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ITALIAONLINE
Rassegna Stampa del 27/09/2013
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INDICE
ITALIAONLINE
27/09/2013 Brand News Today
Italiaonline e Blomming.com si alleano nel Social E-commerce
6
27/09/2013 DailyMedia
E' partita la nuova creatività multimediale di CheBanca! Firma DLV BBDO
7
27/09/2013 DailyNet
CheBanca! punta sul web per la nuova adv
8
27/09/2013 DailyNet
italiaonline e Blomming.com insieme per il social ecommerce
9
27/09/2013 Pubblicita Today
e-commerce, inteSa tra italiaonline e blomming.com
10
27/09/2013 Pubblico Today
Al via la partnership fra Italiaonline e Blomming per incrementare l'e-commerce
11
SCENARIO TLC
27/09/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Silicio, robot, internet Le stanze del futuro
13
27/09/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Telecom, mossa del governo per fermare gli spagnoli: più poteri con un decreto
15
27/09/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Bernabè vuole l'aumento di capitale Ma servono i voti
17
27/09/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Chiami un dottore? Ti risponde sul web
19
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Telecom, governo all'offensiva
20
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Vegas: ritocchi solo entro il 31 dicembre
22
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Spunta la modifica della legge sull'Opa: soglia più bassa
23
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Verso la conta al board, rebus sul voto di Tarak
24
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Bernabè pronto a dare battaglia in cda
26
27/09/2013 Il Sole 24 Ore
Agenda digitale, ritardi da 1 miliardo
28
27/09/2013 La Repubblica - Nazionale
Corsa a blindare Telecom, il Tesoro frena sull'Opa
29
27/09/2013 La Repubblica - Nazionale
Alierta vola da Dilma Rousseff per risolvere il rebus brasiliano
30
27/09/2013 La Repubblica - Nazionale
Intesa bipartisan sull'Offerta pubblica di acquisto ma Saccomanni dice no: sarebbe
protezionismo
31
27/09/2013 La Stampa - Nazionale
Telecom, scudo del governo sulla rete
33
27/09/2013 La Stampa - Nazionale
La Cassa Depositi pensa al blitz "Pronti a investire nella rete"
35
27/09/2013 Il Messaggero - Nazionale
Opa, il Tesoro pensa di ridurre la soglia
36
26/09/2013 Il Giornale - Nazionale
Un'occasione da non perdere
38
26/09/2013 Il Giornale - Nazionale
L'onda lunga delle imprese digitali
40
27/09/2013 Il Giornale - Nazionale
Telecom, si studia una nuova legge sull'Opa
42
27/09/2013 QN - Il Giorno - Nazionale
Il papà del cellulare: non sono pentito
43
27/09/2013 ItaliaOggi
Si punta a golden share
44
27/09/2013 MF - Nazionale
Il governo assedia Telefonica
45
27/09/2013 MF - Nazionale
Zanardi nominato presidente di Fondazione Vodafone Italia
47
27/09/2013 MF - Nazionale
La nuova golden share sarà così
48
27/09/2013 Il Mondo
E ADESSO TELECOM PRO
49
27/09/2013 Il Mondo
Sarebbe meglio metterci dei soldi
52
27/09/2013 Il Mondo
Arriva un'eurorivoluzione?
53
27/09/2013 Il Mondo
Il digital marketing rende almeno l'8%
55
27/09/2013 Il Mondo
Windows anche su iPad
56
27/09/2013 L'Espresso
Sfidiamo Telefonica
57
27/09/2013 L'Espresso
smartphone sì, ma democratico
58
27/09/2013 Corriere della Sera - Sette
Così Sky è diventato il primo operatore tv
60
27/09/2013 Corriere della Sera - Sette
«Nel citizen journalism c'è l'Italia dei campanili»
63
27/09/2013 Internazionale
Telecom Spagna
66
ITALIAONLINE
6 articoli
27/09/2013
Brand News Today
Pag. 10
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ITALIA E- CCOMERCE
Italiaonline e Blomming.com si alleano nel Social E-commerce
Italiaonline e Blomming.com danno il via a un accordo di collaborazione sul fronte dell'e-commerce.
Italiaonline darà visibilità e supporto a Blomming, la piattaforma di social e-commerce che consente a
chiunque di aprire gratuitamente un negozio online e di vendere facilmente attraverso il proprio sito, blog, o
pagina Facebook creazioni handmade e qualsiasi altro articolo. Per inaugurare la collaborazione, una
selezione dei prodotti e delle offerte Blomming più accattivanti del momento troverà spazio all'interno del
portale verticale DiLei.it, rivolto al mondo femminile. L'accordo permetterà a Italiaonline di arricchirsi di una
vetrina di social ecommerce e a Blomming di raggiungere l'audience di Libero.it sfruttando la selezione di
contenuti offerta ai lettori di DiLei.it. Gli utenti di Libero possono iscriversi a Blomming utilizzando le stesse
credenziali della propria casella di posta.
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
6
27/09/2013
DailyMedia
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
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Adv
E' partita la nuova creatività multimediale di CheBanca! Firma DLV BBDO
Adv E' partita la nuova creatività multimediale di CheBanca! Firma DLV BBDO a pag. 6 CheBanca! torna in
comunicazione con il Conto Corrente zero spese, il conto gratuito per chi sceglie di operare online, con una
promozione che offre in regalo un Nokia Lumia 520. Chi apre il Conto Corrente entro il 30 novembre 2013 e
accredita lo stipendio o la pensione entro il 31 gennaio 2014, potrà infatti ricevere uno smartphone Nokia
Lumia 520 di colore giallo. E sarà proprio l'allegria, la solarità e la leggerezza del colore giallo il tratto
distintivo dell'intera campagna firmata DLV BBDO. Una visione positiva della vita riassunta dal claim "Tira
fuori il giallo che c'è in te": un chiaro invito a tirare fuori la propria positività. Lo spot sarà caratterizzato da
immagini divertenti e di impatto, proposte alternando velocità live e slow-motion, in cui l'elemento principale è
una vernice giallo CheBanca! che cola, invade e colora tutto ciò che incontra. Infine il focus del film si sposta
sul "protagonista" della promozione: lo smartphone Nokia Lumia 520, anch'esso investito da un'ondata di
vernice gialla. Da domenica scorsa il giallo di CheBanca! ha già iniziato ad invadere il web e da martedì 24
settembre anche la stampa. Lo spot e i restanti mezzi di comunicazione saranno on air a partire da
domenica, mentre da ieri lo spot è disponibile in anteprima su Facebook per tutti i fan di CheBanca!. Assoluta
novità, all'interno del piano media CheBanca!, è la presenza di contenuti multimediali su Xbox, la piattaforma
di Microsoft dedicata all'entertainment. La campagna sarà on air in tv fino al 16 novembre su Rai, Mediaset,
La7, digitale terrestre, canali Sky e TV locali in formato 30 e 15 secondi. Su internet, dal 22 settembre al 30
novembre, la pianificazione on line include: formati d'impatto sui principali siti di news tra cui MSN; video
advertising, formati pre-roll sui principali network e Masthead su YouTube; direct response e Real Time
Bidding; presidio dei principali motori di ricerca; spazi sui principali portali generalisti come Yahoo, Tiscali,
Libero, Virgilio e eBay; attività di email marketing e presenza sui circuiti di affiliazione. Nei cinema l'on air è
previsto per tutto il mese di ottobre in formato 30". Su stampa, a ottobre e novembre la pianificazione, a cura
di Havas Media Italia, coinvolge le App per Tablet dei siti di news e uscite in formato pagina sui principali
quotidiani cartacei. Previste infine maxi affissioni nel circuito metropolitane di Milano e Roma. Direttori creativi
esecutivi: Stefania Siani e Federico Pepe. Direttore creativo digital: Emanuele Viora. Vice direttori creativi:
Valentina Amenta e Davide Fiori.
Foto: Un frame dello spot
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
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27/09/2013
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
con dlv bbdo e havas media italia. planning fino al 30 novembre
CheBanca! punta sul web per la nuova adv
previsto l'uso di formati impattanti, video, direct response e real time bidding, search, email marketing e
circuiti di affiliazione 3 torCheBanca! na in comunicazione con il Conto Corrente zero spese , il conto gratuito
per chi sceglie di operare online, con una promozione che offre in regalo un Nokia Lumia 520 , ovviamente
giallo. E sarà proprio l'allegria, la solarità e la leggerezza di questo colore il tratto distintivo dell'intera
campagna firmata Dlv Bbdo . Una visione positiva della vita riassunta dal claim "Tira fuori il giallo che c'è in
te": un chiaro invito a tirare fuori il proprio ottimismo. Lo spot sarà caratterizzato da immagini divertenti e di
impatto, proposte alternando velocità live e slow-motion, in cui l'elemento principale è una vernice giallo
CheBanca! che cola, invade e colora tutto ciò che incontra. Infine il focus del film si sposta sul "protagonista"
della promozione: lo smartphone Nokia Lumia 520, anch'esso investito da un'ondata di vernice gialla. Da
domenica scorsa il giallo di CheBanca! ha già iniziato a invadere il web e da martedì anche la stampa. Lo
spot e i restanti mezzi di comunicazione saranno on air a partire da domenica, mentre da ieri lo spot è
disponibile in anteprima su Facebook per tutti i fan di CheBanca!. Assoluta novità, all'interno del piano media
CheBanca!, è la presenza di contenuti multimediali su Xbox . In internet, dal 22 settembre al 30 novembre, la
pianificazione include formati d'impatto sui principali siti di news tra cui Msn ; video adv, formati pre-roll sui
principali network e masthead su YouTube ; direct response e rtb; presidio dei principali motori di ricerca;
spazi sui principali portali generalisti come Yahoo! , Tiscali , Libero , Virgilio e eBay ; attività di email
marketing e presenza sui circuiti di affiliazione. Inoltre, nei mesi di ottobre e novembre la pianificazione
coinvolge anche le app per tablet dei principali siti di news. Direttori creativi esecutivi: Stefania Siani e
Federico Pepe . Direttore creativo digital: Emanuele Viora . Vice direttori creativi: Valentina Amenta e Davide
Fiori . Art Luca Guarini e Alberto Agabio . Copy: Giovanni Coviello . Planning di Havas Media Italia .
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
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27/09/2013
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
=siglata intesa tra le 2 realtà
italiaonline e Blomming.com insieme per il social ecommerce
i prodotti e le offerte sono adesso disponibili anche sul verticale femminile dilei.it 7 Italiaonline , la nuova
realtà digitale italiana che da febbraio 2013 riunisce tutti i brand e gli asset di Libero e Matrix , e
Blomming.com , piattaforma di social ecommerce, danno il via a un accordo di collaborazione sul fronte
dell'ebiz. Italiaonline darà visibilità e supporto a Blomming, la piattaforma di social ecommerce che consente
a chiunque - individui e aziende - di aprire gratuitamente un negozio online e di vendere facilmente attraverso
il proprio sito, blog, o pagina Facebook creazioni handmade e qualsiasi altro articolo. Per inaugurare la
collaborazione, una selezione dei prodotti e delle offerte Blomming più accattivanti del momento troverà
spazio all'interno del portale femminile DiLei.it . «Fedeli alla nostra mission di fare della rete un elemento
abilitante e propulsore anche per il business delle piccole e medie imprese, sposiamo la filosofia di Blomming
di dare visibilità e opportunità a professionisti, aziende e artigiani per far conoscere e vendere i propri prodotti
online ha commentato Gabriele Mirra , vice president Business Unit Portal di Italiaonline -. La nostra visione
di sviluppo strategico vede proprio nell'ecommerce e nelle sue più svariate declinazioni un pilastro portante
che si affiancherà sempre di più al core business rappresentato dalla pubblicità digitale. Per questo
desideriamo sottolineare che l'annuncio di oggi rappresenta un primo passo nell'alleanza con Blomming e,
più in generale, un ulteriore tassello nell'ampliamento del nostro posizionamento strategico». L'accordo
permetterà a Italiaonline di arricchirsi di una vetrina di social ecommerce e a Blomming di raggiungere
l'audience di Libero.it sfruttando la selezione di contenuti offerta ai lettori di DiLei.it. Gli utenti di Libero
possono iscriversi a Blomming utilizzando le stesse credenziali della propria casella di posta. Chi ha un
account @libero.it può quindi aprire uno shop online con un semplice clic e approfittare di speciali
agevolazioni.
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
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27/09/2013
Pubblicita Today
Pag. 23
e-commerce, inteSa tra italiaonline e blomming.com
La partnership consente di aprire gratuitamente un negozio online e di vendere attraverso il proprio sito, blog
o pagina Facebook pag 26 italiaonline , la nuova realtà digitale italiana che da febbraio 2013 riunisce tutti i
brand e gli asset di libero e matrix , e blomming.com , piattaforma di social e-commerce, danno il via a un
accordo di collaborazione sul fronte dell'ecommerce. Italiaonline darà visibilità e supporto a Blomming, la
piattaforma di social e-commerce che consente a chiunque - individui e aziende - di aprire gratuitamente un
negozio online e di vendere facilmente attraverso il proprio sito, blog, o pagina Facebook creazioni handmade
e qualsiasi altro articolo. Per inaugurare la collaborazione, una selezione dei prodotti e delle offerte Blomming
più accattivanti del momento troverà spazio all'interno del portale verticale dilei.it , rivolto al mondo femminile.
"Fedeli alla nostra mission di fare della rete un elemento abilitante e propulsore anche per il business delle
piccole e medie imprese, sposiamo la filosofia di Blomming di dare visibilità e opportunità a professionisti,
aziende e artigiani per far conoscere e vendere i propri prodotti online - ha commentato gabriele mirra , Vice
President Business Unit Portal di Italiaonline -. La nostra visione di sviluppo strategico vede proprio nell'ecommerce e nelle sue più svariate declinazioni un pilastro portante che si affiancherà sempre di più al core
business rappresentato dalla pubblicità digitale. Per questo desideriamo sottolineare che l'annuncio di oggi
rappresenta un primo passo nell'alleanza con Blomming e, più in generale, un ulteriore tassello
nell'ampliamento del nostro posizionamento strategico". L'accordo permetterà a Italiaonline di arricchirsi di
una vetrina di social e-commerce e a Blomming di raggiungere l'audience di Libero.it sfruttando la selezione
di contenuti offerta ai lettori di DiLei.it. Gli utenti di Libero possono iscriversi a Blomming utilizzando le stesse
credenziali della propria casella di posta. Chi possiede un account @libero.it può quindi aprire uno shop
online con un semplice clic e approfittare di speciali agevolazioni. "L'accordo tra Blomming e Italiaonline è
importante e vantaggioso per entrambi e per il sistema italiano - ha dichiarato matteo cascinari , ad di
Blomming -. Nel nostro Paese solo il 5% delle imprese ha una presenza e-commerce, contro quasi il 30% in
Germania e il 15% come media europea. In Italia, inoltre, l'e-commerce è tipicamente adottato da imprese di
medio-grandi dimensioni. Con questa operazione, invece, Italiaonline e Blomming dotano il sistema delle PMI
e delle micro imprese (artigiani e creativi) di uno strumento facile ed economico per essere presenti
commercialmente online. Da una parte Blomming fornisce a chi utilizza la sua piattaforma uno strumento
semplicissimo e di avanguardia per operare nell'e-commerce. Dall'altra, Italiaonline rappresenta una finestra
di visibilità estremamente potente. La nostra unione può quindi rappresentare un motore di crescita
importante".
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Per le piccole imprese
27/09/2013
Pubblico Today
Pag. 17
Al via la partnership fra Italiaonline e Blomming per incrementare l'ecommerce
Italiaonline e Blomming hanno firmato un accordo di collaborazione sul fronte dell'e-commerce. Italiaonline,
realtà digitale italiana che da febbraio riunisce tutti i brand e gli asset di Libero e Matrix, darà visibilità e
supporto a Blomming.com, la piattaforma che consente a chiunque - individui e aziende - di aprire
gratuitamente un negozio online e di vendere facilmente attraverso il proprio sito, blog o pagina Facebook
creazioni handmade e qualsiasi altro articolo. Per inaugurare la collaborazione, una selezione dei prodotti e
delle offerte Blomming troverà spazio all'interno del portale verticale DiLei.it, rivolto al mondo femminile.
L'accordo permetterà a Italiaonline di arricchirsi di una vetrina di social ecommerce ed a Blomming di
raggiungere l'audience di Libero.it sfruttando la selezione di contenuti offerta ai lettori di DiLei.it.
ITALIAONLINE - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Web
SCENARIO TLC
34 articoli
27/09/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale - italie sicilia
Pag. 4
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Silicio, robot, internet Le stanze del futuro
Si rilancia l'elettronica di consumo Crescono i droni e i microclip sulla Rete
Edoardo Segantini
O gni impresa ruota intorno a una persona. Se questo è vero a qualsiasi latitudine, è tanto più vero in Sicilia,
dove l'individuo è al centro del sistema. Per molti anni Pasquale Pistorio è stato l'uomo simbolo di
StMicroelectronics (St), l'azienda italo-francese leader nei componenti elettronici che, dopo la vendita di
Nokia a Microsoft, resta uno dei pochi baluardi europei nell'high tech.
Carlo Bozotti, nel 2005, è subentrato a Pistorio e ha preso la guida del gruppo, ne ha sviluppato la vocazione
tecnologica e ha valorizzato il ruolo di Catania, dove lavorano 4 mila persone altamente specializzate.
Centro avanzato della Sicilia e del Sud, St fa innovazione e alimenta la collaborazione con i migliori atenei,
dal Politecnico di Torino alla Sant'Anna di Pisa all'Università di Catania. «I prodotti nuovi - dice il responsabile
del sito Francesco Caizzone - rappresentano il 20% del fatturato. Dalla nostra specialità storica, i dispositivi di
potenza, ci siamo allargati ai componenti chiave per l'auto elettrica e gli smartphone».
Nel sito St di Catania si consuma tanta energia elettrica come in una città di 100 mila abitanti; e nelle sue
camere asettiche in cui si lavora in tuta come astronauti e si producono i componenti di silicio per l'elettronica
a 6 e 8 pollici di dimensione, «fette» grandi più o meno come pizze, c'è una pulizia mille volte superiore alle
sale operatorie. Intanto si sperimentano e si usano i nuovi materiali che sostituiranno gradualmente il silicio:
dal nitruro di gallio al carburo di silicio.
Ma torniamo agli individui. Lo sbarco di St nell'elettronica di consumo nasce quando un tecnico, poi promosso
vicepresidente, Benedetto Vigna, si mette a cercare l'applicazione giusta per una tecnologia sviluppata
all'interno e la trova alla Nintendo, per la console Wii, portando così l'azienda nel cuore dei videogame. Dopo
Nintendo arrivano gli smartphone e i tablet. E oggi per Samsung si produce il sensore di pressione che
consente di localizzare l'utente non solo nel punto esatto, ad esempio, del museo che sta visitando, ma
anche di indicare a quale piano si trova.
Il vento della crisi soffia forte anche sulla valle dell'Etna, dove i casi di aziende eccellenti come la Sielte di
Alfio Turrisi (che fa impiantistica per le telecomunicazioni) o la piccola startup Sillogism System di Adamo De
Rinaldis non sono molto numerosi. Tanto più grande è stato perciò il sollievo della città e del sindaco Enzo
Bianco quando, nel luglio scorso, l'azienda ha annunciato un investimento di oltre 200 milioni di euro.
«Catania - dice Carlo Bozotti al Corriere - ha oggi un polo più maturo di semiconduttori a 6 pollici e uno più
moderno a 8. Svilupperemo e amplieremo il secondo e la riorganizzazione contribuirà a ridurre i costi di
produzione. Il sito di Catania produrrà di più e, soprattutto, accrescerà il valore della produzione, perché sulle
«fette» a 8 pollici saranno realizzati prodotti tecnologicamente più avanzati. Questo valore in più ci permetterà
di mantenere l'occupazione. Per St si tratta quindi di un impegno molto significativo, indispensabile a
mantenere la competitività del sito».
Ancora le persone. St è stata il fulcro dello sviluppo di Etna Valley, un distretto produttivo di 90 aziende, che
la crisi ha messo in difficoltà. Pur nei tempi difficili, c'è tuttavia chi va bene. Ad esempio Salvo Raffa,
presidente del distretto e di Meridionale Impianti, un'azienda cresciuta in pochi anni da zero a 120 milioni di
fatturato e a 700 dipendenti.
Raffa è chiamato «professore» perché, dopo aver lasciato gli studi di ingegneria, per un pò ha insegnato. Ma
lui, soprattutto, è bravo a imparare. Infatti ha imparato tutto da St. Ha investito in ricerca, è cresciuto, è
andato all'estero seguendo la scia del grande pesce pilota. Ma nel frattempo ha diversificato, allargandosi ad
altri settori come l'illuminazione high tech e i nuovi pannelli fotovoltaici, e oggi dipende da St solo al 50%.
Se dalla costa orientale ci si sposta a Palermo, si può incontrare invece un altro tipo di imprenditore. Ugo
Parodi Giusino, 31 anni, nel 2010 ha fondato la sua Internet company, sognando di trasferire la Silicon Valley
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
TRA CATANIA E PALERMO
27/09/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale - italie sicilia
Pag. 4
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
sul lungomare di Mondello. Un'idea di business molto chiara: distribuire microclip pubblicitari sulla Rete e, a
richiesta, produrli. Un'esperienza formativa particolare: studi al Dams di Bologna, poi video arte a Barcellona,
infine l'esperienza di video maker. E, in più, una forte determinazione a trovare le risorse finanziarie nel
venture capital.
Tre anni dopo, Mosaicoon fattura tre milioni, ha 40 dipendenti, uffici a Milano, Roma e Londra, realizza un
utile che viene reinvestito, raggiunge 200 milioni di clienti, ha un capitale suddiviso in tre quote uguali, lo
stesso Parodi e i fondi d'investimento Vertis e Atlante (di Intesa Sanpaolo) e riceve premi all'innovazione
come quello del presidente Napolitano.
Apparentemente Salvo e Ugo, imprenditori di due generazioni diverse, non potrebbero essere più lontani. In
realtà si assomigliano. Soprattutto nell'atteggiamento di garbata diffidenza verso il «pubblico». Raffa dice
chiaramente che in Sicilia non sono i sussidi che mancano, ma semmai le buone idee e la capacità di
realizzarle. Parodi la pensa allo stesso modo, tant'è vero che i soldi li ha cercati nella finanza privata.
Naturalmente l'eccellenza esiste anche in ambito pubblico, come dimostra l'attività dell'Università di Catania
nella robotica, in parte collegata a St e in parte autonoma. Il team di Giovanni Muscato - con cui lavorano, tra
gli altri, Luciano Cantelli, Donato Melita, Domenico Longo, Paolo Arena e Luca Patané - realizza i droni e i
«multicotteri» teleguidati per sorvegliare i vulcani (l'Etna è vicino), ma anche gli automi che servono a
bonificare i campi minati (vedi il progetto chiamato «Tiramisù») e partecipa ai più avanzati programmi
internazionali di ricerca con università francesi, inglesi e svedesi.
Scarsa è invece la cooperazione con gli altri centri robotici italiani, a cominciare dall'Istituto di Tecnologia
diretto da Roberto Cingolani e basato a Genova. Muscato lo spiega così: «L'Italia non incentiva i centri di
ricerca a collaborare, lo fa semmai l'Europa, che pone la "multi nazionalità" dei team come condizione per
partecipare ai progetti e accedere ai finanziamenti. Rispetto ad altri Paesi, però - dice il tecnologo - dobbiamo
sopportare il peso della precarietà, che ci impedisce di dare prospettive serie ai nostri collaboratori più bravi».
Si, perché anche nel pubblico, come nel privato, sono le persone che fanno l'impresa.
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Moltiplicatori di lavoro
St Microlectronics con i semiconduttori; Meridionale Impianti con i pannelli fotovoltaici e i giovani di
Mosaicoon con la pubblicità sul web: tre storie che fanno crescere anche l'occupazione
Amicizia È il più nobile e alto sentimento che in Sicilia si traduce in profondo ed eterno legame di solidarietà e
rispetto. È sentimento prevalentemente maschile, che per la sua intensa forza si espande e si trasferisce in
linea orizzontale e in progressione geometrica agli amici degli amici. In verticale ai discendenti diretti e pure ai
collaterali, fino a formare famiglie e cosche. Che sono consorterie di grande rilevanza sociale ed economica.
Per amicizia si può e si deve fare tutto in Sicilia. Quando tra uomini si parla dell'amico ciràsa, è chiaro a tutti
che si allude a persona che è bene
non nominare. Ma di cui sono chiari, evidenti, cognome e nome.
