sentenza del 21 maggio 2014 n. 11153

CORTE DI CASSAZIONE ‐ Sentenza 21 maggio 2014, n. 11153 Svolgimento del processo La N. scarl propone ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, avverso la sentenza n. 125/42/09 della CTR della Lombardia che, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la validità della cartella esattoriale impugnata e compensato le spese di lite. La CTR affermava che la dichiarazione Mod. Unico 2003, integrativa di quella prodotta in data 2 febbraio 2004, che riportava un maggior credito Irpeg rispetto a quello indicato nella dichiarazione precedente, era stata presentata dalla contribuente in data 26 settembre 2005 e cioè oltre il termine previsto dal comma 8 bis dell’art. 2 dpr 322/98. Da qui la legittimità della cartella, attesa la tardività della dichiarazione integrativa. L’Amministrazione finanziaria si è costituita al solo fine di partecipare alla discussione. Motivi della decisione Con il primo motivo la N. scarl deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1236 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3) cpc censurando la statuizione con cui la CTR di Milano ha affermato la legittimità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, nonostante la seguente dichiarazione, resa nell’ udienza di discussione del giudizio di primo grado, dal rappresentante dell'Ufficio: " E’ in essere la procedura di sgravio, dopo aver accertato la illegittimità del ruolo, e chiede la compensazione delle spese". Secondo quanto ritenuto dalla ricorrente tale dichiarazione dovrebbe qualificarsi come remissione del debito, ai sensi e per gli effetti dell’art.1236 c.c., con conseguente effetto estintivo: da ciò l’efficacia preclusiva e l’inammissibilità dell’appello successivamente proposto dall’Agenzia delle Entrate. Il motivo è destituito di fondamento. Ed invero il rappresentante dell’Ufficio, con la dichiarazione indicata dalla contribuente, non aveva né rinunziato alla pretesa impositiva, né prodotto un provvedimento di annullamento , ma aveva unicamente rappresentato che, a seguito dell’accertamento dell’illegittimità del ruolo, era in corso la procedura di sgravio". Tale dichiarazione non consiste dunque in una manifestazione di volontà abdicativa della pretesa impositiva ed appare inidonea a determinare la cessazione della materia del contendere: non risulta affermato né il perfezionamento della procedura di sgravio, né l’annullamento dell’atto, onde permaneva l’interesse del contribuente all’impugnazione della cartella di pagamento. Nessun effetto preclusivo si era dunque determinato e, come rilevato dalla CTR, la sentenza di primo grado aveva, correttamente, deciso il ricorso nel merito. L’accoglimento del ricorso del contribuente e la conseguente soccombenza legittimavano pertanto l’Agenzia a proporre appello. Con il secondo e terzo motivo di gravame, i quali in quanto strettamente connessi possono essere unitariamente esaminati, la contribuente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 comma 8 e 8 bis dpr 322/98, nonché dell’art. 67 Dpr 600/73 censurando la statuizione della CTR nella parte in cui ha affermato la tardività della dichiarazione integrativa del Mod. Unico/03, modificando in suo favore i dati indicati nella dichiarazione precedente, da 4.789,00 € a 15.998,00 €, in quanto presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Secondo la prospettazione della contribuente anche all’ipotesi prevista dal comma 8 bis sarebbe applicabile il termine di 4 anni previsto dall’art.2 comma 8 dpr 322/98, cumulandosi con il termine annuale espressamente stabilito dal comma 8 bis. Del resto, seguendo l’interpretazione dell’art. 2 comma 8 bis adottata dalla CTR Lombardia la ricorrente sarebbe stata soggetta a doppia imposizione, in palese violazione dell’art. 67 Dpr 600/73. Le censure sono infondate. Risulta infatti che la contribuente presentò tempestivamente il modello Unico 2003 per la dichiarazione dei redditi dell’anno 2002, esponendo un credito IRPEG di 4.789,00 €. In data 26 settembre 2005, e quindi oltre i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi successiva, effettuò una dichiarazione integrativa del modello Unico 2003, rettificando il credito IRPEG da 4.789,00 € a 15.998,00 €. A seguito di tale dichiarazione in rettifica, non presentò istanza di rimborso, ma omise di effettuare il versamento IRPEG per il