AMMORTIZZATORI IN DEROGA: ULTERIORI RISORSE E CHIARIMENTI MINISTERIALI Il Ministero del Lavoro ha chiarito alcuni aspetti applicativi del D.M. 1° agosto 2014 n. 83473 e, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha proceduto all'assegnazione di nuove risorse finanziarie a Regioni e Province Autonome per gli ammortizzatori sociali in deroga. Ministero del Lavoro, nota 24.11.2014, n. 40 Ministero del Lavoro e Ministero dell'Economia, Decreto 4.12.2014, n. 86486 Ministero del Lavoro, circolare 11.12.2014, n. 30 Inps, messaggio 11.12.2014, n. 9588 Gli interventi in commento, sono da collocare nella complessa vicenda che prende spunto dalla riforma introdotta con la legge 28 giugno 2012, n. 92 e dal successivo D.L. 21 maggio 2013, n. 54, convertito nella legge 18 luglio 2013, n. 85, con cui si è previsto un ulteriore rinnovo degli ammortizzatori in deroga, per il periodo compreso fra il 2013 e il 2016, al solo fine di garantire la graduale transizione del sostegno al reddito verso i fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. In questo quadro, il 1° agosto 2014, è intervenuto il Decreto interministeriale n. 83473 (Lavoro-Economia) con il quale sono state introdotte disposizioni più stringenti in materia di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga. Il Decreto è stato assoggettato a pubblicità legale mediante la pubblicazione sul sito del Ministero del Lavoro - www.lavoro.gov.it - in data 4 agosto 2014, dies a quo per l'applicazione delle relative disposizioni in ordine agli accordi stipulati a decorrere da tale data. I chiarimenti ministeriali: requisiti soggettivi Dopo un primo commento al D.I. n. 83473/2014 per mano della circolare 11 settembre 2014, n. 19, il Ministero del Lavoro è ulteriormente intervenuto in materia con la nota 24 novembre 2014, n. 40/0005425, per fornire chiarimenti richiesti da Regioni e Province Autonome sui criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga. Per quanto attiene all'ambito di applicazione soggettivo, l'interprete ministeriale, in via preliminare, ha precisato che il trattamento di cassa integrazione salariale in deroga, pur essendo previsto dall'art. 2, comma 3, della fonte secondaria, unicamente per le imprese di cui all'art. 2082 c.c. può essere validamente esteso anche ai piccoli imprenditori di cui all'art. 2083 c.c. Tali soggetti, individuabili nei coltivatori diretti del fondo, negli artigiani e nei piccoli commercianti, recano tutti i requisiti imprenditoriali essendo infatti sottoposti allo statuto generale dell'imprenditore - seppure con peculiarità definite dalla legge unicamente a fini semplificatori - e sono meritevoli delle tutele in argomento. Il Ministero giunge alla stessa conclusione per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991. Più precisamente, la nota del Dicastero per tali società fa letterale riferimento ai lavoratori che hanno instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro subordinato. Sembra evidente che l'opzione ministeriale sia da riferire anche (e soprattutto) ai soci-lavoratori delle cooperative sociali per le disposizioni poste in materia di rapporto di lavoro tra socio e cooperativa dalla legge n. 142/2001. Sovviene infatti ricordare che ai sensi dell'art. 1 della legge n. 142/2001 il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata [...] con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali e che dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale [...]