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In edicola Fr. 2.– / € 1,35
ILTORNEO
ILFENOMENO
IL TICINO
DELL’HOCKEY
SI PREPARA
PER I PLAYOFF
ROGER FEDERER
VINCE A DUBAI
E LANCIA
IL SUO 2014
UNA MONTAGNA
DI NEVE
SULL’ORLO
DELLA VALANGA
SCHIRA A PAGINA 14
MORO A PAGINA 15
Reuters
LEPARTITE
Ti-Press
Losport
9
771660 968900
GAA 6600 LOCARNO –– N. 8
08
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
A PAGINA 21
Domenica
2 marzo 2014
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 8
La società
Ora basta
con i farmaci,
curiamoci
diversamente!
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il-Caffè
GUENZI ALLE PAGINE 18 e 19
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L’editoriale
LILLO ALAIMO
C’
D’AGOSTINO, MAZZETTA, ROCCHI e SPIGNESI ALLE PAGINE 2 e 3
Reuters
Ilreportage
Con i ribelli e la gente di piazza Maidan a Kiev
mentre aumenta la paura dell’intervento russo
Ilpizzino
è una classe politica disorientata. È la 9.2, figlia dei
risultati del voto anti immigrati di un mese fa. Il 9 febbraio
è stato il crinale che ora vede allineati conservatori e riformatori. I
primi, da un anno hanno preparato la loro campagna esasperando i
toni e deformando la realtà. La disoccupazione tra il 3-4% (dato fisiologico in qualsiasi mercato) è
stata trasformata in allarme sociale. E le distorsioni del mercato del
lavoro, certamente esistenti sul
piano salariale, sono state cavalcate ed hanno legittimato accenti
estremi, proposte eccessive figlie,
talvolta, di un’esterofobia latente.
A sinistra e al centro - se ancora
queste categorie hanno un senso
in un panorama fatto più di voglia
di conservazione e chiusura che di
riforme e aperture - per meri calcoli elettorali ci si è fatti trascinare
sul paludoso e pericoloso terreno
della demagogia, del populismo...
È accaduto prima del voto e sta accadendo ora, con tratti politici che
rischiano di rallentare e danneggiare per troppo tempo un’economia, quella elvetica, sì ricca ma
non per questo impermeabile ai
venti globali.
Il 9 febbraio pochi s’attendevano
un risultato così forte in alcuni
cantoni. E meno ancora una vittoria a livello nazionale, seppur di
misura, dell’iniziativa popolare
udc. Pochi credevano che il populismo dei conservatori avesse attecchito così in profondità. Nemmeno loro, donne e uomini della
demagogia politica che, in queste
settimane post voto, quasi involontariamente hanno trasformato
il dibattito in una sorta di arena totale del trash. Cioè a dire che in politica la “volgarità” è la ricerca del
facile consenso. Nel breve tempo
paga elettoralmente. Alla lunga
danneggia il Paese.
La situazione sembra sfuggita di
mano. Alla destra, ma pure agli altri che, senza bussola (e con troppo opportunismo partitico) hanno
e stanno di fatto seguendo gli avversari di sempre sul loro terreno.
La politica supersemplificatoria, la
9.2 - che da un mese e ogni giorno
dispensa ricette miracolose (fra un
po’ qualcuno proporrà il controllo
Dite al Sergio
delle nascite con criteri legati al
che al grido
“avanti Savoia”, passaporto, così da evitare i contingenti ai lavoratori) - rallenti, si
a qualcuno
fermi e rifletta sulle prossime mosnon finì bene
se da fare. Dovranno essere, checchè se ne dica, strategie riparatrici
del voto uscito dalle urne, perché
tornare a dieci, vent’anni fa - a prima dei Bilaterali con l’Europa cioè,
come i conservatori auspicano - è
certamente possibile per la Svizzera, ma sarebbe come tornare al
medioevo economico. Perché il
mondo nel frattempo è andato
avanti.
[email protected]
Q@lilloalaimo
Tutti in fondo...
a destra
Nel Paese accelera
la corsa alla chiusura.
Il ministro Sadis
avverte: “Attenzione,
la situazione può sfuggire
di mano. La politica
sia meno cinica!”
Ma dopo il voto anti
immigrati anche Ppd, Plrt
e parte della sinistra
rincorrono Lega,
Verdi e Udc. Il nuovo asse
dei conservatori
René Bossi © il Caffè
“POLITICI 9.2”
FERMATEVI
E RAGIONATE!
L’allarme
Reuters
Venti di guerra
spazzano la Crimea,
braccio di ferro
tra Mosca e gli Usa
AGLIASTRO e BONANATE ALLE PAGINE 4 e 31
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Torna l’eroina
ma si fuma
dopo la sniffata
A PAGINA 5
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
Il ministro dell’Economia Johann
Schneider Ammann ha incontrato ieri,
sabato, a Palazzo federale
i rappresentanti del mondo
economico per fare il punto sul voto
del 9 febbraio contro l’immigrazione
di massa. Un primo scambio di
“Troppe reazioni isteriche,
si alimentano solo paure”
Dopo il voto antiimmigrati
Esclusione e chiusura
l’ammucchiata
è in fondo a... destra
CLEMENTE MAZZETTA
L
a politica spinta dalle paure della
gente, si sta sempre più accalcando
a destra. Una dinamica che alimenta un clima emergenziale da ultima
spiaggia: blocco degli stranieri, basta immigrati, stop ai frontalieri, no all’Europa,
Ticino a Statuto speciale. Contro Roma e
contro Berna. Contro i “padroncini” e
contro i “padroni” alla Eveline Widmer
Schlumpf, il consigliere federale fischiata
come se fosse allo stadio dal “capopopolo”leghista Attilio Bignasca.
Una situazione che preoccupa un esperto osservatore politico come Franco Masoni, ex senatore Plrt e anima dell’Associazione Carlo Cattaneo da sempre in
prima fila nella promozione dei rapporti
culturali con l’Italia: “Stiamo vivendo un
cambiamento epocale – osserva Masoni
-. Sta finendo un mondo a cui eravamo
abituati e ne sta cominciando un altro
L’allarme del ministro Sadis: “Attenti a questo clima anti stranieri
la situazione può sfuggire di mano, la politica sia meno cinica!”
I regressisti
LIBERO D’AGOSTINO
I
Franco Masoni
Nuovi conservatori
Confronto delle percentuali di voto dal 1999 al 2011
per l’elezione del Gran consiglio ticinese
Lega
18.2
Verdi
22.8
5
2.4
5.5
4.2
1.5
IL MINISTRO
La direttrice del dipartimento
finanze ed economia,
Laura Sadis
2003
2011
toni. Partiti, politici e quanti altri
orientano l’opinione pubblica,
devono stare più attenti anche
alle parole che usano, perché le
Le richieste dell’asse
conservatore Udc,
Lega e Verdi
stanno dettando
l’agenda politica
modalità espressive sono importanti e le parole stesse si possono
caricare di violenza”. Avvertenze
al vento, verrebbe da dire guar-
dando a quanto sta capitando in
questi giorni, al susseguirsi delle
richieste più assurde per concretizzare subito in Ticino gli obiettivi dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, per fare pressione
sul Palazzo federale ritenuto troppo accondiscendente e debole
con l’Ue poco propensa ad accettare passivamente il no svizzero
alla libera circolazione delle persone. I fischi che pochi giorni fa
hanno accolto ad Agno il consigliere federale Widmer-Schlumpf
hanno fatto da colonna sonora all’immagine di un cantone ripie-
Il politologo/2
Oscar Mazzoleni
gato su se stesso. Avvitato in un logica localistica che vuole deliberatamente ignorare le complesse
ragioni degli interessi nazionali,
della necessità di non tagliare i
ponti con l’Ue e definire una nuova strada nelle trattative con Bruxelles.
“Oggi questo ripiegamento localistico non è un problema che abbiamo solo noi - sottolinea Sadis-.
Gli effetti stessi della globalizzazione, l’impatto che essa ha avuto
sull’economia, sulla finanza e sulla società con il dirompente sviluppo tecnologico, hanno solleci-
Pascal Sciarini
N
venti seguiti al voto dell’iniziativa del 9
febbraio i sintomi di “una sindrome da ridotto cantonale”.
“Si nota l’esigenza di ridefinire i rapporti
con quatro tipi di pubblici diversi - chiarisce -. Prima di tutto con la popolazione,
col cittadino ticinese, poi con le autorità
di Berna, quindi con l’imprenditore e il la-
“Oggi si parla di ‘statuto
speciale’, ma è da un secolo
che si rivendica attenzione”
voratore straniero. Il quarto pubblico, invece, è il gioco politico tutto interno al
cantone. Senza dimenticare che non è da
oggi che il Ticino si sente una regione periferica, è da decenni che rivendica un’attenzione particolare. Oggi si parla di ‘statuto speciale’, ma ieri lo si proponeva in
forme diverse toccando temi differenti
dal Gottardo alla lingua italiana”.
e.r.b.
LE ELEZIONI
Ogni metodo è
buono pur di
avvantaggiarsi
nella corsa alle
prossime
elezioni
cantonali
essuna animosità, perché il voto
è ormai alle spalle, ma è con “tristezza” che Pascal Sciarini, docente di scienze politiche all’università
di Ginevra guarda al Ticino del dopo “sì”.
“Soprattutto nel constatare uno scadimento di quella che dovrebbe essere
un’élite, nel linguaggio usato, nelle posizioni appiattite dei partiti che cercano
solo un posizionamento, una manciata
di voti in più alle prossime elezioni”
commenta, constatando un sicuro danno d’immagine per il cantone .
L’immagine del Ticino non ne uscirà
migliorata, ribadisce, anche se si prova
una certa forma di ‘comprensione’ nei
riguardi di una regione che vive dei problemi particolari: “ Problemi che, in fondo, sono gli stessi di Ginevra, solo che
Ginevra è molto più forte, più internazionale, mentre il Ticino, che non ha
una forza d’attrazione economica, l’internazionalità non l’ha raccolta. Anzi,
gli è sfuggito il concetto ‘glocal’ ed è di-
tato un forte ritorno al referente
territoriale, locale. È un bisogno
naturale che vive ciascuno di noi
e in sè questo localismo è positivo, diventa però molto pericoloso
se viene esasperato, se vuole essere chiusura, creando la falsa illusione che così si possono risolvere tutti i problemi”.
Resta il fatto, però, che oggi la scena politica cantonale appare monopolizzata da questo ripiegamento territoriale, con una sindrome d’assedio che detta l’agenda dei partiti, quando sarebbe
invece più che mai necessario rio-
L’economista/1
Orazio Martinetti
“L’emarginazione
degli intellettuali ha
prodotto un’azione
politica debole,
senza profondità”
La copresidente Adèle Thorens
“I Verdi ticinesi
non li capisco”
ZANTONELLI A PAGINA 11
Paolo Pamini
L’economista/2
Un ritorno al passato ma in tono minore,
dunque: “Con la conseguenza che oggi
la cultura politica dei partiti è meno profonda, meno quadrata di quella degli
anni ‘30”. Paradossalmente l’apertura
delle frontiere ha prodotto meno rispetto
agli anni ‘30, quando le frontiere erano
chiuse. “L’emarginazione delle forze intellettuali dai partiti ha generato una politica debole, friabile, con iniziative frutto dell’improvvisazione, confuse”. Il tutto
con un rapporto ambivalente verso nord
e sud. “Il Ticino continua ad esprimere
verso l’Italia una specie di complesso di
superiorità, giustificato dalla deriva italiana nel gestire problemi interni e dall’incapacità di concludere lavori pubblici
come la Stabio-Arcisate – aggiunge Martinetti - . E ripropone verso Berna l’atteggiamento del cantone dimenticato, trascurato”. L’atteggiamento del figlio abbandonato, che ha bisogno di cure speciali. “Mi pare che le reazioni della classe
politica – conclude Martinetti – siano
scomposte, scarse di contenuto. Le rivendicazioni verso Berna, che ci sono
sempre state, in passato erano più documentate e argomentate. La classe politica era più preparata rispetto a quella di
[email protected]
oggi”.
Q@clem_mazzetta
Angelo Rossi
“Si sta navigando senza una bussola, “Non si è ancora capito che i frontalieri
e questo non farà bene all’economia” hanno portato maggiore flessibilità”
“L
ventato invece decisamente ‘local’”. Per
il politologo il cantone ha finito per subire tutti gli svantaggi del libero scambio
tra le frontiere, senza coglierne i benefici. “Diciamo che non ha riscontrato una
reciprocità di benefici, nè dall’Italia, nè
da Berna, finendo per considerarsi comunque una periferia - precisa -. È an-
“Si sono così esacerbati
i problemi al punto che la
percezione supera la realtà”
che vero però, che sia i media, sia i politici hanno esacerbato questi problemi.
Al punto che la percezione dei problemi
è diventata molto più forte del problema
stesso. Vorrei chiedere, ad esempio, a
chi si lamenta per la disoccupazione,
per i posti di lavoro persi, quanti ticinesi
veri disoccupati conoscono personalmente”.
e.r.b.
rientarla sui veri problemi del Ticino. “Dovremmo dare la priorità
ai grandi temi del lavoro, e senza
allarmismi, alla formazione e alla
riqualificazione professionale,
alle condizioni perchè non si abbia bisogno dell’assistenza pubblica per vivere. Ma per fare ciò conclude il ministro Sadis - ci
vuole un approccio diverso. Bisogna ritrovare la capacità di ascoltare gli altri e di lavorare assieme.
In poche parole in politica ci vorrebbe meno cinismo”.
[email protected]
Q@LiberoDAgostino
IL LAVORO
Il dopo 9
febbraio rischia
di produrre
effetti negativi
sotto il profilo
economico
e reazioni sul piano politico al
voto del 9 febbraio, che avranno necessariamente riflessi su
quello economico, per quanto tristi sono
razionali”, dice l’economista Paolo Pamini, docente in Law&Economics all’Ethz
di Zurigo. “E dico razionali - aggiunge perché tutti guardano già alle prossime
elezioni, tra un anno. Così si prova, da
destra e sinistra, ognuno a modo suo, a
cavalcare la protesta, a interpretare e
dare risposte a quel quasi 70 per cento di
popolazione ticinese che ha detto sì all’iniziativa Udc. Talvolta, però, giungono
proposte che pochi capiscono, come
quella recente sullo statuto speciale per
il Ticino”.
Secondo Pamini, poi, “i riflessi che questo clima produrrà sotto il profilo economico, si annunciano assai negativi”. Si sta
modificando un sistema che ha prodotto
successo e benessere. “Quanto potrà essere frenato il mercato lo capiremo però
solo fra tre anni, quando verranno messe
D
in pratica le misure sui flussi migratori”.
Ma questo lasso di tempo, dove regnerà
l’incertezza e dove le proposte si sussegueranno, non farà bene all’economia.
“Stiamo andando - aggiunge Pamini verso un futuro scivoloso. Il problema
vero, di fondo, è che mancano le proposte di lungo respiro. Questa massificazio-
“Quanto potrà essere
frenato il mercato lo
capiremo solo fra tre anni”
ne che ha compresso insieme destra e sinistra su un terreno identitario ci ha portato a ragionare in un contesto totalmente deideologizzato. Un contesto dove
tutti da settimane sono impegnati in una
navigazione di piccolo cabotaggio, senza
bussola. Nessuno sa esattamente dove
andare, perché nessuno dopo il voto ha
la soluzione in tasca”.
m.sp.
Ti-Press
protezionistica che ha contaminato anche gli altri partiti, senza
più distinzioni tra destra e sinistra. È una corsa a chi arriva per
primo con proposte eclatanti. Un
fenomeno ormai sistemico e contagioso per il timore di non essere
visibili mediaticamente, anche in
vista delle prossime elezioni.
“Sono queste dinamiche che rischiano di isolare il nostro cantone - dice Sadis -. È legitimo e doveroso far conoscere a Berna le
nostre difficoltà, ma taluni accenti esasperati non ci aiutano di certo. Il mio invito è di abbasare i
Ti-Press
a situazione che si è venuta a creare
in Ticino viene vista con un certo
pragmatismo da Oscar Mazzoleni,
responsabile dell’Osservatorio della vita
politica. “Sì, perché in fondo costringe
tutti a capire cosa succede in Ticino, in
Svizzera - spiega -. Paradossalmente, anziché dividere può avvicinare di più gli
europei agli svizzeri”. Uscendo dal paradosso, però, parlando di futuro prossimo
il politologo usa una parola chiave: incertezza.
“I riflessi mediatici in Europa e soprattutto in Italia già travalicano le frontiere influenzando le campagne elettorali continentali, generando incertezza in Ticino
sia nei confronti di Berna, dell’Italia dell’Ue - aggiunge -. E l’incertezza diventa
motore di una campagna permanente,
anzi l’incertezza ne è la benzina ideale:
tutti in questo clima si sentono ancora in
gioco, e chi non partecipa si sente tagliato
fuori”. Nello stesso tempo, però, Mazzoleni non esita a riconoscere, in tutti gli inter-
2007
Ti-Press
mulare proposte che si possono
davvero concretizzare”.
Insomma, non basta soffiare sul
fuoco, come si sta facendo in queste ultime settimane, dopo il voto
del 9 febbraio. Una vittoria che ha
santificato l’asse conservatore
Udc, Lega e Verdi, con Marco
Chiesa, Attilio Bignasca e Sergio
Savoia che si rincorrono nel profilarsi meglio con nuove richieste
per sbarrare la strada ai lavoratori
d’oltre confine e un rivendicazionismo incendiario verso Berna,
accusata di sottovalutare le ragioni del Ticino. Una schizofrenia
1999
“Una sindrome da ridotto cantonale” “Partiti appiattiti alla ricerca del voto
che condanna alla totale incertezza e un’élite molto più local che glocal”
Ti-Press
che ha dei vantaggi, ma pure dei rischi. È
comprensibile che la gente abbia paura
di questi cambiamenti, meno comprensibile però che i politici reagiscano in
modo quasi isterico. In politica bisogna
conservare il sangue freddo: da un lato
occorre sollecitare dal governo una maggiore fermezza, ma dall’altro non bisogna
diffondere panico fra la gente. Per questo
auspicherei che i partiti evitassero di agitare queste paure”.
Dare risposte concrete, fattibili, non aumentare i timori nonostante la complessità della situazione e la difficoltà nel far
capire a Berna le esigenze di un cantone
di frontiera come il Ticino. “Certo che i
problemi oggi sono di difficile soluzione
– aggiunge Masoni -; avvertiamo la sensazione che il governo federale difenda
meno e con minor determinazione certi
valori della Svizzera rispetto a quello che
vorremmo. Ma bisogna rendersi conto
che dobbiamo cercare di risolverli con il
massimo delle nostre capacità intellettive, senza lasciarci trasportare dalla rabbia momentanea”.
Invece adagio, adagio i partiti sembrano
scadere in un localismo esasperato. Cristallizzando, come sostiene lo storico
Pompeo Macaluso, “una mentalità da
bunker”, fra i cittadini, una piccola patria
7.6
5.9
2.8
contro i balivi del Nord e i ladroni romani. Costruendo un muro simbolico attorno al Ticino. Un sentimento che si ricollega a quell’identità “coatta”, stretta fra il
“sospetto verso il nord e l’antitalianismo
generico” costruita negli anni ’30. Insomma, il cantone viene rappresentato
sempre più come il villaggio di Asterix
isolato nel cuore dell’impero europeo.
Senza pozione magica, ma con i fischietti
di Attilio Bignasca.
“Osservo che stanno assumendo sempre
più importanza certi elementi della difesa, del ‘ridotto’, anche con figure mitologiche come il San Gottardo inteso come il
‘genio buono che ci protegge - dice al
Caffè Orazio Martinetti, giornalista e saggista, autore di “Fare il Ticino” –. Il tutto
senza la profondità di pensiero, senza lo
sguardo oltre i propri confini che c’era
negli anni ’30 con Guido Calgari, con Arminio Janner, personalità di spicco, con
una formazione solida”.
16.2
Udc
11.9
Il politologo/1
L
“È comprensibile
che si provi
timore, meno che
i politici reagiscano
in modo isterico”
Ti-Press
solazionismo, localismo, difesa territoriale e identitaria. Il voto contro l’immigrazione di massa non ha
raffreddato gli animi. Tutt’altro. Contro frontalieri e padroncini i toni salgono con accenti ormai apertamente xenofobi.
Un protezionismo esasperato alimentato da una grande ammucchiata a destra in cui persino le
battute da bar si traducono immediatamente in proposte politiche. Il muro al confine minacciato
da Giuliano Bignasca, il presidente leghista scomparso giusto un
anno fa, oggi si è compattato in un
sentimento di diffusa ostilità verso i lavoratori che arrivano dall’Italia. “Attenzione a questo clima
antifrontalieri e anti stranieri, perchè la situazione potrebbe sfuggire di mano”, avverte il ministro
Laura Sadis, che punta il dito contro il “cinismo” che avvelena la
politica ticinese.
Un desiderio trasversale di chiusura, infittito da allarmi, rivendicazioni e proclami che preoccupa
il ministro delle Finanze, consapevole degli inevitabili contraccolpi sul tessuto sociale ed economico del cantone. “Il mercato del
lavoro e le pressioni sui salari
sono un problema serio che non
va certamente sottovalutato e che
abbiamo seguito attentamente afferma Sadis-. Ma questo problema non va enfatizzato, bisogna, invece, darsi da fare per for-
vedute, durato circa tre ore, con cui
le associazioni economiche hanno
ribadito la necessità che si arrivi
ad una definizione “equilibrata e non
burocratica” dei contingenti per la
manodopera estera per non
penalizzare le imprese.
Le analisi L’appello di Masoni e Martinetti per una politica più ragionata e aperta
IL DIBATTITO
LA PROTESTA
Attilio Bignasca
fischia l’arrivo
ad Agno del
consigliere
federale
WidmerSchlumpf
3
Ammann incontra il mondo economico
I BILATERALI
Per la destra i
bilaterali hanno
portato più
danni che
benefici ai
lavoratori
ticinesi
ietro l’allineamento a destra di
molti partiti, con la cascata di
proposte anti stranieri dopo il
voto del 9 febbraio, c’è un perché. “Una
spiegazione, seppure parziale, – dice
l’economista Angelo Rossi - sta nell’evoluzione seguita dalla classe media
ticinese a partire dal 1995, quando c’è
stato uno scollamento. Da un lato gli
strati superiori hanno beneficiato degli
effetti della crescita economica, mentre un’altra parte si è sentita più insicura e ha pensato che la colpa fosse dei
frontalieri. Cercare la colpa altrove per
sfogare il malcontento è un classico dei
movimenti nazionalisti”. Un classico
cavalcato in questi giorni da diversi
partiti. “Ma i frontalieri - nota Rossinon hanno inciso direttamente sui salari, hanno invece portato a una maggiore flessibilizzazione del lavoro. Oggi
si lavora di più a tempo parziale. E per
una famiglia mettere insieme un reddito sufficiente è difficile”. Da qui la rea-
zione che ha coinvolto, in parte, anche
la sinistra. “Non è una novità. Prendiamo il movimento sindacale: ha sempre
dato la precedenza agli svizzeri. Negli
anni Sessanta era così. Si diceva che gli
stranieri potevano arrivare nella Confederazione, ma c’erano precise priorità nelle assunzioni. Il cambio di linea è
“Si agisce pensando solo
all’immediato invece si deve
ragionare su tempi lunghi”
avvenuto con i bilaterali, perché c’erano patti da rispettare”. Ma quello che
secondo Rossi oggi non si è compreso è
che per ritrovare un equilibrio si dovrà
ragionare su tempi lunghi. “Come è capitato dopo il voto sullo Spazio economico europeo. Ora non si andrà a trattare con il governo dell’Ue, ma con 28
governi diversi”.
m.sp.
4
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
Duro monito del presidente Usa
mondo
Reuters
americano Obama che ha
avvertito: “Gli Usa saranno
a fianco della comunità
internazionale.L’intervento
armato di Mosca sarebbe
destabilizzante per l’Ucraina e
potenzialmente pericoloso”
“È una chiara violazione
dell’impegno della Russia a
rispettare l'indipendenza, la
sovranità e i confini
dell’Ucraina e delle leggi
internazionali”. Netta la
condanna del presidente
I MILITARI RUSSI IN CRIMEA
IL REPORTAGE
Mare
Mar
del Nord Caspio
La crisi ucraina
55
Dopo il via libera
del parlamento
russo all’intervento
dell’Armata Rossa,
nella penisola sul
Mar Nero è il caos
LE
MAPPE
Dove e quante sono le navi da combattimento russe
8
U C R A I N A
Mar
Nero
Oceano
Pacifico
Mar
Baltico
25
53
30
LUIGI
BONANATE
Lo zar Putin
e l’illusione
di ricomporre
l’ex Urss
MA
D'AZ R
OV
R USSIA
C R I M E A
Simferopol
Sebastopol
Quartier generale
della flotta russa
nel Mar Nero
R
MA O
R
E
N
Novorossiisk
Porto che
Mosca intende
sviluppare
militarmente
“No, i fratelli russi
non attaccheranno
altrimenti gli Usa...”
A Kiev fra le paure della gente di piazza Maidan
mentre in Crimea soffiano i primi venti di guerra
IL CAOS
Sostenitori del nuovo governo
ucraino, difesi dalla polizia,
si oppongono ai filorussi
Reuters
GIUSEPPE AGLIASTRO
da KIEV
Nella penisola di Crimea soffiano i
primi venti di guerra. Il parlamento
russo, all’unanimità, ha approvato
l’intervento dell’Armata Rossa in
terra ucraina “finché la situazione
non si sarà stabilizzata”. La tensione è altissima, ma a Kiev la gente di
piazza Maidan sembra non voler
credere all’eventualità di un scontro con la Russia. “Putin non attaccherà mai, perché se no interverranno gli Stati Uniti”, dice Nastia, 21
anni, mentre distribuisce tè ai manifestanti da un pentolone nero.
“La comunità internazionale – sostiene - non permetterà mai una
guerra adesso,
dopo tutto quello
che è successo”.
In realtà non
sembra molto
convinta, sa che
le nuove autorità
di Kiev hanno già
accusato Mosca
di “invasione armata”, che l’esercito è in stato di
allerta e che i
media stanno seguendo i movimenti delle truppe russe nella
penisola.
Ma Nastia non è
la sola a cercare
di esorcizzare la
guerra. Vladimir,
che di anni ne ha
una sessantina,
non vuole nean- Reuters
che sentir parlare
di un conflitto
con la Russia. Lui
è un ex militare,
uno dei “liquidatori” intervenuti a
Chernobyl per arginare il disastro
nucleare mettendo a repentaglio
la propria vita: “I
russi sono fratelli
– dice -, sono slavi
come noi, è impossibile che invadano l’Ucraina”.
Andrei, 23 anni, è di Odessa, ed è
uno dei pochi a venire dalla città
sul Mar Nero dove si parla in prevalenza russo e dove le proteste di
Maidan non godono di largo segui-
to. “Sono arrivato solo tre giorni fa –
spiega -, non ho partecipato agli
scontri e forse è stato un errore venire a Kiev. Qui la situazione ora è
calma, dovrei andare in Crimea, è lì
che bisogna difendere l’Ucraina
adesso”. Ma Andrei pensa che si
debba impedire ai filorussi della
Crimea di portare la penisola alla
secessione, e non crede che Mosca
possa invadere il territorio ucraino:
“Putin non può mettersi contro
Usa e Ue solo per la Crimea, ma se
scoppia la guerra sono pronto a
combattere. Non ho paura della
morte: bisogna morire. Una volta
tocca a tutti, tanto vale vivere nel
frattempo”.
Alyona ha 32 anni e dice di essere a
Maidan “per la libertà del popolo
ucraino”. L’obiettivo principale
sembra essere stato raggiunto: cacciare l’ormai ex presidente Viktor
Ianukovich, simbolo di un sistema
statale corrotto e autoritario. “Ma
dobbiamo restare all’erta – aggiunge –. Ianukovich pensa di essere
ancora il presidente legittimo e
qualcuno potrebbe tentare di farlo
tornare al potere”. Anche lei non
crede alla possibilità di una guerra
con la Russia, ed è pure convinta
che “Stati Uniti e Ue non lo permetterebbero”.
A Maidan c’è anche una tenda di
russi, con tanto di tricolore listato a
lutto. “Siamo pochi per ora e credo
che saremo sempre pochi, ma non
importa”, racconta Ivgheni, 46 anni,
della regione siberiana dell’Altaj.
Anche lui non crede alla guerra:
“Anche se qui ci sono gruppi di nazionalisti che non lo capiscono –
dice puntando il dito contro il partito ‘Svoboda’ -, russi e ucraini sono
fratelli”. Ma se davvero ci sarà un
conflitto, Ievgheni non ha dubbi:
“Non combatterò mai dalla parte
di Putin”.
