Poppi 06 Dicembre 2014 Marcello Grifagni Metabolismo della vitamina D ➲La luce solare penetra nella cute e converte il precursore 7-deidrocolesterolo in colecalciferolo (o vitamina D3). Esiste anche una seconda forma di vitamina D (D2 o ergocalciferolo) di origine vegetale e identico significato metabolico. ➲Successivamente la vitamina D viene metabolizzata a livello epatico diventando 25OH vit. D. A livello renale l'enzima 25-idrossi-vitamina D-1α-idrossilasi converte l'ormone nella forma metabolicamente attiva (1,25-diidrossivitamina D o calcitriolo) La 25-idrossi-vitamina D-1α-idrossilasi e la fonte critica di produzione del calcitriolo ed é regolato principalmente dal paratormone. Recentemente e stata dimostrata la sua presenza anche in molti tessuti con funzione autocrina PTH Ipofosfatemia Estrogeni Ridotta concentrazione 1,25(OH)2 stimolazione Ipercalcemia Iperfosfatemia Elevate concentrazione di 1,25 (OH)2 Fosfatonine (omeostasi fosforo) inibizione Una volta attivata a 1,25(OH)2D3, la vitamina D attua la maggior parte delle sue funzioni biologiche attraverso la regolazione della trascrizione di numerosi geni, interagendo con un recettore nucleare ad alta affinità (VDR, vitamin D receptor) L’azione dell’1,25(OH)2D3 si esplica a vari livelli e su organi bersaglio differenti. A livello intestinale l’1,25(OH) 2D3 agisce aumento dell’assorbimento di calcio determinando un attraverso l’induzione della sintesi di una proteina legante il calcio a livello dell’orletto a spazzola delle cellule dell’epitelio intestinale e che funge da trasportatore di calcio dal lume intestinale al citoplasma cellulare Adeguati livelli di vitamina D sono indispensabili per il mantenimento di appropriati livelli di calcio e fosfato nei liquidi extracellulari, condizione necessaria per garantire un buon livello di mineralizzazione ossea Sul tessuto osseo inoltre l’azione della vitamina D si esplica attraverso l’interazione con recettori per l’1,25(OH)2D3 espressi dagli osteoblasti, promuovendo la sintesi di alcune proteine fondamentali per l’omeostasi del tessuto osseo, quali ad esempio l’osteocalcina (marcatore di neoformazione) CARENZA DI VITAMINA D Riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio Se severa e prolungata Riduzione calcemia Aumento PTH Aumento del turnover osseo ed in particolare dell’attività di riassorbimento OSTEOMALACIA OSTEOPOROSI FRATTURE Il calcitriolo è in grado di stimolare la produzione di proteine muscolari ma soprattutto di attivare alcuni meccanismi di trasporto del calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico muscolare, essenziali nella contrazione muscolare Performance fisica (score) In condizioni di ipovitaminosi D sono stati descritti quadri di miopatia prossimale (difficoltà ad alzarsi dalla sedia, impotenza funzionale nel portare le braccia sopra la testa, ecc.), di sarcopenia e di riduzione della forza muscolare, con disturbi dell’equilibrio e con conseguente aumento del rischio di cadute Adami e coll. Reumatismo 2011 Kuchuk J Clin Endocrinol Metab 2009 CARENZA DI VITAMINA D Se severa e prolungata Riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio MIOPATIA PROSSIMALE Riduzione calcemia Aumento PTH Aumento del turnover osseo ed in particolare dell’attività di riassorbimento OSTEOMALACIA OSTEOPOROSI FRATTURE Disturbi dell’equilibrio Rischio di cadute High-dose vitamin D supplementation (≥800 IU daily) was somewhat favorable in the prevention of hip fracture and any nonvertebral fracture in persons 65 years of age or older. (Funded by the Swiss National Foundations and others.) Una recente metanalisi ha evidenziato l’importanza di un’adeguata dose supplementare di vitamina D, osservando una significativa riduzione del rischio di fratture femorali (–30% circa) e di fratture non vertebrali in genere (–14% circa) solo per dosi giornaliere maggiori o uguali a 800 UI