanto, la funzione ft0 (st ) definisce il minimo valore attuale del costo totale di espansione dal periodo t fino a T , avendo una capacita’ iniziale uguale a st . Si noti la differenza nella definizione della funzione f 0 rispetto alla procedura precedente. Per l’ultimo periodo T , nel quale l’espansione della capacita’ deve portare a soddisfare la domanda DT . Per l’equazione ricorsiva con modalita’ backward si ha: fT0 (sT ) = minxT , xT ∈ΩT [αT CT (sT , xT )] (108) questa equazione deve essere risolta per tutti i valori discreti di sT compresi tra DT −1 e DT ; per il generico periodo compreso tra 2 e T − 1 si ha: 0 ft0 (st ) = minxt , xt ∈Ωt [αt Ct (st , xt ) + ft+1 (st + xt )] (109) che deve essere risolta per tutti i valori di st compresi fra Dt−1 e DT . Infine, nel periodo t=1 il valore della funzione e’ ricavato dalla seguente espressione: 143 f10 (s1 ) = minx1 , x1 ∈Ω1 [α1 C1 (s1 , x1 ) + f20 (s1 + x1 )] (110) che, ovviamente, deve fornire un valore uguale a quello ricavabile dalla procedura forward. 144 Figure 55: Schema del sistema e variabili considerate nella gestione dell’invaso. Gestione di serbatoi Nella Figura 55 e’ schematizzato un serbatoio avente, nel generico periodo t, un volume di afflusso idrologico pari a it e dal quale viene rilasciato, nello stesso periodo, un volume rt . In ambito deterministico la sequenza degli afflussi it e’ assunta conosciuta a priori mentre deve essere determinata la sequenza ottima dei rilasci rt . Pertanto le variabili decisionali del problema sono i rilasci dal serbatoio rt . E’ inoltre fissata la capacita’ del serbatoio, posta uguale a K. Il beneficio netto puo’ essere espresso tramite una funzione sia del volume invasato che del volume rilasciato in ciascun periodo. Si indica con st il volume iniziale invasato nel periodo t. Assumiamo che il beneficio netto in ciascun periodo possa essere definito come funzione del volume iniziale e finale invasato (st , st+1 ) e del volume rt erogato dal serbatoio nello stesso periodo. Indichiamo questo beneficio con N Bt (st , st+1 , rt ). 145 Consideriamo l’orizzonte temporale di analisi T uguale ad un adeguato numero di anni e dividiamolo in periodi t che si possono assumere pari al mese. L’obiettivo della gestione e’ quello di massimizzare il beneficio netto totale: X max N Bt (st , st+1 , rt ) (111) t=1,T La procedura dovra’ considerare la stima dei benefici netti come flussi annui monetari attualizzati. I vincoli devono includere l’equazione di continuita’ per ciascun periodo. Ipotizziamo trascurabili le perdite, pertanto: st+1 = st + it − rt t=1, T (112) Per consentire la ripetitivita’ della serie si pone il vincolo di uguaglianza dei volumi nei periodi (T + 1) e 1. I vincoli devono considerare anche la limitazione alla capacita’ K del volume invasato in ciascun mese e la non-negativita’ dei valori di invaso : st ≤ K st ≥ 0 t=1, T t=1, T (113) Il problema puo’ essere risolto con la programmazione dinamica con una formalizzazione che segue lo schema nella Figura 56. Gli stadi decisionali avvengono in ciascun periodo temporale e gli stati del sistema sono definiti dai volumi invasati. Procedendo con modalita’ backward si parte dall’ultimo periodo T . Definiamo una funzione fT0 (sT ) che e’ il massimo beneficio netto ottenibile dal gestire il serbatoio nell’ultimo periodo avendo come volume iniziale il volume sT : 146 Figure 56: Schematizzazione del processo decisionale. fT0 (sT ) = max(rT ≥0),(rT ≤sT +iT ),(rT ≥sT +iT −K) [N BT (sT , sT +iT −rT , rT )] (114) I vincoli sul rilascio rT limitano l’acqua disponibile al volume invasato piu’ l’input idrologico nel periodo ed impongono il rilascio dell’acqua eccedente la capacita’ del serbatoio K. L’equazione (114) deve essere risolta per valori discreti di rt e con sT variabile tra 0 (o un eventuale valore minimo di rilascio imposto) e la capacita’ K. Come al solito, nella procedura con modalita’ backward, la valutazione dei valori di fT0 (sT ) e’ necessaria per poter procedere nella successiva equazione che consente di valutare il massimo beneficio del periodo precedente: 147 fT0 −1 (sT −1 ) = (115) max(rT −1 ≥0),(rT −1 ≤sT −1 +iT −1 ),(rT −1 ≥sT −1 +iT −1 −K) [N BT −1 (sT −1 , sT −1 + iT −1 − rT −1 , rT −1 ) + fT0 (sT −1 + iT −1 − rT −1 )] Anche questa equazione deve essere risolta per tutti i possibili valori della variabile decisionale rT −1 , compatibili con le ipotesi sulla variabile di stato sT −1 , prima di poter procedere alla risoluzione della successiva formulazione della equazione ricorsiva. In termini generali questa si scrive: ft0 (st ) = (116) max(rt ≥0),(rt ≤st +it ),(rt ≥st +it −K) [N Bt (st , st + it − rt , rt ) + 0 ft+1 (st + it − rt )] Ovviamente, in generale nei nostri climi non e’ sufficiente considerare un solo anno per determinare i valori di erogazione ottimali rt e pertanto sara’ necessario estendere il periodo esaminato ad un adeguato numero di anni. Inoltre, e’ necessario verificare su diversi anni se si tende a soluzioni stazionarie nelle erogazioni nei singoli mesi. 148 8.6 Considerazioni conclusive sulla programmazione dinamica Concludendo questa parte del corso sulla programmazione dinamica e’ opportuno ricordare le principali ipotesi che sono alla base della sua applicazione nell’ambito delle risorse idriche e le conseguenti limitazioni. La prima e’ che i benefici e costi risultanti in ciascuna fase decisionale del problema siano esprimibili come dipendenti dai valori assunti dalla variabile di stato ed attraverso di essa siano esprimibili tutte le dipendenze dalle decisioni prese nelle altre fasi decisionali antecedenti nel processo esaminato. Se la soluzione in ciascuna fase non e’ esprimibile attraverso l’esame di un numero limitato di variabili di stato, la programmazione dinamica non e’, probabilmente, una tecnica appropriata per il problema in esame. Per esempio la programmazione dinamica non e’ una tecnica che si presta ad essere utilizzata quando, per un problema di gestione ottima delle risorse, oltre alla valutazione delle sequenze ottime di rilascio dal singolo serbatoio si debba determinare la ripartizione delle erogazioni tra diversi serbatoi. Questo il caso di un sistema di utilizzazione delle risorse idriche piu’ complesso e che preveda la interconnesione dei serbatoi, come spesso attualmente avviene. Per questi problemi di ottimizzazione possono essere utilizzate altre tecniche risolutive, come la programmazione lineare che verra’ esaminata di seguito. 149 9 Elementi di programmazione lineare Supponiamo che una determinata risorsa possa essere utilizzata in due differenti modi produttivi, con vincoli b1 e b2 sulla quantita’ di risorsa da dedicare a ciascun impiego. Supponiamo inoltre che la quantita’ totale di risorsa da dedicare abbia una limitazione superiore b3 . Indichiamo con x1 , x2 le quantita’ di risorsa impiegate e con c1 , c2 i corrispondenti profitti per unita’ di risorsa impiegata. Il problema consiste nel calcolo delle quantita’ x1 , x2 che danno il massimo profitto e queste sono, pertanto, le variabili decisionali del problema. Dal punto di vista di programmazione matematica si tratta di trovare il massimo della funzione obiettivo che esprime il profitto che puo’ essere ottenuto impiegando la risorsa e vincolandola secondo quanto detto precedentemente: max f (x1 , x2 ) = c1 x1 + c2 x2 s.t. x1 + x2 ≤ b3 x1 ≤ b1 x2 ≤ b2 x1 , x 2 ≥ 0 (117) (118) (119) (120) (121) Il problema puo’ essere espresso in forma piu’ compatta ponendo: b = [b1 , b2 , b3 ]T c = [c1 , c2 ]T 150 Figure 57: Rappresentazione grafica del problema di programmazione lineare. A = 10 01 11 e formulando, conseguentemente, il modello di ottimizzazione nel seguente modo: max cx s.t. Ax ≤ b x≥0 (122) (123) (124) Il problema e’ rappresentato graficamente nella Figura 57. Da tale figura si vede che la soluzione ottima x∗ e’ ottenuta muovendosi lungo la direzione del gradiente della funzione obiettivo grad(f ), dato dal vettore di componenti c. Le curve di livello sono sono le rette di equazione (122) ortogonali al vettore grad(f ). 