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Copertina Andaf ottobre 2014.qxt_Copertina Andaf 16/09/14 11.51 Pagina 1
LA
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RIVISTA
DEI
D I R E T T O R I A M M I N I S T R AT I V I
E
FINANZIARI
Anno 11 - n. 4
Ottobre 2014
Contiene I.R.
Trimestrale
Copia omaggio
Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma
ISSN 2281-468X
magazine
QUALI
SFIDE PER
IL CFO
NELL’ERA
DIGITALE?
IL MANDATO
FIDUCIARIO
© tashatuvango
L’ITALIA
CHE VOGLIAMO
XXXVIII CONGRESSO NAZIONALE ANDAF
FIRENZE 24-25 OTTOBRE 2014
03 Sommario ANDAF.qxt_03 Sommario ANDAF.qxt 18/09/14 11.20 Pagina 3
SOMMARIO ANDAF
ANNO 11 – NUMERO 4 – OTTOBRE 2014
01 EDITORIALE
Fausto Cosi
04 QUALI SFIDE PER IL CFO NELL’ERA DIGITALE?
Alberto Bubbio, Marco Albertoni e Andrea Cavalli
12 IL MANDATO FIDUCIARIO COME STRUMENTO DI TUTELA DEL PATRIMONIO
Paolo Rascelli
44 NOTIZIARIO ANDAF
Michele Malusà
50 CARICHE SOCIALI ANDAF
Segreteria ANDAF
52 10 BUONI MOTIVI
Segreteria ANDAF
16 IL TRUST: UN’OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE DI FAMIGLIA
Paolo Gaeta
22 UNA PROPOSTA PRATICA PER OTTIMIZZARE LA GESTIONE CREDITO
Andrea Bertola
28 LA COMPLIANCE ALLA LEGGE 262/2005: PROBLEMI APERTI E SOLUZIONI APPLICATIVE
Pierantonio Piana e Flavio Servato
34
ACCADE IN ITALIA E NEL MONDO
Paolo Bertoli
36 RECENSIONI
Alberto Tron
38 COACHING IN PILLOLE
Cristina Andreoletti
40 TAX NEWS
Studio Pirola, Pennuto, Zei & Associati
42 ANDAF HOUSE ORGAN
Segreteria ANDAF
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S TRATEGIA
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© alphaspirit
QUALI SFIDE PER IL CFO
NELL’ERA DIGITALE?
ALCUNE RIFLESSIONI SULLE EVIDENZE EMERSE DALL'IBM CFO SURVEY 2014: PIÙ STRATEGIA
PER VALUTARE NUOVI MODELLI DI BUSINESS, MAGGIORE ATTENZIONE ALLO SVILUPPO DI NUOVE
COMPETENZE INTERFUNZIONALI, PIÙ UTILIZZO DEGLI ANALYTICS PER MIGLIORARE I PROCESSI
AZIENDALI E DECISIONALI. TRE ELEMENTI PER ESSERE UN VERO AGENTE DI TRASFORMAZIONE
E GUIDARE IL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE SENZA ESSERE “TRAVOLTI” DAI BIG DATA
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di ALBERTO BUBBIO
Professore di Programmazione e Controllo, Università Cattaneo-LIUC Castellanza
MARCO ALBERTONI
Responsabile Big Data & Analytics, IBM Italia
e ANDREA CAVALLI
Senior Managing Consultant, IBM Italia
Introduzione
L’area del CFO è quella che sta vivendo oggi l’evoluzione
più profonda: si ampliano le responsabilità, sono disponibili nuovi strumenti, si rivede l’approccio a quelli tradizionali. È quindi necessario un diverso ruolo del CFO nei
processi aziendali e decisionali, che lo porta sempre più a
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stretto contatto con le posizioni di vertice a fianco del CEO.
Partendo dal recente studio di IBM sui CFO, in questo articolo analizzeremo come si delinea l’evoluzione del ruolo
del CFO in un mondo sempre più digitale, indicando alcuni tratti caratteristici su cui – a nostro avviso – egli dovrà
porre l’attenzione per guidare il processo di cambiamento, non solo della propria funzione ma di tutta l’organizzazione aziendale nel suo complesso.
