collana di studi giapponesi il ponte 2

collana di studi giapponesi
Il ponte
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Direttore
Matilde Mastrangelo
Comitato scientifico
Giorgio Amitrano
Gianluca Coci
Silvana De Maio
Chiara Ghidini
Andrea Maurizi
Maria Teresa Orsi
Ikuko Sagiyama
Virginia Sica
Comitato di redazione
Chiara Ghidini
Luca Milasi
Stefano Romagnoli
Collana di Studi Giapponesi
Il ponte
La Collana di Studi Giapponesi raccoglie manuali, opere
di saggistica e traduzioni con cui diffondere lo studio e la
riflessione su diversi aspetti della cultura giapponese di ogni
epoca. La Collana si articola in quattro Sezioni (Ricerche,
Migaku, Il Ponte, Il Canto). I testi presentati all’interno
della Collana sono sottoposti a una procedura anonima di
referaggio.
La sezione Il ponte intende presentare una selezione delle
opere più rappresentative della produzione letteraria e teatrale del Giappone classico e moderno, dai monogatari e dai
diari di corte di epoca Heian ai romanzi e ai racconti degli
scrittori del panorama contemporaneo della letteratura giapponese, dalle opere di Zeami ai testi teatrali delle ultime
generazioni di drammaturghi.
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I edizione: giugno 2014
Mori Ōgai
Il romanticismo e l’effimero
a cura di
Matilde Mastrangelo
Indice
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Il romanticismo e l’effimero
l’interpretazione di Mori Ōgai
29
Vita e opere
37
La ballerina
59
Ricordi di vite effimere
83
Il messaggero
7
Avvertenze
Il sistema di trascrizione seguito è lo Hepburn, che si basa sul
principio generale che le vocali siano pronunciate come in italiano e le consonanti come in inglese. In particolare, si tengano
presenti i seguenti casi:
ch g
h
j
s
sh u
w
y
z
è un’affricata come l’italiano “c” in cena
è sempre velare come l’italiano “g” in gara
è sempre aspirata
è un’affricata (quindi Genji va letto Ghengi)
è sorda come nell’italiano sasso
è una fricativa come nell’italiano “sc” di scena
in su e in tsu è quasi muta e assordita
va pronunciata come una “u” molto rapida
è consonantico e si pronuncia come l’italiano “i” di ieri
è dolce come nell’italiano rosa o smetto; o come in zona
se iniziale o dopo “n”.
La lunga sulle vocali indica l’allungamento delle stesse, non il
raddoppio.
Tutti i termini giapponesi sono resi al maschile in italiano.
Seguendo l’uso giapponese, il cognome precede sempre il nome.
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Il romanticismo e l’effimero
l'interpretazione di Mori Ōgai
Matilde Mastrangelo
L’unione di due culture
Quando il giovane Ōgai giunse nel 1884 a Berlino, il romanticismo in Europa era un movimento letterario dai canoni ben
fissati e riconoscibili, già produttivo da un secolo, con evoluzioni
peculiari nei diversi paesi, ormai giunto alla fase finale. In Giappone, invece, era ancora tutto da presentare.
Non fu soltanto l’istanza di trasmettere un tema narrativo
“straniero” a spingere Ōgai a pubblicare i suoi racconti d’esordio
e le prime traduzioni di opere europee, dovette piuttosto essere
il suo ritrovarsi negli ideali romantici che mettevano in primo
piano la soggettività, l’individuo, l’istinto, il rispetto per la storia,
argomenti che sarebbero diventati centrali nell’intera produzione
di Ōgai. Nei tre racconti qui presentati in traduzione, che hanno
conquistato un posto importante nella letteratura giapponese, lo
scrittore è riuscito a riunire in una sintesi originale le caratteristiche del romanticismo, le esperienze vissute all’estero, la sua
“moderna” visione dell’individuo, la profonda conoscenza dei
classici giapponesi e dei loro canoni estetici.
