Tenuta Presidenziale di Castelporziano. di Ervedo Giordano Questo incontro ha come tema “La Tenuta Presidenziale di Castelporziano: da Tenuta di caccia a Riserva Naturale dello Stato” e vorrei esprimere, innanzi tutto, la mia gratitudine e quella dell’Ing. Aleandro Tinelli al Presidente della Fidaf, Luigi Rossi, per averci dato la possibilità di illustrare le vicende e le prospettive per un’area di grande interesse storico e naturalistico. Catelporziano rappresenta una enclave di circa 6000 ha in un territorio ormai fortemente antropizzato, in cui si alternano boschi secolari di quercie caducifoglie e sempre verdi, di pinete, di macchia mediterranea ad estesi pascoli per l’allevamento dei bovini e degli equini maremmani. E’ l’unica area rappresentativa dell’ambiente e della vegetazione costiera del Lazio, che si è potuta conservare grazie alla fortunata circostanza di non aver dovuto subire la trasformazione in terreni agricoli od in aree fabbricabili, che hanno accompagnato l’ampliamento della città di Roma. Ne è derivata una complessità ecosistemica ancora molto elevata,come dimostrano le migliaia di specie vegetali ed animali, oltre 5000, che sono risultate presenti e riportate nella check list realizzata dalla Commissione Tecnico Scientifica della Tenuta. Questa singolare caratteristica rende Castelporziano un luogo di grande interesse scientifico nazionale ed internazionale e dipende da un evento molto raro nel nostro Paese, dovuto al fatto che durante cinque secoli, la Tenuta ha dovuto registrare, fino ai nostri giorni, soltanto tre passaggi di proprietà. Una breve introduzione storica può fare comprendere meglio le funzioni attuali della Tenuta, che verranno successivamente illustrate dall’ Ing. Aleandro Tinelli. Casteporziano dalla seconda metà del XVI secolo ai nostri giorni Nella seconda metà del 500, il Papato di Roma ha dovuto affrontare una situazione molto difficile a causa delle guerre tra i feudatari e dei complessi rapporti con la Spagna. Filippo II° aveva dovuto dichiarare per ben quattro volte bancarotta per i contrasti interni e per la guerra delle Fiandre, che costava un milione di scudi all’anno e premeva per ottenere il patronato della Chiesa per i territori delle Indie, creando un pericoloso conflitto con il Portogallo che lo aveva già ottenuto per il Brasile. La Chiesa stava per promuovere la più grande evangelizzazione, mai tentata fino ad allora, attraverso i missionari, estesa anche alla Cina ed al Giappone, ma le casse della Camera Apostolica erano vuote. Per correre ai ripari era necessario coinvolgere i banchieri fiorentini, che disponevano delle riserve accumulate con le attività mercantili in tutta l’Europa e che erano rimasti fedeli al Papato. La Camera Apostolica decise quindi di vendere per la somma di 100.000 scudi tre tenute nei pressi di Roma, che erano entrate a far parte del patrimonio della Chiesa dopo l’editto di Costantino. Come risulta dall’atto notarile, la vendita in contemporanea riguardava la baronia di Castelporcigliano (Castelporziano) ad Agostino del Nero,che Cosimo I° aveva confermato ufficiale del nuovo Monte a fianco di Francesco Guicciardini, insieme alla Tenuta di Decima a Tommaso Guidacci e la Tenuta di Castel Romano a Guindisalvo Alvaro, alto prelato che aveva interessi in Spagna. In questo modo oltre al miglioramento delle finanze, la Camera Apostolica rafforzava la difesa di Roma dagli assalti dei pirati barbareschi, che continuavano ad aggredire le coste laziali per rapire e ridurre in schiavitù uomini, ma soprattutto donne e bambini. A Castelporcigliano, oltre al castello in grado di accogliere tutti gli abitanti del territorio nelle situazioni di pericolo vi erano delle torri, di cui la più nota è quella di Tor Paterno, che faceva parte del sistema di avvistamento collegato alle fortificazioni di Ostia, a presidio dell’accesso del Tevere. Il Cardinale Giuliano della Rovere, eletto Papa con il nome di Giulio II°, aveva rafforzato fin