Lo studio IBM sui CFO
Negli ultimi dieci anni, attraverso quattro CFO Study, IBM
ha intervistato face to face oltre 5.000 CFO e professional
della funzione Finance in tutto il mondo, raccogliendo i loro punti di vista sull’evoluzione della funzione, sui trend in
atto, sulle priorità e sulle aree di focalizzazione. A quest’ultimo studio del 2014(1), parte di una ricerca più ampia
in cui sono stati intervistati oltre 4.000 dirigenti di tutte le
funzioni aziendali in tutto il mondo (figura 1), hanno partecipato circa 600 CFO che attraverso quaranta domande
hanno illustrato il loro punto di vista rispetto al nuovo scenario economico.
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Figura 1 - Lo studio C-Level
dell’Institute for Business Value di IBM
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The Customer-Activated Enterprise”, 2013
Un nuovo ruolo per il CFO richiesto dal Board aziendale
Dallo studio emerge in modo evidente come il CFO assuma
un ruolo preminente rispetto a tutti gli altri top executive,
diventando veramente il business partner del CEO nella
conduzione aziendale. La partecipazione molto più attiva
nel supporto alla gestione e sviluppo dell’impresa fa si che
il CFO assuma un ruolo cardine tra le varie funzioni aziendali. È richiesto, quindi, un CFO più forte, con più competenze, che agisca “in prima linea” e che possa veramente
aiutare nel processo di cambiamento e di trasformazione in
un mondo sempre più competitivo e digitale.
I principali driver di cambiamento
Questo cambio di ruolo è riconducibile principalmente a
due motivi.
In primo luogo, all’attuale contesto economico e competitivo, dove il CFO gioca un doppio ruolo: quello fondamentale di garante della sostenibilità del business aziendale e
quello d’interlocutore istituzionale per gli stakeholder esterni e i mercati finanziari.
In secondo luogo, all’importanza di gestire le aziende con
un approccio fattuale e non intuitivo, sulla base delle evidenze empiriche di dati e di fatti misurati e misurabili. La
complessità competitiva ha reso le variabili troppe e troppo diverse per affrontarle in modo improvvisato: l’approccio tradizionale del CFO, basato su numeri e analisi, si estende quindi a tutta l’organizzazione grazie anche all’evoluzione tecnologica, che ha offerto nuove possibilità e miglioramenti nella raccolta, elaborazione e analisi di dati dei
diversi processi operativi.
Cambiano le priorità, il CFO è sempre più rilevante per
definire la strategia aziendale
Il cambio di ruolo ha comportato anche una ridefinizione
delle priorità dei CFO e della funzione Finance (figura 2).
Mentre alcune attività hanno visto aumentare la loro importanza nel corso degli ultimi anni, per altre vi sono stati
alcuni cambiamenti significativi. Nel 2010 i primi tre elementi in ordine di importanza erano il controllo della performance, lo sviluppo dei talenti della propria funzione e la ricerca di miglioramenti continui nei processi Finance transazionali. Nel 2014 si conferma come compito più critico
misurare e monitorare le performance della propria azienda, mentre assumono minore importanza sia il fornire input
per la strategia aziendale che lo sviluppo dei talenti della
funzione e il ridisegno dei processi di pianificazione, budgeting e forecasting.
Quest’ultimo elemento è di particolare interesse perché non
era nemmeno menzionato come area di attività nella survey
precedente. Oggi indica invece quanto sia rilevante, in un
contesto ambientale estremamente dinamico e discontinuo,
avere un processo previsionale veramente efficace, rapido,
continuo, con componenti di simulazione evoluti. Una sola attività̀ – realizzare miglioramenti continui nei processi
Finance – è diminuita di importanza, forse perché la maggior parte dei CFO la considerano come una pratica consolidata su cui hanno già ottenuto risultati.