Il centro della capitale è ancora
sconvolto dagli scontri delle scorse
settimane. I cadaveri sulla strada
non ci sono più, ma il ricordo delle
decine di persone uccise in quei
giorni dai cecchini delle forze speciali continua a commuovere. Maidan, la piazza Indipendenza nel
cuore di Kiev che è stata per tre
mesi al centro della rivolta, si è
riempita di fiori. Garofani, crisantemi, tulipani e rose sono dappertutto in piazza e nelle vie adiacenti,
così come le foto dei caduti: gli
“eroi di Maidan”, come li chiamano
i manifestanti. Dietro le barricate
del ‘fortino’ c’è anche chi si lascia
scappare qualche lacrima mentre
depone un fiore. Intanto, in Crimea
soffiano pericolosi venti di guerra.
Da giorni decine di uomini armati
tengono sotto controllo gli aeroporti di Sinferopoli e Sebastopoli,
nella penisola sul Mar Nero sono
atterrati 2000 paracadutisti russi,
mentre i tank inviati da Putin presidiano i confini orientali.
I GASDOTTI RUSSI
gasdotti principali
nuovi gasdotti di circonvallazione dell’Ucraina (2011)
nuovi gasdotti di circonvallazione dell’Ucraina (in costruzione)
FINLANDIA
SVEZIA
RUSSIA
ESTONIA
Mosca
LETTONIA
LITUANIA
BIELORUSSIA
Il 60% del gas
russo che arriva
in Europa
attraversa
l’Ucraina
Kiev
POLONIA
UCRAINA
UNGHERIA
ROMANIA
QUANTI
PARLANO
RUSSO
Kiev
più del 75%
tra il 25 e il 74%
tra il 5 e il 44%
meno del 4%
SERBIA
BULGARIA
Mar Nero
TURCHIA
Fonte: Cnn
Fonte: Cnn
L’EMERGENZA FINANZIARIA
Debito pubblico in dollari
73
61
CARRI ARMATI
Al posto di confine di Balaclava
in Crimea truppe russe scortano
il passaggio dei tank dell’Armata
Rossa inviati da Mosca
miliardi
in totale
miliardi
12
miliardi
da rimborsare
entro il 2014
Pil per abitante nel 2013
(a parità di potere d’acquisto),
in euro
Polonia
Debito pubblico in % del Pil
56
Polonia
37
Ucrain
50
17’200
48
a
15’700
Russia
14.6
12.5
Ucraina
Russia
5’900
Fonte: Financial Times, Seri, Eurostat, Cia World Factbook
2012
2013
2014
Non illudiamoci. La questione ucraina, vista la minacciosa tensione di ieri, sabato,
non è finita con la cacciata di
Yanukovich e non finirà neppure con qualche aiuto finanziario dell’Unione europea. Sta giungendo solo ora
a maturazione un fenomeno
ben più importante, che segna il momento in cui i seguiti della grande rivoluzione internazionale dell’Ottantanove si depositano definitivamente. Forse non hanno
ancora tutti ben inteso che
cosa capitò il 9 novembre
1989: in primo luogo, finendo la Guerra fredda, l’Unione Sovietica si ritrovò svuotata di ogni contenuto (tant’è
vero che due anni dopo sparì
dalla scena) e dovette re-inventarsi una personalità. In
secondo luogo, gli Stati alleati, alcune ex-provincie dell’Urss, e altri di antica tradizione, appena liberati dal
giogo sovietico, dovevano
darsi un nuovo assetto, che
tutti immaginavano sarebbe
stato democratico.
Ma la nuova Russia, dopo
anni di tentennamenti, si è
data un regime
tutt’altro che
democratico.
Putin assomiglia un po’ a
uno zar
e un po’
a un
vecchio
primo
segretario del Partito comunista
dell’Unione Sovietica! Gli
Stati che hanno ottenuto o
ritrovato la loro autonomia o
indipendenza hanno avuto
una transizione variegata.
Alcuni si sono accostati immediatamente all’Unione
europea, nella quale sono
stati rapidamente inglobati.
Ma altri sono rimasti presi
tra due fuochi: meno vicini
all’Ue e quindi meno direttamente assimilabili, troppo
vicini alla Russia per sfuggire
al suo abbraccio. L’Ue promette sviluppo economico e
sicurezza, ma non è disposta
a regalare tutto ciò ai nuovi
venuti. La Russia invece è disposta a regalare (o quasi) a
tutti quel che vogliono, pur
ché accettino di contribuire
a una specie di ricomposizione del mosaico che era
stata l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche.
Ma l’Occidente non vede di
buon occhio la rinascita di
una Russia-grande potenza,
e la Russia teme di essere accerchiata.
In Ucraina si sono viste chiaramente in azione queste
due anime che si lacerano.
La risposta dovrebbe venire
da una ben intesa svolta democratica: che sia il popolo a
prendere la sua decisione.
Voti e si vedrà che cosa sceglie. Ma, come quasi sempre,
c’è un “ma”. E se la Russia,
così coinvolta, tagliasse i viveri ai vicini ucraini? Ed ecco
che il problema passa di colpo sul versante opposto, occidentale, che deve essere
tanto generoso da sostenere
la nuova democrazia ucraina. E tra poco, mentre soffiano venti di guerra, arrivano
anche le elezioni europee:
un bell’ingorgo.
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Libero Gerosa
Melitta Jalkanen
Più che meritato riconoscimento
per il direttore dell’Istituto
internazionale di diritto canonico
della Facoltà di teologia di
Lugano. Papa Francesco lo ha
riconfermato consultore del
Pontificio consiglio per i laici.
La consigliera comunale verde di
Lugano esulta all’idea di bloccare
il Gottardo al traffico straniero
come risposta all’Ue che ha
escluso la Svizzera da Erasmus.
La “new entry” nella forsennata
gara a chi la spara più grossa
attualità
Ti-Press
IL FENOMENO
Droga e criminalità
L’eroina torna sul mercato,
non s’inietta ma si fuma
e si consuma dopo la coca
I sequestri di “polvere bianca” toccano quota 24 chili
TRAFFICI E PREZZI
Sequestri di eroina delle guardie
di confine
Il sequestro
più significativo
24 kg
18
kg
Prezzi di mercato in Svizzera, dollari al grammo, droga non tagliata
di eroina
95,6
Cocaina
Ecstasy
19,1
Trovati il 1 giugno 2013 in un’auto targata Zurigo
4,4 kg
0,2 kg
2011
2012
1300
Le denunce, nel 2013, di
polizia e guardie di confine
per traffico di stupefacenti
104
Gli arresti per droga
nel 2013 effettuati da polizia
e guardie di confine
2013
Eroina
47,8
Marijuana
9,6
Droghe chimiche
286,7
Fonte: Havocscope mondiale black market value, Guardie di confine, Polizia
MAURO SPIGNESI
G
li ultimi due sequestri hanno fatto scattare il campanello
d’allarme. L’eroina,
la droga della contestazione, il simbolo malato degli
anni Settanta, si è riaffacciata
bruscamente sul mercato. Non si
inietta più, si fuma per stemperare gli effetti sovraeccitanti della cocaina e l’Aids trasmesso con
le siringhe è solo uno spettro
lontano nel tempo. Normale
dunque la meraviglia sulle facce
delle guardie di confine quando
pochi mesi fa, alla dogana di
Brogeda, hanno scoperto su
un’auto targata Zurigo panetti
per un totale di 18 chili di eroina.
O quando, ad agosto, ancora una
pattuglia di agenti ha controllato
una coppia che viaggiava su un
bus di linea e dalle loro valigie
sono spuntati quattro chili
d’eroina. Che il Ticino sia diventato un punto di transito, ma anche un mercato interessante per
lo spaccio, lo dicono i numeri.
Nel 2011 alla frontiera erano stati
sequestrati appena 200 grammi
di eroina. Nel 2012 si era arrivati
a quasi 5 chili. L’anno scorso si è
toccata quota 24 chili. “Anche
noi abbiamo notato questo incremento - spiega il comandante
del Corpo delle guardie di confine Mauro Antonini - e soprattutto abbiamo notato che il traffico
con i Balcani, snodo scelto dai
produttori afgani e pakistani, da
dove questa droga parte verso
l’Europa, è ripreso come un tempo”.
Sicuramente l’intensità non è
più quella degli anni Settanta e
Ottanta, anche perché oggi sulmercato c’è un vasto assortimento di droghe in vendita, con la
cocaina sempre in cima alla classifica del desiderio e della dipendenza. Ma 24 chili di eroina sono
comunque tanti. “È possibile osserva il comandante Antonini
- che anche la crisi economica
abbia spinto i tossicodipendenti
a riconsiderare l’eroina, che non
si assume più bucandosi con
una siringa ma fumandola. Inoltre, le altre sostanze continuano
a essere spacciate a prezzi sicuramente superiori. Ma, al di là di
questo aspetto, noi restiamo impegnati a stringere ancor di più i
cordoni dei controlli per impedire che il traffico di droga faccia
tappa nel nostro Paese”.
Secondo la Polizia cantonale,
però, i sequestri mostrano solo
un aspetto del fenomeno. È vero
che l’eroina transita in grandi
quantità sul Ticino, ma il mercato locale ne assorbe solo una minima parte. Il resto prosegue per
l’Italia. Perché quello che tendenzialmente emerge a livello
cantonale è una realtà molto variegata, e aperta alle novità,
come le nuove droghe sintetiche. Oggi, come spiegano a Ingrado, il servizio di aiuto contro
le dipendenze, il consumo è
sempre più orientato verso i
cocktail, cioè verso quella che si
chiama “politossicomania”, l’uso
L’intervista
di più sostanze insieme. “Il consumo più frequente è quello delle diverse varietà di canapa spiega Giudo De Angelis, sociologo di Radix, l’associazione che
lavora sulla prevenzione delle
dipendenze - seguono la cocai-
na, e poi le anfetamine. L’eroina,
invece, è sempre più usata per
sedare gli effetti stimolanti e di
euforia prodotti dalla cocaina.
Non è più usata quale droga unica, come avveniva un tempo, ma
con altre sostanze”. L’eroina ave-
va avuto una brusca frenata col
dilagare dell’Aids, ora viene fumata e, sparite le siringhe, è caduta anche la barriera psicologia
della paura.
[email protected]
Q@maurospignesi
Le tendenze dello sballo, tra eccessi e voglia di trasgressione, secondo il naturopata Mario Nurchis
Si “arrotolano” anche le foglie dell’ortensia
L
illa o blu. L’ultima tendenza è fumare foglie e fiori di ortensia fatti essicare come si fa con le foglie di tabacco. “È uno sballo come un altro, è un po’
come fumarsi il rosmarino. Ormai ne sto
sentendo di tutti i colori e non mi meraviglia più nulla”, spiega Mario Nurchis naturopata ed esperto di medicina naturale
con studio a Mendrisio.
In Svizzera l’ortensia è diventata una
droga fai-da-te. Che
effetti può avere?
“Il problema è sempre
lo stesso: ogni sostan-
za, come ogni farmaco, ha un effetto diverso da persona a persona. C’è chi non
prova nulla e chi invece dice di andare in
estasi. Il più delle volte è una questione di
testa”.
Dopo le droghe chimiche ormai stiamo
arrivando a quelle naturali. C’è sempre
un pericolo, però, non crede?
“Il concetto che mi sento di esprimere a li-
“Superstiti del Platzspitz?
Sono dei criminali,
ora lascino la Svizzera”
FRANCO
ZANTONELLI
A
no su questi organi gli effetti sono sicuramente nocivi. Però, ribadisco, molto cambia da persona a persona”.
Perché poi, come spesso avviene, entra
in gioco anche la psiche?
“Assolutamente sì. Io ho avuto il caso di
una donna alla quale ho prescritto una
pastiglia che non conteneva nulla. Lei è
stata bene. Quando ha saputo che la pasticca non era una medicina mi ha chiesto
spiegazioni. E io le ho spiegato che se le
avessi detto che la compressa non era un
farmaco su di lei non avrebbe avuto lo
stesso effetto positivo”.
Il caso di due drogati d’origine italiana, ma nati nella Confederazione
La storia
lfredo e Mariella, i nomi sono di fantasia ma corrispondono a persone
reali, sono una coppia di cinquantenni di origine italiana . Sono nati e cresciuti nella Svizzera orientale, ma dovranno presto lasciare quello che ritengono essere il loro Paese, perché per loro è scattato
un decreto di espulsione. Alfredo e Mariella sono sposati, hanno una figlia di 22 anni
che lavora come commessa, e la loro dannazione è l’eroina. Sono, per intenderci,
due superstiti del Letten e del Platzspitz, i
luoghi simbolo della Zurigo del buco a cielo aperto, chiusi negli anni ’90 per far spazio alla distribuzione controllata di eroina.
I protagonisti di questa incredibile storia,
che è finita sulla prima pagina del Tages
Anzeiger, sono sopravvissuti a quel doppio
inferno che ha tuttavia lasciato loro delle
ferite non più rimarginabili.
Entrambi sono, infatti, sieropositivi ed
hanno contratto l’epatite C. Inoltre, e qui
sta la ragione della loro espulsione dalla
Svizzera, hanno bazzicato per anni gli ambienti della microcriminalità, commetten-
vello generale è uno solo: si sta esagerando. Ma questa esagerazione è comunque
il sintomo di un malessere diffuso. Come
si fa sempre in medicina si deve cercare
da dove arriva il problema, per poi individuare una cura”.
Gli esperti dicono che l’ortensia ha effetti che si avvicinano molto a quelli della cannabis. E che assunta in forti quantità può creare problemi gastrointestinali e respiratori. Conferma?
“Cervello e intestino sono le due parti più
sensibili e delicate del nostro organismo.
Se gli effetti di una certa sostanza agisco-
do tutta una serie di reati: dall’aggressione,
al furto, dalla rapina allo spaccio di stupefacenti. “Spacciando hanno contribuito a
mettere in pericolo la vita di centinaia di
persone”, ha rilevato la polizia. “Ma noi dice Antonio - cosa ci andiamo a fare in Italia? Noi parliamo lo schwiizerdütsch e quel
Paese lo conosciamo solo per esserci stati
in vacanza con i nostri genitori. In più, ve-
nale socialista Paul Rechsteiner. La sua
previsione, però, non è particolarmente
rosea, visto che l’espulsione dei due coniugi, secondo lui, è da ricondurre all’inasprimento delle norme sugli stranieri che delinquono volute dall’Udc. Poco importa se
il primario del Kantonspital di San Gallo,
Pietro Vernazza, che ha in cura la coppia,
ritenga controindicato il trasferimento al-
“Questo è il nostro Paese,
non l’Italia, e poi parliamo
solo lo schwiizerdütsch”
Mellini, Udc: “Basta con il
buonismo della sinistra, chi
sbaglia deve andare via”
nendo espulsi, non potremo più venire in
Svizzera a trovare nostra figlia”. Fatto sta
che, dopo dopo essere giunti fino al Tribunale federale, Antonio e Mariella si sono
sentiti definire, dai giudici di Mon Repos,
due “delinquenti incorreggibili” e “una minaccia per l’ordine pubblico”. Ora la loro ultima speranza l’hanno affidata alla Corte
europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, tramite l’avvocato e consigliere nazio-
l’estero.
Il caso di Antonio e Mariella ha riportato
d’attualità l’eroina che si pensava ormai
scomparsa, ma anche il problema degli
eroinomani sopravvissuti al buco degli
anni ‘70. “In realtà - spiega Marcello Cartolano della fondazione Ingrado - l’eroina
non è mai scomparsa. La differenza, rispetto al passato, è che non viene più iniettata con la siringa come un tempo ma fu-
mata. Gli eroinomani degli anni ‘70 sono
una popolazione di dipendenti cronici che
sta invecchiando, cui va prestato un tipo
particolare di sostegno e che va presa a carico”.
Per Antonio e Mariella il segretario cantonale dell’Udc ticinese Eros Mellini non
ammette concessioni: “Dato che non hanno la nazionalità svizzera e visto che possiamo liberarci di due delinquenti perché
non approfittarne per allontanarli”. A Mellini non importa che la coppia abbia più
radici in Svizzera che non in Italia: “Vero,
ma resta il fatto che entrambi hanno il passaporto italiano, quindi approfittiamone
per allontanarli e bando al buonismo della
sinistra”. L’intransigenza di Mellini non
ammette eccezioni. Neppure per Yasin, il
bellinzonese di origine curda per cui è stata lanciata una petizione: “Nessuna eccezione, altrimenti creeremmo dei precedenti che, al di là di quel ragazzo, che si
presume sia una brava persona, finirebbero per valere poi anche per i delinquenti”.
[email protected]
6
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
attualità
La
storia
L’arrivo in Ticino, il lavoro,
la voglia d’essere donna.
I “peccati” dei clienti che si
confessano con lei. La vita di una
escort, che predica sobrietà
e conosce sette lingue, raccontata
senza pregiudizi. Dagli anni d’oro
della prostituzione sino alla spietata
concorrenza degli ultimi tempi
IN CASA
Angel Venturini, transessuale
di origini francesi,
ritratta nella sua abitazione
“Mi chiamo Angel
e sono il trans
della porta accanto”
Peter Ruggle
MAURO SPIGNESI
I
Peter Ruggle
Il grande business
degli affittacamere
Un’immagine di Angel che
racconta di alcuni proprietari
di case che offrono alle
ragazze che si prostituiscono
stanze minuscole ma a prezzi
molto elevati
telefonini squillano a intervalli
regolari. E lei si scusa, chiede un
attimo di pausa, e liquida gentilmente l’interlocutore: “Ti richiamo io, amore”, e mette giù. Poi riprende: “Dove eravamo rimasti?
Ah, già alla mia infanzia. Sì, onestamente non mi sono mai sentita maschio e sono sempre stata
attratta dagli uomini. In vita mia
non ho mai avuto un rapporto
con una donna. M-a-i”, scandisce
bene Angel Venturini, transessuale e massaggiatrice. “Ma
massaggiatrice con diploma federale – precisa indicando l’attestato – perché tante mie colleghe
dicono d’essere massaggiatrici,
ma in realtà s’improvvisano. Io
nella vita mi sono sempre posta
obiettivi precisi, non per nulla
parlo sette lingue”. Angel si muove spesso, da Lugano viaggia verso San Gallo dove ha un salone
da estetista e vende cosmetici,
oppure va nella Svizzera francese chiamata da diversi clienti.
La sua storia inizia da un piccolo
paese in Francia, dove lei è nata
in una famiglia molto cattolica.
“La fede mi è rimasta, ogni mattina vado a seguire la messa –
dice –. Sin da piccola ho capito
d’essere più donna, ho avuto
comportamenti da donna, ho ragionato da donna, mi sono vestita da donna. D’altronde nel mio
corpo avevo l’80 per cento di ormoni femminili. Al resto ci ha
pensato il chirurgo plastico. Non
nego nulla, io”.
Dopo le scuole,
Angel ha cercato
un lavoro: “Ho fatto la parrucchiera.
Mi è sempre piaciuto stare a contatto con la gente,
parlare, scherzare.
E già allora ogni
tanto andavo con
qualche cliente.
Una cosa così, occasionale. Poi ho
deciso che dovevo
dare una svolta alla
mia vita e sono arrivata in Svizzera.
Non è stata una scelta casuale,
qui vivevano mia sorella e mio
fratello”.
Angel Venturini aveva vent’anni
e sapeva già che in Ticino c’erano regole, leggi precise. “Che io
ho seguito subito e che rispetto
alla lettera, perché le regole sono
La precisazione
Fabrizio Nobili dal 1999 non fa più
parte dell’azienda di rubinetteria
di cui il Caffè ha scritto la scorsa
domenica. Ce ne scusiamo con gli
interessati e con i lettori.
La vita
La famiglia Il lavoro
Il Ticino
I clienti
Gli affari
IN FRANCIA
PARRUCCHIERA
I FRATELLI
LE CHIAMATE
IL SALONE
Angel Venturini
nasce in Francia, da
una famiglia molto
cattolica. La fede è
uno dei valori che
conserva: ancora
oggi va a messa.
Dopo gli studi nel
suo Paese
comincia a lavorare
in un salone da
parrucchiera e
incontra i primi,
occasionali clienti.
Attorno ai vent’anni
Angel arriva in
Ticino, in Svizzera
vivono anche il
fratello e la sorella.
Inizia a lavorare
con altri trans.
Dopo qualche
anno, la escort
comincia a
selezionare la
clientela e viaggia
in tutta la
Confederazione.
Oltre l’attività da
escort possiede un
salone di massaggi
e vendita cosmetici
a San Gallo, uno
dei suoi primi
investimenti.
quelle che ti consentono di vivere stabilmente qui senza avere
guai - racconta -. All’inizio abitavo in una casa con altre ragazze,
tutte trans. Tutte persone per
bene, che sapevano lavorare. Al
cliente piaceva scegliere perché
tutte eravamo allo stesso livello.
C’era un ambiente allegro, si
usciva insieme”.
Assicura che mai, da quando è
in Svizzera, sisia sentita in qualche modo discriminata. “Anche
perché io parto dalla convinzione che se tu accetti te stessa,
quello che sei realmente, anche
gli altri ti accetteranno. L’importante è non esagerare mai. In tutti i sensi. Invece vedo certe colle-
ghe, e mi viene da sorridere per i
loro trucchi pesanti, le labbra
gonfie, le scarpe con tacchi vertiginosi, l’abbigliamento chiasso-
“Un anziano mi ha
chiamato perché era
morta la moglie. E ho
capito la solitudine
nella nostra società”
so. Chi fa questa vita deve costruire le proprie relazioni partendo da un concetto che si chiama sobrietà. Io vado spesso a
casa di clienti, ma quando scendo dal taxi indosso un paio di je-
ans, una bella camicetta, la giacca, mai nulla di vistoso. Sono
l’escort della porta accanto. Tanto che con i padroni di casa,
come con i vicini, non ho mai
avuto un problema”.
Soltanto una volta a Lugano ha
avuto un problema. “Mi avevano
affittato un monolocale per lavorare a Paradiso, era poco più di
una stalla- ricorda Angel -. Eppure, come richiesto, avevo dato
700 franchi di caparra. Tutti vogliono fare affari sulla nostra pelle. Chi fa il nostro mestiere, invece, deve poter accogliere i clienti
in un ambiente pulito, ordinato.
Ecco, in Ticino, contrariamente
ad altre regioni svizzere, comin-
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU
CHE UN
TUNISINO
SPOSÒ UNA
TICINESE
Andrea
Vitali
SAPORI
E MITI
E. Moro
C.Cenni
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
cia a mancare la qualità, il mercato si è dilatato, ci sono prostitute che arrivano da ogni parte
del mondo. Sono disposte a tutto, perché nei loro Paesi d’origine la crisi si fa sentire, perciò si
fanno una concorrenza spietata,
è diventato un gigantesco business al ribasso. Un cliente mi ha
raccontato d’essere stato con
due ragazze per mezz’ora pagando 50 franchi. E sono convinta
che non tutte pagano le tasse.
Ecco perché negli anni ho imparato a selezionare la clientela, a
fissarmi delle regole come l’orario di lavoro che non va mai oltre
le 11 di notte, perché poi ti arrivano a casa solo ubriachi o gente
carica di cocaina. Poi, appena mi
chiamano, magari perché hanno
letto un annuncio su escortsvizzera.ch, vado a San Gallo piuttosto che a Ginevra o Zurigo”.
Alla porta di Angel bussano bancari, medici, impiegati statali. “E
anche macellai - precisa ridendo-, ma non chiedo mai la professione. I miei clienti, parecchi
con tanti soldi davvero, li conosco bene e so perché passano da
me. Perché? Primo perché sanno
di potersi fidare, secondo perché
con me si lasciano andare. In
questo lavoro devi essere molto
flessibile, e non solo per le richieste sessuali più fantasiose, per
quel senso del peccato che spinge molti a venire con una come
me. Ma perché trovi chi arriva e fa
quello che deve fare, soprattutto i
giovani e giovanissimi, e va via
senza dire una parola. E poi trovi
chi ti racconta della sua vita, di
quella della sua famiglia”.
Insomma serve tatto, sensibilità,
e anche un po’ di psicologia:
“Noi trans siamo i confessori
della gente, raccogliamo le miserie della vita. Ci capita di tutto.
Ricordo un cliente di 72 anni, veniva spesso a casa, restava ore a
parlare, era preoccupato perché
la moglie stava molto male. Io lo
consolavo, non abbiamo mai fatto sesso. Una notte mi ha chiamato, piangeva, mi ha chiesto se
poteva passare. Era sconvolto, la
moglie era appena morta. L’ho
aiutato io, ho chiamato l’ambulanza. Una settimana dopo è
passato a salutarmi, mi ha ringraziato. Non l’ho mai più visto,
né sentito. Ma mi ha fatto capire
quanto in una società ricca come
la nostra ci si possa sentire davvero soli”. [email protected]
Q@maurospignesi
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
7
IL PERSONAGGIO
Lo sport e gli affari
attualità
Il sogno infranto del magnesio russo
In bancarotta la Rusmag e dagli Urali a Bellinzona si chiude l’era Giulini
della società”. L’ex patron dell’AcB
non aggiunge altro. Nel frattempo
si attende, entro settembre di quest’anno, la chiusura della procedura dell’iter fallimentare del Bellinzona calcio. Secondo le indiscrezioni affiorate all’Ufficio esecuzione e fallimenti ci sarebbe un conto
aperto con i creditori che oscilla
fra i 5 e i 10 milioni di franchi. Una
vicenda, quella del Bellinzona calcio, che ha viaggiato parallelamente, seppure con uno scarto
temporale diverso, con quella della Rusmag. Ad Asbest, un centro
alle pendici orientali dei monti
Urali, il progetto era stato accolto
inizialmente con grande entusiasmo dalle autorità della regione,
che lo vedevano come un’occasione di sviluppo. La Rusmag doveva
creare uno stabilimento per la lavorazione del magnesio, che a regime avrebbe dovuto raggiungere
le 160 mila tonnellate di prodotto
all’anno. Il ministero dell’industria, secondo i patti, sarebbe dovuto intervenire finanziariamente,
ma non lo ha fatto inceppando
dunque il programma di crescita.
Il governo della regione degli urali
sino a pochi mesi fa, quando or-
Le tappe
L’INIZIO
Nel 2004 Gabriele
Giulini, con un
socio russo crea
la Rusmag,
con stabilimento
negli Urali per
la lavorazione
del magnesio
$
LE DIFFICOLTÀ
Giulini investe nel
progetto 50 milioni
di dollari, ma l’altro
socio, il governo
degli Urali, non fa
fronte agli impegni.
E comincia il lento
declino
LA CHIUSURA
La famiglia Giulini
esce dall’azienda,
vende a una ditta
americana il 50%
delle azioni, nel
frattempo scatta
la procedura
di fallimento
TiPress
D
al Ticino agli Urali,
dal magnesio al calcio. Da un fallimento
riconosciuto a un altro annunciato. La
storia imprenditoriale di Gabriele
Giulini, ex presidente del Bellinzona, si intreccia di nuovo con una
vicenda che porta nell’ex Unione
sovietica, dove Giulini, stavolta, è
vittima di un investimento finito
male. La società Rusmag, che aveva creato nel 2004 con un socio
russo, Anatolij Scelkogonov, è stata recentemente dichiarata in bancarotta dalla Corte arbitrale della
regione di Sverdlovsk. Lo riporta la
stampa locale, spiegando che la richiesta è stata presentata dall’amministratore Dmitri Selezniov. Curatore fallimentare è stato nominato Igor Dmitriev che per il 21
giugno dovrà chiudere la procedura di falimento della società di
cui la famiglia Giulini è uscita
chiedendo anche un risarcimento.
Quanto questa vicenda possa aver
influenzato le sorti del Bellinzona
calcio non si sa. Ma la disavventura in Russia, secondo la stampa locale, ha fatto perdere parecchi soldi alla famiglia Giulini. Che ora attende di recuperare almeno una
parte dell’investimento. “Non so
nulla di quello che sta succedendo
in Russia, né della vicenda Rusmag – spiega Gabriele Giulini raggiunto da Il Caffè – è da quattro
anni che io non faccio più parte
del consiglio d’amministrazione
L’AVENTURA NEGLI URALI
Gabriele Giulini, ex propritario del Bellinzona
calcio, che negli Urali ha gestito il progetto di una
fabbrica di magnesio che non è mai decollato
mai la sorte dell’azienda pareva già
segnata, aveva continuato a fornire rassicurazioni. Si era parlato anche di una banca pronta a sostenere l’iniziativa. Invece, soltanto una
parte dei fabbricati sono stati realizzati con i soldi dei soli soci privati della Rusmag, tra i quali Giulini, e ora l’azienda è crollata sotto il
peso dei debiti. Si parla di oltre 50
milioni di rubli.
