Consiglio di Stato, sez. VI, 13 gennaio 2014, n. 87 Edilizia e urbanistica - Realizzazione opere abusive - Diniego rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria - Richiesta risarcimento del danno subito. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6681 del 2002, proposto da: -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. Pantaleo Ernesto Bacile, con domicilio eletto presso Bartolo Spallina in Roma, piazza Sallustio, n. 9; contro COMUNE DI SANNICOLA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto G. Marra, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24; per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA, sez. staccata di Lecce, sez. I, n. 1800 dell’11 maggio 2002, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sannicola; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati R.G. Marra; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. I, con la sentenza n. 1800 dell’11 maggio 2002 ha respinto il ricorso proposto dalla sig. -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di socia accomandataria della s.a.s. Cantine Megha, per la condanna del Comune di Sannicola al risarcimento del danno subito a causa del mancato rilascio della concessione edilizia in sanatoria (di cui alla domanda presentata il 1° marzo 1995, prat. n. 89, concernente la copertura di una costruzione contigua ai corpi fondiari e di fabbrica dell’azienda Cantine Megha) e della conseguente impossibilità di eseguire opere di manutenzione e completamento dell’immobile, suo deterioramento e inutilizzabilità commerciale. In particolare i primi giudici, precisato che la domanda risarcitoria era fondata sul ritardo nel rilascio del titolo edilizio richiesto e che pertanto era da respingere l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla resistente amministrazione comunale di Sannicola sul presupposto della mancanza di un previo provvedimento annullato o da annullare, hanno rilevato che nel caso di specie sulla domanda di sanatoria del 1° marzo 1995 non si era formato il silenzio – assenso di cui all’art. 39, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, a causa della mancata integrazione della domanda stessa, più volte sollecitata inutilmente, così che nulla era imputabile all’amministrazione per il contestato ritardo. 2. Con atto di appello ritualmente notificato il 19 luglio 2002 l’interessata ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di un unico motivo di gravame con cui ha sostenuto di non aver mai ricevuto dagli uffici dell’amministrazione comunale alcuna richiesta di integrazione della domanda di sanatoria edilizia presentata il 1° marzo 1995 e che eventuali errori o incompletezze contenuti in quella domanda circa l’esatto domicilio del richiedente, sig. Attilio Megha (coniuge della ricorrente), non erano idonei a sollevare gli uffici dall’obbligo di una minima doverosa diligenza per la corretta individuazione del luogo cui indirizzare la corrispondenza recante la richiesta di integrazione documentale; ciò tanto più che altri uffici comunali, come ad esempio l’ufficio tributi, erano sicuramente a conoscenza del reale domicilio dello stesso. Ha resistito al gravame il Comune di Sannicola che, oltre a chiederne il rigetto, ha spiegato appello incidentale con cui ha sostanzialmente riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, a suo avviso erroneamente respinta. Con il decreto presidenziale n. 2760 del 18 ottobre 2012 è stato revocato il precedente decreto n. 2020 del 31 luglio 2012 di perenzione del ricorso in questione, che è stato pertanto reiscritto sul ruolo del merito. 3. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione l’amministrazione comunale ha illustrato ulteriormente le proprie tesi difensive, insistendo, oltre che per il rigetto dell’avverso appello principale, anche per l’accoglimento dell’appello incidentale e per il conseguente rigetto del ricorso di primo grado. 4. All’udienza pubblica del 15 ottobre 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 5. L’appello principale non merita favorevole considerazione, potendo pertanto prescindersi da ogni considerazione in ordine alla stessa ammissibilità della domanda risarcitoria (in relazione alla quale l’appellata amministrazione comunale ha riproposto con appello incidentale l’eccezione già proposta in primo grado e respinta). 