bollettino museo civico di padova andrea moroni

BOLLETTINO
DEL MUSEO CIVICO
DI PADOVA
ANNATA LXXXVII - 1998
PAOLA LUCHESA
Andrea Moroni e la Certosa di Vigodarzere:
committenza certosina
nella Padova del Cinquecento 1
a mio padre
La clamorosa rivalutazione della personalità artistica di Andrea Moroni
a partire dagli studi archivistici di Erice Rigoni nella prima metà del nostro
secolo, ha reso necessaria una maggiore cOlnprensione delle confuse vicende
inerenti la Certosa di Vigodarzere per la quale 1'autrice, a suo tempo, avanzava una timida e frettolosa attribuzione moroniana sulla scorta di alcuni
inediti documenti notarili'. L'ipotesi di un intervento del prato bergamasco
rompe di fatto la consolidata opinione della storiografia padovana pigramente concorde, per ben tre secoli, nel ritenere il cinquecentesco complesso
certosino 3 ideato dall'istriano Andrea da Valle.
1 Questo Berillo è la rielaborazione parziale della mia tesi di laurea (relatori prof. Anna
Bedon e dotto Guido Beltramini) discussa presso il Dipartimento di Storia dell' Architettura
dell'Istituto Universitario di Vene:.r,ia nell'anno accademico 1995-96. La trascrizione dei documenti d'archivio in latino devono l'aiuto e l'estrema cortesia del prof. Francesco Pontarin.
Abbreviazioni: ACVP:::: Archivio della Curia Vescovile di Padova; ASP :::: Archivio di
Stato di Padova; ASV :::: Archivio di Stato di Venezia; BCP :::: Biblioteca Civica di Padova.
i E. RIGONI, L'architetto Andrea Moroni, Padova 1939. Per una bibliografia essenziale
su Andrea Morani si rimanda a G. Beltramini, Andrea Moroni e la chiesa di Santa Maria di
Praglia, "Annali di Architettura", 3 (1991), p. 88, nota 75.
J La nuova Certosa venne costruita a Vigodarzere in sostituzione della prima secondo
le volontà testamentarie del vescovo di Padova Pietra Donato nel 1447 ed istituita per consenso del Capitolo Generale di Grenoble l'anno successivo. Per economia di spesa venne ritenuto
vantaggioso dai commissari testamentari il recupero di un fabbricato già esistente. La scelta
cadde sul monastero di monache benedettine di S. Bernardo presso Porta CocJaluoga in via
Porciglia soppresso a causa di scandali. La comunità certosina di Padova si in sedia nella
neonata Certosa, intitolata a S. Girolamo e S. Bernardo, nel 1451 dopo opportuni interventi
sulle strutture per le diverse consuetudini degli orclini. Il monastero subì completa distruzione
durante una fase della guerra cambraica quando Padova diviene momentaneamenle scenario di
batlaglia nel 1509, Il "guasto" ingiunto dal Senato veneto per meglio difendere la città decise
anche delle soni clelia Certosa sita fuori dalle mura. La costruzione della nuova sede, dopo
varie richieste e dispendio cii danaro per i monaci coslretti a locanda, avvenn~ per mancanza
di fondi soltanto 25 anni dopo a Vigodarzere su un terreno compreso nellascho testamentario
del vescovo Donato. La nuova edificazione si avvalse dell'aiuto finanziario, su imposizione
del grande priore di Grenoble, delle altre undici Certose della Provincia Toscana. ASV, S.
25
PAOLA LUCHESA
Tutto risale al 1560 quando Bernardino Seardeone, contemporaneo ai
fatti esaminati, definendo il monastero "[... ] magnificentissime constructum,
nondum tamen ad plenam operis consummationem perductum", senza altro
accenno, dà inizio ad una serie di indebite attribuzioni". Nel 1760 Giorgio
Fossati introduce la Certosa tra le opere inedite di Andrea Palladio delineandone le parti in cinque tavole 5. Due anni dopo Temanza, non convinto dell'attribuzione e avendo modo di consultare l'archivio dei certosini - al tempo
ancora in sede - non rinviene alcun cenno a Palladio mentre riscontra essere
prato della fabbrica "Andrea della y:alle" 6. A Temanza si affianca la storiografia padovana 7 tra cui, nel secolo successivo, Pietro Selvatico per via dei
Andrea al Lido, b. 2, fase. 5 (priva cii cartolazione) e ACVP, Diversorum in Curia, b. 25, cc.
13, 20, 50.
Per la narrazione delle vicende si rimanda in modo particolare a: N. MOLlN, Historia
Cartusiana ab origine Ordini.~ usque ad tempus auctoris anno 1638 deJi.mcti, Montreuil-sllrMel' 1903-1906; B. TROMI3Y, Storia critico-cronologica diplomatica del patriarca San Brunone
e del suo Ordine Cartusiano, Napoli 1773-1779 (in edizione anastatica nella rivista "Analecta
Cartllsiana", 22 (1981-83), n. 84. La rivista "AnaIecta Cartusiana", curata da lames Hogg e
costituita generalmente da monografie sulle varie Certose italiane ecl europee, fornisce numerose informazioni soprattutto fotografiche. Molti numeri ripropongono, in cclizione anastatica,
le relazioni clei capitoli generali effettuati a scadenza annuale a Grenoble).
4 B. SCARDEONE, De antiquitate urbis Patavii, Basilere 1560, lib. 2, cl. 5, faI. 98.
5 G. FOSSATI, Delle fabbriche inedite di Andrea Pal!adio Vicentino, Venezia 1760. Le
cinque tavole in questione risultano così suddivise: tav. X: Pianta universale del Monastero
con relativa legenda. Tav. XI: Grande chiostro sul quale si affacciano le celle. Tav. XII: Chiostro del Refettorio di ordine dorico rustico sito sul lato destro della chiesa. Tav. XIII:
Cltiostrino o atrio antistante la chiesa di ordine corinzio. Tav. XIV: Corte d'onore o d'ingresso
posta a nord-ovest del complesso con l'ingresso che fuoriesce dal recinto murario rettangolare
del monastero.
.
6 "Molti tengono che il Peristilio di codesta (dela quale non furono rizzati che due lati,
di 15 archi cadauno) ed il vestibulo o sia cortile dinanzi la chiesa, siena opera del nostro
Architetto. Altri tengono, che sia pure di lui l'altro minore Peristilio sul lato sinistro della
Chiesa medesima. Dirò francrunente questo, che non è opera palladiana: ma non saprei qual
sentenza profferire degli altri due. (".) Ho fatto le più diligenti ricerche nell'archivio di codesti
padri i quali con somma gentilezza mi hanno favorito, né rinvenni mai verllna notizia del
PaIladio. Ritrovai bensì come proto di quelle fabbriche fu Andrea della Valle". T. TEMANZA, Vita
di Andrea Palladio Vicentino, Egregio Architetto, Venezia 1762, pp. XIV-XV.
7 Cfr., G. ROSSETTI, Descrizione delle Pitture, sculture ed architetture delia città di
Padova, Padova 1780, pp. 357-359; ES. DONDI DELL'OROLOGIO, Due lettere sopra la fabbrica della Cattedrale di Padova, Padova 1794, p. 27 (invero il Dondi deIl 'Orologio si limita
a riportare l'opinione comune della storiografia che lo precede manifestando anzi perplessità sull'attribuzione al da Valle); A. MENEGHlNI, Padova e la sua provincia, in Grande illustrazione del Lombardo Veneto, IV, Milano 1859, pp. 214-215; F. SARTORI, Guida storica
delle chiese parrocchiali, oratori della città e delia diocesi di Padova, Padova 1884;
LOVARINI, Le ville edificate da Alvise Comaro cit., pp. 191-212; G. LoRENZETTI, Il cortile e
la Loggia dell'Università di Padova, "Bollettino del Museo Civico di Padova", XI (1909),
pp. 124-136.
26
ANDREA MORONT E LA CERTOSA DI VIGODAR7,ERE
capitelli corinzi dell'atrio della chiesa in nulla simili a quelli solitamente
usati dal Vicentino 8. Si conferma anche in questo caso l'attribuzione "al
Padovano Andrea della Valle" 9.
È soltanto nel nostro secolo che si inizia a scardinare un contesto apparentemente consolidato ma di fatto privo di informazioni rigorosamente verificate a partire dalla stessa data di inizio lavori per la quale veniva generalmente indicato l'anno 1554 '0 Nel 1923 Cesare Michelotto, consultando le
cronache dei padri certosini Tromby e Molin, ne stabilisce con certezza il
1534 ": "Ma nell'età presente ritrovandosi Priore della testè detta Casa di
Padova il PD. Gregorio de Litis Milanese di nascita e professo di Pavia, ei
colla sua abilità, parsimonia, ed industria diede principio in questo mmo 1534
alla nuova Certosa. Egl'in certo fondo del primo Monastero (infinibus Villae
Vici Aggeris) sotto il titolo di S. Girolmno, e di S. Bernardo proccurò di
reedificarla nel miglior modo, e maniera" 12. Sedici anni dopo gli apporti di
8 BCP, BP 88 XVIII ms., P. SELVATICO, Continuazione e fine sopra ['architettura padovana dalla metà del sec. XV/fino ai nostri giorni, 1832-36.