La Minmet di Losanna, società legata alla famiglia Giulini, prima
che iniziasse la procedura di fallimento ha venduto le sue quote a
un gruppo Usa tenendo soltanto
due azioni. Ritenendosi danneggiata per i mancati investimenti dopo aver speso circa 60 milioni di
rubli per pagare fornitori, la costruzione del primo blocco dello
stabilimento, tasse e salari - ha
chiesto ai giudici di Sverdlovsk un
indennizzo di circa 57 milioni di
franchi. Perciò, è stata inserita nel
registro dei creditori. Una brutta
avventura, ricostruita anche in reportage giornalistici, l’ultimo
qualche mese fa, del
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
10
politica
Così il Ps si rimbocca le maniche
Avviati tre gruppi di lavoro per un programma e una lista tutta a sostegno di Bertoli
CLEMENTE MAZZETTA
mento alla rielezione di Bertoli,
con spazio per qualche giovane
promessa. Entro giugno i nomi
dei candidati per il Consiglio di
Stato, che saranno ratificati dal
partito a settembre. Escluse le primarie, fatta salva la possibilità di
qualche scontento di autocandidarsi davanti al congresso.
Tempi simili a quelli del Plrt,
dunque. Ma con qualche problema in più, come trattare con i
gruppi interni quale il Forum alternativo di Franco Cavalli che
punta ad una maggior radicalizzazione dei temi. Quali accordi
trovare con i comunisti, molto attivi nel mondo giovanile. E come
contrastare il tentativo del verde
Sergio Savoia, che nel 2011 pote-
“E
adesso rimbocchiamoci
le
mani”. Nel Ps,
dopo l’esito della
votazione
contro l’immigrazione di massa,
si guarda alle elezioni del 2015.
Già all’opera dei gruppi di lavoro
che si occuperanno del programma, della campagna elettorale e
della ricerca di candidati. Compito quest’ultimo coordinato dal vicepresidente del partito Carlo Lepori. L’obiettivo è riconfermare
Manuele Bertoli in governo, ma
anche rimpolpare la compagine
parlamentare, al minimo dopo la
ricongiunzione, avendo perso nel
2011 il 4% dei voti rispetto al 2007,
con soli 14 deputati (prima erano
18).
“Punteremo sul programma per
qualificarci all’interno di una politica sempre più urlata e confusa
- spiega Pelin Kandemir, capogruppo parlamentare -. Privilegeremo alcuni temi che consideriamo importanti. Al primo posto il
lavoro, la formazione poi a seguire l’ambiente, la socialità”. Ma
pure la scuola, l’istruzione avrà
un peso considerevole , anche per
dare risalto all’azione del dipartimento guidato per la prima volta
da un socialista (vedi articolo a
lato). “L’idea è di presentare il tutto in una conferenza cantonale
nel prossimo autunno”, precisa
Kandemir che sembra intenzionata a non candidarsi per il governo.
La lista, pare configurarsi sostanzialmente come accompagna-
L’intervista
va contava ancora su una base di
tremila voti all’interno del Ps
(dati del panachage), che ha impegnato gli ambientalisti pure
sulla difesa dell’occupazione e
del lavoro. Inevitabile, anche solo
per la legge del contrappeso,
dare, perciò, più forza alla questione ambientale. Una questione che sta a cuore al deputato
Bruno Storni. “Non dimentichiamo che il Ticino è uno dei cantoni
che ha perso più terreno agricolo
negli ultimi 15 anni - dice Storni . Come Ps da sempre ribadiamo
la necessità del risparmio energetico, della tutela del territorio,
delle ciclopiste. Non solo. Personalmente ho segnalato che il Ticino è penalizzato dalla perequa-
zione intercantonale, che ci colloca nei cantoni ricchi, rispetto a
Berna che riceve un miliardo”.
Insomma, un Ps all’insegna della
difesa degli interessi del Ticino.
“Su un fatto non transigeremo
mai - ribadisce il presidente Saverio Lurati - ed è la difesa del lavoro. Che sarà al centro del nostro programma, così come altri
problemi, dalla difesa dell’ ambiente alle casse malati, dagli
ospedali alla pianificazione del
territorio. Al momento si tratta
solo di punti di discussione, semplici enunciazioni che approfondiremo prossimamente, penso
già a marzo”.
(2-continua)
[email protected]
Q@clem_mazzetta
“U
i
PROTAGONISTI
LA CAPOGRUPPO
Pelin Kandemir, capo
gruppo, coordina il
programma elettorale. Non
sarà in lista per il governo
IL PRESIDENTE
Saverio Lurati, presidente,
punta a mettere al centro
del programma elettorale il
lavoro e l’occupazione
L’opinione di Marco Marcucci, insegnante e divulgatore scientifico
“È necessario aumentare gli stipendi
se si vuole migliorare la nostra scuola”
n miglioramento della qualità
della scuola media passa anche
attraverso una miglior retribuzione dei docenti”. Marco Marcucci, 64 anni, insegnante, esperto di problemi scolastici e divulgatore scientifico, concorda col ministro
Bertoli per rivalutare gli stipendi: “Altrimenti
la professione sarà sempre meno attrattiva”.
Con quali rischi per la scuola ticinese?
“Con un salario modesto, che è già al di sotto
la media svizzera, si rischia di veder scappare i docenti migliori e di peggiorare la qualità
della scuola. E invece di ticinesi, si dovranno
Ti-Press
2/verso
le
elezioni
assumere docenti frontalieri”.
Con varie prese di posizione, la scuola è
tornata al centro del dibattito politico?
“Sì, ed è un bene. Anche perché in passato
era stata trascurata nel confronto politico a
scapito di una scuola più prestigiosa”.
Da più parti si ribadisce l’importanza di rivedere i livelli, di eliminarli del tutto.
“Sarebbe un errore. Personalmente sono a
favore di una differenziazione in grado di
dare di più alla maggioranza di allievi mediamente capaci, che ora non riescono ad
avere il giusto insegnamento”.
Favorevole dunque ad un mantenimento?
“Non solo, occorrerebbe ampliarli. Altrimenti si penalizzano gli allievi che vogliono
studiare. Non si tratta di una segregazione”
Che rapporto deve avere la scuola con il
mondo del lavoro?
“La scuola media non deve essere una scuola utilitaristica, è vero, ma dovrebbe dare più
risalto alle iniziative del singolo, alla sua responsabilizzazione, ad una cultura del lavoro. Oggi si chiede troppo poco a questi ragazzi. Ci vorrebbe più rigore, quello che poi
chiederà loro il mondo del lavoro”.
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IL MINISTRO
Manuele Bertoli, consigliere
di Stato, eletto nel 2011, si
presenta per una rielezione
che sembra scontata
IL COMMISSARIO
Carlo Lepori, presiede la
“Commissione cerca” che
deve allestire la lista del Ps
per il Consiglio di Stato
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
In piazza l’altra Svizzera
Keystone
Migliaia di persone hanno manifestato ieri,
sabato, a Berna per una Svizzera aperta.
La manifestazione è stata promossa da
partiti e associazioni contrari all’iniziativa
udc contro l’immigrazione, che chiedono
buone relazioni con l’Ue e di non
reintrodurre lo status dello stagionale.
Manifestazione
nazionale
Le alleanze
con la sinistra
Siamo e rimaniamo
per una Svizzera
aperta e vogliamo
mantenere buoni
rapporti con l’Unione
europea, questo
ribadiremo a Berna
La sinistra è stata
più spesso in sintonia
con i nostri temi,
ma noi lavoriamo
con chi è d’accordo
con le nostre
proposte politiche
Lo strappo
del coordinatore
La posizione di Savoia
si basa sulla difesa
dei salari e non parte
da una posizione
di destra, ma noi
restiamo comunque
molto liberi
L’intervista
“No, i Verdi ticinesi non li capisco!”
La copresidente nazionale degli ambientalisti, Adèle Thorens, scettica sulla posizione di Savoia
FRANCO ZANTONELLI
Nessuna polemica verso chi ha
contribuito alla vittoria dell’iniziativa Udc, lo scorso 9 febbraio.
Verso quel Sergio Savoia e i Verdi ticinesi che in quell’occasione
sono andati pericolosamente
contromano rispetto al resto del
partito. Semmai stupore: “Una
scelta che non capisco” afferma
la consigliera nazionale vodese
Adèle Thorens Goumaz, una
delle due co-presidenti dei Verdi
svizzeri, l’altra è la basilese Regula Rytz. Thorens sfodera tutta
l’arte politica del “fair play”, dice
d’aver bisogno di capire cosa sia
successo in Ticino, a tre settimane da quel voto che ha provocato un terremoto, con ripercussioni pesanti anche in Europa.
Tant’è che, proprio ieri, sabato, a
Berna i Verdi hanno partecipato
a una manifestazione “per una
Svizzera aperta e solidale”, quasi
a voler sottolineare che quella
decisione popolare continua a
pesare come un macigno e necessita di un contraltare. Tutto il
contrario, insomma, a quanto
predicano gli ambientalisti ticinesi. “La nostra non è una manifestazione contro il voto del 9
febbraio. Noi siamo per una Svizzera aperta e chiediamo, semplicemente, che l’applicazione di
quel risultato delle urne consenta lo stesso di mantenere buone
relazioni con l’Unione europea”.
Ma al proposito Daniel CohnBendit, carismatica figura dei
Verdi europei e icona della rivolta del ‘68, mercoledì scorso dal
Parlamento di Strasburgo ha attaccato senza mezzi termini la
Confederazione: “Gli svizzeri
vogliono il burro e i soldi del
burro”.
L’uovo e la gallina diremmo in
italiano. Lei che pensa di questa esternazione dell’europarlamentare franco-tedesco?
“Dico che Cohn-Bendit ha ragione. La maggioranza del popolo svizzero, infatti, ha detto di
non volere la libera circolazione
delle persone e, al contempo, di
volere, tuttavia, l’accesso al mer-
chi è
Consigliere nazionale
dei Verdi, solettese,
43 anni. Copresidente,
con Regula Rytz del
movimento nazionale
dall’aprile del 2012.
Dal 2005 al 2007 è stata
capogruppo dei Verdi
nel consiglio comunale
di Losanna. Dall’ottobre
del 2007 siede
in Consiglio nazionale.
cato europeo”.
Cohn-Bendit nel suo intervento ha pure affermato: “Gli svizzeri torneranno da noi in ginocchio”. Se la sente di smentirlo?
“La mia speranza è che il Consi-
glio federale riesca a fare tutto il
possibile per mantenere le relazioni bilaterali con Bruxelles.
Direi che questa è l’unica via”.
Mentre si sta ancora a discutere del voto di tre settimane fa,
si avvicina la scadenza di Eco-
pop, un’altra iniziativa antistranieri, per la quale si andrà
alle urne probabilmente a novembre. Qual è, al riguardo, la
posizione dei Verdi svizzeri?
“Una posizione ufficiale non
l’abbiamo ancora, però quando
l’iniziativa è stata lanciata il nostro comitato, che raggruppa
tutte le sezioni cantonali, si è
espresso negativamente sull’opportunità di partecipare alla raccolta delle firme”.
Resta il fatto che Ecopop, se da
un lato ha degli accenti xenofobi, dall’altro potrebbe attrarre con argomenti che richiamano il rispetto dell’ambiente
e del territorio. Non a caso, in
un primo tempo, lo stesso
Franz Weber aveva detto di appoggiarla. Voi Verdi ritenete
sia, comunque, da respingere?
“Ecopop denuncia la distruzione del territorio e del paesaggio,
un argomento che ci trova d’accordo. Però noi non crediamo
che l’obbiettivo della loro tutela
si possa raggiungere con la chiusura delle frontiere”.
Tornando al voto del 9 febbraio, cosa pensa della posizione
dei Verdi ticinesi che, almeno a
sud delle Alpi, ha suscitato
grande dibattito?
“Non la capisco, perché l’iniziativa Udc non è una buona risposta ai problemi del Ticino. Io capisco la situazione difficile del
cantone, ma non la decisione
dei Verdi ticinesi”.
C’è chi sostiene che Savoia, coordinatore dei Verdi in Ticino,
si stia spostando sempre più a
destra. Che ne pensa?
“Non le so rispondere. Comunque posso dire che la sua decisione di appoggiare l’iniziativa
udc è basata su argomenti considerati di sinistra, quali la difesa
dei salari, non su una posizione
di destra”.
Però uno strappo, con la sinistra, almeno in Ticino, c’è stato. Il fronte rosso-verde è saltato. Non la preoccupa?
“Dirò una cosa di cui sono molto
convinta: i Verdi sono aperti e
sono liberi. Spesso noi lavoriamo con la sinistra, che capisce
meglio i nostri obbiettivi, ma ci è
anche capitato di collaborare
con la destra. Noi lavoriamo con
tutti quelli che sono d’accordo
con noi”.
[email protected]
L’inchiesta
La grande ammucchiata,
tutti in fondo a destra
ALLE PAGINE 2 e 3
11
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
Nel palazzo
del governo
due perdenti
molto diversi
Sono entrambi uomini dal
carisma più che discreto. Entrambi liberali-radicali. E si
sono entrambi ritrovati nel
campo dei perdenti il 9 febbraio col voto sull’iniziativa
contro l’immigrazione di
massa, come tutti gli altri
consiglieri federali ad eccezione di Ueli Maurer. Sì, avete
riconosciuto il neocastellano
Didier Burkhalter e il bernese
Johann Schneider-Ammann,
ossia il presidente della Confederazione e il ministro
dell’Economia.
La loro somiglianza si ferma
qui. Perché se il primo sembra crescere nel suo ruolo,
pilotando sovrano la sua barca - o piuttosto il suo aereo tra Berlino e Washington,
l’altro fa grande fatica a riemergere dal pantano in cui si
è arenato da quando è esploso il caso delle società offshore del gruppo Ammann,
una holding che il ministro
presiedeva prima della sua
elezione nel governo svizzero.
Con autocontrollo, Didier
Burkhalter non ha gridato alla “domenica
nera” il 9 febbraio.
Si è messo al lavoro, incaricandosi
in particolare di
spiegare al resto
del Continente il
voto elvetico e
la volontà del
governo di
proseguire sulla via bilaterale. Quanto a Johann Schneider-Ammann,
visto che la sua presenza non
era gradita alla conferenza
stampa del Consiglio federale il giorno del voto, ha cercato la visibilità concedendo
qualche intervista, annunciando tra l’altro che avrebbe
invitato a riunirsi i vertici dell’economia e i partner sociali
(ne ha già ricevuti alcuni nei
giorni scorsi). Ma si è fatto
rapidamente richiamare all’ordine. D’ora in poi le sue
comunicazioni saranno gestite dal portavoce della Confederazione.
È in queste condizioni, debole e rimproverato da tutti, che
l’ex “grand patron” deve condurre la prossima battaglia,
essenziale agli occhi dell’economia nazionale: convincere
i cittadini a respingere l’iniziativa della sinistra per un
salario minimo di 4mila franchi mensili.
Johann Schneider-Ammann
già non aveva la fama dell’elemento più brillante in
governo, avendo dovuto imparare dolorosamente che
industriale e politico non sono la stessa professione. Didier Burkhalter, professionista della politica quasi da
sempre, era certamente più
preparato. Eppure, per battersi contro il salario minimo,
l’ex capitano d’industria aveva la credibilità di chi sa di
cosa si parla quando si discute di concorrenza internazionale e contratti collettivi di
lavoro. Ma da quando i cittadini sanno che, come tanti
altri, ha scelto la strada dell’ottimizzazione fiscale facendo fuggire milioni di franchi dal fisco svizzero, non lo
vedono più con gli stessi occhi. Anche se lui afferma:
“Sono rimasto lo stesso”.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
12
economia
Allarme fiscale
tra gli italiani
sull’autodenuncia
CONTROLLI
ALLA DOGANA
Un furgone usato dalla
Guardia di finanza
italiana con una
telecamera installata
per controllare le auto
di passaggio alla
dogana di Chiasso
Rischia il fallimento il “voluntary disclosure”
LE CIFRE in franchi
Scudi fiscali italiani,
capitali emersi*, in miliardi
300
miliardi
ca.
$
160
miliardi
ca.
Capitali
stranieri
in Ticino
Capitali
italiani
in Ticino
94
11300
5200
1300
Capitali gestiti
da banche
svizzere
Capitali gestiti
in Svizzera
da banche svizzere
Capitali di clienti
privati elvetici
in banche svizzere
miliardi
miliardi
63
Svizzera
Ticino
59
39
miliardi
11
2009-2010
8
2003
2001
*somma dei rimpatri sia giuridici che fisici
Fonte: Banca d’Italia, Associazione svizzera banchieri, Il Sole 24 ore
Ti-Press
GIORGIO CARRION
Il neo governo Renzi ha esattamente quattro settimane per approvare il decreto legge sulla voluntary disclosure, l’autodenuncia fiscale, con annesse circolari
applicative, pena la sua decadenza. Ma forse, come spiega il fiscalista ticinese Francesco Baccaglini,
autore di un saggio sulla rivista
Novità Fiscali della Supsi, l’Italia
dovrebbe prendere esempio proprio dalla Svizzera per le sanzioni
sull’evasione fiscale: “L’esperienza maturata negli altri Stati che
hanno adottato forme di voluntary disclosure insegna che certezza
e forme premiali di sanzioni sono
la chiave vincente”.
La Svizzera non applica penalità
al contribuente che si autodenuncia la prima volta; queste entrano
in vigore dalla seconda autodenuncia, ma sono ridotte: 20%, anziché 100%. La disposizione elvetica ha portata ampia, riguarda le
contravvenzioni e i delitti fiscali, e
non distingue fra occultamento di
fondi all’interno o all’esterno dello Stato. Inoltre, è permanente,
cioè non limitata a una finestra
temporale.
Al contrario, il decreto italiano
non comporta alcuna riduzione
dell’imponibile o delle imposte
dovute, non prevede forme di
anonimato e non esclude l’applicazione delle sanzioni previste in
materia, riduce solo quelle amministrative. Per le sanzioni penali,
non è chiaro quali resteranno e
quali no, il Partito democratico sta
pensando, difatti, ad un emandamento per reinserire la norma
sull’autoriciclaggio. “Sono misure
troppo severe – nota un direttore
di banca ticinese che chiede
l’anonimato – perché gli italiani si
autodenuncino in massa”. Ma
Roma ha fretta. “Non possiamo
più attendere. Un’azione a livello
internazionale contro l’evasione
fiscale ormai s’impone – dichiara
al Caffè il parlamentare del Partito
Democratico, Giovanni Sanga, relatore sul decreto legge -. Nei mesi
scorsi cinque Paesi dell’Ue, tra cui
l’Italia, si sono espressi per lo
scambio automatico di informazioni in tutta Europa. Il che significa la fine del segreto bancario e la
tanto invocata trasparenza”. C’è,
però, chi parla apertamente di rischio ‘flop’. Come il presidente
della Commissione Finanze della
L’intervista
Daniele Capezzone
“Così com’è potrebbe
naufragare
in un clamoroso flop
che non produrrebbe
le entrate di gettito
previste dal governo”
Camera, il berlusconiano Daniele
Capezzone: “Così com’è, rischia di
naufragare e di non produrre le
entrate fiscali previste dal governo”. Capezzone ha proposto una
modifica significativa: la forfettizzazione delle imposte dovute, limite a cinque anni come periodo
massimo oggetto dell’accertamento e semplificazioni per gli
importi minori, ad esempio fino a
5 milioni di euro.
“Non si tratta né di uno scudo, né
di un condono, ma di un’opportunità, forse l’ultima, concessa ai
contribuenti italiani di ravvedersi
spontaneamente – spiega il docente e avvocato tributarista Antonio Della Carità, che ha firmato
un altro saggio sulla rivista Novità
Giovanni Sanga
“Non possiamo più
attendere. Un’azione
a livello internazionale
contro l’evasione
delle imposte
ormai s’impone”
Pallara, docente di diritto tributario al Centro di Vezia, stronca la legge in discussione a Roma
“Si potrebbe perdere il capitale”
“Il costo fiscale, che risulta dalla somma di
imposte, interessi, sanzioni tributarie e di
evasione dalla dichiarazione dei redditi, è
così rilevante da assorbire l’intero capitale”.
Avvocato e docente di diritto tributario,
Alessandro Pallara stronca senza appello il
decreto italiano.
La voluntary disclosure, insomma, non
pare possa interessare nessun italiano
con fondi all’estero non dichiarati.
“Solo coloro che possano dimostrare di detenere la totalità del capitale almeno dal
31.12.2002 o dal 31.12.2004, sono gli unici
che possono immaginare di sostenere un
costo fiscale ragionevole”.
Facciamo qualche numero. Di quante imposte stiamo parlando?
La curiosità
“Gli italiani che hanno costituito le loro attività nel corso degli ultimi 10 anni, dovranno
mettere in conto che le imposte saranno applicate in misura progressiva, ovverosia fino al 43% oltre addizionali, alle quali
aggiungere le sanzioni Irpef
che, si rammenta, per
quanto riguarda la Svizzera,
vanno da un minimo del
200% ad un massimo del
480%, senza tenere conto
degli ulteriori incrementi
previsti per essere redditi
esteri”.
E sotto il profilo penale cosa rischia un
italiano?
“Adempimenti antiriciclaggio e il rischio
che taluni atti possano essere qualificati
come reati diversi dall’infedele dichiarazione, costituiscono gli ulteriori disincentivi,
per cui il provvedimento necessiterebbe di
talune modifiche. Per rendere quanto più
efficace la disclosure su tali ulteriori informazioni, il decreto ha introdotto un nuovo
reato penale che sanziona la dichiarazione
mendace all’interno della procedura di collaborazione volontaria”.
E l’anonimato?
“Non è previsto alcun anonimato nella procedura, né alcuna garanzia a favore del
contribuente sull’utilizzabilità delle informazioni derivanti dall’accertamento tributario”.
Fiscali -. Tuttavia, non mancano
delle criticità che potrebbero rendere la procedura di disclosure
meno attraente. L’ostacolo principale è certamente l’incertezza che
caratterizza il diritto tributario italiano”. Eppure al legislatore romano non mancano gli esempi di
successo. Oltre alla Svizzera, anche i Paesi Bassi non applicano
multe o altre sanzioni in caso di
autodenuncia entro il 30 giugno
2014. Alla fine del 2013 si è aggiunto il Liechtenstein con un
programma di tax amnesty per i
fondi non dichiarati detenuti all’estero che non applica sanzioni
per chi si autodenuncia nel corso
del 2014. Altri Stati, però, hanno
scelto la riduzione delle sanzioni
senza esenzioni. Ad esempio, gli
Usa.
Tanta severità da parte di Roma si
spiega con la convinzione che
sarà l’ Ue ad imporre a Berna le regole del gioco: gli italiani (e le banche svizzere), dunque, non potranno sottrarsi all’emersione dei
capitali all’estero. La situazione
migliore, pensano a Roma, per
costringerli a pagare il massimo
delle sanzioni e a far rientrare i capitali. Perché incombe pure il rischio di un risvolto penale, che
scatterà in caso di introduzione
del reato di autoriciclaggio. “Ritengo che l’opportunità di aderire
alla procedura volontaria debba
prescindere dagli effetti premiali,
che non sono così attraenti- precisa Della Carità-. La voluntary disclosure è, però, senza dubbio,
una buona opportunità per rendere i capitali all’estero liberamente utilizzabili” .
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Lotta dura ai padroncini tedeschi della pizza
Polemiche per il via vai di scooter carichi di pietanze pronte dalla Germania al canton Argovia
Quando il padroncino viene dalla Germania e indossa la maglietta bianca del
pizzaiolo. Succede a Rheinfelden, Frick
e in altre località del Canton Argovia,
dove almeno cinque ristoranti take
away della confinante cittadina tedesca di Bad Säckingen inviano i loro corrieri a consegnare pizze, insalate, lasagne, cibo messicano, tailandese e indiano. Suscitando l’ira e l’impotenza
della concorrenza elvetica, visto che i
piatti che arrivano dalla Germania costano, il più delle volte, quasi la metà di
quelli dei locali da asporto argoviesi. Il
prezzo di una pizza margherita, ad
esempio, scende da 15 a 8 franchi.
Fatto sta che, per contrastare quello
che considerano alla stregua del dumping, i pizzaioli svizzeri si sono rivolti
alle Ufficio federale delle dogane, chiedendo se quel via vai dal confine di furgoncini e scooter carichi di pietanze,
non sfuggisse a qualche legge. Il che in
effetti è vero. Ogni consegna dovrebbe
essere, preventivamente, accompagnata da una dichiarazione doganale,
pena una multa di 250 franchi. “Se siamo di fronte ad un fenomeno episodico è sufficiente una dichiarazione orale, ma qui la cosa è diversa”, puntualizzano all’Ufficio federale delle dogane.
“Purtroppo le dogane hanno orari d’ufficio e noi effettuiamo le consegne
FURGONCINI
E SCOOTER
I pizzaioli
svizzeri si sono
rivolti alle
Ufficio federale
delle dogane
per lamentarsi
del via vai di
forniture dalla
Germania
Concorrenza di confine,
otto franchi invece di quindici
per una margherita
quando sono già chiusi, prevalentemente di sera e nei fine settimana”, si è
lamentato, con il Blick, Herpreet Singh,
titolare del Venedig Pizza Heimservice
di Bad Säckingen. “Il risultato - ha aggiunto - è che perdiamo un sacco di
soldi, considerando che il 40 per cento
delle nostre consegne le effettuiamo in
Svizzera”. Per i pizzaioli tedeschi, però,
non è a rischio solo la cifra d’affari. Se
non riescono a trovare una via d’uscita
gli toccherà, pure, ridurre il personale,
come ha lasciato intendere un collega
di Herpreet Singh.
La normativa sul cibo da asporto, attraverso il confine vale, evidentemente,
per tutta la Svizzera. E a quanto pare,
una volta tanto, sembra non toccare il
Ticino. Il motivo è molto semplice ed è
lo stesso che ha inguaiato i pizzaioli tedeschi. I corrieri della pizza italiani
non possono passare il confine con la
Svizzera senza sdoganare la merce. Si
tratta, in sostanza, di traffico commerciale e non di traffico privato.
“Non abbiamo questo tipo di problema, anzi, lo abbiamo in senso inverso
visto che molti italiani, che vivono
dall’altra parte del confine, ci chiamano chiedendoci di portargli la pizza a
casa”, fanno sapere da un ristorante di
Ponte Tresa che effettua consegne a
domicilio di pizze, focacce e piadine.
“Purtroppo- aggiungono immediatamente -non ci è possibile soddisfare
queste richieste poiché, per ragioni doganali, dovremmo passare da Chiasso”.
Insomma, almeno per le pizze, in Ticino non si profila alcuna guerra ai padroncini.
f.z.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
13
Reuters
economia
Un automobilista
su due tra venti anni
guiderà un’ibrida
o una vettura elettrica.
E spuntano ovunque
nuove colonnine
per il rifornimento
LORETTA
NAPOLEONI
IL BOOM
Nell’ultimo anno le
vendite di auto ibride
sono aumentate del
24% e le auto
elettriche del 53%
EZIO ROCCHI BALBI
Le previsioni indicano che tra
vent’anni un’auto su due in Svizzera sarà elettrica. E il pronostico non deve essere poi così esagerato se, in settimana, una della case automobilistiche che
operano nel settore ha quadruplicato, di colpo, i primi punti di
“ricarica veloce” garantendo la
rete pubblica a 22 kWh più grande del Paese. E gli esperti del settore parlano solo di un inizio, visto che nell’ultimo anno sia le le
vendite di vetture ibride (a elettricità e benzina), sia di quelle
elettriche sono aumentate con
percentuali a due cifre. Indipendentemente dal prezzo della
benzina, per cui si profila un altro aumento di 15 centesimi, il
Tcs stima che entro il 2020 quando entrerà in vigore la tassa
forfettaria di 340 franchi sulle ecar - solo in Ticino ci saranno almeno 10mila veicoli elettrici in
circolazione, con 3.000 nuove
immatricolazioni all’anno.
“Infatti tutti si stanno attrezzando, perché l’importante è avere
una rete pubblica di terminali di
ricarica adeguata ai nuovi standard - spiega Fiorenza Trento di
Infovel, il Centro di competenze
per la mobilità sostenibile che in
Ticino vanta già un network di
115 “stazioni di servizio” -. Il nostro progetto è di rimodernare
tutti le nostre colonnine, con la
ricarica veloce e con la possibilità di collegamento per ogni
marchio di auto elettriche che,
purtroppo, finora adottano ‘prese’ diverse. Ma la crescita del
settore è evidente visto che dal
2012 a oggi le ibride sono aumentate del 24% e le elettriche
sono più che raddoppiate, con
un +53%. Non a caso, questa primavera, lanceremo un ‘app’ per
individuare con lo smartphone
il punto di rifornimento elettrico
più vicino”.
