REPUBBLICA ITALIANA NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO IL GIUDICE ha emesso la seguente ORDINANZA nel proc. n. 187-1/2010 rg promosso da: (Omissis), in persona dell'Amministratore Unico (Omissis), rappresentata e difesa dall'Avv. (Omissis) e dall'Avv. (Omissis), congiuntamente e disgiuntamente, ed elettivamente domiciliata in (Omissis), presso lo Studio Legale (Omissis). Ricorrente contro (Omissis), rappresentata e difesa dall'avv. (Omissis) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (Omissis) Resistente FATTO E DIRITTO Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in Cancelleria in data 16/2/2013 e notificato alla resistente in data 8/3/2013, la società (Omissis), in persona del legale rappresentante, si rivolgeva a questo Tribunale al fine di ottenere, in via d'urgenza, un provvedimento cautelare. In particolare, la (Omissis) esponeva che con atto di citazione introduttivo del giudizio del n. 187/2010 RGAC aveva formulato le seguenti conclusioni: "In via preliminare: dichiarare, in virtù dei disposti di cui agli artt. 1429 e 1439 C.C., la nullità e, in ogni caso, l'annullamento dei negozi giuridici posti in essere in data 29/04/2009 per quel che concerne "la proposta irrevocabile di acquisto", richiesta ed ottenuta dal Sig. (Omissis), titolare (Omissis), operante anche quale agente della (Omissis), in (Omissis), con corresponsione, poi previa richiesta, delle provvigioni di Euro 6.200,00, dopo avere il medesimo (Omissis), in proprio e nelle qualità sovraprecisate, eseguito pubblicità ingannevole "ideale per agriturismo", "casolare da ristrutturare su 2 livelli + sottotetto con terreno 31.000 mq ed accessori vari" sul sito internet (Omissis)" e nella vetrina dell'(Omissis), e, successivamente, nel decorso mese di maggio 2009, per quel che riguarda la "promessa di vendita" dalla Sig.ra (Omissis), avente ad oggetto gli stessi beni immobili sovraprecisati, operando, l'uno e l'altra, di concerto tra loro, celando, con dolo, i vincoli e/o oneri gravanti sugli immobili sovradescritti (vincolo paesaggistico e vincoli archeologici) e inducendo la parte promittente acquirente in errore essenziale "sulla natura" o "sull'oggetto" del contratto, ponendo in essere "raggiri" senza i quali la predetta parte promittente acquirente non avrebbe contrattato, né concluso i negozi giuridici sovraprecisati, né versato anche la cospicua somma di Euro 50.000,00 a titolo di caparra confirmatoria ed emettere tutti i consequenziali provvedimenti di legge nei confronti della Sig.ra (Omissis) e del Dott. (Omissis), in proprio e quale titolare dell'(Omissis), operante anche quale agente della (Omissis), in (Omissis), e conseguentemente condannare questi ultimi, in solido o non, all'immediata erogazione, in favore della Società concludente, della somma di Euro 50.000,00 da quest'ultima versata a titolo di caparra confirmatoria, oltre alla somma di pari importo e la somma di Euro 6.200,00, versata quale provvigione, e così, complessivamente, della somma di Euro 106.200,00, nonché all'integrale risarcimento dei danni ulteriori, patiti e patiendi, per qualsivoglia titolo o ragione, alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dal dì del dovuto al saldo effettivo; in via principale: dichiarare ex art. 1489 C.C. la risoluzione del contratto preliminare di compravendita posto in essere tra la Società concludente (Omissis) e la Sig.ra (Omissis) di concerto col Sig. (Omissis), avente ad oggetto i beni immobili descritti nella narrativa che precede, nel loro complesso, risultando essi gravati da vincoli e/o oneri non apparenti ("vincoli paesaggistici" e "vincoli archeologici") che ne diminuiscono gravemente il godimento e non sono stati dichiarati in entrambi i negozi giuridici posti in essere, così come precisato in narrativa, con conseguente raddoppio della caparra confirmatoria e immediata condanna della promittente alienante e/o della persona da quest'ultima delegata alla vendita, in solido o non coobbligati, alla erogazione, in favore della Società concludente, del relativo complessivo importo di Euro 106.200,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali secondo le variazioni degli indici ISTAT dal di del dovuto al saldo effettivo, nonché qualsivoglia altra somma ex lege e/o ex contractu spettante alla società concludente a titolo di ulteriore risarcimento danni per qualsivoglia titolo