Foto: Sotto l'Etna Sopra, alcuni membri del laboratorio di robotica della facoltà di Ingegneria di Catania. A
lato, Salvo Raffa, presidente del distretto Etna Valley e di Meridionale Impianti. Più a sinistra, il reparto
saldatura dell'azienda (foto Antonio Parrinello) Eccellenze A sinistra, in alto, Francesco Caizzone, direttore
del sito di Catania di StMicroelectronics (foto Parrinello). Sotto, Ugo Parodi Giusino (primo a destra) con il
team della palermitana Mosaicoon (foto Palazzotto).
27/09/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Telecom, mossa del governo per fermare gli spagnoli: più poteri con un
decreto
Roberto Bagnoli
Telecom: il governo vuole rendere più difficile la corsa degli spagnoli di Telefonica verso il controllo della
compagnia italiana considerata un asset strategico per lo Stato. L'esecutivo vuole cambiare anche la
normativa sull'Offerta pubblica di acquisto (Opa).
Alitalia: stop all'offerta di Air France-Klm. Il cda ha deliberato un aumento di capitale da 100 milioni senza
l'approvazione dell'azionista principale, Air France-Klm (25%).
Iva: pronto un decreto per rinviare di altri tre mesi l'aumento al 22%.
A PAGINA 12 Marro
ALLE PAGINE 32 E 33 Baccaro, R. Bagnoli, Sideri
ROMA - Per rendere più difficile e più costosa la corsa degli spagnoli di Telefonica verso il controllo di
Telecom Italia scende in campo il governo. L'intenzione è di varare al più presto il regolamento per la golden
power estendendolo anche alla telefonia, in modo da creare le condizioni giuridiche per lo scorporo della rete.
Nelle more della riunione del consiglio dei ministri, in bilico oggi visto il clima politico bollente, il regolamento
potrebbe essere licenziato con un Decreto del presidente del consiglio (un Dpcm), dribblando così un
passaggio collegiale necessario per altre ipotesi. L'esecutivo sta pensando anche di cambiare l'attuale
normativa sull'offerta pubblica di acquisto (Opa) lasciando agli statuti delle singole aziende la facoltà di fissare
una soglia inferiore al 30% per far scattare l'obbligo dell'Opa o comunque ogni volta che si verifica un effettivo
«change of control» della società.
La bozza sulla golden power circolava già ieri pomeriggio ed è sostanzialmente la fotocopia di quella già
prevista dal governo Monti ora rafforzata anche per il settore telefonico che viene definito «asset strategico
del Paese». In particolare vengono citate le reti e gli «impianti utilizzati per l'accesso agli utenti finali rientranti
negli obblighi del servizio universale». Un settore sensibile dunque anche per il direttore del Dis (Dipartimento
per le informazioni di sicurezza) Giampiero Massolo che ieri ha condiviso l'allarme lanciato dal Copasir
(comitato parlamentare sui servizi) sulla sicurezza derivanti dall'affare Telecom. Nel dossier dei servizi si
sostiene che «per attuare i controlli necessari alla sicurezza del Paese è molto più agevole interfacciarsi con
strutture nazionali».
La partita dunque si complica. In merito alla modifica della legge sull'Opa, idea avanzata dal senatore Pd
Massimo Mucchetti (e che ieri ha rilanciato annunciando un atto di indirizzo del Senato per difendere gli
azionisti di minoranza), è stato il sottosegretario al Tesoro Alberto Giorgetti - in audizione al Senato al posto
del ministro Fabrizio Saccomanni - a spiegare che Palazzo Chigi sta studiando il dossier precisando che vede
più probabile la definizione di una soglia più bassa del 30% e «non desiderabile quella di fatto».
Giuseppe Vegas, presidente della Consob, in Senato ha sostenuto che al momento non «esistono le
condizioni per cui Telefonica debba lanciare un'Opa». Ma, facendo un paragone con l'attuale normativa
europea, ha spiegato che ci sono 4 Paesi (tra cui la Spagna) che derogano dalla soglia fissa del 30%. In
particolare la legge spagnola prevede l'obbligo di Opa quando la nuova governance (anche inferiore al 30%
del capitale) dimostra il controllo di fatto nominando la maggioranza degli amministratori nei 24 mesi
successivi. Naturalmente Vegas ha anche detto che un'eventuale modifica della attuale legge sull'Opa non
deve essere retroattiva. Un rischio che, ha detto Vegas, non viene corso se la nuova legge viene fatta prima
del 31 dicembre cioè quando scatta per Telefonica la possibilità di acquistare per cassa tutte le azioni dei soci
italiani in Telco. Vegas ha ricordato che nella prima bozza del Testo unico elaborata nel 1997 dall'allora
direttore generale del Tesoro Mario Draghi era previsto l'abbassamento della soglia fino al 15% per far
scattare l'Opa.
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Intervento anche sulle Opa. Manovra sull'Iva
27/09/2013
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Gli azionisti di Telco % del capitale votante 20 set 21 set 23 set 24 set 26 set Il confronto D'ARCO Telefonica
66% Generali 19,32% Mediobanca 7,34% Intesa Sanpaolo 7,34% Telefonica 46,2% Generali 30,6%
Mediobanca 11,6% Intesa Sanpaolo 11,6% Prima Dopo 11 miliardi 51 miliardi 24 22 I Paesi in cui lavora il
gruppo 130 mila 54 mila I dipendenti 28,5 miliardi 13,7 miliardi I ricavi consolidati nei primi sei mesi del 2013
28,8 miliardi I debiti a fine giugno 49,7 miliardi Le capitalizzazioni di Borsa L'andamento del titolo nell'ultima
settimana 0,59€ +4,11%
La parola
Opa
''Per offerta pubblica di acquisto (Opa) s'intende l'offerta finalizzata all'acquisto di azioni sul mercato.
Nell'ordinamento italiano le Opa sono disciplinate dal Testo Unico della Finanza e dalle norme in materia di
emittenti contenute nel regolamento Consob. I soggetti coinvolti sono l'emittente (la società-target
dell'operazione), l'offerente ed eventuali intermediari. Si possono dividere in « ostili» e «consensuali», a
seconda che il board della società «scalata» si opponga o meno all'operazione
27/09/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 32
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Bernabè vuole l'aumento di capitale Ma servono i voti
Massimo Sideri
1999-2013. Allora su Telecom Italia incombeva l'Opa di Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti e al governo
c'era Massimo D'Alema. Oggi non c'è nessuna Opa in circolazione (per ora), Telefonica è già salita in Telco
al 66% e a Palazzo Chigi c'è Enrico Letta. Il quadro è totalmente diverso. Ma, per molti versi, il copione
sembra lo stesso di 14 anni fa. Oggi come allora la contromossa del presidente di Telecom Franco Bernabè che nel '99 era amministratore delegato - potrebbe essere quella di chiamare a difesa un aumento di capitale.
E non finisce qui: anche allora si discusse della possibilità di modificare alcune regole dello statuto della
società come oggi si sta ragionando sull'introduzione di una soglia da Opa «ad aziendam». Andiamo per
ordine: dopo la famosa assemblea andata deserta del 10 aprile del '99, quella in cui il governo non esercitò la
Golden share (altro tema che ritorna in questi giorni), tramontata ormai la possibilità di un'Opa su Tim per
rendere troppo onerosa quella di Olivetti, Bernabé puntò su un aumento di capitale per fondersi con Deutsche
Telekom. Il progetto considerato politicamente inaccettabile (Telecom Italia era stata privatizzata solo nel '97
mentre il gruppo tedesco era ancora dello Stato) sfumò.
Ora l'ipotesi di un aumento potrebbe riproporsi al consiglio del 3 ottobre. «Se Bernabè proponesse l'aumento
noi lo appoggeremmo» ha detto ieri Massimo Egidi, consigliere indipendente Telecom. «Come indipendenti
rispecchiamo quello che i fondi e i piccoli azionisti chiedono. Facciamo gli interessi di circa l'80% del capitale
che è mal rappresentato, prendiamo una posizione di difesa degli azionisti di minoranza e di Telecom stessa»
ha aggiunto Egidi ricalcando quanto espresso dall'altro consigliere indipendente, Luigi Zingales, il giorno
prima.
Oggi non ci sono i tedeschi ma potrebbero esserci i cinesi di H3g, l'imprenditore egiziano Naguib Sawiris o,
anche, gli americani di At&t. L'affaire Telecom potrebbe così trasformarsi in una guerra di aumenti di capitale:
asincroni e in concorrenza.
Certo, per funzionare, dovrebbe essere un aumento molto pesante: da oltre 3 miliardi di euro. Questo perché
con Telefonica già salita con il proprio aumento al 66% di Telco, la cassaforte che detiene il 22,4% di
Telecom, la cifra dovrebbe essere tale da diluire la quota spagnola e superarla parallelamente con quella del
nuovo nocciolo duro. Ma non basta. L'aumento di capitale dovrebbe essere accettato e votato in sede di
assemblea straordinaria dei soci.
Potendo gli spagnoli contare sul «no» per definizione di almeno il 22,4% bisognerebbe riunire non poche
azioni parcellizzate. Dopo Telco nel capitale Telecom c'è la famiglia Fossati con il 4,99%, Ubs con un
pacchetto del 2%, alcuni fondi con quote inferiori al 2% e una miriade di piccoli investitori. Ma come ricorda
Franco Lombardi dell'Asati, l'associazione che riunisce i piccoli azionisti Telecom «dopo il consiglio dove
secondo i miei calcoli l'aumento di capitale potrebbe anche avere la maggioranza bisognerà passare
dall'assemblea dove negli ultimi anni in media si è presentato il 50,8% del capitale. Questo perché 400 mila
azionisti sono piccolissimi e di questi l'Asati rappresenta solo l'1%». Il punto è che per l'aumento è necessario
il voto positivo di almeno i due terzi del capitale, dunque anche con la presenza del 50% degli azionisti la
partita si arenerebbe. Esattamente come avvenne, per continuare a cercare dei parallelismi, con l'assemblea
del 10 aprile che si tenne a Torino, dove allora aveva la sede legale Telecom dai tempi della vecchia Sip (che
infatti voleva dire Società idroelettrica piemontese): Bernabè al tempo aveva sperato di riunire almeno il 30%,
soglia sotto la quale non si poteva deliberare il nuovo piano. Ma l'azionariato parcellizzato da public company
non permise di raggiungere la quota. «Per questo - conclude Lombardi - stiamo chiedendo anche di favorire e
semplificare la raccolta delle deleghe. Oggi bisogna andare almeno due volte in banca e in alcuni istituti
bisogna anche pagare».
Altra exit strategy potrà essere quella dell'Opa «ad aziendam». Come ha annunciato il sottosegretario al
Tesoro, Alberto Giorgetti, nel corso di un'audizione in Senato sulla vicenda Telecom «le società potrebbero
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Riassetto Consiglio giovedì
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essere autorizzate a definire in via statutaria una soglia inferiore a quella stabilita per legge». Ma anche
quella delle modifiche statutarie al tempo non portò fortuna all'azienda.
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27/09/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Chiami un dottore? Ti risponde sul web
La sanità Usa costa molto E certe malattie vengono curate solo via internet
Massimo Gaggi
I n uno studio medico uno specialista aggiorna le terapie d'un gruppo di diabetici, in un'altra parte
dell'ambulatorio è in corso la visita collettiva di un gruppo di pazienti affetti da cirrosi epatica. Un'altra sezione
è riservata a chi soffre di alcune patologie del sistema immunitario, Hiv compreso. Da un po' di tempo
l'ospedale della University of California di San Diego ha cominciato a combattere i costi crescenti della sanità
e una relativa scarsità di medici con uno strumento apparentemente estremo: le visite di gruppo. Un
esperimento che presenta molti problemi, a partire da quelli di tutela della privacy (i malati firmano un
impegno a non parlare in giro dei casi degli altri pazienti visitati con loro) ma che, dicono gli esperti, sta
funzionando. E che già viene imitato nei centri medici di altri Stati, dal North Carolina all'Ohio, passando per il
Massachusetts.
La sanità Usa, si sa, ha costi molto più elevati di quella europea. E Obamacare, la riforma del presidente
Obama che i repubblicani stanno disperatamente tentando di bloccare prima che vada pienamente a regime,
la prossima settimana, nel migliore dei casi offrirà risposte molto parziali a questi problemi. Alcuni sono
strutturali, come l'alto costo della laurea in medicina: i dottori non sono molti e devono farsi pagare parecchio,
perché quasi sempre hanno un pesante debito universitario da ripagare. Molti cittadini hanno così cominciato
a provare a curarsi da soli via Internet, utilizzando le apposite applicazioni o siti, come Isabel, che forniscono
ipotesi di diagnosi sulla base dei sintomi che vengono descritti. Molto rischioso, ma i medici hanno capito che
il web può servire anche a loro - visite molto più rapide - se i pazienti arrivano avendo già compilato i
questionari elettronici.
L'altro strumento che viene usato sempre più spesso è quello delle visite a distanza: un medico che va a
trovare un paziente che non può uscire da casa, presenta senza problemi un conto di quattro-cinquecento
dollari. Che si riducono a 85 se la visita viene fatta via computer, con l'assistenza video di una webcam e,
magari, anche di un iPhone col quale si trasmettono immagini di una gola arrossata, di un gonfiore, di uno
sfogo cutaneo. Funziona solo per certe malattie, è ovvio: un cardiopatico in attesa di chirurgia a cuore aperto
difficilmente può essere trattato a distanza. Ma nel caso di molte patologie croniche, che richiedono controlli
periodici e semplici correzioni della terapia, può funzionare. Col rapido aumento di queste patologie e
l'invecchiamento della popolazione, che fa salire esponenzialmente la domanda d'assistenza sanitaria, è più
che probabile che queste forme di medicina collettiva e a distanza continuino a diffondersi. Negli Stati Uniti,
ma anche nei Paesi europei che, pur con sistemi sanitari più bilanciati, devono affrontare sfide analoghe.
Avendo, oltretutto, popolazioni mediamente più anziane di quella americana.
@massimogaggi
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Visti da lontano
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
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Telecom, governo all'offensiva
Per lo stop a Telefonica anche una «doppia soglia» anti-scalate
Carmine Fotina
Governo in controffensiva su Telefonica-Telecom, con l'accelerazione sui "golden power" sulla rete. Durante
un'audizione Consob in Senato, è emersa intanto l'ipotesi di modificare la legge sull'Opa, consentendo alle
società quotate do fissare soglie «protettive».
Servizi e analisi u pagine 10 e 11
ROMA
La nuova "golden share", o più esattamente "golden power", potrà essere esercitata anche sulla rete
telefonica. Il governo tenta il blitz e la novità è che alla fine potrebbe scegliere di usare un regolamento che
aggiorna il Dpcm (già vigente) in cui si elencano gli asset strategici per difesa e sicurezza nazionale: nel
nuovo testo, a quanto risulta, sarebbe stato inserito proprio un riferimento al network di telecomunicazione. Il
regolamento in questione attenderebbe solo il parere del Consiglio di Stato, atteso a ore, e avrebbe una
corsia più veloce rispetto al decreto del presidente della Repubblica (Dpr) su energia, trasporti e
comunicazioni di cui ieri è circolata una bozza. Quest'ultimo provvedimento dovrebbe comunque andare al
primo consiglio dei ministri (non è ancora certa la convocazione per oggi visto l'incontro in programma tra
Letta e Napolitano) e ad ogni modo viene considerato un'opzione B perché richiederebbe tempi più lunghi per
il varo definitivo.
Primo intervento
Il regolamento sulla sicurezza nazionale, come detto, verrebbe integrato con il riferimento al network tlc,
anche in virtù delle relazioni fornite due giorni fa dal Copasir e ieri dal Dis (Dipartimento informazioni
sicurezza). Rete blindata, dunque, anche se l'impressione è che si è solo alle schermaglie iniziali.
Nel frattempo il governo ha intenzione di sondare bene le intenzioni di Telefonica e di capire se davvero la
contromossa delineata da Bernabè, l'aumento di capitale, non abbia chance di coagulare in assemblea
Telecom una maggioranza alternativa a quella Telco. Non è un mistero, del resto, che anche su questo punto
si siano concentrati i colloqui del presidente esecutivo di Telecom Italia con il ministro dello Sviluppo Flavio
Zanonato.
Le prossime mosse
Se tutti gli scenari tenuti sotto osservazione dovessero volgere al brutto - si ragiona in ambienti di governo resta sempre aperta, per quanto in salita, la strada di un intervento normativo volto a separare la rete dai
servizi e fissare una governance in cui il possibile azionista pubblico, Cassa depositi e prestiti, abbia una forte
voce in capitolo. La prima esigenza comunque in questa fase è incontrare i vertici del gruppo spagnolo e un
lavoro diplomatico è stato avviato da Antonio Catricalà. Il viceministro allo Sviluppo economico - dopo aver
"accompagnato" all'ok della Conferenza unificata il decreto scavi, primo risultato importante dell'Agenda
digitale - ha incontrato il presidente della Camera di commercio spagnola in Italia Félix Bonmatí al quale ha
spiegato che il governo si attende da parte del numero di uno di Telefonica Cesar Alierta la richiesta di un
incontro con il premier.
Il Dpr
Come detto, il testo relativo alla golden power su energia, trasporti e comunicazioni procederà comunque,
ma non dovrebbe essere questa l'"arma" da usare (eventualmente) nel caso Telecom-Telefonica. La sua
emanazione, arrivati a questo punto, è tuttavia ritenuta prioritaria, dopo lunghi mesi di ritardo accumulati
durante il governo Monti per il rimpallo del testo tra gli uffici dell'Economia e dello Sviluppo economico.
Oltretutto, in questo momento, l'Italia è "scoperta": nelle more dell'approvazione definitiva del Dpr non
valgono le vecchie norme che erano state contestate dalla Ue. In sostanza, al momento, non ci sarebbe
alcuno scudo attivabile su settori come le reti elettriche, i gasdotti, i porti, gli aeroporti di interesse nazionale,e
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Sul tavolo del Cdm la riforma della legge sull'Opa e il rafforzamento dei «golden power»
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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la rete ferroviaria di rilevanza trans-europea.
Il testo spiega che le esclusioni previste per le operazioni infragruppo non si applicano in caso di minaccia di
pregiudizio per gli interessi pubblici relativi a sicurezza e funzionamento delle reti. L'articolo 3 entra nel
dettaglio delle tlc. Vengono considerati strategici per l'esercizio dei poteri speciali «le reti e gli impianti
utilizzati per la fornitura dell'accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio
universale». Sono inclusi i collegamenti a uso esclusivo della Rete Interpolizia per Polizia, Carabinieri,
Guardia di Finanza e ministero della Difesa. Ma soprattutto, il Dpr estende lo scudo «alla rete di accesso alla
rete telefonica pubblica in postazione fissa anche nel caso di connessioni stabilite mediante servizi di
accesso disaggregato all'ingrosso, condiviso o Wrl, in rame e fibra».
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Le quattro attività strategiche nazionali
TELECOMUNICAZIONI La rete tlc
Gli asset strategici sono vari. Comprendono gli apparati per la connettività (fonia, dati e video), la sicurezza,
il controllo alle reti private virtuali, in uso alle Amministrazioni dello Stato competenti in materia di pubblica
sicurezza, soccorso pubblico e difesa nazionale. Compresa anche la rete di accesso alla rete telefonica
pubblica in postazione fissa.
ENERGIA Gas e luce
Sotto controllo la rete nazionale di trasporto del gas naturale, le stazioni di compressione e i centri di
dispacciamento;
le infrastrutture di approvvigionamento di gas da Stati non appartenenti all'Unione europea;
la rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica e relativi impianti di controllo e dispacciamento.
TRASPORTI Ferrovie e porti
Rientrano nella selezione le grandi reti e gli impianti di interesse nazionale destinati tra l'altro a garantire i
principali collegamenti trans-europei. Queste infrastrutture nazionali comprendono:
a)porti di interesse nazionale; b) aeroporti di interesse nazionale; c) rete ferroviaria di rilevanza per le reti
trans-europee.
DIFESA Sistemi di comando
Dalle strutture di comando e controllo ai sistemi tecnologici integrati fino ai complessi sistemi d'arma capaci
di attivare difese preventive del territorio nazionale da attacchi esteri. L'attività strategica del settore Difesa
individuate nel regolamento sono probabilmente le più ampie e comprendono l'intero sistema d'arma e
intelligence nazionale
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 10
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Vegas: ritocchi solo entro il 31 dicembre
Rossella Bocciarelli
ROMA
«C'è una finestra-opportunità di tre mesi, fino al 31 dicembre» per un'eventuale modifica delle norme
sull'Opa contenute nel Testo unico della finanza, in seguito agli sviluppi della vicenda Telecom: solo in questo
arco di tempo, infatti, se intervenisse una nuova disposizione per avvicinare quanto più possibile la soglia che
fa scattare l'offerta pubblica d'acquisto ai livelli di partecipazione che normalmente permettono il controllo
della società, la nuova legge non avrebbe un effetto retroattivo in relazione all'acquisizione prospettata. È
quanto ha spiegato ieri il presidente della Consob Giuseppe Vegas, ascoltato in audizione al Senato sul tema
del passaggio di Telecom agli spagnoli.
A decorrere dal 1° gennaio 2014, infatti, è prevista la concessione di un'opzione call a favore di Telefonica,
che potrà da quel momento acquistare fino al 100% delle azioni con diritto di voto di Telco. A quel punto i
poteri di governance di Telefonica, per ora solo potenziali, diventeranno reali e non sarà più possibile
intervenire sul piano legislativo, ha chiarito Vegas. Infatti, «se si cambiano le regole in corso d'opera, c'è un
rischio reputazionale per il Paese». Tuttavia, Vegas ha precisato che con l'operazione Telefonica-Telecom
«non siamo ancora in corso d'opera». E ha ribadito: «Il Parlamento è sovrano».
Con la normativa attuale, invece, margini per intervenire ipotizzando il controllo di fatto, da parte dell'Autorità
di vigilanza sui mercati, non ve ne sono. «L'attuale normativa italiana - ha detto Vegas - lega l'obbligo di Opa
al superamento del 30% del capitale con diritto di voto, indipendentemente dal fatto che alla partecipazione
acquisita corrisponda una situazione di controllo della società quotata». In pratica, si agisce d'ufficio solo con
il superamento della soglia fissa del 30% e Telco detiene solo il 22,477% di Telecom mentre Telefonica non
possiede direttamente azioni Telecom: dunque la sua partecipazione complessiva in Telecom, anche quando
effettivamente acquisirà il controllo di Telcom, sarà inferiore al 30%.
Alla domanda dei senatori sulla direzione verso cui si potrebbe agire per un'eventuale modifica, Vegas ha
spiegato che «si tratterebbe di diversificare il sistema delle soglie in base alla struttura proprietaria della
società». Si potrebbe prevedere ad esempio una soglia più bassa per le società ad elevata capitalizzazione
(e Telecom con i suoi 11 miliardi di capitalizzazione certamente lo è) e ad azionariato polverizzato, nelle quali
il controllo può essere ottenuto con quote di partecipazione relativamente basse, e lasciare una soglia più
elevata per le altre. Questa, del resto, era stata, durante la gestazione del Tuf, l'ipotesi originaria della
commissione Draghi, con la previsione di due soglie valide per l'Opa, una al 15% e una al 30%.
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LA PAROLA CHIAVE
Opa
Proposta di acquisto irrevocabile di prodotti finanziari rivolta ai possessori. L'offerente può condizionare la
proposta al raggiungimento di una determinata quantità di accettazioni entro un tempo prestabilito. L'offerta è
obbligatoria la partecipazione è superiore al 30%
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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L'ipotesi. Nuovo regime per l'Opa obbligatoria
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
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Spunta la modifica della legge sull'Opa: soglia più bassa
EFFETTO PRIVATIZZAZIONI Si renderebbero disponibili quote di società come Enel, Eni, Finmeccanica,
Snam e Terna: tutte possedute per circa il 30% dallo Stato
Gianni Dragoni
Il Governo sta lavorando a una modifica della legge sull'Opa, l'Offerta pubblica di acquisto. L'obiettivo è
abbassare la soglia, attualmente il 30% del capitale di una società quotata in Borsa, che obbliga chi acquista
una simile partecipazione azionaria a lanciare un'offerta d'acquisto su tutte le azioni (sul 100% della società)
allo stesso prezzo.
L'intenzione di modificare la legge sull'Opa è stata annunciata dal sottosegretario all'Economia Alberto
Giorgetti, in un'audizione alle commissioni riunite Industria e Lavori pubblici del Senato sulla vicenda
Telecom-Telefonica. Oltre che per la sede in cui l'esponente del Governo ha parlato, è evidente che
l'intenzione dell'esecutivo è quella di rendere più costoso al gruppo spagnolo l'acquisto del gruppo Telecom.