Con partnership e investimenti
ad hoc un po’ tutte le case automobilistiche stanno implementando il network pubblico di stazioni di ricarica nel Paese. Dopo
Renault che, attraverso la collaborazione con E-mobility, principale distributore di energia
elettrica nei cantoni di Friburgo
e Neuchâtel, ha creato la nuova
La polemica
La ricarica elettrica
si fa con il network
Nasce la rete che fa ripartire in un lampo le e-car
I PUNTI DI RICARICA VELOCE PER AUTO ELETTRICHE
E-MOBILITY
ULTRAVELOCE
Nell’ultima
settimana la nuova
rete “Move” in
partnership con
Renault ha
quadruplicato i siti di
“ricarica veloce” sul
territorio garantendo
la rete pubblica a 22
kWh più grande del
Paese
Basilea
Groupe E
Zurigo
Ckw
Lucerna
Neuchâtel
1to1 Energy
San
Gallo
Berna
Friborgo
Move Renault
Coira
Losanna
Ginevra
Sion
Lugano
Fonte: Groupe E, Renault
rete “Move” con una sessantina
di stazioni di servizio, diventando così leader nel rifornimento
ultraveloce delle auto 100% elettriche. Ma già è annunciata
un’iniziativa analoga del gruppo
Mercedes, come è previsto che il
gruppo Migros valorizzi, con la
filiale M-Way, il suo progetto di
“elettromobilità”fondato nel
2010 e destinato imizialmente
alle e-bike e agli scooter elettrici.
“Era scontato che partissimo noi
per primi, anche perchè circa
metà delle auto elettriche in circolazione sono rappresentate
dal nostro modello Zoe - spiega
Ivano Riverso, direttore della
Autors Renault di Bioggio -. Per
il momento siamo gli unici in Ti-
cino ad aver fatto l’investimento
con una stazione ‘Move’ a ricarica rapida da 22 kWh, che permette il ‘pieno’ in un’ora circa.
Ma tutte le tredici concessionarie Renault della regione sono
dotate di centraline da 11 kWh.
Il settore è in forte evoluzione e
non abbiamo ancora studiato
un piano tariffario. Per ora lo
consideriamo un servizio di cortesia, e una ‘ricarica’ costa tra gli
8 e i 10 franchi”.
Chi vende auto elettriche, del resto, e indipendentemente dal
network di “distributori di energia” già esistente, consiglia di
montare una centralina personale. Il costo è di 1’500/2’000
franchi e non sono pochi i clienti
che, oltre ad averla installata nel
garage di casa, l’hanno voluta
anche nel parcheggio sul posto
di lavoro. Il network Move, organizzato da E-mobility, Gruppo E
e Renault, aggiunge quindi la
possibilità di avere una ricarica
rapida pubblica di almeno
l’80% della piena potenza in
un’ora con una semplice tesserina. Il sistema, infatti, funziona
con una speciale scheda elettronica che costa 96 franchi all’anno. Ma il mercato riserva ancora
delle grandi sorprese, visto che
Gruppo E sta già lavorando ad
una nuova partnership che dovrebbe consentire l’installazione di terminali ancor più potenti
(43 kWh), riducendo il tempo di
ricarica a 30 minuti.
“Un’altra spinta al mercato potrebbe fornirla, almeno qui in
Ticino, il famoso ‘eurobonus’
scaduto nello scorso anno, ma
che è previsto ritorni in Gran
Consiglio - aggiunge Franco
Fontana, presidente della sezione ticinese dell’Unione professionale svizzera dell’automobile
(Upsa) -. Al di là degli incentivi e
della volontà politica, però, non
dimentichiamo che le percentuali delle auto elettriche e ibride su un totale di quattro milioni di veicoli circolanti nel Paese
sono ancora minime. Tutti parlano di ecologia, di ambiente,
poi quando si tratta di pagare 2 o
3mila franchi in più per l’auto
nuova non manifestano lo stesso entusiasmo. Però è anche
vero che rispetto al migliaio di
vetture di questo tipo presenti
all’inizio del terzo millennio, il
mercato va crescendo con valori
esponenziali e la capillarità con
cui si stanno diffondendo le ‘stazioni di servizio’ elettrico è un
segnale più che positivo”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
In 10 anni il pieno più caro di 14 franchi
Nel giro di vent’anni ogni pieno, calcolato mediamente
sui 40 litri di una utilitaria, è costato circa 21 franchi in
più. Negli ultimi dieci anni, invece, 14 franchi in più. Attualmente, in media, un litro di benzina ‘95 si paga in
Ticino da 1.60 a 1.69 franchi, quella ‘98 da 1.70 a 1.75
franchi, mentre il diesel oscilla fra 1.78 e 1.82 franchi.
Usare l’auto, per andare al lavoro o anche semplicemente per spostarsi con la famiglia, è diventato sempre
più caro. E adesso che Berna pensa di aumentare ancora la benzina di 15 centesimi per finanziare i lavori autostradali, lo diventerà ancora di più. “Gli automobilisti
– spiega Renato Gazzola, portavoce del Tcs, che s’è subito detto contrario all’idea del Consiglio federale - in imposte e costi vari versano già oggi 9 miliardi e mezzo di
franchi alla Confederazione. Di questi soldi soltanto 2
miliardi e 600 milioni vengono investiti per le strade. Il
resto finisce altrove. Per questo, se si devono fare sacrifici, occorre una ripartizione più equa”.
Aumenti a parte, i costi attuali restano comunque competitivi rispetto alla fascia di frontiera italiana, sia sul
confine lombardo che su quello piemontese, dove pure
resiste la carta per fare il pieno finanziata dalle regioni
Ti-Press
I prezzi della benzina in costante aumento ma all’estero va peggio
per allineare i prezzi a quelli svizzeri. E dove ogni litro si
paga con uno scontro di circa 0.33 euro per la fascia A
(0-10 chilometri dal confine) e 0.25 per la fascia B (0-20
chilometri dal confine). Sconti che, tuttavia, hanno incontrato problemi, soprattutto quando la Regione Piemonte non ha più finanziato il programma, tanto che
sono dovuti intervenire i Comuni. Come, ad esempio,
quello di Cannobio che ha anticipato i soldi ai gestori
delle stazioni di carburante.
Intanto, il costo per gli automobilisti svizzeri negli anni
è progressivamente aumentato. Una progressione rilevabile nei dati dell’Ufficio federale di statistica. Nel 1970
un litro di benzina in Svizzera costava mediamente 59
centesimi. Lo scorso anno si è toccata quota 1.77 e 1.83
al litro, in pratica il triplo rispetto a 44 anni fa. Eppure
nella Confederazione, complici anche le accise statali
che vengono poi parzialmente dirottate nei cantieri
stradali, la crescita dei prezzi non è stata brusca come in
altri Paesi europei, fatta eccezione per l’Austria. L’Italia,
ad esempio, se ci si basa sui dati del Touring club, ha
avuto nell’ultimo anno un incremento di quasi il 20 per
cento, portando la benzina verde ‘95, in media, all’equivalente di 2 franchi e 19 centesimi, e quella ‘98 a 2 franchi e 35 centesimi. Anche in Germania c’è stato un rincaro, seppure più lieve, che si è assestato al più 1,36 per
cento con la benzina ‘98 a un franco e 90 centesimi. C’è
poi la Francia dove l’incremento è stato del più 4,2 per
cento, con la ‘95 a un franco e 80 centesimi e la ‘98 a un
franco e 94 centesimi.
m.sp.
L’Uganda
contro i gay
brucia aiuti
miliardari
In un gesto inusuale la Banca
Mondiale ha congelato 90
milioni di dollari in aiuti all’Uganda per boicottare la legislazione anti-gay votata dal
governo questa settimana. Gli
aiuti dovevano completare i
prestiti concessi nel 2010 alla
sanità pubblica, in particolare erano diretti a migliorare le
condizioni di arretratezza in
cui stagna il settore della maternità. La Banca Mondiale
deve ancora elargire all’Uganda 1,56 miliardi di dollari per progetti di sviluppo, è
dunque possibile che, se la
legislazione non viene eliminata, pure questi soldi siano
congelati.
Partecipano al boicottaggio
anche alcuni stati: la Danimarca ha cancellato 9,2 milioni di dollari in aiuti al governo per donarli ad organizzazioni non governamentali e
la Norvegia ha sospeso 8,3
milioni di dollari. La Svezia
sta revisionando il programma economico di sostegno
all’Uganda e Richard Branson, capo del Virgin Group,
ha incoraggiato il mondo degli affari a boicottare il Paese.
L’Uganda è considerata dalla
Banca Mondiale
una delle nazioni
più povere e
quindi dipendente
dagli aiuti
esteri. Con
un reddito
pro-capite di appena 506 dollari l’anno, questi contributi
ammontano a circa il 20 per
cento del bilancio annuale.
L’economia (che ha un valore
di circa 20 miliardi di dollari)
è poco sviluppata e dipende
dall’esportazione di alcuni
prodotti, ad esempio il caffè.
Ciò significa che il Paese importa gran parte di quello che
consuma. Questo spiega il
deficit della bilancia commerciale, che nel 2013 era pari al 4,1 per cento. Secondo il
Fondo monetario internazionale nel 2014 quest’ultimo
potrebbe salire al 13,4 per
cento, contro le stime precedenti che lo fissavano al 9,9
per cento. Al momento l’inflazione è al 14 per cento ed il
tasso di crescita si aggira intorno al 3,4 per cento, basso
per una nazione in via di sviluppo.
L’economia arranca e forse
questo è uno dei motivi della
legislazione anti-gay. L’Uganda, come tutti i Paesi africani,
è omofobica e criminalizzare
i rapporti omosessuali distrae
l’opinione pubblica dai problemi reali: cattiva gestione
della cosa pubblica e corruzione. Non è la prima volta
che tutto ciò succede, lo scorso mese la Nigeria ha varato
una legislazione che restringe
le libertà dei gay, nel 2013 la
Russia ne ha introdotto un’altra che criminalizza la propaganda sessuale mentre la
Corte suprema indiana ha votato una legge che vieta scene
omosessuali nei film. Si tratta
naturalmente di palliativi, alla fine tutti i nodi vengono al
pettine. È, però, importante
che l’opinione pubblica mondiale si rifiuti di essere complice di qualsiasi politica discriminatoria.
Semifinale di Coppa
amara per i Tigers
Anche il Bayern Monaco
umilia lo Schalke 04
Impegnati nella semifinale della Coppa
della Lega di basket, i Lugano Tigers
sono usciti battuti per 85-81 dallo
scontro con i Lions di Ginevra, che
all’atto conclusivo affrontano l’Union
Neuchâtel, vittorioso sull’Olympic.
In pochi giorni, lo Schalke 04 ha subito
due sconfitte davvero cocenti. Dopo
averne prese sei dal Real Madrid in
Champion’s League, infatti, Boateng e
compagni hanno perso in campionato
per 5-1 contro il Bayern di Guardiola.
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 2 febbraio
11.25 LA2
Sci: Super G maschile
venerdì 7 febbraio
17.00 LA2
Paralympics 2014: Apertura
Rientro brillante in Nhl
per Jonas Hiller e i Ducks
Per Goldberg e Randall
sprint vincente a Lahti
Felipe Massa sugli scudi
al penultimo giorno di test
domenica 2 febbraio
12.45 LA2
Sci: supercombinata f.
sabato 8 febbraio
10.25 / 13.25 LA2
Sci: slalom femminile
Jonas Hiller è rientrato dai Giochi in
gran forma, come dimostra lo shutout
(il 21° in carriera) ottenuto nella gara
vinta dai Ducks per 1-0 contro St.
Louis. Anaheim mantiene così la vetta
della Western Conference.
Gare sprint al maschile e al femminile
a Lahti per il ritorno della Coppa del
Mondo di sci nordico. Tra gli uomini, il
norvegese Paal Golberg ha battuto
tutti i rivali, tra le donne, vittoria per la
statunitense Kikkan Randall.
Il penultimo giorno di test prima dell’avvio
del Mondiale di Formula 1 hanno visto, sul
circuito del Bahrein, primeggiare la
Williams del brasiliano Felipe Massa.
Conferme dalla Mercedes di Rosberg, ok
la Ferrari, molto male Red Bull e Sauber.
mercoledì 5 febbraio
sabato 8 febbraio
20.15 LA2
9.25 / 12.25 LA2
Calcio: Svizzera-Croazia Sci: slalom gigante m.
Ti-Press
Domenica
2 marzo 2014
Il fenomeno
PATRICK
FISCHER
La nuova
impostazione
varata dal neo
allenatore del
Lugano sta
iniziando a
portare frutti, che
ora vanno raccolti
con maggiore
continuità
Metri di neve…
e cresce il rischio
di valanghe
www.caffe.ch
[email protected]
Q @caffe_domenica
il-Caffè
A PAGINA 21
Ti-Press
L’hockey
Il Ticino
si scalda
per i
playoff
Ambrì Piotta e Lugano si avvicinano
alla fase incandescente della stagione
MASSIMO SCHIRA
Playoff, meno una. Il Ticino
dell’hockey si scalda verso la fase
decisiva della stagione che, quest’anno, vedrà impegnate entrambe le ticinesi. Mancano ancora incroci e avversarie (se non sarà derby), ma l’ambiente si annuncia già
sin d’ora caldissimo. Alla luce dei
risultati della penultima giornata,
l’Ambrì se la vedrebbe da sesto con
il Kloten, mentre il Lugano con il
Ginevra nella sfida 4°-5°. Ai playoff
andrebbe il Losanna, mentre il
Berna campione in carica ai playout. Condannato definitivamente, invece, lo Zugo. Ma andiamo
con ordine.
Due notizie positive per l’Ambrì
ancor prima di affrontare ieri, sabato, il Losanna, visto che i leventinesi ritrovano Richard Park e annunciano il rinnovo biennale per
Alexandre Giroux e Adrian Trunz.
Meno allegro, per contro, l’avvio di
partita, con il Losanna subito avanti nel punteggio con Antonietti e i
biancoblù a pasticciare ancora una
volta più del consentito in superiorità numerica, anche doppia. A risistemare il punteggio sull’1-1 arriva poi una caparbia azione a firma
Reichert. La conferma dell’importanza della partita per i vodesi si
nota nella seconda parte del periodo centrale, quando la pressione
dalle parti di Zurkirchen cresce,
pur senza occasioni clamorose.
Anche se, poi, al Losanna serve un
gol più che rocambolesco per portarsi di nuovo avanti con Hytönen.
Ma tanto basta a John Gobbi e
compagni, perché la reazione offensiva dell’Ambrì è impacciata e
senza fortuna nel terzo tempo.
Autentico test con vista playoff alla
Resega, con il Lugano impegnato
contro uno Zugo fino ai ieri a caccia di un posto al sole. Fischer ne
approfitta per ridare ghiaccio a Dal
Pian al posto di Conne e a Flückiger a difesa della gabbia. Una partita che si è presto trasformata in una
vera prova generale per il post season, basti pensare che il primo
tempo si è chiuso con 11 penalità
minori in totale, più 10 minuti sul
conto di Tobler. E sull’1-0 per gli
ospiti, grazie ad Alessio Bertaggia.
Ti-Press
SERGE
PELLETIER
Pian piano sta
plasmando la
squadra
secondo il suo
credo e un
primo obiettivo
raggiunto è
segnale che la
strada
intrapresa è
quella giusta
Ti-Press
iprotagonisti
Mc Lean
Con i suoi molti
assist e un buon
bottino anche
di gol è l’uomo
in più per il Lugano.
Giroux
Non fa l’unanimità,
ma è spesso sul
tabellino e questa
è “merce rara”. Ha
rinnovato per 2 anni
Zurkirchen
L’Ambrì ha trovato il
portiere per il futuro
e anche Pelletier se
n’è accorto…
E Schaefer se ne va.
Merzlikins
È giovane, deve
crescere, ma come
per l’Ambrì nessun
problema in vista
nella gabbia.
SUGLISPALTI
Nel terzo centrale, quando il Lugano trova il pareggio, con un punto
curioso di Reuille, di certo nessuno
grida allo scandalo, perché l’1-1 è
meritato e anche la difesa ci mette
del suo contenendo lo Zugo in
un’inferiorità di 5 minuti a cavallo
tra secondo e terzo tempo, periodo
che inizia con il botta e risposta in
49 secondi che porta il punteggio
sul 2-2 (gol di Earl e Julien Vauclair)
e prosegue con più Lugano che
Zugo. Ma senza gol e con gli arbitri
Prugger e Stricker fin troppo in evidenza (negativa). Ai rigori, infine,
vittoria inutile per lo Zugo.
MASSIMO SCHIRA
LA FRONTIERA DEL GAS DOPANTE
S
i chiamano Xenon e monossido di carbonio. Sono due
gas. Normalmente se ne sente parlare nell’industria automobilistica. Ora, invece, si scopre che le due sostanze
hanno un potere che va oltre la loro applicazione industriale:
aumentano il livello di Eritropoietina naturale nel corpo umano se vengono assunti. Ma, come? Il monossido di carbonio?
Quello dei suicidi in automobile dei film gialli? Sì, esattamente quello. Un gas che, se assunto in dosi errate, ha conseguenze letali, sentenziano gli esperti. Poco diversa la “posologia”
dello Xenon. Eppure già ai Giochi di Sochi il responsabile
dell’Agenzia russa di biomedicina ha “ventilato” un possibile
uso da parte degli atleti del suo Paese di due sostanze che, per
ora, non rientrano nelle sostanze proibite. Proprio perché l’ormone non viene immesso nel corpo. Si stimola il corpo a produrlo in modo… naturale. Il solo fatto di pensarci, dimostra
che la lotta al doping necessita di ulteriori, enormi, sforzi. E,
onestamente, fa correre gelidi brividi lungo la schiena pensando alla salute degli atleti. Di tutti gli atleti…
Il primo bilancio stagionale per
bianconeri e biancoblù è quindi
certamente positivo. L’arrivo di Fischer in panchina alla Resega non
ha mancato di avere conseguenze
dirette su una formazione che, tutto sommato, era ancora “figlia”
della gestione Huras, con acquisti
come Fritsche che hanno ben presto dovuto capire come il vento in
riva al Ceresio fosse cambiato. E
dopo una fase di assestamento anche piuttosto lunga e laboriosa, la
squadra ha risalito la china, togliendosi d’impaccio da una zona
calda della classifica piuttosto ben
frequentata vista la presenza di
Berna e Zugo. Per poi consolidare
la graduatoria e mantenere aperte
fino alla fine le speranze di terminare nella top-4 - il primo obiettivo
stagionale - pur senza incantare
per continuità. Discorso parzialmente diverso in casa leventinese,
con Serge Pelletier che ha finalmente potuto beneficiare del suo
lavoro di costruzione della squadra, presentando ai blocchi di partenza un Ambrì Piotta capace di
partire lancia in resta, presentandosi alla pausa natalizia con il biglietti per i playoff già praticamente
in tasca. Una situazione ideale per i
biancoblù, che ha permesso alla
squadra anche di assorbire senza
troppi affanni - malgrado qualche
sconfitta evitabile - alcune assenze, anche di peso. Risolvendo con i
punti messi in cassaforte il problema di una panchina di certo non
lunghissima. Obiettivo numero
uno centrato, insomma, dalle parti
della Valascia.
che è stato fatto segnare da Silvan Zurbriggen che per la prima
volta in stagione è riuscito a
piazzarsi tra i primi dieci, concludendo al sesto posto. Una
giornata sicuramente non esal-
Sono due le notizie importanti
che sono scaturite dalla seconda
libera che si è disputata ieri, sabato, a Kyitfjell. La prima è che la
vittoria è stata ottenuta da Erik
Guay e la seconda è che c’è stato
il balzo in testa alla generale di
Coppa del Mondo da parte di
Aksel Lund Svindal.
Un successo certamente non atteso, quello conquistato sul tracciato norvegese dal canadese,
soprattuto visto che i favori del
pronostico erano concentrati sui
protagonisti della prova che si è
disputata venerdì. Ed invece il
podio è stato completamente
stravolto, con Guay che ha avuto
la meglio sul francese Johan Clarey e sul campione olimpico,
l’austriaco Mathias Mayer. Occasione nuovamente mancata
per il padrone di casa Svindal,
che si è dovuto accontentare del
sesto posto. Un risultato che è
comunque bastato per scavalcare al comando della generale
l’austriaco Marcel Hirscher, scavando un vantaggio però di soli
ventisette punti che non permettono di dormire sonni tranquilli. Per il norvegese c’è comunque la grossa possibilità di
cercare di sfruttare al meglio il
SuperG in programma oggi, domenica, sempre nella località
scandinava. Hirscher, che ha rinunciato alle due libere, la scelta
parrebbe quella di prendere parte alla gara per cercare di mettere pressione a Svindal. Una decisione che sembra comunque
non necessaria, visto che la
prossima tappa di Coppa del
Mondo sarà di scena a Kranjska
Gora dove andranno in scena un
gigante e uno speciale, prima di
fare tappa alle finali di Lenzerheide.
Per quanto riguardala la squadra rossocrociata c’è da segnalare, finalmente, il buon risultato
tante per gli altri elvetici, dal momento che Patrick Küng e Didier
Défago hanno terminato rispettivamente in dodicesima e sedicesima posizione, mentre gli altri svizzeri sono finiti lontani.
Per il vallesano, alla sua ultima
stagione in Coppa del Mondo,
un risultato sufficiente per qualificarsi per le finali di Lenzerheide, dove farà compagnia a
Küng e Carlo Janka.
m.m.
Ledonne
Neve e nebbia
fermano le gare
a Crans Montana
ERIC GUAY BRILLANTE A KVITFJELL
Nella seconda discesa libera sulla
pista di Kvitfjell, il canadese ha
mostrato linee precise che gli
hanno permesso di battere tutti
Il tennis
Neve e nebbia fermano le gare a
Crans Montana. Anche la seconda
discesa di Coppa del Mondo in
programma ieri, sabato, sul nuovo
tracciato vallesano è stata annullata a causa delle condizioni meteorologiche. Gli organizzatori hanno
cercato in tutti i modi di far disputare la prova, spostando diverse
volte l’orario di partenza. Alla fine
hanno comunque dovuto alzare
bandiera bianca, cancellando definitivamente la gara.
Lo sfortunato week-end vallesano
si chiude oggi, domenica, tempo
permettendo, con in cartellone il
recupero di una delle discese cancellate. Per Lara Gut sarebbe una
decisione più che buona, visto che
nel solo allenamento disputato,
aveva dimostrato si trovarsi a proprio agio sulla pista di casa, dal
momento che aveva fatto segnare
il miglior tempo.
Fra una settimana le donne saranno impegnate in due giganti e uno
speciale sul tracciato svedese di
Are, prima di trasferirsi nuovamente in terra rossocrociata e precisamente a Lenzerheide, dove anche
quest’anno andranno di scena le
finali, sia in campo femminile, sia
in campo maschile.
m.m.
Il calcio
Federer centra il sesto titolo a Dubai Il Chiasso vince il derby
I rossoblù battono 2-1 il Lugano e inguaiano il Locarno
Negli Emirati il basilese supera in finale in tre set il ceco Tomas Berdych e rilancia la corsa salvezza
MASSIMO MORO
Roger Federer conquista per la
sesta volta il titolo del torneo Atp
500 di Dubai. Una partita certamente combattuta quella che è
andata in scena, ieri, sabato,
nell’Emirato, con il basilese che
ha superato il ceco Tomas Berdych 3-6, 6-4, 6-3 in un’ora e
cinquantotto minuti di gioco.
Per l’elvetico si tratta del primo
successo del 2014 che lancia al
meglio la mini tournée americana che scatterà domani, lunedì,
ad Indian Wells.
Un match cominciato al meglio
per Federer che è riuscito nel
terzo gioco a strappare il servizio a Berdych e portarsi sul 2-1.
Pronta è stata però la risposta da
parte del ceco che, a sua volta,
ha carpito la battuta al basilese,
centrando il controbreak e rimettendo l’incontro in perfetta
parità. Un vero colpo al morale
quello accusato dall’elvetico
che, a causa anche di un servizio a dir poco inefficace, ha su-
bito il gioco potente di Berdych,
concedendo nuovamente la
propria battuta, ritrovandosi
sotto per 4-2. Un break che è risultato decisivo per la conquista
del primo set da parte del ceco
che ha chiuso a suo favore per 63.
Una partita che si è fatta in salita
per Federer che, dopo aver ritro-
Reuters
Realizzando ogni fine settimana due o tre rapporti su partite
di Super o Challenge League,
mi sono spesso interrogato sul
reale valore del nostro campionato svizzero per rapporto a
quanto ci sta attorno. Ci si
chiede infatti sovente dove si
situa la Super League per rapporto ai campionati considerati più importanti. È davvero inferiore come pensa gran parte
della gente a causa di fattori
come il numero di spettatori,
risultati e storia nel panorama
calcistico europeo? La Swiss
Football League, ha quindi deciso di investire e portare avanti un progetto che prevedeva di
dare mandato a
una ditta esterna
nella realizzazione di
un’analisi su
aspetti fisici e
tecnici del nostro
campionato.
I dati raccolti sono molto interessanti. E il
confronto è stato fatto con le
partite della Premier League
inglese, della Ligue 1 francese,
della Bundesliga tedesca, della
Liga spagnola, della Serie A italiana e con il torneo della
Champion’s League. Il primo
aspetto considerato è quello fisico, per cui sono stati raffrontati dati come i chilometri percorsi in partita dagli 11 giocatori, l’intensità della corsa, il
numero di sprint e la distanza
di questi sprint. Per tutti i dati
si è anche fatta la differenza tra
fase di possesso e non possesso palla. Senza entrare eccessivamente nel dettaglio e considerando che le statistiche atletiche possono essere influenzate da aspetti come il sistema
di gioco e la strategia tattica di
gioco, emergono elementi
molto interessanti proprio perché l’analisi si basa sulle medie
di campionati interi. E il dato
più eclatante è certamente
quello che vede la Super League al primo posto assoluto
per chilometri percorsi in media durante la partita. Il volume, insomma, è da record. A
fare difetto - solo la Serie A italiana è inferiore - è invece la
qualità dello sforzo fisico. Per
intensità di corsa e lunghezza
degli sprint, infatti, il massimo
campionato svizzero è in ritardo. E qualche dubbio in questo
senso, per la verità già c’era osservando regolarmente le partite. Un primo punto su cui lavorare è quindi la qualità dello
sforzo atletico in campo.
Aspetto che è però a mio modo
di vedere direttamente legato
al secondo punto centrale
dell’analisi: quello relativo alla
qualità tecnica della Super
League rispetto agli altri grandi
tornei continentali. Ne riparleremo nella prossima rubrica
“Fuori Campo”.
A Kvitfjell s’impone Erik Guay,
Svindal va in vetta alla generale
Nella libera in Norvegia buon sesto posto di Silvan Zurbriggen
PIERLUIGI
TAMI
Un’analisi
oggettiva
per il calcio
rossocrociato
Lo sci
Reuters
FUORI
CAMPO
15
ROGER FEDERER
Il basilese conquista a Dubai il primo titolo del 2014,
lanciando al meglio la mini tournée americana che
prenderà via la prossima settimana ad Indian Wells
vato a sprazzi il proprio servizio,
ha concesso nuovamente la battuta al ceco che si è portato sul 32. Trovatosi con le spalle al muro,
il basilese ha cominciato ad attaccare, e non solo a difendersi, riuscendo ad effettuare il controbreak del 3-3. La parità ritovata ha
messo letteralmente le ali al renano che ha preso in mano le redini
del gioco, chiudendo (grazie al
break nel decimo gioco) la seconda frazione per 6-4.
Nel terzo e decisivo set, il basilese è salito in cattedra e, dopo
aver buttato al vento tre palle di
break in entrata - concedendone
comunque una al suo avversario
- nel quarto gioco è riuscito a
strappare il servizio a Berdych,
per andare a condurre per 3-1.
Confermati i propri servizi da
Federer e Berdych, il settimo
game è stato un vero e proprio
crocevia verso il successo per
basilese che, dopo aver cancellato due pericolosissime palle di
controbreak, ha chiuso il match
per 6-3.
[email protected]
Il Chiasso vince il derby contro il
Lugano, il Wohlen batte il Winterthur e a ritrovarsi con la “pepa
tencia” nella lotta di bassa classifica in Challenge League è ora il
Locarno, costretto quest’oggi meteo permettendo - a
fare
punti
(tre per la
precisione)
in casa contro l’ostico
Wil e a preparare poi al
meglio
il
match della
vita nel recupero contro Ti-Press
lo stesso Wohlen.