151 9.1 Risultati intuitivi Se indichiamo con X l’insieme di ammissibilita’ per le x, si ha: 1 Se X = 0 non esistono soluzioni ammissibili e quindi soluzioni ottimali. 2 Se X non e’ limitato lungo la direzione di c, non esistono soluzioni finite, cioe’: supx∈X cx = ∞. 3 Se vi e’ un solo massimo esso e’ sempre in un vertice. 4 Se vi e’ piu’ di un massimo, allora ve ne sono infiniti e tra questi vi e’ almeno un vertice (questo risultato sara’ alla base del metodo del simplesso). 5 Un punto x∗ ∈ X e’ ottimale se e solo se la retta cx = cx∗ non interseca l’interno di X . 9.2 Alcune definizioni - Insieme convesso: un insieme X in E n e’ detto convesso se, consiederati due punti qualunque x1 , x2 in X , risulta: λx1 + (1 − λ)x2 ∈ X , per qualunque λ ∈ [0, 1]. Si veda nella Figura (42) un esempio di insieme convesso e non convesso. - Punto estremo: Un punto x nell’insieme convesso X e’ detto punto estremo se esso non puo’ essere rappresentato come combinazione convessa di altri due distinti punti in X . Si veda nella Figura (43) alcuni esempi di punti estremi e non estemi. - Iperpiano e semispazio: Un iperpiano in E n e’ la generalizzazione della nozione di linea retta in E 2 e della nozione di piano in E 3 ; un iperpiano H in E n e’ l’insieme dei punti {x : bx = k} dove b e’ un vettore non nullo e k uno scalare. L’iperpiano H divide E n in due semispazi; uno semispazio e’ l’insieme dei punti che soddisfano al vincolo: {x : bx ≥ k}, l’altro e’ dato dai punti {x : bx ≤ k}. 152 Figure 58: Esempi di insiemi convessi e non convessi. Figure 59: Punti estremi e non estremi. 153 Figure 60: Direzioni in un insieme convesso. - Direzioni estreme di un insieme convesso: La nozione di direzione estrema e’ simile a quella di punto estremo. Le due direzioni estreme d1 , d2 nella Figura (44) non possono essere rappresentate come combinazione positiva di due distinte direzioni interne all’insieme. - Funzioni convesse e concave: Una funzione f (x) e’ detta convessa se e’ valida la seguente disuguaglianza: f (λx1 + (1 − λ)x2 ) ≤ λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 ) per qualunque λ ∈ [0, 1] e per qualunque vettore x1 , x2 . Una funzione f e’ concava se e solo se −f e’ convessa e quindi nell’espressione precedente vale la disuguaglianza ≥. Nella Figura (45) sono rappresentati esempi di funzioni convesse, concave e ne concave ne convesse. 154 Figure 61: Esempi di funzioni convesse (a), concave (b) e ne concave ne convesse (c). 9.3 Premesse al metodo del simplesso Consideriamo il sistema nella forma standard: Ax = b con x ≥ 0, dove A e’ una matrice m × n e b e’ un vettore di dimensione m. Sistemiamo le righe di A in modo che sia A = [B, N] dove B e’ una matrice invertibile m×m mentre N e’ una matrice m×(n−m). Il vettore: x= xB xN nel quale si e’ indicato con: xB = B−1 b xN = 0 e’ chiamato soluzione di base del sistema. 155 Figure 62: Soluzioni di base ammissibili. Se xB ≥ 0, il vettore xB e’ chiamato soluzione ammissibile di base del sistema; B e’ detta matrice di base (o semplicemente base) ed N matrice fuori base. Le componenti xB del vettore x sono dette in base mentre xN sono le componenti fuori base. Se xB > 0, allora la soluzione e’ detta non degenere; se anche uno dei componenti di xB e’ nullo, la soluzione e’ ammissibile ma degenere. Si consideri il poliedro definito dalle seguenti disuguaglianze ed illustrato nella Figura (46) : x1 + x2 ≤ 6 x2 ≤ 3 x1 , x2 ≥ 0 (125) (126) (127) Introducendo le variabili slack x3 ed x4 il problema si puo’ mettere nella forma standard: 156 x1 + x2 + x3 = 6 x2 + x4 = 3 x1 , x 2 , x 3 , x 4 ≥ 0 (128) (129) (130) Risulta pertanto la matrice dei coefficienti: A = [a1 , a2 , a3 , a4 ] = 1110 0101 Dalla definizione data precedentemente, ad una soluzione ammissibile di base corrisponde una matrice B di dimensione (2 × 2) in base alla quale risulta un vettore xB = B−1 b non negativo. Per l’esempio in esame sono possibili le scelte della matrice di base illustrate nella Figura (47). Si noti che i valori corrispondenti ai casi 1, 2, 3 e 5 danno luogo a soluzioni ammissibili; il caso 4 fornisce una soluzione di base non ammissibile in quanto viene violato il vincolo di non negativita’ della soluzione di base. Le quattro soluzioni di base risultano pertanto: x1 = 3 3 , x2 = 0 0 6 0 , x3 = 0 3 0 3 , x4 = 3 0 0 0 . 6 3 Questi punti appartengono ad uno spazio in E 4 in quanto sono state introdotte le variabili slack. Proiettando in E 2 , ossia nel piano (x1 , x2 ), si ottengono i seguenti punti: 157 Figure 63: Calcolo delle soluzioni di base. 158 3 , 3 6 , 0 0 , 3 0 , 0 che sono i quattro vertici (punti estemi) della Figura (46). In generale il numero delle soluzioni ammissibili e’ minore o uguale a (numero di combinazioni di m colonne estratte dal set di n possibili): n m = n! m!(n−m)! nel nostro caso risulta: 4 2 = 4! 2!2! =6 n Poiche’ il numero delle soluzioni di base e’ limitato a , m si potrebbe pensare semplicemente di enumerare tutte le soluzioni di base e prendere come ottima quella per la quale e’ minima la funzione obiettivo. Questo approccio non e’ perseguibile per diversi motivi: innanzi n diventa enormemente grande anche per per tutto il numero m piccoli problemi; in secondo luogo questo approccio non ci dice se il problema ha una soluzione non finita, fatto che puo’ accadere se la regione di ammissibilita’ non e’ finita; infine, se la regione di ammissibilita’ e’ un insieme vuoto, se utilizziamo la semplice enumerazione, noi scopriremo cio’ solo dopo che tutte le possibili combinazioni per estrarre m colonne dalle n colonne della matrice A non ci consente di trovare soluzioni ammissibili alle quali competa B per cui risulti B−1 b ≥ 0. 159 Il metodo del simplesso ci consente di passare da un punto estremo all’altro migliorando la funzione obiettivo ad ogni passo e permette di verificare se la regione ammissibile e’ vuota o se la soluzione ottima non e’ limitata. In definitiva il metodo enumera solo una piccola parte dei punti estremi della regione di ammissibilita’. 160 9.4 Miglioramento di una soluzione di base Consideriamo il solito problema di programmazione lineare: min cx s.t. Ax = b x≥0 (131) (132) (133) dove A e’ una matrice m × n di rango m. Supponiamo di avere una soluzione ammissibile di base x= B−1 b 0 alla quale corrisponda un valore della funzione obiettivo z0 dato dalla espressione: z0 = c B−1 b 0 = (cB , cN ) B−1 b 0 = cB B−1 b (134) Consideriamo un’altra soluzione ammissibile x = (xB , xN ) con (xB ≥ 0) e (xN ≥ 0). Risultera’: Ax = BxB + NxN = b. Moltiplicando per B−1 si ottiene: xB = B−1 b − B−1 NxN = B−1 b− X B−1 aj xj (135) j∈R dove R indica l’insieme delle variabili non in base. Dalle equazioni (129) e (130) si ricava il valore della funzione obiettivo: 161 z= cx = cB xB + cN xN P P = cB (B−1 b − j∈R B−1 aj xj ) + j∈R cj xj P = z0 − j∈R (zj − cj )xj (136) (137) (138) (139) dove zj = cB B−1 aj per le variabili fuori base. L’equazione (134) precedente ci puo’ guidare nel processo di miglioramento della soluzione ammissibile. Poiche’ dobbiamo mininimizzare la z, dalla (134) risulta chiaro che conviene incrementare le xk fuori base (dal loro attuale valore = 0) finche’ risulta (zk −ck ) > 0. La seguente regola puo’ quindi essere adottata: si fissano a zero tutte le variabili fuori base eccetto una xk per la quale sia positiva la quantita’ (zk − ck ). Dall’equazione (134) il nuovo valore della f.o. risulta: z = z0 − (zk − ck )xk . (140) Come xk aumenta, le variabili in base si modificano in accordo con l’equazione (130) e quindi risulta: xB = B−1 b − B−1 ak xk = b − yk xk (141) dove: b = B−1 b yk = B−1 ak Con riferimento alla variabile i-esima dell’equazione (136), se yik ≤ 0 allora xBi aumenta all’aumentare di xk e quindi xBi con162 tinua ad essere positivo restando in base. Se yik > 0, allora xBi decrescera’ al crescere di xk . La xk potra’ quindi essere incrementata fino a quando una variabile attualmente in base xBi non scende a zero. Esaminando l’equazione (136) e’ chiaro che la prima variabile in base che scendera’ a zero corrisponde al minimo bi /yik per valori positivi di yik . In definitiva: b br i = min1≤i≤m : yik > 0 = xk yrk yik (142) Le variabili assumono quindi i seguenti valori: xBi = bi − yik br yrk i = 1, 2, ...m (143) br yrk (144) xk = Tutte le altre xj che erano gia’ fuori base restano a zero mentre la variabile in base xBr va a zero . Per riassumere, si e’ sopra descritta la tecnica che muove da una soluzione ammissibile di base verso un’altra soluzione ammissibile di base. Questo e’ fatto incrementando il valore di una variabile inizialmente fuori base xk con un valore positivo di (zk −ck ) e modificando il valore delle altre variabili in base delle quali una, xBr scende a zero e lascia la base. In assenza di degenerazione la f.o. decresce; il processo dovrebbe terminare in un numero finito di passi. Nel caso in cui per tutte le variabili fuori base risulta (zj −cj ) ≤ 0 si e’ raggiunta la soluzione ottimale. 