o ragione In via subordinata: dichiarare ex art. 1454 C.C. la risoluzione dei contratto preliminare di compravendita, precisato nella narrativa che precede, per inadempimento delle obbligazioni per i motivi sovraesposti, da parte della promittente alienante e, conseguentemente, condannare quest'ultima alla immediata erogazione, in favore della Società concludente, del raddoppio della somma di Euro 50.000,00 da quest'ultima versata a titolo di caparra confirmatoria alla medesima promittente acquirente, pari a complessivi Euro 100.000,00, oltre la rivalutazione monetaria secondo le variazioni degli indici ISTAT e interessi legali dal dì del dovuto al saldo effettivo, nonché alla corresponsione di qualsiasi altra somma ex lege e/o ex contractu spettante alla Società concludente a titolo di ulteriore risarcimento danni per qualsivoglia titolo o ragione. In via più gradata: ferme rimanendo le richieste tutte sopra formulate, in via del tutto subordinata, disporre, giusta anche quanto enunciato dall'art. 1489 C.C., previ i necessari accertamenti peritali presso i competenti Uffici e previa determinazione della stima, la riduzione del prezzo, determinato, quale corrispettivo per i beni immobili oggetto del preliminare di compravendita, il cui valore non può disconoscersi essere inferiore a quello concordato a suo tempo, stante, incontestabilmente, nel caso de quo agitur un "quid minoris ", costituito dai "vicoli e/o oneri esistenti sui beni immobili stessi, a suo tempo celati alla Società concludente, con ogni consequenziale ulteriore provvedimento anche in ordine alle disposizioni concernenti il trasferimento e la voltura dei beni de quibus, precisati nella narrativa che precede, promessi in vendita, ex art. 2932 C.C, e a quant'altro ritenuto utile e necessario ai fini di giustizia". I procuratori della (Omissis), nell'attesa di una decisione in via ordinaria e ritenendo che il diritto della ricorrente fosse minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, in considerazione del fatto che il casolare oggetto della compravendita aveva subito ingenti danni a causa della mancata manutenzione, ordinaria e straordinaria, da parte di (Omissis), con riferimento alla copertura della tettoia che in più punti aveva ceduto con conseguenti e inevitabili infiltrazioni di acque pluvie e incontestabili danneggiamenti dei sottostanti vani (oltre ad una svalutazione del valore commerciale), chiedevano l'emissione di un provvedimento ex art. 700 cpc.: tale richiesta dava origine al presente proc. n. 187-1/2010 nell'ambito della predetta procedura. Si costituiva in giudizio la (Omissis) chiedendo il rigetto della richiesta cautelare perché il ricorso d'urgenza previsto dall'art. 700 c.p.c è subordinato alla sussistenza di una serie di presupposti, quali la dimostrazione da parte del ricorrente del "fumus boni juris", del "periculum in mora", della imminenza ed irreparabilità del danno, della sussidiarietà e della atipicità del tipo di tutela richiesta. Il "fumus boni juris" non ricorreva: innanzi tutto, i vincoli paesaggistici ed archeologici risultavano dai pubblici registri immobiliari, dalle mappe catastali, dai piani regolatori comunali e regionali e, quindi, se ne doveva presumere la conoscenza; inoltre, la stessa (Omissis), in ottemperanza agli obblighi assunti con il preliminare, era sempre stata disponibile alla stipula del definitivo. Era stata, invece, la società ricorrente ad essersi sottratta all'obbligo di arrivare alla conclusione del contratto definitivo, accampando diritti inesistenti e chiedendo la risoluzione del preliminare. Non era stato chiaramente indicato il diritto da tutelare in via d'urgenza e l'ordine "di provvedere alla ristrutturazione o rifacimento del tetto e delle altre parti danneggiate dalla assoluta carenza di manutenzione" era generico, non c'era pericolo per la salute delle persone ed ogni eventuale danno poteva essere riparato in ogni tempo. Era parimenti da escludersi che il "fumus" potesse derivare dalle argomentazioni contenute nella domanda proposta "in via più gradata": l'eventuale danno lamentato sarebbe stato compensato dalla riduzione di prezzo e non si comprendeva quale altro diritto da tutelare in via d'urgenza la società (Omissis) poteva vantare nei confronti della (B). Il ricorso ex art. 700 c.p.c. non era ammissibile anche perché la tutela urgente deve ritenersi praticabile