Con in campo un Chiasso molto
diverso negli uomini e nell’atteggiamento rispetto alla sconfitta
contro il Servette, il derby parte
subito su buoni ritmi, malgrado
un terreno di gioco “sofferente”.
La prima occasionissima è per
Magnetti, ma il suo tocco si
stampa incredibilmente sul
palo. Al 16’ è ancora l’argentino a
farsi trovare pronto e stavolta
Russo è battuto. La reazione del
Lugano non si fa certo attendere,
visto che dal vantaggio chiassese
al pareggio bianconero passano
sei minuti.
Dubajic imbecca Rafael
e l’1-1 è servito. La partita resta vivace, anche se
è il Chiasso a
farsi preferire. E a sciupare un’altra
grossa occasione
con
Becchio.
Derby piacevole per i 1.200 del
Comunale anche nella ripresa,
quando le occasioni sono diverse su entrambi i fronti. Ma a fare
la differenza è Alberto Regazzoni, abile a servire su un piatto
d’argento Reclari, per il 2-1 che
l’assalto finale di un buon Lugano non riesce a ribaltare. m.s.
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
ILFENOMENO
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VENT’ANNI,
DA UN MESE
FIDANZATO...
FACCIO CILECCA
SCHIRA A PAGINA 21
A PAGINA 25
ROSSI A PAGINA 28
tra
parentesi
PAUSA CAFFÈ
COSTUME | SAPORI | MOTORI | SPORT| SALUTE | TENDENZE
L’autoterapia
piace.
E piacciono
le cure
alternative.
Perché
il corpo può
guarire da solo.
Si possono
prevenire
i malanni
e stare bene
anche senza
pasticche
Basta
farmaci!
PERCOMINCIARE
PATRIZIA GUENZI
UN “LIKE” NON COSTA NULLA
N
on sempre Facebook è un contenitore di sciocchezze.
Spesso, serve anche per una buona causa. È il caso di
Bérangère Carron, una giovane proprietaria di una piccola fattoria a Charrat, nei pressi di Martigny, dove alleva delle
razze autoctone di capre e mucche, oltre ad alcuni asini e cavalli. Un mese fa ha lanciato un Sos sulla rete per salvare i suoi
animali, alcuni appena nati. Ha bisogno di soldi per continuare la sua attività, costruire uno spazio adatto, e a norma, per le
capre, ne ha ben 32. In una settimana, racconta la giovane a Le
Matin Dimanche, è passata dalla disperazione più totale all’euforia.
Ben 5mila franchi sono già arrivati. Contemporaneamente, il
suo profilo ha scatenato un sacco di “like”. Ma anche tantissime
promesse di aiuto materiale, che le potranno far risparmiare
tanti soldi. Per costruire un edificio in cemento di 600 m2 si stima una spesa di 600mila franchi. Ecco che il sostegno di architetti, geometri e altri professionisti sarà per lei essenziale. E,
senza spendere un franco, regaliamole almeno un “like”.
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
LA SETTIMANA NON È BIANCA
A PAGINA 44
E’
PATRIZIA GUENZI
tutta una questione di testa. O,
meglio, di cervello. Dipende infatti, anche, da questo organo la
capacità di non ammalarsi, combattere e resistere agli acciacchi,
più o meno gravi. Di vivere bene
pure senza farmaci. Una sorta di
autoterapia, che conquista sempre più persone, basti vedere il
boom registrato dalle cure alternative.
segue a pagina 18
S
CAROLINA CENNI
i riconoscono dai pianti lunghi e
disperati. E sono l’incubo di
qualsiasi neo mamma e neo
papà. Le coliche nei neonati arrivano così. All’improvviso. Il
bimbo inizia a piangere a lungo
e intensamente, senza un apparente motivo. Normale che i genitori, soprattutto se al primo figlio, si facciano prendere dall’ansia e da una buona dose di
panico. Ma un rimedio c’è: il
massaggio infantile.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
19
tra
parentesi
1/ilmassaggio
LA SALUTE
L’”autoterapia” piace. Sempre più
apprezzate le scelte alternative.
Perché il corpo può guarire da sè
Le carezze mamma-papà-bebè,
che mano santa contro le coliche
S
Basta
farmaci!
16%
SPESE SANITARIA
SEMPRE PIÙ SU
Come curarsi e star bene
...anche senza medicinali
L’amministrazione
delle finanze a Berna stima
che entro il 2060
la percentuale della spesa
del settore sanitario
rispetto al Pil potrebbe
salire al 16%.
La spesa complessiva
dal 1995 al 2011 ha avuto
una crescita nominale
media del 3,8% annuo
I NUMERI
50
%
70%
Il 70% degli
svizzeri
è convinto
dell’efficacia
dell’omeopatia
17.200
1°
Tra le nazioni europee,
la Svizzera è al primo posto
per l’utilizzo dell’omeopatia
PATRIZIA GUENZI
È
tutta una questione di
testa. O, meglio, di cervello. Dipende infatti,
anche, da questo organo la capacità di non
ammalarsi, combattere e resistere agli acciacchi, più o meno gravi. Di vivere bene anche senza farmaci. Una sorta di autoterapia,
che conquista sempre più persone, come testimonia anche il
boom delle cure alternative.
Piacciono alla metà degli
svizzeri. E molti di loro visiteranno certamente
Mednat, Salone delle
medicine naturali e
del benessere, all’Expo Beaulieu di Losanna dal 27 al 30
marzo. La rassegna
compie 26 anni e affonda la sua storia sugli insegnamenti di antichi e famosi medici “alternativi”. Le oltre 250 conferenze in cartellone, infatti,
si terranno in sale denominate
Paracelsus, Hippocrate, Bach,
Kneipp, Hahnemann.
A tenere banco oggi tra i metodi
di autoterapia sono: il placebo,
che si fonda su un inganno (a fin
di bene), la meditazione e il neurofeedback, che invece coinvolgono la nostra consapevolezza.
Sempre sulla cresta dell’onda
omeopatia, fitoterapia, agopuntura, massaggio infantile, antibiotici naturali, ipnosi e agopuntura
(servizio presente pure nei quattro ospedali dell’Ente ospedaliero
cantonale)... è lungo l’elenco,
Il 50% della popolazione svizzera
preferisce un ospedale che offre
trattamenti omeopatici, complementari
ed alternativi, rispetto ad uno che si limita
a cure mediche convenzionali
Il medico tedesco S.
Hahnemann (1755-1843)
è il padre dell’omeopatia
In Svizzera sono attualmente
operativi circa 17.200
specialisti che praticano la
medicina alternativa e
complementare
senza contare, poi, il ruolo chiave
dell’alimentazione (vedi sotto).
Paladino di una medicina più
dolce Alberto R. Mondini, naturopata veneziano: “Ingoiamo chili di chimica, dimenticandoci del
ruolo curativo di vitamine, sali
minerali, enzimi e altre sostanze
naturali”, sottolinea l’autore, tra gli
altri saggi, del manuale “Come vivere senza malattie e senza medicine”. Piace l’idea dell’attento “fai
da te” per restare in salute. Anche
chi è gravemente ammalato a volte cerca aiuto nella medicina naturale, in Svizzera l’hanno fatto
l’80% dei pazienti oncologici. La
maggior parte dei giovani medici
è aperta a questo tipo di terapie.
“È inutile fare il despota con i pazienti, se vogliono provare altro lo
fanno - nota il medico Beppe Savary -. E allora tanto vale trovare
una via di mezzo, parlandone”. In-
VITAMINE,
BACCHE E...
Vitamine per vivere
bene, oltre a semi,
bacche, cavolo
e tè verde
Nel piatto
Açai, Goji e Quinoa
assicurano lunga vita
S
ucco di açai, bacche di Goji e quinoa assicurano benessere e longevità. Così come
acqua di cocco, cavolo riccio, uova vegane
e cacao crudo in polvere. Chiamati anche supercibi, perché proteici, antiossidanti ecologici
e sani. Veri e propri elisir di giovinezza e lunga
vita, grazie a proteine, fitosteroli, vitamine, proteine, antiossidanti, manganese, fibre, calcio,
acido laurico, minerali, lipidi naturali, calcio.
Prevengono alcune patologie legate all’età,
come l’osteoporosi, combattono il colesterolo
cattivo, mantengono lubrificati i cuscinetti delle
cartilagini e delle membrane di sostegno delle
articolazioni ossee, hanno un’azione antinfiammatoria e antiossidante, rigenerano organismo
e muscoli, rafforzano capelli, unghie e denti.
L’açai è già stato soprannominato la papaya del
futuro. È una sorta di “mirtillo” brasiliano, una
minuscola bacca proveniente dalla foresta
amazzonica, classificata come “frutto della vita
dai salutisti”. C’è chi lo consuma frullato magari con l’aggiunta di una banana e di una mela, al
posto del pranzo. Alcuni studi sostengono sia
del tutto paragonabile a un uovo, per il suo apporto proteico. In Brasile la versione classica è
la “açai na tigela”, la polpa decorata con granella e fettine di banana servita in una coppa.
Le bacche di Goji sono invece ricche di cromo,
rame, ferro, magnesio, manganese, fosforo, potassio, selenio, sodio, zinco e germanio. Abbassano la glicemia, aumentano le difese immunitarie e danno una sferzata di energia. Ottime
gustate da sole, ancora meglio mescolate nello
yogurt, nell’insalata, nelle zuppe o nel birchermüsli.
Povera di grassi e ricca di ben nove amminoaci-
di essenziali, oltre a fibre e minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco, fonte di proteine
è la quinoa. Pianta erbacea annuale della famiglia delle chenopodiaceae, come gli spinaci o la
barbabietola. Cuoce in pochi minuti ed è un ottimo complemento per qualsiasi piatto. Con un
filo di olio, si rivela un pasto gustoso e nutriente.
Insomma, la filosofia alimentare del futuro si
baserà sempre più sul concetto di curarsi mangiando e la barriera tra cibo e medicina sarà
vieppiù sottile. Meno farmaci e più cibi salutari,
per prevenire malattie e disturbi. Ecco perché
gli alimenti assumeranno un ruolo più complementare a quello dei medicinali e degli integratori. Basterà curarsi a tavola per tener lontani
acciacchi e malanni.
p.g.
fatti, la maggior parte delle persone che si rivolgono alla medicina
alternativa lo fa di nascosto dal
proprio medico curante. “Ci sono
però patologie per cui non è possibile fare a meno della pasticca o
del bisturi - avverte Savary -.
Come l’ipertensione o un’anca
consumata. Ma pure in questi
casi alcuni pazienti non vogliono
assolutamente sentir parlare di
pillole o operazioni, convinti di
trovare da sè la cura migliore”.
Senza scadere negli eccessi, è
vero che il nostro corpo ha le risorse per reagire ai malanni. Certo, non a tutti. D’altro canto, se ciò
aiuta a far sì che in Svizzera quasi
tre quarti della popolazione (84%
degli uomini e 81% delle donne)
dichiari di essere in buona o ottima salute benvenga. E se, come
nel caso del placebo, la cura si
basa su un benevolo “inganno”
chi se ne importa! Studi specifici
dimostrano come il 75% dell’effetto antidepressivo deriva proprio da questo fattore. Percentuali di efficacia alte anche se confrontate a farmaci per il dolore, il
morbo di Parkinson o patologie
del sistema immunitario ed endocrino. Nessun inganno, invece,
con meditazione e neurofeedback. Otto settimane di meditazione ridurrebbero la reazione
dell’amigdala, quella parte del
cervello che risponde in modo
prepotente agli stimoli di rabbia,
paura e ansia. Il neurofeedback è
ottimo per combattere il deficit di
attenzione, l’iperattività, i dolori
cronici, insonnia e stress.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
stimolare la crescita e la salute del bimbo. È un modo privilegiato per comunicare ed essere costantemente in contatto
con lui. “Infatti, ha effetti benefici innanzitutto per la relazione dei genitori col
bambino – prosegue l’esperta -. È un al-
tro modo per conoscersi ed entrare in
sintonia, mamma bimbo, papà bimbo.
Un semplice gesto che incrementa l’attaccamento tra genitori e bebè”. Il massaggio ai piccoli piace, statene certi. Ed è
piacevole anche da fare. “Ha un effetto
rilassante e, allo stesso tempo, stimolante – conferma Vignola -. In quest’ultimo
caso si stimolano l’apparato circolatorio,
digerente, ormonale, immunitario e sensoriale. Col massaggio diamo una percezione mente-corpo al bambino, ossia coscienza del suo essere per poter sentire
tutte le sue parti del corpo. Non dimentichiamo poi che il rilassamento ha effetti
benefici sul sonno e sugli stati comportamentali del bebè. Dà sollievo, soprattutto
in tutte quelle fasi di disturbo, malessere
o dolore, come gas intestinali, coliche,
meteorismo e stipsi, aiutandoli a ritrovare un equilibrio”. Insomma, si può parlare di vero benessere.
I corsi in Ticino sono numerosi, per mettersi in contatto con l’insegnante più vicina basta cliccare il sito iaim.ch per vedere cosa c’è nella propria zona oppure
basta scrivere direttamente alla rappresentante regionale. Nel mondo una cinquantina di Paesi ospitano associazioni
di massaggio infantile. “Tutte le nostre
insegnanti hanno una formazione continua, grazie agli aggiornamenti - precisa
Vignola - e sono in possesso di una certificazione riconosciuta”.
c.c.
2/l’ipnosi
Superare paure e malesseri
dissociando la coscienza
È
utile a 360° gradi. E numerosi studi dimostrano come
l’ipnosi sia, in molti casi, un ottimo rimedio per superare malesseri, ansie, paure e recuperare ricordi. La
richiesta di questa cura alternativa, che può sostituire o ridurre di molto l’uso di farmaci, è in continua crescita. Secondo stime recenti sono sempre più le persone che si avvicinano e apprezzano questo tipo di terapia. “Con ipnosi
clinica s’intende sia la procedura per indurre un reale stato
ipnotico che lo stato ipnotico che segue, entrambi finalizzati a sostenere un processo di guarigione nella persona spiega Damiano Lafranchi, ipnologo clinico -. Ma non va
confusa con quella che spesso vediamo nell’ambito di spettacoli, dove lo stato ipnotico, reale o presunto che sia, viene
indotto solo per spettacolirizzare e divertire”.
L'ipnosi clinica può essere efficacemente utilizzata per un
grande numero di disturbi organici, soprattutto di origine
psicosomatica: “Ma anche per sopportare il dolore di interventi odontoiatrici, o come una sorta di anestesia per interventi chirurgici più invasivi - prosegue Lafranchi -. Tramite
l'ipnosi clinica, ad esempio, è anche possibile facilitare un
parto indolore. Ma non solo. Si possono identificare e superare le barriere che impediscono di eliminare un comportamento errato, come nel caso di dipendenze. In ambito psichico si possono curare insicurezze, stati depressivi, ansie,
paure, fobie...”. Ricorrere all’ipnosi clinica può servire pure a
recuperare ricordi smarriti nei meandri della mente.
Tutti possiamo essere ipnotizzati. Basta seguire le istruzioni. “Ovviamente, non tutti reagiscono agli stimoli allo stesso modo. Molto dipende dalla mente della persona, dalla
sua intelligenza, dalla sua capacità di adattamento a cose e
situazioni nuove e all’abilità nel fronteggiare con fiducia
nuove situazioni, migliore è allora la sua risposta ipnotica”.
La durata, come precisa Lafranchi, è variabile: “Una seduta efficace può durare da pochi minuti a più ore. Nella mia
pratica clinica, l'impegno per la prima seduta è di circa tre
ore, e per le successive mediamente da mezz'ora a un'ora.
Molto spesso i risultati desiderati si ottengono già con la
prima seduta”.
c.c.
3/leerbe
La curiosità
Quando le parole giuste
aiutano più delle pillole
È
il più antico e, per alcuni, il più
efficace trattamento terapeutico: l’effetto placebo. Quando il
paziente è convinto dell’efficacia di
una cura, guarisce. Alla base, emozioni, aspettative e credenze che hanno
un’influenza diretta sulla biologia e
sui processi di guarigione e che dimostrano la potenza guaritrice della
mente-corpo. Già,
ma fino a che
punto?
Bè, c’è chi assicura che la sola credenza possa già
aiutare a stare
meglio. Ovvero,
avere un atteggiamento mentale
positivo è di per
sé un buon punto
di partenza. Metterebbe il nostro
corpo in condizione di reagire meglio alle cure. Lo
certificano le numerose ricerche
scientifiche che indicano chiaramente quanto mente e corpo siano collegati. Addirittura, stando ad alcuni studi recenti, l’effetto placebo si verificherebbe anche se c’è la consapevo-
i riconoscono dai pianti lunghi e disperati. E sono l’incubo di qualsiasi
neo mamma e neo papà. Le coliche
nei neonati arrivano così. All’improvviso. Il bimbo inizia a piangere a lungo e
intensamente, senza un apparente motivo. Normale che i genitori, soprattutto se
al primo figlio, si facciano prendere dall’ansia e da una buona dose di panico.
Ma un rimedio c’è: il massaggio infantile.
Un’antica tradizione presente nelle culture di molti Paesi, che da qualche anno
sta prendendo piede anche nel mondo
occidentale. “Il massaggio del bambino è
un’attività semplice, che ogni genitore
può imparare facilmente e adattare poi
alle esigenze del proprio figlio – spiega
Lorena Vignola, rappresentante regionale dell’Associazione svizzera di massaggio infantile -. È adatto a tutti i neonati e
in ogni tipo di situazione, anche per i
bimbi più fragili, quelli disabili o nati prima del termine”.
I benefici del massaggio infantile vanno
ben oltre le coliche. Con pochi gesti è
possibile accompagnare, proteggere e
lezza di non assumere un vero farmaco. Non solo. Più potente sarà ritenuto
l’atto terapeutico e più gli effetti benefici saranno evidenti. Ad esempio, più
grande è la pillola e maggiore sarà il
suo effetto; una iniezione di soluzione
fisiologica funzionerà meglio di una
pasticca placebo.
Ed è un ottimo rimedio pure in chirurgia: ad esempio, una semplice
incisione al ginocchio produce
gli stessi benefici
di un intervento
per l’osteoartrite
del ginocchio.
Tuttavia, è importante che prima si
creino le condizioni ideali per
far sì che il paziente creda nella
propria guarigione. Ecco, allora, che la relazione medico paziente diventa fondamentale.
Prima di tutti è proprio il medico che
deve credere nella forza del placebo e
comunicarlo con le parole giuste al
paziente.
p.g.
Zenzero, aglio, origano e tè verde
veri e propri antibiotici naturali
N
on solo semplici erbe aromatiche o alimenti, ma dei simil
farmaci, anzi antibiotici naturali, grazie alle loro proprietà benefiche e curative. Origano, estratto
di foglie d’olivo, aglio, tè verde e zenzero. Ecco i magnifici cinque che
possono aiutare ad affrontare raffreddore, febbre e influenza. Proprio
Edward Bach, il medico britannico
che mise a punto preparati a base di
fiori, sosteneva che: “Niente nella
natura può farci del male, se siamo
felici e in armonia. Al contrario, l'intera natura è a nostra disposizione
perché possiamo rallegrarcene e
servircene”.
Vero o non vero, fatto sta che molte
persone si affidano a fiori, erbe e sostanze naturali per stare bene. L’origano, ad esempio, è una delle erbe
aromatiche più utilizzate in cucina
grazie al suo particolare profumo
per arricchire e insaporire piatti. In
realtà, è particolarmente prezioso
anche per la nostra salute con le sue
innumerevoli proprietà terapeutiche. Si rivela un ottimo rimedio se
usato quale analgesico, antisettico e
antispasmodico. Alcuni recenti studi hanno dimostrato che è in grado
di uccidere quasi la totalità di batteri
più comuni, come lo stafilococco.
Perciò è molto utilizzato nell’aromaterapia per curare problemi all’apparato respiratorio, febbre, bronchite, tosse ma anche asma, mal di denti, reumatismi e intossicazioni alimentari.
L’estratto delle foglie di olivo, invece,
è uno dei più potenti antibiotici che
la natura ci offre. Non solo antibatterico, antinvecchiamento, antinfiammatorio, il liquido estratto dalle foglie fresche dell’olivo sembra avere
pure capacità antiossidanti e dunque
aiuta a proteggere il corpo dai radicali liberi.
Ma il re degli antibiotici naturali, antifungini e antivirali, resta l'aglio,
che dovrebbe essere aggiunto, quotidianamente, alla nostra dieta alimentare soprattutto in questo particolare periodo dell’anno. Contiene,
infatti, potassio e germanio, due minerali indispensabili per una buona
salute, e in particolare l’allicina, responsabile del forte odore ma a cui
va il merito della maggior parte delle
sue proprietà, in particolare quelle
che rinforzano le difese immunitarie.
Altro antiossidante naturale è il tè
verde, utilizzato nella medicina tradizionale cinese e indiana per molte
delle sue doti curative. Vari test effettuati su bevitori regolari, hanno
evidenziato un rischio minore di sviluppare malattie dell’apparato cardiovascolare, ma anche tumori. C’è
poi lo zenzero, secondo recenti studi
uno dei dieci alimenti, dotati dei più
alti livelli di attività anti-cancro. In
grado di guarire i disturbi più banali,
come raffreddori e influenza grazie
al suo rizoma carnoso dai principi
attivi come zingiberene, gingeroli
e shogaoli,resine e mucillagini che
sciolgono il muco e liberano i bronchi. A tutta natura, insomma.
c.c.
20
tra
l’abito
parentesi
Total look
Chic
Colorato
Patch
Completo giacca
pantalone,
camicia
e borsa. Tutto in
tema, a fiori, per
Laura Biagiotti.
Il minidress
in seta
cangiante
azzurro con
fiori ricamati
di Blugirl.
Le rose, declinate
in diverse dimensioni,
sono protagoniste dei
look di Moschino,
shorts e camicia
e abito-camicione.
L’interpretazione del
trend floreale del marchio
Bcbg Max Azria.
Una romantica cascata di petali
per una primavera molto loreale
LINDA D’ADDIO
R
animalia
ieccoli, come sempre, ogni primavera.
Annunciano con largo anticipo l’arrivo
della bella stagione portando una nota
di colore e fantasia nel guardaroba. Sono i fiori,un evergreen che piace, alle donne e agli
stilisti, che puntualmente li propongono in
modo nuovo e diverso. Sono proprio loro, i fashion designer, a rivisitare il trend potenziando la loro connotazione pittorica e scultorea e
combinandoli, a contrasto, con pezzi sporty,
altre fantasie e forme geometriche. Non risparmiano un capo, piccolo o importante,
non disdegnano gli accessori, e soprattutto
non deludono perché aperti a tutte le interpretazioni, romantiche, esagerate, bon ton e
sportive. Non escludono il total look come
pure le mise eleganti per la sera.
Punta sui contrasti Prabal Gurung spezzando
la stampa floreale con spezzati sporty e forme
geometriche. Sono declinati in stile tropicale
per Prada che li abbina a pellicce multicolor.
Mette assieme le diverse stampe per un effetto patchwork Bcbg Max Azria sui suoi abiti.
Sperimenta il trend con ricami e applicazioni
di pailette- gioiello a forma di cuore su gonne
e giacche di pizzo il marchio Burberry. Le applicazioni assumono aspetti scultorei e pittorici per Mathew Wlliamson, Christopher
Kane, Jonathan Saunders e John Rocha. Sfilano sugli abiti dal taglio classico e dai colori vivaci di Dior. Diventano papaveri sugli abiti e
sugli shorts di Andrea Incontri; tulipani stilizzati sui cappottini seventies di Miu Miu; margherite sui caban e sui dress di Blugirl.
Sono loro, bianchi, neri, colorati, delicati, pic-
Decise note di colore su
fantasiosi abiti, shorts,
tubini, camicie e borsette
coli o grandi, la scelta giusta dei prossimi
mesi. Il trend è stato anticipato al Golden
Globe 2014 in occasione del quale Kaley Cuoco e Drew Barrymore hanno ravvivato il classico rigore del red carpet con i loro abiti floreali.
Anche sulle passerelle di Dolce&Gabbana,
Alberta Ferretti, Tory Burch, Versace e Antonio Marras il fiori vivono una seconda giovinezza declinati su una palette di tinte pastello
applicate a soprabiti, giacche, vestiti, gonne e
top. Propone il tutto coordinato Dolce&Gab-
bana per la stampa su broccato di seta: soprabito, dress a trapezio, persino culotte e bra. È
romantica l’interpretazione del disegno floreale di Kristina Ti sul completo in chiffon top
e pantalone come la versione del minidress,
sempre in chiffon, nei toni delicati dell’azzurro di Nina Ricci. Ridotto ai minimi termini
l’abitino a sottoveste fiorato in chiffon di Isabel Marant. Assolutamente bon ton le giacchine a fiori di Giorgio Armani. È lunga la
gonna rosa a fiori di Roccobarocco. Lunga e
fluida la tuta a fiori di Matthew Williamson.
Stampati su fondo rosso i fiori degli shorts di
Moschino combinati con una camicia fiorata
su fondo bianco. Impeccabile e glam per
un’occasione speciale il tubino in seta cangiante con fiori ricamati di Blugirl.
Petali e corolle contagiano anche gli accessori di stagione ravvivando ogni capo anche il
più serioso e anonimo. Non a caso è una “wall
flower”, una parete di fiori, il mood della nuova collezione di Coccinelle. Protagoniste le
nuove it bag: dalla tracollina alla postina, passando per le shopping ultra colorate. Testimonial d’eccezione la top model Giedre Dukauskaite, a cui rende onore il fotografo di
moda americano Billy Kid.
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Una buona pédicure al coniglio
evita infezioni, tagli e abrasioni
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
gregio dottore, da sempre
ho la passione per quei simpatici Bugs Bunny dalle lunghe orecchie e dal musetto grazioso. Ne ho uno che durante la brutta stagione tengo in casa, ma appena viene bello lo lascio fuori, in
un piccolo e ben protetto giardino.
Da qualche settimana ho notato
che il mio coniglietto ha un
problema alle zampe posteriori.
In sostanza, presenta delle
lesioni sulle dita delle zampette e sulla parte di zampa
che sta a contatto col terreno. Mi potrebbe dare qualche “dritta” per curare la bestiola e, meglio ancora, prevenire tali inconvenienti?
P
otrebbe sembrare una stranezza ma è proprio
l’ambiente all’apparenza protetto della casa e
della gabbia a presentare le maggiori insidie per
la salute delle zampette del coniglio. La parte inferiore
è ovviamente poco visibile per il proprietario che rischia di accorgersi in ritardo che qualcosa non va.
In questo caso è molto importante usare alcune strategie per evitare inconvenienti spiacevoli. Al contrario
del cane e del gatto, con spessi cuscinetti che fungono
da ammortizzatori, il coniglio ha solo un po’ di pelo
per proteggere i tessuti della parte inferiore delle zampe. Materiali duri ed abrasivi, come tappeti ruvidi e
sabbia per gatti possono consumare il pelo che perde
la sua capacità protettiva. Una delle patologie più frequenti è infatti rappresentata dalla pododermatite,
causata dalla compressione costante del flusso sanguigno e che porta alla formazione di ulcere infette,a volte
anche gravi.
La lunga permanenza in gabbia, oltre ad essere molto triste rappresenta un rischio, soprattutto quando
non è presente un substrato morbido, pulito ed asciutto ottimamente rappresentato dal fieno. Da evitare nel
modo più assoluto il contatto diretto con un fondo a
griglia! Ovviamente, peggiora anche la pododermatite
e se il fondo è sporco le piccole ulcere, ancora allo stato iniziale, s’infettano in modo pericoloso.
Tuttavia, anche i conigli lasciati liberi in casa hanno i
loro problemi con il pavimento, ma in questo caso riescono a compiere comunque una sana attività fisica
che giova alla loro salute. In conclusione, tempo permettendo, il luogo migliore resta sempre il giardino.
Gli arti dei conigli sono delicati e quindi vanno tenuti
sempre sotto controllo, così come la lunghezza delle
unghie, visto che la vita in appartamento ne impedisce
il naturale consumo. Non dimentichiamoci che in natura il coniglio è un grande scavatore.
Consiglio, quindi, il taglio regolare delle unghie, facilmente praticabile anche con un normale taglia unghie
per cani, oppure, in caso di dubbi o timori, fate un salto dal veterinario.