Un crescente gap di efficacia
I CFO però dubitano che le loro organizzazioni siano veramente pronte ad assolvere questi compiti. Solo il 47% pensa
di essere efficace nel misurare e gestire le performance,
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Figura 2 - La nuova agenda del CFO: quali sono le attività prioritarie per la funzione
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
Figura 3 - Un gap crescente
tra efficacia desiderata e attuale
2014
2006
pita la capacità di esecuzione. Nell’IBM CFO Study del
2006(2) (figura 3), ad esempio, il 35% dei CFO riteneva indispensabile combinare informazioni provenienti da diversi
settori della propria impresa e il 16% pensava che l’organizzazione stesse facendo questo in modo efficace. Oggi,
l’82% dei CFO vede il valore nell’integrazione delle informazioni aziendali, ma solo il 24% ritiene che la propria squadra sia all’altezza del compito.
I tratti caratteristici dei CFO di successo:
i Value Integrator
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
compito indicato come il più importante. Il 51% dichiara
la propria organizzazione efficace nella pianificazione e
nella formulazione della strategia di impresa, mentre solo il 64% pensa di essere efficace nei controlli e nella gestione dei rischi.
Dalle interviste emerge il divario crescente tra l’importanza attribuita ad alcune attività e il modo in cui è perce-
Nello studio del 2010, IBM aveva classificato le organizzazioni Finance in base a due dimensioni: l’efficienza della propria funzione (Finance Efficiency), ovvero la capacità di essere molto efficienti nei processi tipici di questa
funzione; l’efficacia nell’analisi del business (Business
Insight), ovvero quanto la funzione fosse in grado di analizzare e interpretare il business per aiutare l’azienda
nel percorso di crescita. Queste due dimensioni di analisi
(1) IBM – Institute for Business Value, “The Customer-Activated Enterprise”, 2013
Lo studio completo è disponibile al seguente link:
http://www-935.ibm.com/services/it/it/c-suite/csuitestudy2013/
(2) IBM – Institute for Business Value, “The agile CFO: Enabling the innovation path to
growth”, 2006.
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Figura 4 - I quattro profili
delle organizzazioni Finance
Le quattro caratteristiche distintive dei CFO Performance Accelerator
I CFO Performance Accelerator hanno quattro caratteristiche distintive rispetto a tutti gli altri gruppi:
- in primo luogo, sono molto coinvolti nelle attività operative di business. Partecipano alle decisioni di business più
rilevanti e non si limitano a consuntivare i risultati. In molti casi sono il punto di snodo finale per l’approvazione di
un investimento o di un nuovo modello di business. Ciò
comporta avere nel proprio staff figure diverse rispetto
al passato, non solo provenienti dall’area Finance ma anche dalle operations. È probabilmente una figura di CFO
che si avvicina molto al ruolo di Direttore Generale.
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
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consentivano di identificare quattro categorie di organizzazioni (figura 4):
- Scorekeeper;
- Discipliner Operator;
- Constrained Advisor;
- Value Integrator.
I CFO eccellenti, definiti Value Integrator, erano quelli che
avevano lavorato contemporaneamente sulle due dimensioni di Finance Efficiency e Business Insight. Analizzando i dati di performance delle aziende del campione, i CFO
Value Integrator portavano le aziende ad avere risultati mediamente superiori del 30% a tutte le altre organizzazioni
su tre indicatori: crescita (tasso di crescita del fatturato),
marginalità (EBIT) e profittabilità (ROI).
Superare i confini: dal CFO Value Integrator al CFO
Performance Accelerator
Nello studio del 2014 è emersa una ulteriore classificazione. Tra i CFO Value Integrator è stato individuato un
sottoinsieme di CFO definito Performance Accelerator,
che ottengono risultati ancor più sorprendenti rispetto al
resto del campione. Sono una “élite”: se i CFO Value Integrator sono circa il 30% del totale del campione (quindi uno su tre), i CFO Performance Accelerator sono meno del 7% e hanno performance mediamente superiori del
70% rispetto ai Value Integrator in termini di crescita, marginalità e profittabilità.