«Le società - ha detto Giorgetti - potrebbero essere autorizzate a definire per via statutaria una soglia
inferiore a quella prevista dalla normativa», cioè il 30%, al superamento della quale scatterebbe l'obbligo di
Opa sull'intero capitale.
Ma da una riduzione della soglia dell'Opa potrebbero derivare altre conseguenze. Ad esempio si
renderebbero disponibili per la vendita pacchetti azionari delle grandi società pubbliche quali Eni, Enel,
Finmeccanica, Terna e Snam, possedute dallo Stato con circa il 30% del capitale.
Il caso Telecom
L'ex monopolista dei telefoni italiani ha come socio di controllo la finanziaria Telco, proprietaria solo del
22,47% del capitale ordinario di Telecom. In base a quanto concordato in questi giorni con gli altri soci
finanziari di Telco (Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo), Telefonica acquisirebbe la maggioranza
assoluta della Telco (di cui ora ha il 46,18%) e di conseguenza si troverebbe ad avere il controllo di Telecom.
Con la legge attuale sull'Opa, la legge Draghi del 1998 (il testo unico sulla finanza), Telefonica non avrebbe
quindi alcun obbligo di lanciare un'Opa obbligatoria sulle azioni Telecom possedute dagli altri soci, in tutto
sono 430.000. E così potrebbe prendere il controllo spendendo circa 800-900 milioni di euro, rispetto a un
valore di Borsa ai prezzi attuali di 7,8 miliardi per il 100% di Telecom (il solo capitale ordinario).
Giorgetti non ha indicato a quale livello il Governo intenda abbassare la soglia dell'obbligo di Opa. Il criterio
indicato è una legge che riduca il tetto del 30% e rimandi alle decisioni degli azionisti con la modifica dello
statuto sociale. Perché la riforma si possa applicare al caso Telefonica la soglia dovrebbe essere ridotta
almeno al 22,47% (la quota posseduta da Telco in Telecom).
Effetto sulle privatizzazioni
Benché Giorgetti non vi abbia fatto cenno, la modifica allo studio potrebbe anche liberare pacchetti azionari
di società pubbliche che il Governo, a caccia di risorse con un piano di privatizzazioni tutto da scrivere,
potrebbe vendere senza vedere minacciato il suo controllo. Si tratta di pacchetti pregiati, anche se con le
attuali quotazioni depresse la vendita di quote di Eni, Enel, Finmeccanica e altre società è controversa. Per
l'Eni, ad esempio, che lo Stato controlla al 30% circa (4,34% direttamente e 25,76% attraverso la Cdp), una
riduzione della soglia dell'Opa almeno al 25% consentirebbe al Tesoro di vendere il suo 4,76%, ai prezzi
attuali vale circa 3 miliardi. Nel caso dell'Enel, controllata dal Tesoro con il 31,24%, una soglia Opa al 25%
consentirebbe di vendere un pacchetto del 6,24% che oggi vale 1,7 miliardi. Non è molto. Ma forse nel
governo si guarda anche a questa possibilità.
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Le ipotesi. Doppio livello o libertà negli statuti
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
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Verso la conta al board, rebus sul voto di Tarak
L'AGO DELLA BILANCIA Il voto del finanziere franco-tunisino potrebbe risultare decisivo nell'ipotesi di
scontro tra soci Telco e consiglieri indipendenti
Carlo Festa
Di sicuro il prossimo 3 ottobre, se la data sarà confermata ufficialmente, si preannuncia un consiglio di
amministrazione di Telecom Italia molto teso. Sarà il primo board, dopo il raid di Telefonica per conquistare le
quote azionarie dei soci italiani di Telco.
Al Cda Franco Bernabè, dopo aver apertamente espresso la sua posizione nel corso dell'audizione al
Senato di mercoledì, potrebbe portare un piano alternativo a quello appena concordato dai grandi soci di
Telco e che potrebbe prevedere la cessione delle attività in Brasile.
Franco Bernabè potrebbe quindi proporre un aumento di capitale, un'iniezione di capitali vicina ai 5 miliardi di
euro, da offrire a «vecchi e nuovi soci», in modo da portare in sicurezza Telecom Italia in merito al rischio di
un downgrade delle agenzie di rating e da aggiustare il rapporto tra debito e margine operativo lordo.
Tuttavia Bernabè dovrà trovare il consenso della maggioranza relativa dei consiglieri del board. E qui la
partita sembra ancora tutta da giocare. Il consiglio, che è composto da 14 membri, sembra infatti quasi
equamente suddiviso tra i favorevoli e i più scettici all'aumento di capitale che potrebbe essere proposto da
Bernabè. Con il presidente esecutivo di Telecom Italia potrebbero schierarsi l'amministratore delegato Marco
Patuano e i consiglieri indipendenti Luigi Zingales, Massimo Egidi e Lucia Calvosa. A loro potrebbero unirsi i
voti di Jean Paul Fitoussi, indipedente in quota Telco, e dell'altro consigliere, esperto di telecomunicazioni,
Mauro Sentinelli. In tutto farebbero 7 voti, anche se lo schieramento non sembra ancora costituito in maniera
netta.
Dall'altra parte ci potrebbe essere il fronte contrario con il no dei soci di Telco: il presidente delle Generali
Gabriele Galateri di Genola, il vice-presidente Aldo Micucci, Renato Pagliaro per Mediobanca, Gaetano
Micciché per Intesa Sanpaolo e, infine, Cesar Alierta e Julio Linares a rappresentare Telefonica.
Complessivamente sarebbero sei voti contro la possibile proposta di Bernabè. Resta un voto che potrebbe
fare la differenza oppure creare una situazione di perfetta parità.
È quello dell'imprenditore franco-tunisino Tarak Ben Ammar, che siede nel consiglio da anni come candidato
di Telco e che storicamente è da sempre vicino a Mediobanca. Ben Ammar, fin dai tempi dell'offerta di
Naguib Sawiris, si è sempre posto a favore di una ricapitalizzazione della società e non è da escludere
secondo le indiscrezioni che anche in questo caso si ponga su questa linea, visto anche il legame
abbastanza consolidato con il presidente Franco Bernabè. Se Ben Ammar votasse con Bernabè e gli
indipendenti, questo raggruppamento avrebbe la maggioranza relativa con 8 voti a 6.
Si attende dunque un esito sul fil di lana per il prossimo 3 ottobre? Consci che il consiglio potrebbe essere
rischioso, resta da capire cosa faranno i rappresentanti di Telefonica in questi giorni che li separano dal
board: secondo le indiscrezioni gli spagnoli potrebbero cercare di ottenere consenso, dando rassicurazioni
sullo sviluppo industriale di Telecom Italia con nuovi capitali. E la stessa Telefonica, se dovesse essere
bocciata la strada dell'aumento di capitale, potrebbe proporre la cessione degli asset in Brasile, ma solo a un
prezzo congruo: il più vicino possibile a quella cifra di 10 miliardi ritenuta accettabile anche dai consiglieri di
Telecom più scettici.
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LA PAROLA CHIAVE
Aumento di capitale
L'aumento di capitale è un atto straordinario che si realizza o con la modifica del patrimonio netto (aumento a
pagamento) di una società o con la semplice imputazione di riserve o fondi di bilancio se disponibili (aumento
gratuito). Nel caso di aumento a pagamento con l'emissione di titoli, i soci che non esercitano il diritto di
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In attesa del consiglio
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Il Sole 24 Ore
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opzione a sottoscrivere le nuove azioni diluiscono la propria quota.
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Il Sole 24 Ore
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Bernabè pronto a dare battaglia in cda
Consiglieri indipendenti al fianco del manager per l'aumento di capitale- Telefonica contatta il governo LE
CONTROMOSSE Al board del 3 ottobre è atteso un braccio di ferro con i soci Telco, l'ipotesi di un aumento
di capitale riservato a investitori esteri
Marigia Mangano
Mentre Telefonica avrebbe avuto un primo contatto con il governo, il presidente Franco Bernabè va dritto per
la sua strada e forte dell'appoggio dei consiglieri indipendenti del gruppo tlc, studia le contromosse da
presentare al consiglio di amministrazione del 3 ottobre.
Ieri in una giornata che ha visto le azioni Telecom in forte rialzo (+4%), gli amministratori indipendenti, che
già hanno manifestato la loro contrarietà al riassetto di Telco con la crescita del peso di Telefonica, hanno
fatto sapere che sono pronti ad appoggiare un eventuale aumento di capitale. «Se Bernabè proponesse
l'aumento noi lo appoggeremmo - ha risposto Massimo Egidi, consigliere indipendente a margine di un
convegno - come indipendenti rispecchiamo quello che i fondi e i piccoli azionisti chiedono». Formalmente le
convocazioni con l'ordine del giorno del consiglio del 3 ottobre non sono ancora partite. Ma per convocare il
board basta comunque che le convocazioni partano cinque giorni prima. Se non ci saranno nuovi colpi di
scena, dunque, i consiglieri dovrebbero riceverle domani ( un rinvio del consiglio appare assai improbabile).
«Facciamo gli interessi di circa l'80% del capitale che è mal rappresentato, prendiamo una posizione di difesa
degli azionisti di minoranza e di Telecom stessa» ha aggiunto Egidi, ribadendo quanto già espresso ieri dal
rappresentante in consiglio degli indipendenti Luigi Zingales.
Insomma allo stato attuale c'è già uno schieramento in consiglio pronto a dare il via libera alla
ricapitalizzazione. A conti fatti Bernabè potrebbe dunque contare, in un board di 14 membri, dell'appoggio di
sei consiglieri e sette contro. Il punto - si osserva - è che tutto dipenderà da come il presidente di Telecom
Italia presenterà una eventuale ricapitalizzazione al board. Chiaramente una iniezione nell'ordine di 5 miliardi
aperta a tutti i soci è giudicata sul mercato rischiosa in quanto molto diluitiva. Dunque si tratterebbe di una
soluzione suscettibile di critiche nel corso del board in termini di vantaggi effettivi per Telecom italia. Piuttosto,
si osserva, il quadro cambierebbe se l'operazione, magari di entità ridotta, fosse in gran parte già riservata
all'ingresso di qualche investitore. Come dire, in partenza destinata ad andare a buon fine. E l'attivismo di
Bernabè negli ultimi mesi per cercare alternative al passaggio di Telecom Italia agli spagnoli di Telefonica
non esclude nemmeno questa possibilità. Di contro - si osserva - i rappresenti di Telco sarebbero orientati a
difendere la possibilità di una vendita degli asset in Sud America, Brasile e Argentina, in alternativa alla
ricapitalizzazione. I tempi di una cessione, chiaramente più lunghi, non sarebbero un deterrente, è il
ragionamento che si fa negli ambienti vicini ai soci. Perché un eventuale downgrade di Telecom da parte
delle agenzie di rating sarebbe solo «temporaneo» e destinato a rientrare subito dopo la cessione degli asset.
Le stime parlano infatti di un incasso di almeno 8 miliardi, quanto basta per rafforzare patrimonialmente
Telecom italia e dotarla delle risorse necessarie per investire massicciamente in Italia. Si vedrà. Nell'attesa di
vedere come andrà a finire, ieri il presidente di Telecom è tornato a parlare a margine di un convegno a
Trento, sollevando due temi chiave. Primo che il riassetto di Telco non ferma la normale attività del gruppo,
né in Italia né in America Latina. In secondo luogo la necessità di una modifica della corporate governance
del gruppo tlc per migliorare la tutela dei piccoli azionisti. «La tutela degli azionisti di minoranza Telecom
richiede cambiamenti di statuto, ovvero che i voti in consiglio siano proporzionali ai voti in assemblea», ha
detto. Ma per cambiare la corporate governance è necessario l'appoggio di Telco, che in assemblea ha una
sorta di potere di blocco. Si crea così uno stallo «un pò come per la legge elettorale italiana (il cosiddetto
Porcellum, ndr) dove tutti vogliono cambiarla ma sta bene a tutti quanti perché consente di nominare i
rappresentanti del popolo con i listini bloccati», ha spiegato Bernabè. Intanto è stato cancellato
l'appuntamento di oggi per la seconda parte dell'audizione di Bernabè al Senato. Il presidente era stato
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La battaglia delle tlc LA REAZIONE DEI MERCATI
27/09/2013
Il Sole 24 Ore
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sentito mercoledì e l'audizione avrebbe dovuto appunto continuare in giornata.
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Il Sole 24 Ore
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Agenda digitale, ritardi da 1 miliardo
Andrea Biondi
MILANO
Un ritardo che costa un miliardo al mese: è il conto che il Paese sta pagando per il ritardo nell'adozione
dell'Agenda digitale sul fronte della Pa. Dalla fatturazione elettronica alla sanità digitale, dal cloud computing
all'eProcurement, dai pagamenti elettronici alla conservazione elettronica degli archivi fiscali, sta in questo
numero uno dei risultati dell'italica lentezza, secondo le stime dell'Osservatorio Agenda digitale della School
of Management del Politecnico di Milano, che ieri ha presentato i risultati di un'indagine, alla presenza di
Francesco Caio. Il Commissario per l'attuazione dell'Agenda digitale ha confermato quanto dichiarato qualche
settimana fa («Il Sole 24 Ore» del 6 settembre): «L'azione - ha confermato Caio - si concentrerà su Anagrafe
dei residenti, fatture elettroniche e identità digitale».
Nell'aula De Carli del Politecnico sono risuonati forti i numeri dei ritardi italiani sul fronte degli interventi
concreti per l'Agenda digitale. È stato detto che un'adozione spinta e pervasiva della fatturazione elettronica
verso la Pa potrebbe portare risparmi di 1,1 miliardi l'anno, mentre l'introduzione di soluzioni informatiche nei
processi in Sanità farebbe risparmiare 6,5 miliardi l'anno. Il corretto ricorso a infrastrutture cloud vale invece 1
miliardo in tre anni e lo sviluppo di negoziazioni online attraverso strumenti di eProcurement 5 miliardi ogni
anno, passando dall'attuale 5% di transato online sulla spesa pubblica per beni e servizi al 30 per cento. La
riduzione dei pagamenti con contante potrebbe poi, secondo il Politecnico, far recuperare 5 miliardi dal
sommerso, se si incrementasse la quota di pagamenti elettronici dall'attuale 20% al 30% del totale. Infine ci
sarebbero i vantaggi della conservazione elettronica degli archivi fiscali, in grado di rendere più rapidi i
controlli, con altri 10 miliardi di possibile recupero.
In base a queste stime e considerando solo i benefici più facilmente perseguibili, l'Osservatorio del
Politecnico stima che ogni mese di ritardo nell'attuazione dell'Agenda digitale costi 995 milioni di mancati
risparmi.
Un dato - spiega una nota dall'Osservatorio, promosso nel 2012 con vari altri attori istituzionali e privati e
nato per individuare proposte e progetti per l'Agenda - che dimostra come «l'attuazione dell'Agenda digitale
italiana» rappresenti ormai «una scelta obbligata e improcrastinabile per recuperare competitività e uscire
dalla crisi». Del resto, secondo l'indagine, oltre a essere una leva di efficienza nella pubblica amministrazione,
l'Agenda digitale è anche un'opportunità di crescita per le imprese (ad esempio 6 miliardi di minori costi
nell'ipotesi di aumento dal 5% al 15% della digitalizzazione dei processi commerciali), di nascita di nuove
startup (con un impatto sul Pil dello 0,2% grazie a uno stanziamento di 300 milioni l'anno in fondi seed) e di
risparmio per le famiglie (ad esempio 3 miliardi di euro l'anno, ipotizzando che l'ecommerce B2c passi
dall'attuale 2,6% al 10%).
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Sviluppo. Studio del Politecnico di Milano
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La Repubblica - Ed. nazionale
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Corsa a blindare Telecom, il Tesoro frena sull'Opa
SARA BENNEWITZ
MILANO - Il governo è intenzionato a blindare Telecom grazie alla riforma del golden power. Il ministro
Saccomanni esaminerà la proposta di nuovo regolamento oggi in Cdm. Ieri Alitalia ha votato, con il parere
contrario di Air France, l'aumento di capitale.
SERVIZI DA PAGINA 14 A PAGINA 17 MILANO - Quello che non si è fatto dal maggio 2007, quando
Telefonica entrò in punta di piedi ai piani alti di Telecom Italia, si potrebbe fare in tre mesi pur di difendere la
rete del gruppo e gli interessi degli azionisti di minoranza della società in nome della sicurezza nazionale.
Questa la morale emersa ieri dall'audizione al Senato del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, e dopo
che il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, si è detto pronto a realizzare in tempi brevi la riforma del
golden power.
«C'è tempo fino a dicembre ha detto Vegas al Senato - per un eventuale cambio della normativa Opa e farla
valere sull'operazione Telecom». Bisognerebbe approvare la legge prima del gennaio 2014, ovvero prima
che Telefonica riceva il via libera dalle varie autorità competenti. Resta che l'Italia non farebbe una grande
figura: «Cambiare le regole in corsa comporterebbe un rischio reputazionale per il Paese - ha avvertito Vegas
- ma il prezzo pagato da Telefonicaa 1,1 euro è doppio rispetto alla quotazione attuale». Inoltre, siccome il
«Parlamento è sovrano» il presidente della Consob sarebbe disposto a fare in tempi brevi una riforma della
legge sull'Opa che tenga conto di soglie anche inferiore rispetto al 30%, che oggi è l'unico livello richiesto per
imporre il lancio di un'offerta pubblica. «La soglia è una scelta di carattere legislativo - ha concluso Vegasche dipende anche dalle condizioni del contesto economico». Oggi invece il Consiglio dei Ministri dovrà
esaminare la proposta di regolamento voluta da Saccomanni in merito al golden power, ovvero quel potere di
veto del Tesoro a tutela delle attività sensibili per la sicurezza nazionale, come è il caso della rete Telecom,
un istituto che di fatto supplisce quello della golden share che invece verrebbe meno in ambito europeo. Il
testo del Dpr, che dovrebbe essere discusso dal Consiglio dei ministri, prevede infatti che anche «le reti e gli
impianti utilizzati per la fornitura dell'accesso agli utenti finali nei servizi rientranti negli obblighi del servizio
universale» delle comunicazioni rientrano tra le attività strategiche sottoposte alla "speciale tutela" del
governo. Non sarebbe inoltre prevista alcuna eccezione «in presenza di minaccia di un grave pregiudizio per
gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli
approvvigionamenti». Come a dire che se qualcuno vuole rilevare il controllo di Telecom e quindi della sua
rete, anche se è un'azienda europea illustre come Telefonica, potrà farlo solo alle condizioni concordate
insieme al governo.
Infine anche i 5 consiglieri indipendenti di Telecom sono pronti ad affiancare il presidente Franco Bernabè e
l'ad Marco Patuano contro i 7 rappresentanti del cda in quota Telco. «Se Bernabè proponesse l'aumento noi
lo appoggeremmo - ha detto Massimo Egidi, consigliere indipendente di Telecom- tuteliamo gli interessi di
circa l'80% del capitale che è mal rappresentato, prendiamo una posizione di difesa degli azionisti di
minoranza e di Telecom stessa». Scegliendo la via dell'aumento, o altre soluzioni come l'azzeramento dei
dividendi e la vendita di attività non strategiche come gli immobili e le torri di trasmissione, il cda di Telecom
potrebbe evitare la vendita del Brasile e in questo modo contrastare l'ascesa di Telefonica. Tutte novità che
hanno risollevato il titolo in Borsa (+4,1% a 0,59 euro), gli investitori ieri scommettevano che se gli spagnoli
vogliono rilevare il controllo di Telecom, siano costretti a fare anche un'offerta mercato.
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PER SAPERNE DI PIÙ www.tim.com.br www.telefonica.com
Foto: LA CONSOB Giuseppe Vegas è il presidente dell'autorità che vigila sui mercati TELEFÓNICA S.A.
È una compagnia di telecomunicazioni spagnola fondata nel 1924. Opera principalmente in Spagna e
America latina
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Il Consiglio dei ministri varerà la golden power. Alitalia, no di Air France all'aumento di capitale da 100 milioni
27/09/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 15
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Alierta vola da Dilma Rousseff per risolvere il rebus brasiliano
GIOVANNI PONS
MILANO - Il rapporto di conoscenza tra Cesar Alierta, potente numero uno di Telefonica, e la presidentessa
del Brasile Dilma Rousseff, deve essere molto forte. Molto più forte di quello con i politici italiani se è vero che
all'indomani dell'annuncio del rafforzamento in Telco, Alierta è volato a New York dove ha convinto Dilma a
smentire il proprio ministro delle Comunicazioni. Paulo Bernardo aveva appena dichiarato che se Telefonica
avesse preso il controllo di Tim Brasil oltre che di Vivo avrebbe dovuto dismettere una delle due società entro
un anno. Perdipiù vendendoa un operatore non ancora presente in Brasile in modo da mantenere a quattro il
numero degli operatori presenti in quel paese. Fumo negli occhi di Alierta che già da qualche tempo sta
studiando con i concorrenti Carlos Slim e Oi come spezzettare Tim Brasil e avvantaggiarsene tutti. «La
posizione del ministro Paulo Bernardo non è la posizione ufficiale del governo brasiliano», ha detto Rousseff,
rimettendo la palla al Cade, l'autorità antitrust brasiliana.
Una volta trovata la quadra con le autorità sudamericane Alierta dovrà però tornare in Italia e convincere il
cda di Telecom che quello spezzatino è conveniente anche per l'azienda italiana.
E non sarà così facile poiché i due consiglieri di Telefonica nel cda italiano, cioè Alierta e Julio Linares, non
hanno al momento facoltà di intervenire nelle discussioni che riguardano le attività in conflitto, cioè Tim Brasil
e Telecom Argentina.
Lo potrebbero fare gli altri consiglieri indicati da Telco ma se la proposta di vendita dell'America Latina non
fosse soddisfacente per Telecom i sette consiglieri indipendenti voterebbero contro e probabilmente anche
qualcun altro che si è dissociato in passato. La vendita di Tim Brasil potrebbe dunque slittare oltre aprile 2014
quando un nuovo consiglio di amministrazione, più aderente alla volontà di Telefonica, potrebbe approvare
l'operazione. Ma nel frattempo che succederà? Il presidente Franco Bernabè ha detto in audizione che le
strade per evitare un declassamento del debito per Telecom sono due: o un aumento di capitale o la vendita
delle attività sudamericane. Poiché la seconda non richiede tempi brevi ecco che l'aumento rimane l'unica
strada per dare solidità patrimoniale all'azienda anche se Telefonica non ha alcuna voglia di sottoscriverlo
visto che andrebbe ad aumentare la propria esposizione debitoria. Ma non farlo significa affossare la
partecipata italiana e andare a pagare molto di più in termini di accesso e rifinanziamento del debito. Tutto
sommato un bel rebus anche per lo scaltro e ben introdotto Alierta.
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Foto: AL VERTICE Cesar Alierta di Telefonica e Dilma Rousseff, presidente del Brasile
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Il caso Incontro a New York. E la presidentessa smentisce il ministro: niente Antitrust per Telefonica
27/09/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
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Intesa bipartisan sull'Offerta pubblica di acquisto ma Saccomanni dice no:
sarebbe protezionismo
Napolitano in campo, vertice con Vegas. Allarme degli 007 sulle banche dati Il Quirinale in allarme per gli
aspetti industriali e per le ricadute sull'occupazione Pd e Pdl tentati di cambiare la legge per costringere
Telefonica ad una Opa da 7,5 mld
LUCA IEZZI
ROMA - Nelle stanze della commissione Industria del Senato si materializza uno degli ultimi casi di volontà
bipartisan all'interno della disastrata maggioranza del governo Letta.
I senatori di Pd e Pdl sono concordi nel chiedere al governo di non lasciare campo libero a Telefonica e
hanno individuato nel cambio della legge sull'Opa l'arma vincente. Se gli spagnoli fossero costretti a lanciare
un'offerta pubblica sulla totalità dei titoli Telecom (che ieri in Borsa valeva 7,5 miliardi), per Alierta e soci
l'attrattiva dell'affare sparirebbe immediatamente. Almeno questa è la convinzione diffusa. «Il tempo ci
sarebbe», spiega Giuseppe Vegas, presidente della Consob, aprendo uno spiraglio decisivo almeno finoa
dicembre. «Il governo sta studiando la possibilità di cambiare la soglia della legge sull'Opa», ammette il
sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti.
