Non è Elena a doversi adattare Storia di ordinaria esclusione intorno ai BES Paola Conti, insegnante di Scuola dell’Infanzia. Si occupa di ricerca e formazione sui temi della costruzione dei curricoli verticali, in particolare di scienze. Su questi argomenti ha pubblicato articoli su riviste e siti on line. È la coordinatrice del gruppo di ricerca e sperimentazione della Scuola dell’Infanzia del CIDI di Firenze. Il resoconto dell’inserimento di una bambina che presenta gravi difficoltà all’interno di una sezione di scuola dell’infanzia apre una riflessione sul tema dell’inclusione nella scuola italiana e sulle criticità e incongruenze della recente normativa sui BES. Due anni fa nella sezione dove lavoro è stata inserita una bambina di sei anni che era stata trattenuta alla scuola dell’infanzia in virtù di una diagnosi piuttosto pesante che indicava forti carenze sul piano cognitivo e su quello relazionale. Infatti Elena (la chiameremo così), urlava, era aggressiva nei confronti dei compagni, tentava di scappare, oltre a presentare un uso del linguaggio molto limitato. Elena si è trovata bene da noi: dopo pochi giorni nei quali ha mostrato tutto il campionario dei comportamenti descritti nella diagnosi funzionale, ha iniziato gradualmente a limitare molto gli atti aggressivi, a non urlare più, a non nascondersi o scappare. Certo non era semplice relazionarsi con lei perché era ed è una bambina che pretende un’attenzione quasi esclusiva, difficile da ottenere in una sezione eterogenea composta da altri 25 bambini. Noi insegnanti abbiamo proceduto per tentativi ed errori, sperimentando situazioni relazionali diverse, inserendo Elena all’interno di diversi contesti ed attività, pur nella limitatezza degli spazi (una stanza) e dei materiali. Ci siamo accorte così che la bambina riusciva a relazionarsi in modo molto positivo anche con i bambini che sembravano essere i bersagli prediletti dei suoi attacchi, che era capace di produzioni verbali e grafiche molto diverse da quelle usuali, purché fosse inserita in piccoli gruppi, all’interno di situazioni tranquille e silenziose, con l’uso di strumenti appropriati. In particolare mostrava molta attenzione nei giochi al computer a comando vocale. Così al primo GLIC, siamo andate riportando queste nostre osservazioni e scoperte. La neuropsichiatra ha confermato la pesante diagnosi su tutti i fronti. Io mi sono permessa di intervenire dicendo che non ero d’accordo: Elena per me era capace di molte delle cose che venivano elencate come carenze e chiedevo di essere messa nelle condizioni di poter lavorare con la bambina con le modalità che avevamo visto funzionare. La dottoressa, tra l’annoiato e l’infastidito, mi ha risposto che Elena si doveva abituare a vivere in un mondo dove c’erano tante persone, dove c’era confusione. Che non potevamo creare un mondo per lei, che anzi questo sarebbe stato dannoso perché avrebbe inibito la sua capacità di adattamento. Ecco i BES, per me, sono questa cosa qui: una ennesima sigla per non cambiare niente. La scuola vive tra le altre, l’emergenza di non saper gestire le differenze tra gli esseri umani con i quali dovrebbe lavorare. La risposta all’emergenza è la certificazione che assolve da qualunque omissione di soccorso, da qualunque tipo di abbandono pedagogico. Perché di questo si tratta: per includere bisogna avere la voglia, la capacità, i mezzi (in quest’ordine) per intervenire. E siccome non possiamo eliminare le differenze, l’unica cosa sulla quale possiamo intervenire è la scuola, le sue strutture, la sua organizzazione, le sue regole. Perché la scuola non dovrebbe essere il posto dove Elena impara a rassegnarsi a vivere una condizione di minorità per essere adattata al mondo che troverà fuori. La scuola per me dovrebbe essere il luogo che offre a Elena tutte le tutele e le garanzie e le opportunità per poter vivere una vita quanto più possibile piena e soddisfacente nonostante le differenze. Il Ministero questo non lo vuole fare e purtroppo temo che con lo vogliano fare neanche molte scuole, neanche troppi insegnanti. E allora è ipocrita parlare di bisogni; suona falso parlare di inclusione. In questi anni ci siamo vantati di una scuola inclusiva in quanto aperta a tutti. Ma l’apertura della scuola, se rappresenta una condizione necessaria, non garantisce l’inclusione reale. La storia di Elena ci aiuta a capire questa banale verità. E ci ricorda anche che l’inclusione non è una necessità che nasce dall’ordinanza ministeriale che tratta dei BES. Che la scuola debba essere inclusiva sta scritto nella Costituzione. Proprio per questo suona falso il richiamo a un nuovo dovere. Se davvero avessimo voluto fare qualcosa di serio, si sarebbe dovuto procedere ad un monitoraggio dell’incusività delle scuole; ci saremmo domandati “A che punto siamo?” Il Ministero avrebbe dovuto verificare le pratiche inclusive (quali e quante) adottate dalle scuole e valutare il grado di efficacia in termini di successo formativo. Ma questo non lo facciamo neanche per i bambini “sani”, figuriamoci per quelli con bisogni speciali!!! Al Ministero dovrebbero verificare la professionalità degli operatori che si occupano di questi bisogni. Ogni giorno ci troviamo di fronte a diagnosi che sembrano fatte con lo stampo, risultato di osservazioni