9 Dopo Temanza si continuerà ncll 'errore di indicare Padova quale città nalale di Andrea
da Valle. Molto probabilmente l'origine risiede nella lettura erronea del documento ritrovato da
Temanza nell'archivio dei certosini. (ASP, Certosa di Padova, b. I, fase. IV. Tutte le buste
appartenenti al fondo Certosa di Padova sono prive di cartolazione), in cui si legge "Andrea
da Valle" e non "della Valle". Sarà Emilio Lovarini a provare definitivamente la provenienza
dall'Istria e precisamente da Valle. (E. LovARINl, Le ville ed~ficate da Alvise Carnam, "L'Arte",
II (1899), fasc. IV-V, p. 210).
lO Secondo la Cronaca Cartusiensis citata da Salomonio, il 7 marzo 1554 Jacopo Rota,
vicario genenùe del cardinale e vescovo di Padova Alvise Pisani, pone la prima pietra del
nuovo monastero in Vigodarzere (di fatto Alvise affiancherà lo zio Francesco, spesso assente
dalla città, al vescovado di Padova soltanto dal 1555 fino al 1570 anno di morte di entrambi).
Il fatto strano è che, pur riportando il brano della cronaca, non usufmisce dell'informazione
rimanendo sul vago: "( ... ) li certosini fabricarono un nuovo Monastero del 15 ... a Vigo d'arzere
tre miglia lontano dalla città". È probabile che Salomonio abbia riportato il 1554 senza però
essere sicuro per una difficoltà di lettura delle Cronache. (l SALOMONlO, Agri Patavini
inscriptiones sacrr:e et prophance, Patavii 1696, p. 262). Il 7 marzo 1554 verrà successivamente
indicata come data di inizio lavori dal Dondi dell'Orologio e di conseguenza dal Gloria e dal
Sartori che riprendono a loro volta il Dondi dell'Orologio. Cfr. P.S. DONDI DELL'OROLOGIO,
Dissertazione nona sopra l'istoria ecclesiastica padovana, Padova 1817, p. 36; A. GLORiA, Il
territorio padovano illustrato, Padova 1862, p. 136; SARTORI, Guida storica delle chiese... cit.,
p. 102.
Il C. MlcHELOTTO, La Certosa di Padova, Padova 1923, p. 18. Le cronache certosine alle
quali l'autore fa riferimento sono: MOLlN, Historia Cartusiana .. clt. e TROMBY, Storia criticocronologica diplomatica ... cito
12 TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica ... cit., tomo X, libro IlI, CCXXv.
Invero, da quanto ci risulta, già dal 1533 si pagava un proto per la fabbrica del monastero e
si spendevano lire 3309 e soldi 59. ASP, Certosa di Padova, b. 20, fase. VI. È comunque
probabile che tale somma servisse per la fornitura di materiale e che la prima pietra fosse di
fatto posta l'anno successivo su progetto del citato - e sconosciuto - prato.
27
ANDREA MORON! E LA CERTOSA DI VlGODARZERE
conto delle pietre per il pavimento della chiesa 22. Fin qui tutti i documenti
a disposizione.
Rimangono da esaminare le fonti iconografiche e quello che ancora
rimane del monastero stesso documento primo c tangibile della propria storia
edilizia. lh le cinque tavole redatte da Fossati sulle parti pregevoli della
Certosa si trova una planimetria del monastero" (fig. 3) particol"mlente
importante per la lettura del complesso architettonico identica in tutto, anche
nella legenda, alla planimetria realizzata nel 1762 da Benedetto Fiandrini che
si firma l'a Bonomia Monacus et Academicus Clementinus"24, Le notizie da
queste desumibili, corrispondono, anche se non perfettamente, a quelle fornite da una veduta assonometrica a volo d'uccello, eseguita alla fine del
secolo XVII per conto della comunità certosina di Padova 25 (fig. 4). Sia le
piante che la veduta tendono ad una rappresentazione idealizzata di tutto il
complesso, dandone una immagine poco rcalistica di perfezione e completezza in ogni sua parte. Confrontando planimetrie e veduta è possibile effettuare
alcune osservazioni: si nota anzitutto uno schema alquanto anomalo per una
chiesa certosina solitamente ad unica navata rettangolare e coperta con semplice volta a botte o a crociera per tutta la sua lunghezza 26. Il disegno presenta una costruzione solenne a navata unica con transetto sonnontata da
cupola ottagona, sei cappelle diseguali sul lato destro e quattro sul sinistt·o,
otto finestre trifore e priva di pareti sufficientemente lunghe tali da potervi
addossare gli stalli dci monaci e dei conversi 27 Il maestoso campanile a cella
trifara della veduta, simile a quello di S. Marco, non trova corrispondenza
ASP, Certosa di Padova, b. 18, fase. I.
Delle fabbriche inedite di Andrea Palladio Vicentino ... cit., tav. X.
24 Il disegno si trova presso la BCP, R.I.P., XLVIII 4728, pubblicato da L. PUPPI, Un'opera sconosciuta di Andrea da Valle, in Scritti in onore di Roberto Pane, Napoli 1969-1971, p.
325. La perfetta identità con la pianta del Fossati fa presumere che derivi direttamente da
quest'ultima e che non sia invece frutto di un rilievo.
2S Maisons de l'Odre des Chartreuse: vues et notices, Parkminster 1916. Si tratta di
un'opera monumentale in quattro volumi in folio contenente vedute a volo d'uccello dei
monasteri dell'ordine e informazioni riguardo la fondazione e altre importanti vicende.
Per quanto riguarda il disegno della Certosa di Vigodarzere in essa contenuta, il fatto che
si tratti di una veduta commissionata alla fine del XVII secolo per conto della comunità
certosina, viene invece sottoloneato da MrcHELo'n'O, La Certosa di Padova cit, p. 17.
26 Per una storia sull'architettura certosina, fondamentale anche per la possibilità dell'autore di consultare manoscritti della Certosa di Lucca difficilmente accessibili, G. LEoNcINf,
La Certosa di Firenze nei suoi rapporti con l'architettura certosina, "Analecta Cartusiana", 71
( 1980).
27 Ogni comunità certosina prevedeva monaci da coro e conversi. I primi vivevano nelle
proprie celle individuali da dove uscivano soltanto tre volte al giorno per j'ufficiatura dei salmi
In chiesa, la domenica per un pasto comune in refettorio - da consumarsi ancora nell'ascolto
dei salmi - e una festiva passeggiata solitaria di circa tre ore. I conversi, originariamente
22
23 FOSSATI,
31
Fig. 1 Portale della chie!)a in pietra di Montegalda eseguito secondo disegno e sagome di
Andrea Moroni.
Fig. 2 Prospetto della chiesa con telaio architettonico in cotto inserito da Andrea da Valle.
PAOLA LUCHESA
con la planirnctrla nella quale viene invece collocato in posizione più arretrata e di dimensioni alquanto ridotte. Altre imprecisioni interessano illlumero delle campate dei tre chiostri principali a cominciare dal piccolo chiostro
della chiesa per il quale non viene mai riportata la contrazione dell'interasse
agli angoli 2B , La sola precisazione fornita da Fossati, e quindi da Fiandrlni,
riguardo il probabile stato di fallO consiste in una distinzione fra celle esistenti e celle disegnate ma mai edificate ". Delle tredici celle previste sembrerebbe che soltanto quattro siano state costruite 30.
Come per i documenti le informazioni risultano troppo esigue per comprendere l'effettiva configurazione originaria della fabbrica imponendo una
lettura di ciò che ancora rimane del complesso monastico supportata da una
nuova inedita pianta 31 dello stesso, di proprietà degli attuali proprietari, risàlente con ogni probabilità alla fine del Settecento (tlg. 5). La veridicità di
chiamati laici, conducevano una vita monaslica autentica senza essere veri monaci ln quanto
non chierici. Oltre all'attività agricola, pastorizia, artigianale ed amministrativa, essi intrattenevano i rappOlti con il mondo esterno esplicando quelle attività a1le quale i monaci da coro non
avrebbero potuto attendere senza violare la clausura. Per la conoscenza delle consuehldini
dell'ordine si veda: 1. Dubois, ad vocem Certosini, in Dizionario degli Istituti di Perfezione,
LI, colI. 184-785; Anonimo certosino, Il certosino. Origini, spirito, vita intima, Tornaci 1906;
I. LE MASSON, Annale.\· Ordinis Cartusiensis, Correrie 1678 (La stessa opera è stata rieditata nel
1703 c nel ] 894 col titolo Disciplina Ordinis Cartusiensis).