Ieri una lettera congiunta a firma di Altero Matteoli e Massimo Mucchetti, è stata recapitata a via XX
settembre per chiedere l'intervento immediato di Fabrizio Saccomanni in commissione. Invito declinato, e non
solo per lo scarso preavviso. Di fronte ai senatori si è presentato Giorgetti con una posizione aperturista che
dà agli esponenti della maggioranza il margine per intervenire, ma che non basta a nascondere la contrarietà
di Saccomanni su un cambio delle regole in corso. Su questo punto la divergenza di vedute è netta. Le
aspettative di Saccomanni si concentrano tutte sul regolamento del "Golden power", vale a dire limitarsi a
imbrigliare il controllo della rete da parte di Telefonica in modo da non poter colpire gli interessi sensibili e le
prerogative sovrane dello Stato. E in questo modo, cioè puntando sul golden power piuttosto che sulla
modifica delle norme sull'Opa, secondo Saccomanni si eviterebbero in campo europeo le accuse di
protezionismo. Ma Mucchetti rilancia e già pensa di coinvolgere il premier Letta: «Stiamo verificando la
possibilità di un atto di indirizzo del Senato, da consegnare al presidente del Consiglio, sui provvedimenti a
tutela del patrimonio produttivo dell'azienda e degli investitori nelle società quotate, che oggi sono tagliati
fuori dai benefici del controllo per la debolezza della normativa sull'Opa». Perché secondo la maggioranza
quella sarebbe la "pallottola d'argento": ieri si discuteva di soluzioni tecniche e di modelli da adottare. Su tutti
proprio quello di una normativa simile a quella spagnola che prevede una doppia soglia: l'Autorità che vigila
sui mercati può imporre l'Opa all'acquirente sia se supera il 30% come in Italia, ma anche qualora una
percentuale minore gli consenta il controllo di fatto (ad esempio potendo nominare più della metà dei
consiglieri di amministrazione). E l'accordo Telefonica-Telco, che si perfezionerà solo nel 2014, potrebbe
ricadere proprio in questa fattispecie. Un argomento decisivo a favore del controllo di fatto lo ha sottolineato
ieri lo stesso presidente della Consob: «Il prezzo (pagato da Telefonica per le quote Telco ndr)è doppio
rispetto alla quotazione attuale. Ognuno è libero di pagare il prezzo che vuole, qui si incorpora un
sovrapprezzo edè razionale pensare che dietro ci potrebbe essere una acquisizione del controllo».
Più che le basi legali per un intervento legislativo, in questa fase conta l'azione politica necessaria per non
lasciare scivolare lontano dall'Italia la testa dell'ex monopolista telefonico. A "rafforzare" gli intenti della
maggioranza c'è anche l'intervento del presidente della Repubblica che ieri ha ricevuto in forma riservata
Vegas prima del suo intervento a palazzo Madama. Il Quirinale sta seguendo con molta attenzione la vicenda
Telecom, come dimostra l'incontro con Bernabè di mercoledì, non solo per le ricadute finanziarie e di politica
industriale, ma anche per gli effetti a livello occupazionale e sociale.
C'è poi il capitolo sicurezza dei dati e gestione della rete: le preoccupazioni del Copasir ieri hanno ricevuto la
conferma delle valutazioni tecniche dei servizi segreti. Il direttore del Dis, Giampiero Massolo, ha consegnato
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Il retroscena
27/09/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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una relazione di due pagine che sottolinea il valore strategico che la rete fissa ha per l'intelligence e le forze
di polizia.
«Un bene indisponibile» secondo il Dis, il cui valore cresce sempre di più: miliardi di dati che riguardano le
imprese private e la pubblica amministrazione sono custoditi nel cloud, cioè nei server della stessa Telecom.
Inoltre, sottolinea il Dis, secondo la legge per la lotta al Cyberterrorismo, tutti gli interventi che le forze di
polizia possono fare per acquisire dati utili alle indagini avvengono proprio attraverso la rete fissa. Lo
straniero proprietario avrebbe le chiavi del canale per raggiungere ogni tipo d'informazione. La vicenda
Telecom ha mostrato tutti i ritardi che la politica ha accumulato sul fronte della politica industriale, della
sicurezza e della tutela dell'interesse nazionale. Così nella ricerca frenetica di una soluzione, l'intervento sulla
legge per l'Opa ha l'indubbio fascino della scorciatoia veloce e efficace. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: IL MINISTRO Fabrizio Saccomanni è a capo del ministero della Economia da aprile
27/09/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Telecom, scudo del governo sulla rete
FRANCESCO SPINI MILANO
Il governo sta preparando uno «scudo» per Telecom. A tutela della rete, quale bene strategico, si avvicina il
via libera al «golden power», che conferisce allo Stato poteri d'intervento senza limiti. Allo studio ci sono
inoltre nuove norme sull'Opa, con una revisione delle soglie. Pressing dell'esecutivo anche sullo scorporo,
che vede la Cassa Depositi e Prestiti «pronta ad investire». Fornovo, Spini e Zatterin ALLE PAG. 8 E 9 E se
Telefonica fosse costretta a lanciare un'Opa su Telecom Italia? Altro che 840 milioni e spiccioli per il 70% di
Telco, che, col 22,4%, consente un sostanziale controllo sul gruppo. Con un'Opa, la campagna italiana di
César Alierta si trasformerebbe nella campagna di Russia di Napoleone, con morti e feriti. Per dire:
toccherebbe spendere oltre 14 miliardi (al prezzo offerto ai soci italiani) o ritirarsi. Scenario remoto. Ma
l'accerchiamento ai «conquistadores» spagnoli procede. Su due fronti. Il primo riguarda la rete, il secondo
passa proprio per nuove regole sull'Opa. Ma andiamo con ordine. La rete. Ieri gli 007 del Dis, il dipartimento
delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, in una relazione, hanno confermato al
Copasir una «ragionevole ipotesi di allarme». Se la rete passasse in mani straniere, ancorché europee,
sarebbero a rischio le conversazioni dei cittadini come quelle riservate della pubblica amministrazione, delle
grandi aziende, della presidenza del Consiglio. Dei servizi segreti, perfino. Il rischio? La perdita della
sovranità del Paese!, assicurano. Quanto basta per premere l'acceleratore della salvaguardia del bene ormai
elevato a «strategico». Così le «reti» e gli «impianti utilizzati per la fornitura dell'accesso agli utenti finali dei
servizi rientranti negli obblighi del servizio universale» compaiono (articolo 3) tra «gli attivi di rilevanza
strategica nel settore delle comunicazioni» secondo la bozza di decreto oggi al vaglio del Consiglio dei
ministri. E a tali servizi verrà applicato il «golden power», eredità della «golden share» che conferisce allo
Stato poteri speciali di intervento, senza limiti in caso di minaccia alla sicurezza come in questo caso. Salva
la rete, bisogna salvare Telecom. Nel corso di un'audizione al Senato, il presidente di Consob, Giuseppe
Vegas, ha detto che l'authority sta valutando il prezzo (caro) con cui Telefonica pagherà gli altri soci di Telco.
Ma spazi per intervenire non ce ne sono. Col controllo del 22,4% attraverso Telco, Telefonica non ha alcun
obbligo d'Opa. Mancano due condizioni: «Che l'operazione comporti l'acquisizione del controllo di Telco da
parte di Telefonica e che Telco detenga più del 30% di Telecom». Sul primo fronte, almeno fino al primo
gennaio 2014, Telefonica non supererà il 50% dei diritti di voto della holding: la cosa accadrà in seguito e
solo se arriverà l'ok dell'antitrust brasiliano, coinvolto per la questione Tim Brasil. Ma pure allora «a meno che
non vengano effettuati altri acquisti» Telefonica con Telco avrà meno del 30% di Telecom. La legge è legge...
finché non si cambia. Certo, ha ammonito Vegas, «c'è un rischio reputazionale per il Paese», sarebbe una
figuraccia in eurovisione cambiare le regole a partita iniziata. Ma con la Spagna alle porte si può fare: c'è
tempo fino a quando «il passaggio di controllo non sia avvenuto», il 31 dicembre. Il governo ci sta pensando.
Lo ha detto il sottosegretario al Tesoro, Alberto Giorgetti. L'idea è quella - modificando il Tuf - di autorizzare le
società «a definire per via statutaria una soglia inferiore» all'attuale 30%, definendo anche una «soglia
minima». Vegas invece preferirebbe «diversificare il sistema di soglie in base alla struttura proprietaria della
società». Più bassa per le società ad alta capitalizzazione. Così, mentre in Spagna cresce l'irritazione di
Telefonica e i giornali scoprono il nazionalismo all'italiana (citando il caso Enel-Endesa), Telecom schizza in
Borsa (col miraggio dell'Opa fa +4,11%) e il presidente Bernabè può sperare. Nel '99 per contrastare l'Opa di
Colaninno si affidò al mercato, proponendo la fusione con Deutsche Telekom. E perse. Ora, col supporto dei
consiglieri indipendenti, proverà a battere Telco sull'aumento di capitale e porrà sul tavolo la questione
governance, frenata dal «potere di blocco» della holding. Per tutto il resto si affiderà alla politica.
La frase
Il sarcasmo di Bernabé
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Le mosse di Cdp
27/09/2013
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Voler cambiare la governance della società è un po' come accade per la legge elettorale: a parole dicono di
volerlo fare, poi non si fa, i listini bloccati vanno bene a tutti
LA SOGLIA DELL'OPA Nelle società quotate chi sale sopra il 30% è tenuto a lanciare un'Opa sull'intero
capitale: un modo per impedire scalate "silenziose" fatte comprando piccoli pacchetti azionari. Nel 1997,
quando fu scritta la regola, l'allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi intravide il difetto di una soglia
rigida e propose un calo al 15% per le grandi società e quelle ad azionariato particolarmente diffuso, per
evitare che una holding o un sistema di scatole cinesi possa controllale con scarso impegno finanziario.
LA RETE ALL'ESTERO Molti paesi esteri hanno imposto alle società telefoniche lo scorporo della rete. In
Gran Bretagna, nel 2005, British Telecom ha dovuto creare una società sussidiaria, Openreach per la
gestione equa della rete. Negli Stati Uniti le autorità hanno imposto separazioni forzate, anche di tipo
societario, agli operatori dominanti. In Svezia la separazione tra gestore telefonico e rete è stata imposta dal
Parlamento nel 2008: è garantita da sistemi informatici diversi e obblighi di auditing, anche se la proprietà è
rimasta al gestore.
27/09/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 9
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La Cassa Depositi pensa al blitz "Pronti a investire nella rete"
Esecutivo in pressing sullo scorporo. Le incognite di Telefonica e il nodo del debito
LUCA FORNOVO TORINO
Lo scorporo della rete Telecom e la discesa in campo della Cassa Depositi e Prestiti - dopo anni di tentativi e
fiumi di inchiostro sui giornali - non sembrano più un miraggio. I poteri speciali (il golden power) che lo Stato
avrà sulla rete Telecom dovrebbero spianare la strada alla separazione di questa infrastruttura strategica e
all'ingresso dalla porta principale della Cassa Depositi e Prestiti. Ieri fonti vicine alla Cdp hanno confermato a
La Stampa la disponibilità dell'ente, guidato da Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini, a investire nella
rete Telecom e a finanziare lo sviluppo della banda larga per portare internet veloce nelle case degli italiani.
La svolta del governo è arrivata, dopo il blitz spagnolo di Telefonica che vuole il controllo della compagnia
telefonica italiana. Il decreto del presidente della Repubblica, che oggi pomeriggio verrà esaminato dal
Consiglio dei ministri, considera la rete Telecom come un asset strategico del Paese sul quale può essere
attivato il golden power. Poteri speciali che potranno servire al governo per convincere Telefonica ad arrivare
a un accordo e a scorporare la rete, un asset che al momento è al 100% di Telecom e che è strategico sia
per motivi di sicurezza nazionale sia per lo sviluppo di internet. Un altro grimaldello nella mani dello Stato per
mettere all'angolo Telefonica è poi la modifica delle regole dell'Opa. Intanto però l'operazione dello scorporo è
tutt'altro che semplice. La Cassa, che è controllata all'80% dal Ministero dell'Economia e al 18,4% dalle
Fondazioni bancarie, è pronta a usare come braccio operativo il fondo strategico, che peraltro ha già investito
200 milioni per il 46,2% delle reti Metroweb (il 61,4% è invece del fondo F2i guidato da Vito Gamberale). Per
entrare nella rete Telecom, il fondo strategico potrebbe seguire come schema il conferimento della
partecipazione in Metroweb e poi investire capitali. Il valore della rete Telecom oscilla, a seconda delle stime
dei consulenti, tra i 9 e i 15 miliardi di euro. Per finanziare lo sviluppo della rete, che ha bisogno di meno rame
e più cavi in fibra ottica per l'internet veloce, la Cdp potrebbe anche collocare obbligazioni sul mercato per i
risparmiatori e usare ovviamente parte dei ricavi del canone telefonico Ma la strada è tutt'altro che in discesa.
Un primo problema da risolvere con gli spagnoli è con quale quota la Cdp potrà entrare nella rete. Di
minoranza o maggioranza? È più semplice la vendita di una partecipazione di minoranza, visto che
Telefonica, sempre che accetti di buon grado a vendere la rete, vorrà mantenere i paletti già fissati dall'ad di
Telecom, Franco Bernabè. E cioè tenere il 51% in modo da poter consolidare nel bilancio la rete che fa da
garanzia al debito di 28 miliardi di euro di Telecom. E non è escluso che Telefonica possa fare ricorso all'Ue
per evitare di vendere quote nella rete. Insomma la situazione è ancora ingarbugliata e la colpa di questi nodi
sta anche del ritardo di 16 mesi della politica per arrivare al decreto oggi in discussione. «C'è da chiedersi per
quale ragione sia il governo Monti sia l'attuale esecutivo - sottolinea Francesco Galietti, fondatore
dell'osservatorio di rischio regolatorio Policy Sonar - abbiano impiegato così tanto a mettere a punto il nuovo
decreto. Ma l'impressione, secondo l'ex consigliere del Tesoro, «è che il governo Letta abbia preferito non
scendere troppo nel dettaglio, su comunicazioni, energia e trasporti. Questo potrebbe forse spiegarsi con i
possibili dossier aperti, in cui un intervento in profondità potrebbe bloccare le negoziazioni».
15
miliardi È il valore più alto stimato dai consulenti finanziari per la rete di Telecom Italia, un asset strategico per
l'Italia
28
miliardi È quanto vale il debito di Telecom, che è garantito dalla rete che il gruppo telefonico ora controlla al
100 per cento
Foto: Il governo è deciso ad intervenire per lo scorporo della rete telefonica, asset strategico per il Paese
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Retroscena
27/09/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
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(diffusione:210842, tiratura:295190)
Opa, il Tesoro pensa di ridurre la soglia
Roberta Amoruso `
Per la Telecom scende in campo il governo. Si pensa a una modifica di legge per ridurre la soglia dell'Opa
obbligatoria. Amoruso a pag. 11 R O M A La legge conta, si sa, e non può essere retroattiva. Ma se è vero
che quella attuale dice che «non c'è obbligo di opa su Telecom per Telefonica», è vero anche che una via
d'uscita c'è. Parola di Giuseppe Vegas, secondo il quale «fino al 31 dicembre si può cambiare la legge
sull'opa» e costringere gli spagnoli di Telefonica a passare per il mercato, se davvero ci tengono a prendere il
controllo di Telecom, seppure indirettamente attraverso la holding Telco. Il messaggio è chiaro, il presidente
della Consob l'ha lanciato ieri in Senato, dicendo anche che ora sta al governo raccoglierlo. Non è certo un
caso, quindi, se subito dopo è stato il sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti, a confermare che il
governo è già al lavoro per modificare la legge sull'opa. E se a questo si aggiunge che nella bozza del Dpr
atteso oggi in Consiglio dei ministri c'è l'estensione dell'ombrello del «golden power» anche alle reti tlc, allora
si capisce bene qual è la strada scelta dall'Italia: una manovra a tenaglia che blindi la rete Telecom e
costringa gli spagnoli a passare dal mercato. Oppure a gettare la spugna, se il prezzo (55 miliardi tra opa
obbligatoria e debito di Telecom) è troppo caro. Piazza Affari ha ovviamente apprezzato: Telecom ha subito
guadagnato il 4,1% a 0,59 euro (mentre i consiglieri indipendenti si dicono pronti a sostenere un aumento di
capitale). E il presidente Franco Bernabè ha rincarato la dose: «La tutela dei soci di minoranza richiede
cambiamenti nello statuto». Ma come modificare la governance senza l'appoggio di Telco? IL CONTROLLO
DI FATTO Insomma, il nodo centrale è il controllo. In base alla legge attuale, perché scatti l'obbligo di opa per
Telefonica, ha spiegato ieri Vegas, «Telco dovrebbe detenere più del 30% di Telecom». Invece detiene solo il
22,4%. Allora è qui che si deve intervenire. Ma non è troppo tardi per cambiare le regole? No, visto che «solo
a partire dal gennaio 2014 Telefonica potrà acquisire il controllo di diritto della società (con il 66% di Telco)»
attraverso l'incremento dei diritti di voto, ha osservato Vegas. Che ha aggiunto: si tratta di trovare il modo per
garantire «certezza agli operatori ma anche quella dinamicità delle regole» in un mondo che cambia
(«quando è stata scritta la legge eravamo in un'altra era geologica»). Certo, cambiare rotta in corsa potrebbe
costare qualcosa in termini di «reputazione del Paese», ha ammesso Vegas; sicché la strada da seguire, ha
chiarito poco dopo Giorgetti, potrebbe essere quella indicata da Mario Draghi (allora direttore generale del
Tesoro) nel 1997: lasciare alle società la decisione di inserire nello statuto i limiti per l'obbligo di opa. In
sostanza, per le aziende a maggiore capitalizzazione e ad azionariato diffuso la soglia potrebbe scendere
anche al 15% ipotizzato da Draghi. L'importante, in ogni caso, è «avvicinare quanto più possibile la soglia
d'opa obbligatoria ai livelli partecipativi che di norma consentono l'esercizio del controllo». Del resto, nel caso
Telefonica-Telecom il controllo di fatto è più che palese. D'altro canto, anche il prezzo pagato da Telefonica
(1,1 euro) per la singola azione depone in quella direzione. Dice Vegas: «E' razionale pensare che dietro il
sovrapprezzo pagato (l'offerta è quasi doppia rispetto alla quotazione di Borsa) vi sia un premio per la
maggioranza». Perché dunque consentire che il controllo di Telecom passi di mano in cambio di poche
centinaia di milioni quando in tutto il mondo, Spagna compresa, Telefonica sarebbe obbligata a lanciare l'opa
totalitaria? Se lo è chiesto nuovamente anche il presidente della Commissione industria del Senato, Massimo
Mucchetti, che ha quindi annunciato: «Stiamo verificando l'ipotesi di un atto di indirizzo del Senato» per la
«tutela del patrimonio produttivo e degli investitori tagliati fuori». Quanto alla stretta del governo sugli asset
strategici, la bozza del decreto in arrivo oggi non lascia dubbi. I limiti imposti dall'Europa ai poteri speciali del
governo «non si applicano» in caso di «minaccia di un grave pregiudizio» per la sicurezza e il funzionamento
delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti».
Il golden p ower difesa ANSA altri ser vizi pubblici traspor ti fonti di energia CHE COS'È? telecomunicazioni
Fonte: dl mar zo 2012, convertito a maggio A QUALI SOCIETÀ SI APPLICA Solo nel caso di acquisizioni da
par te di soggetti originari di Paesi extra-europei Può essere esercitata nel caso di società operanti nei
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Caso Telecom
27/09/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
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seguenti settori: Conferisce allo Stato poteri speciali di inter vento e di veto come azionista delle aziende ad
ex controllo pubblico ormai privatizzate
Foto: Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas
26/09/2013
Il Giornale - Ed. nazionale - dossier emilia-romagna
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(diffusione:192677, tiratura:292798)
Un'occasione da non perdere
All'appuntamento con l'innovazione per favorire lo sviluppo, l'Italia rischia di arrivare in ritardo. «È arrivato il
momento di passare dalla legislazione ai fatti» ha dichiarato Antonio Catricalà. Il punto del viceministro
all'Economia sull'agenda digitale italiana
Renata Gualtieri
Negli ultimi quindici anni, l'Ict ha contribuito alla crescita del Pii europeo per oltre ril 50 per cento. L'Agenda
digitale è uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per superare la crisi globale: la tecnologia è, infatti, un
volano per lo sviluppo del Paese, garante della competitivita del sistema economico. Uno sviluppo che, se
stabile nel tempo, potrà portare alla creazione di più di 200mila posti di lavoro. «Per fare un esempio commenta il viceministro Antonio Catricalà - la mancata dematerializzazione dei rapporti con la pubblica
amministrazione costa alle imprese 15 miliardi. Se saremo in grado di rispondere a questo problema,
otterremo risparmi per le imprese pari a circa il 3 per cento del Pii». La banda larga e i servizi collegati
potrebbero rilanciare il nostro Paese. Ha definito l'Agenda digitale «un'occasione da non perdere». Qual è il
suo valore? «Se si riuscirà a coniugare la dignità politica dell'Agenda digitale con una grande iniziativa
culturale che coinvolga attivamente tutti gli stakeholder allora saremo in grado di definire quello che mi
piacerebbe fosse riconosciuto come "modello digitale italiano", nel quale il pragmatismo si unisce alla
capacità di avere una visione di lungo termine nel solco degli indirizzi europei. Il comparto Ict europeo vale
circa 660 miliardi di euro all'anno: il 5 per cento del Pii europeo. Il settore delle telecomunicazioni italiano vale
il 3,7 per cento del Pii ed è in grado di trainare molti altri settori. In Italia un aumento del 10 per cento nella
penetrazione della banda larga, secondo un recente studio della Banca mondiale, equivarrebbe a 1,2 punti
del Pii». Quali sono i numeri del digitai divide in Italia rispetto agli altri Paesi europei? «Il 37 per cento degli
italiani non ha mai usato internet e solo il 53 per cento usa il web almeno una volta a settimana, un anno fa la
cifra di chi faceva a meno di Inter net era del 39 per cento. Ma il nostro Paese resta comunque ben sopra la
media europea in quanto ad analfabetismo digitale. Il tutto mentre, pur essendo evidente che le competenze
relative al comparto Ict permettono di accedere più facilmente al mercato del lavoro, solo il 38 per cento degli
italiani dichiara di possederle. Anche in questo caso si tratta di un dato ben al di sotto della media europea.
Per la piena digitalizzazione del Paese oltre all'infrastruttura servono servizi affidabili e convenienti. Parlo di
e-commerce e di e-governement». Il mercato unico europeo è una grande aspirazione dalla Commissione
europea, qual è la posizione dell'Italia in merito, e quali i passi necessari per la sua realizzazione? «Sono in
perfetta sintonia con la linea del commissario europeo Neelie Kroes riguardo alla strategia sulla
digitalizzazione di un mercato unico europeo a un'unica velocità. La carenza di infrastrutture deve essere
superata con interventi pubblici e solidi piani nazionali; l'educazione digitale nelle scuole, nelle università,
nella Pa e nelle piccole e medie imprese deve diventare una realtà; Te-commerce deve essere facilitato; gli
investimenti degli operatori devono essere incentivati anche attraverso un quadro regolatorio unitario e
certo». A che punto è il decreto sugli scavi delle minitrincee per la banda larga? «Il decreto scavi ormai quasi
in dirittura d'arrivo, è un testo importante che ci permetterà di accelerare lo sviluppo di reti a banda larga e
ultralarga nel Paese riducendo i tempi e i costi di sviluppo. Un testo che darà ordine, uniformità e certezza di
diritto agli operatori che investono nelle autostrade del futuro e che dovrà essere affiancato da un progetto a
me caro: il catasto del sottosuolo. Si tratta di misure di semplificazione e ottimizzazione coerenti con la
proposta di raccomandazione della Commissione europea in fase di discussione volta ad armonizzare criteri
e metodologie di costo, non discriminanti, delle reti di accesso al fine di promuovere gli investimenti in banda
larga. Un decreto fondamentale sia per il completamento del piano nazionale per la banda larga sia,
soprattutto in vista dei prossimi bandi che il Dipartimento per le comunicazioni sta per emanare, per lo
sviluppo della banda ultralarga da 30 a 100 mbps in Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Sicilia e che dal
2014 interesseranno l'intero Paese, a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020». È favorevole
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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ASSET Antonio Catricalà
26/09/2013
Il Giornale - Ed. nazionale - dossier emilia-romagna
Pag. 54
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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allo scorporo della rete? «La separazione societaria della rete di accesso non ha precedenti in Europa.