Bischoff-Ferrari e coll. N Engl J Med 2012 Rischio di frattura in pazienti in trattamento per osteoporosi +77% È stato documentato che la carenza di vitamina D vanifica del tutto l’effetto dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi Nota 79 Adami e coll. Osteoporos Int 2009 Prima di avviare la terapia con farmaci sopraindicati, in tutte le indicazioni è raccomandato un adeguato apporto di calcio e vitamina D, ricorrendo, ove dieta ed esposizione solari siano inadeguati, a supplementi con sali di calcio e vitamina D3 (e non ai suoi metaboliti idrossilati) Nota 79 – Gazzetta Ufficiale della Repubblica Itali È stato documentato che la carenza di vitamina D vanifica del tutto l’effetto dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi Nota 79 – Gazzetta Ufficiale della Repubblica Itali I recettori per la vitamina D sono praticamente ubiquitari e questo spiega quanto sia importante il ruolo fisiologico di questo ormone non solo nel metabolismo minerale ma anche in numerose altre vie metaboliche È stato stimato che l’1,25(OH)2D3 sia in grado di regolare direttamente o indirettamente circa 200 geni, determinando un’ampia gamma di azioni biologiche La scoperta non solo che quasi tutti i tessuti e le cellule del nostro organismo esprimono il recettore per la vitamina D (VDR) ma che molte esprimono anche la CYP27B1 [che converte la 25(OH)D nella forma attiva 1,25(OH)2D] ha aperto nuovi orizzonti sulle molteplici funzioni non scheletriche di questa molecola Rossini M e coll. It J Min Elect Metab 1990 Isaia G e coll. Osteoporos Int 2003 Nonostante la latitudine del nostro Paese, che sembrerebbe favorirlo in termini di sintesi cutanea della vitamina D da esposizione solare, è stato riportato che la popolazione italiana è tra quelle con i più bassi livelli sierici di 25(OH)D in Europa, espressione di uno stato vitaminico D carente Kuchuk e coll. JBMR 2009 La carenza di vitamina D non risparmia i maschi in età senile, anche se è più tardivo rispetto alle femmine Orwoll e coll. J Clin Endocrinol & Metab 2009 La carenza di vitamina D non è esclusiva degli anziani: è stata descritta anche in 1/3 delle donne italiane in età premenopausale (età media 35 anni), specie se obese e residenti nelle Regioni meridionali Adami e coll. Bone 2009 SCARSA ESPOSIZIONE SOLARE La superficie corporea esposta, il tempo di irradiazione, l’uso di filtri solari e l’età (a parità di esposizione solare, la sintesi si riduce del 30% negli anziani) condizionano fortemente la sintesi cutanea di vitamina D3 INTENSA PIGMENTAZIONE CUTANEA La melanina assorbe i raggi UVB responsabili della sintesi cutanea di vitamina D3 TERAPIE CORTICOSTEROIDEE A LUNGO TERMINE I corticosteroidi aumentano il catabolismo della vitamina D. Nei soggetti in trattamento con corticosteroidi può essere necessario un aumento dei dosaggi di vitamina D PATOLOGIE DERMATOLOGICHE I pazienti affetti da psoriasi, dermatite atopica e vitiligine sono particolarmente a rischio di carenza di vitamina D ETÀ A parità di esposizione solare, la sintesi si riduce del 30% negli anziani OBESITÀ La biodisponibilità della vitamina D si riduce nei soggetti obesi a causa dell’eccesso di tessuto adiposo Adami e coll. Reumatismo 2011 Insufficienza Carenza 20 Sufficienza 30 100 ng/ml Per la conversione in nmol/l occorre moltiplicare per 2,5 1. Come screening per i potenziali deficit 2. Per valutarne i livelli in pazienti con segni di tossicità In Italia la supplementazione con vitamina D (vitamina D 2 o D 3 ) si è rivelata utile persino in prevenzione primaria tra gli anziani (Livello 1 A; Raccomandazione grado A) . La dose di vitamina D consigliata viene espressa come posologia giornaliera. Tuttavia, a parità di dose cumulativa, la vitamina D può anche essere somministrata con boli settimanali o mensili. Il ricorso a boli annuali è stato messo in discussione da un recente studio condotto in