28 Fa ccce:tjone Possati nella tavola di particolare del chiostri no della chiesa nella quale
riporta la contrazione dell'interasse ai lati dei lre fornici anche se fornisce una visione errata
della profondità del telaio applicato sulla facciata della chiesa equiparandolo a quella dei tre
portici rimanenti. Cfr. FOSSATI, Delle fabbriche inedite di Andrea Palladio ... cit., tav. XIIL
29 "Quattro celle per li Padri, le quali presentemente sono fabbricate in tutte le sue
parti simili a quella del P. Priore, con lale differenza però, che la sua è di figura alquanto
maggiore di queste, perché si stende con il Giardino fuori del recinto maggiore (... ) Sito di
Celle alto disegnate dall'autore, ma non per anche edificate". FOSSATI, Delle fabbriche inedite.. cit., tav. X. Da sottolineare il fatto che Fossati esegue il rilievo poco prima della soppressione del monastero avvenuta per decreto della Repubblica veneziana il 17 Settembre
1768 secondo il quale dovevano essere revocate, causa decadenza di costumi, le comunità
con meno di 12 religiosi Le celle mancanti non furono quindi mai costruite ed è da supporre
che i futuri proprietm'i non avrebbero avuto interesse nel concludere la fabbrica in questa sua
parte. I celtosini di Padova si trasferiranno nella vicina Certosa di Venezia. Non cosÌ i documenti d'archivio a loro appartenenti, avocati dallo Stato Veneto in un primo momento e poi
divisi, smembrati e forse in parte perduti dai proprietari Maruzzi e poi PassI. Cfr.
MICHELOTID, La Certosa di Padova cit., p. 20 e A. BALDAN, Ville venete in territorio padolitJno e nella Serenissima Repubblica. Documentazione-iconografia-testimonianze, Padova 1986,
pp. 545-547.
30 Di fatto ancora oggi esiste una cella speculare rispetto a quella del priore, collocata
alla fine del lungo corridoio che dalla Corte d'onore porta al Grande chiostro, e prossima al
chiosLro del refettorio. Probabilmente nell'intervallo di tempo compreso tra il "rilievo" di
Fossati e la soppressione i certosini ampliarono la fabbrica di una unità.
31 La planimetria è stata inserita nella tesi di laurea di MANUELA ZoRZI, Studi su Andrea
da Valle, discussa presso lo IUAV, a.a, 1986-87, relatore prof. Maofredo l'afuri,
34
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
quest'ultima risulta rafforzata dalla forte somiglianza con la configurazione
odierna della certosa padovana, e con la vicina certosa di S. Andrea al Lido
di Venezia fedele, nell'impianto, alla specifica tipologia certosina secondo
una logica distributiva funzionale alle consuetudini dell'ordine. Il claustrum
- chiostro del refettorio - trova collocazione tra il nanco della chiesa e il
chiostro maggiore dal quale risulta separato da un alto muro. Il refettorio si
aggancia ad un lato dello stesso mentre un atrio precede l'entrata principale
della chiesa. Conclude una . cOlte d'onore o d'entrata attorno alla quale si
sviluppano le fabbriche delle obbedienze - termine monastico indicante i
luoghi riservati alle attività del conversi - e la foresteria per gli ospiti.
L'atrio, in entrambe, fuoriesce dal recinto murario. A differenza dei documenti iconografici sopra esaminati è possibile riscontrare nel disegno della
chiesa di quest'ultima plani metri a una a,"oluta fedeltà agli schemi tipologici
dell'ordine di S. Bruno: aula rettangolare divisa in due distinte parti comunicanti tra loro; presbiterio con abside semiclrcolare sopraelevata di due
gradini; porta di accesso al coro dei monaci) direttamente comunicante con
il chiostro del refettorio e collocata tra l'ultimo stallo e i gradini dell'abside;
porta del corridoio di distribuzione delle cappelle opposta a quella di entrata
dci monaci; serie di sei cappelle servite da un corridoio accessibile sia dal
coro dei monaci che da quello dei conversi; piccolo campanile sul lato
meridionale. Quello che ancora oggi rimane della chiesa 32, corrispondente
alla zona dei conversi, coincide con le informazioni fornite anche nella lettura delle tre cappelle sulla cortina murm'ia del lato nord ma troppe manomissioni ne impediscono la ricostruzione dell' alzato 33.
Considerate tutte le fonti storiografiche, archivistiche ed iconografiche
rinvenute si intende a questo punto chimire la portata dell'intervento moroniano che, si anticipa, non sarà fatta coincidere con la totalità del complesso
certosino, per il cui impianto l'autore rimane ancora oscuro, ma bensì alla
veste architettonica dei tre spazi principali e più rappresentativi di qualsiasi
32 Un rilievo dello stato attuale della Certosa è pubblicato in A. SCI-ITAVO, Vigodarzere e
il suo tempo, Vicenza 1970, che ne propone la planimetria dei vari livelli, e in M. DELLA MEA,
La Certosa di Vigodarzere, Camposampiero 1977 con piante e prospeui delle varie parti del
complesso monastico.
33 La chiesa venne in seguito trasformata in cappella di famiglia. L'unico documento
storiografico di descrizione che si è lrovato, anche se parziale, della chiesa risale al 1607. Cosi
Cittadella scrive "( ... ) han'apresso la Brenta va a Venezia tre Chiostri, e chiesa ave non entrano
le donne con bel Pavimento a quadri e cupole in volto long. 86~ larga inanti il Coro 36. essendo
il Coro 50. et larg. 38 in prospettiva senza le quatro capelle dove in tutto sono sette Altari, otto
Calici et tre campane coperte di piombo". Bep, B.P. 324, A. CITTADELLA, Descrittione di Padoa
et suo territorio con l'inventario ecclesiastico, brevemente fatta l'anno salutifero MDCV et in
nove trattati composita, ms. p. 314.
35
PAOLA LUCHESi\
Certosa: il chim;tro delle osservanze sul quale si affacciano le cene dei monaci,
del refettorio e il chiamino antistante la chiesa. Altri interrogativi impongono
però di procedere ancora una volta con ordine nell'intento di chiarire quando
e secondo quali modalità Andrea, sempre molto impegnato con i Benedettini
c con la Repubblica veneta, accetti di operare nel complesso certosino.
Secondo le fonti archivistiche, nelle note di spese annuali del monastero,
già dal 1533 si pagava un proto del quale non viene fatto il nome: "item se
dà al proto che governa .la detta fabrica ogni ano formento stara 8, vino
mastelli lO, polasl]"i par 2, galina para 2. Paghemo per soma lire 33 soldi
14"". La retribuzione pari a 33 lire annue - si tratterebbe di circa 6 ducati
- suggerisce l'assunzione di un proto di fama e prestigio scarsi, dal momento
che Moroni nel suo primo contratto stipulato per la costruzione di S. Giustina
nel 1532 percepiva ben 100 ducati d'oro annui oltre a "frumento stara l, vin
caro 1, zoc mastclli 10 e una casa de bando per sua habitation"35. Lo stesso
documento informa poi 8u11a costruzione immediata del corpo templare:
"item se tene due Barche ne la Brenta di Padova, una grande per poter
mandar a tare le pierc, calcina et altra materia per Fahricare la giesia per il
monasteri o et un altra per passar la brenta. Se spendi ogni ano a farle conzare
e tencrlc tornitc per soma lire 40" 36. Il libro contabile continua annotando
come lo stesso anno vengano spesi "di fabricar per monasterlo per soma" lire
3309 e soldi 5.9; nel 1534 lire 4221 c soldi 10.9; nel 1535 lire 4516 e soldi
19.99 sottolineando "per fabricar circa la gicsia"; nel 1536 lire 6652 e soldi
13.97 ancora per la chiesa. Qualcosa deve essere poi accaduto se l'anno
successivo le spese crollano a lire 144 e soldi 16.9 31 . Negli anni 1538 c 1539,
tra le varie voci di spese, non si fa alcuna menzione al1a costruzione del
monastero 38 dopodiché mancano i documenti per gli anni seguenti relativi al
bilancio economico de11a comunità.
La documentazione fin qui riportata, seppur esigua, permette di avanzare una serie di ipotesi sulle fasi di edificazione del monastero. Nel 1533-34
si inizia la costruzione della fabbrica per la quale i monaci si avvalgono di
un prato-capomastro probabilmente sotto la supervisione del priore. Si potrebbero in questo modo spiegare i tre schizzi conispondenti alla corte d'entrata, a quella rustica o della legna alla sua immediata sinistra e al chiostro
del refettodo, conservati all' Archivio di Stato di Padova, quasi coincidenti
ASP, Certosa di Padova, b. 20, fase. VI.
ASP, Notarile, noto Leonardo Tassm-a, Liber 8° lnstru., c. 188. Il documento è pubblicato da E. RIGONI, L'Architetto Andrea Moroni cit., pp. 57-58.
36 ASP, Certosa di Padova, b. 20, fase. VI.
37 [bid.