L'Italia si appresta a diventare il riferimento europeo relativamente alla forma più avanzata di assetto prò
concorrenziale consentita dalla separazione strutturale dell'operatore storico. Ritengo che lo scorporo
proposto, volontariamente, da Telecom Italia sia utile, sufficiente, non scontato. Vengono garantiti la
neutralità degli input e la parità di accesso in conformità alle direttive europee. La governance della società
dovrà essere tale da non suscitare sospetti di parzialità. Il perimetro dello scorporo sembra adeguato perché
si tratta di uno spin off di tutta la parte che costituisce monopolio naturale di Telecom che inizia dallo stadio di
linea e arriva fino alle abitazioni dei cittadini italiani, ivi compresi i 151 mila armadi stradali, gli 8,8 milioni di
pali e i 33,6 milioni di borchie utente, le antenne, la rete primaria e le reti secondarie di rame, il permutatore di
rame e il permutatore ottico. Quindi una rete sulla quale potranno lavorare 22mila dei 54 mila dipendenti di
Telecom, una rete che ha un suo valore fisico e un valore di avviamento che dipendono in parte anche dalla
regolazione tariffaria».
53% PERCENTUALE DEGLI ITALIANI CHE DICHIARANO DI UTILIZZARE INTERNET ALMENO UNA
VOLTA ALLA SETTIMANA
1100 mbps LA CONNESSIONE A BANDA ULTRALARGA CHE ÌL GOVERNO PREVEDE DI ESTENDERE
ALLE REGIONI DEL SUD DAL 2014
reto scavi ormai, quasi in dirittura d'arrivo, è un testo importante che ci permetterà di accelerare lo
sviluppo di reti a banda larga e ultra
Foto: Antonio Catricalà. viceministro dello Sviluppo economico
26/09/2013
Il Giornale - Ed. nazionale - dossier emilia-romagna
Pag. 57
(diffusione:192677, tiratura:292798)
L'onda lunga delle imprese digitali
L'Italia ha bisogno di essere competitiva e per farlo ha bisogno di digitalizzarsi, di cambiare paradigma. E la
nuova impresa digitale può essere paragonata a una long wave: inedita e di ampia portata culturale. Ne parla
Giorgio Rapari, presidente di Assintel
Renata Gualtieri
Possono diventare il motore innovativo del Paese, sono giovani piccole e piccolissime imprese sorte nell'86
per cento dei casi dopo il 2000, con oltre il 58 per cento di laureati e il 18 di dottorati, con organizzazioni
flessibili. Producono il 3,9 per cento del Pii italiano, pari a 54 miliardi all'anno e crescono nonostante la crisi:
come numero d'imprese (+9,3% nel triennio 2009-2012), come addetti totali (+13,7%) e soprattutto come
previsioni di fatturato 2013 (+68%). Oltre un terzo dei lavoratori è atipico, per scelta. Ma quali sono le criticità
di questo modello? Il costo del lavoro, la burocrazia, l'accesso ai vecchi modelli di credito e, infine, la
reperibilità di competenze nelle aree meno digitali dell'Italia, ovvero il 70-80 per cento del territorio nazionale.
E la fotografia scattata dal primo rapporto di Assinteldigitale sulle nuove imprese del settore. Secondo la
vostra ricerca, quali sono le regioni dove l'economia digitale si sta affermando con più difficoltà? «La
mappatura dell'Italia digitale ci restituisce un Paese a macchia di leopardo. Nessuna provincia del
Mezzogiorno supera il 3 per cento d'imprese digitali presenti sul proprio territorio, i fanalini di coda sono la
parte alta della Puglia, la Campania, il Molise, la Sardegna - con l'esclusione del polo di Cagliari - la parte sud
della Sicilia, il ponente ligure, il grossetano, Sondrio, Rovigo e il nord del Lazio. Il dato più basso relativo ai
digitai worker si registra per la provincia di Benevento. L'occupazione è in costante crescita: a fine 2012
erano oltre 620mila gli addetti digitali. Ma il dato più interessante è che a essi si aggiunge oltre un altro terzo
di professionisti atipici. Sono soprattutto giovani maschi laureati, o addirittura con master e dottorato. Questo
fenomeno è da leggere in chiave positiva: le imprese digitali sono organizzazioni liquide, non strutturate in cui
le modalità di lavoro sono molto flessibili. L'altro lato della medaglia è che le forme contrattuali a oggi esistenti
non riflettono le esigenze del nuovo settore, e i costi dello Stato sul lavoro risultano per loro spropositati e
insostenibili. Punti su cui stiamo lavorando con Assinteldigitale a vari livelli, in primis quello contrattuale e
politico». Come queste imprese innovative possono contribuire all'innalzamento della competitivita del nostro
Paese? E come occorre valorizzarle? «Il digitale è lo strumento indispensabile per aumentare la competitivita
di ogni sistema imprenditoriale contemporaneo. Il contesto è quello della "global networked society", in cui il
paradigma sistemico assume un'importanza mai vista: ogni punto della rete è un nodo interconnesso con una
moltitudine di altri nodi, per cui non ha più senso pensare l'azienda come sistema chiuso e autosufficiente.
Stare sul mercato oggi significa stare sul web e l'onda lunga delle imprese digitali italiane è lo strumento
adatto per diffondere questa cultura nel nostro tessuto imprenditoriale. Spingere l'innovazione laddove manca
una consapevolezza precisa significa però avere alle spalle un sistema politico che ne sostenga le basi. Altra
cosa è la valorizzazione diretta delle imprese digitali: esse devono essere considerate bandiere dell'Italia
migliore verso l'estero. Per fare questo è ancora la politica che deve cominciare a inserirle nei propri piani di
posizionamento strategici». Cosa frena la competitivita delle imprese del comparto? «Quello che è emerso in
modo netto dalla ricerca è che gli imprenditori digitali soffrono per una serie di politiche e regole che non sono
adatte al loro tipo d'impresa e di professionalità. Al primo posto, per l'8O per cento di esse, c'è
l'organizzazione del lavoro: architetture contrattuali lontane dalle loro esigenze, relazioni sindacali vetuste e
ingessate, costo del lavoro non sostenibile. Al secondo posto troviamo le risorse finanziarie e l'accesso al
credito per finanziare l'innovazione. Serve perfezionare una legislazione sul crowdfunding (piattaforme online
che pubblicano progetti innovativi cercando investitori privati, ndr), e un incremento del sistema di seed fund,
piccoli finanziamenti per piccoli progetti altamente innovativi. Infine, mancano competenze tecniche e
manageriali al passo con le loro esigenze, il sistema formativo tradizionale è inadeguato per oltre la metà
delle imprese». @
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Giorgio Rapari
26/09/2013
Il Giornale - Ed. nazionale - dossier emilia-romagna
Pag. 57
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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1900mila
GLI ADDETTI DEL COMPARTO A FINE 2012, IN CRESCITA DI QUASI 7 5 . 0 0 0 UNITÀ, +13,7 PER
CENTO, . RISPETTO ALL'INIZIO DELLA CRISI NEL 2 0 0 9
230mila LE IMPRESE "NATIVE DIGITALI " PRESENTI IN ITALIA, DI CU1173.000 ATTIVE NEI SERVIZI W
E B , MOBILE, SOFTWARE E BIG DATA
27/09/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Telecom, si studia una nuova legge sull'Opa
Per fermare Telefonica sarà abbassata dal 30 al 20% la soglia che rende obbligatoria l'offerta
Fabrizio Ravoni
Roma S'è svejato ! Era l'urlo che lanciava Ricciotto quando apriva gli occhi il Marchese Del Grillo.
L'operazione Telefonica in Telco ha svejato il governo, che ora corre ai ripari con tutte le armi disponibili per
difendere un'infrastruttura strategica e «sensibile» come la rete Telecom. Eppure sono 16 mesi che l'Italia si è
dotata di uno strumento legislativo a difesa dei settori considerati strategici, e solo oggi (forse) il Consiglio dei
ministri dovrebbe discutere (sempre che si svolga) il regolamento applicativo che rende «strategiche» anche
le telecomunicazioni. In Parlamento, il governo - attraverso il sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti annuncia che per frenare l'offensiva degli spagnoli di Telefonica su Telecom è allo studio anche una legge
che farà diminuire la quota di controllo azionario (oggi al 30%) che rende obbligatoria l'Opa sul resto del
capitale. Nel frattempo, è pronto il Dpr (il regolamento) che estende anche alle telecomunicazioni i poteri di
intervento del presidente del Consiglio, nell'ambito della legge 56/2012. Con l'obiettivo, poi, di convincere
Telefonica a scorporare la rete di infrastrutture dalla società-madre. Esiste «una ragionevole ipotesi di
allarme» per la tutela della sicurezza delle infrastrutture critiche, a partire dalle telecomunicazioni. Lo scrive
Giampiero Massolo, direttore del Dis (i servizi segreti), in una informativa inviata al Copasir. Di fronte a rischi
del genere, conseguenti all ' o p e r a z i o n e Telefonica, il governo s'è svejato . Piccolo passo indietro. Con
il passaggio di Telefonica in Telco dal 46 al 70%, e con la prospettiva di arrivare al 100%, l'azienda spagnola
controllerebbe direttamente il 22,4% di Telecom. Ma, visto che in assemblea - di solito non si presenta più del
50% del capitale, quel 22,4% finirebbe per controllare direttamente Telecom. Da qui la mossa di abbassare
dal 30 al 20% la soglia azionaria in cui rendere l'Opa obbligatoria sul resto del capitale (la sola ipotesi ha fatto
salire del 4% le azioni Telecom in Borsa). In tal caso, Telefonica sarebbe obbligata a lanciare un'Opa su
Telecom con un esborso superiore ai 400 milioni versati per salire dal 46 al 70% in Telco. Giuseppe Vegas,
presidente della Consob, ricorda che il Parlamento ha tempo fino al 31 dicembre per legiferare in materia. Ma
non è finita. Per rendere difficile la vita agli spagnoli il governo sta pensando anche di estendere alle tlc i
poteri che la legge riconosce al presidente del Consiglio per difendere i settori che lo Stato considera
«strategici». A tal fine, con 16 mesi di ritardo, arriva al Consiglio dei ministri il regolamento che consente al
premier l'utilizzo dei golden power (versione corretta della golden share ) per bloccare tali operazioni.
Quest'offensiva in difesa dell'italianità è subordinata esclusivamente allo scorporo della rete. Nella sostanza,
il governo sta dicendo a Telefonica: il controllo di Telco rischia di costarti molto caro, in quanto se abbasso la
soglia dell'Opa devi pagare Telecom per intero. Ma se scorpori «spontaneamente» la rete puoi tenerti
Telecom e fare business con le società controllate. Anche perché, l'Antitrust brasiliano ha già fatto sapere agli
spagnoli che deve cedere una delle due reti di cellulari presenti in Brasile, una targata Telefonica e una
targata Tim.
400 È la cifra che Telefonica intende sborsare per salire dal 46 al 70% di Telco e controllare Telecom
Foto: INTERVENTI Giuseppe Vegas (Consob) e il sottosegretario Alberto Giorgetti
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Contromisure Il titolo vola in Borsa (+4%)
27/09/2013
QN - Il Giorno - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:69063, tiratura:107480)
Martin Cooper 40 anni dopo l'invenzione che ci ha cambiato la vita
MILANO SONO passati ormai più di quarant'anni da quel 3 aprile del 1973, quando Martin Cooper fece la
prima chiamata telefonica, stando in mezzo alla strada a Manhattan, col suo primo prototipo di cellulare, il
Dyna-Tac, per gli amici "il Mattone": 1,3 chili di peso per circa 30 centimetri di lunghezza. Cooper, ingegnere
della Motorola, chiamò il suo diretto rivale, Joel Engel, capo della ricerca di At&t nei Bell Labs, che hanno
sede in New Jersey, a meno di 40 miglia di distanza dall'angolo fra la Sixth Avenue e la 53ma Strada in cui si
trovava. Ma quella prima chiamata senza fili ha cambiato la storia della telefonia. Cooper riceverà martedì a
Bologna il Marconi Prize, dalle mani della vice presidente della Commissione Europea, Neelie Kroes,
nell'ambito della prima conferenza internazionale sulla scienza del pensiero creativo, che comincia domenica.
Come le venne in mente di costruire un cellulare? «La prima idea di costruire il Mattone mi venne guardando
Star Trek, dove il Capitano Kirk usava un dispositivo di quel tipo per comunicare. I nostri rivali dei Bell Labs
avevano in mente un'idea diversa: volevano costruire un telefono senza fili da usare in macchina. In
prospettiva, volevano dotare tutte le auto di un telefono. Ma noi avevamo un'idea completamente diversa.
Volevamo dare un telefono in mano a ogni essere umano. Avevamo in testa un futuro in cui chiunque,
appena viene al mondo, riceve il suo numero di telefono, che lo accompagna per tutta la vita». Le sembra
che le sue previsioni si siano avverate? «Certamente l'idea di un cellulare per ogni essere umano è prevalsa
sull'approccio un cellulare per ogni auto. E mi sembra che stiamo avanzando verso il punto in cui tutti, proprio
tutti, cresceranno con un telefonino in mano fin dalla più tenera età e non ne potranno mai fare a meno». C'è
una parte che invece non si è avverata? «Sono molto deluso dalla pessima funzionalità degli apparecchi che
abbiamo. Questi smartphone, con tutte queste app, non mi sembrano per niente smart. Per configurare un
cellulare c'è bisogno di una laurea in ingegneria. La tecnologia migliore non si vede e si organizza da sola,
senza bisogno dell'intervento umano». Quindi, come vede i cellulari del futuro? « In prospettiva, i cellulari
dovrebbero diventare una specie di server personale, che coordina tutti gli altri apparecchi di cui disponiamo
e attraverso il quale comunichiamo con il mondo». Una specie di protesi, di ponte fra gli umani e la
tecnologia... «Esattamente. Li vedo come apparecchi minuscoli, da collocare magari dietro l'orecchio o
addirittura sotto pelle, per metterci in comunicazione con chiunque vogliamo, ai quattro angoli del mondo, e ci
guidino nello spazio e in tutte le nostre attività, dialogando continuamente con il nostro cervello». Ma non le
sembra che gli smartphone ci abbiano già invaso abbastanza la vita? Non si pente mai di averli creati?
«Assolutamente no. Ogni telefonino, fin da quel primo prototipo, che è andato in commercio solo dieci anni
dopo, ha sempre un interruttore. Basta spegnerlo, se ci stufiamo di usarlo. Ma penso che la mia invenzione
abbia fatto molto più bene che male. Basti pensare a tutte le vite che ha salvato, o alle donne africane che
oggi hanno una vita migliore utilizzando il cellulare per i loro commerci, invece di fare chilometri e chilometri a
piedi. Sono sicuro che la nostra qualità della vita sarebbe peggiore, senza il telefonino».
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Il papà del cellulare: non sono pentito
27/09/2013
ItaliaOggi
Pag. 39
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Si punta a golden share
Per mettere al sicuro la rete, strategica
Il governo è al lavoro per mettere a punto il regolamento sulla golden share, in modo da mettere al sicuro la
rete di Telecom Italia e già oggi il consiglio dei ministri potrebbe affrontare la questione. Lo ha sostenuto ieri il
ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato.Il ministro ha precisato che «tutte le ipotesi vanno prese
in considerazione», compresa la possibilità di imposizione della separazione della rete, anche se «c'è una
complessità da considerare. Se vendo e poi metto un vincolo, posso produrre l'effetto di ridurre il valore del
bene». Zanonato tuttavia ha osservato che «prevale l'interesse strategico nazionale: stiamo pur sempre
parlando della rete attraverso cui passano tutte le informazioni del paese». Per quanto riguarda i possibili
rischi dell'operazione Telefonica, Zanonato ha sottolineato che, in primo luogo, «la rete va tutelata» e per
questo «bisogna andare rapidamente verso lo scorporo»; in secondo luogo, «Telefonica non sembra un
soggetto in grado di finanziare grandi investimenti». Insieme al premier Letta, «ci siamo attivati per avere
garanzie su entrambi questi aspetti». È stata più dura la posizione di Stefano Fassina, vice ministro
all'economia: «Per quanto mi riguarda, questa operazione non va bene e non va data per scontata». Fino a
quando l'operazione non sarà perfezionata, «si potrà intervenire per salvaguardare le potenzialità dell'azienda
e l'occupazione». Inoltre, «è inaccettabile che i soci Telco non abbiano avvisato il governo». Quanto alle
mosse da compiere, «resta da valutare con quali strumenti intervenire. Oggi si può chiamare in causa il
trattamento riservato agli azionisti di minoranza, che non vengono tutelati. Quando c'è un passaggio di
controllo si tutelano con un'opa». Per lanciarla, «in Spagna basta il passaggio del controllo e credo che l'Italia
dovrebbe riflettere su questo». A sua volta, il sottosegretario all'economia Alberto Giorgetti, in un'audizione
alla camera, ha detto che «sono allo studio possibili soluzioni alternative. Le società potrebbero essere
autorizzate a definire per via statutaria una soglia inferiore a quella prevista, al superamento della quale
scatterebbe l'obbligo di opa».Fin qui il governo. Gli aspetti tecnici dell'intera vicenda sono però stati
evidenziati dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ascoltato in senato. Vegas ha chiarito che, con le
regole attuali, Telefonica non è obbligata a lanciare un'opa su Telecom. Mancano due condizioni: che
l'operazione comporti l'acquisizione del controllo di Telco da parte di Telefonica; che Telco detenga più del
30% di Telecom. La prima, ha affermato Vegas, «non sembra al momento soddisfatta, perché gli accordi tra
gli azionisti Telco limitano il potere di Telefonica; le azioni che Telefonica ha acquisito a seguito dell'aumento
di capitale riservato (e che portano la sua partecipazione in Telco sopra il 50%) sono infatti private del diritto
di voto fino al 1° gennaio 2014 e comunque subordinatamente all'ottenimento di tutte le autorizzazioni
regolamentari e antitrust (incluse quelle in Brasile e Argentina)». La seconda condizione, cioè «la detenzione
di più del 30% di Telecom da parte di Telco, non è soddisfatta, perché Telco detiene solo il 22,477% di
Telecom e Telefonica non detiene direttamente azioni Telecom». La Consob ha già incontrato rappresentanti
di Telco e la prossima settimana vedrà gli spagnoli di Telefonica. Vegas ha anche fatto sapere che c'è tempo
fino a dicembre per un eventuale cambio della normativa opa, tale da farla valere sull'operazione Telecom.
Ma, ha osservato, «cambiare le regole in corsa comporterebbe un rischio reputazionale per il paese». Dopo il
crollo di mercoledì, ieri il titolo è rimbalzato a piazza Affari e ha chiuso con un +4,11% a 0,5955 euro, dopo un
massimo a 0,6095 euro. In tre giorni di contrattazioni, è passato di mano quasi il 9% del capitale del gruppo.
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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TELECOM/ Governo al lavoro. Consob: Telefonica senza obbligo opa
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MF - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Il governo assedia Telefonica
Oggi in Consiglio dei ministri il decreto per la nuova golden share. Ma per l'ok ci vorranno mesi AIR FRANCE
DICE NO AL MINI-AUMENTO DELL'ALITALIA
Manuel Follis
(De Mattia, Follis, Leone e Zoppo alle pagg. 4, 6 e 7) Nei giorni successivi all'operazione che ha portato
Telefonica al 70% di Telco, e potenzialmente al 100% dal 1° gennaio 2014, il fronte anti-spagnoli si è fatto
sempre più coeso e agguerrito. E se nei primi giorni si trattava solo di proteste politiche trasversali ma nel
complesso abbastanza slegate tra loro è stato il numero uno della Consob, Giuseppe Vegas, a compattare il
fronte politico e a indicare una possibile strada per mettere i bastoni fra le ruote all'operazione. Vegas durante
un'audizione in Senato ha spiegato che «in un'operazione come quella su Telecom, in cui oggetto
dell'acquisto è una partecipazione in una società non quotata (Telco) che detiene una partecipazione di
rilievo in una società quotata (Telecom) che costituisce parte prevalente del suo patrimonio, perché ci sia
obbligo di opa devono perciò verificarsi due condizioni: che l'operazione comporti l'acquisizione del controllo
di Telco da parte di Telefonica e che Telco detenga più del 30% di Telecom». Vegas ha quindi spiegato che
la partecipazione complessiva degli spagnoli in Telecom, «anche al momento in cui dovesse acquisire il
controllo di Telco, sarebbe inferiore al 30%, a meno che non vengano effettuati ulteriori acquisti». Questo
però con le norme vigenti. Se invece la normativa cambiasse il discorso sarebbe diverso. «Se si cambiano le
regole in corso d'opera c'è un rischio reputazionale per il Paese», ha fatto notare Vegas, «ma va rilevato che
una modifica normativa che intervenisse nell'anno in corso non avrebbe un effetto retroattivo sul caso di
specie. Infatti, solo a partire dall'1 gennaio 2014, o dalla successiva data in cui saranno ottenute le
necessarie autorizzazioni antitrust, potrebbe ipotizzarsi l'acquisizione da parte di Telefonica di una
partecipazione rilevante in Telecom». Insomma, oltre all'utilizzo della golden share (articolo a pagina 7) come
strumento per bloccare l'operazione Telefonica, si apre un'altra strada, ovvero cambiare la legge entro il 1°
gennaio 2014 per far scattare l'opa obbligatoria. Il governo sembra si stia muovendo proprio in questa
direzione. «Stiamo verificando la possibilità di un atto di indirizzo del Senato sui provvedimenti da prendere a
tutela del patrimonio produttivo nazionale e degli investitori delle società quotate, che oggi sono tagliati fuori»
dai benefici del passaggio del controllo «a causa della debolezza dell'attuale normativa dell'opa», ha
annunciato il presidente della commissione Industria del Senato Massimo Mucchetti, cui si è aggiunto
l'esponente del Pdl Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, secondo cui «è opportuno rivedere le
norme sull'opa per dare più garanzie a tutti gli azionisti e in particolare ai risparmiatori, esposti a notevoli
rischi». Il sottosegretario all'Economia Alberto Giorgetti ha infine confermato che è allo studio del governo
una modifica che consentirebbe alle società di «definire per via statutaria» una soglia inferiore a quella
prevista per legge. Tante strade diverse, ma un unico obiettivo: abbassare la soglia dell'opa obbligatoria. Una
rivoluzione che obbligherebbe gli spagnoli a un'offerta chea 1,1 euro per azione implicherebbe un esborso di
circa 14 miliardi, oltre al consolidamento del debito Telecom nel bilancio di Telefonica. In poche parole, con
l'obbligo di opa (la cui ipotesi ha spinto Telecom a essere il miglior titolo del listino e a chiudere in rialzo del
4,11% a 0,595 euro) l'affare TelefonicaTelco probabilmente salterebbe. Per rincarare la dose e sottolineare il
fatto che l'attuale governance di Telecom non sia ottimale, il presidente Franco Bernabè ha rimarcato che nel
gruppo «c'è un quadro di regole che nessuno è in grado di cambiare perché c'è un potere di blocco (di fatto,
ndr) rappresentato dall'attuale azionista di maggioranza relativa». Un paradosso da cui non si esce «a meno
che Telco non decida di fare un cambiamento che però andrebbe contro i suoi interessi». Lo statuto di
Telecom, per tutelare le minoranze, dovrebbe prevedere che i voti in consiglio fossero proporzionali ai voti in
assemblea «così come è stato fatto per tutte le società privatizzate di interesse nazionale». Il responso della
giornata di ieri in pratica è che Telefonica è il male da estirpare da Telecom e l'obbligo di opa o l'utilizzo della
golden share bloccherebbe l'ascesa in Telco. Resta da capire, argomento di cui non c'è politico che si stia
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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TELECOM ESECUTIVO AL LAVORO PER CAMBIARE LA LEGGE SULL'OPA. IL TITOLO CORRE (+4,1%)
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occupando, chi poi dovrebbe o potrebbe iniettare in Telecom i soldi di cui necessita per crescere
industrialmente ed evitare il taglio del rating. Ieri gli amministratori indipendenti, che già avevano manifestato
la loro contrarietà al riassetto di Telco, hanno chiarito di essere pronti ad appoggiare un eventuale aumento di
capitale. «Se Bernabè proponesse l'aumento noi lo appoggeremmo», ha detto Massimo Egidi, perché «come
indipendenti rispecchiamo quello che i fondi e i piccoli azionisti chiedono». Resta da capire chi potrebbe (o
vorrebbe) aderire a un eventuale aumento. (riproduzione riservata) 26 giu '13 26 set '13
TELECOM ITALIA quotazioni in euro 0,59 € +4,11%
Foto: Giuseppe Vegas
27/09/2013
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Pag. 1
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Claudia Cervini
Zanardi nominato presidente di Fondazione Vodafone Italia (a pag. 16) La Fondazione Vodafone ha
rinnovato i vertici nell'ambito di un incontro che ieri è stato anche l'occasione per fare il punto sugli
investimenti 2013-2015, periodo in cui si prevede di investire 15 milioni nello sviluppo di tecnologie mobili per
abbattere il digital divide. Il nuovo presidente è Alex Zanardi, che prende il posto di Antonio Bernardi, al
quale, dopo 11 anni alla guida, è stato affidato il ruolo di coordinamento del comitato scientifico. L'incontro si
è svolto alla presenza di ceo di Vodafone Italia e Sud Europa, Paolo Bertoluzzo, che a partire dal 1° ottobre
assumerà l'incarico di chief commercial and operations officer del gruppo Vodafone. (riproduzione riservata)
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Zanardi nominato presidente di Fondazione Vodafone Italia
27/09/2013
MF - Ed. nazionale
Pag. 7
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La nuova golden share sarà così
L'azione d'oro ora si chiamerà golden power ma il testo è simile a quello elaborato dal governo Monti Tutelati
rete telefonica (anche banda larga), dorsale elettrica, gasdotti, ferrovie e aeroporti. Tempi lunghi
Luisa Leone
Saranno le infrastrutture e non più le società a essere protette dal golden power. Così si chiamerà la nuova
versione della golden share nella versione che dovrebbe essere approvata oggi dal Consiglio dei ministri. La
rincorsa di Telefonica a Telecom insomma dovrebbe permettere di completare finalmente la nuova normativa
anti-scalata definita dal governo Monti, con il provvedimento mancante su tlc, trasporti ed energia. M il
decreto del presidente della Repubblica (dpr) non potrà entrare in vigore prima di qualche mese, visto che
dopo il primo via libera del Cdm (atteso per oggi) dovrà poi andare al Consiglio di Stato, alle competenti
commissioni parlamentari e poi di nuovo in Consiglio dei ministri. Le bozze circolate ieri erano quasi identiche
nell'impianto al testo portato in Consiglio da Monti lo scorso marzo, che poi si preferì non approvare perché il
governo era dimissionario. Per quanto riguarda le telecomunicazioni, si tutela «la rete e gli impianti» per
l'accesso al servizio universale e, secondo una versione del decreto più ampia, anche per i «servizi a banda
larga e ultralarga di rete fissa». Diversamente da quanto accade oggi, quindi, non sarà più Telecom a essere
protetta dall'azione d'oro, ma il nuovo golden power potrà essere esercitato solo sull'infrastruttura, che è poi
quella che il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, ha spiegato di voler tutelare con lo scorporo. Il dpr
indica tra gli «attivi» protetti anche le reti private virtuali in uso dallo Stato per attività legate alla sicurezza, al
soccorso alla difesa, alla giustizia eccetera; ma anche le reti di accesso «stabilite mediante servizi di accesso
disaggregato all'ingrosso». Per quanto riguarda l'energia saranno coperte dai nuovi poteri la rete elettrica
nazionale (Terna), quella del gas (Snam), le infrastrutture di approvvigionamento di energia e gas (Eni) da
«Stati non appartenenti alla Ue». Mentre non sembrerebbe coperto dalla nuova golden share alcun asset
Enel. Per i trasporti sono tutelati porti e aeroporti di interesse nazionale e le reti ferroviarie di rilevanza
europea. Infine, sebbene il golden power non sia utilizzabile di norma per operazioni infragruppo, benché sia
previsto un obbligo di notifica per quelle più rilevanti, queste esclusioni «non si applicano in presenza di
elementi informativi circa la minaccia di un grave pregiudizio per gli interessi pubblici». (riproduzione
riservata)
Foto: Fabrizio Saccomanni
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TELECOM/2 OGGI IN CONSIGLIO DEI MINISTRI IL DECRETO PER LA NORMATIVA ANTI-SCALATE
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E ADESSO TELECOM PRO
Slim che punta su Kpn. Il maxi divorzio tra Verizon e Vodafone, che permette al gruppo di Colao una potenza
di fuoco per lo shopping. Buone occasioni per chi investe?