dal 1483 le antiche ed ormai fatiscenti mura di Gregoropolis, villaggio fortificato di Ostia, facendo costruire un imponente castello la cui torre che ricorda il suo nome, domina le fortificazioni triangolari. Purtroppo, nel 1557 un’ eccezionale alluvione deviò il percorso del Tevere andando a peggiorare il fenomeno dell’impaludamento del territorio e Gregoriopolis con il sistema delle torri risultò indebolito, mentre aumentava l’importanza difensiva dei castelli. La famiglia del Nero prese solennemente possesso della baronia di Castelporziano il 25 febbraio del 1568, quando Tommaso, il giovane figlio di Agostino ereditò a 23 anni con il fratello Nero la Tenuta, insieme ad un cospicuo patrimonio, a condizione che il possedimento rimanesse indiviso tra loro ed i loro eredi. Aveva così inizio la proprietà dei del Nero e le fortune di Castelporziano furono legate alle vicende della Famiglia ed a quelle del Papato, nella buona e nell’avversa sorte, fino a quando l’ultimo erede dei del Nero, la marchesa Ottavia Guadagni, vedova del barone Cerbone del Nero, vendette al Duca Vincenzo Grazioli la Tenuta nel 1823. La tenuta di Castelporziano diventò rapidamente famosa per le cacciate a cui partecipavano eminenti personalità ecclesiastiche, banchieri e punto d’incontro di diplomatici, di capi di Stato impegnati nella difesa della Chiesa. Sulla fine del secolo, per una particolare predilezione del barone Nero del Nero, che era un raffinato cultore della storia antica di Roma, le cui vestigia erano presenti nel territorio, la Tenuta divenne meta di circoli letterari, di tornate poetiche e musicali aperte agli artisti, secondo la tradizione toscana.. Infatti, Nero del Nero era molto amico a Roma di un altro fiorentino, San Filippo Neri, con cui collaborava a favore del movimento degli Oratori, che stavano diventando cenacoli poetici e musicali. A partire dal 600 e nel secolo successivo, le attività nella Tenuta subiscono un progressivo rallentamento a causa del peggioramento delle condizioni di vita degli abitanti, costretti a fuggire in seguito alla diffusione della malaria ed il territorio di Castelporziano divenne rifugio di avventurieri e di banditi. Agli inizi dell’800 la situazione migliorò sensibilmente ed il 1823 fu un anno particolarmente importante per la Tenuta, poiché era stata acquistata da Vincenzo Grazioli per la somma di 80.993 scudi, dopo l’estinzione della famiglia Del Nero. Vincenzo Grazioli era nato a Cadelsasso in Valtellina il 22 settembre del 1770 ed era l’ultimo di cinque fratelli. Trasferitosi a Roma, sposò, dopo la morte della moglie, nel 1806 Anna Londei appartenente ad una agiata famiglia anconetana di mercanti di stoffe. Entrato a far parte della banca Conti Londei, gestì per nove anni l’appalto della dogana della fida delle pecore e nel 1831 si aggiudicò due importanti appalti: la privativa della vendita del ghiaccio e della neve per la città di Roma e del suo circondario e la fornitura del foraggio per i cavalli dell’esercito pontificio. L’acquisto di Castelporziano e quello effettuato quattro anni dopo del Ducato di Santa Croce di Magliano in Molise, aprono alla famiglia Grazioli l’accesso all’alta nobiltà di Roma. Nel gennaio del 1836, per diposizione di Papa Gregorio XVI° (Mauro Cappellari) viene riconosciuto a Vincenzo il titolo di barone e nel 1851, il re delle Due Sicilie, Ferdinando II°, quello di Duca, trasmissibile agli eredi e riconosciuto da Pio IX anche nei territori pontifici. La famiglia Grazioli riuscì a riportare Castelporziano all’antico splendore rinascimentale, a migliorare gli edifici, a realizzare importanti opere di bonifica agraria, a sviluppare gli allevamenti bovini ed equini, a sperimentare nuove colture, ad allargare i confini, mediante l’acquisizione delle adiacenti proprietà di Trefusa e Trefusina. Il figlio di Vincenzo, il duca Pio che era nato nello stesso anno in cui il padre aveva acquistato la baronia, realizzò importanti modifiche architettoniche