Australia, per cui si raccomanda che i boli di vitamiana D non superino mai le 100-300 mila UI. La dose indicata nella tabella dovrà essere somministrata in dose refratte nell’arco di 1-3 mesi; ad esempio ricorrendo a dosi giornaliere di 5-10.000 UI (o corrispondenti settimanali).: La determinazione di vit D è appropriata in pazienti con condizioni di rischio di carenza Non è considerata appropriata come esame di routine o per screening in individui non a rischio Non ci sono indicazioni per una sua determinazione nella valutazione clinica delle varie attività extrascheletriche identificate negli studi più recenti Manuela Caizzi (1); Giorgio Paladini (2) 1. S.C. Ematologia Clinica; Azienda OspedalieroUniversitaria, Ospedali Riuniti di Trieste (2013) Quasi la metà degli adulti di età superiore ai 50 anni assume integratori a base di vitamina D, come coadiuvante nella prevenzione dell’osteoporosi. I ricercatori, guidati dal Prof. Ian Reid, hanno analizzato, con la metodologia della revisione sistematica, 23 trial clinici (durata media 23 mesi e mezzo, 4082 partecipanti in totale, 92% donne, età media 59 anni). La conclusione del team di ricerca è stata piuttosto netta: non esistono evidenze sufficienti a sostegno dell’assunzione di integratori di vitamina D negli adulti che non presentano rischi specifici di deficienza di questa vitamina. L’assunzione abituale di vitamina D non ha dunque mostrato effetti significativi sulla densità minerale ossea e pertanto sulla capacità di prevenire l’osteoporosi. Gli autori hanno analizzato 450 studi, prospettici e interventistici, per determinare se vi fosse una relazione inversa tra la concentrazione di calcidiolo (25(OH)D) e l’insorgenza di varie patologie non muscolo scheletriche (tra cui aumento ponderale, malattie infettive, sclerosi multipla, disordini dell’umore e molti altri) arrivando a una conclusione sorprendente. La carenza di vitamina D sarebbe, secondo gli studiosi, un effetto della malattia e non la causa. Il team di ricercatori indica nei processi infiammatori, coinvolti nell’insorgenza della malattia, e nel decorso clinico la causa della riduzione dei livelli di 25 (OH) D, spiegando perché bassi livelli di vitamina D vengono riportati in merito a una vasta gamma di disturbi. Rachitismo chirurgica bariatrica, celiachia, enterite da Osteomalacia radiazioni ecc. Osteoporosi Iperparatiroidismo insufficienza renale primitivo cronica cadute frequenti insufficienza epatica nell’anziano sindromi da malassorbimento: malattia infiammatoria cronica intestinale, La prevenzione ed il trattamento del deficit di vitamina D ha spiccata rilevanza clinica nella prevenzione dell’osteomalacia-rachitismo ed osteoporosi, ma sono stati ampiamente studiati i benefici biologici anche in numerose condizioni patologiche extra-scheletriche (malattie neoplastiche, auto-immuni e cardiovascolari). ·La rilevanza epidemiologica del deficit di vitamina D negli adulti è particolarmente significativa in Italia con particolare riferimento alla popolazione geriatrica ed alla stagione invernale. (4-5) L’ipovitaminosi D rappresenta un fattore di rischio indipendente per fratture scheletriche in pazienti con diagnosi di osteoporosi. (6-7) In presenza di deficit severo vanno somministrate dosi cumulative di vitamina D variabili tra 300.000 ed 1.000.000 di U.I, nell’arco di 1-4 settimane. Una volta corretto il deficit vitaminico, la dose giornaliera di prevenzione - mantenimento varia in funzione dell’età e dell’esposizione solare, con un range compreso tra 800 e 2.000 UI/die o equivalenti settimanali. Il dosaggio della 25(OH)vitamina D sierica rappresenta il metodo più accurato per stimare lo stato di replezione vitaminica D nell’organismo, sebbene le tecniche di dosaggio non siano tuttora adeguatamente standardizzate. Nell’ipovitaminosi D sono state identificate soglie per una condizione di “carenza” [25(OH)D <20 ng/ml] e di “insufficienza” [25(OH)D tra 20 e 30 ng/ml]. Il dosaggio dei metaboliti idrossilati non è raccomandato né per la diagnosi di sospetta ipovitaminosi D, né per lo screening La determinazione dei livelli di 25(OH)vitamina D è appropriata solo in pazienti con condizioni associate a rischio di carenza. NON risulta indicata come esame di routine o per screening in individui che non appartengano a categorie a rischio. NON ci sono indicazioni per una sua determinazione nella valutazione clinica delle varie attività extra-scheletriche identificate negli studi più recenti. In soggetti di età inferiore a 60 anni, non malnutriti e con normale esposizione solare annuale, NON vi sono indicazioni al di fuori delle condizioni patologiche sopracitate al dosaggio ed alla supplementazione della vitamina D. In soggetti di età superiore a 70 anni la prevalenza della carenza di vitamina D è prossima al 100%. In assenza di specifiche condizioni patologiche o controindicazioni è pienamente giustificato un trattamento empirico “ in cieco" con vitamina D (300.000 Unità in bolo parenterale seguito da assunzione cronica per os di 1000 Unità/die) senza effettuarne preliminarmente il dosaggio. · In età compresa fra 60 e 70 anni è indicato il dosaggio di vitamina D per screening dell’ipovitaminosi prima di intraprendere lo specifico trattamento. E’ indicato effettuare una valutazione dopo 2 anni dall’inizio di trattamento reintegrativo con dosi giornaliere superiori a 1000 UI. (4) Solo in pazienti con persistenti fattori di rischio per ipovitaminosi D è utile una valutazione dei livelli di vitamina D dopo sei mesi. In condizioni patologiche particolari associate ad aumento della produzione di vitamina D (malattie granulomatose o iperparatiroidismo primitivo) è necessario un più stretto monitoraggio per il rischio di tossicità. la misura della 1,25(OH)2D è appropriata nella valutazione o nel trattamento di condizioni che possono essere associate con difetti congeniti o acquisiti del metabolismo della vitamina D e del fosfato. · la misura della 1,25(OH)2D non è considerata appropriata nè per la valutazione, nè per lo screening della carenza di vitamina D, perché non è un indicatore affidabile dei livelli di vitamina D nel siero. Infatti i suoi livelli circolanti non riflettono la riserva di vitamina D dell’organismo; il valore risulta inoltre spesso normale o elevato in pazienti con deficit di 25(OH) vitamina D, a causa del conseguente iperparatiroidismo secondario. ipercalcemia associata a bassi livelli di PTH circolante (per lo screening di malattie granulomatose quali sarcoidosi, tubercolosi, o emoproliferative come alcuni linfomi) Disordini congeniti o acquisiti del metabolismo della 25(OH) vitamina D o del fosfato (per lo screening di rachitismi resistenti a vitamina D/ipofosforemia oncogenica/disordini ereditari da perdita di fosfato o altri disordini con sospetta patologia delle fosfatonine) Nei casi di insufficienza renale cronica per eventuale modulazione della supplementazione In casi particolari di iperparatiroidismo primitivo. calcemia, creatininemia, fosforemia, proteine totali, PTH, calciuria, fosfaturia. 25-OH vitamina D, Supplementazione di vit D La vitamina D3 (25-OH-vit D) è la forma preferibile di vitamina D da utilizzare, mentre il ricorso al calcitriolo è consigliato solo in situazioni particolari (insufficienza renale medio-grave, grave malassorbimento, ipoparatiroidismo), peraltro in associazione alla vitamina D3. Infatti il calcitriolo ha una brevissima emivita, non ha possibilità di stoccaggio e necessita di controlli periodici di calcemia e calciuria. Si manifesta negli adulti a 100000UI/die per mesi Ipercalcemia (12-16mg/dl) Nausea, vomito, anoressia, Poliuria, polifagia, nervosismo, prurito Alterata funzione renale Calcificazioni metastatiche
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