. Il Ministero, di contro, ritiene esclusi dagli ammortizzatori in deroga i soggetti non imprenditori indicando, in via esemplificativa, le associazioni sindacali o datoriali e gli studi professionali. Questa interpretazione risulta assolutamente incoerente con quella fornita dalla prassi dettata dall'INPS con la circolare n. 100/2014 che, in ragione delle disposizioni di cui al Decreto Interministeriale n. 79141/2014 - in materia Fondo di solidarietà residuale - tra l'altro, ha provveduto a individuare i soggetti tenuti al versamento della specifica contribuzione, nell'ambito delle imprese non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia d'integrazione salariale. Riguardo alla qualificazione dei soggetti datoriali coinvolti nel Fondo di solidarietà residuale, a ben vedere, anche il Decreto Interministeriale istitutivo ha sempre fatto riferimento alle imprese o alle aziende. Quindi, a una prima lettura, è sembrato che la fonte secondaria avesse inteso limitare l'intervento del Fondo residuale unicamente a tali soggetti escludendo, tra gli altri, i datori di lavoro liberi professionisti. Questa interpretazione è stata tuttavia sconfessata dalla circolare INPS n. 100/2014 nella quale si afferma che al fine dell'individuazione dei soggetti destinatari occorre rilevare che, in linea con la giurisprudenza comunitaria, si intende per imprenditore qualunque soggetto che svolge attività economica e che sia attivo su un determinato mercato. Per una lettura più coerente sarebbe quindi opportuno che tutta la materia, anche quella degli ammortizzatori in deroga così come già avvenuto per quella della solidarietà residuale (erede del sostegno al reddito secondo i principi della Riforma Fornero) fosse letta su una linea conferente con i principi posti dall'ordinamento sovranazionale in guisa tale da includere anche i datori di lavoro liberi professionisti negli interventi d'integrazione al salario in argomento. Un secondo chiarimento concerne l'anzianità dei lavoratori destinatari del trattamento di integrazione salariale in deroga. Come precisato infatti dall'art. 2, comma 1, del D.I. n. 83473, per fruire dell'integrazione gli operai, gli impiegati, i quadri e gli apprendisti, anche con contratto di somministrazione, devono possedere un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno dodici mesi alla data di inizio del periodo di intervento di cassa in deroga, ridotti a otto mesi, ex art. 6, comma 1, per le prestazioni relative al 2014. In particolare per i lavoratori somministrati l'anzianità di servizio deve essere verificata presso l'agenzia di somministrazione in quanto soggetto datoriale. In ogni caso, come previsto dall'art. 4, del D.I. n. 83473/2014, i trattamenti di sostegno al reddito in deroga - sia per cassa integrazione guadagni sia per mobilità in deroga - non possono essere concessi in favore dei lavoratori per i quali ricorrono le condizioni di accesso alle analoghe prestazioni previste dalla normativa vigente. Essendo individuati tra tali trattamenti anche quelli riferiti a indennità per mobilità ordinaria ex art. 7 della legge n. 223/91, ASpI, mini-ASpI e disoccupazione agricola con requisiti ordinari e ridotti, dopo l'esaurimento dell'intervento di questi istituti non sarà possibile accedere a quello dell'indennità di mobilità in deroga. I chiarimenti ministeriali: sulla domanda di Cig in deroga Il Ministero interviene anche su alcuni aspetti relativi alle domande di cassa integrazione in deroga che, come previsto dall'art. 2, comma 7 del Decreto devono essere presentate dall'azienda, in via telematica, all'Inps e alla Regione, unitamente all'accordo sindacale, nel termine perentorio di venti giorni dalla data in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell'orario di lavoro: tanto che in caso di presentazione tardiva, il trattamento decorre dall'inizio della settimana anteriore alla data di presentazione della domanda. Il provvedimento di concessione potrà essere concesso unicamente dopo la verifica della compatibilità finanziaria con le modalità pretese dal comma 6 dello stesso art. 2. In attesa del rilascio delle procedure telematiche da parte dell'INPS sono considerate valide le domande trasmesse secondo le procedure e le modalità disciplinate dalla normativa regionale e delle Province Autonome. Come noto, anche la cassa integrazione in deroga, seppure definita da un provvedimento