- In secondo luogo, sono i responsabili dei flussi informativi all’interno dell’azienda. Non stiamo parlando solo di
dati economico-finanziari o patrimoniali, ma intendiamo
il presidio di tutte le informazioni operative e di business
dell’azienda, di tutti i KPI e le metriche con cui si misura e
si prevede l’andamento del business. Questo sembra essere anche uno dei motivi per cui troviamo, molto più che
in passato, una dipendenza gerarchica dal CFO della funzione ICT. Questo non solo perché ICT è un centro di costo importante che deve essere ottimizzato e presidiato correttamente, ma soprattutto perché il sistema informativo
aziendale costituisce il sistema nervoso centrale di una organizzazione.
- Terzo punto: utilizzano gli Analytics per controllare, prevedere e ottimizzare il business. E spingono tutta l’azienda ad adottarli: nel marketing e nelle vendite per aumentare la conoscenza dei clienti e ottimizzare le campagne,
nella produzione e logistica per migliorare la supply chain
e ottimizzare le scorte, nelle attività di contrasto alle frodi e nella gestione del rischio aziendale. Per questo si parla di Advanced Performance Management. Tutto ciò porta a sviluppare anche figure diverse in azienda, che possano aiutare nella introduzione e nell’utilizzo degli Analytics nelle varie funzioni, i cosiddetti Data Scientist e Data Analyst, due tra i profili più ricercati nelle imprese in
questo momento.
- Infine, rendono ordinario ciò che è solitamente straordinario. Ovvero dedicano risorse e tempo in attività solitamente straordinarie come Merger & Acquisition o valutazioni di nuovi modelli di business per supportare la crescita dell’azienda, sia essa organica o per acquisizione.
E lo fanno come una delle attività ricorrenti che vengono
effettuate dalla funzione.
Un decalogo per tendere ai CFO Performance Accelerator
Dopo avere analizzato a fondo la ricerca e confrontato le
realtà nazionali, l’esperienza ha suggerito di stilare un
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decalogo al fine di indicare alcune azioni che il CFO potrebbe intraprendere per aumentare le probabilità di diventare realmente un Performance Accelerator:
1) Condividere e aiutare a far condividere la strategia
aziendale
Anche se il CFO non fosse chiamato direttamente a formulare la strategia aziendale, egli può predisporre strumenti e soluzioni che facilitino tale attività e spingano
a esplicitarla e a diffonderla almeno nei vertici aziendali. Per muoversi in questa direzione non solo si deve restituire energia al piano strategico, ma è opportuno arricchirne i contenuti completandolo con la pianificazione finanziaria. Questo dovrebbe aiutare tutto il vertice a capire da dove nasce il cash flow e come si possa
salvaguardare la solidità dell’azienda. Il venir meno della valenza strategica del piano è spesso legato al fatto che
non si dedicano energie e tempo alla definizione dello
scenario. Ecco perché si torna a parlare di scenario planning, attraverso il quale – più che fare delle previsioni –
bisogna definire quale sarà il contesto nel quale ci si troverà a operare analizzando e misurando opportunità e rischi. Quanto più il management è indotto a riflettere sul
medio/lungo termine, tanto più la strategia formulata sarà
esplicita e condivisa anche se non è detto che sia quella
più efficace. Certamente, però, sarà meno pericolosa e
sterile dell’atteggiamento del “giorno per giorno”.
2) Passare da una scarsa disponibilità al cambiamento ad
attivatore del cambiamento
Non basta essere disponibile al cambiamento, che già
di per sé è un po’ in contrasto con il ruolo di “frenatore”
spesso rivestito nel tempo dal CFO. Precisione e principi di prudenza spesso sono parti del genoma del CFO, bisogna invece diventare attivatori di processi di cambiamento. Questo è facile attraverso l’introduzione di nuovi strumenti nel sistema amministrativo e di controllo,
dando evidenza della necessità del cambiamento, facendosi carico del ruolo di “educatore” e promotore. Un efficace sistema di reporting, caratterizzato da poche variabili strategicamente rilevanti, può attivare un meccanismo di apprendimento da parte di tutto il management.