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
21
tra
parentesi
IL FENOMENO
Le abbondanti nevicate in quota,
la situazione di pericolo e gli allarmi
spiegati dagli specialisti di Davos
254cm
È il quantitativo
(record) di neve
misurato sulle piste
di Airolo Pesciüm
ad inizio febbraio
Una montagna di neve
a rischio
5 Livelli
valanghe
La scala del pericolo
valanghe prevede
5 livelli: debole,
moderato, marcato,
forte e molto forte
30°pendenza
La pendenza
del terreno che fa
passare il pendio da
moderato a ripido
MASSIMO SCHIRA
S
u molte regioni al Sud
delle Alpi ben frequentate dagli amanti dello sci
fuori pista e delle escursioni, questo inverno
sono caduti quantitativi impressionanti di neve. Ben oltre i quattro metri, come testimoniano le registrazioni dell’Istituto per lo studio della
neve e delle valanghe di
Davos (Slf ). Una situazione che, in un primo momento, ha innescato anche
un grado molto elevato di
pericolo valanghe, addirittura con strade chiuse e paesi isolati per evitare rischi.
“In realtà il rapporto tra
quantità di neve e rischio di
valanghe non è automatico spiega al Caffè Thomas Stucki, responsabile di bollettini e
allarmi valanghe dell’Istituto
di Davos -. Una situazione
come quella attuale, non è così
inconsueta. Dopo una prima fase
in cui il rischio è stato elevato, la situazione è rientrata pian piano
nella normalità. La neve rimane
molta, ma il grado di pericolo dal
grado 4, forte, è tornato in settimana al grado 2 attuale, cioè moderato”. Prima di risalire per le nevicate
nella notte su ieri, sabato, a “marcato” in gran parte del territorio e
“forte” in alcune zone dell’alto Ticino.
Una “normalizzazione” che tuttavia, come dimostrano i due incidenti degli scorsi giorni, non permette certo di abbassare la guardia. Conoscenza del territorio e
Il responsabile dei
bollettini:“Il manto
è più stabile e sotto
controllo”, serve
però esperienza
della neve, pianificazione attenta
delle uscite, verifica dei bollettini,
consigli degli esperti e prudenza
sono sempre d’obbligo. Anche
perché le notizie di valanghe scese
qua e là a media ed alta quota non
sono mancate. “In Ticino abbiamo
riscontrato una stabilità migliore
del manto nevoso rispetto ad altre
regioni della Svizzera - osserva ancora Stucki -, dove si è assistito, ad
esempio, al fenomeno di una prima nevicata con cristalli di consistenza zuccherina, cioè molto sottile. Il che ha complicato la stabilità sui pendii”. Tanto che, anche in
Ticino, in qualche caso, si sono viste valanghe che hanno trasportato a valle l’intera massa nevosa depositata sul pendio. Lasciandolo
praticamente “nudo”.
Altro fenomeno osservato in alcune zone, lo slittamento di grandi
lastroni di neve. Una situazione
che, secondo Stucki, è piuttosto
circoscritta a terreni in cui il sottosuolo presenta molta erba: “Dove
perciò l’umidità gioca un ruolo
importante. In generale a Sud delle Alpi la temperatura del terreno è
scesa attorno agli zero gradi abbastanza rapidamente, visto che il
gradiente di isolazione della neve
300km/h
La velocità che
la valanga può
raggiungere
in condizioni “ideali”,
sottoponendo
ad enormi pressioni
eventuali ostacoli
400-700 kg
Il peso al metro
cubo della neve
accumulata sopra i
2.000 metri di quota
400cm
La coltre nevosa
in alcune zone dell’alto
Ticino ha superato
quota 4 metri
caduta era buono. Per questo le
condizioni si sono normalizzate
abbastanza rapidamente”. Ed è
mancato per fortuna un altro fattore che rende solitamente rischioso l’abbandonare le piste
tracciate: il vento. “In effetti ci sono
state alcune giornate ventose - aggiunge Stucki -. Ma sinora la situazione è stata ampiamente sotto
controllo anche per gli accumuli
che il vento crea su determinate
creste. Vista la compattezza attuale del manto nevoso, il vento da
ora in poi, salvo nuove precipitazioni importanti, non sarebbe più
rilevante”.
In ogni caso la prudenza s’impone
sempre. Magari iniziando dallo
scaricare l’applicaizone “White
Risk”, creata proprio dall’Istituto di
Davos per tutti gli appassionati di
montagna e fuoripista. L'app per
smartphone, che include il bollettino delle valanghe e altri importanti dati nivo-meteorologici, informa sulla situazione e offre gli
elementi necessari per valutare il
pericolo di valanghe. Ma, gli
esperti dell’Istituto Slf avvertono:
“White Risk non solleva, però,
dalla responsabilità di decidere: è sempre chi lo usa che
deve giudicare quali
pendii possono essere
attraversati e quali
no”.
I PERICOLI
Le masse
nevose
importanti
possono
creare
accumuli
pronti allo
stacco
I consigli L’esperto Pedroli: “I parametri di valutazione tradizionali sono stravolti”
“È una situazione particolare,
si impone molta attenzione”
L
L’esperienza
“A Bosco Gurin
con una scuola,
per studiare la
massa nevosa
e i suoi segreti ”
a grande quantità di neve caduta su alcune aree del cantone ha risvegliato l’interesse di
molti per questo elemento. Parola di
Pierre Pedroli, esperto osservatore
della montagna e consulente di sicurezza. “Quella venutasi a creare è
una situazione certamente anomala, perché la massa nevosa ha letteralmente modificato la morfologia
stessa di parte del territorio - spiega
-. E questo è un fatto che non va sottovalutato,
perché
modifica anche parametri essenziali quando si parla di valanghe. Pendenza, versante o soleggiamento
vengono in un certo
senso superati dallo
spessore della coltre”.
Un problema questo
che deve forzatamente indurre gli appassionati di escursionismo e di racchette a
modificare le proprie
abitudini. “Situazioni
come quella attuale
devono spingere a ragionare fuori dagli
schemi del tradizionale piano valanghe - conferma Pedroli -. Ragionamenti come ‘Eh, ma qui non è
mai sceso nulla!’ non sono validi.
Prendiamo l’esempio delle racchette. Attualmente passare un torrente,
anche a quote relativamente basse,
è estremamente rischioso. Perché
magari lo stacco della valanga avviene 300 o 400 metri più in alto. In
questi casi è obbligatorio passare
uno per volta, mentre gli altri membri del gruppo fanno da osservatori”.
Della situazione particolarmente
interessante sotto il profilo nivologico hanno di recente approfittato anche alcune scuole. Che con Pedroli
ed altri esperti hanno analizzato la
struttura delle precipitazioni e le varie fasi che possono portare allo
stacco di una valanga. “A Bosco Gurin abbiamo realizzato un cosiddetto profilo su una massa nevosa di
addirittura 358 centimetri - afferma
Pedroli -. E la particolarità della
condizione attuale è stata confermata dal fatto che la massa è stata
raggiunta con soli cinque strati. Accumuli davvero importanti che
hanno molto impressionato gli allievi”.
Tornando agli appassionati di uscite
sulla neve, Pedroli conclude sottolineando due aspetti: non sottovalutare i rischi con le racchette e non
fare troppo affidamento su tecnologie come l’airbag per gli escursionisti. “Entrambe le cose sono importanti, perché le racchette sono anche peggio rispetto agli sci, visto che
non offrono via di fuga rapida in
caso di pericolo e perché una volta
raggiunti da una valanga, si viene
chiusi in una morsa, difficile da gestire pure per i soccorritori. D’altra
parte il sistema Airbag non deve diventare una sorta di licenza per morire in sicurezza’. Soprattutto con
queste masse nevose, il sistema rischia di rivelarsi inutile e magari anche dannoso”.
Ritirare i pacchi presso le stazioni di servizio:
la Posta è anche questo.
La Posta fa molto più di quanto si pensi. Ad esempio è possibile ritirare i pacchi anche nelle stazioni di servizio, agli sportelli FFS e
presto anche presso circa 40 sportelli automatici. Inoltre, per le ordinazioni online, le aziende possono ora offrire ai loro clienti
addirittura l’opzione di recapito serale o di sabato. Fate crescere anche voi la vostra azienda con le soluzioni innovative della Posta:
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
Lugano - Lucerna 172 km
Lucerna
leauto
Lugano
SULLE STRADE DEI QUATTRO CANTONI
In “Combi” lungo la storia dei trasporti
Alla scoperta di Lucerna e dei suoi musei a bordo della nuova Skoda Octavia
D
iciamolo subito: la nuova Skoda Octavia Combi è davvero un’auto riuscita e tutta da apprezzare. Presentata
in prima mondiale lo scorso anno al Salone di Ginevra, questa terza generazione si distingue dalle concorrenti
soprattutto per la sua spaziosità e comodità, nonché per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Andiamo dunque a scoprire più
da vicino questo nuovo modello con una prova su strada per
la quale abbiamo scelto come destinazione Lucerna, dove visiteremo il Museo svizzero dei trasporti, itinerario di 172 chilometri con partenza da Lugano.
Salendo a bordo dell’Octavia Combi ci si rende presto conto
della raffinatezza e della praticità dell’abitacolo, che presenta diverse soluzioni intelligenti (o “simply clever”, come recita il motto della marca), fra cui un supporto sul parabrezza
per l’esposizione di biglietti, gli ampi vani portaoggetti sulla
portiera, un vano multimediale nella consolle centrale dove
riporre cellulari e altri piccoli oggetti. Sempre guardando
alla praticità troviamo ancora il doppio pavimento nel bagagliaio, le reti di trattenuta, numerosi ganci per borse o sacchetti e ancora il raschietto per il ghiaccio integrato nello
sportello per il rifornimento di carburante. Avviato il motore
Per il costruttore tedesco l’auto elettrica
sarà una realtà non prima del 2018
mediante il tasto start/stop, iniziamo il viaggio verso il San
Gottardo. Bastano pochi chilometri per apprezzare la comodità che questa station-wagon è capace di offrire anche durante i percorsi di lunga durata.
I meriti sono senza altro da attibuire anche alla crescita in
lunghezza di 9 cm ed al suo passo, che è aumentato addirit-
La scheda
Skoda Octavia Combi elegance
Motore
turbo 4 cilindri benzina
Cilindrata (ccm)
1’798
Cambio
DSG a 7 rapporti
CV
180
Coppia max.
250 da 1'250-5’000 gir./min.
0-100 km/h (s)
7,3
Velocità massima (km/h)
231
Consumi (l/100 km)
6,5 (test)
Prezzo (vettura test)
45'440 franchi
tura di 11 cm. Un pregio supplementare che influenza pure
la guida risultata senz’altro piacevole, accompagnata da un
ottimo sistema tecnologico di intrattenimento, ma anche sicura e poco dispendiosa (pur essendoci sotto il cofano un
propulsore da 1,8 litri e 180 cv di potenza, i consumi hanno
infatti superato di poco i 6 litri per 100 km). Raggiungiamo
dunque Lucerna, dove è d’obbligo una passeggiata fra le vie
del centro e soprattutto la visita del celebre Ponte della Cappella (“Kappelbrücke”), edificato durante la prima metà del
XIV secolo, distrutto da un incendio nel 1993 e infine nuovamente ricostruito e riaperto al pubblico, dove si possono
ammirare tavole del XVII secolo con scene di storia svizzera
e della città.
Dopo uno spuntino nel centro congressi KKL, ci spostiamo
al Museo Svizzero dei trasporti, anch’esso simbolo della città, che ancora oggi sa affascinare grandi e piccoli mostrando
l’evoluzione che i diversi mezzi di locomozione hanno conosciuto negli ultimi secoli. Si rientra infine in Ticino a bordo
della nuova ed elegante Skoda, pensando che i modelli del
passato sono già ormai solo un lontano ricordo. e.s.
LA TECNOLOGIA
La batteria può essere
ricaricata, da una
qualsiasi presa
domestica, in circa 4
ore e aiuta l’auto a
percorrere oltre 900
chilometri con ottime
prestazioni
LE PRESTAZIONI
I due motori abbinati
sono in grado di
sviluppare 204 cavalli,
con un consumo
medio di circa 1,5 litri
al 100 e un valore di
emissioni di Co2 di
soli 35 g/km
IN
BREVE
La Suzuki
Il piccolo “Suv” SCross Celerio, lungo
360 cm,
si presenta con interni
spaziosi, consumi
particolarmente
contenuti, un motore
tre cilindri 1.0
a benzina
e basse emissioni di
CO2 ai vertici della
propria categoria
La Jeep
STEFANO PESCIA
N
on capita spesso di poter chiacchierare con il presidente del
consiglio direttivo di un marchio automobilistico. Abbiamo quindi
approfittato della presenza alla manifestazione di Rupert Stadler che di Audi,
come afferma bene un proverbio, ne sa
veramente una pagina in più del libro.
Il 2013 è stato un anno impegnativo anche per la casa dei quattro anelli ma,
ancora una volta, il successo si è confermato non solo in Svizzera (n. 2 nella
classifica complessiva delle vendite
dietro l’indiscusso leader Volkswagen)
ma anche a livello mondiale.
Le oltre 1,57 milioni di vetture vendute
sono un ottimo punto di partenza per
Due motori e si va lontano
con la tecnologia “e-tron”
Audi che, entro il 2020, mira a vendere 2
milioni di modelli. Una cifra che permetterà al marchio di diventare il numero uno nel segmento delle vetture
Premium. Nel mondo ogni decima vettura venduta appartiene proprio al segmento Premium. Questo dimostra che i
clienti sono disposti a investire qualcosa in più per ricevere qualità, tecnologia e affidabilità. Negli ultimi quattro
anni Audi ha conquistato 600.000 nuovi
clienti. A stuzzicare la nostra conversazione una frase chiara: “Sono convinto
- dice Rupert - che nel prossimo decennio vivremo i maggiori cambiamenti
della storia dell’automobile”. Per il costruttore tedesco il primo passo si con-
cretizzerà con l’aggiunta nella propria
gamma di una serie di modelli ibridi a
benzina, come pure a gas. Tra questi ci
sarà anche la A3 Sportback e-tron in
vendita in Svizzera dall’ autunno. A ve-
Audi entra nel settore
dei veicoli ibridi con
lo sguardo sul futuro
derla solo l’evidente scritta sulla fiancata indica che, rispetto alla conosciuta
A3 Sportback, il modello si differenzia
in particolare per la sua tecnologia sotto il cofano. Infatti, dispone di un motore benzina quattro cilindri 1,4 litri Tsi al
quale è stato aggiunto un propulsore
elettrico. Insieme sono in grado di sviluppare 204 cavalli, con un consumo
medio di circa 1,5 litri al 100 e un valore
di emissioni di Co2 di soli 35 g/km. Il
cambio è un automatico a doppia frizione a 6 rapporti. In modalità elettrica
ha un’autonomia di 50 km.
Ma allora la vettura elettrica come si
posiziona in casa Audi? Per Stadler sarà
una realtà tra circa quattro anni. La mobilità deve essere sì ecologica ma soprattutto funzionale e piacevole. “Per
noi - aggiunge - la vettura elettrica deve
essere in grado di percorre un minimo
di 250 km. Ecco perchè ci indirizziamo
dapprima alla tecnologia Plug-In-Hybrid. In effetti con la nuova Audi A3
La nuova Jeep
Cherokee è ora
disponibile sia a due
ruote motrici, sia a
trazione integrale,
con un nuovo
cambio automatico
a nove rapporti con
il motore a benzina,
sarà in vendita da
inizio marzo mentre
la variante diesel
in maggio
Sportback e-tron le prestazioni sono ottime: da 0 a 100 km/h in soli 7,6 secondi, una velocità massima di 222 km/h e
la batteria può essere ricaricata, da una
qualsiasi presa domestica, in circa
quattro ore. In più è in grado di percorrere quasi 900 km con un pieno. Alla
presentazione troviamo anche il Ceo
del gruppo Amag, numero uno nelle
vendite in Svizzera, Morten Hannesbo,
che conferma: “Il 2014 non sarà semplice. Molte le sfide per l’economia
Svizzera, in particolare per il settore automobilistico. Solo se sapremo entusiasmare i nostri clienti con un servizio di
qualità e sempre più completo, riusciremo ad affermarci”.
I nostri yogurt Bifidus,
chi li produce?
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facciamo noi stessi: proprio per
questo i nostri yogurt Biidus
vengono prodotti dai collaboratori delle aziende Migros in
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
25
tra
parentesi
LA TECNOLOGIA
Italia e Inghilterra
in pole position per
insegnare ai bimbi
l’informatica.
Il Ticino resta al palo
Html, Css e JavaScript,
ecco come ti allevo
un piccolo Zuckerberg
IL “MOZART”
A soli 8 anni il
macedone
Marko Calasan
è stato definito
“il Mozart dei
computer”
IL RECORD
Uno dei più
giovani
programmer
è Wasik FarhanRoopkotha,
di 7 anni
La curiosità
CAROLINA CENNI
P
ScratchJr,
perché
giocando
s’impara
rogrammatori già a 5
anni. Entrano in classe
con lo zainetto, la merendina e un computer
portatile. Si siedono, si
concentrano e iniziano a digitare
codici Html, Css e JavaScript,
come l’avessero sempre fatto. A
loro la definizione di “nativo digitale” fa un baffo, mentre si stanno
diffondendo a macchia d’olio i
corsi per insegnare il linguaggio
del computer ai più piccoli. Con
l’Italia e l’Inghilterra in testa, in
Ticino, invece, si va più lenti.
“Dalla terza elementare iniziano
ad utilizzare due o tre volte all’anno i computer, assieme all’insegnante, ma solo per lavori di ricerca”, spiega Athos Ottini, direttore della scuola elementare di
Arbedo.
Italia e Inghilterra, quindi, i Paesi
più innovativi. Quelli che puntano a formare futuri Zuckerberg (il
fondatore di Facebook) sin dalle
elementari. La soglia di età per i
primi approcci con la tastiera è
infatti di 5 anni, a 7 sono già in
grado di creare un semplice videogioco. In Italia partono i primi corsi grazie a giovani ingegneri e nuove start up; in Inghilterra,
L
a scena che si svolge
abitualmente in una
classe del Massachusetts è questa: i bambini
entrano in classe, prendono posto al loro banco, un
insegnante li aiuta a caricare le applicazioni sui
propri iPad, dà loro un
breve tutorial e loro iniziano a muovere le icone, inserire le istruzioni, costruire animazioni. Hanno tra i
quattro e i sette anni e
stanno prendendo parte
ad un progetto pilota alla
Tufts University di Medford, Massachusetts, per
“Dalla terza
elementare due o
tre volte l’anno
usano il pc con
il docente”
visto che il 2014 è l’anno del linguaggio informatico, “Year of
Code”, l’insegnamento dei codici
di programmazione partirà nella
scuola primaria. Una rivoluzione
nelle aule che punta a trasformare le nuove generazioni da utenti
passivi di tecnologia a veri e propri costruttori. L’obiettivo è di forgiare fin da piccoli i professionisti
di un settore che presto sarà interamente nelle loro mani. Tant’è
che in Inghilterra non manca chi
sostiene che si debba privilegiare
l’insegnamento del linguaggio
informatico rispetto a quello delle lingue straniere. Considerato
anche il fatto che loro con l’inglese, la lingua jolly, giocano in casa.
Comunque sia, la nuova tecnologia non può più restare al di fuori
della scuola. Al grido di “programmare è importante come
leggere e scrivere” si plasmano
intere classe di mini Mark Zuckerberg, Sergey Brin e Larry
Page.
Purtroppo, nelle elementari ticinesi non si
parla il linguaggio informatico. “Non c’è
neppure la richiesta
da parte dei genitori
- osserva il direttore
Ottini -. Probabilmente
ritengono
che i figli siano già
sin troppo esposti
alla tecnologia”. Già. È
vero che i bambini fin
da piccolissimi usano
strumenti tecnologici. Ma
non sanno quello che c’è
dietro. L’uso scorretto dell’iPad
o di un pc, spiegano gli esperti,
può risultare dannoso per lo sviluppo del bambino. Ed è proprio
in quest’ottica la decisione delle
scuole elementari di Locarno:
“Proprio sui pericoli dell’informatica - spiega la direttrice, Elena Zaccheo -, a giugno organizzeremo due giornate per le quinte elementari assieme all’esperto
Paolo Attivissimo. I docenti han-
IL PRODIGIO
Santiago
Gonzalez ha
iniziato il college
a 12 anni e ha
già sviluppato
15 app per iOS
IL PROGETTO
Massachusetts
in prima fila per
insegnare ai
bambini il
linguaggio di
programmazione
tramite il gioco
I CORSI
In Inghilterra il
linguaggio informatico
verrà insegnato nella
scuola primaria
Per bambini
dai 5
ai 14 anni
Coderdojo è una palestra
digitale (dojo in giapponese è
la palestra per arti marziali)
inventata nel 2011 per
insegnare la programmazione
agli amici e replicata
in 165 città del mondo
I più piccoli sono accompagnati
dai genitori ma agli adulti
è vietato toccare la tastiera
A seguirli ci sono dei mentor,
l’insegnamento è diverso
a seconda dei livelli di età
costruzione di
videogiochi basici
Durante alcuni corsi viene
utilizzato il programma
Scratch del laboratorio del
Massachusetts Institute
of Technology, linguaggi
Html, Css e Java
L’OBIETTIVO
piccoli circuiti
con i led
robot che si muovono
(anche con materiale
riciclato)
elettronica
programmazione
robotica
Codemotion è una start up
che organizza conferenze
sulla tecnologia e ora ha
creato Codemotion Kids,
i corsi per bambini
LE MATERIE
Fonte: La Repubblica
no i computer e li usano con gli
alunni a loro discrezione e bisogno”.
Sì alle ricerche, ma no alla programmazione dunque. Almeno
alle elementari. E così la pensano
anche negli Stati Uniti, patria dei
più recenti geni del linguaggio
informatico, dove tre quarti delle
scuole secondarie offrono corsi
introduttivi d’informatica, ma
meno di un quarto li rende obbligatori. Il governo federale non
considera l’informatica una materia principale, per questo distribuisce pochi finanziamenti.
Ma i bambini di quell’età sono
davvero in grado di apprendere il
linguaggio del computer? Sembrerebbe di sì. Tramite i corsi per
creare app e videogame scoprono che il computer è una scatola
vuota da poter riempire con le
loro creazioni. Programmazione
significa dare istruzioni al computer. Ed è quello che i ragazzini
imparano a fare: infilare nel computer i loro prodotti, frutto della
logica e della fantasia. Un istinto
che sorprende: i bambini non
hanno solo propensione a consumare oggetti tecnologici ma
anche ad immaginarli. Il loro non
è un vero e proprio apprendimento, ma hanno capacità innate. Da consumatori si trasformano in protagonisti e in un’ora realizzano un videogioco, ovviamente
molto
semplice.
Insomma, così crescono i piccoli
programmatori, quelli che in futuro faranno impallidire persino
uno Zuckerberg.
[email protected]
vedere come i bambini rispondono a “ScratchJr”, la
versione più semplice del
linguaggio di programmazione “Scratch” creato dal
celebre Mit (Massachusetts Institute of Technology). Il programma è stato
inventato per insegnare
agli studenti di appena
otto anni come programmare utilizzando blocchi
grafici al posto del testo.
Strumenti come questo
servono a capire se c’è davvero una lacuna nella programmazione di computer
nelle scuole di oggi, come
ritengono i ricercatori. Il
pensiero generale è che i
bambini crescono circondati da macchine estremamente potenti che non
sono in grado di capire,
per questo l’insegnamento
deve essere rivisto così da
preparare meglio i giovani
ad un futuro professionale
in cui il computer la farà
da padrone.
“Scratch”, a differenza dei
tipici linguaggi di programmazione (che richiedono agli utenti di digitare
comandi di testo complicati), usa blocchi colorati
che sono legati insieme
per creare righe di codice.
“ScratchJr” è simile, ma i
suoi comandi sono ancora
più semplici. A prova di
bimbo. È molto chiaro e i
concetti diventano più
complessi solo con i progressi del bambino, ma
tutto è sempre fatto sotto
forma di gioco.
Un gioco proprio come far
guizzare un serpente in un
prato mentre un uccello
arriva giù dal cielo. Semplice no?
LEGUIDE
&GLIITINERARI
Pagina a cura di
Ferrovie Federali Svizzere
Che sconti
e idee di vacanza
nelle agenzie Ffs
Grande successo in Ticino per la nuova brochure, “Tuffarsi nel relax”, disponibile nelle Agenzie viaggio Ffs del
Ticino. Il volantino, edito in lingua italiana ed elaborato in collaborazione
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per famiglie con
bambini. Una scelta
ampia per quanti
prenotano per tempo,
approfittando
di numerose
e convenienti offerte
Per coloro che amano recarsi al
mare in treno oppure “su 4 ruote”
vi segnaliamo il Solaris Hotel Andrjia, un villaggio-vacanze in
Croazia, nel cuore della Dalmazia,
sulla costa adriatica tra Zadar e
Split. Considerato il primo resort
tematico della Croazia il Solaris
Hotel Andrjia è un vero paradiso
per i più piccoli. La facciata dell’albergo è verniciata e decorata in
rilievo con gli elementi dei fondali
marini e anche gli interni dell’albergo sono decorati con colori e
immagini del mondo sottomarino.
All’arrivo in hotel gli adulti vengono accolti al check-in, mentre
che i bambini si intrattengono con
la mascotte Solarko e i suoi amici,
giocando con loro sullo scivolo a
forma di vulcano. Il ristorante-buffet, che prevede anche un ampio
spazio dedicato ai piccoli ospiti,
offre menu dedicati e appetitosi e
le “baby-sitter” dell’hotel si occupano di loro mentre gli adulti possono tranquillamente rilassarsi,
consumando il loro pasto. Gli ambienti esterni, ben strutturati, sono
Tra l’azzurro mare e il sole
del Mediterraneo
dotati di piscine per tutte le età e, a
pochi passi del resort, si trova la
spiaggia di ghiaia attrezzata per gli
amanti del mare. Il Parco acquatico, primo sulla
costa adriatica,
fa parte del
complesso alberghiero e propone un’offerta
di programmi e
di attrazioni.
All’interno del
resort è stato ricostruito fedelmente un tipico villaggio dalmata con ristoranti, caffè, bar, negozi e souvenir shop per
scoprire come vivevano le popolazioni locali originariamente. L’ho-
tel, dotato anche di un ottimo centro benessere, ricopre di attenzioni
i suoi clienti e propone, tra l’altro,
programmi di animazione giornalieri e serali con
show, folclore,
serate da ballo
e eventi durante
l’alta stagione.
Molto apprezzato il miniclub estivo - dal
15 giugno al 7
settembre - ,
gratuito per i clienti dell’hotel. Le
camere, arredate in modo confortevole, sono strutturate in modo
tale che possono ospitare min. 3
fino a 5 persone e il soggiorno dei
bambini con due adulti paganti è
gratuito.
Un’altra interessante proposta di
viaggio ideale anche per famiglie
con bambini è la crociera. Interessante infatti è il fatto che i bambini
e i ragazzi fino al 18mo anno d’età
pagano, quasi sempre, solo le tasse
portuali, a condizione che soggiornino in una cabina con due adulti
paganti. Prenotando quindi per
tempo è possibile approfittare di
quest’offerta, davvero interessante. Nella brochure “Tuffarsi nel
relax” viene proposto un itinerario
nel Mediterraneo occidentale a
bordo della Msc Musica, della durata di 8 giorni, in partenza e con
ritorno a Genova. La Msc è una
compagnia di navigazione che
ben rappresenta il meglio della
tradizione crocieristica italiana.
L’itinerario fa tappa a Civitavecchia, Palermo, Tunisi, Palma de
Maiorca, Valencia, e Marsiglia,
dando in ogni porto la possibilità,
per tutti coloro che lo desiderano,
di scendere per una visita individuale oppure di gruppo, scegliendo tra una delle tante proposte di
escursioni. La Msc Musica, dal
servizio eccellente, sa davvero
coccolare i suoi ospiti, dai più
grandi ai più piccoli. Dotata di
1275 cabine, arredate elegantemente, la motonave dedica grande
attenzione alla gastronomia e al
variegato programma di intrattenimento. Per i clienti delle Agenzie di Viaggio Ffs la quota include
un credito a bordo oppure il pacchetto bevande incluso.
Informazioni più dettagliate e altre proposte di viaggio nella brochure speciale “Tuffarsi nel relax”, disponibile in lingua italiana, nelle vostre Agenzie viaggio
Ffs del Ticino.
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27
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
tra
parentesi
LA SOCIETÀ
L’invadenza
dei genitori nella
vita di coppia può
portare alla rottura
del sacro vincolo
La sessuologa
“Senza la fede
è difficile
resistere
alle difficoltà”
“Essere in tre
e condividere
il talamo
è complicato”
“A
lla base di tutto c’è
un’estrema fragilità. Il
rapporto di coppia si
basa su fondamenta deboli e al
minimo scossone tutto va all’aria”. Don Gianfranco Feliciani,
parroco di Chiasso, sa bene
quanto il matrimonio sia in crisi.
