Omelia di Don Romano a Sacrofano (RM) 05/05/2014 E

Omelia di Don Romano a Sacrofano (RM) 05/05/2014
E’ veramente bello, grande, essere qui tutti insieme. Sembriamo proprio quella folla che, cercando Gesù
non lo trova, e si pone sulle barche e và in cerca di Lui. Noi siamo montati sui tanti pullman e siamo tutti qui
con il Signore, perché lo vogliamo incontrare, perché lo vogliamo vedere, perché vogliamo che il Signore
continui a nutrirci.
Non so da dove partire, sono tanti pensieri e le emozioni che mi passano nel cuore e nella mente e rischio
sempre, in questi momenti, di non reggere... Se gnolo non è che sto male, sono contento! Se mi vedete
piangere stare tranquilli, è solo la vecchiaia e mi rende un po' più debole.
Dicevo allora siamo qui, siamo venuti per incontrare il Signore ed è questa la cosa importante. Siamo venuti
anche per incontrare il Papa Francesco che ci rappresenta il Signore, ma già qui in questa chiesa così bella
e spaziosa, ci siamo perché vogliamo incontrare il Signore; e questa credo che sia la cosa importante da cui
partiamo: dall'Eucaristia, da quel pane spezzato.
Stiamo leggendo il capitolo sei di Giovanni, che tutti noi ben sappiamo essere l'istituzione dell'Eucarestia nel
Vangelo di Giovanni, nel segno della moltiplicazione dei panidi cui questa folla si è nutrita e del lungo
discorso sul pane di vita che Gesù appunto fa a Cafarnao, iniziando proprio dal brano che abbiamo
ascoltato. Ecco allora che siamo qui perché abbiamo già assaporato il pane, il pane della parola, il pane
dell'Eucaristia, il pane della carità dei fratelli più piccoli. Siamo già stati nutriti e, se siamo qui, è perché
abbiamo gustato di questo pane, di una presenza forte viva del Signore, che ci chiama tutti alla sua mensa,
all’unità delle tre mense per cui noi viviamo ogni nostra giornata in questo nutrimento, ci immergiamo in
questa triade ché è sempre Lui che si dona a noi: si dona nella parola, si dona nel pane eucaristico, si dona
nella carità nei fratelli più piccoli e si dona a noi che siamo così ipernutriti.
Ipernutriti da Gesù stesso! Quale grazia più grande potremmo chiedere? Ecco allora siamo qui per dire un
grande grazie al Signore che, senza alcun merito nostro, ci ha chiamati a vivere questa esperienza della
Casa della Carità: un'esperienza di amore, un'esperienza di dono, l'esperienza di un nutrimento che
accompagna tutti i giorni della nostra vita.
Mi vorrei fermare su due versetti del Vangelo: “Vanno in cerca di Gesù ma non hanno capito poi bene..”
Vanno in cerca di Gesù perché Gesù li ha sfamati, e tornano da Gesù perché un profeta che ti dà da
mangiare senza chiederti niente è una bella attrattiva è un bel profeta anzi… Cercheranno addirittura di farlo
re, perché un re che ti nutre, che ti dà da mangiare senza lavorare… beh insomma direi “venissero tutti i
giorni di questi re!”
Ma Gesù mette in guardia: “in verità in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni ma
perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati, avete riempito la pancia, aveva soddisfatto il vostro
bisogno di cibo… datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e
che il Figlio dell'Uomo vi darà”.
Datevi da fare per quel cibo che è la quotidianità della nostra vita, ma vissuta nella unità delle tre mense,
vissuta nella fede, nell'amore, vissuta nella libertà senza cercare il nostro tornaconto, senza cercare il
plauso, il ringraziamento, senza cercare che qualcuno ti dica bravo! Perché se cerchi questo non cerchi il
Signore, ma cerchi te stesso. Datti da fare non per te, non per il tuo onore, per la tua gloria, la tua
soddisfazione e la tua compensazione; datevi da fare per un cibo che rimane per la vita eterna.