Il romanshugi, il cosiddetto romanticismo giapponese, è strettamente legato infatti, nella prima fase, alla figura di Ōgai come
teorico e scrittore e al suo rappresentare l’insieme delle aspirazioni romantiche, ossia quanto compreso tra le spinte speculative
basate sull’esaltazione dell’emotività, dalle quali aveva preso il
via il romanticismo europeo, fino al decadentismo e al senso di
sfiducia nelle capacità dell’uomo di determinare il proprio destino, aspetti questi ricorrenti alla fine del movimento e all’inizio
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del naturalismo zoliano. La produzione “tedesca” di Ōgai risulta
quindi interessante sia per una riflessione sul romanticismo giapponese, sia per un’analisi da un punto di vista “europeo” di una
delle tante sintesi romantiche verificatesi nel panorama letterario
internazionale.
Nato come sfida alla razionalità illuminista, il romanticismo
mette in evidenza, fin dalle idee presentate da Friedrich Schiller
e dal pre-romanticismo, l’importanza della libertà, di scelte e di
azioni, nonché della volontà autonoma dell’uomo (Berlin, 2001,
p.129), tema trattato nei racconti della trilogia.
Secondo l’analisi fatta da gran parte della critica, la diffusione
del romanticismo in Giappone va letta come fondamentale per la
nascita della letteratura nazionale moderna; anzi, per lo scrittore
Satō Haruo (1892-1964) bisogna considerare la partenza stessa
di Ōgai per l’Europa come l’inizio del repertorio giapponese
moderno (Satō, 1971, p. 29). Nei libri di storia della letteratura
giapponese è prassi dividere il movimento romantico in tre periodi, avendo come riferimento principale l’attività artistica dello
scrittore Kitamura Tōkoku (1868-1894), fortemente influenzato
dal cristianesimo, così come la rivista Bungakukai dove scrissero
autori come Shimazaki Tōson (1872-1943). La posizione di Ōgai
all’interno dello sviluppo della corrente letteraria presenta delle
piccole, ma significative, varianti a seconda dei critici. Yoshida
Seiichi, ad esempio, lo colloca nello shoki romanshugi (romanticismo del primo periodo); lo inserisce altresì nella fase finale
del romanticismo (kōki romanha) attraverso i rekishi shōsetsu
(racconti storici) (Yoshida, 1943, pp. 305ss). Questo elemento,
appena accennato nel saggio di Satō Haruo, non è stato in seguito
molto evidenziato, anche se non vi è dubbio che la produzione
storica abbia rappresentato un legame con il romanticismo, legame mantenuto dallo scrittore fino all’epilogo della sua carriera.
Kataoka Yoichi lo include nello zen romanshugi (“pre-romanticismo”), affiancando poi Maihime ad altre opere che definisce
“pre-romantiche” quali Ukigumo (“Nuvole fluttuanti”) di Futabatei Shimei (1864-1909) e Jusan’ya (“La tredicesima notte”)
di Higuchi Ichiyō (1872-1896). In effetti con il romanticismo
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viene introdotto in Giappone il tema dell’individualismo, concetto non semplice da sviluppare in una società che si era basata
sulla collaborazione del gruppo e che aveva contrapposto il senso
del dovere (giri) al sentimento (ninjō). Le tre storie sopra citate
condividono una vena drammatica che nasce, secondo il critico,
dalla frustrazione dei protagonisti che dopo aver trovato la propria strada, autodeterminata e individuale, la vedono poi bloccata o impercorribile. Nel primo caso, in Maihime, Toyotarō deve
rinunciare a una vita più libera a Berlino per ritornare in patria
al servizio di chi ha contribuito a mandarlo in Europa; in Ukigumo, Bunzō non riesce a imporsi come individuo, una volta persa
la collocazione sociale e lavorativa; infine, Oseki di Jusan’ya si
rende conto che lasciare in maniera definitiva la casa del marito
significherebbe una maggiore libertà, ma anche l’impossibilità di
vedere il suo gesto accettato dal contesto in cui vive. Il destino
comune dei tre protagonisti subisce quindi l’influenza della situazione politico-sociale del Giappone del tempo, in cui si erano diffuse le idee portanti dell’individualismo, ma la struttura sociale
non era ancora cambiata al punto da permettere la realizzazione
delle aspirazioni dei singoli. Al pari di quanto accadeva in Europa, il romanticismo era legato a istanze di libertà, ma la società e
la politica non reggevano il passo con i tempi; quindi, come viene rappresentato nelle opere letterarie prima citate, i personaggi
scoprono la propria strada, diversa da quella imposta da altri, ma
non hanno la possibilità di percorrerla fino alla fine (Kataoka,
1979, pp. 26-54).