E se pure il mammismo è ora
considerato un problema tale da
provocare l’annullamento dell’unione siamo davvero messi
male. “Ovviamente un attaccamento morboso a uno dei genitori è deleterio - dice -, tuttavia,
se c’è il desiderio di restare uniti,
Corbis
La religione
Il “mammismo” patologico
è punito anche dalla Chiesa
Se la suocera è troppo presente il matrimonio può essere nullo
PATRIZIA GUENZI
T
di superare le difficoltà si riesce
a trovare una sorta di modus vivendi”.
Oltre alla fragilità c’è forse
pure leggerezza nel compiere
il grande passo.
“Questo è indubbio. Prima di
scambiarsi l’anello i due fidanzati dovrebbero chiedersi cosa
vogliono davvero”.
E oggi cosa vogliono le coppie?
“Forse non lo sanno. Troppo poche sono quelle che fanno una
scelta di fede. Non basta essere
innamorati”.
Ma è comunque una buona
base. O no?
“Sicuramente. Ma senza la fede
non si resiste alle difficoltà. È un
collante indispensabile per
compiere il viaggio del matrimonio. A me piace ricordare Renzo
e Lucia dei Promessi sposi quando incontrano padre Cristoforo,
malato di peste, che dice loro:
amatevi come compagni di viaggio. Ecco, il matrimonio è un
lungo viaggio, con alti e bassi”.
E la passione?
“Se c’è un’esasperazione del piacere sessuale, quando finisce resta solo la disperazione. Il matrimonio non è stare sempre appiccicati, ma rispettarsi, ascoltarsi, condividere, il bello e il
brutto”.
Nella buona e nella cattiva sorte...
“Il regista è solo Dio, dobbiamo
seguire i suoi suggerimenti anche quando non ci stanno bene”.
E con la fede si è più resistenti?
“Certo. I modelli di riferimento
non possono essere i personaggi
della tv. Che esempio possono
dare? ”.
ra moglie e marito non mettere il
dito. Proverbio sacrosanto, a cui
molte suocere da sempre fanno
spallucce. Invadenti, indiscrete, onnipresenti, s’infilano nella vita dei
due sposi e… ci restano. Tollerate, ma spesso
pure ben accolte, da uno dei due coniugi, quasi sempre lui. Eh sì, perché è sovente l’uomo a
soffrire di “mammismo” nei confronti del proprio genitore. Così, si instaura una sorta di
ménage a trois, in cui il vero coniuge è la suocera. Nulla si muove senza il parere e il consenso di mammà. Una dipendenza psicologica che sfiora la patologia. E se pensate di minimizzare, ritenendo che dopotutto non è così
grave, che insomma si può anche chiudere un
occhio che, si sa, il maschio è da sempre attaccato alla figura materna, vi sbagliate di grosso.
Il mammismo rientra in uno dei problemi psicologici gravi, è un rapporto patologico che
può anche determinare la nullità del matrimonio. Lo dice la Chiesa.
Una scelta epocale. D’ora in poi il sacramento
del matrimonio potrà essere dichiarato nullo
dal Tribunale ecclesiastico - ovviamente seguendo un iter lungo e complicato - per il
mammismo di uno dei due coniugi. S’aggiun-
matrimoni celebrati nel 2012, sedici sono stati
resi nulli per cause diverse. Inevitabilmente il
mammismo andrà ad incrementare questa
casistisca. Anche dal profilo del nuovo diritto
di famiglia, visto che dal 2000 non viene più
valutato il motivo del divorzio, si può solo immaginare che, tra gli altri motivi, ci possa essere anche la suocera troppo invadente.
Una presenza, quella della suocera, ingombrante e che pregiudica anche le gioie del talamo.... Non si fa più pace nemmeno sotto le
lenzuola, il sesso non basta più, spiega la sessuologa. Non basta più anche perché, forse,
altro non c’è mai stato a spingere i due sposi a
infilarsi la fede al dito. E quando l’intesa traballa... “C’è una fragilità di fondo, una banalizzazione dei sentimenti che mina le coppie”,
nota severo don Feliciani. Non è una novità,
da più parti c’è l’impressione che spesso ci si
sposi senza grandi motivazioni. Così, un po’
per gioco, perché gli amici hanno già fatto il
grande passo, mamma e papà ci tengono o lei
è incinta... “Non c’è più una preparazione
vera, s’è perso il concetto di famiglia, si pensa
che il matrimonio sia una sorta di festa permanente. Ma in breve tempo ci si scontra con
la realtà”, nota Daniele Jörg, avvocato divorzista.
Una realtà in cui, spesso, si deve fare i conti
anche con la suocera. E, allora, i guai diventano seri. Difficile trovare un modus vivendi, un
giusto equilibrio. La luna di miele si esaurisce
in un lampo, seguono le recriminazioni, i risentimenti e le difficoltà nel ritrovare un’intesa comune da cui ripartire. “Da quando nel divorzio è stato eliminato il concetto di colpa,
quindi anche di punizione, il valore del matrimonio si è completamente svilito - nota Jörg -.
Tant’è che anche dopo un divorzio non si è
imparata la lezione e ricomincia la trafila con
un altro partner”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
2
3
ge a quei motivi che già possono determinare
la nullità per vizi di volontà, come i disturbi e
le deviazioni che impediscono una normale e
naturale vita sessuale, o se uno dei due fidanzati si sposa con la riserva mentale di non volere dei figli.
Intanto, in Svizzera si va all’altare sempre
meno. Negli ultimi quindici anni, il numero di
unioni cattoliche nelle diocesi di Sion, Lugano
e San Gallo è sceso del 40%. Fenomeno analogo si registra nelle Chiese riformate. Su 17.550
“Non c’è più il concetto
di colpa e s’è svilito il
significato dell’unione”
sipuòchiederese...
1
Incapacità di assolvere
agli obblighi matrimoniali
Essersi sposati
con riserva mentale
L’incapacità di assolvere agli obblighi
matrimoniali a causa di problemi psicologici e
neurologici. In questo capitolo rientra il
mammismo, quando “lo sposo diventa un
sostituto e il vero coniuge è invece la mamma
o il papà”. Se per ogni scelta serve
l’approvazione di un genitore, il ménage di
coppia diventa un simulacro e il matrimonio
non è più un atto di volontà consapevole
4
L’assenza di responsabilità
verso l’altro coniuge
In aumento nelle richieste di annullamento c’è
il riferimento al narcisismo. In particolare,
se il peso del ménage è tutto sulle spalle di uno
solo, l’altro non fa nulla e delega qualunque
cosa, anteponendo ai diritti e ai doveri della vita
di coppia i suoi hobby e interessi vari.
Insomma, seppur sposato uno dei due non
considera diritti e doveri del matrimonio,
ma vive una vita da single
La convinzione che il vincolo
si possa sciogliere
Fra i vizi di volontà pure quello di essere
convolati a nozze con la riserva mentale di non
volere dei figli e, quindi, non accettare la finalità
procreativa del matrimonio, fondamentale
invece per la Chiesa cattolica. Se uno dei due
sposi al momento del “sì” non ha rivelato i suoi
dubbi in proposito ecco che l’altro può chiedere
che il vincolo sia annullato. Da qui, infatti, si
aggiungono molte concause psicologiche
5
Immaturità e mancanza
di discernimento
Un aumento del peso della litigiosità e della
conflittualità fra i coniugi è dovuto
all’immaturità, così come la mancanza di
discernimento, di capacità di giudizio su diritti e
doveri del matrimonio. Secondo la Chiesa,
questo è uno dei sintomi della mancanza di
preparazione alla vita matrimoniale, di molte
coppie che si sposano senza sapere bene a
cosa stanno realmente andando incontro
Salire all’altare con la riserva mentale
sull’indissolubilità del matrimonio è uno dei motivi
classici di annullamento. In sostanza, uno dei due
mentre infila l’anello al dito all’altro pensa già alla
possibilità del divorzio, e magari anche a quella di
risposarsi. Per la Chiesa, se uno dei due coniugi
pensa sia possibile sciogliere il vincolo
matrimoniale, significa che non ha una corretta
consapevolezza spirituale del sacramento
6
I problemi
di tipo sessuale
Nella casistica del Tribunale ecclesiale anche i
problemi di tipo sessuale che impediscono o
rendono molto difficoltosa l’unione coniugale e
una normale e naturale vita di coppia. Tra
queste c’è l’impotenza, un tempo la ragione più
diffusa di annullamento insieme al matrimonio
non consumato, ma anche le deviazioni
sessuali causate da impostazioni di vita vissute
sin dalla giovinezza
“B
è, certo, la presenza di
una suocera ingombrante incide eccome
sul matrimonio e sul rapporto di
coppia. Ci va di mezzo anche
l’intesa sessuale, complicato
condividere il talamo essendo in
tre”. Non fa giri di parole la dottoressa Rosamaria Spina, sessuologa e perito del Tribunale ecclesiastico e individua esattamente
il terreno di scontro di due sposi
in crisi: il letto. “Se ci sono dei
problemi, di qualsiasi tipo, diventa arduo ritrovarsi nell’intimità, si preferisce evitarsi. Con
conseguenze anche nefaste per
l’unione”.
Convivere con una suocera non
è certo facile.
“Ovvio. Ma spetta al figlio, della
suocera intendo, cercare di mediare, in modo intelligente però
non riversando la colpa sul partner. Perché la presenza di una
suocera può anche essere una risorsa”.
Più facile a dirsi che a farsi...
“Un accordo va trovato, se non ci
si prova significa che il matrimonio poggia davvero su basi fragilissime”.
Non crede che a volte ci si sposi,
anche in Chiesa, con troppa
leggerezza?
“Sono d’accordo. Spesso le coppie finiscono sull’altare perché è
una logica conseguenza di una
relazione che dura da un po’, perché tutti se l’aspettano, perché è
una festa... Ma in realtà non c’è
una reale consapevolezza di ciò
che si va a fare. I due non si sono
mai interrogati seriamente sui
motivi che li spingono a compiere il grande passo. Insomma, non
sempre il rito religioso è sentito”.
Così, quando iniziano le difficoltà tutto salta.
“Probabilmente il dialogo è sempre stato carente se la coppia alla
minima crisi smette di comunicare e a non più ritrovarsi nell’intimità”.
Ma quanto pesa il sesso in una
crisi di coppia?
“A volte è la causa della rottura,
ma questo soprattutto se ci sono
delle disfunzioni fisiche. Spesso
c’è però già un’insofferenza di
fondo che s’infila anche sotto le
lenzuola”.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
28
Di norma i bimbi nati prematuri
pesano meno di 2500 g
tra
parentesi
In Svizzera ben l‘8% dei bambini
nascono prematuri
Il parto prematuro avviene
prima della 38esima settimana
Discutere e parlare
migliora il cervello
del bebè prematuro
Spesso gli organi del
prematuro non sono
ancora autonomi
CRISTINA GAVIRAGHI
C
osa può esserci di più rassicurante per un bimbo appena nato di un tenero abbraccio e del sentire le voci
di mamma e papà? Se il piccolo in questione poi ha
avuto troppa fretta di venire al mondo, udire le parole pronunciate dai genitori potrebbe avere anche un effetto quasi
terapeutico, aiutando lo sviluppo delle sue funzioni cognitive. Alla Brown University, la pediatra Betty Vohr ha indagato
gli effetti che i suoni ascoltati da bambini, nati tredici settimane prima del termine naturale della gravidanza, potevano avere sullo sviluppo della loro mente e ha pubblicato i risultati delle sue ricerche sulla rivista Pediatrics.
L’equipe dell’esperta ha registrato per 16 ore, tramite uno
strumento digitale in grado di registrare e discriminare parole e vocalizzi, ciò che veniva percepito ed emesso dai piccoli quando questi avevano raggiunto, nonostante fossero
già stati partoriti, un’età corrispondente alla trentaduesima
e trentaseiesima settimana di gestazione. Raggiunti poi i sette e i 18 mesi di vita, i bambini sono stati sottoposti a test per
valutarne le abilità legate al linguaggio e alla comunicazione. È stato rilevato che a ogni aumento di 100 parole, pronunciate da un adulto e ascoltate da un neonato giunto alla
trentaduesima settimana, corrispondeva un incremento di
due punti nel punteggio dei test cognitivi svolti dal bambino
all’età di un anno e mezzo. Risultati analoghi si riscontravano anche eseguendo i test quando i piccoli avevano sette
mesi di vita e quando si consideravano i suoni da loro ascoltati all’età di trentasei settimane. “Per me è stato incredibile dichiara Vohr - scoprire che per un bambino, nato due mesi
prima della data prevista, il ruolo delle parole pronunciate
da un adulto sia già così importante”. Tanto potrebbero fare
dunque, per lo sviluppo mentale dei bimbi, i discorsi di
L’evoluzione della parola nei bimbi
venuti al mondo prima del termine
può rischiare di subire un ritardo
mamma e papà pronunciati nei reparti di terapia intensiva
neonatale dove sono ricoverati i piccoli prematuri. “Cercare
di comunicare e interagire verbalmente con i propri figli nati
prima del termine, anche se non sono ancora in grado di
parlare, potrebbe fare davvero la differenza nella maturazione di certe loro attività cognitive”, afferma l’esperta. Precedenti studi hanno mostrato come sia importante ascoltare e
cercare di rispondere a un discorso per lo sviluppo di una
normale abilità del linguaggio. L’evoluzione di tale capacità,
nei bambini prematuri, cioè nati prima della trentasettesi-
Questo
nostro
a more
La risposta di Linda Rossi
Capisca i motivi della stanchezza
e poi lavori su respiro e bacino
P
osso capire che per
lei, maschio, il confrontarsi con questo
tipo di difficoltà sia devastante. Quindi fa bene ad attivarsi sin da subito per evitare che la disfunzione erettile
diventi permanente. Bene
aver lavorato sulla respirazione, ma è certo di essere ricorso a quella addominale e
non a quella toracica? La prima ha quale effetto di abbassare l’ansia ed è la respirazione degli sforzi lunghi. La seconda è la respirazione degli
sforzi brevi, quella che caratterizza l’ansia con tutte
le sue sgradevoli derive fisiche. Ovviamente è fondamentale che lei, al di
fuori dell’incontro amoroso, impari questo tipo di
respirazione e si alleni regolarmente alfine di padroneggiarla.
In merito ai tentativi fatti
per ritrovare l’erezione mi
auguro che non sia ricorso
alla manipolazione diretta
sul pene; questo infatti sarebbe come un cercare volontariamente un riflesso che
La lettera
Vent’anni e da un mese con una coetanea
a volte faccio cilecca dopo i preliminari
H
o vent’anni e sto con una coetanea. Malgrado sia passato solo un mese
ci amiamo già tanto e stiamo molto bene insieme, ma qualcosa mi affligge. La prima volta che abbiamo fatto l’amore è andato tutto bene, ma
alla seconda è apparso un problema d’erezione. Durante i preliminari tutto bene, al momento della penetrazione non ce la faccio. E allora riprendiamo i preliminari per stimolarmi, ma poi succede di nuovo. Questo mi capita a “singhiozzo”, nel senso che quando ci
vediamo nei weekend talvolta funScrivi a LINDA ROSSI
ziona meravigliosamente, ma quasi psicoterapeuta e sessuologa
la metà delle volte no, la sera prima
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
va, il giorno dopo no. Ho provato a
Via Luini 19 - 6600 Locarno
controllare la respirazione o a stimolarmi con pensieri o con i sensi
E-mail:
(l’avevo letto nella sua rubrica), ma
[email protected]
non è servito. Prima di lei ho avuto
alcuni rapporti occasionali con ragazze diverse e tutto andava bene. Inizialmente ho pensato che fosse dovuto
alla stanchezza visto che in settimana, soprattutto nel weekend, sono tanto impegnato con uno sport che mi toglie molte energie. Però mi è sembrata una
scusa banale. Se non riesco a far l’amore con la mia ragazza anche quando ho
molta voglia di lei deve esserci un problema. Lei mi rassicura, ma io ho paura
che se non trovo una soluzione si rovini il nostro rapporto. Può darmi qualche
consiglio utile?
FiberSpeed
ma settimana di gestazione, rischierebbe di subire un ritardo rispetto a quanto accade nei nati a termine, causando deficit anche in età scolare e nell’adolescenza. E non basterebbero coccole e carezze per cercare di recuperare queste lacune. “Il cervello è come un meraviglioso computer”, precisa
Vohr, “e migliora quanto più è stimolato; ecco perché è importante parlare al bambino già nelle prime settimane dopo
il parto, cercando di stabilire con lui una vera e propria interazione a cui reagirà prima emettendo semplici vocalizzi e,
col passare dei mesi, pronunciando le prime piccole parole”.
Il ritmo vertiginoso con cui si formano le connessioni cerebrali nei primissimi anni di vita di un bimbo rende questa
fase temporale il periodo più adatto per fornire stimoli al
cervello ed evitare eventuali ritardi nella capacità di comunicare.
Lo studio statunitense ha coinvolto un piccolo numero di
neonati, ma i risultati incoraggiano nuove ricerche su come
influenzare lo sviluppo del linguaggio nei nati prematuri.
Nel frattempo gli esperti consigliano ai genitori di questi
bambini di non sottovalutare il ruolo attivo che possono
avere nello stimolare la mente dei figli, raccontando loro
una storia, cantando una canzoncina o semplicemente parlando, il modo più facile e immediato per aiutarli a crescere.
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invece scatta e si mantiene grazie a uno stimolo adeguato,
come, ad esempio, quei pensieri per lei eccitanti. Se d’altro
lato non ha notato una coincidenza con un’importante assunzione di alcolici e se in generale lei non è una persona
particolarmente ansiosa, allora
forse può considerare come valido l’impatto della grande
stanchezza fisica senza pensare
sia una “scusa banale”.
Un modo per saperlo è quello
di verificare se, quando è più riposato, la sua sessualità funziona bene o se si presenta lo stesso fenomeno. Si ricordi anche
l’altra importante abilità sessocorporea che consiste nel movimento di oscillamento del bacino abbinato alla respirazione
addominale. Più precisamente
sappia che quando va in avanti
con il bacino espira (perché i
muscoli addominali si contraggono), quando invece va indietro con il bacino inspira (poiché
gli addominali si distendono).
Grazie a questo movimento
gioca con le tensioni muscolari,
poiché non è rilassandosi che
ritroverà l’erezione.
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irlandese che deve il suo gusto inconfondibile ai metodi di allevamento tradizionali. Consultate le nostre ricette su
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
ILLAVORO
LASOCIETÀ
L’INCONTRO
C’ERA UNA VOLTA
L’INDUSTRIA
COSÌ CAMBIA
LA PRODUZIONE
IL “PRIVATO”
FINISCE
DIETRO LE SBARRE
DEL CARCERE
LUXURIA:
“COMBATTERÒ
MA SENZA
ETICHETTE”
ALLE PAGINE 32 e 33
SCHIRA A PAGINA 35
ARMENI A PAGINA 42
tra
virgolette
RIFLESSIONI D’AUTORE
CULTURA | POLITICA | STILI | SPORT | INCONTRI
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
Est
Troppe
contraddizioni
nella difficile
transizione
dai regimi
comunisti
alla nuova
democrazia.
Con rischi
e pesanti
incognite
sul futuro
LUIGI BONANATE
Ti-Press
L
o studio delle carte geografiche ci insegna
che le mappe non sono altro che la rappresentazione del punto di vista dal quale definiamo il nostro rapporto con il pianeta e con
cui costruiamo una visione del mondo. Dal
luogo nel quale ci collochiamo, deduciamo non soltanto a quale punto cardinale fare capo, ma anche
quale direzione il mondo imbocchi. Mentre l’idea di
Occidente ci parla di declino e di tramonto (l’occaso
dei poeti), non solo della giornata, ma della civiltà o
della grandezza degli imperi, l’Est illustra l’idea opposta: il futuro, l’inizio di un’avventura e di un viaggio.
Oriente magico e misterioso...
Per un occidentale, nato nell’Europa continentale, che
è la culla della civiltà come noi siamo abituati a pensarla (dalla Grecia a Roma, e poi dal Sacro romano im-
L’Occidente è stato la terra della civiltà
eurocentrica, mentre l’Oriente restava
quasi impenetrabile e misterioso
pero agli imperi francesi e inglesi), i punti cardinali
hanno segnato le tappe della nostra storia. L’Occidente (con il Nord) è stato la terra delle conquiste e dello
sviluppo della civiltà eurocentrica, intanto che
l’Oriente (associato al Sud) continuava a restare un
mondo quasi impenetrabile, culturalmente lontanissmo da noi, religiosamente alternativo rispetto alle
nostre tradizioni (confucianesimo e buddhismo non si
integrano con le teologie cristiana, islamica, ed ebraica), socialmente e industrialmente infinitamente più
arretrato dell’Occidente. L’Oriente rimaneva il regno
dell’esotico. Destinazione di esploratori e curiosi
(come André Malraux), difficilissimo da comprendere
nel suo spirito e nella sua cultura.
Ma poi l’Est improvvisamente fece esplodere le nostre
visioni geografiche del mondo. Superata l’età del colonialismo e sopraggiunta la grande svolta della Secon-
da guerra mondiale, questo punto cardinale si impose
a tutto il mondo, a partire dal suo raddoppiamento, e
dai due diversi nomi che gli abbiamo dato: “Europa
dell’Est” e “Estremo Oriente”. Definizioni che evocano
momenti centrali della storia contemporanea.
Incominciando dall’Estremo Oriente, che è il più lontano da noi, vedemmo il Giappone diventare uno dei
poli più avanzati dell’industrialismo mondiale, e una
Cina faro del comunismo internazionale: due imprevisti, ma importantissimi punti di riferimento per la società occidentale. Ancora più anomalo si rivelò, alla
fine della guerra, l’insediamento nell’Europa dell’Est
di un grande impero, quello sovietico, costruito su un
sogno avveniristico (il socialismo), che si tradusse ben
presto in una società autoritaria e illiberale, tanto da
diventare simbolo di oscurantismo e arretratezza economica. Quella “cortina di ferro” che, secondo il famoso discorso del 1946 di Churchill, era scesa da Stettino
sul Baltico a Trieste sull’Adriatico aveva effettivamente
diviso il mondo in due.
L’Occidente eravamo “noi”, cioé l’Europa occidentale
associata all’America del Nord, uniti dalla cultura storica, dai valori politici, dall’ideologia liberal-democratica, e dal capitalismo. L’Europa dell’Est era esclusa da
tutto ciò e condannata all’arretratezza, impossibilitata
a competere con lo straordinario sviluppo industriale
e tecnologico del mondo occidentale. Soltanto lo
sport, per molti anni, fu utilizzato come vetrina delle
virtù del socialismo reale, producendo non pochi
“mostri”, dai muscoli gonfiati, dalla salute devastata,
ma capaci, di momento in momento, di sconfiggere in
gara qualsiasi atleta occidentale. Ma la storia delle difficoltà storiche dell’Est non finisce lì, perché anzi essa
va incontro a un evento di immensa portata storica,
inimmaginabile nelle sue dimensioni: il crollo dell’Urss. Quell’Unione Sovietica che aveva egemonizzato, controllato e represso poliziescamente qualsiasi
tentativo di sganciamento, causò quasi in un solo
istante un cataclisma di portata epocale. Pur restando
la Russia acora oggi lo Stato territorialmente più gran-
de del mondo, laddove nell’89 c’era un solo grande
Paese, oggi ce ne sono diciannove!
Ma non tutto è andato per il meglio, in questa grandiosa transizione dal comunismo di Stato alla democrazia
di ispirazione occidentale. Così come il comunismo
era fallito, la liberal-democrazia trova oggi molte difficoltà a strutturarsi adeguatamente. E così, mentre alcune delle ex-Repubbliche socialiste si adattarono
quasi immediatamente, ciascuna a modo suo, ai modelli occidentali (Polonia, Ungheria, Repubbliche baltiche), altre si sono improvvisamente scoperte ricchissime di risorse naturali, ma incapaci di muoversi sul
nuovo scenario, e preferirono restare agganciate alla
ex-grande madre russa. Ma troppe contraddizioni in
un colpo solo rischiano di causare un ingorgo, che è
esattamente quello che vediamo crescere in alcuni di
L’espansionismo autoritario e il
revanscismo di Putin che sogna una
grande restaurazione della Russia
questi Paesi: quello ukraino ne è soltanto il più recente
esempio. In tutto ciò sguazza l’espansionismo autoritario e revanscistico di Putin, che sogna una grande restaurazione. L’Est europeo (storica sede di grande e
nobile cultura) si trova ora ad affrontare una sfida di
immensa complessità politica e culturale, muovendosi in un ambiente - quello dell’Unione europea - che
non è sempre attento alle vicende esterne ai suoi confini. Un ambiente geloso delle sue fortune, e in un quadro internazionale in cui l’altra ex-grande potenza, gli
Stati Uniti, non dà segno di avere idee chiare. L’Est va oggi dall’Europa all’Asia e c’è chi prevede che,
se ci sarà, la prossima grande guerra scoppierà proprio
al nostro Est, tra Europa orientale e Asia centrale.
C’è di che non dubitare, insomma, che se il futuro del
mondo si volge verso Est, non sappiamo ancora bene
quale futuro sarà.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
EVASIONE
FISCALE
LAST MINUTE
E
roico. Davvero eroico
Brady Dougan. Davanti
alla commissione d’inchiesta Usa sull’evasione fiscale, il Ceo di Credit Suisse
ha scaricato sulle spalle di alcuni dipendenti della banca
la responsabilità di aver aiutato migliaia di clienti americani a nascondere capitali
non dichiarati. Il vertice e il
management del CS non ne
sapevano nulla, ha affermato
Dougan. Non sapevano dei
voli turistici dei consulenti
verso gli Usa per conquistare
nuovi clienti, che per agganciarli si organizzavano eventi
e si regalavano biglietti
omaggio per manifestazioni
sportive e culturali. Non sapevano neanche che nella filiale del CS all’aeroporto di
Zurigo era stato creato un
servizio “last minute” per offrire ai potenziali evasori la
possibilità di sbrigare le loro
pratiche senza lasciare lo
scalo. Parola di banchiere.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
33
GLI OPERAI/2
Anna Maria Palmisano; sotto
Alberto Cipriani e Antonio
Alfiero (con le braccia conserte);
in basso Giusy Larosa; sotto,
Giovanni Comparetto
GLI OPERAI/1
Nella foto sotto, Michele Grillo
e, accanto a destra, Francesco
Pansini; in basso, uno degli
ingressi dell’impianto Fiat di
Mirafiori. Migliaia di dipendenti
oggi sono in cassa integrazione
tra
virgolette
INTICINO
“Alle cinque l’ultima colata
poi si spensero tutte le luci”
I ricordi di “famiglia” della storica acciaieria di Bodio
Il lavoro
La produzione che cambia
L’OPINIONE
Il sociologo De Masi
“La tecnologia
ha stravolto tutto”
C’era una volta
“L
l’industria
Dalla Fiat alla Monteforno, dalla svolta all’estinzione...
i grandi mutamenti produttivi raccontati dagli operai
La fabbrica, come storicamente l’abbiamo conosciuta, non tornerà più. Tecnologia e globalizzazione, sostiene il sociologo del
lavoro Domenico De Masi, ne hanno decretato il tramonto. Il
triste declino della grande industria di una volta, cancellata dai
GLI EX OPERAI E DIRIGENTI
A sinistra Antonio Delogu;
sotto, l’ex capo del personale
della Monteforno Carlo Franscini
e, a fianco, Bruno Gatti
a fabbrica come l’abbiamo conosciuta storicamente, con quel retrò romantico da grande mamma
che offre lavoro a intere famiglie, garantisce il doposcuola ai figli, lo spaccio aziendale e anche una polisportiva, non tornerà
più”. Domenico De Masi, sociologo del lavoro, ha visto il tramonto della vecchia
grande industria. “Un tramonto dettato da
due fattori: la tecnologia e la globalizzazione. Con la tecnologia le macchine hanno
sostituito i lavori più usuranti, ripetitivi, pericolosi- La globalizzazione ha spostato
certe produzioni in aree del sud del mondo
dove i diritti dei lavoratori non sono arrivati
e tutto ancora costa poco”. Non solo: la
globalizzazione ha portato una concorrenza sempre più internazionale. “Il mercato è
cambiato profondamente - aggiunge De
Masi - oggi quel che conta è la specializzazione, perché gli impieghi solo esecutivi
sono sempre meno richiesti per effetto
della tecnologia. Servono meno operai ma
più ingegneri, più professionisti del marketing per vendere i prodotti. Quei tempi
non torneranno più”.
mutamenti produttivi che hanno pure stravolto la vita degli
operai. Come raccontano il reportage di Famiglia Cristiana dalla
Fiat di Torino e quello del Caffè tra gli ex dipendenti della Monteforno di Bodio, con cui svanì il sogno siderurgico del Ticino.