3) Creare le condizioni organizzative per l’attuazione
della strategia
In primo luogo, adottando sistemi di incentivi che premino la performance di lungo termine abbandonando
quella di breve: non è importante avere sempre più clienti, ma possederne di fedeli e affidabili. Conta più la loyalty
che la customer satisfaction.
In secondo luogo, utilizzando strumenti come la Balanced Scorecard (BSC), che creano condivisione della strategia attraverso la costituzione dell’executive team, necessario per elaborarla e poi attuarla. Si allargano le prospettive: dalla financial perspective si passa alla customer perspective, per poi interrogarsi sui processi gestionali dai quali dipende la fidelizzazione dei clienti, e con-
cludere con la prospettiva learning e intangible assets, a
garanzia della continuità dell’azienda nel tempo. Grazie
alla mappa strategica, si selezionano per ognuna delle prospettive 4 al massimo 5 variabili, al fine di dare attuazione alla strategia. La potenza di questo strumento strategico è dimostrata dalle applicazioni realizzate.
In terzo luogo, se alcune soluzioni sembrano troppo avveniristiche, limitarsi almeno a elaborare il piano strategico. Sarà meglio di niente.
4) Evitare la trappola della performance annuale
Ridurre al minimo il ruolo e l’impatto degli strumenti che
creano la micidiale trappola della performance annuale,
primo fra tutti il Bilancio di esercizio. Invece, per rinforzare la dose sono stati inventati anche il bilancio sociale, quello ambientale e quello di sostenibilità, sempre centrati sul solito anno solare. Per contro è fondamentale aprire gli orizzonti, e per farlo può essere utile fornire la vista storica. Se si presentano i conti economici degli ultimi 7 anni, l’esperienza suggerisce che il fruitore sarà spinto ad ampliare il suo orizzonte di analisi: se lo fa sul passato è probabile che lo voglia fare anche sul futuro.
5) Passare dalle logiche del cost control a quelle del cost
management
I costi non vanno controllati, vanno gestiti; questo significa che l’analisi dei costi non può limitarsi a un confronto tra il budget consuntivo e l’anno precedente. Per
capire quali siano le attività e i processi che hanno assorbito le risorse, e con quale risultato, è necessario passare dai singoli elementi di costo e dal “dove” (centro
di costo) si è speso al “perché” si è speso. È molto difficile, se non si segue questa logica, capire ad esempio cosa si può fare per gestire il costo del personale. Un’efficace gestione di questo costo va affrontata non per centri di costo ma distinguendo i costi delle attività che creano valore per il cliente, e che quindi sono la colonna portante della customer value proposition di un’impresa, da
quelli che si sostengono per svolgere le attività di supporto. È da questa analisi che possono nascere idee per
migliorare la produttività dei processi e per attivare meccanismi di riallocazione delle risorse. Fra l’altro, i costi
non sono più sotto controllo poiché il loro driver, che sino a una ventina di anni fa era il volume di produzione/vendita, è oggi prevalentemente rappresentato dalla
complessità. E, si noti, la complessità non è aumentata
solo in stabilimento, ma è stata spesso generata – anche
in stabilimento – dalle richieste dei clienti. Sono i clienti, e non più i prodotti, la vera causa del lievitare di molti costi aziendali.
6) Più che creare valore economico preoccuparsi di
generare valore aggiunto
È opportuno sganciarsi da visioni finanza-centriche, dove la creazione del valore economico per gli azionisti è al
centro di tutte le attenzioni. Conviene, invece, ritornare a
scoprire le cause che generano quel valore: l’intelligenza
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che si mette nel creare l’offerta per i clienti. Così si potrà riscoprire l’importanza strategica del valore aggiunto, che è l’indicatore di quanto Intellectual Capital esista in azienda e di quanto questo sia valorizzato nel confezionare un’offerta apprezzata dai clienti. Vengono soppiantati i tradizionali margini di contribuzione e di intermediazione per scoprire quanto il cliente sia disposto a pagare i servizi aggiunti ai prodotti. C’è molta “intelligenza” sia nei prodotti che nei servizi.