Il primo contributo di Ōgai alla trasmissione del romanticismo è la pubblicazione, al suo ritorno dalla Germania nel 1889,
di una raccolta di poesie intitolata Omokage (Vestigia). Segue
la rivista Shigaramisōshi, quindi, a partire dal 1890, la “trilogia
tedesca”, e infine, di grande importanza, le numerose traduzioni
di opere letterarie da lui firmate.
Ōgai approda al romanticismo europeo con il bagaglio culturale che derivava dagli studi classici intrapresi fin dai primi
anni scolastici, e attraverso gli stimoli culturali ricevuti in Europa egli traghetta il romanticismo in Giappone, utilizzando però
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immagini e termini conosciuti nella produzione letteraria fin dal
periodo Heian (794-1185). In pratica sembra che Ōgai riproponga, sia pure in contesti e situazioni diversi, quello che può essere considerato a tutti gli effetti una sorta di romanticismo o
pre-romanticismo, già formulato in Giappone dal periodo Heian,
in cui sono condivise molte delle tematiche che vengono fissate
dal movimento europeo nel XVIII secolo. Si può affermare di
conseguenza che l’importante operazione letteraria e culturale di
Ōgai sia stata l’aver presentato una corrente letteraria europea,
mettendo in risalto come queste modalità espressive coincidessero con l’emotività del Giappone classico. Del resto, uno dei
valori del romanticismo era la riscoperta e rivalutazione del passato, lontano dalla razionalità del classicismo. Sasabuchi Yūichi
parla di influenza della “classicità orientale” su Ōgai come elemento importante del suo romanticismo, che non è da collegare
solo alla modernità e alla conoscenza dell’Occidente (Sasabuchi,
1970, pp. 91-92). Notevole è anche l’interesse dello scrittore per
i romanzi sentimentali cinesi di epoca Ming (1368-1644) e Qing
(1644-1911), in cui le protagoniste sono donne impegnate a costruire, più che a subire, il proprio destino, aspetto che rimanda
sicuramente ai personaggi femminili dei rekishi shōsetsu (Milasi,
2011, pp. 226-7, p. 262), ma anche in parte a quelli della trilogia
tedesca.
Dall’insieme delle tracce lasciate dalla cultura classica, che
ritroviamo nella produzione di Ōgai, sembra emergere in maniera particolare il motivo dell’effimero collegato al sentimento
romantico, grazie anche alla specifica terminologia che lo scrittore utilizza. Pensiamo naturalmente alla parola utakata, parte
integrante del titolo del secondo racconto Utakata no ki (Ricordi
di vite effimere); la più immediata associazione di idee ci porta
all’espressione buddhista dell’impermanenza del XIII secolo, ma
già nel Genji monogatari (La storia di Genji, inizio XI secolo),
utakata indicava la brevità di un intervallo, l’inafferrabilità di
un attimo. Il termine si ritrova infatti in funzione avverbiale nel
capitolo XXXI, Makibashira (La colonna di legno di cipresso),
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in una poesia che completa la lettera che Tamakazura invia a Sua
Signoria Genji per esprimere la malinconia provocata dal ricordo
dei giorni trascorsi insieme:
Bagnano le mie maniche
le gocce di una lunga pioggia
stillanti dalle gronde,
come potrei non rimpiangervi
fosse pure solo per un breve attimo1
(Orsi, 2012, p. 595)
In Utakata no ki, a commuovere Kose, l’artista giapponese
in visita a Monaco di Baviera, alle prese con la realizzazione di
un dipinto della Lorelei, è proprio il senso di fragilità trasmesso
dalla vita che in un’impalpabile frazione di tempo scompare senza lasciare tracce, come “schiuma sull’acqua”, utakata, appunto.