33 Ibid.
34
3S
36
ANDREA MORONI li LA CERTOSi\ DI VIGODARZERE
con la configurazione attuale 39, Si cominciano ad edificare, come consuetudine, la chiesa e le celle per l'immediato insediamento della comunità. La
conferma per queste ultime proviene da un evidente gusto decorativo protoclassico contrastante con il resto del complesso: i capitelli di forma stilizzata
e le volte ribassate deUa zona retrostante delle stesse confermano l'intervento
di un proto lontano dalle soluzioni del nuovo linguaggio romano (Hg. 6).
Qualcosa sembra accadere due anni dopo, nel 1536, proprio in concomitanza
con la vertenza con il tagliapietra Varisco per la quale viene invitato ad
arbitrare Andrea Moroni. 11 ricorso al prato della comunità benedettina padovana conferma la famigliarità tra i due ordini sancita peraltro dal ruolo eH
protettore del priore di S. Giustina nei confronti deUa comunità certosina
padovana. I lavori nel 1537 sono momentaneamente sospesi e soltanto nel
1543 viene commissionato ad Agostino Righetti un modello in legno del
monastero 40, Ancora una volta la presenza di Moroni alla lite sorta con il
marangone sottolinea per lo meno una famigliare frequentazione e rende
probabile, successivamente, la scelta di un proto di indiscussa perizia, quale
doveva essere quello del prestigioso cantiere benedettino: scelta peraltro
confermata dal disegno e dalle sagome della pOlta della chiesa forniti l'anno
successivo. In questo ipotetico quadro si inserisce perfettamente anche la
maggiore libertà d'azione acquisita dal Nostro in concomitanza con la stipulazione del secondo contratto decennale con S. Giustina, del 1542, meno
restrittivo nei confronti di altri eventuali impegni lavorativi del prato 41. Alla
fabbrica della Certosa Andrea attende, alternativamente agli altri importanti
impegni assunti con la Repubblica di Venezia, tino al 1560 anno della morte.
39 ASP, Certosa di Padova, b. 3, fase. IIl. I tre disegni corrispondono alla distribuzione
attuale e a quella della planimetria Passi a meno della corte d'entrata porticata su tre lati ed
è probabile che siano opera di un monaco della certosa come frequentemente accadeva. Lo
schizzo sul chiostro del refettorio infine conferma l'esistenza della sala capitolare, fondamentale in ogni certosa e di difficile individuazione nelle planimetrie a disposizione, inclusa nel
fianco destro del corpo chiesastico e direllamente accessibile dal chiostro laterale sul quale si
affaccia ad ovest il refettorio e la barberia.
40 ASP, Notarile, noL Alessandro Baldini, Liber 5° Instrumentorum, val. 3513, c. 321,
cito Nel documento Righetti sembra essere proto di altre fabbriche in proprietà possedute dai
certosini e prossime al costruendo monastero, suggerendo in tal modo la possibilità di una sua
coincidenza con il generico proto citato nel documento del 1533
41 Cfr. R1GON1, L'Architetto Andrea Moroni cit., p. 13. Si potrebbe obiettare che fin dal
1535 Andrea interviene a Praglia mentre nel 1539 viene chiamato a dirigere la fabbrica del
palazzo podestarile e del resto i lavori per S. Giustina procedettero in modo serrato almeno fino
al 1547. È comunque da valutare come il cantiere del palazzo del Podestà fosse molto prossimo
a quello della basilica mentre Praglia dipendeva direttamente dalla stessa congregazione
Cassillese alla quale faceva capo S. Giustina. Nel 1542 probabilmente la presenza costante del
proto sul cantiere di S. Giustina non risulta più così strettamente necessaria, ragion per cui
Andrea può recarsi a Vigodarzere sempre comunque nella provincia.
37
Fig. 6 Logge delle cellc dei monaci
sul giardino retroslante.
Fig. 7 Atrio della chiesa: particolare del capitello corinzio di Andrea Moroni.
Fig. 8 Atrio della chiesa: particolare del capitello corinzio di Andrea da Valle.
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Dopo tale data subentra Andrea da Valle. L'unico documento a disposizione,
forse coincidente con quello visionato da Temanza nel 1762, testimonia a soli
tre mesi dalla scomparsa di Moroni la qualifica di prato della fabbrica di
Andrea da Valle. L'intervento sul prospelto della chiesa al quale si fa riferimento testimonia la presenza della loggia circostante, come già sottolineato,
della quale riprende il disegno ma non la risoluzione delle modanature di basi
e capitelli, molto più curate originariamente (fig. 7-8). Nessuna invenzione
dunque ma ripresa fedele di quanto già elaborato da altri. Del resto basterà
intcrrogare la raffinata elaborazione dell'atrio stesso, inconciliabile con le
limitate capacità dimostrate dall'lstriano in altre sue opere certe'f2,
Le tre argomentazioni esibite da Puppi nel tentativo di dimostrare
l'estraneità dell'architetto bergamasco alle vicende edilizic del cantiere certosino, ad esclusione del documentato portale della chiesa, a favore di Andrea da Val1e 43 risultano a nostro avviso poco convincenti. Innanzitutto 1a
designazione di Andrea MOl'Oni quale arbitro nclla causa del 1536 tra i ccrtosini e Varisco tagliapietra potrebbe allche sottendere effettivamente una
certa estraneità con le patti in causa, per imparzialità, se non venisse considerata quale precedente di una famigliare frequentazione che vede lo stesso
Moroni ancora arbitro nel 1543 con Agostino Righetti. D'altra parte in un
contrasto insorto nel 1568 tra i benedettini di S. Giustina e l'intagliatore
Taurino verrà scelto quale arbitro della controversia proprio Andrea da Valle
successo a Moroni come prato della fabbrica 44. In secondo luogo la dicitura
"Protho di Santa Justina" è la qualifica ufficiale dì Moroni con la quale
compare in tutte le occasioni dì lavoro 45. Anche Andrea da Valle se ne av42 Erice Rigoni, nel tentativo di dimostrare l'estraneità di Andrea da Valle alle vicende
della Celtosa, ne valuta la scarsa capacità ancora nel 1539 quando, assieme a Tiziano Minio,
prende in affitto una bottega "(... ) in qua de presenti inciduntur et laborantur lapides". Cfr.,
RIGONI L'Architetto Andrea Moroni cit., p. 39.
43 Puppi sostiene la paternità eli Andrea da Valle sulla scorta di alcune argomentazioni.
Innanzitutto il frequente ricorso all'arbitrato di Andrea Moroni implica una neutralità di giudizio impropria al prato della fabbrica stessa; il fatto che nei documenti inerenti la Celtosa di
Vigodarzere Andrea Moroni si tirmi sempre proto di S. Giustina; infìne il carattere eccezionale
del portale della chiesa diverso dal resto del chiostrino. Cfr., L. PUPPI, Un'opera sconosciuta
di Andrea da Valle, in Scritti in onore di Roberto Pane, Napoli 1969-71, pp. 315-333 e dello
stesso autore, Certosa, Vigodarzere, in Padova. Basiliche e chiese, Vicenza 1975, pp. 351-52.
44 Trascriuo da RIGONl, L'Architetto Andrea Moroni cito p. 83.
45 Il 29 agosto 1556, il 2 febbraio e il 16 marzo 1557 Marco Zacco commissiona ai
lapicidi Antonio Milanino e Franco del fu Lazzaro la lavorazione delle pietre di Custozza per
pilastri, archi e tutto quanto necessario alla facciata del Palazzo in Prato della Valle iuxta
dessignum factum per m. Andream prothum s. Justine Padue. ASP, Notarile, noto Ercole
Valsugana, Liber l° lnstr., c. 417 e ASP, Notarile, not. Giordano Reffatto, Liber l° Abbrev., cc.
357,402,403. Documentazione tratta da RIGONl, L'Architetto Andrea Morani cit., p. 36 n. 2.
La qualifica di Moroni anche in questo caso è: prolo di santa Giustina. Eppure in questo
39
PAOLA LUCHESA
valerà nel monastero di S. Vitale a Ravenna 46 , Per quanto infine riguarda il
carattere eccezionale del documento relativo alla porta della chiesa secondo
elaborati del proto di S. Giustina è da sottolineare l'importanza che certamente costituisce tale elemento nel monastero per la sua funzione scmantkofigurativa tale da giustificare una sua differenziazione sia nel materiale, pietra di Montegalda, che nella sua qualità esecutiva. Di qui la necessità di
disegno e sagome per i profili richieste al proto.