in serie, che vengono consegnate a insegnanti stanchi, che non sanno e non vogliono sapere niente di difficoltà, di strumenti compensativi, che pensano che già i DSA siano sostegni mascherati e che bisognerebbe mandare messaggi chiari alle famiglie bocciando quei bambini. Poi avrebbero dovuto riflettere sul fatto che ogni bambino ha un suo modo di apprendere e relazionarsi. La ricerca didattica sul curricolo verticale mette al centro questa peculiarità da rispettare e valorizzare con una corretta dinamica tra continuità di metodo e di approccio e discontinuità di contenuti e linguaggi. Uno dei pochi strumenti che ha la scuola per affrontare quel tipo di difficoltà è di accompagnare i bambini nei passaggi da un anno all’altro, da un segmento all’altro attraverso una continuità reale, fatta di comunicazione e condivisione di approcci e stili educativi. Infine avrebbero dovuto pensare all’organizzazione, alla struttura. Non si può installare un software se l’hardware non lo supporta. La scuola deve adottare spazi e tempi caratterizzati da flessibilità, ma per far questo bisogna sapere di cosa c’è bisogno, di quale intervento proporre e di modificare la struttura in funzione di quell’intervento. Deve avere a disposizione personale competente e motivato e deve poter contare su figure esterne che possano intervenire nei modi e nei tempi che si reputano necessari. Di tutto questo non c’è parola nella normativa sui BES. E allora io non capisco di cosa stiamo parlando. Di quale inclusione, di quali bisogni? Ho trovato questa breve citazione che mi ha aiutato a capire: Ogni numero di magia è composto da tre parti o atti. La prima parte è chiamata “La promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario, un mazzo di carte, una colomba… Il secondo atto è chiamato “La volta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto… ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando… Ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Per questo ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “Il prestigio”. C. Nolan, The Prestige, 2006. All’inizio c’è la promessa: l’adozione di una definizione scientifica condivisa a livello internazionale (Special Educational Needs); il bisogno di inclusione che emerge drammaticamente nelle scuole; la non riconducibilità delle differenze alle sole categorie dell’handicap certificato e dei DSA… Tutte cose che sappiamo o che fingiamo di sapere. Tutte cose ordinarie, normali. Poi arriva la svolta. Il Ministero trasforma queste cose ordinarie in qualcosa di straordinario, di nuovo, di innovativo, di rivoluzionario. Attraverso un’ordinanza ministeriale ecco che le difficoltà, i problemi, i casi difficili, vengono certificati e al contempo rimossi. Noi lettori dell’ordinanza rimaniamo sconcertati, cerchiamo il trucco. Perché purtroppo, il trucco c’è sempre. E aspettiamo ad applaudire quelle che pure sembrano buone intenzioni (chi può essere contro l’inclusione). Ed è a questo punto che l’illusionista-ministero cerca di farci capire ed emana prima una circolare e poi una nota. E il trucco si svela. Le difficoltà, i problemi, i casi difficili, escono dal cilindro così come c’erano stati infilati; tali e quali. Se fosse una magia sarebbe riuscita. Ma siamo a scuola e di prestigio ne rimane ben poco. Articoli correlati A scuola di integrazione editoriale di Andrea Canevaro - Articoli di Stella Carfora, Saverio Fanigliulo, Linda Giannini, Luca Giommi, Claudio Imprudente, Giulia Jaculli, Maurizio Matteuzzi, Dario Missaglia, Corrado Nappi, Carlo Nati, Roberto Parmeggiani, Federica Pasin, Lorenza Vettor http://www.educationduepuntozero.it/speciali/pdf/specialeluglio11.pdf La lingua non si insegna, si apprende! , di Maurizio Tiriticco http://www.educationduepuntozero.it/didattica-e-apprendimento/lingua-non-si-insegna-si-apprende4087832607.shtml I BES nelle attività d’insegnamento/apprendimento: vincoli e opportunità, di Maurizio Tiriticco http://www.educationduepuntozero.it/politiche-educative/i-bes-attivita-d-insegnamentoapprendimento-vincoliopportunita-4087098070.shtml BES o non BES? Questo è il problema?, di Claudio Imprudente http://www.educationduepuntozero.it/citta-educativa/bes-o-non-bes-questo-problema-4075975007.shtml “Imparare ad imparare” per il successo scolastico e nella vita, di Mariangela Angeloni http://www.educationduepuntozero.it/politiche-educative/imparare-ad-imparare-il-successo-scolastico-vita4083204621.shtml L’emergenza DSA, di Stefano Stefanel http://www.educationduepuntozero.it/community/emergenza-dsa-402211993.shtml Famiglia, insegnanti e operatori insieme per i DSA, di Gianluca Lo Presti e Anna Rossi-Caselli http://www.educationduepuntozero.it/community/famiglia-insegnanti-operatori-insieme-dsa4036540591.shtml http://www.educationduepuntozero.it/Community/2012/03/img/loprestirossicaselli_all.pdf La scuola dell’autonomia e gli alunni con DSA, di Dario Missaglia http://www.educationduepuntozero.it/organizzazione-della-scuola/scuola-dell-autonomia-alunni-dsa4024796468.shtml A scuola di dislessia, di Laura Mazzone http://www.educationduepuntozero.it/community/a-scuola-dislessia-4054507158.shtml • I have a Dream: a School Designed for All, di Massimo Rondi • Un bel carattere aiuta a leggere, di Edizioni Angolo Manzoni
© Copyright 2024 ExpyDoc