Anche aware è una modalità espressiva utilizzata da Ōgai,
intendendo con essa sia l’insieme di sentimenti che emergono
spontaneamente dall’animo umano, più vicino al sentire Heian,
sia la tristezza tipica del periodo medievale nella quale viene
compresa l’idea stessa di mujō, l’ideale estetico per eccellenza
in cui si sottolinea l’effimero dell’esistenza. Lo aware che nei
racconti agita il cuore, ben distinto dal concetto di uree o kanashii (l’essere tristi, addolorati), accompagna la frustrazione per
il fallito tentativo di vivere secondo il proprio istinto. Aware è la
commozione che il protagonista di Maihime, Toyotarō, prova per
la sfortunata Elise, al momento di congedarsi dalla donna “ridotta ormai all’ombra di se stessa”. Tale esperienza determinerà
la stratificazione del rimorso nel cuore del protagonista. Aware è la capacità di provare empatia e comprensione per gli altri,
qualità rarissima che secondo Marie, la modella dell’Accademia
di Monaco dalla complessa personalità, Kose possiede. Aware è
anche ciò che Kose prova davanti al corpo di Marie esanime sul
1
Nagame suru noki no shizuku ni sode nurete utakata hito o
shinobazarameya.
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fondo della barca, avvertendo la propria impotenza come uomo,
ma anche come artista: lascerà infatti incompiuta la sua opera,
prostrato dalla disperazione. Aware, infine, è la commozione che
Kose prova nel vedere il volo delle lucciole che accompagnano
l’anima di Marie mentre si allontana dal corpo.
Anche in Fumizukai, in cui viene dato ampio spazio all’emozione, pur sottolineando la possibilità di una reazione positiva dei protagonisti, il termine simbolo dell’estetica classica
ritorna in più punti. Segno di commozione è il senso di aware
che Kobayashi, l’ufficiale in visita in Sassonia, prova sentendo
l’esecuzione al pianoforte di Ida, un’improvvisazione rapsodica,
inquietante ma travolgente, l’unico modo possibile per la ragazza
di nobile famiglia di esprimere i sentimenti che prova, “chiusi da sempre nel piccolo torace”. Senso di compassione emerge
anche dalle parole di Meerheim, il promesso sposo di Ida, da lei
rifiutato in favore di una maggiore determinazione personale del
proprio futuro, nella descrizione che l’uomo fa del ragazzo dal
labbro leporino rimasto orfano, elemento, quello del rimanere
senza genitori, tra l’altro ricorrente nel romanticismo e presente
anche in Utakata no ki. Molto interessante è l’accostamento tra
l’espressione dello aware e il personaggio di Meerheim, definito
nel racconto come un uomo superficiale, il quale, secondo Ida,
si lascia trasportare con poca coscienza nell’effimero ukiyo no
nami (onde del destino), dove con ukiyo Ōgai intende la vita di
ogni giorno2.
La lotta per le scelte individuali
La personale interpretazione che Ōgai dà del romanticismo
viene presentata in maniera quasi progressiva nei tre racconti,
come se per trasmetterne in Giappone i principi fosse stata necessaria una tappa intermedia: scrivere delle storie romantiche
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Per tutti i riferimenti ai tre racconti presentati, la traduzione è stata
condotta su Koizumi, 2004.