In conclusione il periodo di intervento di Moroni alle vicende della
Certosa di Vigodarzere è da intendersi compreso grossomodo tra il 1540 e il
1560 e da circoscriversi a soli tre chiostri per gli elementi che riportano per
analogia ad altre opere del Nostro rafforzando ipotesi che le ridotte fonti
scritte non permettevano di formulare. Cominciando dal chiostro delle osservanze (fig. 9), attorno al quale si distribuiscono le celle che emergono dal
profilo della galleria, si ravvisa come le basi dei pilastri del peri8tilio (fig. IO)
8i,mo le medesime di quelle delle lesene del fronte di S. Maria di Praglia,
così come la serie di riquadri del muretto sul quale appoggiano i sostegni
rimandino alla soluzione del fregio di Palazzo del Podestà e della Loggia del
Capitaniato. La presenza di un collarino nei capitelli tuscanici si ritrova in
quelli ionici di S. Maria di Praglia e di S. Giustina seppur raddoppiato per
la maggiore altezza.
Nel chiostro del refettorio (fig. 11), in eui la severa monumentalità dell'ordine dorico viene rafforzata dal bugnato, la prova consiste nella soluzione
angolare (fig. 12) in cui due semicolonnc vengono addossate al pilastro senza
permetterne una sua visione esterna proprio come avviene nel Cortile del
Palazzo del B6. Le mensole trigHfate che sorreggono il promo inclinato di
copertura della galleria, con ritmo impercettibilmente mutato per permettcrne
una esatta collocazione sulla chiave d'arco sottostante, testimoniano le raffinate citazioni di Andrea 47
Proseguendo nell'atrio della chiesa (fig. 13-14), considerato l'episodio
architettonico emergente dell'intero complesso, la paternità in parte suffragata
periodo assume in sé anche tutte le commissioni pubbliche della città a cui non si fa riferimento alcuno.
46 C. RICCI, Andrea da Valle a Ravenna, "Bollettino del Museo Civico di Padova", Xl
(1909), pp. 26-28.
41 Mensole, ed uguale illusione ottica, vengono utilizzate da Sanmicheli in Palazzo
Bevilacqua. Comparse per la prima volta nelle finestre di Palazzo Fusconi Pighini di
Baldassarre Peruzzi e pubblicate nel Quarto Libro di Sedia del 1537. Il Palazzo sanmicheliano,
del 1534, e le finestre di Peruzzi potrebbero in tal senso essere entrambi i referenti di Moroni.
P.N. PAGLiARA, Sanmicheli e gli ordini, in Michele Sanmicheli, Milano 1995, pp. 134-153 e A.
BRUSCHI, Baldassarre Peruzzi nel Palazzo di Francesco Fusconi da Norcia, "Architettura storia
e documenti", 2 (1986), pp. 11-30.
40
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Fig. 9 Chiostro maggiore.
Fig. 10 Chiostro maggiore: particolare di
un pilastro.
41
PAOLA LUCIIESA
Fig. Il Chiostro dci refettorio.
Fig. 12 Chiostro del refettorio: soluzione
d'angolo.
42
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
dal portale della chiesa trova conferma in ulteriori analogie. Il conflitto d'ano
gola (fig. 15) risolto con una semiparasta "affogata" è il medesimo di quello
delle navate laterali di S. Giustina e S. Maria di PragHa e le mensole dei
frontoni in prossimità del laTo vertice assumono una configurazione simmetrica usata ancora in S. Giustina e, per quanto è dato di sapere, solo da Moroni.
Considerando la sfera di intervento moroniano è possibile cogliere la
conoscenza e sensibilità del prota nei confronti della particolare committenza
certosina attraverso la lettura dei tre episodi architettonici secondo una ma-
trice geometrico-distributiva oltre che funzionale: soltanto la conoscenza
della religiosità dell'ordine e delle consuetudini quotidiane ad esso proprie
rendono infatti ragione del diverso trattamento architettonico dei tre chiostri.
Seguendo tali premesse si è potuta constatare una chiara progressione formale culminante nel chiostrino della chiesa, cuore rappresentativo dell'intero
complesso monastico.
Nel grande chiostro ogni raffinatezza formale sembra bandita nell'inten·
to di preservare gli anacoreti dalla concupiscientia oculorum causa della
distrazione della mente dalla contemplazione di Dio così come sollecitava S.
Bmno; nel chiostro del refettorio la maggiore cura architettonica delle gal·
lerie, improntate alla severa rigidità imposta dall'uso dell'ordine rustico,
esprime la funzione di transizione tra la zona strettamente isolata e quella
cenobitica delle obbedienze; nell' atrio porticato della chiesa infine viene
bruscamente meno il carattere severamente controllato dei precedenti episodi
a favore di più marcate citazioni classicistiche. Tale luogo, escluso dal pas-
saggio c dalla vista dei monaci da coro c passaggio obbligatorio per i con·
versi che si recavano all'officiatura dei salmi in chiesa, risultava visibile agli
ospiti, recantisi alla foresteria, e verso di esso richiamerà volutamente l'attenzione una porta con frontone spezzato, episodio assolutamente in contra-
sto con la semplicità di trattamento delle superfici murarie della corte d'en·
trata sulla quale si affaccia (Hg. 16).
Il cuore celebrativo della Certosa viene così deputato a spazio morige·
ratamente aulico e ad esso sembra demandarsi un ideale dialogo con il ricer·
cato linguaggio rinascimentale oramai trionfante anche in territorio veneto.
La soluzione adottata è un cortile quadrato, porticato su tre lati, esclusa la
parete della chiesa sulla quale si ripropone comunque il medesimo telaio
architettonico; sui quattro lati si sviluppano tre fornici e contrazione delle
campate laterali. Il fornice centrale si conclude con un frontone. Il tutto
risulta essere rigorosamente in cotto ad esclusione del portale in pietra di
Montegalda. L'uso dell'arcata inquadrata da pilastri, motivo base dell'archi·
tettura romana del primo Cinquecento, trova ruolo sU'utturale oltre che foro
male: le lesene sorreggono l'archiU'ave leggermente aggettante sottolineando
il concetto tettonico del sistema degli ordini.
43
PAOLA LUCHESA
Fig. 13 Atrio della chiesa: angolo sud-est.
Fig. 14 Atrio della chiesa: fronte ovest sulla corte d'entrata.
44
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Fig, 15 Atrio della chiesa: soluzione d'angolo.
Fig, [6 Corte d'entrata; portale d'accesso all'atrio della chiesa,
Alla conoscenza della particolare committenza si affianca quella della
trattatislica e degli exempla romani antichi e contemporanei. Fin dalla fondazione di Grenoble l'ordine certosino fu sempre particolarmente devoto al
culto della Vergine cosi che ogni nuova fondazione, oltre al titolo di cui si
avvale nel designare il proprio nome, si considera anche naturalmente dedicala alla Vergine Maria, Si inseriscono in tale contesto i dettami simbolici
antropomorllci sugli ordini specifici alla destinazione del luogo forniti da
Serlio nel suo Quarto Libro pubblicato nel 1537 48 , Al Corinzio, con base
attica, Moroni associa quello toscano del piedritto mmario di imposta dell'm'co del fornice: mentre infatti la parasta corinzia viene collocata sul piedistallo ad un livello superiore, facendole acquisire il necessario risalto, il pilastro
48 "La derivation del capitel Corinthio fu da una vergine Corinthia, né altrimenti mi
affaticherò di narrare la sua origine: perché Vitruvio la descrive nel quarto libro al primo
capitolo. Dirò, benche havendosi da far un tempio Sacro di questo ordine, ei si debbia dedicar
alla vergine Maria madre di Gesù Christo redentor nostro [... ]: questo tal ordine si conviene
anco [\ monasteri, et a chiosu'i, che rinchiudon le vergini date al culto divino, si farà di questa
maniera". S. SERUO, Tutte le opere di Architettura, Venezia 1584. Ristampa anastatica, I Sette
Libri dell'Architetlura, Bologna 1978, p. 169.
45
PAOLA LUCHESA
tu.scanico poggia direttamente a terra condividendo con il piedistallo del1a
prima il profilo conclusivo, La cornice di imposta d'arco si trasforma in
questo modo in un capitello tuscanico attraverso opportuni adattamenti ane
modanature le quali, configurandosi in aggetto, danno maggiore forza al1'idea stessa di parasta 49 . Sono questi profBì che vengono riproposti anche
sulle superfici interne dei pilastri sui quali si addossauo le paraste corinzie
e sempre loro vengono ripetuti sulle pareti del sottoportico quali peducci per
il sostenimento de11e volte a crocier~ della copertura. Questo stesso espediente diventa essenziale per la raffinata soluzione degli angoli. In prossimità
della contrazione delle campate il capitello sembra riacquistare la precedente
funzione di cornice per garantire il collegamento dell'angolo e una maggiore
continuità visiva. Le due funzioni vengono cOlllunque differenziate attraverso il prolungamento delle moctanature su di un piano leggermente arretrato,
Conclude una selniparasta filiforme semimmersa nel pilastro angolare 50.