163 Nel caso in cui (zk − ck ) > 0, e quindi xk e’ candidato ad entrare in base, ma non e’ possibile travare alcun componente positivo yik e quindi e’ yk ≤ 0 la soluzione ottima non e’ limitata. 164 9.5 Sintesi del metodo Tutte le principali informazioni sui criteri alla base del metodo del simplesso sono gia’ state date precedentemente e consentono (in assenza di degenerazione) di convergere verso la soluzione finale in un numero finito di iterazioni secondo i seguenti passi: 1 - Si parte da una soluzione di base ammissibile alla quale corrisponde una matrice di base B. 2 - Si risolve il sistema BxB = b che fornisce come soluzione: xB = B−1 b = b ; xN = 0 ; z = cB xB . 3 - Si risolve il sistema wB = cB che fornisce come unica soluzione: w = cB B−1 . Si calcola quindi zj − cj = waj − cj per tutte ne variabili non in base. 4 - Posto: zk − ck = maxj∈R (zj − cj ) (dove R indica l’insieme degli indici associati alle varibili fuori base), se (zk − ck ) ≤ 0 la procedura si ferma e la soluzione attualmente in base e’ la soluzione ottima; in caso contrario si va al passo seguente. 5 - Si risolve il sistema Byk = ak che fornisce come unica soluzione: yk = B−1 ak . Se risulta yk ≤ 0 la soluzione ottima non e’ limitata; in caso contrario si va al passo successivo. 6 - La variabile xk entra nella base mentre una variabile xBr , attualmente in base, lascia la base. L’indice r e’ determinato dal criterio: br bi : yik > 0 yrk = min1≤i≤m yik Viene fatto l’update della matrice B nella quale ak sostituisce aBr ; si torna quindi al passo 2. 165 10 Il problema duale A ciascun problema di programmazione lineare puo’ essere associato un altro problema, che deriva dal primo, e che soddisfa ad alcune importanti proprieta’. Il problema originario viene comunemente denominato primale, quello derivato duale. Supponiamo che il problema primale sia posto in forma canonica: min cx s.t. Ax ≥ b x≥0 (145) (146) (147) Il problema duale in forma canonica e’ definito nel modo seguente: max wb s.t. wA ≤ c w≥0 (148) (149) (150) Si noti che abbiamo una variabile duale per ciascun vincolo nel primale e, corrispondentemente, un vincolo nel duale per ciascuna variabile nel primale. Un’altra definizione del duale si ha nel caso in cui il problema primale sia messo in forma standard (con vincoli di uguaglianza): Primale: min cx s.t. Ax = b x≥0 Duale: 166 (151) (152) (153) max s.t. w wb wA ≤ c non vincolato (154) (155) (156) Data la definizione del duale per il problema in forma canonica o standard e possibile dimostrare che anche l’altra definizione e’ valida. La forma standard del problema primale puo’ essere ottenuta aggiungendo le variabili slack, pertanto: min cx s.t. Ax − Ixs = b x , xs ≥ 0 (157) (158) (159) e corrispondentemente si ottiene: max s.t. w wb wA ≤ c −wI ≤ 0 non vincolato (160) (161) (162) (163) ma poiche’ −wI ≤ 0 e’ lo stesso che scrivere w ≥ 0 riotteniamo la forma canonica del problema duale. E’ comunque possibile trovare anche per vincoli misti il duale del problema riportandosi alla forma standard. Ad esempio, se si considera il seguente problema: min cx s.t. A1 x ≥ b1 A 2 x = b2 A 3 x ≤ b3 x≥0 167 (164) (165) (166) (167) (168) riportandolo in forma standard si ottiene: min cx s.t. A1 x − Ixs = b1 A 2 x = b2 A3 x + Ixt = b3 x , xs , xt ≥ 0 (169) (170) (171) (172) (173) ed il duale di questo problema, per quanto detto sopra, e’ il seguente: max s.t. w1 b1 + w2 b2 + w3 b3 w1 A1 + w2 A2 + w3 A3 ≤ c −w1 I ≤ 0 w3 I ≤ 0 w1 , w2 , w3 non vincolati (174) (175) (176) (177) (178) Nella tabella riportata nella Figura (48) sono sintetizzati tutti i possibili casi nei quali deve essere effettuata la trasformazione per ottenere il duale. 10.1 Relazioni fra i valori delle funzioni obiettivo Consideriamo un problema primale nella sua forma canonica ed il corrispondente duale. Siano x0 ed w0 , rispettivamente, soluzioni ammissibili per il problema primale e duale. Risultera’ quindi: (P ) Ax0 ≥ b , x0 ≥ 0 (D) w0 A ≤ c , w0 ≥ 0. Moltiplicando in entrambe la prima riga per w0 e la seconda per x0 , dal loro confronto si ottiene: cx0 ≥ w0 Ax0 ≥ w0 b 168 (179) Figure 64: Relazioni tra primale e duale. Pertanto il valore della f.o. per una soluzione ammissibile del problema di minimizzazione e’ sempre maggiore o al piu’ uguale del valo della f.o. per una soluzione ammissibile del problema di massimizzazione. In particolare la f.o. del problema di minimizzazione fornisce un limite superiore alla f.o. ottima del problema di massimizzazione, sempre con riferimento a soluzioni ammissibili. Se quindi, per soluzioni ammissibili x0 e w0 , risulta verificata l’eguaglianza tra le f.o.: cx0 = w0 b si deduce che e’ stata raggiunta la soluzione ottimale sia per il problema primale che per quello duale. Si noti inoltre che se uno dei due problemi ha una f.o. non limitata, l’altro non possiede soluzioni ammissibili. 169 10.2 Interpretazione economica del duale Consideriamo il seguente problema di programmazione lineare ed il suo duale: (P ) : min cx s.t. Ax ≥ b x≥0 (D) : max wb s.t. wA ≤ c w≥0 (180) Se B e’ la base ottima del problema (P ) e cB e’ il vettore dei costi delle variabili in base, risultera’: z ∗ = cB B−1 b = w∗ b dalla quale si puo’ ricavare: ∂z ∗ = cB B−1 = w∗ . (181) ∂b Quindi i singoli componenti wi∗ di w∗ rappresentano la variazione della funzione obiettivo per un’unita’ di incremento nel valore del coefficiente bi . Poiche’ wi∗ ≥ 0, si ha che z ∗ aumentera’ o restera’ costante all’aumentare di bi . Economicamente possiamo pensare a w∗ come al vettore dei prezzi ombra relativamente al vettore dei termini noti b. Se, ad esempio, nel (P) il vincolo i-esimo rappresenta una richiesta per la produzione di almeno bi unita’ del prodotto i-esimo e cx rappresenta il costo totale di produzione, allora wi∗ e’ il costo incrementale dovuto al produrre un’unita’ in piu’ del prodotto i-esimo. Espresso in altro modo, wi∗ e’ il giusto prezzo che deve essere pagato per avere un’ulteriore unita’ di prodotto. Da un punto di vista economico, il problema (P ), indica l’obiettivo 170 di minimizzare i costi derivanti dalle attivita’ o trasformazioni su xj al fine di produrre quantita’ di prodotto almeno pari a bi . I singoli valori aij della matrice A rappresentano le relazioni tra le quantita’ di output i generate da ciascuna attivita’ j. Invece di cercare di controllare i costi di trasformazione, supponiamo adesso di poter intervenire sui prezzi wi dei prodotti finali i-esimi. Questi prezzi devono comunque essere equi e pertanto la sommaP toria i=1,m aij wi non deve eccedere il prezzo reale di produzione cj . Quindi il produttore dovra’ rispettare il vincolo del problema (D): P i=1,m aij wi ≤ cj . All’interno di questo vincolo il produttore potra’ scegliere i prezzi P che massimizzano il suo ricavo: i=1,m wi bi . In questi termini abbiamo definito anche il problema (D). L’uguaglianza delle f.o. dei due problemi nasce dalla considerazione che se vi e’ equilibrio tra il mercato dell’offerta e del consumo la situazione di ottimo in termini di minimo costo di produzione si traduce anche in ottimo in termini di massimo ricavo. 