periodo d’imposta 2003 (Mod Unico 2004) per un importo corrispondente al maggior credito ( maturato per il periodo d’imposta 2002) , risultante in suo favore. Orbene, secondo quanto già affermato da questa Corte, in tema di imposte sui redditi il contribuente, in base all'art. 2, comma 8, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, come introdotto dall'art. 2 del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, è titolare della facoltà di emendare i propri errori ed omissioni commessi in danno dell’Erario mediante apposita dichiarazione. Nella diversa ipotesi in cui l’errore o l’incompletezza della dichiarazione originaria abbia determinato un danno patrimoniale in danno del contribuente, questi dovrà presentare dichiarazione integrativa non oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ai sensi dell’art. 2 comma 8 bis Dpr 322/98, portando in compensazione il credito nella dichiarazione successiva (Cass. 13104/2012). Le due disposizioni si riferiscono dunque a fattispecie ben distinte, che hanno presupposti diversi e che presentano diversi limiti temporali, che non sono cumulabili. La disposizione dell’art. 2 comma 8 bis, in particolare, che prevede un limite temporale diverso e più breve rispetto a quello stabilito dal precedente comma 8, non è in contrasto con gli artt. 53 e 3 Cost., poiché spetta al legislatore trovare un ragionevole contemperamento tra esigenza del contribuente e quella di buon andamento, razionalità e speditezza dell’azione amministrativa ed il termine fissato dall’art. 8 bis non rende eccessivamente gravoso il diritto del contribuente (Cass. n.5373/2012). Inoltre il contribuente potrà rimediare mediante istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 Dpr 602/73. La "dichiarazione integrativa" ex art. 2 comma 8 bis, agli effetti dei termini di decadenza e stante la mancanza di modifiche allo specifico e autonomo regime delle restituzioni, non interferisce dunque sull'effettivo esercizio del diritto al rimborso: l’ultimo inciso della disposizione citata, nel prevedere come termine ultimo per la presentazione della dichiarazione integrativa quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, correla al rispetto di detto limite temporale unicamente la possibilità di portare in compensazione il credito eventualmente risultante. Ne consegue che l'istanza di rimborso può essere proposta anche oltre il termine di presentazione della dichiarazione del periodo d'imposta successivo, mentre l’eventuale credito (risultante dalla dichiarazione) può essere portato in compensazione soltanto entro detto termine (Cass.6253/12). Nella fattispecie in esame la contribuente non presentò istanza di rimborso conseguente alla dichiarazione integrativa di rettifica, ma portò in compensazione il maggior credito, omettendo di effettuare il versamento IRPEG per l’anno 2003, oltre il termine previsto a pena di decadenza dalla già citata disposizione dell’art. 2, comma 8 bis, del Dpr 22 luglio 1998, n. 322. Tale conclusione non appare in contrasto con il divieto di doppia imposizione sancito dall’art. 67 dpr 600/73, dovendo tenersi distinto l’eventuale diritto al rimborso, spettante al contribuente ove ne sussistano i presupposti, dalla diversa facoltà di effettuare la dichiarazione integrativa e portare il credito in compensazione, facoltà quest’ultima soggetta al termine decadenziale previsto dall’art.2 comma 8 bis Dpr 322/1998. La previsione di un termine entro cui esercitare la compensazione, funzionale all’esigenza di efficienza e buona andamento della P.A. e di certezza delle situazioni giuridiche , non pregiudica dunque la generale facoltà di emenda del contribuente e l’eventuale diritto di credito nei confronti della P.A., ma ne disciplina e limita, in modo razionale e coerente, soltanto le modalità di esercizio. La reiezione del ricorso comporta la condanna della contribuente alla refusione delle spese del presente grado mentre, considerato che l’orientamento della S.C. sopra menzionato si è affermato successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese del giudizio di merito. P.Q.M. Respinge il ricorso. Dispone l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di merito. Condanna la contribuente alla refusione all’Agenzia delle Entrate delle spese della presente fase, che liquida in 1.600,00 euro per compensi oltre a spese prenotate a debito.