quali l’erezione del fabbricato dell’orologio con la relativa Torre e la costruzione dell’ampia scalinata per l’accesso al piano nobile. La Tenuta venne organizzata per accogliere importanti personaggi ed avvenimenti mondani ed ospitò tra gli altri il futuro imperatore di tutte le Russie Alessandro II°, oltre a ricevere la visita di due papi Gregorio XVI° nel 1845, di Pio IX nel 1859 e di Francesco Re delle Due Sicilie nel 1863. Le cronache del tempo descrivono il fasto della vita a Castello in occasione delle cacciate dei nobili e dei banchetti organizzati durante le visite papali, che avvenivano con grande concorso di popolo. I rapporti tra la Famiglia Grazioli e la Camera Apostolica Vaticana si erano venuti intensificando e gli aiuti finanziari forniti nei momenti difficili che il Papato stava attraversando, avevano contribuito a risolvere molte complesse situazioni nei rapporti internazionali. In particolare nel 1831, dopo l’elezione di Gregorio XVI°, quando le finanze del Papato erano in pessime condizioni, per rispondere ai moti rivoluzionari che erano esplosi a Bologna era stato richiesto l’intervento dell’esercito austriaco. Gregorio XIV°, monaco camaldolese e 254° Papa della Chiesa cattolica, era un buon conoscitore di boschi essendo nato nel bellunese, ed amante del mare, in seguito alla sua educazione a Venezia ed il favorevole incontro con i Grazioli meritava una visita di riconoscenza a Castelporziano ed una memorabile gita in barca. Con l’avvento di Pio IX (Mastai Ferretti) nel 1846, la fedeltà al Papato dei Grazioli venne premiata con la nomina di Vincenzo a consigliere della civica rappresentanza ed il Papa accoglie il riconoscente invito di Pio Grazioli a Castelporziano. L’eco di questa visita conclusasi a Tor Paterno e seguita da una gita in barca sotto la scorta della marina pontificia ebbe grande risonanza internazionale rafforzando la considerazione per i Grazioli. Castelporziano diventa così testimone di un evento epocale che però segnerà l’affermazione del movimento per l’Unità d’Italia. Infatti, mentre i giovani aristocratici europei erano mossi ad intraprendere il “Gran Tour” che comprendeva Castelporziano, alla scoperta delle vestigia e dei monumenti della romanità presenti nel nostro Paese, per soddisfare le loro romantiche inquietudini, i giovani italiani si recavano in Francia, in Svizzera, in Germania, in Inghilterra per studiare i modelli del progresso sociale, economico ed industriale indispensabili allo sviluppo del nostro Paese. Questo spiega il motivo per cui le più accurate descrizioni del territorio di Castelporziano e della campagna romana dell’epoca, siano opera di stranieri, come si può leggere nel volumetto di Elena Gajeri di prossima pubblicazione, a cura della Commissione Tecnico Scientifica. L’elenco è lungo ed è qui sufficiente ricordare le testimonianze dello svizzero Charles V. De Bottesten che ha descritto “Il viaggio sulla scena dei sei ultimi libri dell’Eneide, seguiti da qualche osservazione sul Lazio moderno”(Ginevra, 1805), di Johannes Heinrich Westphal “La campagna romana sotto gli aspetti storici ed archeologici”(Berlino 1829), del tedesco Christian Muller, che ha descritto”Il Laurentino di Plinio”, di Sir William Gell “Roma ed i suoi dintorni”(Londra, 1834). La storia antica di Castelporziano si conclude il 3 gennaio 1872 con la vendita della baronia da parte dei Grazioli al Regno d’Italia per la somma di quattro milioni di lire, secondo un piano messo a punto da Quintino Sella, ministro delle finanze. A Pio Grazioli va il merito di aver conservato l’integrità territoriale della Tenuta, e le successive vicende storiche in epoca sabauda e repubblicana faranno assumere a Castelporziano un’ ineguagliabile rilevanza per la conservazione di un ambiente ormai unico nel nostro Paese e nel Mediterraneo Mi auguro che la nostra classe politica se ne renda conto. Ervedo Giordano Roma, 7.11.2014,
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