171 11 Ottimizzazione di sistemi di risorse idriche tramite la programmazione lineare Diversamente da cio’ che avviene per la gran parte delle altre tecniche di programmazione matematica, per la programmazione lineare sono disponibili numerosi pacchetti software utilizzabili sia su personal computer che per workstation o mainframe. In genere per l’uso di questi software non e’ necessaria una conoscenza approfondita delle basi metodologiche e dei criteri di implementazione utilizzati e spesso i software si prestano ad un uso di tipo generale. Questo e’ senz’altro uno dei motivi principali per i quali questa tecnica, che pure per il suo utilizzo richiede la linearizzazione di f.o. e vincoli, e’ certamente quella piu’ utilizzata anche nell’ambito delle risorse idriche. I modelli di ottimizzazione matematica possono dar luogo ad uno strumento realmente operativo nella ricerca della configurazione e della gestione ottima di sistemi idrici complessi, che possono anche prevedere l’uso congiunto di risorse convenzionali e marginali in condizioni di siccita’, solo se si tengono presenti alcuni aspetti che sono cruciali nel predisporre uno strumento adeguato nell’affrontare tali problemi. In particolare, e ben noto (Loucks et al., 1981; 2005) che il principale elemento da perseguire con l’ottimizzazione risiede nella possibilita’ di risolvere in maniera adeguata un modello per quanto possibile aderente alla realta’ fisica, i cui risultati possano essere visti come un target di riferimento da utilizzare in una successiva fase di simulazione per la verifica del sistema. Le configurazioni di flusso ottenute dalla ottimizzazione matematica possono essere equiparate ai risultati ottenibili da un gestore ideale del sistema che abbia perfetta conoscenza anche degli anda172 menti futuri di disponibilita’ e di richiesta di risorsa. Altro requisito necessario per convincere i decisori ad accettare l’ottimizzazione come strumento risolutivo per problemi reali, risiede nella possibilita’ che il modello presenti un interfaccia grafica interattiva in modo che la semplicita’ di utilizzo del modello di ottimizzazione consenta l’uso anche ad un utente non esperto delle procedure risolutive implementate. Tale esigenza di semplicita’ di utilizzo e’ generalmente riconosciuta come requisito essenziale nel predisporre nuovi strumenti di ottimizzazione dei sistemi idrici (v. presentazione software WARGI). Ulteriore elemento da considerare nella modellazione, in particolare quando si considera l’uso di risorse non convenzionali, e’ l’aspetto legato alla definizione della qualita’ dell’acqua che risulta fattore cruciale in quanto limitante l’effettiva disponibilit di risorsa idrica per i diversi usi. Per tener conto della qualita’ delle acque di approvvigionamento, sono stati sviluppati indici di valutazione sintetica per classificare le acque in relazione ai possibili utilizzi. Tali parametri risultano generalmente differenziati a seconda delle caratteristiche dei corpi idrici e dei fattori vincolanti la loro utilizzazione. Torneremo piu’ avanti sulle principali limitazioni che questa tecnica di ottimizzazione impone nella sua utilizzazione mentre di seguito esamineremo piu’ in dettaglio alcuni possibili ambiti di applicazione. 173 Figure 65: Curve di possibilita’ di erogazione al variare della affidabilit del sistema 11.1 Possibilita’ di erogazione da un invaso Consideriamo dapprima un serbatoio singolo per il quale sia nota una serie di afflussi idrologici con scansione temporale sufficientemente stretta. Il rilascio che puo’ essere effettuato da questo serbatoio verso le utilizzazioni dipende essenzialmente dalla capacita’ di regolazione utile del serbatoio secondo una curva di possibilita’ di erogazione che, eventualmente, puo’ essere diversificata quando, in ambito probabilistico, si voglia evidenziare la affidabilita’ con la quale saranno possibili certi livelli di erogazione mettendoli, ad esempio, in relazione con una certa probabilita’ di deficit. Nella Figura (49) sono schematizzate due curve di possibilita’ di erogazione alle quali corrisponde una elevata (curva inferiore) e una bassa (curva superiore) affidabilita’ delle erogazioni verso le utenze. Un modo per ottenere tali curve puo’ essere quello di fissare, di volta in volta, la capacita’ K del serbatoio e di massimizzare il 174 rilascio effettuabile. Mettiamoci per ora in ambito deterministico e ipotizziamo per semplicita’ che il rilascio r sia uniforme nei periodi esaminati, ad esempio con scansione mensile. La nostra funzione obiettivo sara’ quindi, semplicemente: max r (182) Sulla base di quanto abbiamo gia’ visto nei capitoli precedenti, e’ chiaro che il rilascio r sara’ condizionato dall’afflusso in ciascun periodo (che supponiamo noto) e dalla capacita’ del serbatoio K. Il primo set di vincoli e’ rappresentato, quindi, dalla equazione di continuita’ all’invaso che sara’ scritta in modo da eguagliare il volume invasato vt+1 , all’inizio del periodo t + 1, a quello che si ha all’inizio del periodo precedente vt , piu’ l’afflusso nello stesso periodo at , meno il rilascio r e gli eventuali sfiori st e le perdite, che pero’ ipotizziamo trascurabili in questo esempio. Ipotizzeremo, quindi, di seguito di poter considerare nulle le perdite per evaporazione da specchio liquido e per infiltrazione. Le modalita’ per poterle considerare in via indiretta sono illustrate nelle dispense del corso di Idrologia (b) - Ordinamento 509. Questo tipo di vincolo dovra’ essere ripetuto per tutti i periodi (t = 1, T ) esaminati. In definitiva possiamo scrivere: vt+1 = vt + at − st − r t = 1, ..., T (183) Per la ripetitivita’ del processo si dovra’ inoltre imporre che lo stato di invaso nel periodo finale sia quello del primo periodo, pertanto: vT +1 = v1 175 (184) Un set di vincoli dovra’ imporre il bound superiore alle variabili volume di invaso vt pari alla prefissata capacita’ K del serbatoio: vt ≤ K t = 1, ..., T (185) Saranno infine presenti i vincoli di non negativita’ per tutte le variabili esaminate. Il problema lineare costituito dalla f.o. (182) e dai vincoli (183 - 185) puo’ essere efficacemente risolto, ad esempio, col metodo del simplesso. In tal modo puo’ essere ottenuto il valore ottimo del rilascio r per capacita’ K prefissata. All’aumentare di K potranno essere trovati i valori crescenti di r e conseguentemente puo’ essere tracciata, per interpolazione trai punti trovati, la curva di possibilita’ di erogazione sul tipo di quella in Figura (65) associata alla affidabilita’ piu’ elevata (assenza di deficit). Si noti, tuttavia, che il valore di r e’ limitato superiormente alla consistenza della risorsa in esame e pertanto, anche con capacita’ elevata, non potra’ comunque essere derivata una quantita’ d’acqua superiore al deflusso medio del corso d’acqua: P r ≤ T1 t=1,T at In tal caso siamo nella condizione di realizzare la regolazione totale dei deflussi. Pertanto il processo di valutazione della curva di possibilita’ di erogazione terminera’ con il valore di K che assicura la regolazione totale. Per tener conto della eventualita’ che possano avvenire deficit, e contestualmente che possono mediamente essere erogati volumi superiori, si introduce la variabile deft (t = 1, T ) che rappresenta l’entita’ di possibili deficit ai quale sono ovviamente associati penalizzazioni nella F.O.: 176 X max r − c deft (186) t=1,T I deficit dovranno essere vincolati a non superare l’entita’ D e cumulati nel tempo τ a non superare un valore massimo accettabile nello stesso tempo: deft ≤ D X t = 1, ..., τ deft ≤ Dτ t = 1, ..., τ t∈τ (187) e consentiranno di soddisfare piu’ facilmente il vincolo di continuita’ all’invaso che sara’ modificato nella seguente forma: vt+1 = vt + at − st − r + deft t = 1, ..., T (188) La curva di possibilita’ di erogazione, fornita per punti dalla risoluzione del problema modificato nelle espressioni della FO e con inseriti i vincoli 187 e 188, sara’ quello indicato nella Figura (65) con andamento superiore, a parita’ di capacita’, ma con minore affidabilita’. 177 Figure 66: Schema del problema di qualita’ delle acque. 