Addossata a questa! come per le altre, ancora la cornice di imposta dell'arco.
n coronamento della trabeazione contribuisce a collegare rinsieme creando
allo stesso tempo lievi effetti di chiaroscuro per il ritmo aggettante in prossimità del fornice centrale e degli angoli,
L'impaginazione architettonica del chiostrino ha riferimento antlco nella
Crypta Balbi o Portico di Pompeo rielaborato a Roma da Bramante nel
partito superiore del Cortile del Belvedere in Vaticano. Esso trova raffinata
elaborazione della loggia di Palazzo Fusconi-Pighini di Peruzzi 51, Di certo
49 Già Bramante, nel chiostro di S. Maria della Pace, aveva a~similato i piedriUi di
imposta degli archi a dei pilastri tuscanici e li aveva poi proiettati sulla parete interna del
porticati dopo averli tradolti in paraste. Uguale soluzione viene ripresa da Antonio da Sangallo
in palazzo Baldassini. L'espediente, usato per garantire il legame tra le diverse membrature si
riu'ova nel partiLO del cortile del Belvedere e in Palazzo Fusconi-Pighini di Baldassarre Peruzzi.
Il piedriuo si trasformava in parasta d'ordine tuscanico "in conseguenza della circostanza che
il suo capitello era, per così dire, "generato" dalla cornice d'imposta dell'arco, il cui profilo,
desunto da diffusi modelli antichi, poteva assimilarsi a quello di un capitello "tuscanico". A.
BRUSCHI, Bramante Architetto, Bari 1969, pp. 103-126 e dello stesso autore, Baldassarre
Peruzzi nel palazzo di Francesco Fusconi da Norcia cit., p. 20.
50 L'uso di tale espediente suggerisce l'immagine di un quadrato con angoli smussati ed
era stata adottata ancora da Bramante sempre nel chiostro di S. Maria della Pace. "La parasta
"filiforme" era già comparsa nell'opera del Brunelleschi e Bramante l'aveva introdotta nell'angolo interno della facciata di Abbiategrasso [ ... ] Essa è estremamente coerente con
l'impostazione d'insieme e con il rigore metodologico di quest'opera bramantesca; e non a caso
egli la ripeterà più tardi nel cortile del palazzo dei Tribunali". BRUSCHI, Bramante Architetto,
cit., p. 120. Altri esempi sono forniti dal cortile di villa Garzoni Il Pontecasale e nella Loggia
di Davide a palazzo del Te. M. TAFURl, .Iacopo Sansovino e {'architettura del '500 a Venezia,
Venezia 1969, e Giulio Romano, Milano 1989, p. 221.
51 BRUSCHI, Baldassarre Peruzzi nel palazzo di Francesco FU.I·coni da Norcia cit.,
pp. 11-30.
46
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Peruzzi sembra rivolgersi al partito del Belvedere che il Nostro avrebbe
potuto facilmente conoscere attraverso la riproduzione che Serlio propone
nel suo Terzo Libro uscito in Venezia nel 1540.
Ma è opportuno, a nostro avviso, fermare l'attenzione verso altri esempi
più vicini, per soluzione formale e per posizione geografica, al nostro monastero. Esistevano, rispetto al periodo in cui Morooi opera, precedenti anche
veneti come la Loggia Cornaro a Padova e Villa Trissino a ericali 52 verso i
quali si ravvisano comunque sostanziali differenze, anche se la complessità
ritmica di Vigodarzere sembrerebbe avvicinarsi maggiormente al secondo
esempio. Mentre infatti la Loggia padovana presenta una sequenza continua
delle medesime arcate, Villa Trissino propone la stessa contrazione dell'interasse angolare del chiostro pur mantenendo la cortina muraria dotata di
nicchia e finestre arcuate. Della Loggia Camara il chiostro riprende invece
gli aggetti della trabeazione in corrispondenza delle semicolonne, tipici degli
archi trionfali. L'aggiunta del frontone sul fornice centrale, mancante negli
edifici citati, unito alla contrazione laterale avvicina la soluzione di Vigodarzere più mm'catamente agli archi trionfali tra i quali quello di Giove Ammone
nella vicina Verona 53, La fortuna del motivo usato da Peruzzi, con l'aggiunta
del frontone, trova elaborazione anche nelle opere di Michele Sanmicheli e
Giulio Romano come appare nella facciata della cappella di Villa della Torre
a Fumane della fine degli anni quaranta, nel prospetto esterno di porta Giulia
a Mantova e in quello dell'abbazia di S. Benedetto in Polirone. Nel primo
caso il raffronto con la raffinatezza dei particolari dell'intervento di Moroni
scopre in realtà più differenze che similitudini, accostandosi caso mai alla
porta manto vana del Pippi. Resta, di fatto, la somiglianza con la struttura
architettonica d'insieme del manufatto: arco inquadrato dall'ordine concluso
con frontone e contrazione laterale delle cmnpate con aperture e specchiatura
soprastante.
Il referente più significativo resta a questo punto S. Benedetto in Polirane conclusa nel 1547. L'impaginato della facciata risulta sostanzialmente
52 P. CARPEGGIANI, C.M. f'àlconetto. Temi ed eventi di una nuova architettura, in Padova,. Case e palazzi, Vicenza 1975, pp. 71-100 e L. PUPPI, Un letterato in villa: Giangiorgio
Trissino a Cricoli, "Arte Veneta", XXV (1971), pp. 72-91. Per un confronto tra i due edifici
si veda M. MORRESI, Giangiorgio Trissino, Sebastiano Serlia e la villa di Cricali: ipotesi per
una revisione attributi'~a, "Annali di Architettura", 6 (1994), pp. 116- 134.
53 Bruschi suggerisce come il partito della loggia cii palazzo Fusconi Pighini sia in realtà
molto vicino a quello dell'Arco cii Giove Ammone a Verona secondo il disegno di Palladio
(Londra, R.I.B.A., XII, 22) anche se non è in grado di stabilire se e quando Peruzzi abbia avuto
la possibilità di visitare la città. Nel nostro caso non sussiste lo stesso problema trovandosi
Verona molto prossima aL luoghi solitamente frequentati da MoronL. BRUSCHI, Baldassarre
Peruzzi nel palazzo di Francesco Fusconi da Norcia cil., p. 28, nota Il.
47
PAOLA LUCHESA
simile a Vigodarzere, nonostante la bucatura delle specchiature nelle campate
minori e la mancanza di contrazioni a fianco del fornice centrale. Come nel
chiostrino la trabeazione ad intervalli alterni acquista un leggero aggetto. Le
somiglianze però non si concludono, ma anzi acquistano definitivo vigore, se
si considera che la conformazione attuale sembra non coincidere completamente con il progetto giuliesco. Secondo un'incisione del 1620, e da altri
documenti 54, la loggia superiore si deve intendere come aggiunta settecentesca. Dali 'incisione di Alberto Ronco, meglio visibile nella ricostruzione che
ne dà Tafuri 55, è possibile notare come ad ogni campata maggiore corrispondesse un frontone (fig. 17). L'ipotesi di frequentazièmc tra Moroni e Giulio
Romano e la probabilità che il Nostro abbia visto e ripreso la solu:lione
polironiana acquista conferma se solo si considera la comune committenza
benedettina. Informa infatti Sartori della familiarità del proto di S. Giustina
con l'abate Leonardo Bevilacqua da Pontremoli e della consuetudine di
Fig. 17 Abbazia di S. Benedetto in Polirone: ricostruzione del fronte principale (M. Tafuri) da
AA.VV., Giulio Romano, Milano ! 989.
54 M. TAFURI, La chiesa abbaziale di S. Benedetto in Polirone, in Giulio Romano cit.,
pp. 544-547; P. PIVA, Giulio Romal1O e la chiesa abbaziale di Pob'rone: documenti e proposte
filologiche, in Studi su Giulio Romano, S. Benedetto Po 1975, p. 66.
55 M. TAFURI, La chiesa abbaziale di S. Benedetto in Polirone, in Giulio Romano cit.,
p. 31.
48
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
quest'ultimo di avvalersi della presenza di Andrea nei viaggi presso i monasteri dipendenti dall'abbazia padovana so. Si spiegherebbero in tal caso anche
altre analogie come i capitelli corinzi delle paraste a foglie lisce dette anche
foglie d'acqua al posto di quelle d'acanto". Il confronto deve ovviamente
tenere presente come la facciata polironiana presenti una monumentalità e
ricchezza di particolari esclusa per dimensioni e semplicità di dettaglio dall'atrio moroniano.
Una ulteriore osservazione infine si impone per l'introduzione inusuaIe,
in una fabbrica certosina, del triportico antecedente la chiesa 5&. Si è già sottolineato come l'impianto della Certosa di Padova ricalchi fedelmente quello
della vicina S. Andrea al Lido di Venezia ad esclusione del chiostrino della
chiesa sostituito, nel monastero veneziano, da una semplice corte. L'atrio
porticato che precede il corpo chiesastico è un chiaro elemento di preferenza
dei Benedctth1i. Lo testimonia la sua presenza in S. Ambrogio a Milano,
assunto quale modello di riferimento per l'ordine, e riproposto, solo per citare
qualche esempio, a S. Sisto a Piacenza, a S. Celso a Milano", nel progetto
cinquecentesco per la nuova chiesa di S. Giulia a Brescia per il quale è stato
documentato l'intervento di Andrea Moroni GO. Del resto Andrea, quale proto
di Santa Giustina, conosce sicuramente il programma architettonico della
Congregazione Cassinese. Non sarebbe quindi improbabile che proprio il
Nostro avesse introdotto un elemento estraneo quale il tt'iportico nella Certosa
di Vigodarzere confermandone ulteriormente la paternità dell'ideazione.