PierEmilio Gadda
L'uscita di Vodafone dal mercato americano. Il bond dei record da 49 miliardi di dollari emesso da Verizon per
fnanziare l'acquisto della quota ceduta dagli (ex) soci inglesi. La tregua tedesca tra Telefonica e America
Movil sulla vendita di ePlus. Kpn, a sua volta, nel mirino di Carlos Slim per il lancio di un'opa da 7,2 miliardi di
euro, che consegnerebbe al magnate messicano il restante 70% della società olandese. E, infne, la partita
italiana. Con il baricentro di Telco, la scatola che controlla il 22,4% di Telecom Italia, nell'orbita stretta degli
spagnoli di Cesar Alierta , dopo l'accordo per l'acquisto del 70% di Telco. Che proietta Telefonica, anti-trust
permettendo, verso una possibile acquisizione dell'intera holding («una scelta pessima da parte dei soci
italiani», ha commentato l'ex ceo di Intesa Sanpaolo ed ex ministro, Corrado Passera ). Il risiko delle tlc
euopee si fa incandescente. Come i prezzi dei candidati a possibili fusioni o acquisizioni. Che ora potrebbero
prendersi la rivincita dopo un lungo periodo di disaffezione da parte degli investitori, tornati a guardare con
appetito al settore, a caccia di buone occasioni e prezzi scontati. Due clessidre scandiscono il tempo rimasto
per le decisioni irrevocabili intorno a Telecom Italia, che rimane il dossier più caldo. La prima scade il 3
ottobre, con il cda chiamato a defnire il piano industriale, alla luce dei nuovi scenari. La seconda è tra le mani
di Standard&Poor's e sorelle. Perché se l'accordo tra Telefonica e i soci italiani, Intesa, Generali,
Mediobanca, garantisce fno a giugno 2014 la sopravvivenza di Telco e permette di guadagnare tempo, poco
cambia quanto alla necessità di un rafforzamento patrimoniale. Il 9 agosto, Moody's ha messo sotto
osservazione la società guidata da Franco Bernabè per un possibile downgrade a livello speculativo.
Schiacciata da un debito netto di 28 miliardi di euro, Telecom Italia deve rifnanziare 3-4 miliardi l'anno.
L'emissione da 1 miliardo del 19 settembre è andata bene, ma senza l'investment grade la situazione
potrebbe farsi più delicata. Un po' di respiro potrebbe arrivare dalla vendita degli asset in Brasile. Dove
Telefonica, già presente con Vivo, concorrente diretto di Tim Brasil, vorrebbe gestire in una posizione di forza
lo spezzatino della controllata sudamericana di Telecom Italia, quando le autorità locali chiederanno il conto:
molti scommettono, infatti, che un ruolo da primo azionista singolo per Telefonica, possa essere mal digerito
dall'Antitrust brasiliano. «Sotto pressione delle autorità locali, però, la cessione di Tim Brasil potrebbe avere
esito insoddisfacente. E comunque non è detto che il declassamento a junk sia scongiurato», argomenta
Stefano Lustig , responsabile uffcio studi di Equita Sim. Resta l'opzione aumento di capitale, che Equita sim
calcola in 3,4 miliardi di euro. «Una soluzione percorribile, perché non siamo di fronte a una società decotta o
un business malato. È vero, negli ultimi anni c'è stata una caduta importante dei risultati e l'operazione
presenta dei rischi se non c'è copertura da parte degli azionisti di peso. Ma i numeri sono in fase di
stabilizzazione». Un'operazione ostile da parte di un terzo player, favorita dal processo di consolidamento nel
settore, con relativo duello per il controllo di Telecom Italia, sarebbe la migliore chance per gli azionisti. «Ma
l'ipotesi si è fatta ancora meno probabile dopo la recente iniziativa di Telefonica». Intanto, gli analisti di Equita
Sim mantengono il prezzo target a 0,65, con un potenziale rialzo del 10% nell'ipotesi che la dismissione di
Tim Brasil abbia esito positivo. L'eventuale aumento di capitale favorirebbe invece un temporaneo ribasso, in
un contesto che Lustig defnisce comunque di relativa stabilità. Il mare delle telecom è, in ogni caso, sotto la
lente degli investitori. I player denunciano fatturati stabili o in calo, margini decrescenti, necessità di realizzare
investimenti per recuperare il ritardo nello sviluppo delle reti ultraveloci di quarta generazione (4G). «Questi
fattori rendono ancor più rilevante il fattore dimensionale e necessario il consolidamento», spiega Paolo Rizzo
, partner di Anthilia Capital Partners Sgr. Secondo cui, proprio il recente disimpegno di Vodafone dalla jointventure a stelle e strisce con Verizon, potrebbe innescare una nuova ondata di operazioni: «Ora l'azienda
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Coverstory IL RISIKO DELLE TLC 1 La mossa di Telefonica è il caso più eclatante delle manovre attorno ai
carrier
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Il Mondo - N.37 - 4 ottobre 2013
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guidata da Vittorio Colao ha le risorse per portare avanti gli investimenti. Gli altri dovranno seguire, se non
vogliono rimanere tagliati fuori. E per farlo, in molti casi, saranno costretti a unire le proprie forze». La
proposta di regolamento frmata dal commissario Neelie Kroes per l'agenda digitale ( articolo a pagina 14 ) è
destinata a premere ulteriormente l'acceleratore sugli accordi di fusione e acquisizione. Secondo gli analisti di
Banca Akros, infatti, le implicazioni del pacchetto di norme messe a punto sono nel complesso negative,
soprattutto per il business del mobile. «In questo scenario diventano necessarie operazioni di aggregazione
all'interno dei confni nazionali», chiosa Andrea De Vita , analista Banca Akros e coordinatore settore Telecom
per Esn. «Se le operazioni di M&A possono rivelarsi, in generale, buone opportunità per gli investitori, in
questa fase i merger all'interno dei singoli Paesi rappresentano quelli potenzialmente più redditizi, perché
capaci di sprigionare sinergie importanti: per esempio, in Germania, dove l'accordo appena annunciato tra
Telefonica e Kpn per ePlus vale oltre 5 miliardi di euro in termini di riduzione di costi». In Italia, secondo
l'analista, il noto interesse di Hutchison per Telecom Italia potrebbe deviare su Wind. Altra opzione possibile,
secondo Lustig, sarebbe H3G-Wind. «Se ne parla da molto tempo e sarebbe un'operazione intelligente,
perché in Italia quattro operatori sono troppi» . Infne, Vodafone, che dopo Kabel Deutschland, potrebbe
puntare Fastweb. «Anche Danimarca e Svezia se la passerebbero meglio con tre soli operatori e in questo
caso 3, che vanta una market share del 10% in entrambi i Paesi, sembra essere un obiettivo interessante»,
segnala De Vita. In Francia, la Sfr (gruppo Vivendi) è considerata una possibile preda, ma sarebbe
Numericable, a detta di De Vita, il soggetto ideale per una fusione. Tra i cable operator, invece, Ziggo e
Telenet potrebbero essere nel mirino di Liberty Global, già presente in entrambe le società con il 28,5 e
58,4% rispettivamente. nel profondo nord Quanto ai deal incrociati tra Paesi differenti, i principali candidati
sono stati a lungo France Telcom e Deutsche Télékom. «L'iniziativa potrebbe riprendere quota oggi, come il
progetto di fusione tra i norvegesi di Telenor e la fnlandese Teliasonera, abbandonato nel 2008», ricorda
l'analista di Banca Akros. Sulla mappa delle operazioni cross-country De Vita segna anche la possibile
acquisizione di Ote da parte di Deutsche Telekom, che già controlla il 40% dell'ex monopolista greco.
«Intanto, cresce la probabilità che l'Europa rimanga terra di conquista per i maggiori player globali, come
AT&T, America Movil, 3G e Liberty Global», avverte l'analista. Dopo il disimpegno da Verizon Wireless e il
generoso assegno staccato agli azionisti, Vodafone potrebbe essere un target più abbordabile. E anche
Telefonica, predatore tra i più agguerriti, di recente, per la prima volta, è fnita sotto i rifettori come possibile
preda. Rizzo dubita, tuttavia, che abbiano fretta di entrare nel mercato europeo. «Molti dei possibili target
richiederebbero, innanzitutto, una maxi operazione di taglio dei costi. Prima che torni l'interesse per il settore
è necessario vedere l'inizio del processo di consolidamento a livello domestico». PierEmilio Gadda telefoni
caldi in borsa Titolo Paese Capitalizz. Prezzo (€) Rendim. Giudizio Prezzo Potenziale (milioni €) 1 anno (%)
obiettivo (€) guadagno/ perdita (%) Vodafone (*) Regno Unito 124.381 209,75 23,80 Hold 220,00 4,89
Telefonica Spagna 51.563 11,36 -0,26 Buy 13,10 15,32 Deutsche Telekom Germania 42.993 10,3 10,98
Accumulate 10,00 -2,91 Telecom Italia Italia 10.770 0,59 -27,44 Accumulate 0,65 10,17 Belgacom Belgio
6.007 18,69 -10,55 Accumulate 21,30 13,96 Telenet Group Belgio 4.000 36,65 27,86 Hold 40,00 9,14
Freenet Germania 2.334 17,61 50,03 Accumulate 21,00 19,25 Jazztel Spagna 1.974 7,98 65,00 Accumulate
7,70 -3,51 Mobistar Belgio 766 12,73 -46,60 Hold 12,20 -4,16 Tiscali Italia 76 0,04 -10,85 Reduce 0,03 -25,00
In tabella, una selezione di titoli europei del settore tlc che sono stati o potrebbero diventare oggetto di
consolidamento, fusione o acquisizione. Le società sono elencate in ordine decrescente in base alla
capitalizzazione di mercato. Note: (*) dati in sterline inglesi. Valori aggiornati al 20 settembre 2013. Fonte
Banca Akros Esn
28 miliardi l'indebitamento di Telecom Italia
49 miliardi l'importo del bond emesso da Verizon
7,2 miliardi il valore dell'opa lanciata da Slim su KpnM&A In eUropA nel 2013
Mese Paese Operazione Valore (mld €) Feb Regno Unito Liberty Global / Virgin Media 31,00 Mar Russia Vtb
/ Tele2 Russia 3,10 Mar Olanda Liberty Global / Ziggo 0,63 Mar Regno Unito British Sky Broad. / O2 wireline
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0,23 Apr Bulgaria Telenor / Globul 0,72 Giu Irlanda H3G / O2 0,85 Giu Germania Vodafone / Kabel
Deutschland 10,70 Lug Germania Telefonica / ePlus 8,00 Ago Olanda América Movil / Kpn 7,20 Set Usa/Ue
Verizon / Verizon Wireless 98,00 Nella tabella, le operazioni di fusione/acquisizione realizzate o annunciate in
Europa nei primi nove mesi dell'anno. Stime sul valore di Banca Akros
Emissioni La maxi operazione di fnanziamento del colosso Usa
Che gran colpo il superbond
Verizon e il bond dei record. È il maggiore prestito obbligazionario corporate nella storia degli Stati Uniti
quello emesso lo scorso 11 settembre dal colosso americano delle tlc Verizon, per 49 miliardi di dollari. Una
somma equivalente al prodotto interno lordo della Slovenia. Suddiviso in otto tranche a tasso fsso e variabile
con scadenze dal 2016 al 2043, servirà in parte a fnanziare l'acquisizione della quota Vodafone (45%)
contestuale allo scioglimento della joint-venture Verizon Wireless. Il successo dell'operazione si legge
nell'ammontare degli ordini, superiore a 100 miliardi di dollari. «Da mesi non si fa che parlare di grande
rotazione e bolla obbligazionaria, ma le cose stanno diversamente», chiosa Nick Hayes , gestore del
comparto Axa wf global strategic bonds. Con rendimenti compresi tra il 4,5% e il 6,5%, a seconda delle
scadenza, spiega il fund manager, le obbligazioni sono ancora interessanti. «Per assicurarsi il buon esito
dell'emissione, Verizon ha aggiunto un premio di emissione di 50 basis point, rispetto ai rendimenti dei bond
in circolazione», precisa Hayes. Pimco e Blackrock si sono fatti subito avanti comprando oltre un quarto
dell'ammontare emesso.
Foto: riassetti il presidente di telecom italia, franco bernabè, ritratto in esclusiva nel suo studio per «il Mondo»
cinque anni in piazza affari LUG 13 APR 13 GEN 13 OTT 12 LUG 12 APR 12 GEN 12 OTT 11 LUG 11 APR
11 GEN 11 OTT 10 LUG 10 APR 10 GEN 10 OTT 09 LUG 09 APR 09 GEN 09 L'andamento del titolo
Telecom Italia
Foto: Chi sta alla cornetta A fanco, Cesar Alierta, numero uno di Telefonica. A destra, Carlos Slim, di America
Movil, l'uomo più ricco del mondo
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Il Mondo - N.37 - 4 ottobre 2013
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Sarebbe meglio metterci dei soldi
«AT&T o Sawiris sono interessati a diventare soci del gruppo guidato da Bernabè. Alierta invece punta sul
downgrade di Moody's per comprare in saldo»
Fabio Sottocornola
Assente il mondo politico, dal governo di Enrico Letta al Parlamento. A bocca asciutta i risparmiatori di fronte
all'ennesima operazione finanziaria nella scatola alta che controlla Telecom Italia. E poi ancora: il passaggio
agli spagnoli di Telefónica non dà, per il futuro, garanzie di alcun tipo per occupazione, riduzione del debito,
sviluppo tecnologico a vantaggio del Paese. Non è tempo di diplomazie e non usa sfumature Franco
Lombardi , presidente di Asati, associazione di piccoli soci e azionisti dell'ex monopolista che lancia il suo
grido d'allarme: «Senza un intervento dello Stato e un aumento di capitale, Telecom Italia farà una brutta
fine». Domanda. Partiamo dal mercato e dall'operazione in Telco, annunciata martedì scorso. Gli spagnoli di
Telefónica valorizzano la partecipazione a 1,09 euro per azione mentre il titolo tratta attorno a 0,60. Risposta.
Una classica manovra fuori dal mercato, con un premio del 40% riconosciuto a una società come Telecom
Italia gravata da un debito di 40 miliardi. Naturalmente, niente opa e azionisti a secco. Infatti, le Borse di
Milano e Madrid non hanno premiato l'operazione. Che alla base ha un'altra logica. D. Qual è secondo lei? R.
Telefónica sta aspettando che Moody's e altre agenzie di rating facciano un downgrade di Telecom Italia
portando il giudizio da Baa3 ultimo gradino dell'investment grade, a livello junk, cioè spazzatura. E prendere
così il controllo dell'azienda a prezzi di saldo. D. Lo ritiene uno scenario possibile? R. Il riassetto Telco non
scioglie il nodo del debito. Da quel punto di vista i problemi restano gli stessi del giorno prima. E Moody's ha
già avvertito in tal senso. Qui c'è bisogno di altro, secondo noi. D. Che cosa bisognerebbe fare? R. Al
prossimo board in programma giovedì 3 ottobre il presidente Franco Bernabè dovrebbe presentare un
aumento di capitale riservato di almeno 3 miliardi. Sono convinto che ci sia spazio per altri soci disponibili a
entrare. Un tempo si era parlato dei libici, dell'americana AT&T, più di recente è riapparso Naguib Sawiris,
l'egiziano che aveva preso la Wind. Ce la ricordiamo? D. Andrebbe aggiornato il lungo elenco di aziende
finite in mani straniere, come appunto Wind, Omnitel, in altri settori Parmalat poi quelle della moda. Dove
sono le scelte di politica industriale, il gioco di squadra? R. Infatti, non si vedono. L'esecutivo di Letta al
momento è assente. Ho persino il sospetto che esistano accordi politici in Europa, come quando ai tempi di
Romano Prodi si diceva «all'Italia le autostrade, agli spagnoli la telefonia». Insomma, scenari poco
trasparenti. Non capisco perché la Cassa depositi e prestiti del presidente Franco Bassanini non possa
entrare in Telecom Italia. Ha acquistato una quota di minoranza in diverse aziende, addirittura nella catena di
supermercati Iper. Operazioni di questo tipo negli altri Paesi le fanno da anni, basta guardare i francesi. In
mano pubblica oggi è il 27% di France Telecom. D. Anche perché in prospettiva occorrono grandi
investimenti per centrare gli obiettivi dell'Agenda digitale europea. R. La sfida che abbiamo di fronte è
enorme. Secondo l'Ocse quanto a diffusione della banda larga siamo al gradino numero 31 nelle graduatoria
mondiale. Per esempio, al Nord ci sono distretti industriali senza la copertura di banda a 2 megabyte.
Occorrono almeno 7 o 8 miliardi. Se il Paese perde il controllo di Telecom Italia vogliamo davvero credere
che arriveranno dall'estero per investire? Non lo penso proprio. Gli spagnoli di Telefónica vogliono solo
vendere il business in Brasile. Anche la società di Cesar Alierta ha un debito enorme, di 58 miliardi di euro.
Ma Telecom ha pure un problema di governance. D. In che senso? R. A parte Bernabè e qualche consigliere
davvero indipendente, gli altri non meritano la sufficienza. Colpa anche di uno statuto non democratico: con il
22% delle azioni, Telco elegge 12 membri nel board, gli altri tre vanno alle minoranza. Eppure in Spagna il
cda di Telefónica viene eletto in maniera proporzionale rispetto agli azionisti.
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Coverstory IL RISIKO DELLE TLC 2 Lombardi (piccoli azionisti Telecom) invoca una ricapitalizzazione antispagnoli
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Arriva un'eurorivoluzione?
Monica Battistoni
Un Continente connesso», è il nome del pacchetto di norme presentato a Bruxelles dal vicepresidente della
Commissione e responsabile dell'Agenda digitale Neelie Kroes , che nella sostanza ha come obiettivo la
nascita di un mercato unico digitale per portare l'Europa fuori dalla crisi. Come? Eliminando gli ostacoli
amministrativi per le imprese e introducendo nuovi diritti per utenti e fornitori di servizi. Nel pacchetto è
prevista la fine delle frontiere tariffarie con il roaming gratuito in entrata e in uscita o la possibilità di lasciare il
proprio operatore per quello del Paese in cui si viaggia senza cambiare la sim. E, ancora, nessun contratto
potrà durare più di 24 mesi con un'opzione di scadenza a 12 mesi. E maggiori diritti di cambiare fornitore o
disdire un abbonamento se le velocità di connessione promesse non sono rispettate. Inoltre, sarà vietato
bloccare o rallentare i contenuti di internet, e imposto l'obbligo di fornire un accesso alla rete completo e
aperto, indipendentemente dal costo dell'abbonamento o dalla velocità della connessione. Grazie a una
licenza unica europea gli operatori potranno offrire servizi su tutti i 28 Paesi dell'Unione e l'assegnazione
dello spettro per la banda larga sarà standardizzata per semplificare i piani di investimento oltre i confini
nazionali. E il mercato all'ingrosso, ossia l'affitto della rete in rame dell'ex monopolista, verrà normalizzato.
