Acireale, apre azienda di assistenza informatica un profugo pakistano

STORIA. Irfan Muhammad, ingegnere, è arrivato in Sicilia per fuggire dai talebani
Acireale, apre azienda
di assistenza informatica
un profugo pakistano
Carmela Grasso
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ACIREALE
Irfan Muhammad è un ingegnere
informatico di 36 anni. Pakistano, una
moglie, un figlio di 9 anni, da due vive
in Italia da rifugiato politico e domenica prossima ad Acireale inaugurala sua
nuova piccola impresa: un centro di assistenza e riparazione di pc, tablet e cellullari («Anche a domicilio, anche quelli con la mela», tiene a sottolineare). Un
sogno di pace possibile, in Sicilia - terra
di approdi disperati, raramente di una
nuova opportunità di vita e di lavoro lontano dall'incubo dei talebani che in
Pakistan volevano a tutti i costi assoldare Irfan per farne un hacker al sei-vizio
dei propri obiettivi terroristici. Per anni
lo hanno inseguito, Irfan - con pressioni e minacce alla sua famiglia - mentre
lui si specializzava in Inghilterra con un
master in Ingegneria industriale e lavorava in una grossa azienda che forniva
servizi informatici alle banche. Quando al padre, professore universitario di
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R
Irfan Muhammad
Biologia, distruggono case e terreni nel
paese natale (la zona tribale di Khyber
Agency, né polizia né militari), lui, impaurito, torna in Pakistan, e can la famiglia si trasferiscono nella città di Peshawar. Ma i talebani non desistono.
«Volevano che facessi spionaggio infor-
matico e realizzassi cd e pubblicazioni
per fare propaganda delle loro idee fondamentaliste. Sono venuti tante volte a
minacciarmi fino a casa e nell'azienda
informatica dove lavorava mio cognato. Ho informato la Polizia. Ne hanno arrestato due. Poi però hanno messo le
bombe: è morto mio cognato e tre suoi
colleghi». Quindi la fuga in Europa: scelta che è costata la vita al padre, sequestrato e ucciso. Due mesi di viaggio con
moglie e figlioletto di 6 anni attraverso
Iran, Turchia e Grecia per «sbarcare» da
un camion, dopo un viaggio interminabile, a Bolzano. La presa in carico della
Caritas, diversi passaggi nei centri di accoglienza in Friuli e in Veneto. Infine
l'arrivo a Catania dove, grazie al progetto Re-Lab (di cui fanno parte, fra gli altri, il Consiglio Italiano per i Rifugiati e
l'associazione Impact Hub Sicilia) che
orienta e sostiene la creazione di nuove
imprese tra i rifugiati, Irfan si è visto finanziare con 12mila euro il suo business plan per «mettersi in proprio» e realizzare il centro di assistenza informatica. «Ho acquistato mobili, strumenti e
un computer». E per cominciare, in
tempi di crisi, ha scelto il co-working:
«Condivido uno spazio nella cartoleria
delle suore della Tenda di Cristo che mi
ospitano insieme con la mia famiglia».
In Pakistan, dove non può più tornare,
è rimasta la madre. Irfan, insieme al figlio, la sente (e la vede) ogni giorno via
Skype. (*CAG R*)