5.1. Occorre premettere che l’azione per il risarcimento dei danni asseritamente conseguenti all’omesso o ritardato rilascio della concessione in sanatoria richiesta in data 1° marzo 1995, ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (per il manufatto ubicato nel Comune di Sannicola (sul fondo censito in catasto al foglio 5, particella 22), è stata proposta dalla sig. OMISSIS-, in proprio e nella qualità di accomandataria della società Cantine Mega s.a.s., di cui è socio anche il sig. Attilio Megha che, in qualità di proprietario del predetto immobile, aveva richiesto la citata concessione in sanatoria. L’interessata contesta la correttezza della decisione dei primi giudici che hanno respinto la domanda risarcitoria per non essersi formato il silenzio – assenso sulla ricordata istanza di condono edilizio a causa della sua incompletezza e della mancata integrazione documentale della stessa, sostenendo che gli uffici comunali non avrebbero giammai effettivamente informato il sig. Attilio Megha, richiedente il condono edilizio, della incompletezza dell’istanza e della conseguente necessità di integrazione documentale. L’amministrazione comunale per contro ha prodotto copia della richiesta di integrazione documentale (nota prot. 1598/95 del 27 dicembre 1996) che, inviata al domicilio indicato dal richiedente nell’istanza di condono, non è gli stata recapitata dal servizio postale a causa dell’insufficienza del domicilio stesso. 5.2. Così delineato il thema decidendum, occorre ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo per discostarsi (C.d.S., sez. V, 8 novembre 2011, n. 5894; 3 novembre 2010, n. 7770; 14 ottobre 1998, n. 1468; sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1005; 30 giugno 2010, n. 4174), il silenzio – assenso sulle domande di condono edilizio (ai sensi delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724), non si perfeziona per il solo fatto dell'inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell'oblazione, se non sopravviene la risposta degli uffici comunali, occorrendo altresì l'acquisizione della prova, da parte dei predetti uffici, della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all'interno del relativo procedimento; d’altra parte, la mancata allegazione della documentazione indicata dalla legge ha come effetto la preclusione per l'istante di ottenere la concessione in sanatoria per silenzio (C.d.S., sez. V, 25 giugno 2002, n. 3441; 14 ottobre 1998, n. 1468; 17 ottobre 1995, n. 14401) e, qualora l'amministrazione comunale, a fronte di un'istanza di sanatoria, abbia invitato l'interessato a presentare documentazione integrativa di quella già prodotta "...interviene l'interruzione del termine biennale necessario al formarsi del silenzio assenso della p.a. [previsto dall'art. 35 comma 17 della stessa legge] e l'inizio di un nuovo termine dalla data di deposito di quanto richiesto" (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2001, n. 5190). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha fatto applicazione di tali consolidati principi, non merita alcuna censura, tanto più che non è stata neppure puntualmente contestata, giacché la controversia concerne piuttosto la esatta delimitazione degli obblighi di diligenza incombenti sugli uffici comunali circa l’individuazione dell’effettivo domicilio del cittadino richiedente il condono edilizio ai fini dell’invio della richiesta di integrazione documentale ed in particolare se detti uffici possano attenersi esclusivamente alla indicazione del domicilio contenuta nella domanda di condono ovvero se debbano attivarsi anche al di là di tale indicazione per acquisire aliunde l’effettivo domicilio. 5.3. Al riguardo si osserva quanto segue. 5.3.1. Innanzitutto dalla documentazione versata in atti risulta che alla nota in data 9 maggio 2000, sottoscritta in nome e per conto della signora -OMISSISdal suo legale, con la quale si sollecitava il rilascio del titolo edificatorio in sanatoria richiesto con l’istanza del 1° marzo 1995, l’amministrazione comunale di Sannicola rispondeva con nota in data 5 luglio 2000, chiarendo che l’istanza di condono “…non può essere definita, da questo Ufficio, in quanto carente della documentazione richiesta direttamente all’interessato con nota nr. 1598/95 del 27.12.1996 della quale vi si allega copia”. Il Comune di Sannicola ribadiva tale sua posizione anche nella successiva nota prot. 9182 del 2 novembre 2000 (ancorché nell’ambito della diversa questione concernente l’esecuzione della sentenza n. 1449 del 30 dicembre 1999, con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. I, aveva annullato l’ordinanza di demolizione dell’immobile oggetto dell’istanza di condono proprio per la pendenza della stessa), inviata con raccomandata al domicilio eletto dall’appellante presso il suo difensore e ricevuta il 10 novembre 2000. Anche a voler ammettere che non sia stata fornita prova circa l’effettivo ricevimento da parte dell’interessata e/o del suo difensore della nota del 9 maggio 2000, non può ragionevolmente negarsi che almeno dal 10 novembre 2000 l’interessata era perfettamente a conoscenza della necessità di integrare la richiesta di condono edilizio e che a tanto non vi ha mai provveduto, come risulta dall’attestazione prot. n. 8208 del 26 agosto 2013 del Responsabile del Settore Urbanistica – Edilizia del Comune di Sannicola, versata in atti il 27 agosto 2013. 