Insomma, una rivoluzione. «È un paradosso che quando si tratta dei servizi digitali si abbiano ancora 28
mercati nazionali: come potremo cogliere tutte le opportunità del futuro digitale se non portiamo a termine il
mercato unico?», ha ribadito il presidente della Commissione, José Manuel Barroso . E non è un caso che la
cinese Huawei punti a una presenza nella ricerca e sviluppo molto forte in Europa, per essere sempre più
vicini ai clienti, dato che il 70% del business è rappresentato dagli operatori telefonici. «L'aumento del traffico
mobile previsto, con l'emergere di reti ad altissima velocità alimenterà i big data. Saremo lì per assistere gli
operatori per aiutarli a gestire il fenomeno», avverte Gaston Khoury , vicepresidente vendite in Europa per il
colosso con base a Shenzen. La deregulation, assieme a una concorrenza domestica eccessiva, rendono la
competizione tra i carrier estremamente difficile, visto la catena del valore che si è spostata altrove, verso chi
offre servizi come Amazon, Google, Facebook e Apple. Il mercato delle telecomunicazioni europeo è sempre
più fragile, con buona parte degli operatori indeboliti dal calo dei margini. Un paradosso, visto che il traffico
dati continua a crescere. «E ad aggiungere criticità c'è un accanimento regolatorio locale e internazionale,
che lo indebolisce ulteriormente», sostiene Marc Vos , partner e managing director della società di
consulenza Boston Consulting Group, che ha condotto uno studio sulle riforme necessarie alla creazione di
un mercato digitale unico per conto di Etno, l'associazione degli operatori Ue. Domanda. Con il pacchetto la
Commissione ha manifestato una precisa volontà di creare un mercato unico delle tlc. Risposta. Attenzione,
le misure parlano di armonizzazione, cosa diversa dal mercato unico, dove le regole di competizione sono
uniformi in tutti i Paesi. Fino a quando sarà possibile, pur aderendo alle direttive, imporre delle scelte locali, a
mio parere sarà molto difficile raggiungere l'obiettivo. La mia è una provocazione, ma non ricordo alcun
esempio di autorità nazionali che si siano autosospese. D. Eppure il piano proposto da Kroes intende limitare
le authority. R. Sì, non sarà facile, perché è contro gli interessi degli attori che dovrebbero portarci a questo
mercato unico. Negli Usa i tre operatori esistenti, che possono contare su un mercato di 300 milioni di
persone, circa 100 milioni di famiglie hanno una regolamentazione che gli permette di mantenere la
profittabilità, basta vedere la cifra enorme (130 miliardi di dollari) che Verizon ha pagato per riacquistare le
sue quote da Vodafone. Come possono confrontarsi le telco dal flusso di cassa in declino con le realtà
americane o asiatiche se manca una visione europea? D. E allora che cosa fare? R. Un antitrust meno
severo aiuterebbe. Negli Stati Uniti non hanno concesso ad At&t di comprarsi T-mobile perché sarebbe
diventato troppo grande, ma le regole sull'integrazione verticale con altri servizi, per esempio quelli televisivi e
le norme applicate agli operatori dominanti sono molto più fessibili e laiche rispetto a ciò che è permesso in
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Coverstory Regole & Telefoni Roaming internazionale a pari prezzo. Così gli operatori potranno sfidarsi in
trasferta
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Europa. Il punto è che la combinazione tra due operatori, inaccettabile a livello locale, potrebbe essere
plausibile su un piano europeo. La frammentazione non più è ammissibile vista la guerra delle tariffe. Per
esempio, in Italia si sono dimezzate in quattro anni ed è stato devastante per chi deve seguire cicli tecnologici
che richiedono ingenti investimenti. Insomma, il consolidamento è una strada necessaria quanto inevitabile.
D. Basterà? R. La vera manovra per far ripartire il settore è la deregolamentazione dell'accesso all'ingrosso.
Dieci anni fa la Ue prevedeva l'entrata di nuovi operatori che si sarebbero appoggiati all'infrastruttura
dell'incumbent per costruirne poi di proprie, in modo da favorire la nascita dei sistemi competitivi. Ma scavare
costa molto e a fronte di investimenti onerosi non c'è la possibilità di equo ritorno per diversi motivi, tra cui la
frammentazione appunto e la disparità con i fornitori di servizi, che possono beneficiare di un trattamento
fiscale diverso e leggi sulla privacy. Quindi è molto meglio lasciare alla compagnia telefonica dominante
l'onere della spesa e cercare attraverso le lobby internazionali e nazionali di fare abbassare i prezzi
all'ingrosso. Il risultato è che l'incumbent deve seguire politiche commerciali molto aggressive e non riesce a
ripagarsi dell'investimento. In Italia la Ue ha dato torto all'AgCom sia nel merito sia sulla procedura seguita. E
poi è necessaria una differenziazione geografica, che non è prevista nel piano: non si possono applicare le
stesse tariffe in grandi città e in aree con un'orografia che rende difficile manutenzione e scavi. D. Sulla
questione delle frequenze c'è però una visione europea. R. Certo, l'armonizzazione dello spettro è
indispensabile quindi ben venga questa norma che dovrebbe ridurre le differenze tra le nazioni. Ma non
dimentichiamo che si tratta di fatto di una tassa, perché applicata all'aria, la cui massimizzazione porta un
vantaggio di breve termine. Infatti, dove le aste per il 3G hanno raggiunto valori più alti, ossia in Germania e
Olanda, la penetrazione di questa tecnologia di comunicazione è inferiore del 25% nonostante siano passati
nove anni dall'assegnazione. Inoltre, non trovo giusta l'ipotesi di mettere dei cap, perché si rischia di
beneficiare solo gli operatori con le casse foride. E in alcuni Paesi le prime aste sulle frequenze per l'Lte
risalgono solo a un anno fa. È talmente evidente il ritardo che questo è un contentino agli operatori ex post,
perché il danno è gia stato fatto. D. È critico anche sull'abolizione della maggiorazione di prezzo sulle
telefonate internazionali in Europa? R. Per fortuna la data al prossimo luglio riguarda solo la ricezione delle
chiamate e il 2016 è lontano. Sono d'accordo sulla tutela dei cittadini, ma vale anche per le aziende. È un
bilanciamento tra protezione dei consumatori con politiche trasparenti e stimoli per rafforzare il settore che
però favoriscano un consolidamento sano. i player in europa Capitalizzazione in miliardi di euro Variazione %
Prezzo 1 mese Rapporto Prezzo / Utili Telecom Italia 10,46 15,67 N.d. Vodafone Group 119,64 11,70 240,17
Telefónica 51,52 5,43 13,11 Deutsche Telekom 45,67 4,85 N.d. Bt Group 32,08 7,10 13,63 Telenor 25,68
0,42 15,27 Orange 23,32 10,52 145,40 Swisscom 18,19 1,65 13,59 Koninklijke 10,21 5,71 17,39 Iliad 10,15 1,47 40,61
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Il Mondo - N.37 - 4 ottobre 2013
Pag. 68
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Il digital marketing rende almeno l'8%
Gaia Fiertler
José Rallo, titolare della cantina siciliana Donnafugata , racconta come porta i suoi vini in giro per il mondo
con Twitter e l'e-commerce. Il guru del digital Bob Rupczynski, invece, spiega il suo lavoro sui Big Data e il
digital marketing svolto nel quartier generale di Kraft Foods a Chicago, mentre Robin Teigland della
Stockholm School of Economics ha in programma crowdfunding e il suo impatto sul business. Niente
streaming, insomma, per il primo convegno dell'associazione non proft Crazy4digital che, a un anno dalla
nascita, il 2 ottobre porta a Milano esperti e testimonial sulle esperienze dei consumatori e il ritorno
economico delle scelte digital nel marketing aziendale ( Business impact from digital marketing è il titolo
dell'evento). Partendo dall'ultima indagine di McKinsey, che entro il 2020 prevede una perfetta integrazione
tra piattaforme di relazione online e offine, la presidente dell'associazione Paola Peretti, ricercatrice alla
Stockholm School of Economics e autrice del volume Marketing Digitale (Apogeo, 2011, 22 euro, in
ristampa), sottolinea i fattori critici di successo per utilizzare il digital marketing nel modo corretto: «Ascoltare i
consumatori e utilizzare i dati per comprendere le dinamiche del coinvolgimento degli stessi, adeguando i
metodi di misurazione a questa nuova flosofa. Il digital marketing infatti parte dal basso e impone una
comunicazione a due vie estremamente personalizzata». Ci sono aziende come Old Spice che, in America,
nel 2010 sono riuscite a incrementare il business del 110% in meno di un anno e altre, invece, che ancora
oggi fanno fatica a misurarne il ritorno. Una ricerca di Crazy4digital sulle aziende italiane indica un ritorno
medio dell'8%. Come incrementarlo? Come misurarlo in modo più preciso? Il convegno affronterà questi temi
con gli esperti e con la testimonianza di aziende che hanno già imboccato la via del digital. Come
Mediolanum, che usa YouTube e Facebook per creare network tra la banca e le persone, ha implementato
servizi mobile per la clientela e stretto una partnership con Paypal . Ci sarà anche la testimonianza della casa
editrice Feltrinelli e di Samsung , di come usi a livello mondiale il digital marketing nel rapporto con la
clientela. E, ancora, Pirelli , la tv in streaming Streamit Twww.tv e la RoxyBar Tv di Red Ronnie.
L'associazione Crazy4digital è nata con l'obiettivo di alfabetizzare alle nuove frontiere del mobile e del digitale
chi si occupa di marketing e comunicazione nelle imprese e, al contempo, devolvere la quota di iscrizione (50
euro all'anno) e l'adesione al convegno annuale (minimo 10 euro) a progetti di volontariato. Quest'anno i fondi
saranno devoluti al progetto Dare Voce al Silenzio e, nel 2014, allo sviluppo di una app che faciliterà
l'apprendimento della matematica nei bambini non vedenti.
Foto: Esperta Paola Peretti, autrice del volume «Marketing Digitale»
Foto: utEnti unici Di streamit twww.tv
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Hi-Tech Analisi La ricerca di Crazy4digital sull'integrazione online-offine
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Il Mondo - N.37 - 4 ottobre 2013
Pag. 70
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Windows anche su iPad
F.Fr.
Parallels Access è una nuova applicazione per il tablet Apple nata dalle tecnologie di Parallels , azienda
specializzata in virtualizzazione, che permette di usare applicazioni Windows e Mac su iPad. Il principale
vantaggio di questa nuova soluzione rispetto ad altri prodotti simili per il desktop remoto, è la particolare
tecnologia che elimina la necessità di gestire da iPad il sistema operativo del computer, limitandosi a
presentare le sole applicazioni eseguite sul pc, dove si trova un agente che si prende in carico il compito di
fare da ponte da computer e iPad. Eliminando la scrivania e tutti gli elementi caratteristici del sistema
operativo del pc, presenti su prodotti concorrenti, Parallels Access offre una esperienza più fuida e intuitiva. Il
sistema converte tutti i controlli del mouse in comandi touch, rendendo semplice accedere agli strumenti delle
applicazioni o scorrere le barre di una fnestra, operazioni necessarie quando si utilizza un qualunque
programma, ma decisamente complesse usando un programma per il desktop remoto su tablet. Il nuovo
software di Parallels supporta anche il copia e incolla tra un'applicazione e l'altra e funziona a pieno schermo.
Parallels Access è un'applicazione studiata per professionisti, manager e aziende e per questa ragione è
offerta con un canone annuale di 69,99 euro per ciascun pc cui si desidera avere accesso.
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Hi-Tech
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L'Espresso - N.39 - 3 ottobre 2013
Pag. 42
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Sfidiamo Telefonica
Sciogliere Telco, applicare la golden rule, fare l'aumento di capitale, obbligare all'Opa. Ecco il terreno di
battaglia
PAOLA PILATI
Ieri giornalista economico di punta a "L'Espresso" e poi al "Corriere della sera", oggi senatore del Pd e
presidente della commissione Industria, Massimo Mucchetti è stato il primo politico a dire senza mezzi termini
che di fronte al blitz di Telefonica per il controllo di Telecom Italia il Paese non può restare a mani basse.
Oggi Telecom Italia a Telefonica. Ieri Loro Piana ad Arnault. E sempre le stesse reazioni isteriche sul "Paese
in vendita". «Di questo passo, anche le banche potrebbero essere comprate per un pezzo di pane. Lei pensa
che ci guadagneremmo a prescindere? Le reazioni isteriche sono superfciali e passeggere. Il patriottismo è
stato talvolta il rifugio dei mascalzoni. Ma difendere la base produttiva del Paese con tenacia e buone
politiche è un dovere. Lo ha fatto pure Obama». Ma non invocavamo i capitali esteri? «Se vengono a
costruire il nuovo, dobbiamo fare di tutto per aprire le porte. Se vengono a comprare aziende, vorrei capire:
vogliono svilupparle o soltanto prendersi le tecnologie e chiudere un concorrente?». Telecom e Alitalia sono
ancora campioni nazionali da difendere? «Uscirei da questo vecchio schema. Alitalia segna il fallimento della
mano pubblica clientelare. Telecom il disastro della mano privata: prima il nocciolino duro, poi i capitani
coraggiosi, quindi l'erede dell'avvocato, infne banche e assicurazioni. archiviamo le farse e domandiamoci se
nelle telecomunicazioni e nel trasporto aereo vogliamo essere solo consumatori o anche produttori. e poi
cerchiamo di licenziare i padroni incapaci». Lei è stato il primo ad attivarsi contro Telefonica. Non rischia di
essere anche l'unico? Il Pd la segue? «l'unità ha pubblicato un mio intervento come articolo di fondo».
Telefonica non va bene perché troppo fragile o perché straniera? «telefonica ha 66 miliardi di debiti, non ha le
risorse per risanare telecom e per investire in Italia. ha interesse a togliere il concorrente telecom dal
Sudamerica. le basta?». Ma il suo no non arriva tardi? «Da giornalista ho scritto di tutto e di più. Ora mi
muovo in Senato. ma l'affare è lungi dall'essere chiuso. Gli spagnoli avranno la maggioranza dei diritti di voto
in telco solo quando l'anatel brasiliano sarà stato soddisfatto con la vendita di tim brasil. per questo lasciano
in piedi una pseudo maggioranza italiana. Che se ne assuma la responsabilità formale». Un'astuzia
perfettamente legale. «mah. non sono un avvocato. Certo, sarebbe triste vedere l'establishment italiano che
fa il fantoccio di telefonica». Perché lo farebbero? «Stop losses. ma non è bello far fuori una grande azienda
per non scrivere un'altra minusvalenza e ammettere di aver sbagliato il prezzo d'acquisto». Ma l'uscita da
Telecom non segna la fine della finanza di relazione? «per come è fatta, ne rappresenta una ulteriore
dimostrazione». Passare la rete alla Cassa depositi e prestiti non sarebbe una soluzione? «no. Ci vorrebbero
almeno due anni e nel frattempo telefonica avrebbe fatto tutti i danni. la soluzione è sciogliere telco, aprire la
competizione tra azionisti fuori dalla scatola cinese, applicare la golden asset rule, fare l'aumento di capitale,
magari con Cdp garante di un pezzo, ovvero costringere chi vuole il controllo a fare un'Opa». Un libro dei
sogni. «Si diceva lo stesso di louis brandeis nel 1913, a Wall Street. Dopo il 1929 gli diedero da fare la Sec.
l'Italia deve girare pagina. Franco bernabè dice che, con una regolazione decente, il mercato è pronto a
sottoscrivere un aumento di capitale di telecom, ma telco non vuole. Intanto lui cominci a proporlo al consiglio
di amministrazione del 3 ottobre, dove gli indipendenti sono tanti. e poi in assemblea voglio proprio vedere
Intesa e mediobanca che, dopo aver messo soldi nel "Corriere", impediscono a telecom di ricapitalizzarsi».
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Primo Piano INTERVISTA COLLOQUIO CON MASSIMMO MUCCHETTI
27/09/2013
L'Espresso - N.39 - 3 ottobre 2013
Pag. 116
(diffusione:369755, tiratura:500452)
smartphone sì, ma democratico
Apple rilancia con i nuovi modelli, ma intanto perde quote di mercato. E pure Samsung trema. Perché i
marchi emergenti ormai sono di alta qualità
alessandro longo
Non siamo interessati ai settori spazzatura. Non abbiamo mai pensato di lanciare un iPhone low cost... Le
parole del capo di Apple, Tim Cook, dicono tutto. Rivelano l'anima del brand molto più delle caratteristiche
tecniche dei due cellulari appena annunciati, l'iPhone 5S e il 5C. Allo stesso tempo sono un faro per orien
tarsi all'acquisto, in un mercato smartphone ormai diventato una selva di modelli più o meno validi. Gli iPhone
hanno il fascino di un marchio di lusso, come certe auto sportive. Li prendi per "l'esperienza", più che per le
caratteristiche tecniche. Così, a dispetto delle voci dei mesi scorsi, l'iPhone 5C non è low cost. Sarà venduto
a 599 euro, solo cento euro in meno del 5S. E pazienza se questa flosofa signifca una progressiva perdita di
quote di mercato. La massa degli utenti sembra preferire smartphone meno costosi ma altrettan to effcienti:
quelli venduti da Samsung sono ormai il doppio di quelli Apple, che a giugno 2013 aveva una quota del 15
per cento, contro il 18,8 del 2011, nel mondo. Cifre che sono il 18,5 e il 22,4 per cento in Europa Occidentale,
secondo i dati dell'osservatorio Idc. Ma anche Samsung deve guardarsi le spalle. È un mercato diventato
ultra maturo: ci sono ormai tanti modelli ottimi, a volte penalizzati solo da un marchio meno noto. Il
consumatore che sceglie strade meno battute può avere vantaggi: «La tendenza è che il dominio dei due big
sarà meno forte nel 2014. Sony, Lg, Nokia e altri stanno migliorando i propri modelli», riassume Neil
Mawston, analista di Strategy Analytics. «Negli aspetti base degli smartphone, come il touch e il display,
vediamo che ormai non ci sono grandi differenze tra i concorren ti», conferma Malik Saadi, analista di Informa
Telecoms & Media. «I marchi si differenziano sempre più in altro modo: con l'estetica, i materiali e le funzio ni
innovative specifche. Molta enfasi è rivolta per esempio alla fotocamera, in questo periodo», aggiunge Saadi.
In effetti l'iPhone 5S ha lo stesso display (grandezza e risoluzione) del modello precedente. «Ma più piccolo e
meno definito rispetto ai concorrenti diretti (Samsung, Sony, Htc, Lg) che già viaggiano intorno ai 5 pollici
(contro i 4 dell'iPhone) e con l'alta risoluzione (192x1080p, la stessa dei televisori)», nota Ian Fogg, analista
dell'osservatorio IHS. In compenso, Apple è entrata in strade mai battute prima: ha integrato nel tasto "home"
un lettore di impronte digitali che funziona come alternativa alla password d'accesso; l'iPhone 5S è inoltre il
primo cellulare con architettura 64 bit, come quella dei computer. C'è tutta l'anima di Apple in queste due
novità: un colpo alla semplicità e uno al futuro. Apple ha sempre cercato di semplifcare, cioè rendere più
accessibile, il nostro rapporto con la tecnologia. L'ha fatto nei confronti dell'uso mobile di Internet e di altre
funzioni extra telefoniche, ai tempi del primo iPhone. In effetti anche la scelta di avere uno schermo più
piccolo dei concorrenti è per l'usabilità del prodotto: lo si impugna con più facilità. Di contro, si penalizza
l'usabilità di altre funzioni, come la navigazione e i video, esaltati da uno schermo più grande. Ma adesso
Apple ha capito che è venuto il momento di semplifcare l'accesso sicuro ai cellulari, divenuti scrigno della
nostra identità digitale. È più immediato posare il dito sul tasto "home" che digitare una password ed è
comodo non doverne ricordare una. I 64 bit sono invece una porta aperta sul futuro dei cellulari, perché
ancora non ci sono applicazioni in grado di sfruttare questa nuova architettura (le attuali funzioneranno a 32
bit, cioè normalmente, sul nuovo iPhone). La scelta di Apple però promuove l'arrivo delle prime applicazioni a
64 bit, che promettono un salto di qualità nel mondo dei cellulari. Per il resto, con il nuovo iPhone, Apple si
rimette al passo con innovazioni dei concorrenti: nella fotocamera, nel supporto pieno all'Lte (la quarta
generazione di rete mobile, già presente in Italia) e con il nuovo sistema operativo iOs7 (comunque
installabile anche su iPhone più vecchi, anche se con funzioni ridotte). Il sistema di iPhone ora ha menu che
avevamo già visto su Android, come il Centro notifche, per avere sotto controllo con facilità le cose più
importanti. L'iPhone 5S uscirà nelle prossime settimane (entro dicembre) a partire da 699 euro, anche se
sarà possibile risparmiare facendo un contratto con un operatore (ma ci si lega per 30 mesi). Guardando ai
SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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Tecnologia cellulari / tendenze
27/09/2013
L'Espresso - N.39 - 3 ottobre 2013
Pag. 116
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SCENARIO TLC - Rassegna Stampa 27/09/2013
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concorrenti, invece, anche i consumatori più esigenti si trovano ora di fronte a una scelta: vogliono davvero i
modelli più costosi (da 600-700 euro) o bastano quelli di fascia inferiore (intorno ai 400 euro)? Questi ultimi,
infatti, sono ormai validi negli aspetti fondamentali. Magari montano un processore o uno schermo con la
tecnologia disponibile già l'anno scorso, ma la differenza pratica, tutto sommato, è abbastanza sottile. Si va
verso una "democratizzazione" degli smartphone: in uno studio di agosto 2013 ("Worldwide Mobile Phone
Tracker), Idc prevede infatti che la quota dei modelli più costosi, sul venduto, scenderà nei prossimi cinque
anni, a favore di quelli intorno ai 400 euro. A proposito di vendite, Samsung è la scelta di quasi un italiano su
due (e sono ormai 27 milioni quelli dotati di smartphone, secondo il Politecnico di Milano). Per il grande
pubblico, le ultime novità sono il Samsung S4 e la sua versione più piccola ed economica: l'S4 Mini. Ora si
trovano nei negozi a 500 e 350 euro rispettivamente. L'ultimo arrivato sarebbe il Galaxy Note 3, ma le
dimensioni (5,7 pollici) lo rendono molto particolare: adatto a chi vuole una via di mezzo tra uno smartphone e
un tablet. Abbiamo provato per due mesi l'S4, che è risultato molto affdabile ed effciente: straordinario per la
batteria, lo schermo, la maneggevolezza. Abbastanza deludente invece la ricezione del segnale, rispetto ai
concorrenti, ma pare sia una scelta per ridurre le emissioni elettromagnetiche del prodotto. Il principale
concorrente dell'S4 è ora probabilmente l'Htc One, una delle sorprese notevoli del 2013: abbiamo provato a
lungo anche questo modello e l'abbiamo trovato impeccabile sotto tutti gli aspetti (batteria, design, qualità
dell'audio e del segnale). A essere pignoli, ha una fotocamera non al top e un'ergonomia non perfetta (un po'
spigoloso). È appena arrivato un concorrente di spicco: il Sony Xperia Z1, che come l'Htc One ha un design
lussuoso e buoni materiali; inoltre resiste all'acqua e ha una fotocamera migliore rispetto ai Samsung.
L'aspetto meno convincente di questo modello è il peso: 174 grammi, contro i 130 dell'S4. Sony è il terzo
marchio in Europa Occidentale, per vendite smartphone (dopo Samsung e Apple). Al quarto posto c'è LG,
produttore tra l'altro del Google Nexus 5, attesissimo in Italia per ottobre per via del buon rapporto qualitàprezzo (meno di 400 euro). Stessi vantaggi del Huawei Ascend P6, che in più è ultra sottile: può essere una
buona scelta per chi non cerca per forza un marchio noto. Anche se in realtà l'azienda cinese è ormai quarta
nella classifica mondiale delle vendite: Apple, Samsung e Sony sono avvertite.
Top d'autunno
SAmSuNg gAlAxy S4 a 4,99 pollici, circa 500 euro. sistema android. C'è anche la versione mini (più
economica). leggero, schermo eccellente, batteria di lunga durata. lg g2 schermo grande da 5,2 pollici, ma
progettato per essere usato anche con una sola mano. esce a ottobre a 599 euro. sistema android. SoNy
xPEriA z1 Vetro temperato e alluminio, resiste all'acqua. sistema android, 5 pollici. nei negozi a 500 euro. C'è
anche la versione mini (più economica).
htc one Design notevole: tutto di alluminio, con due speaker frontali. A 4,7 pollici, nei negozi a 600 euro. C'è
anche la versione mini (più economica). Interfaccia Android. huawei ascend P6 Potenza tecnologica e design
di alluminio a un prezzo ridotto (365 euro). Schermo da 4,7 pollici, sistema Android. Ottima tecnologia in
rapporto al prezzo. i-Phone 5s Uscirà entro dicembre a prezzi da 699, 799 e 899 euro. Fotocamera
migliorata, batteria potenziata, architettura 64 bit e lettore di impronte digitali per l'accesso.
