Il trealosio: proprietà funzionali ed applicazioni in campo alimentare

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
FEDERICO II
DIPARTIMENTO DI AGRARIA
Corso di Laurea in
TECNOLOGIE ALIMENTARI
TESI IN BIOCHIMICA
Il trealosio: proprietà funzionali
ed applicazioni in campo alimentare
RELATORE
Ch.ma Prof.ssa
Loredana Mariniello
CANDIDATO
Ciro Pinto
Matr. N10/923
Anno Accademico 2012/2013
Capitolo 1
Trealosio in natura
1.1 Origine e scoperta del trealosio
Il trealosio è un disaccaride composto da due molecole di glucosio unite tramite un
legame glicosidico α 1→1, presente in molti organismi viventi, sia Procarioti che
Eucarioti. Si pensa che questo zucchero sia stato isolato per la prima volta da H. A.
L. Wiggers nel 1832 dal fungo Claviceps purpurea (l’ascomiceta responsabile della
“segale cornuta”), ma il nome con cui oggi è conosciuto è stato coniato più tardi, solo
nel 1859, quando Marcellin Berthelot isolò lo stesso disaccaride come zucchero
principale dalla secrezione di un coleottero trovato nel deserto iracheno, conosciuta
come “trehala manna”: da qui il nome “trealosio”. Questo costituisce dal 30 % al 45
% del peso secco della “trehala manna”: si racconta che tale sostanza, presente sulle
foglie di varie piante, venisse raccolta dai beduini ed utilizzata come agente
dolcificante. Alcuni pensano che la “trehala manna” precedentemente citata possa
essere simile alla “manna” menzionata nella Bibbia (Libro dell’Esodo, Vecchio
Testamento), il cibo mandato da Dio al popolo d’Israele durante il cammino di 40
anni nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto (Dexter, L., Richards, A,
2011, Alternative Sweeteners).
Figura 1.1 Struttura del trealosio in proiezione di Hawort (a sinistra) e in conformazione a sedia
(a destra)(da http://mtsm.engr.wisc.edu/MGIEOG/database/index.html;
http://it.wikipedia.org/wiki/Trealosio)
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1.2 Distribuzione in natura
Uno dei problemi più seri che gli esseri viventi devono affrontare è la sopravvivenza
ai cambiamenti ambientali, quali le elevate temperature, le elevate concentrazioni
saline (ambiente ipertonico), e la disidratazione: questi possono comportare danni
alle proteine, alle membrane, la perdita di acqua, con conseguente morte delle
cellule. Molti organismi hanno sviluppato due differenti strategie di adattamento a
tali situazioni: alcune specie hanno modificato le proprie capacità metaboliche in
modo da poter sopravvivere ai vari stress (per esempio hanno modificato i valori
ottimali di pH e temperatura dei vari enzimi e la stabilità delle membrane, mentre
altre hanno evoluto particolari vie biosintetiche in modo da sintetizzare composti
osmoticamente attivi, termo-protettivi e crio-protettivi, in modo da preservare le
cellule. Tra questi vi sono polialcoli, quali sorbitolo e mannitolo, aminoacidi quali
prolina e acido glutammico, sali di ammonio quaternario (betaina di glicina o N,N,Ntrimetilglicina), e disaccaridi come saccarosio e soprattutto trealosio (Avonce et al,
2006, BMC Evolutionary Biology). Proprio quest’ultimo ha un’elevata attitudine a
“proteggere” gli elementi cellulari ed è ampiamente distribuito in natura: lo si ritrova
in batteri, funghi, insetti piante ed animali. Molto presente è nei funghi, di cui
rappresenta dal 10 al 25 % del peso secco. Uno degli esempi di come il trealosio
agisca sugli organismi viventi è la “pianta della resurrezione”, la Selaginella
lepidophylla, una felce, che è in grado di sopravvivere all’essiccamento e di ritornare
completamente vitale se posta a contatto con l’acqua (Higashiyama, 2002,
PureAppl.Chem.).
Figura 1.2 Esemplare di Selaginella lepidophylla in forma disidratata (a sinistra), dopo
cinque minuti (al centro) e dopo quindici minuti a contatto con l’acqua (a destra)
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