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7) Aiutare a creare nuovi miti
Si tratta di seppellire definitivamente il mito della crescita del fatturato e di spostare l’attenzione dei più, in
azienda, sulla Cassa e sulla gestione del cliente. Sull’annoso problema dei crediti insoluti o inesigibili infatti c’è poco da fare: quando si manifestano sono spesso
il risultato di una mancata gestione del cliente. Sono invece il conto economico e i flussi di cassa di cliente i due
prospetti da incrociare alla diversa attrattività strategica
dei singoli clienti. Pertanto, se è giusto che il cliente diventi un nuovo mito da mettere al centro delle strategie
aziendali, il suo impatto su conto economico e flusso di
cassa non può essere analizzato considerando solo ricavi e costi dei prodotti acquistati. Non si può essere superficiali. Ci sono tutti i costi di gestione dei clienti, nonché le politiche di credito e di magazzino che si decidono di seguire per servire ognuno di loro. Da qui emergerà
con evidenza che non tutti i clienti sono uguali e che, con
grande dispiacere del commerciale, taluni sarebbe meglio lasciarli alla concorrenza.
8) Aiutare a individuare le poche variabili aziendali
strategicamente rilevanti
Questo significa imparare a essere selettivi per aiutare
a diventare selettivi. Abbandonare quindi le logiche che
privilegiano la quantità dei dati alla qualità. Un utile
esercizio in questa direzione può essere svolto con l’elaborazione della mappa strategica, una delle fasi di progettazione della BSC. Anche se si dovesse decidere di
non utilizzare la BSC, la potenza della mappa strategica è semplice: attraverso un’analisi delle relazioni di
causa-effetto tra la strategia aziendale e le variabili di
gestione operativa, si individuano quelle poche variabili dalla cui efficace gestione dipende l’attuazione della strategia. Non è poco. D’altra parte l’approccio basato sulle relazioni causa-effetto ha origini nobili, poiché nasce dall’analisi dinamica dei sistemi proposta dal
prof. Jay Forrester (MIT).
Pertanto è necessario, soprattutto nel reporting, imparare a dire tutto ma al contempo solo l’essenziale. Magari, se si è in grado, aggiungendo un tocco di classe:
fornire anche i dati di alcuni competitor su queste poche
variabili.
9) Attivare una gestione allargata delle informazioni
Per quanto sin qui indicato, si comprende che il “dominio” Finance non costituisce più l’unica preoccupazio-
ne del CFO. Le informazioni che contano provengono da
varie aree dentro e fuori l’azienda: selezionarle e organizzarle sta diventando un puzzle la cui soluzione richiede
una visione della società nel suo insieme. Questi aspetti
sono diventati così rilevanti, che l’efficace gestione delle informazioni nell’impresa costituisce ormai una sicura fonte di vantaggio competitivo.
La performance aziendale non è più analizzabile e valutabile guardando solo alla dimensione economico-finanziaria della gestione, anche se spesso si è continuato a prestarle grande attenzione e cure. Il motivo è probabilmente da ricercare nel fatto che, fino a poco tempo
fa, la tecnologia e le soluzioni informatiche non offrivano ancora certe soluzioni (si pensi al bilancio consolidato). Seguire la performance eco-fin è condizione necessaria, ma oggi non più sufficiente.
10) Sfruttare le potenzialità dell’Era Digitale
Oltre a migliorare e a facilitare la connettività, l’Era Digitale ha generato e continua a generare altri fenomeni
che bisogna preoccuparsi di interpretare e gestire. Dai
Big Data agli Analytics, per non essere travolti dalle informazioni sempre più numerose e di qualità. Bisogna capire come sfruttarle al meglio, non si può decidere di
restarne fuori. Stanno nascendo nuove figure professionali come i Data Scientist, ma questa non può essere una
scusa, perché resta necessario decidere come arrivare a
utilizzare questi flussi di dati; magari andando a rispolverare alcune nozioni e strumenti base della statistica, per apprezzarne almeno l’affidabilità e la significatività.