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nel luogo di origine del movimento letterario, ma vissute da
protagonisti giapponesi. Tra l’altro, è interessante notare che i
personaggi maschili, Toyotarō, Kose e Kobayashi, rappresentano
un aiuto, un appoggio per le sfortunate e infelici protagoniste,
travolte da eventi drammatici, anche se il loro intervento è risolutivo solo nell’ultimo racconto. Una certa volontà di orientare il
lettore si riscontra non solo nell’elaborazione della parte emotiva
delle storie, ma anche nel tradurre taluni aspetti della cultura tedesca. In Maihime compare, allora, la spiegazione di cosa sia una
mansarda o di come venga festeggiato il capodanno a Berlino;
in Utakata no ki vi sono diverse precisazioni sul comportamento
degli studenti d’arte tedeschi, sul carnevale o sulle abitudini nei
caffè; in Fumizukai, ancora, il lettore viene informato sull’arredamento delle residenze dei nobili e sui ricevimenti dei reali di
Sassonia: una cornice quindi “esotica” per una nuova espressione
narrativa.
In ognuno dei racconti viene privilegiato un aspetto in particolare del romanticismo, pur rimanendo presenti numerosi
spunti; nel primo, la tensione verso la conquista della libertà e
dell’autonomia del singolo; nel secondo la passionalità dell’arte
e l’incontro con la storia; nell’ultimo il rispetto dei sentimenti
e una risposta all’aspirazione individuale (Mastrangelo, 1998a,
1998b).
Satō Haruo individua come uno dei temi principali di Maihime «la storia della trasformazione emotiva di una persona che da
feudale diventa moderna» (Satō, 1971, p. 33). Per Chiba Shunji il
concetto di “moderno” poteva forse ancora non essere ben chiaro
nel periodo in questione; piuttosto, dal protagonista di Maihime viene affrontata la scoperta di un altro se stesso, diverso da
quello fedele alle aspettative dei superiori, incapace di irrigidirsi
su un’unica specializzazione come dimostrazione di modernità,
ma anzi desideroso di dare spazio alla ricchezza dei propri interessi (Chiba, 1997, pp. 32-34). Questa ipotesi troverebbe una
sua conferma nella sottolineatura, più volte ripetuta, che il protagonista Toyotarō fa della Germania come paese europeo in cui
viene maggiormente accolta l’idea di “un sapere da diffondere
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tra il popolo”. Il riferimento è al minkangaku, lo “studio popolare”, ossia la conoscenza trasmessa a tutti gli strati sociali e non
riservata all’élite (Takemori, 2001, pp. 182-185; Takemori, 2002,
pp. 173-179); quindi modernità non è più soltanto sinonimo di
settorialità o specializzazione, ma di ampliamento degli interessi
e della cultura personale.
Maihime contiene, tra gli altri, un tema importante del romanticismo, vale a dire la coscienza della propria infelicità. In effetti
Toyotarō si rende conto di quanto sia infelice e frustrato solo
quando arriva in Germania; qui egli scopre una possibile soluzione nel rimanere, quasi “rifugiandosi”, in un paese straniero
per eludere la sua precedente situazione. Il legame con Elise gli
offre lo spunto romantico, ma anche l’opportunità di separarsi
dal Giappone. A questo punto, più che il senso del dovere, ad
intervenire è la paura di un passo senza ritorno, la paura di non
poter tornare indietro dal luogo scelto come rifugio. Non a caso è
molto d’effetto l’immagine proposta da Koizumi Koichirō quando, descrivendo Toyotarō nell’epilogo della storia, a metà strada
fra il centro della città, all’interno dello Under den Linden dove
si trova anche il conte Amagata, e la casa di Elise più marginale,
sostiene che egli: «si allontana dalla protezione di una divinità
femminile democraticamente moderna, per tornare alla sudditanza di una divinità femminile militarista» (Koizumi, 2004, p. 545).
Il taglio narrativo è confessionale e potrebbe quindi rientrare
nel genere abbastanza frequentato nella letteratura giapponese
del kokuhaku bungaku (letteratura della confessione) (Itō, 2002,
pp. 20-66), in cui il lettore diventa il confidente per eccellenza al
quale affidare gli stati d’animo più tormentati. L’approccio narrativo si può definire diaristico e del resto il diario è una delle
forme preferite dal movimento romantico per rappresentare l’intimità dell’animo. Ma se Ōgai trova congeniale questa struttura
per il suo esperimento romantico, è anche in virtù della fiorente
tradizione che il genere ha da sempre in Giappone.
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