amministrativo, vede la propria genesi in seno ad una trattativa negoziale i cui esiti possono condurre, o meno, alla conclusione di un accordo con l'agente sindacale da individuarsi nelle rappresentanze interne o, in mancanza, nelle rappresentanze sindacali territoriali. Nel silenzio del Ministero è da ritenere che il riferimento debba riguardare le organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori appartenenti ai sindacati che hanno stipulato il contratto collettivo applicato dall'azienda. Secondo la previsione della nota n. 40/0005425/2014 in ogni caso la sospensione o la contrazione dell'orario non potranno precedere la sottoscrizione dell'accordo in sede regionale o sindacale. Resta fermo che, in caso di mancato accordo, purché sia stata conclusa la procedura di consultazione sindacale, l'azienda può procedere alle sospensioni dei lavoratori. Sarà comunque cura della regione approfondire le motivazioni del mancato accordo. Tuttavia, con la circolare 11 dicembre 2014, n. 30, il Ministero del lavoro è ulteriormente intervenuto in merito agli aspetti negoziali ed alla centralità dell'accordo sindacale per quanto attiene agli ammortizzatori sociali in deroga per il 2015. La prassi ministeriale muove dalle considerazioni secondo cui: - la consultazione sindacale costituisce il presupposto della riduzioni o della sospensione dell'orario di lavoro o sospensioni dei lavoratori. - in particolare, per la CIG in deroga, l'accordo assume la rilevanza di requisito specifico richiesto dalla normativa di riferimento. Pertanto secondo l'interprete ministeriale, ai fini dell'intervento della CIG in deroga nell'anno 2015, nelle ipotesi eccezionali in cui non sia stato stipulato l'accordo in sede istituzionale prima dell'inizio delle riduzioni dell'orario di lavoro o delle sospensioni, l'azienda può comunque procedere alla contrazione dell'orario, purché sia stata presentata la richiesta di convocazione al Ministero del Lavoro e sia intervenuto l'accordo in sede sindacale, da recepirsi successivamente in sede ministeriale, previa verifica della disponibilità delle risorse finanziarie. Secondo l'estensore della circolare, l'accordo in sede ministeriale dovrà tuttavia recare i motivi eccezionali che ne giustificano la stipula successiva alla riduzioni dell'orario di lavoro o alle sospensioni. Il recepimento dell'accordo sindacale in sede ministeriale dovrà comunque essere effettuato in tempo utile a consentire all'azienda il rispetto dei termini di presentazione dell'istanza entro venti giorni dall'inizio delle sospensioni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del D.I. n. 83473/2014. Per altro verso, il Ministero del Lavoro, con la nota n. 40/0005425/2014, qualifica come ordinatorio e privo di sanzione il termine previsto dall'art. 2, comma 14, del D.I. n. 83473/2014 a mente del quale le imprese devono presentare mensilmente all'Inps i modelli per l'erogazione del trattamento entro e non oltre il venticinquesimo giorno del mese successivo a quello di fruizione del trattamento. Il ritardo non pregiudicherà quindi la concessione del trattamento. I chiarimenti ministeriali: sulla durata della Cig in deroga Per quanto concerne la durata, così come previsto dall'art. 2, commi 9 e 10, della fonte secondaria, per le imprese non soggette alla disciplina in materia di CIGO, CIGS e dei Fondi di solidarietà bilaterale, in relazione a ciascuna unità produttiva il trattamento d'integrazione in deroga può essere concesso per il 2014, per un periodo non superiore a 11 mesi nell'arco di un anno solare, ridotti a 5 mesi per il 2015: per il 2014 per anno solare si intende il periodo intercorrente tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2014. La durata della Cig in deroga per il 2014 non può essere superiore a 11 mesi nell'arco di un anno solare Gli stessi ambiti di durata sono previsti anche per le imprese beneficiarie degli interventi CIGO, CIGS e della