5.3.2. Ferma restando la obiettiva rilevanza che in ogni caso la circostanza sopra evidenziata avrebbe non solo ai fini della determinazione del quantum risarcitorio, ma anche per la stessa effettiva sussistenza dei danni asseritamente subiti dall’interessata, deve rilevarsi che gli uffici comunali hanno effettivamente e correttamente inoltrato al sig. Attilio la nota nr. 1598/95 del 27.12.1996 (con cui veniva chiesta l’integrazione documentale dell’istanza di condono) proprio al domicilio da questi indicato nell’istanza del 1° marzo 1995. E’ pacifico infatti che in essa il sig. Attilio Megha dichiarato di essere “… domiciliato in Lecce alla via Gallipoli…” e a tale domicilio (indicato anche dal tecnico di parte nell’intestazione della perizia giurata prodotta a supporto della richiesta di concessione in sanatoria) effettivamente gli uffici comunali inoltrarono la nota nr. 1598/95 del 27.12.1996, con raccomandata 7368, che tuttavia non fu recapitata a causa dell’indirizzo insufficiente, come risulta annotato sulla busta. Nessun addebito può pertanto sotto tale profilo muoversi all’amministrazione comunale e ai suoi uffici per il mancato recapito della predetta nota, ascrivibile esclusivamente all’incompleta indicazione del domicilio fornito dallo stesso interessato. D’altra parte non sussisteva alcun obbligo per gli uffici comunali di ricercare, quanto meno successivamente al mancato recapito di quella raccomandata, l’effettivo domicilio del ricorrente. Se è vero infatti che, in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento predicati amministrazione nei dall’art. rapporti 97 con della i Costituzione, cittadini non deve la pubblica aggravare il procedimento amministrativo e, più in generale, deve comportarsi secondo buona fede, cooperando attivamente con il cittadino al fine di fargli conseguire le utilità previste dalla legge (sussistendone i relativi presupposti), è pur vero tuttavia che non solo un correlativo obbligo generale di corretto comportamento, secondo buona fede, incombe anche sul cittadino, per quanto nel caso di specie proprio la natura confessoria dell’abuso edilizio direttamente conseguente all’istanza di condono edilizio e l’effetto di sanatoria connesso al mero decorso del tempo (in presenza della completezza dell’istanza stessa) militano nel senso di imporre al cittadino l’obbligo di indicare correttamente il domicilio cui l’amministrazione possa inoltrare le eventuali richieste istruttorie (di integrazione documentale). Tale obbligo si correla infatti del tutto ragionevolmente ai benefici (condono) che l’interessato può conseguire per effetto della completezza dell’istanza; il che consente di escludere l’esistenza in capo all’amministrazione di un obbligo di ricercare l’effettivo domicilio del richiedente ai fini dell’integrazione documentale dell’istanza per evitare la formazione del silenzio – assenso sull’istanza di condono, tale ultimo effetto essendo nel sistema delineato dal legislatore un beneficio per il cittadino (sussistendo tutti i relativi presupposti) e non già una sanzione per l’amministrazione (in particolare, per non aver verificato la completezza della domanda e non aver informato il richiedente). D’altra parte è appena il caso di rilevare peraltro che la stessa appellante non ha minimamente indicato quali sarebbe stati in concreto gli elementi di fatto dai quali gli uffici comunali avrebbero potuto desumere con la normale diligenza, e cioè in modo diretto ed immediato e senza particolare sforzo, l’esatto domicilio del sig. Attilio Megha (richiedente il condono, unico soggetto al quale la richiesta di integrazione documentale doveva essere inoltrata), non potendo per converso, come ex adverso preteso, essere richiesta al riguardo una minuziosa attività investigativa, tanto più se si considera che il predetto sig. Attilio Megha, come si ricava dalla stessa lettura del gravame, non era neppure residente nel Comune di Sammicola, ma in quello di Galatone (circostanza quest’ultima che conferisce un ulteriore profilo di gravità all’erronea indicazione del domicilio nell’istanza di condono edilizio). 6. In conclusione l’appello principale deve essere respinto, il che rende improcedibile l’appello incidentale . Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla sig. -OMISSIS- avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. I, n. 1800 dell’11 maggio 2002, lo respinge. Dichiara improcedibile l’appello incidentale spiegato dal Comune di Sannicola. Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’appellata amministrazione comunale delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in €. 3.000,00 (tremila). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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