solo rispetto a situazioni giuridiche soggettive già esistenti mentre deve essere esclusa con riferimento a quelle che possono perfezionarsi solo attraverso pronunce giudiziali di natura costitutiva. Nel corso del giudizio il Giudice istruttore disponeva CTU e, all'esito, si riservava di decidere, con concessione di termini per note. Per questo Giudice il ricorso è fondato. Al fine di valutare l'ammissibilità dell'art. 700 cpc occorre verificare se in astratto (e, quindi, indipendentemente dalle ragioni che in concreto ostino all'esercizio dell'azione o la rendano infondata nel merito), l'ordinamento appresti una forma di tutela tipica tale da consentire il conseguimento, in via d'urgenza, della tutela innominata prevista dagli artt. 700 segg. cpc (Cass. sent. 15 giugno 1999 n. 5925). Il provvedimento di urgenza citato è, infatti, diretto principalmente a tutelare diritti concernenti beni infungibili (come nella specie) e addirittura crediti pecuniari dal cui ritardato soddisfacimento potrebbe derivare un pregiudizio non riparabile altrimenti (Cass. sentenza 2 settembre 1997 n. 373). Il diritto che la (Omissis) vuole tutelare con l'art. 700 cpc non è, in effetti, un diritto di proprietà ma ciò è irrilevante ai fini che qui interessano perché dal contratto preliminare derivano comunque obblighi e diritti che hanno perfetta tutela giurisdizionale. Il fatto che non si tratti di diritto reale non esclude l'applicabilità di uno strumento di tutela generale come il provvedimento richiesto anche perché dal contratto preliminare non sorge certo una semplice aspettativa ma una specifica obbligazione di alienazione del promittente alienante, rispetto alla quale si contrappone un diritto soggettivo perfetto all'adempimento di tale obbligazione a favore dell'acquirente. L'eventualità che l'adempimento potrà avvenire con una sentenza costitutiva non può implicare una soppressione della tutela cautelare: all'opposto ad una sottrazione della tutela cautelare farebbe seguito, addirittura, la vanificazione, di fatto, della stessa particolare tutela prevista dall'art. 2932 cc (Tribunale di Bologna, ordinanza 23 dicembre 2005). Tale orientamento è condivisibile anche perché le limitazioni invocate dal resistente porterebbero ad una privazione di fatto anche della tutela ordinaria concretando così una lettura problematica dal punto di vista costituzionale, in rapporto agli artt. 24 cost. e 111 cost.: nella specie si potrebbe avere la scomparsa proprio del bene oggetto. Il "fumus boni juris" emerge dalle considerazioni appena esposte e dal fatto che non è possibile il ricorso ad altri strumenti cautelari: il sequestro conservativo ex art. 671 cpc può essere concesso solo se è accertata l'esistenza di un credito attuale, anche se non liquido o esigibile (Cass. sentenza 20 novembre 1970 n. 2445; Cass. sentenza 11 febbraio 1988 n. 1479), ipotesi che nella specie non ricorre. Il "periculum in mora " emerge dalla CTU svolta nella quale afferma, fra l'altro, che è prevedibile a breve l'aggravarsi delle condizioni di sicurezza degli elementi strutturali del tetto e, in ultima analisi, il collasso di parte o tutta la copertura medesima e che per i tempi di intervento si stima una durata di circa sessanta giorni: alla luce di quanto già espresso, la ricorrente ha il diritto a vedersi assegnato, in futuro, un immobile il più possibile integro e non crollato o distrutto, non più riutilizzabile se non mediante un intervento ancora più costoso dell'immobile stesso, appena acquistato, e difficilmente recuperabile. Le altre richieste formulate dalla resistente riguardano richieste istruttorie e argomenti affrontabili solo in sede di merito, perché esulano dall'oggetto specifico di questo procediemento. Le altre questioni devono ritenersi assorbite. Sulle spese è opportuno pronunciarsi con la sentenza di merito. P.Q.M. - letti gli artt. 700 cpc e gli altri articoli di legge; ORDINA a (Omissis) di provvedere alla ristrutturazione o rifacimento del tetto e delle altre parti danneggiate dalla carenza di manutenzione, al fine di garantire l'integrità dell'immobile stesso e finché non sarà concluso il giudizio di merito, in conformità a quanto stabilito con la CTU svolta. Nulla sulle spese. Così deciso in Cassino, il 3 aprile 2014. Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2014.
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