Che cosa è che rimane per la vita eterna se non l'amore? Dice Paolo nella lettera ai Corinzi tre sono le virtù:
fede, speranza e carità, ma di queste la più grande è la carità, perché la carità rimane per sempre! E allora
darci da fare per un cibo che rimane per la vita eterna vuol dire per ciascuno di noi: “vivi l'amore, vivi la
carità!” Vivila ma non solo nella Casa della Carità! Vivila nella tua quotidianità con tua moglie, tuo marito, i
tuoi figli… con gli amici compagni di lavoro. Vivila con le persone della tua comunità, simpatiche o
antipatiche che siano… anzi, vivi e lavora per un cibo che non marcisce e che ti conduce alla vita eterna.
Questo è il messaggio del Vangelo di oggi, che è pure il messaggio delle Case: vivere nell'amore perché
Dio è amore e quando noi andremo in paradiso non avremo altro che Dio; e il nostro entrare in paradiso è
entrare nell'amore di Dio, nella sua pienezza. Ma se qui non abbiamo amato è dura! Se qui non abbiamo
vissuto quella carità piena, quell'amore pieno, quell’amore che ci insegna Gesù, quel cibo che rimane per la
vita eterna, corriamo il rischio di udire quella parola terribile di Gesù, nella parabola delle 10 vergini e in altri
testi del Vangelo, quando dice: “quel giorno busserete, ma io dirò non vi conosco!” Non vi conosco perché
non avete amato; non vi conosco perché non avete vissuto quel dono d'amore che io ho portato con la mia
incarnazione. Che io vi ho manifestato con la mia vita, con la mia passione, morte e risurrezione. Dove
eravate? Dov’era il tuo cuore? Hai lavorato per te, hai lavorato per la tua gloria, hai lavorato per la
manifestazione di te stesso, non ti conosco, non ti conosco perché io conosco l'amore gratuito, l'amore che
viene dal Padre, quell'amore che ti ho mostrato nella mia morte, nella mia risurrezione” Sarebbe terribile
fratelli che noi udissimo queste parole! Lo scongiuriamo dal Signore che ciò non avvenga, ma che possiamo
sentire quelle parole bellissime: “venite benedetti dal padre mio perché avevo fame, avevo sete, eccetera”.
Questo è quel cibo che rimane per la vita eterna.
Allora quelli che ascoltano Gesù dicono: “che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” E Gesù
rispose loro: ”questa è l'opera di Dio che crediate in colui che egli ha mandato”. Credere non è un’adesione
intellettuale, filosofica di pensiero, ma, come recitava la lettera di San Paolo nella lettura breve delle lodi di
stamattina, che avete tutti recitato, è la fede del cuore.
Credete con il cuore che, ancora una volta, vuol dire aderire a Cristo col nostro sentimento profondo di
amore, che vuol dire fare della nostra vita un abbraccio pieno totale al Cristo. Questa è l’opera di Dio:
credere in colui che egli ha mandato: crederlo con la vita, crederlo con i gesti, crederlo con una profonda
intimità di unità e d'amore con il Cristo morto e risorto per noi.
Allora fratelli, ringraziamo il Signore chi ci ha chiamati a vivere nella carità, anche se siamo dei poveretti…
dei peccatori. Anche se tante volte perdiamo la pazienza, anche se tante volte ci viene la tentazione di dire:
“visto che non riesco a portar pazienza è meglio che non lo faccia”. Nooo! A me piace tanto quella parola di
Papa Bergoglio quando gli chiedono: “chi è il Papa, chi è Bergoglio?” Lui risponde: “un peccatore che Dio ha
guardato”.
Bene noi siamo tutti dei gran peccatori, ma che Dio ha guardato; e questo ci deve riempire il cuore di gioia.
Ecco la gioia a cui ci chiama il Papa, a cui ci chiama il Vangelo. Accogliamo allora questo dono meraviglioso
che Dio ci fa e chiediamogli di poter essere fedeli come ci invita oggi il vangelo di Giovanni.