11.2 Modello di qualita’ dell’acqua Vediamo un altro esempio di applicazione della Programmazione Lineare nella gestione delle risorse idriche con riferimento ad un semplice problema di controllo della qualita’ delle acque. La Figura (66) mostra lo schema di un corso d’acqua che riceve in due localita’ lo scarico di due differenti impianti di trattamento di reflui. Senza alcun trattamento la concentrazione di ossigeno disciolto qi (mg/l) nelle localita’ 2 e 3 resterebbe inferiore a quella richiesta dalle normative, indicata con Qi . Il problema e’ quello di trovare il livello di trattamento delle acque reflue nei luoghi di immissione 1 e 2, necessari per soddisfare i limiti imposti dalle norme, al minimo costo totale compatibile. Assumiamo che per ciascuna unita’ di inquinante rimosso in 1, l’indice di qualita’ in 2 migliori di 0.025 (mg/l) mentre in 3 il miglioramento e’ di 0.0125 (mg/l). Nell’esempio la qualita’ dell’acqua in 1 e 2 e’ misurata immediatamente prima dell’immissione dello scarico. Quindi lo scarico in 1 influenza la qualita’ nei punti di prelievo delle 178 sezioni 2 e 3 mentre lo scarico 2 influenza la qualita’ solo nel punto di prelievo 3. Indichiamo con aij l’indice di miglioramento della qualita’ dell’acqua in j per unita’ di inquinante rimosso in i; con Wi la quantita’ di inquinante da trattare in i e con xi la frazione di inquinante rimossa in i. In definitiva, le variabili decisionali del nostro problema sono le xi : frazione di inquinante rimosso in i. Teoricamente le xi potranno variare tra 0 (nessun trattamento) ed 1 (totale rimozione dell’inquinante). Quindi, il miglioramento della qualita’ dell’acqua nel sito j dovuto a Wi xi unita’ di inquinante rimossi in i, e’ pari a aij Wi xi (mg/l). Per tutti i valori di x1 compresi tra 0 ed 1, l’indice di qualita’ (ossigeno disciolto) del sito 2 sara’ uguale al valore attuale q2 piu’ il miglioramento a12 W1 x1 dovuto al trattamento nel sito 1. L’indice di qualita’ nel sito 3 sara’ uguale a quello attuale piu’ il miglioramento a13 W1 x1 + a23 W2 x2 dovuto al trattamento in 1 e 2. In ciascun sito i, il costo del trattamento Ci (xi ) si assume essere una funzione della frazione di inquinante rimosso xi . In definitiva, la F.O. di questo esempio minimizza il costo totale della rimozione delle frazioni di inquinante x1 ed x2 : min C1 (x1 ) + C2 (x2 ) (189) dovendo essere soddisfatti gli standard di qualita’ Qj nei siti j = 2, 3 e pertanto dovendo risultare: 179 q2 + a12 W1 x1 ≥ Q2 q3 + a13 W1 x1 + a23 W2 x2 ≥ Q3 (190) (191) Per completare il set dei vincoli e’ necessario imporre le aliquote che tecnologicamente sono ammissibili come valori massimi e minimi per la frazione di inquinate xi che puo’ essere rimossa. Si assume una aliquota minima pari al 30% e massima del 95%. Pertanto gli ulteriori vincoli sono: xi ≥ 0.30 xi ≤ 0.95 (192) (193) Il modello definito dalle equazioni (190 - 193) contiene vincoli lineari ed anche la F.O. deve essere essere riportata alla forma lineare. In tal caso la F.O. riportata nella (189) assume la forma piu’ semplice: min C = c1 x1 + c2 x2 . Variabili duali e prezzi ombra del problema E’ gia’ stato detto che le variabili duali specificano la variazione relativa del costo totale per unita’ di variazione dei termini noti nei vincoli del problema. Partendo da tale definizione possiamo trovare i valori e significati delle variabili duali del problema. Nel caso in esame conviene riscrivere i vincoli nella forma: xi ≥ bi = (Qj − qj )/aij Wi j = 2, 3. 180 Ovviamente i valori delle variabili duali dipendono dai costi marginali c1 e c2 : assumiamo c1 = 10 e c2 = 6. Se b2 aumenta da 0.8 a 0.9 si trovera’ che il costo totale del trattamento passera’ da C = 12.8 a C = 13.2 e pertanto risulta: ∆C/∆b2 = 0.4/0.1 = 4.0 In modo analogo se b3 diminuisce da 1.6 a 1.5, C passera’ da 12.8 a 12.2 e pertanto si ha ∆C/∆b3 = 0.6/0.1 = 6.0 Le quantita’ ∆C/∆b2 = 4.0 e ∆C/∆b3 = 6.0 sono le due variabili duali relativi ai vincoli (182) e (183) . Per scrivere in modo completo il duale riscriviamo il primale nella seguente forma: min s.t. 10x1 + 6x2 x1 ≥ 0.8 x1 + x2 ≥ 1.6 x1 ≤ 0.95 x2 ≤ 0.95 (194) (195) (196) (197) (198) Il duale puo’ essere scritto nella forma seguente: max 0.8w1 + 1.6w2 − 0.95w3 − 0.95w4 s.t. w1 + w2 − w3 ≤ 10 w2 − w4 ≤ 6 (199) (200) (201) Dalla lettura di questo modello duale discendono in modo piu’ immediato le considerazioni fatte precedentemente. 181 12 12.1 Formulazione di un modello di ottimizzazione lineare per la pianificazione di un sistema di risorse idriche Premessa Per procedere al dimensionamento ottimale di un sistema di risorse idriche e’ necessario, preliminarmente, definirlo in termini spaziali individuando anche le interconnessioni con l’esterno, individuare l’arco ed il passo temporale di riferimento, nonche’ fornire la caratterizzazione di funzionamento ed i relativi vincoli tecnologici oltre, ovviamente, alla caratterizzazione economica degli interventi ipotizzabili e degli oneri di gestione e manutenzione. I dati del problema sono, conseguentemente, tutte quelle grandezze, note o comunque calcolabili a monte della risoluzione del modello, che caratterizzano la sua definizione. I dati possono essere di vario tipo: topografici, idraulici, idrologici, geologici, strutturali, agronomici, sociali, economici, ecc. Come gia’ detto nei precedenti paragrafi, da una possibile configurazione del sistema discende la determinazione sia di variabili di tipo progettuale che, per esempio, caratterizzeranno la capacita’ di un serbatoio, il tipo ed il diametro di una condotta, l’estensione di un comprensorio, ecc., sia di variabili di tipo gestionale che intervengono nella definizione delle regole di utilizzazione delle opere del sistema. L’insieme delle due variabili e’ spesso definito come insieme delle variabili decisionali. Le relazioni nelle quali compaiono le variabili decisionali, e che devono essere rispettate dal sistema, forniscono l’insieme dei vincoli del modello. I vincoli dovranno necessariamente quindi esprimere: vincoli di continuita’ sui flussi di risorsa idrica, vincoli di tipo capacitativo nei trasferimenti, vincoli di tipo tecnico di ammissibilita’ tra i valori assunti dalle variabili decisionali, vincoli di tipo ambien182 tale quali il rispetto della portata minima da assicurare in un corso d’acqua, vincoli sulla risorsa da assicurare ai vari utilizzi nei diversi periodi, ecc. Altri vincoli possono derivare da limiti finanziari nei riguardi delle somme a disposizione per i singoli investimenti o per il loro complesso. 12.2 Definizione dello schema funzionale del sistema La prima fase da sviluppare nella modellazione e’ quella relativa alla delimitazione del sistema da prendere in esame in relazione al suo sviluppo geografico ed all’arco temporale da esaminare. Al riguardo e’ opportuno, partendo dalla rappresentazione cartografica (ad esempio sulla cartografia al 25.000 IGM), pervenire ad una schematizzazione degli elementi che saranno presi in esame nel modello. In questa schematizzazione dovrebbero essere evidenziati sia le interconnessioni interne al sistema esaminato, sia i possibili collegamenti con l’esterno. Possono essere inoltre inseriti elementi fittizi (rappresentati da nodi, dummy nodes) che possono, ad esempio, rappresentare il recapito finale degli sfiori o delle perdite, e connessioni fittizie (dummy arcs) che, ad esempio, possono collegare il nodo di provenienza di flussi fittizi che rappresentano deficit di risorsa e consentono di equilibrare il bilancio ai nodi domanda. Agli elementi che definiscono lo schema funzionale del sistema dovranno essere associati le necessarie caratterizzazioni in relazione alle dimensioni delle opere (capacita’ dei serbatoi, diametri condotte, ecc.), alla variabilita’ temporale della risorsa disponibile (input idrologici, trasferimenti, ecc.) ovvero alla variabilita’ della risorsa richiesta per i vari usi. I dati idrologici, in particolare, dovranno fornire l’entita’ e la distribuzione nel tempo dei deflussi, e delle perdite per evaporazione. Strettamente connessi all’idrologia superficiale sono anche i dati idrogeologici connessi alla natura e consistenza delle falde ed alla 183 loro ricarica. In tal modo potra’ essere definita la possibilit di utilizzazione delle acque sotterranee anche in relazione all’andamento delle precipitazioni e dei deflussi superficiali. In sintesi, si puo’ affermare che la definizione del sistema richiede perlomeno la predisposizione di due strutture dati: - la prima e’ un insieme di dati che descrivono la configurazione dello schema in termini spazio-temporali (ad esempio liste di adiacenza) - la seconda richiede la predisposizione di una base dati che indichi gli input ed output di risorsa dal sistema. 