56 A. SARTORI, Regesto di S. Giustina, in La Basilica di S. Giustina. Arte e Storia,
Casteltì"anco 1970, pp. 439-440. M. TAI'URI, La chiesa abbaziale di S. Benedetto in Polirone,
in Giulio Romano cit., pp. 538-547.
s, Le stesse foglie, usate da Giulio Romano anche nei capitelli di S. Petronio, danno
l'impressione di forte arcaismo essendo usate soprattutto in elà medievale. Cfr. BELLUZZI~
FOSTER, Giulio Romano architetto alla corte dei Gonzaga cit., p. 211.
58 Lo studio dei monasteri dell'ordine, che risente della mancanza di un approccio critico
architettonico piuttosto che storico, impedisce un raffronto con le allre Certose italiane sicuramente ricco di importanti conseguenze. Un'analisi delle planimetrie delle case appartenenti alla
Provincia Toscana ha comunque evidenziato come Galluzzo (Firenze), Pontignano (Siena),
Calci (Pisa), Vedana (Belluno) presentano la chiesa che si affaccia su uno spazio porticato su
due o tre lati coincidente però con la corte d'onore o delle obbedienze, priva dunque della
specifica destinazione di distribuzione al solo tempio come avviene a Vigodarzere e in sole due
altre Certose sempre venete. Si tratta di Venezia, priva di porticati, e Montello (Treviso) in cui
la chiesa occupa, del resto, un posto marginale e non centrule come viene evidenziato da
Moroni. Si veda per l'apparato iconografico, Maison.\' de l'odre des Chartreux e G. LEONCINI, Le
Certose delia "Provincia Tusciae", "Analecta Cartusiana", n. 60-1; 60-2 (1975).
59 Le chiese di Milano, a cura di M.T. FIORIO, Milano 1985, Tale aspetto mi è stato
gentilmente suggerito dal (\ott Beltramini.
60 G, BELTRAMINI, Architettura di Andrea Moroni per la Congregazione Cassinese: due
conventi bresciani e la basilica di Santa Giustina a Padova, "Annali cii Architettura", 5 (1995).
49
PAOLA LUCHESA
Non mancano nell'insieme alcune irregolarità, J rapporti gerarchici tra
chiesa e chiostri no si sviluppano decisamente a favore di quest'ultimo) simmetrico secondo le due direttrici, mentt'e la facciata ne diventa illusionistico
fondale: ]a parte soprastante assume una configurazione indipendente dal
telaio della prima fascia. Solo il portale in pietra sembra mediare tale scollamento riportando in priIno piano il carattere primario dell'accesso alla
chiesa senza peraltro particolare successo. L'esiguHà dello spazio e la neces-
sità di confrontarsi con il volume della chiesa già presente giustillcherebbero
l'esito finale. Forse una veloce annotazione di Davide Cugini confermerebbe
tale squilibrio assieme alla volontà dell'ideatore di porvi rimedio aW'averso
raffinate decorazione scenografiche: "Ai lati delle colonne (della porta della
chiesa) emergono dalle pareti come decorazione architettonica j contorni di
due porte finte con lesene ed archivolti H61 ,
Continui influssi romani a confermare la cultura cle] proto bei'gamasco
la cui aggiornata preparazione si manifesta anche nell'uso delle semicolonne
scanaiate, presenti al tempo nel sanrnicheliano Palazzo Pompei, e nell'entasi
delle medesime e delle paraste. La storiografia settecentesca nell'errore di
attribu7ione palladiana non ravvisa la mancanza di tale etIetto nelle opere
giovanili del Vicentino, Allo stesso modo risolve il problema attributivo del
Cortile del B6, e la grande innovazione che presenta atu'averso l'uso della
trabeazione su colonne che anticipa di quattro anni quella di palazzo Chiericati, confermando erroneamente ancora una volta la paternità ad Andrea
Pallaclio.
Una personalità artistica dunque colta e raffinata, quella di Moroni,
sensibile alle nuove conquiste formali romane leggibili in Veneto attraverso
le opere di Sansovino, Sanmicheli e, nella vicina Mantova, di Giulio Romano. Un "protho H
-
conle egli stesso ama sempre definirsi - capace di cogliere
la vera innovazione e per questo poco interessato ai seppl!r altrettanto romani
interventi padovani di Falconetto, esecutore pedante delle precise ed indiscutibili indicazioni di Alvise Comaro. Di qui la possibile idiosincrasia di quest'ultimo verso il bergamasco troppo autonomo ed innovativo e di conseguenza poco interessato alle ricostruzioni archeologiche di un Falconetto più
"antiquario" che architetto. Di qui, ancora, una possibile risposta per spiegare
iI silenzio della storiografia, avara verso colui che studi recenti indicano
come il vero protagonista del Rinascimento padovano e prodighi inspiegabilmente verso quell' Andrea da Valle protetto invece da Camara. Silenzio che
inizia proprio con lo storico Scardeone, anch'egli appartenente al circolo
cornariano.
61 D. CUGINI, L'architetto Andrea d'Albino e i suoi monumenti in Padova, Bergamo
1941, p. 33.
50
A\[DREA MORON! E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Appendice inedita
ASP, Certosa di Padova, b.3, fase. L
1533, 6 Marzo.
Concessione di papa Clemente VII, attraverso il legato apostolico, riguardo la
richiesta della Certosa di Padova di poter costruire un nuovo monastero a Vigodarzere
nella parrocchia di s. Martino {n luogo dell'antica sede distrutta.
Hieronymus Aleander dei et apostolicae sedis gratia Archicpiscopus brundusinus et
oritanus Santissimi Domini Nostri Papae pl'c1atus domeslicus ae eiusdem et pracdictac
Sanclae Sedis in toto venetorum dominio cum potestatem Cardinalis legati de latore
legatus Venerabilibus in Christo priori et monachis monasterij Sanctorum Hieronymi et
Bernardi de Padua ordinis Cartusiensis salutern in Domino: commadis vestris quantum
cum dea passumus paterne providere volentes, vobis, qui ut nobis exponi fecistis,
ecclesiam et monasterium sub invacatiane eorundem Beatorum Hieronymi et Bernardi in
parochia Sancti Mattini in villa de Vigo aggeris paduanae dioceseas a fundamentis
construcrc cupitis propterea guod ecc1esia et monasterillm alias sub eadem invocationc
situs extra civitatem Paduae ad portam guae dieitur Cauda longa ab bellorum turbines
guae tunc tcmporis in partibus illis vigucrunt solo equatum l'uit et in eodem Iaea illud
instaurare rationabilibus ex causis vobis non licet ut ecclesiam cum campanili ac
monasterium cum claustris et alii3 officinis suis in dieta Villa de Vigo argcris a
fundamentis erigere et construere libere et licite possitis et valeatis dummado alias locus
huiusmodi ad id. idoneus existat et sine prciudicio iuris parochialis et secundum Ritum
sanctae matris eeclcsiae id fiat auctoritate apostolica qua ex munere legationis nostrae
fungimur in hae parte tenore pracsentium eonecdimus et indulgemus constitutionibus et
ordinibus apostolicis ceterisqlle contrarijs non obstatibus guibuscumgue. Datum Venetiis
apud Sanetum Eustachium scxto idus martij anno incarnationis Domini millesimo
quinquagesimo trigcsimotertio PontH'icatus autem sanctissimi in Christo Patris et Domini
nostri Domini Clementis divina providentia Papae VII anno undecimo.
Hieronymus ArchiepiscopllS brundusinus legatlls.
II
ASP, Certosa di Padova, b.3, fase. 1.
1534, lO Maggio.
Il Reverendissimo Priore Generale assieme ai RR.PP Deffinitori del Capitolo Generale incarica i Visitatori della Provincia Tusciae della raccolta annua di 100 scudi per
sovvenzionare la costruzione del monastero padovano fino a quando non raggiunga la
rendita annua di 300 scudi.
Frater Guilielmus humilis Prior Domus Maioris Cartusiae Ordinis Cartusiensis
Generalis Minister caeterigue Diffinitores Capituli generalis, universis, et singulis,
Visitatori bus Prioribus et Officialibus Provinciae Thusciae Ordinis nostri Cartusiensis
salutem, et dilectionis affectum.
