L’Infermiere come Consulente del Giudice: una “lanterna” in materia di malapratica infermieristica. Nei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto una responsabilità in ambito sanitario, la consulenza tecnica e la perizia svolgono un ruolo di grande importanza: basti considerare che oltre l’ottanta per cento delle condanne di sanitari si basano sulle valutazioni negative espresse dal C.T.U. (Consulente Tecnico d’Ufficio). Vale dunque la pena di passare in breve rassegna la normativa in materia di nomina del consulente tecnico in sede processuale. Orbene, sia nell’ambito del processo civile che di quello penale, il magistrato, qualora la decisione di una causa richieda il possesso di particolari conoscenze tecnico-scientifiche in una data materia, si può avvalere dell’ausilio di un esperto. Con particolare riferimento alla materia civile, il C.T.U. è la figura professionale dal quale il giudice può farsi assistere per il compimento di singoli atti o per tutto il processo e la sua attività è disciplinata dagli artt. 61 e seguenti del codice di procedura civile. In particolare, l’art. 61 c.p.c. dispone testualmente che “la scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice”. L’art.13 delle disposizioni attuative del codice di procedura civile, poi, prevede che presso ogni Tribunale è istituito l’Albo dei Consulenti Tecnici, il quale a sua volta è suddiviso per categorie professionali. L’Albo è tenuto dal Presidente del Tribunale e viene formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un professionista iscritto nell'Albo professionale di riferimento, designato dall’Ordine o dal Collegio della categoria a cui appartiene il soggetto che richiede l'iscrizione. Per ottenere l’iscrizione è necessario essere in possesso di una speciale competenza tecnica in una determinata materia (ad esempio, Master in Infermieristica Forense o partecipazione in processi come consulente di parte, etc.), essere di condotta morale specchiata ed essere iscritti nelle rispettive associazioni professionali. Il Giudice, però, trattandosi di un ausilio tecnico per il quale è fondamentale il rapporto fiduciario, ha la facoltà di nominare anche esperti non compresi nell'Albo del tribunale, o persona non iscritta in alcun Albo professionale, ma in tal caso la scelta dovrà essere motivata (ad esempio, mancanza di titolati nell’elenco del tribunale) e, comunque, dovrà ricadere su un professionista di comprovata esperienza. Fatta questa premessa, è possibile ora svolgere alcune considerazioni in merito alla consulenza tecnica d’ufficio nell'ambito della valutazione dei profili di responsabilità nell'esercizio della Professione Infermieristica. Come noto, la prassi dei Tribunali italiani in materia di conferimento di incarichi di consulenza tecnica d’ufficio riserva agli infermieri un ruolo marginale: quando si parla di perizie o consulenze tecniche in campo sanitario il primo pensiero va sempre al mondo medico, al quale sovente il Magistrato richiede di esprimere valutazioni anche sull’operato degli infermieri, che purtroppo in molte sentenze anche recenti vengono ancora chiamati “paramedici (!).. Tuttavia, questa idea deve essere superata per una serie di motivi. Innanzitutto, la professione infermieristica - disciplinata normativamente dal Decreto Ministeriale 14 settembre 1994, n. 739 il cui articolo 1 ne fornisce una chiara definizione, nonché dalla Legge 1 febbraio 2006, n. 43 - ha conseguito una propria autonomia ed è esercitabile soltanto da coloro che abbiano conseguito la necessaria abilitazione statale e siano iscritti all’albo professionale. Stante il chiaro disposto normativo, la professione di infermiere rientra dunque tra quelle tutelate dall’art. 348 del Codice Penale, il quale punisce la condotta di chi esercita abusivamente una professione per il cui esercizio è prevista una speciale abilitazione statale. Da ciò deriva che qualora un soggetto privo dell’abilitazione statale e/o dell’iscrizione all’albo professionale ponga in essere anche uno solo degli atti che la legge riserva alla figura dell’infermiere si rende responsabile del reato di esercizio abusivo della professione. E ciò può accadere anche nell’ambito di un’attività di consulenza tecnica d’ufficio. In secondo luogo, se la risoluzione di un caso giudiziario richiede competenze specifiche di settore, non si comprende perché l’incarico di consulenza tecnica d’ufficio non possa essere assegnato ai titolari della relativa competenza professionale. E quindi, se un caso giudiziario riguarda la responsabilità professionale di un infermiere, l’incarico di consulenza tecnica deve essere affidato ad un infermiere, proprio perché soltanto l’infermiere è titolare della disciplina infermieristica. I principi appena esposti trovano recente conferma anche in una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. VI, sentenza n. 2811/2000), la quale ha stabilito che “ è configurabile il reato di esercizio abusivo di una professione anche nell’ipotesi in cui l’atto posto in essere da parte del soggetto non iscritto all’apposito albo consista nell’espletamento di una consulenza tecnica per l’autorità giudiziaria, non rilevando la circostanza che le norme regolanti la nomina dei consulenti e periti abbiano carattere ordinatorio e che l’autorità giudiziaria possa nominare persone munite di particolare competenza in determinate materie indipendentemente dall’iscrizione in apposito albo, atteso che in ogni caso la scelta non è assolutamente discrezionale e che un’indicazione eccentrica rispetto al normale accesso agli albi esige adeguata motivazione, la cui mancanza rende impugnabile la nomina”. Quanto sopra considerato, obiettivo e l’impegno prioritario di ogni Collegio dovrà essere quello quello di creare un dialogo informativo con gli uffici e con la stessa cultura giudiziaria, al fine di ridurre al minimo le scelte “eccentriche”, come recita la succitata sentenza, nella individuazione del professionista che dovrà valutare i colleghi infermieri coinvolti in vicende giudiziarie. Dott.ssa Beatrice Lanza (Studio Legale Avv. Dario Vladimiro Gamba)
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