solidarietà bilaterale ma unicamente a condizione che il superamento dei limiti temporali disposti dall'art. 6 della legge n. 164/75 e dall'art. 1 della legge n. 223/91 siano disposti per l'eccezionalità della situazione, legata alla necessità di salvaguardia dei livelli occupazionali e in presenza di concrete prospettive di ripresa dell'attività produttiva. Sul punto l'interprete ministeriale ammette il ricorso all'intervento in deroga anche nella circostanza in cui l'impresa, pur essendo ammessa agli ammortizzatori ordinari non abbia tutti i requisiti per accedervi in relazione alle specifiche causali. Secondo una valutazione tecnica sembrerebbe che il riferimento agli ammortizzatori ordinari debba essere letto nel suo più ampio significato di ammortizzatori ordinariamente previsti per le aziende che ne sono titolari per legge, pertanto gli ammortizzatori che la stessa nota n. 40/0005425/2014 definisce "a regime", pertanto, sia ordinari sia straordinari. Ai fini del computo della durata massima sono considerati tutti i periodi d'integrazione salariale in deroga concessi anche in precedenza, qualunque sia stata la sede di emanazione del provvedimento: territoriale o governativa. In sede di prima applicazione del Decreto e, in ogni caso, non oltre la data del 24 novembre 2014 si possono conteggiare i periodi di cassa effettivamente fruiti dall'impresa richiedente con la precisazione che per fruizione, in ossequio al principio dell'effettività, si deve intendere il lasso temporale che intercorre tra le date della sospensione del primo dipendente fino a quella della sospensione dell'ultimo lavoratore. Per quanto concerne i limiti di durata, il riferimento alla materia dei Fondi di solidarietà è applicabile ove risulti istituito un Fondo di settore oltre che dalla data di costituzione del Comitato Amministratore del Fondo per le imprese soggette al Fondo di solidarietà residuale di cui al D.I. n. 79141/2014. La nota n. 40/0005425/2014 interviene anche sulla previsione di cui all'art. 2, comma 8, del D.I. n. 83473/20148, a mente del quale, la fruizione dei trattamenti di integrazione salariale in deroga può avvenire soltanto dopo l'utilizzo degli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue. Nell'equiparare a tali strumenti anche permessi e banca ore, oltre che gli altri istituti di genesi contrattuale, l'interprete dirama, ai fini di specie, una nozione di ferie residue e maturate, secondo la quale come tali si intendono quelle residue dell'anno precedente e quelle maturate fino alla data di inizio delle sospensioni essendo da escludersi le ferie programmate che coincidono ad esempio con le chiusure aziendali. I chiarimenti ministeriali: sulla mobilità in deroga In primo luogo, viene chiarito che la competenza delle Regioni e delle Province Autonome è limitata ai provvedimenti di concessione dei trattamenti di mobilità in deroga in favore dei lavoratori già dipendenti delle imprese ubicate nel proprio territorio. Ci si permette di osservare che tale locuzione sembra assumere i canoni della genericità in quanto non è dato comprendere se l'ubicazione debba essere individuata con riferimento al requisito della collocazione legale della sede o, più pragmaticamente, della collocazione dell'unità produttiva o dell'unità locale, secondo una preferibile lettura improntata a canoni di sussidiarietà. Secondo quanto previsto dall'art. 3, comma 3, del Decreto, al fine della fruizione del trattamento di mobilità in deroga, i lavoratori interessati, a pena di decadenza, devono presentare la relativa istanza all'Inps (dando altresì comunicazione alla regione) entro sessanta giorni che decorrono, dalla data di licenziamento o dalla scadenza della precedente prestazione fruita, ovvero, se posteriore, come precisato dalla nota in commento, dalla data in cui è stato emesso il provvedimento di concessione della prestazione da parte della regione o P.A., oppure dalla data del