12.3 Esame dei principali elementi del sistema e dei relativi vincoli funzionali Serbatoi I serbatoi artificiali, determinati dalla realizzazione di uno sbarrammento, sono, perlomeno nel nostro ambito regionale, i principali elementi che consentono il trasferimento nel tempo della risorsa idrica per assicurare il soddisfacimento delle richieste nei diversi periodi esaminati (trasferimento inter-periodale). Ad essi sono normalmente associati gli input idrologici quantificati come dati noti a priori sulla base di studi specialistici (ad es. SISS). La grandezza che viene utilizzata per descrivere l’evoluzione nel tempo della risorsa disponibile nel serbatoio e’ il volume invasato. Questa grandezza si puo’ considerare come una variabile di tipo gestionale, o di flusso lungo il trasferimento inter-periodale della 184 risorsa. Ovviamente questa variabile sara’ vincolata dalle dimensioni dello sbarramento e, conseguentemente, dalla possibilita’ di invaso nel lago artificiale che ne deriva. La capacita’ di invaso puo essere una variabile decisionale di tipo progettuale, nel caso di problema di dimensionamento, o puo’ essere definita a priori e comparire solo come limite (bound) superiore per le variabili di flusso inter-periodale che rappresentano il volume invasato, nel caso di un problema di gestione ottima del sistema. L’equazione di continuita’ all’invaso e’ il principale vincolo associato ai serbatoi: con riferimento al generico periodo t−esimo si puo’ scrivere: Vt+1 − Vt = It + Qt − Et − Ut − Pt (202) dove: It : input idrologico al serbatoio; Qt : volume trasferito o importato; Et : volume delle perdite; Ut : volume rilasciato a valle (sfiori); Pt : volume derivato verso le utenze. Le grandezze sopra elencate possono essere a loro volta delle variabili decisionali o rappresentare delle quantita’ note a priori. Come gia’ detto, in linea di massima gli input idrologici sono grandezze note a priori sulla base di misure effettuate o di studi di modellazione idrologica. Normalmente i volumi delle perdite sono quantificati dalla somma dei volumi evaporati dallo specchio liquido e dei volumi persi per infiltrazione nel corpo diga e nel sito di invaso. Tale variabile di perdita puo’ essere espressa come funzione del volume invasato nel serbatoio nel periodo e da ulteriori grandezze climatiche (temperatura, umidita’, velocita’ del vento, ecc.). 185 In via semplificata, si puo’ ipotizzare che la relazione tra evaporazione e superfice dello specchio liquido possa essere stagionalizzata, linearizzata e ritenuta costante in ogni stagione: Et = ft (St ) (203) dove St indica lo specchio liquido dell’invaso al tempo t. Si considerano disponibili le curve di invaso e delle superfici, ossia le relazioni volumi-quote e superfici-quote. E’ quindi possibile risalire ad una relazione, il piu’ delle volte nota in forma grafica, volumi-superfici di invaso. Considerando l’insieme delle coppie {(Si , Vi ), i = 1, N } si puo’ definire, ad esempio tramite una relazione regressiva, una espressione analitica lineare Si = g(Vi ) che, sostituita nella equazione (203), fornisce: Et = ft (g(Vt )) (204) E’ inoltre frequente ipotizzare una altezza di evaporazione costante in ciascun mese per cui la ft nella (204) da luogo ad un coefficente numerico moltiplicativo. L’equazione (204) definisce la grandezza Et che compare nella (202) relativamente alle perdite per evaporazione. Il valore associato alla variabile Ut nella (202) che quantifica i rilasci verso valle puo’ derivare dal vincolo capacitativo associato al volume invasato nel serbatorio: Vt ≤ C (205) nel quale, come gia’ detto, la capacita’ C puo’ rappresentare un valore noto (problema di gestione ottima) ovvero la capacita’ da determinare (problema di dimensionamento). Ulteriori vicololi sul rilascio a valle della diga Ut possono essere determinati da vincoli di tipo ambientale o ricreativo: in tal caso si dovranno inserire bound inferiori sui deflussi del tipo: Ut ≥ At 186 (206) Riesce generalmente difficile inserire vincoli che quantificano le misure per la difesa dalle piene in un modello di ottimizzazione nella gestione della risorsa idrica ai fini della sua utilizzazione poiche’ quest’ultimo approccio modellistico e’ in genere sviluppato con passo temporale eccessivamente esteso per essere adeguatamente sensibile agli eventi di piena. Questa difficolta’ modellistica e’ anche in relazione al fatto che, in genere, la valutazione dei danni di piena e la valutazione delle relative misure di prevenzione sono da realizzarsi in ambito stocastico e non prettamente deterministico, come quello nel quale stiamo operando in questa fase. Pertanto, relativamente alla ottimizzazione delle opere di difesa dalle piene, e’ in genere preferibile procedere indipendentemente con un modello di simulazione o altri metodi di ottimizzazione in ambito stocastico. Si precisa, comunque, che quando la protezione dalle piene e’ realizzata in modo principale dagli invasi, il processo di ottimizzazione dovra’ individuare i volumi di invaso da riservare per la laminazione delle onde di piena tenendo conto in via semplificata della efficienza degli stessi per lo scopo della attenuazione dei colmi. Dovranno essere valutati, conseguentemente, i benefici ottenibili (in termini di riduzione dei danni) e gli oneri determinati dal maggior costo delle opere di invaso o, eventualmente, dei costi determinati dalle riduzioni delle erogazioni verso le utenze. 187 Centrali idroelettriche ed impianti di sollevamento Gli impianti idroelettrici possono essere suddivisi tra quelli ad acqua fluente o ad invaso. La corretta modellazione delle centrali idroelettriche con la programmazione lineare determina notevoli problemi legati alla variabilita’ delle grandezze in gioco ed alla nonlinearita’ delle relazioni tra i flussi turbinati e la produzione elettrica. Inoltre, nella modellazione di un impianto idroelettrico ad invaso si dovra’ tener conto della variazione del salto utile disponibile che e’ funzione del livello di invaso nel serbatoio e della fascia temporale nella quale avviene la produzione che ne determina una diversa redditivita’. Per quanto riguarda il salto utile, dalla linearizzazione della curva di invaso si puo’ ricavare una relazione del tipo Ht = H0 + r(Vt ) (207) nella quale H0 indica il salto minimo assicurato ad invaso vuoto mentre la relazione lineare H 0 = r(Vt ) indica il valore ulteriore di salto disponibile sulla base del volume invasato. La dimensione, in termini di potenza installata, della centrale idroelettrica determina ovviamente un vincolo sulla massima energia ritraibile. La potenza dell’impianto e’ definita: Wt = 9.806 η Qt Ht (kW ) (208) mentre l’energia prodotta nel periodo t risulta: Nt = Tt Wt (kW h) (209) Nelle precedenti espressioni Qt (m3 s−1 ) indica la portata media nel periodo t, il salto utile Ht e’ definito dalla (207), mentre Tt e’ il numero di ore di funzionamento nel periodo t; risulta ovvio il significato degli altri termini. 