27/09/2013
Corriere della Sera - Sette - N.39 - 27 settembre 2013
Pag. 38
Così Sky è diventato il primo operatore tv
Dieci anni in Italia e il gruppo Murdoch ha scavalcato Mediaset e Rai. Alla base, produzione interna di flm e
serie tv, investimenti in tecnologia e attenzione alla "user experience" dello spettatore nel suo salotto
Edoardo Vigna
Papà, "stoppa" un attimo, che vado a bere». E Batman rimane in fermo immagine, a scrutare la notte di
Gotham City dalla cima di un grattacielo, giusto il tempo di un bicchiere d'acqua. Per poi riprendere a
"combattere i cattivi" nel momento in cui tua fglia torna sul divano. Comunque la si voglia mettere, una cosa è
certa: proprio come dice l'amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, c'è un elettrodomestico nero,
accanto al televisore, «che sta cambiando la vita a moltissimi italiani, la metà dei 4,76 milioni di abbonati alla
pay-tv: quelli che utilizzano il MySkyHd». "L'unico Personal Video Recorder presente sul nostro mercato",
precisano nel palazzo milanese della società, quartiere Santa Giulia, Rogoredo, zona sud della città. In
concreto, il decoder che permette di registrare, mettere in pausa, tornare indietro, vedere e rivedere le
trasmissioni, accedere al servizio on demand. E costruirsi il personalissimo palinsesto non su internet (dove
ormai è una modalità consolidata) ma con la vecchia, cara tv in salotto. La chiamano " user experience ", e
non è l'unico tecnologismo anglosassone a scorrere nelle vene di Sky. Qui ti devi barcamenare tra
progressive download (a spanne, consiste nel fatto che il MySkyHd scarica il flm non in streaming, mentre lo
si vede, ma in leggero anticipo, in modo che sia perfettamente visibile senza disturbi né interruzioni), remote
booking (cioè la possibilità di ordinare la registrazione di un programma da una app sullo smartphone mentre
sei fuori casa), e second screen (insomma: la nostra nuova abitudine a vedere la televisione giocando in
contemporanea con un altro "schermo", tipo quello di un tablet). Lingua internazionale del settore "marketing
& tv", certo. Inevitabile, per una branch di News Corporation, l'impero che fa capo alla famiglia Murdoch, il cui
ramo italiano è presiedutodaJames,secondofgliomaschio di Rupert. Linguaggio che paga, comunque. Il
primato appena festeggiato è netto: come scrive Marcello Cardani, presidente dell'Autorità per le Garanzie
nelle Comunicazioni, nella relazione annuale, Sky è appena diventato "il primo operatore italiano per ricavi
complessivi". Davanti a Mediaset e Rai (che peraltro era terzo già da quattro anni). Scavalcando, quindi, il
network della famiglia Berlusconi: 2,63 miliardi di euro incassati (il 32% del totale, solo -1,4% nel 2012) contro
2,49 del gruppo italiano (30,2%, in calo del 13,2%), con la Rai indietro, a 2,34 miliardi di euro (28,5%, -7,5%).
(Nel campo specifco della pay tv, non c'è gara: Sky ha il 77,6% dei ricavi, Mediaset Premium solo il 17,8).
Solo 10 anni in Italia per conquistare la vetta della classifca dei broadcaster (insomma, le emittenti). Una
supremazia che, di "numeri vincenti", se ne porta dietro una lunga serie. Guardiamoli. Dieci sono,
innanzitutto, in miliardi di euro, le risorse riversate da Sky (il dato arriva fno al 2012 compreso) nel nostro
Paese: per la Fondazione Rosselli, si tratta del più cospicuo fra gli investimenti esteri fatti in Italia in questo
periodo (quelli che il premier Enrico Letta ha appena auspicato come il pane per il Paese); e 20 miliardi, il
doppio - spiegano al quartier generale - è il calcolo della cifra complessiva che rappresenterebbe l'ulteriore
ricchezza, diretta e indiretta, prodotta dai primi 10. Il tutto, moltiplicato per 6.800 dipendenti (età media 35
anni, donne e uomini a metà), per un indotto di 13.500 lavoratori. Nella grande hall del quartier generale
milanese, a tutta parete, un cartellone diviso in 11 striscioni verticali, uno per ogni anno di vita dal 2003 a
quello che verrà (sono già avanti...), ognuno con un colore diverso - dall'azzurro "della casa" del primo anno
all'arancione del 2014, passando per vari gradi di viola, rosso e giallo - rappresenta la galoppata aziendale in
Italia. Così "riscopri" che Ilaria D'Amico ha dato il fschio d'inizio a Sky Calcio Show già quel primo anno,
quando Saddam Hussein era ancora vivo (benché disarcionato da raìs di Baghdad), presidente cinese veniva
eletto Hu Jintao (ora passato remoto), a stravincere nei Gran Premi erano (ancora) Michael Schumacher e
Valentino Rossi, mentre a Venezia riapriva La Fenice ricostruita dopo il rogo del '96. Riorganizzazione.
Sembra Storia, e invece è cronaca di vita ancora fresca. Passata attraverso la serie cult Lost (2005), i
Mondiali di calcio vinti nel 2006 (dalla Nazionale italiana quanto dal duo di commentatori Caressa-Bergomi),
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Storia di copertina / 2 Viaggio nel quartier generale della televisione satellitare a Milano
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lo Show di Fiorello su SkyUno (era l'aprile del 2009), il 3D e il trionfo di X Factor (2011, la prima edizione sulla
rete di Murdoch). E la recente - di fne giugno - riorganizzazione mondiale del gruppo, in due società
indipendenti: News Corp, da una parte, che mantiene il nome per la holding, i giornali, il marketing integrato e
la formazione digitale, e 21st Century Fox, per la produzione e distribuzione cinematografca e televisiva. Per
Sky Italia (News Corp.), dietro le trasmissioni, fra gli altri "numeri" importanti, spicca il miliardo di euro investiti
in questo decennio in tecnologia e innovazione. E basta attraversare il quarto piano di Santa Giulia per
farsene un'idea. Qui la chiamano "la Nasa": decine, anzi centinaia (confesso: ho perso il conto) di schermi
alle pareti, che nella penombra mostrano tutti i canali trasmessi dalla piattaforma, banchi pieni di computer con relativi tecnici - a scrutarli (come fosse Houston), per verifcare che emissione e ricezione funzionino h24.
Oppure, più semplicemente, si può osservare l'introduzione nelle trasmissioni sportive di strumenti come il
mega-touch-screen con cui commentatori come Luca Marchegiani dissezionano dati e aspetti tecnici delle
partite di calcio quasi fossero performance dello spread o fasi di riemersione della Costa Concordia; o come
la "realtà aumentata", gestita dai conduttori del programma sulla Formula 1 attraverso il tablet, alla maniera
degli ingegneri ai box Ferrari e Red Bull. Ma alla voce "investimento tecnologico" rientra anche
l'elettrodomestico nero che mi fa fermare di nuovo il "Cavaliere Oscuro" su fliale richiesta - «Metto il pigiama,
lavo i denti e ci vediamo la fne del flm» -: il MySkyHd. Lanciato già nel 2008 - "e ce l'abbiamo solo noi",
sottolineano a Santa Giulia - cambia in effetti il modo in cui guardi la tv: permette di disegnare in anticipo la
propria scaletta dei programmi da vedere, registrando e tenendo "in archivio" le trasmissioni, fermando e
rivedendo le "battute" perdute, anche di un evento live, o lo scambio memorabile della sfda di tennis NadalDiokovic, e di votare direttamente (senza il costo della telefonata) nei talent show. Abitudini di consumo. Uno
strumento che rimette il (tele)comando in mano al telespettatore, almeno quanto il servizio di tv in mobilità
(che qui chiamano SkyGo, 1,7 milioni di utenti attivati) e che fa vedere un certo numero di canali su
smartphone, tablet e pc (il più avanzato del genere, in Italia, sostengono a Sky): così che, mentre ti
riappassioni allo scontro tra Batman e la fglia di Ra's al Ghul, butti un occhio (anche due...) su cosa fa l'Inter
contro la Fiorentina. È così che cambiamo le nostre (cosiddette, dal marketing) "abitudini di consumo".
"L'intrattenimento gravita intorno al tempo dell'utente, la visione si fa sempre più personalizzata": è su questi
principi che gravita la mission che ha portato Sky in vetta ai broadcaster. Ma altri dati articolano la storia.
Come le 39mila ore di programmi originali autoprodotti dalla piattaforma satellitare nel solo 2012 e i 148,5
milioni di euro destinati a produzioni originali su reti Sky negli ultimi 12 mesi. "C'è la tv, e poi c'è Sky", è uno
degli slogan forti del gruppo Murdoch di quest'anno. (L'altro è il ligabuiano "Il meglio deve ancora venire"...).
Nel recente passato ci sono serie come Romanzo criminale e In treatment; nel prossimo futuro, anche
Gomorra e la ripresa di programmi come MasterChef e X Factor. Annunciate al teatro Parenti di Milano nel
vero e proprio show "all'americana" con cui la stagione è stata presentata a stampa e investitori pubblicitari
(musica introduttiva di sottofondo: Divenire, di Ludovico Einaudi, perché tutto si tiene sempre...), queste
ricche produzioni interne rappresentano (anche) un cambio di passo di cui la maggior parte di noi è solo
inconsciamente consapevole: è il programma, che sta diventando un brand di riferimento, più ancora del
canale sul quale va in onda. «La televisione non è mai stata così bella. C'è tantissima creatività nuova,
tantissima qualità, ci sono i talenti e una tecnologia che ci consente di poterla usare veramente quando e
dove vogliamo. Credo che la televisione abbia, nonostante lo sviluppo di altri mezzi, ancora un grandissimo
presente e un grande futuro. Ma soprattutto ce l'hanno i grandi contenuti che la popolano», ribadisce l'ad
Andrea Zappia, nel suo studio all'8° piano dalle cui vetrate osserva crescere i grattacieli del nuovo e futuribile
skyline di Milano. Naturalmente, non poteva mancare la nostra moderna ossessione dell'anno 2013: il
famigerato hashtag di Twitter. È l'incantamento della social tv: il coinvolgimento permanente degli utenti (noi
spettatori), che commentano in tempo reale ciò che succede nelle trasmissioni dentro le community dei
principali social network attraverso iPad e simili. La scorsa edizione di X Factor, con #XF6, è stata ogni
settimana sui trending topics di Twitter (gli argomenti più importanti di cui si parla nel sito), generando
561mila tweet, di cui 75mila nella fnale, e ha attirato 133mila fan su Facebook. È così che si sfrutta la
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potenza del second screen, come lo chiamano loro... (Ovviamente solo dopo che è fnita Inter-Fiorentina).
Edoardo Vigna
europA rotana (19%) Moby (36%) AMerIcA LATINA the times and sunday times the sun MedIo orIeNTe &
AfrIcA Laptv (78%) telecine (13%) Fox sports Latin america sky italia BskyB (39%) sky deutschland (55%)
AsIA star india tata sky Limited (30%) AusTrALIA e NuoVA ZeLANdA news Corp australia: editoria: the
australian, the Weekend australian, the daily telegraph, the sunday telegraph Fox sports australia Foxtel
(50%) dow Jones & Company, inc. (the Wall street Journal, dow Jones newswires ecc.) the new York post
ATTIVITà INTerNAZIoNALI usA Fox Broadcasting Company Fox news Channel Fox sports Fox Business
network national Geographic Channels (70%) 20th Century Fox Film Fox deportes FX networks and
productions Hulu (33%) shine Group (26 società di produzione tv in 12 paesi) Fox international Channels
(oltre 300 canali in 200 paesi fra africa, asia, europa e america Latina)
Così il gruppo Murdoch è stato completamente riorganizzato Nel giugno 2013, il gruppo Murdoch è stato
riorganizzato e News Corporation è stato suddiviso in due società distinte: 21st Century Fox per le attività
media, televisive e cinematografche, e News Corp che include le partecipazioni editoriali del gruppo, l'area
book publishing, i servizi di marketing, real estate e digital education. Fra i quotidiani più importanti in
portafoglio ci sono il Wall Street Journal e l'agenzia Dow Jones.
Foto: Produttore di programmi Qui accanto, l'amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, nel suo
uffcio milanese. Nelle foto in alto, da sinistra, un momento del programma dedicato alla Formula 1; la sala
regia durante un programma sportivo; la giornalista Ilaria D'Amico durante la presentazione della
programmazione della piattaforma del gruppo Murdoch al teatro Parenti, a Milano. Sky è da considerare il
principale produttore di programmi sul territorio nazionale.
Foto: dietro la macchina da presa Qui accanto, il tavolo dei giudici di X Factor: da sinistra, Elio, Mika, Simona
Ventura e Morgan. In alto, da sinistra, il set del programma MasterChef con Carlo Cracco, in camicia scura, e
Bruno Barbieri, con gli occhiali; la redazione di SkyTg24 e un'immagine della nuova serie Gomorra. Per
quanto riguarda il sistema cinematografco italiano, l'investimento di Sky dal 2003 al 2012 è stato di 700
milioni di euro.
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«Nel citizen journalism c'è l'Italia dei campanili»
«Qui da noi, il giornalismo partecipativo funziona attraverso una speciale diffusione capillare», spiega il
cofondatore del sito YouReporter. «Così la Rete è sempre pronta a intervenire»
Edoardo Vigna
Il futuro ha già i suoi strumenti. I Google glass (gli occhiali con cui si potranno mettere su internet le immagini
"viste" con i propri occhi, ndr) e le dash-cam, le telecamerine che le assicurazioni invitano a mettere sull'auto
per registrare le immagini della strada e abbassare il premio: in Russia, per esempio, ce l'hanno tutti, e metà
dei flmati caricati sui siti sono ripresi già da questi strumenti, che ora si vanno diffondendo anche in Italia».
Sono i nuovi mezzi a disposizione di ciò che chiamiamo citizen journalism
.«Poi,chissà:il"giornalismopartecipativo", con i suoi smartphone in mano a milioni di cittadini nel mondo, è
sempre in tale evoluzione che tra 12 mesi potrebbe aver preso strade ora imprevedibili». Ma se c'è qualcuno
che quegli sviluppi li capirà subito - e prima degli altri - statene certi, questo è proprio colui che parla: Angelo
Cimarosti. Un pioniere, del "CJ". «È vero: il giornalismo "di prossimità" era già alla base dell'esperienza della
tv SeiMilano, negli Anni 90, di cui ho diretto l'informazione». Decine di giovani sguinzagliati con videocamera
in giro a raccontare il capoluogo lombardo. Tanto tempo dopo - e, soprattutto, entrati nell'Era di Internet - nel
2008, è partita l'onda dei 65mila citizen journalist di YouReporter. L'ultima creatura di Cimarosti («E dei miei
soci Luca Bauccio e Stefano De Nicolo»): 450mila contributi, fno a mille video caricati ogni giorno («Quando
ci sono eventi "partecipativi" forti», precisa), la più signifcativa esperienza italiana di "news fai-da-te". Su cui,
oggi, il co-fondatore rifette, nero su bianco, con il libro Te la do io la notizia (Mursia), ricostruendo le storie dei
cittadini cronisti, osservando le opportunità di questo nuovo modo di raccontare la realtà, arrivando anche a
offrire un decalogo per aspiranti "CJ". Decine di migliaia di persone pronte a scendere in strada e raccontare
ciò che vedono anche in Italia. Com'è successo? «Da una parte, è cresciuto il livello di engagement, di
coinvolgimento degli italiani: dell'espressione citizen journalism mi piace molto la valenza civica del termine
"cittadino", detentore di diritti e doveri. Dall'altra, si sta imparando bene a usare la Rete: si è cominciato a
capire che è un ecosistema in cui puoi incidere individualmente». Quando è cominciato questo processo?
«Nel mondo, una tappa essenziale è stata il grande tsunami del 2004: per "coprirlo", a differenza che con l'11
settembre, i grandi media ebbero bisogno dei contributi dei non professionisti. Ma ciò che valeva per gli Usa,
allora, per l'Italia era fantascienza». Perché? «La spina dorsale di internet da noi era insuffciente. E poi gli
smartphone: chi ricorda quelli che la gente aveva in mano solo 5 anni fa, quando è partita YouReporter?
Erano paleolitici rispetto a quelli di due anni dopo. A mala pena riuscivi a fare un flmato "squadrettato", in
formato 4:3, e brevissimo. E una volta che pure riuscivi a caricarlo sul sito, non sempre partiva!». Poi gli
smartphone sono migliorati... «Come nell'evoluzione darwiniana c'è stato il passaggio dalle quattro alle due
zampe, così il citizen journalism in Italia ha cominciato a correre con l'avvento di iPhone e affni, quando è
stato possibile flmare con lo smartphone in orizzontale. Sembra banale, ma questo cambia radicalmente le
cose: lo schermo diventa wide, la qualità e la soddisfazione che hai nel riprendere e nel vedere sono
completamente diverse». Anche la Rete è cambiata. «E con il miglioramento della possibilità di compressione
dei fle, oggi assai più "leggeri" da inviare, la storia è cambiata. Se il naufragio della Costa Concordia, in una
zona in cui la cellula del mobile agganciava a malapena, fosse avvenuto soltanto nel 2008, non ci sarebbero
state le immagini riprese e inviate dalla scialuppa già alle due di notte. Al massimo sarebbe arrivata una
foto!». Quando è nato il citizen journalism per immagini come lo conosciamo oggi qui? «La primissima volta
che abbiamo visto arrivare notizie in serie per un evento italiano è stata per l'esplosione del treno di
Viareggio: immagini terribili, d'impatto, che le agenzie di stampa internazionali ci hanno subito chiesto per
mandarle in tutto il mondo». Il mondo dei media ha spesso guardato con diffdenza ai "CJ", accusati di "rubare
il lavoro" ai reporter professionisti. «La gamma di atteggiamenti del giornalismo tradizionale, nei confronti di
quello partecipativo, ha attraversato varie fasi: alle molte perplessità della prima ora è seguita un'apertura
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News-fai-da-te Gli "inviati con gli smartphone" secondo Angelo Cimarosti
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talvolta eccessiva, fglia del desiderio di sfruttare i flmati che arrivavano dalla strada come fonti "gratuite".
Detto per inciso, questo è stato l'errore degli editori italiani. Poi sono arrivati i primi errori, le prime scottature,
con i relativi i passi indietro, e l'introduzione di precisi protocolli di verifca delle fonti. L' Economist dice che
ormai il CJ crea posti, imponendo alle aziende editoriali una serie di fgure, dall'esperto trovarobe al fact
checker. Noi giornalisti stiamo imparando a gestire i materiali user -generated content ( Ugc, ndr). Forse,
anche con troppa prudenza. Del resto, essere stati ripresi duramente su molti fake, pesa...». Ma in Rete
girano molti falsi? «Prendiamo una giornata di grandine di fne agosto in Piemonte: fra i 150 flmati caricati che
la testimoniavano, c'è chi ne ha messo uno che avevo già visto un anno fa. Chissà perché, che bisogno
c'era... Si tratta di casi rari, e forse per questo sono più pericolosi. Capita a tutti di non accorgersene. Ma qui
subentra il ruolo del giornalista: il mosaicista che deve verifcare quando la tessera del mosaico è fasulla.
L'occhio professionale lo vede subito». Una volta uscita, come si fa a "pararla"? «Solo contro-video di altri
citizen journalist che ristabiliscono la verità. È un processo che, nel caso della grandine, ha messo a posto le
cose nel giro di un'ora. Perché, oltre agli arnesi del giornalismo, ci sono anche gli altri utenti che sono ormai
sul chi-va-là. Sempre con la grandinata, mi è capitato di mettere una foto che qualcuno ha cominciato a dire
"è creata ad arte con Photoshop!". Era vera, ma sono foccate le proteste. A decine. Ecco, al netto degli insulti
- sempre fastidiosi - il lato positivo è che la community è attiva, vivace. E tu, la volta successiva, cerchi di
essere ancora più inattaccabile». Ci sono modi diversi di fare "CJ"? «La creatività può far intraprendere
strade diverse. In Brasile, per esempio, sono da poco emersi i midia ninja ": i journalist, come nel flm Kika di
Almodóvar, girano con le telecamere in testa e riprendono gli eventi che vanno online live ». Esiste una "via
italiana"? «È nell'Italia dei campanili, nella caratterizzazione territoriale che non esiste altrove». Come si
declina, nel "CJ"? «La diffusione capillare dei citizen journalist non è diversa dall'America o da altri Paesi.
Solo che in Italia gli utenti non si attivano eccezionalmente per mandare bozze d'inchiesta o video-denunce.
Caricano molto materiale che, a prima vista, non ha valore giornalistico: sagre, mostre di paese, l'arrivo del
vescovo in parrocchia. Questo attivismo si traduce nel fatto che, quando scoppia un grosso evento, la Rete è
pronta. Lo chiamo "automatismo testimoniale", che è l'unico motivo al mondo per cui tu, che non sei ancora in
salvo sulla Costa Concordia, mentre ti tieni, riprendi te stesso. Non è narcisismo: molti CJ non mettono
neppure il nome! È un'enorme volontà di testimoniare, è il nostro "settimo senso", armato della protesi
tecnologica dei device. Una reattività unica, che stupisce i media stranieri». Un esempio. «Il più recente:
Noidiprato è un utente che manda flmati relative alla sua provincia. Però si trovava sul vaporetto nel momento
in cui c'è stato il tragico scontro con la gondola. Le immagini più signifcative le ha mandate lui. Ogni tanto,
ormai, i grandi media ci chiamano e ci chiedono: "Perché quel fatto non c'è ancora su YouReporter?"!». Qual
è il futuro visto da YouReporter? «Vedo due scenari. Uno consiste nella possibilità che il sistema
dell'informazione Ugc sorpassi come un'onda il giornalismo tradizionale e, introducendo forme di controllo
incrociato e di gerarchizzazione delle notizie da parte della community, lo rimpiazzi. Ma, convinto come sono
dell'importanza di una battaglia per l'informazione libera e pluralista, confdo nel secondo scenario». Che
sarebbe? «Quello di un'alleanza tra giornalisti e cittadini in cui i nostri metodi di verifca si applicano alla
grande occasione offerta dell'allargamento delle fonti creata dalle migliaia di persone che vogliono raccontare
la realtà. Senza per forza diventare giornalisti».
5 milioni alluvioni novembre 2011 Storie e consigli Te la do io la notizia! (edito da Mursia) è stato scritto da
Angelo Cimarosti, giornalista e cofondatore di YouReporter.it, il primo sito italiano di giornalismo partecipativo
per immagini, creato nel 2008. Contiene anche un "decalogo essenziale per mostrare una notizia senza farsi
male": è un'appendice con suggerimenti legali.
6 milioni terremoto in emilia
8 milioni Costa Concordia, immagini passeggeri
4,5 milioni Grande nevicata 2012
Gli eventi più cliccati In queste immagini, i cinque avvenimenti seguiti dai citizen journalist italiani sul sito
YouReporter.it che sono stati più visti dalla Rete.
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2,5 milioni strage camion a Cessalto (ve)
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Internazionale - N.1019 - 27 settembre 2013
Pag. 17
(tiratura:130000)
Telecom Spagna
Eusebio Val, La Vanguardia, Spagna
L'aumento della quota di partecipazione di Telefónica in Telecom Italia è stato preso piuttosto male a Roma,
molto gelosa del suo patrimonio industriale e imprenditoriale. I leader sia di centrodestra sia di centrosinistra
e i dirigenti sindacali hanno messo in guardia sulle conseguenze negative che potrebbe avere questa
operazione. La considerano un sintomo della crisi del "sistema Italia", già messa in evidenza dalla vendita di
alcuni marchi di lusso che ne costituivano l'emblema e da altre possibili operazioni come, per esempio,
l'assunzione del controllo di Alitalia da parte di Air France, e quella di alcune controllate di Finmeccanica da
parte di concorrenti coreani, statunitensi e giapponesi. A Roma è scattato l'allarme. Lo sbarco degli spagnoli
in Telecom costringerà il governo a dare spiegazioni al parlamento e a trovare il sistema per fermare
l'operazione o correggerla in qualche modo. Nel Partito democratico (Pd), la principale forza della coalizione
di governo guidata da Enrico Letta, l'indignazione è particolarmente accesa. Il senatore Massimo Mucchetti,
presidente della commissione industria, commercio e turismo del senato, ha accusato Telefónica di non aver
fatto una vera e propria oferta per l'acquisto e di voler ottenere il controllo dell'azienda italiana con un
investimento minimo, per comprare la quota di partecipazione dei suoi partner italiani nella holding Telco.
Secondo Mucchetti, Telefónica intende vendere le fiorenti attività di Telecom in America Latina, che sono il
gioiello della compagnia, ed eliminare un concorrente scomodo in quella zona del mondo. I sindacati hanno
anche messo in guardia sulla possibilità che, con il controllo di Telefónica, siano messi a rischio 16mila posti
di lavoro in Telecom Italia. Gli italiani sono preoccupati anche per il background finanziario dell'operazione,
perché se Telecom Italia è indebitata, Telefónica lo è ancora di più. Senza contare le riserve di tipo
nazionalista e strategico. Non è chiaro cosa ne sarà della rete telefonica fissa italiana e delle prerogative
nazionali per quanto riguarda il controllo dei dati e delle comunicazioni personali. Mucchetti ha detto molto
chiaramente che "la partita non è finita, anzi, deve ancora essere giocata": un esplicito avvertimento che
scatenerà una battaglia politica, perché si tratta di una questione di stato. u bt
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