Cum domus Paduae in dieta Provincia Thusdae a multis annis fuerit propter
bellorum discrimina funditus dilapidata, nec hactenus reparata, ob tenues redditus ipsius
Domus, et malorum temporum dispositiones: Nos quorum, interest super hoc Clll'am
51
PAOLA LUCHESA
suscipere, et invigilare, ne lIna tribus deleatur ex lsracl, universos, et singulos Visitatores,
Priores, et Officiales praedictos monemus per praesentes, et cohottamur in visceribus
Rcdemptoris Domini Nostri Jesu Christi, ut de eorum ahundantia praefatae DOl11ui denuo
conslruenctae, ad honorem Dci, et nostri Orclinis incrementulll l11anus porrigant adjutrices;
atgue ci charitativo subveniant annis singulis, ciance simul CUlTI redditibus dictae Domus,
qui ad minus enmL seuta trecenta auri, et ad pltls, quanturn poterunt, consurgat in statuffi
optimulTI, et pcrfcctum. Vennn qui a inane esset procedere ad exccutionem huiu8'
charitativi obsequi, et suhsidii, si non ordinate dc ipsis disponerentur, propterea tenOl'c
praesentiuln, vices nostras, et Capituli Generalis in hac parte committimus Visitatoribus
dictae Provinciae, ut discrelam Domiblls singulis imponant annualer~ portioncm, et
quantitatem solvendam, et impertiendam pro fabricis erigendis, et construendis auctoritate
nostra et Capituli Generalis; Quorum Visitatonull taxationibus, et impositionibus nemo
praesumat contradicere aut contravenire sub poel1a il1dignationis Ordinis nostri, quam
summam nolul11l1s cxcedere pro nunc ultra centum scuta auri distribuendam per Domos
Provinciae, prout supra narratur. Datum Cartusiae sedente Capitulo Generali die quarta
mensis Maj anno Domini millesimo quingentesimo tricesimo quarto sub signo nost1"O
manuali, et sigillo dictae Domus nostrae Cartnsiae in fidem premissorum.
Taxa facta per visitatores:
Domus Pontignani scuta
5
Domus Belreguardi scuta
4
Domus Florentiae scnta
13
Domus Pisarum scuta
12
5
Domus Magiani scuta
Domus Lucae scuta
8
Domus Bononiae scuta
12
Domus Fcrrariae scuta
16
Domus Venetiarum scuta
12
Domus Montelli scuta
8
Domus Vedanae scuta
5
Guilielmus Prior Carlusiae.
III
ASV, S. Andrea del Lido, b. 31, pago 14,
Adi 17 Octobris 1534.
C.
14.
Riscossione da parte del procuratore della Certosa di Vigodarzere della quota annua di sovvenzione delle certose appartenenti alla Provincia Tusciae.
Scudi doro dodeci Recevi dal Reverendo Padre Dom. Thimothco Con visitatore
Nostro et Prior Benemerito della Certosa di Venezia per la compita parte della taxa
imposta per il Reverendo Capitulo pertinentae a suo reverendo P. da essere spexi nella
fabrica del monastero di Padua. cioé: D. 12.
lo frate Ludovico monacho Procuralor del ditta monastero di Padua.
Adi 17 Octobris 1534.
Scudi cinque Recevi dal ditto Reverendo Padre per la parte taxata almonasterio di
Vedana per il ditta Reverendo Capitulo nostro per l'anno presente. cioé: D. 5.
Idem supra.
Adi 8 Novembris 1534.
Scudi sedexe d'oro in oro Recevi lo Dom Ludovico Procuratore del monasterio di
52
ANDREA MORONI E LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Padua dal Reverendo Padre Dom Thimotheo Prior della Certosa di venezia et
Con visitatore della provincia della Tosehana pagati per sua Revcrcntia a nome del
Monasterio di S. Christophoro della Certhosa di fCfrara pcr la Rata sua dcIIi Cento ducati
taxati per il Reverendo Capitulo da esser applicati alla rubrica lIt supra. val: D. 16,
Adi mese et anno ut supra.
Scudi otto doro in oro Rcccvi dal supra ditta Reverend(J Padre per la Rata dci
Monasterio della certhosa di mantello delli sopradetti Cento ducati eL questi per il presente anno. val: D. 8.
Idem supra.
IV
ASP, Certosa di Padova, b. 9, fase. L
senza data (dopo il 1534).
Supplica dei Reverendi Padri della Certosa al Senato veneziano affinché venga loro
concesso il permesso di riscuotere i capitali di alcuni sestrieri a nome della Certosa al
fine di concludere il monastero.
Serenissimo Principe e Illustrissima Signoria per parte deli poveri vostri fidelissimi
oratori monachi del monastero de SS. Hieronimo et Bernardo dela Certosa de Padoa
Humilmente si cxpone che essendo edificato il loro monasterio cum honorata chiesta de
assai valore de fuora et apresso le mure dc Padoa in loco ditta de Pordgia apresso la porta
de Codalonga dove essi padri havevano terreni et uno edificio de un mollino et dc aguzar
e brunir arme sopra il fiume ditta la Bavetta de i quali edifitii cavavano ogni anno moza
18 fonnento et ducati 24 de fitto. Et al tempo de le passate guere che fumo già de l'anno
del 1509 et XI (1511) fu detto monastcrio, chiesia et edifitii predicti demoliti e minati et
le prede poste nelli edifitii et propugnaculi della cità con perdite ancho de campi dieci et
quarto uno di terren allora arativo occupati per le fabriche de la città a gravissimo danno
iactura e total ruina de ditti poveri religiosi li quali per molti anni sonno stà astretti
abandonare il loro cenobio et con grandissimo dispendio e incomodità habitar case mondane. Dove havendo principiato un novo munasterio ndloco detto de Vigodarzere et per
la tenue entrata et danni infiniti, per la mina del primo monasterio [non havendossi potuto
finio] et continue gravezze et impositioni recevute non essendossi fin hora potuto finir ne
mancho retrovandossi essi poveri religiosi il modo per ciò cum ogni debita reverentia
supplicano che questo Illustrissimo senato sia contento conciedergli gratia di poter
scadere li capitali cum li prodi e utilità fin hora corse de li monti overo sextiri hanno a
nome de esso monasterio acciò che mediante essi danari passino compIr detta sua
fabbricha et monasterÌo nella quale il debito numero de essi religiosi passino habitar et
con le solite continue oralioni pregare il summo Idio per conservation et felicità de esso
senato.
V
ASP, Certosa di Padova, b. I, fase. IV.
1560, adi 5 agosto.
Ricevuta di pagamento ad Andrea da Valle proto della fabbrica del monastero per
alcuni lavori inerenti la facciata della chiesa.
Lavori fati per maestro bortolamio da Ferrara taliapria fati a la fazata de la jesia de
53
PAOLA LUCHESA
la certosa li quali lavori io Andrea da valle Eo stimadi de ordine del Reverendo priore il
padre D. Pclegrino et dc ordine del dito maestro bortolamio.
Et prima per aver fato el primo ordine del scalino taliado de quareli soto a li pie
distalia monta: L 6.
Et per aver fato due basse integre per le colone di mezo et l'ato due ,ùtre meze basse
le quali sono ne li cantoni ce volta per le lozcta e monta tute: L 21.
Et per aver fato dui capitelli corintij et fato dui altri miezi capitelli su le colone de
li cantoni e monta tuti: L 30.
[somma]: L 57.
jo Andrea da valle proto scripsi di mia mano.
VI
ASP, Certosa di Padova, b.IO, fase. II.
1565, lO Octobris.
/ monaci della Certosa citano maestro Pegollini per alcune fessure comparse sulla
volta del refettorio.
Quia Voltus Refectorij nuper aedjficati per magistrum baptistam murarium li1ium
quondam magistri Joannes mariae in monasterio cartusiae paduae in loeo Vieci aggeris
signavit et scisuram fecit in medio ipsius voltus nec non et in muro versus eoquinam:
pariter et batutturn fecit non nullas fissuras et signa et ob eam causam dicti D. fratres
intendebant agere ad darona et interesse dicti magistri Baptistae. Ea propter in mei notarij
publici testiumque infrascriptorum presentia personaliter constitutus dietus magister
baptista et spante per se et eius heredes soliter se obligando promissit Reverendo Domino
D. Gregorio de tarvisio benemerito priOli dicti monasterij ibi presenti stipulanti et
acceptanti nomine dicti sui monasteri in onmi et quocumque casu quo in terminO' aunorurn
decem proxime futurorum tantum, corueret dictus voltus, illum omnibus suis expensis
quoad operas suas refabricandi reffieere, sibi tamen datis lapidibus et calce et reliquis
nccessarijs materijs per ipsos dominos fratres: et ita per pacturn et solamnem
stipulationem promissit et se obligavit; quan quidem proroissionem prefactus magister
Baptista promissit se firmam et rattam habiturum sub obligationem bonorum suomm
presentium et futurorum.
Idem Gaspar Villanus Notarius paduae manu sua exaravit.
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GEOM. ANTONIO PEGORARO
E CESARO GIULIO