188 Il vincolo sui volumi massimi turbinabili nel periodo t e’ pertanto: Vt ≤ 3600 Nmax 9.806 η Ht (m3 ) (210) essendo: Nmax = Tmax Wmax (kW h) (211) dove si e’ attribuito a Wmax il valore di dimensionamento della centrale idroelettrica (potenza dell’impianto). Sulla dimensione dell’impianto potra’ essere posto un vincolo di tipo tecnologico o economico: Nmax ≤ N 0 (212) Il discorso precedente, con le ovvie modifiche, e’ facilmente utilizzabile anche per gli impianti di sollevamento con prevalenza variabile. Si ricorda che per tali impianti il termine della prevalenza Ht sara’ data dalla somma della prevalenza geodetica H0 e delle perdite di carico lungo la condotta premente Ht0 . Queste ultime, tuttavia, non potranno essere determinate con le usuali equazioni del moto, quale ad esempio la espressione utilizzata in ambito simulativo nella esercitazione: Ht0 = k Qαt D−n L (m) (213) (nelle quali D indica il diametro ed L lo sviluppo della condotta premente), in quanto chiaramente non lineare. In merito alla valutazione di Ht0 si puo’ quindi far riferimento ad un valore medio di Qt o ad una interpolazione lineare della equazione del moto (218) nell’intorno dei valori di Q e D relativi al funzionamento previsto. Per condotte gia dimensionate si ha D = cost e si puo’ porre: k D−n L = K e quindi: 189 (214) Ht0 = K Qαt (m) (215) conseguentemente risulta: 0 Hmax = K Qαmax (m) (216) ed il vincolo capacitativo sara’ del tipo: 0 Hmax )1/α (m3 s−1 ) Qt ≤ Qmax = ( K ovvero, in termini di volume trasferito, si ha: 0 Hmax Vt = 3600 Tt Qt ≤ 3600 Tt ( )1/α = Vmax K (217) (m3 ) (218) Nel caso in cui il diametro D sia da determinare (sia quindi una variabile di progetto), in genere si blocca il valore di H 0 e risulta: Qαt = ( H0 ) Dn kL (m3 s−1 ) (219) e quindi : H 0 1/α n/α Qt = ( ) D kL ed in termini sintetici: Qt = K1 D r ≈ K2 D (m3 s−1 ) (220) (m3 s−1 ) (221) L’espressione va ovviamente tarata nell’intorno dei valori di presumibile ottimalita’. In termini di volumi trasferiti si avra’ ovviamente: Vt ≤ Vmax = 3600 Tt K2 D 190 (m3 ) (222) Trasferimenti a gravita’ nelle condotte in pressione Si puo’ fare riferimento a quanto sopra detto per i sollevamenti. Considerando il carico ∆ H fisso, si puo’ fare riferimento ai seguenti casi: Caso 1- D prefissato: ∆H 1/α ) K ovvero, in termini di volume: Qmax = ( (m3 s−1 ) Vt ≤ Vmax = 3600 Tt Qmax (223) (m3 ) (224) Caso 2 - D incognita (variabile di progetto): 1/α Qt = K3 Dn/α ≈ K3 D (m3 s−1 ) (225) ed il vincolo capacitativo sara’: Vt ≤ Vmax = 3600 Tt Qmax ≈ 3600 Tt K30 D 191 (m3 ) (226) 12.4 Funzione obiettivo Per per venire ad una configurazione di ottimo e’ necessario definire in termini analitici la funzione obiettivo. Nella sua valutazione occorre sempre tener presente quanto si detto nei primi capitoli sulla corretta valutazione delle prestazioni del sistema e quindi depurare costi e benefici di eventuali elementi che costituiscono solo dei trasferimenti interni. Occorre inoltre tener conto che costi e benefici non sono in genere contemporanei e non si realizzano in un unico periodo. In genere i maggiori costi si realizzano nel breve periodo mentre i benefici in genere sono estesi a intervalli piu’ lunghi e sono frequentemente sono riportabili a flussi monetari costanti. Per operare il confronto economico e’ necessario riferirsi a termini omogenei o attualizzando allo stesso istante costi e benefici ovvero trasformando i costi di costruzione nelle relative rate di ammortamento. Se si intende conseguire il massimo vantaggio assoluto del progetto senza limitazioni di spesa la funzione da massimizzare puo’ essere la differenza (B − C) tra benefici e costi. Se invece, come gia’ visto nei precedenti capitoli, per la possibilita’ di attuare progetti alternativi si intende conseguire la massima remunerazione del capitale impiegato, la funzione da massimizzare potra’ essere il rapporto (B/C) oppure (B − C)/C o il tasso di rendimento interno. Ovviamente la soluzione del modello di ottimizzazione dipendera’ dal criterio adottato nella definizione della FO del problema; Si vuole evidenziare che il massimo di (B − C) e quello di (B − C)/C si ottengono in genere per diverse soluzioni In modo diretto la programmazione lineare consente di ottenere la massimizzazione di un probelma con FO espressa in termini di di max (B − C); con alcuni accorgimenti con la programmazione lineare si puo’ anche ottenere l’ottimo di max (B − C)/C. 192 Per quanto riguarda i serbatoi, i costi da considerare, come gia’ esaminato nella simulazione, sono di due tipi: costi di realizzazione dell’opera e costi di gestione, mantenimento e sostituzione (OMR). Normalmente e’ possibile esprimere questi costi in funzione della capacita’ del serbatoio. Pertanto nella FO compariranno sia il termine di costo capitale K1 (C) che il termine che esprime i costi OMR dell’opera: P i=1,T K2 (Ct ), dove K1 e K2 comprendono anche i termini di attualizzazione. Seguendo le indicazioni del Piano delle Acque per gli impianti di sollevamento la funzione di costo puo’ essere fatta dipendere dalla potenza di dimensionamento dell’impianto, suddivisa in tre voci relative al costo dei macchinari e valvolame, opere civili, opere complementari. L’espressione generale ha quindi la forma polinomia: Ct = µ0 + µ1 y s1 + µ2 y s2 + µ3 y s3 (227) ovviamente, per la sua utilizzazione, si dovra’ pervenire ad una linearizzazione della equazione di costo nell’introno della ottimalita’. Per ulteriori aspetti nella definizione del modello di ottimizzazione, anche con riferimento alla qualita’ della risorsa, si veda l’articolo riportato al link del sito web del corso: UN MODELLO DI OTTIMIZZAZIONE PER LA GESTIONE DI SISTEMI IDRICI COMPLESSI CON LUSO CONGIUNTO DI RISORSE CONVENZIONALI E MARGINALI http://pcserver.unica.it/web/sechi/main/Selected%20papers/L’acqua 2005.pdf 193 Figure 67: Semplice esempio di grafo orientato 13 Problemi di flusso su reti Gli algoritmi di ottimizzazione dei flussi su rete hanno una notevole possibilita’ di applicazione nei sistemi di risorse idriche e, come vedremo nel seguito, in particolare per i problemi di gestione ottima che spesso possono essere riportati a questa classe di modellazione. Consideriamo il grafo orientato G che e’ formato da un insieme di nodi N = {1, 2, ..., m} e da un insieme di archi orientati S = {(i, j), i, j ∈ N } che collegano il nodo i col nodo j e che sono diretti da i verso j. Assumiamo che la rete abbia m nodi ed n archi. Nella Figura (51) e’ rappresentato un semplice grafo con 4 nodi e 7 archi. A ciascun nodo i in G associamo un numero bi > 0 che rappresenta la risorsa disponibile (input al nodo) ovvero bi < 0 che rappresenta la richiesta (output dal nodo). Se bi = 0 il nodo e’ solo di trasferimento e nessun input o output e’ associato ad esso. A ciascun arco (i, j) puo’ invece essere associato il flusso trasferito nell’arco xi,j che dovra’ comunque risultare maggiore o al piu’ uguale a zero (xi,j ≥ 0). Dobbiamo inoltre verificare, per la ammissibilita’ del problema, che nel grafo complessivo l’input totale eguagli l’output totale e risulti quindi: 194 X bi = 0. (228) i=1,m Nel caso in cui l’espressione precedente non sia verificata e che ad esempio risulti i=1,m bi > 0 , inseriremo un nodo fittizio m + 1 di domanda nel quale sia: P X bm+1 = − bi (229) i=1,m A questo punto possiamo scrivere il problema di flusso di costo minimo che richiede al sistema di soddisfare gli output ai nodi conoscendo gli input e minimizzando i costi di trasferimento dei flussi: min X X cij xij (230) i = 1, ..., m (231) i, j = 1, ..., m (232) i=1,m j=1,m s.t. X j=1,m xij − X xki = bi k=1,m xij ≥ 0 In definitiva, nel modello compare una FO che considera la sola attribuzione di costi o benefici sui flussi trasferiti. Oltre ai vincoli di continuita’ ai nodi e di non negativita’ possono comparire anche vincoli capacitativi sui flussi lungo gli archi. A questo tipo di modello ci si puo’ riportare in problemi riguardanti, oltre le risorse idriche, la programmazione dei trasporti, la movimentazione di merci, le reti elettriche e telematiche ed in genere il trasferimento di risorse da un punto all’altro seguendo percorsi alternativi e con limiti capacitativi. Il vincolo (200) rappresenta l’equazione di continuita’ ai nodi estesa ai flussi che percorrono gli archi incidenti nel nodo. Il vincolo (201) impone la non negativita’ dei flussi su tutti gli archi del grafo. Per il modello in esame l’applicazione del metodo del simplesso risulta semplificata essendo possibile lavorare direttamento sul grafo G. Si parla quindi di simplesso su grafo. 