decreto interministeriale nel caso di imprese plurilocalizzate. Il Ministero è intervenuto anche in materia di limiti massimi di durata al trattamento di mobilità in deroga, muovendo dai presupposti di cui all'art. 3, comma 4, lett. b), secondo il quale, nel corso dell'anno 2014, per i lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento abbiano beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per un periodo inferiore a tre anni, può essere concesso per ulteriori sette mesi, non prorogabili, elevati a dieci per i lavoratori residenti nelle aree del Mezzogiorno individuate con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218. In tale circostanza la durata massima consentita è computata tenuto conto di tutti i periodi già concessi nell'annualità di riferimento anche per effetto di accordi stipulati antecedentemente al 4 agosto 2014. In ogni caso il periodo massimo di fruizione per il 2014 (sette o dieci mesi) deve esplicare i propri effetti nell'arco temporale compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2014 non essendo possibile alcuno sconfinamento temporale nel 2015, anno dal quale la durata massima scende a sei mesi, elevati ad otto per i beneficiari geograficamente residenti nelle aree ex D.P.R. n. 218/1978. Il finanziamento ulteriore La parte finale della nota n. 40/2014, preannuncia l'intervento di un successivo decreto interministeriale per l'assegnazione di ulteriori risorse finanziarie. All'annuncio della prassi, in effetti, ha fatto seguito il Decreto Interministeriale (LavoroEconomia) 4 dicembre 2014, n. 86486, richiamato dall'INPS nel messaggio 11 dicembre 2014, n. 9588. L'ulteriore fonte secondaria ha provveduto ad assegnare a Regioni e Province Autonome ulteriori risorse finanziarie per gli ammortizzatori sociali in deroga per complessivi 503 milioni di euro, a valere sul Fondo Sociale per l'Occupazione e Formazione, di cui all'art.18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009, secondo il piano di ripartizione risorse evidenziato nella colonna (a) della tabella riportata di seguito. Il Decreto, ha individuato anche i limiti di spesa previsti dall'art. 6, comma 3 del D.I. n. 83473/2014. Questa disposizione ha infatti previsto che, al fine di assicurare la graduale transizione al nuovo sistema, le Regioni e le Province Autonome possono disporre la concessione dei trattamenti di integrazione salariale, anche in deroga ai criteri stabiliti dall'art. 2 del medesimo Decreto, esclusivamente entro il limite di spesa di 70 milioni di euro e comunque in misura non superiore al cinque per cento delle risorse ad esse attribuite. L'art. 2 del D.I. n. 86486/2014 ha pertanto quantificato anche tale entità, come evidenziato nella colonna (b) della tabella riportata di seguito. Come precisato dall'INPS con il msg. n. 9588/2014, le risorse assegnate con il D.I. n. 86486/2014 - al netto della quota riservata ai provvedimenti di cui all'art. 6, comma 3, del D.I. n. 83473/2014 - potranno essere utilizzate anche per completare la decretazione per i periodi di competenza dell'anno 2014, in relazione agli accordi stipulati fino a tutto il 3 agosto 2014, nel limite delle risorse disponibili. Regione (a) Ripartizione risorse (b) Limite del 5% Abruzzo 15.341.257 767.063 Basilicata 5.195.003 259.750 Calabria 22.204.459 1.110.223 Campania 31.146.013 1.557.301 Emilia Romagna 38.582.722 1.929.136 Friuli Venezia Giulia 7.450.548 372.527 Lazio 42.392.310 2.119.615 Liguria 13.842.380 692.119 Lombardia 88.420.552 4.421.028 Marche 14.704.098 735.205 Molise 3.439.472 171.974 Piemonte 37.477.687 1.873.884 Puglia 43.390.814 2.169.541 Sardegna 21.641.344 1.082.067 Sicilia 24.634.638 1.231.732 Toscana 33.227.735 1.661.387 Umbria 9.202.200 460.110 Valle D'Aosta 754.269 37.713 Veneto 44.546.558 2.227.328 P.A. Bolzano 2.458.464 122.923 P.A. Trento 2.947.478 147.374 Totale 503.000.000 21.150.000
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