13.1 Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi Un percorso dal nodo i0 al nodo ip e’ una sequenza di archi P = {(i0 , i1 ), (i1 , i2 ), ...., (ip−1 , ip )} nei quali il nodo iniziale di ciascun arco e’ lo stesso del nodo terminale dell’arco precedente nella sequenza P . Nel percorso ciascun arco e’ diretto verso ip e proviene da i0 . Una catena e’ definita in modo simile al percorso salvo che non e’ richiesto che tutti gli archi siano rivolti verso ip . 195 Un circuito e’ un percorso nel quale il nodo iniziale e’ uguale al nodo finale: i0 = ip . Un circuito e’ quindi un percorso chiuso. Un ciclo e’ una catena chiusa. Ovviamente, dalle precedenti definizioni, tutti i percorsi sono catene ma non e’ vero il viceversa; ogni circuito e’ un ciclo ma non il viceversa. Nei sistemi di risorse idriche si fa in genere riferimento a strutture di grafi G connessi nei quali e’ quindi possibile trovare una catena da ciascun nodo a qualunque altro nodo in G. Un albero e’ un grafo connesso senza alcun ciclo al suo interno. Un albero ricoprente e’ un albero che include tutti i nodi del grafo. Nelle Figure (52) sono dati esempi delle strutture precedentemente definite. 13.2 Matrice di incidenza La matrice di incidenza A e’ associata ai vincoli di continuita’ ai nodi (200). La matrice A e’ costruita associando a ciascuna riga un nodo del grafo ed a ciascuna colonna un arco del grafo. Ciascuna colonna di A contiene quindi due soli elementi non nulli ed uguali rispettivamente a +1 ed a −1. La colonna associata all’arco (i, j) contiene +1 nella riga i e −1 nella riga j mentre sono nulli tutti gli altri termini. Le colonne di A sono quindi date da: aij = ei − ej dove ei ed ej sono vettori unitari in E m aventi, rispettivamente, 1 nella i-esima e j-esima posizione. La matrice A e’ chiamata matrice di incidenza archi-nodi del grafo G. Per il grafo in Figura (51) la matrice di incidenza assume i valori: A= 1 1 0 0 0 0 −1 −1 0 1 1 −1 0 0 0 −1 −1 0 1 1 0 0 0 0 −1 0 −1 1 (233) La matrice A non ha rango pieno in quanto la somma delle sue righe e’ il vettore 0. Puo’ essere dimostrato che il rango di A e’ (m − 1). La base B puo’ essere costruita scegliendo m − 1 colonne linearmente indipendenti 196 Figure 68: Percorsi, catene, circuiti, cicli ed alberi. 197 Figure 69: Grafo generalizzato con arco radice. di A insieme con un arco artificiale che inizia nel nodo m e termina nello spazio, come illustrato nella Figura (53). Puo’ inoltre essere dimostrato che un qualunque albero ricoprente insieme con l’arco artificiale determina una sotto-matrice B, estratta da A, che e’ anche una base per A. 13.3 Rappresentazione dei vettori fuori base Consideriamo il sottografo GB corrispondente all’albero ricoprente con l’aggiunta dell’arco artificiale. Consideriamo inoltre un arco fuori base (r, s); la catena data da GB insieme con l’arco (r, s) costituiscono un ciclo, come puo’ essere visto dalla Figura (54). Assegnando al ciclo un orientamento coerente con (r, s), possiamo scrivere: ars − arj + akj + ... + asp = = (er − es ) − (er − ej ) + (ek − ej ) + ... + (es − ep ) = 0 (234) (235) e quindi: ars = arj − akj + ... − asp . (236) Questo risultato consente di utilizzare la precedente semplice procedura per rappresentare ciascun arco non in base. Come esempio si consideri il semplice grafo di Figura (55) che fornische un albero ricoprente ed e’ quindi una base della rete. Se vogliamo rappresentare l’arco (1,2), secondo il criterio precedente esposto risulta: 198 Figure 70: Ciclo formato inserendo l’arco fuori base. Figure 71: 199 Figure 72: Esempio di rete. a12 = a13 − a23 (237) = (e1 − e3 ) − (e2 − e3 ) (238) = (e1 − e2 ) (239) Si noti che i coefficienti che esprimono la colonna fuori base ars nei termini delle colonne in base danno luogo al vettore yrs visto nel metodo del simplesso. 13.4 Il metodo del simplesso per problemi di flusso su rete Per fissare le idee vediamo il metodo gia’ nella sua applicazione al problema illustrato nella Figura (56). Aggiungendo l’arco artificiale al nodo 5 selezioniamo una base ammissibile data dall’albero ricoprente in Figura (57). Il con riferimento alla base B conseguente alla scelta fatta, il sistema da risolvere e’ il seguente: 1 0 0 0 0 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1 1 −1 0 0 −1 0 0 0 0 1 200 x15 x23 x34 x45 x5 = 2 5 1 −4 −4 (240) Figure 73: Sottografo di base. dove x5 e’ la variabile associata all’arco artificiale uscente dal nodo 5. Anziche’ risolvere il sistema e’ pero’ possibile valutare i flussi esaminando il grafo dalle foglie verso la radice. Esaminando il nodo 1 nella Figura (57) possiamo vedere che esso e’ una estremita’ dell’albero in base, ossia e’ un nodo ”foglia” nel quale incide un solo arco. Pertanto puo’ essere facilmente ricavato il valore del flusso lungo (1, 5) risultando x15 = b1 = 2. Questo risultato poteva ovviamente essere semplicemente ricavato anche dalla (204). Considerando il nodo 2, allo stesso modo possiamo ricavare x23 = b2 = 5. Possiamo adesso risolvere il nodo 3 dovendo risultare x34 − x23 = 1 e quindi: x34 = 1 + 5 = 6. Nel nodo 4 risulta: x45 − x34 = −4 e quindi: x45 = 2. Infine nel nodo 5 si ottiene per l’arco radice fittizio: x5 − x15 − x45 = −4 e quindi: x5 = 0. 201 Il processo per ottenere la soluzione di base procede pertanto dalle estremita’ dell’albero verso il nodo radice. Valutazione di zij − cij Come per il simplesso ordinario dobbiamo valutare zij − cij per tutte le variabili fuori base xij e fermarci o proseguire introducendo una variabile fuori base se risulta un valore positivo di zij − cij . Il vettore (zij − cij ) per le variabili fuori base puo’ essere calcolato valutando preliminarmente le variabili duali w risolvendo il sistema: wB = cB Per il problema in esame, in modo esteso si scrive: 1 0 0 0 0 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1 1 −1 0 0 −1 = [2, −4, 0, [w1 , w2 , w3 , w4 , w5 ] 0 0 0 0 1 3, 0] (241) L’ultima equazione ci fornisce w5 = 0. Dalla penultima otteniamo w4 − w5 = 3 e pertanto: w4 = 3 − 0 = 3. Da quella precedente w3 − w4 = 0 e quindi: w3 = 0 + 3 = 3. Proseguendo: w2 − w3 = −4 e quindi: w2 = −4 + 3 = −1. Infine: w1 − w5 = 2 e pertanto: w1 = 2 + 0 = 2. Mentre la valutazione dei flussi l’analisi del grafo avviene dalla estremita’ dell’albero in base verso la radice, la determinazione delle variabili duali avviene dalla radice verso l’estremita’. Per valutare zij − cij per gli archi fuori base utilizziamo la relazione: zij − cij = waij − cij 202 Figure 74: Valutazione di zij − cij sul grafo. = w(ei − ej ) − cij = wi − wj − cij (242) Nella Figura (58) e’ schematizzato il calcolo di (zij − cij ) per le variabili fuori base indicate a tratteggio. Nell’esempio risulta (z13 − c13 ) = 1 > 0 , pertanto la variabile x13 e’ candidata ad entrare in base. Cio’ che dobbiamo fare e’ aumentare x13 dal valore nullo iniziale mantenendo la ammissibilita’ della soluzione e determinando quale e’ la prima variabile attualmente in base che scende a zero e che quindi lascera’ la base. A tal fine consideriamo il grafo base insieme con l’arco (1,3). Se incrementiamo x13 di un valore ∆, per mantenere i flussi bilanciati dovremo incrementare x34 di ∆, incrementare x45 di ∆ ed infine ridurre x15 sempre di ∆. Questo processo puo’ essere pensato come una attivazione di un flusso additivo ∆ 203 Figure 75: Nuovo grafo di base. lungo il ciclo determinato dall’inserimento dell’arco fuori base. Come x13 aumenta di ∆ la sola variabile in base che deve diminuire e’ x15 = 2 − ∆. Quindi il valore critico di ∆ e’ 2, valore per il quale x15 scende a zero e lascia la base. Tutte le altre variabili in base sono corrette conseguentemente all’aggiunta del flusso ∆ nel ciclo. La nuova soluzione e’ data dal grafo nella Figura (59). Un esempio completo di come si arriva alla soluzione utilizzando il simplesso su rete e’ dato nella Figura (60). 204 Figure 76: Soluzione col simplesso su rete. 205
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