ALBERTO CHIARA
Fotoservizio PAOLO SICCARDI
E
due. Torino viene disarcionata
per la seconda volta nell'arco
di un secolo e mezzo. Nel 1864
smise i panni di capitale d’Italia. Ora cessa di essere la capitale dell’auto. La Fiat cambia nome e se
ne va. Quanto meno sposta altrove molte
funzioni che contano. La nuova holding,
frutto della fusione tra il Lingotto e Auburn Hills, Detroit, si chiama Fiat Chrysler Automobiles, con tanto di logo e
acronimo (Fca) coniati apposta: la sede
legale sarà in Olanda, per la residenza fiscale è stata scelta la Gran Bretagna,
come Borsa principale si è optato per
Wall Street. C’è pure piazza Affari, a Milano. Ma un passo indietro.
Mercoledì 29 gennaio il Consiglio d’amministrazione alza il velo sul nuovo
gruppo e vara una riorganizzazione che
dice molto, ma non tutto, dal momento
che il piano industriale sarà presentato
solo a maggio, negli Usa. C’è chi sorride,
come il presidente John Elkann (“La nascita di Fca segna l'inizio di un nuovo capitolo della nostra storia”). E c’è chi gioisce, come Sergio Marchionne, che si presenta all’appuntamento come amministratore delegato della Fiat e, al tempo
stesso, anche come presidente e amministratore delegato di Chrysler: “È il giorno più importante della mia carriera”.
Fuori dal Lingotto, una fredda pioggia
mista a neve sferza volti, ricordi, speranze. Giovanni Comparetto ha 47 anni, una
moglie e due figli da mantenere. È operaio Fiat dal 1988. “Ho cominciato nello
stabilimento di Rivalta, poi chiuso - spiega -. In seguito, sono stato spostato a Mirafiori. Assemblo radiatori. Lì produciamo ancora la Mito. Ma si lavora sempre
meno. Siamo in cassa integrazione. C’è
chi lo è da due anni e mezzo di fila”.
Speriamo che Marchionne...
“Veniamo chiamati ogni tanto - precisa
Comparetto -. Per me, l'ultima volta è
stata a metà dicembre: tre giorni. Se mi
va bene, ritorno in fabbrica entro la fine
Ti-Press
Dipendenti Fiat
Metalmeccanici
Solo nelle fabbriche di Torino
nel 1980 erano 130mila, oggi 10mila
La più grande federazione sindacale
Ue conta sette milioni di lavoratori
Metallurgia
Secondario
In 20 anni dal 1980 gli addetti in Italia
sono scesi da 260mila a 155mila
Il peso della produzione industriale
rappresenta il 15,6% del Pil europeo
Siderurgia
Forza lavoro
In 10 anni dal 2003 la produzione Ue
ha perso 10 milioni di tonnellate
Dal 47% del 1960 la manodopera
svizzera nell’industria è scesa al 23%
di febbraio. Stando a casa tutto il mese,
senza assegni familiari e detrazioni si
prende 850 euro. Per fortuna non devo
pagare mutuo o affitto. Sergio Marchionne? Non lo reputavo santo cinque-sei
anni fa, non lo ritengo un diavolo oggi.
Confido che mantenga la parola e che investa a Mirafiori”.
“Mi spiace che Torino continui a perdere
pezzi, e lo dico io, uomo del Sud: devo
tutto a questa città e alla Fiat, dove ho lavorato tra il 1977 e il 2008 - sospira Michele Grillo, 59 anni, in pensione dopo
una vita da operaio, prima, e da impiegato, poi -. Sono nato a Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento. Mi
sono trasferito a Torino nel 1976. Tempo
un anno e sono entrato in Fiat. Prima al
Lingotto, quindi a Mirafiori, in Carrozzeria. Ho cominciato montando le 127. Me
ne sono comprata presto una: poco più
di tre milioni di lire. E poi ho acquistato
casa: 45 milioni. La banca ti faceva il mutuo senza tante storie. Essere operai Fiat
era un orgoglio e una garanzia. Con mia
moglie e mia figlia siamo stati bene. Ogni
tanto passo davanti alle porte dalle quali
entravo e uscivo. La 2 è spesso deserta.
Chiuso il chiosco dove si prendeva un
Beniamino Piro, 71 anni
Se facevo il primo turno mi
svegliavo alle tre, prendevo
il treno Asti-Torino delle 4.10
caffè al volo. Sparito il giornalaio che veniva ai cambi turno. La porta l’hanno addirittura buttata giù per costruire un
concessionario, il Mirafiori Motor Village”.
All’alba in fabbrica
“La fatica, tanta, era compensata dalle
soddisfazioni - conferma Beniamino
Piro, 71 anni, operaio alle Meccaniche
dal 1966 al 1988, sposato, due figli -. Sono
calabrese di Campana, in provincia di
Cosenza. Sono emigrato al Nord nell’aprile 1960. Prima tappa: Asti. Ho cominciato nel settore del legno, quindi
sono passato all'industria meccanica.
Quando, sei anni dopo, sono stato assunto in Fiat, mi è sembrato di aver vinto
alla lotteria. Certo: se facevo il primo
turno mi svegliavo alle tre, prendevo il
treno Asti-Torino delle 4.10, arrivavo
alla stazione del Lingotto alle 5 suonate e su un pullman riservato raggiungevo le Meccaniche, porta 31, dove oggi
c’è la Case New Holland (Cnh), l’ex Fiat
trattori e movimento terra. Il rischio è
che la capitale dell’auto, o quel che ne
rimane, si trasformi in museo a cielo
aperto”.
“No, no, per carità - interviene Rodolfo
Gaffino Rossi, che del Museo nazionale
dell’automobile di Torino è il direttore
-. Questo territorio ha le carte in regola
per non farsi travolgere. La storia dimostra che è possibile. Nel 1864 Firenze fu designata capitale del Regno e Torino si sentì mancare il fiato, ma seppe
reagire. Nel 1865 incartò il primo gian-
Giusy Larosa, 44 anni
Eravamo rimasti 1.100,
senza prospettive e con
soli 600/800 euro al mese
duiotto, nel 1889 inaugurò la Mole Antonelliana, nel 1897 osservò la Juventus segnare i primi gol e nel1899 registrò l’uscita del primo modello Fiat.
Nel giro di trent’anni, perso il prestigioso ruolo di capitale d’Italia, Torino
vide nascere ciò che l’ha resa famosa in
tutto il mondo. Per quanto riguarda le
quattro ruote c’era in città un saper
fare diffuso: nel Novecento, si contarono più di 70 aziende automobilistiche e
oltre 80 carrozzieri. Oggi il territorio
vanta un sistema universitario d’eccellenza, Politecnico in primo luogo, che
attira studenti da ogni dove. Qui hanno
centri di ricerca e centri stile case automobilistiche come la tedesca Volkswagen o la cinese Changan”.
Meglio dei tedeschi
“La Fiat ha salvato la Chrysler e ciò ha
permesso alla Fiat di salvarsi a sua volta. Tra il 1998 e il 2007 ci provò invano
la Daimler: gli italiani ce l’hanno fatta
dove hanno fallito i tedeschi di Mercedes”, ragionano Alberto Cipriani, della
Fim-Cisl nazionale e Antonio Alfiero,
della Fim-Cisl torinese. “È finita
un’epoca, si dice. Vero. Ma adesso si
conclude un processo avviato vent’an-
ni fa. Questa città può farcela. La nascita del settimo gruppo automobilistico al mondo, che punta a produrre
cinque milioni di vetture all’anno, non
significa la deindustrializzazione del
capoluogo piemontese e dell’Italia.
Anzi. L’eccellenza fatta di processi produttivi che puntano alla precisione di
un orologio svizzero e di auto di qualità sono le chiavi del successo. Ricordiamoci che nel 2012 Pomigliano ha
vinto l’Automotive Lean Production,
un prestigioso premio assegnato da
una giuria di esperti tedeschi che valuta 700 stabilimenti in tutta Europa.
Purtroppo dobbiamo dimenticarci i
numeri di una volta. A Mirafiori non ci
saranno più i 60 mila dipendenti d'un
tempo, ma se, passando dalle parole ai
fatti, si completerà il polo del lusso, le
18 mila persone a vario titolo oggi occupate, 4 mila delle quali in cassa integrazione, potrebbero tornare tutte al
lavoro e magari si assumerà pure.
Guardate l’ex Bertone di Grugliasco”.
Giusy Larosa, 44 anni, 3 figli, parla
d’un fiato prima di entrare con il secondo turno: “Alla Bertone eravamo rimasti 1.100, senza prospettive, aggrappati ai cosiddetti ammortizzatori sociali, tra 600 e 800 euro al mese. Arrivò
la Fiat. Faremo Maserati, disse. Mamma mia, che scommessa. Le Quattroporte e le Ghibli che escono da qua (si
producono circa 150 vetture al giorno,
ndr.) si vendono. E noi lavoriamo. Siamo stati affiancati da colleghi di Mirafiori. Adesso, in tutto, siamo più di 2
mila”.
Francesco Pansini, 47 anni, due figli,
in Bertone dal 1989, conferma il lungo
calvario e il senso di riscatto che oggi
caratterizza lui e gli altri operai. Annamaria Palmisano, 36 anni, un figlio,
confida: “Avevamo paura di perdere il
lavoro. Le cose sono cambiate grazie
alla Fiat. Un anno fa la banca mi ha finalmente concesso il mutuo. Abbiamo
comprato casa”.
© Famiglia Cristiana
MAURO SPIGNESI
A
ntonio Delogu quel giorno di vent’anni fa lo ricorda come fosse ieri:
“L’ultima colata è venuta giù alle
cinque del mattino del 31 gennaio 1995.
Poi alla Monteforno di Bodio si sono spente le luci. Per sempre”. La malinconica parabola della grande acciaieria, nata nel
1946 su iniziativa di due industriali piemontesi, in Ticino la ricordano ancora tutti. “E non solo perché un’industria così
non è più nata, non solo perché è arrivata a
distribuire oltre mille salari, ma anche perché la Monteforno non era solo un’azienda, era qualcosa di più, di speciale”, racconta ancora Delogu che era entrato in
fabbrica giovanissimo. “Arrivai a Bodio da
Tula, il paese della Sardegna dove sono
nato, esattamente il 17 settembre 1961”.
Oggi Delogu vive a Faido, ed è la memoria
storica della Monteforno, i cui ultimi pezzi,
compreso un forno di colata, vennero
smontati e caricati su undici camion che la
notte del 28 maggio 1998 in fila uno dietro
l’altro come in un corteo funebre attraversarono lentamente il Ticino diretti al porto
di Genova dove vennero imbarcati per
l’Indonesia.
Contro la chiusura della fabbrica, che sosteneva l’intera economia delle Tre Valli, ci
fu una lunga battaglia alla quale partecipò
idealmente tutto il Ticino. “Perché la Monteforno oltre a garantire salari e benessere
a tutta la zona era una sorta di famiglia allargata”, ricorda Gabriele Cieslakiewicz,
che dentro l’acciaieria ha passato trentanni della sua vita. Quaranta, invece, li ha
passati lì dentro Bruno Gatti: “Sono entrato nel 1953. Prima – racconta - facevo il pasticciere, tanti di noi venivano da altri settori, c’erano muratori, agricoltori. Si partiva dai rottami che arrivavano da ogni parte
del mondo, avevamo anche spezzoni bellici che andavano trattati con una certa
prudenza prima di finire in fonderia. Ma l’
acciaio per i tondini del cemento armato
che usciva dalla Monteforno era all’avanguardia. Io poi sono diventato il responsa-
bile della prevenzione, avevamo avuto 13
morti. Devo dire che dopo un lungo e paziente lavoro, dopo aver eliminato situazioni di pericolo, gli infortuni sono diminuiti drasticamente”.
È stato calcolato che grazie a quanto guadagnava allora un lavoratore della Monteforno, per effetto delle ricadute economiche e dei soldi spesi nel territorio, vivevano circa otto persone. Rammenta bene
quei tempi Carlo Franscini, a lungo capo
del personale: “La nostra preoccupazione
fu sempre di offrire condizioni economiche e sociali buone per tutti. Promuovemmo colonie per i bambini degli operai, feste per coinvolgere le famiglie, persino un
coro e andammo incontro a tutti coloro
che avevano bisogno. Un altro fattore di
aggregazione fu la mensa e la commissio-
“Quando nel 1994 chiuse lo
stabilimento per anni qui ha
regnato solo la tristezza”
ne di fabbrica mista, con lavoratori ticinesi
e stranieri fianco a fianco. In questo senso
la Monteforno può essere considerata un
grande esempio di integrazione”.
Franscini conosceva tutti gli operai. Era
stato lui ad assumerli negli anni. “Avevamo bisogno di personale e non se ne trovava - racconta Franscini, entrato in
azienda nel 1956 - avevamo preso bresciani e bergamaschi, poi è arrivata la volta
dei sardi, gente tosta, grandi lavoratori”.
Era il 1961 quando Franscini arrivò in Sardegna e con l’aiuto del fratello e dello zio
di Antonio Delogu, alla vigilia di Pasqua
era riuscito a portare in Ticino una quarantina di operai. La scelta della Sardegna
era però stata caldeggiata anche da un altro dirigente della Monteforno: l’ingegner
Giovanni Morini, direttore tecnico, che da
tenente aveva fatto parte della “leggendaria” Brigata Sassari e dunque conosceva il
carattere dei sardi.
Negli anni Settanta cominciò l’era delle ri-
Ti-Press
vendicazioni, con gli operai spalleggiati da
monsignor Luigi del Pietro, il grande riorganizzatore del sindacato cattolico Ocst.
“A Bodio ci fu il primo sciopero - ricorda
Delogu che faceva parte della rappresentanza sindacale aziendale -, noi che lavoravamo sui forni, 48 ore dal lunedì alla domenica mattina, ottenemmo un aumento
di 84 centesimi all’ora, 72 i laminatori e un
forfait di 60 franchi al mese per i reparti ausiliari”. Lo stipendio mensile venne introdotto alla Monteforno nel 1970. “Io rammento solo - aggiunge Franscini - che
quando sono entrato in azienda la paga
oraria era di 2 franchi, quando ho lasciato
era arrivata a 29 franchi”. All’epoca l’acciaieria aveva un monte salari di 25 milioni.
Ed era passata attraverso alti e bassi, con
crisi, come quella del 1975, che avevano
portato molti ad accettare una buonauscita e licenziarsi. “Perdemmo i giovani, ed
era un dispiacere - sottolinea l’ex capo del
personale della società - perché rappresentavano il futuro, ma salvammo chi aveva famiglia”.
Tra gli anziani c’era Delogu: “Racconto un
episodio: la mattina di un lunedì del 1990
prese fuoco una cabina di distribuzione,
c’era una perdita in un tubo del gas. Mi resi
subito conto della gravità della situazione.
Con due estintori riuscii a spegnere l’incendio e poi bloccanmmo l’impianto. Poteva accadere una tragedia, poteva saltare
la fabbrica. Tutto passò sotto silenzio. A
fine mese però mi ritrovai 400 franchi in
più in busta paga. Solo quando l’acciaieria
era già chiusa da anni, uno dei capi mi
chiese cosa fosse successo quel giorno”.
Nel 1994 la Von Roll di Gerlafingen decise
di chiudere. Oggi molti operai sono rimasti nelle Tre Valli, altri sono tornati nei loro
Paesi d’origine. “Quando chiuse la Monteforno - conclude Delogu - per anni qui ha
regnato la tristezza, la coglievi ovunque, la
notavi impressa nei volti della gente. Oggi
tutti noi abbiamo la consapevolezza d’aver
vissuto insieme una bella avventura che
resta nei nostri cuori, ma anche nella storia del Ticino”.
34
LE
RICE
TTE
tra
virgolette
Carbonade di manzo
Mondare e tagliare 500 g di cipolle gialle a fettine sottili. In una
padella antiaderente far rosolare 75 g di speck a fuoco medio.
Metterlo in un piatto. Nella stessa padella far cuocere le cipolle nel
fondo di cottura, a fuoco dolce per circa 20 minuti. Scoperchiare,
alzare la fiamma e unire 1/2 cucchiaio di zucchero di canna.
Cuocere fino a quando le cipolle si saranno caramellate.
Spegnere. In un piatto fondo disporre 30 g di farina insieme a sale
e pepe, passarvi 1 kg di polpa di manzo cubetti di carne, avendo
cura che siano completamente infarinati. Nella stessa padella
utilizzata per le cipolle rosolare la carne in più riprese e a fuoco
vivo. Quando sarà uniformemente rosolata trasferirla in
casseruola capiente. Deglassare il fondo di cottura della padella,
con 40 ml di aceto di vino rosso e poi con 125 ml di birra scura.
Portare ad ebollizione e trasferite il tutto nella pentola con la
carne. Unire lo speck e le cipolle, un pizzico di timo secco, la
foglia di alloro e mescolare con un cucchiaio di legno per
amalgamare gli ingredienti. Aggiungere 375 ml di birra rimasta.
Prendere due fette di pane, eliminare la crosta e spalmarle da un
lato con la senape. Disporle sulla carne con la parte della senape
verso il basso, chiudere con il coperchio e cuocere a fuoco
moderato per circa 2 ore e mezza, mescolando di tanto in tanto.
Trascorso questo tempo eliminare il pane e regolare di sale
e di pepe. Aggiungere il prezzemolo tritato e mescolare
delicatamente. Trasferite in un piatto da portata e servite.
La cucina è slow
con meno calore
ma più sapore
M
eno calore uguale più sapore. È il primo
principio della termodinamica gastronomica. O, per usare le parole del momento,
la proporzione aurea della cottura a bassa temperatura. Esaltata da alcuni, detestata da altri. C’è chi
la considera la grande svolta della cucina contemporanea. E chi una tendenza passeggera, figlia modaiola dell’infatuazione molecolare.
Ma in realtà, mode stellate a parte, l’idea di ottimizzare il rapporto tra fuoco e gusto non è solo
roba da cuochi fatui. Anche le nostre nonne si ponevano il problema di conciliare economia e gastronomia. Cercando di far da mangiare al meglio,
con il minimo spreco di combustibile. Ma anche di
trovare la temperatura adatta a ogni preparazione.
Vie intermedie tra il crudo e il cotto. Cotture dolci,
sobbolliture a fuoco lentissimo, stufature sotto la
cenere calda, essiccature al sole, affumicature, marinature, preparazioni al vapore, bagnimaria. Esercizi di chimica del sapore con bottiglie vuote a mo’
di alambicchi. Come nei sublimi fagioli al fiasco toscani. Messi nel forno spento, immediatamente
dopo la cottura del pane, e lasciati a crogiolarsi nel
calduccio tutta la notte. Risultato un capolavoro
della scienza in cucina. E un grande esempio di
trasformazione del tempo in energia. Insomma
l’andamento lento tra i fornelli non è cominciato
certo negli ultimi vent’anni. Né nella cucina popolare, né in quella d’autore. Infatti, l’inventore dei
primi strumenti per le cotture a bassa temperatura
è il conte Rumford, ufficiale dell’armata inglese
nella guerra d’indipendenza americana. A metà
del Settecento questo straordinario esperto di chimica e maniaco del risparmio creò dispositivi per il
bagnomaria e forni a riscaldamento indiretto in
grado di cuocere arrosti a sessanta gradi. Più o
meno quello che fanno oggi gli chef con tanto di
sottovuoto e di elettrodomestici come il roner. Un
esempio per tutti, il “bollito non bollito” di Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena.
Sessantatre gradi per trentasei ore di cottura, quasi
una frollatura. E improvvisamente coda, testina e
guancia di vitello vi schiuderanno insospettabili
abissi di voluttà.
di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- 500 g di cipolle ramate
- 20 g di burro
- 1 cucchiaino raso
di zucchero
- 2 cucchiai di farina
- brodo di manzo qb
- 1/2 bicchiere
di vino bianco secco
- 1/2 foglia di alloro
- 1 rametto di timo fresco
- baguette a fette
- 50 g di gruyère
- sale
- pepe
Soupe à l’oignon
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Economia e gastronomia. Il trucco
per ottimizzare il rapporto tra fuoco
e gusto è cuocere a basse temperature
Mondare le cipolle e tagliarle ad anelli sottili.
Far fondere il burro in una casseruola ed unirvi
le cipolle, facendole cuocere a fuoco lento per
circa 20-25 minuti mescolando di tanto in
tanto. Quando inizieranno a diventare dorate
aggiungere la farina e lo zucchero e mescolare
per 2 minuti fino a quando la farina prenderà
colore. Sfumare con il vino, unire il brodo caldo
e aggiungere l’alloro e il timo. Regolare di sale
e pepe e portare ad ebollizione. Coprire e
proseguire la cottura a fuoco basso per circa 1
ora, mescolando di tanto in tanto.
Tagliare la baguette a fette, posizionarle su una
teglia rivestita di carta da forno e farle dorare
sotto al grill del forno da entrambi i lati. Togliere
le erbe aromatiche dalla zuppa e suddividerla
in 2-4 zuppiere individuali. Posizionarvi sopra le
fette di pane tostato e spolverizzare con il
gruyère grattugiato. Appoggiare le cocotte su
una teglia e passare sotto al grill fino a quando
il formaggio sarà gratinato.
untamenti
L’agenda degli app !
per tutta la famiglia
me 5 marzo
ATELIER
lu 3 marzo
EVENTO
Rabadan La città
dei bambini
Ore 14.00
Animazione per i bambini
con spettacoli, baby dance
e molto altro ancora.....
La Città dei bambini, in
Piazza Governo a Bellinzona
“Italia mia Italia”
Un grido di amore e di rabbia
Venerdì 7 marzo
ore 20.30
Maddalena Crippa prova a immaginare e raccontare un’altra Italia,
meno piagnucolona e piegata su sé stessa, pronta a prendere in mano
le redini del destino e a ribaltare la situazione.
«L’Italia è una terra benedetta da dio e dagli uomini. È ancorata all’Europa, ma scende verso Sud. Lo dice bene il sociologo Franco Cassano nel saggio “Paeninsula”, in
un brano che è al centro dello spettacolo: abbiamo la vocazione naturale a un crocevia tra popoli e religioni, potremmo farne una forza, essere una terra in cui si sperimenta l’incontro ecumenico tra i popoli. E invece abbiamo dimenticato la vita “dolce”, aperta agli altri, alla carezza, all’abbraccio. Non siamo mai stati uniti come storia,
abbiamo dovuto adattarci, mitigando le differenze. Una qualità da riscoprire».
(Maddalena Crippa in un’intervista a Repubblica)
Il volto nell’arte: Matisse,
Klee, Modigliani
Ore 14.30-16.00
Raccontare emozioni con
colori, linee, contrasti, forme
(Emanuela Bergantino)
A Bellinzona
Grande concorso premi
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Non è un bel momento per l’Italia. Messo in ginocchio dalla congiuntura economica
e attraversato da una profonda crisi politica, il Bel Paese vive un momento non proprio
idilliaco. Con questa situazione si confronta e dialoga il primo spettacolo della seconda
parte della quinta stagione al San Materno. Uno spettacolo che mette in luce le straordinarie
doti attorali e canore di Maddalena Crippa.
Come spiega l’attrice stessa, la quale ha scritto di suo pugno il testo, tutto nasce
«dal bisogno di reagire, di rompere l’immobilità rassegnata, il lamento continuo, la visione
solo negativa e assecondare invece la voglia di spostare il fuoco, di ritrovare un’identità
positiva del nostro essere italiani, di riconoscere la fortuna di vivere adesso, in questo tempo
sbandato, per citare Ivano Fossati».
Gli spettatori potranno compiere un viaggio attraverso il Bel Paese, scaldato dalla voce
di Maddalena Crippa, dal pianoforte e dagli arrangiamenti di Massimiliano Gagliardi
e dalle atmosfere musicali evocate dalla Bubbez Orchestra.
Italia mia Italia è uno spettacolo che, in questo «tempo dificile, molto dificile per l’Italia»,
si propone come «una carezza che conforta», invitando ad un percorso in questa terra di santi,
poeti e navigatori, passando quindi da Pier Paolo Pasolini e Lucio Battisti a Giacomo Leopardi, Toto
Cutugno, Francesco Piccolo e Fabrizio De André; può capitare, lungo il tragitto, che Federico Fellini
conviva con Sergio Endrigo, Franco Cassano con Battiato, la Gualtieri con Ivano Fossati, Farinetti
con Domenico Modugno e Paolo Conte.
Dopo aver cantato gli anni Sessanta nello spettacolo “Sboom” e il Sud America in “Sud dell’alma”,
la Crippa torna a mostrare le sue straordinarie doti canore, ma questa volta con un taglio
più militante. Un’esperienza che il pubblico non potrà certo dimenticare.
La regia
La regia è a cura di Peter Stein, compagno di Maddalena Crippa: da anni vive con lei in Italia ed è stato insignito dei più
grandi riconoscimenti a livello internazionale. È annoverato tra i più importanti arteici del teatro tedesco ed europeo nella
seconda metà del Novecento, in particolare nel grande impeto creativo degli anni Settanta, per aver realizzato progetti monumentali e spesso in spazi inconsueti.
Nel 1970 ha fondato il collettivo teatrale della “Schaubühne am Halleschen” di Berlino Ovest, che ha guidato ino al 1985.
Il gruppo, del quale han fatto parte interpreti d'eccezione come Bruno Ganz, Edith Clever, Jutta Lampe, Michael König, è rimasto
nella storia del teatro per le messinscene trasgressive e corrosive rispetto alla struttura dello spazio teatrale e scenico.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
35
tra
virgolette
La tendenza
Politica carceraria
Il
privato
dietro le
sbarre
MASSIMO SCHIRA
LE PROTESTE
A CHAMP DOLLON
Il carcere di Champ Dollon
(foto in alto), teatro di proteste
per il sovraffollamento della
struttura, con 850 persone
detenute e 342 guardie.
Condizioni “inumane” anche
per il Tribunale Federale
LASCELTA
E
Si riprogetta
la Stampa,
accoglierà
tutti i detenuti
U
Ti-Press
se gli imprenditori privati finissero… dietro
le sbarre? No, nessuna retata in vista, ma
quanto prima qualche cambiamento nella
gestione e nella costruzione delle strutture
carcerarie ci potrebbe pure essere. Anche
alla luce delle recenti tensioni per il sovraffollamento
un po’ in tutte le strutture che hanno portato alla rivolta i carcerati nella struttura ginevrina di Champ Dollon, con risse, detenuti che rifiutano di tornare in cella
e con la protesta anche da parte delle guardie carcerarie che denunciano una situazione divenuta insostenibile e pericolosa. Tanto che il Tribunale Federale ha
definito “inumane” le condizioni di detenzione nella
struttura. L’esempio di Bolzano, che adotta il modello
americano di privatizzazione delle carceri, rilancia insomma un dibattito che aveva già in parte interessato
anche il Ticino, con la proposta, poi bocciata, di affidare alcuni compiti di sicurezza ad agenti privati. E alla
vigilia di un progetto importante, pure economicamente, come la realizzazione del nuovo carcere della
Stampa, pensare all’intervento di privati non è certamente fantascienza.
Ma chi ha potuto valutare l’esperienza della privatizzazione, a livello internazionale, invita alla prudenza.
“In Germania ormai da tempo si è seguito l’esempio
degli Stati Uniti e, in parte, pure in Inghilterra - afferma
Marcel Ruf, direttore delle strutture carcerarie Jva di
Lenzburg, nel canton Argovia -. All’inizio la scelta era
apparsa vantaggiosa sotto il profilo economico, perché lo Stato non era costretto a mettere mano più di
quel tanto al portafogli. Ma poi con il passare del tempo si è scoperto che le spese per il settore pubblico erano diventate più elevate rispetto ad un carcere gestito
secondo i criteri tradizionali”. L’ipotesi “privatista” non
trova per ora terreno fertile nemmeno in Romandia,
regione con cui il Ticino collabora attivamente per la
gestione dei flussi dei carcerati. “Il canton Vaud è firmatario di un concordato e si assume i compiti e gli
obblighi in materia di detenzione che sono inseriti
nell’accordo - spiega Béatrice Metraux, direttrice del
Dipartimento delle Istituzioni e della sicurezza vodese
-. Tutte le questioni sono discusse con gli altri Cantoni
romandi e nessuno guarda con favore ad una privatizzazione per la missione di sicurezza e di sovranità dello Stato nella gestione dei detenuti, nell’esecuzione
delle pene e il loro reinserimento nella società”.
Anche il modello che prevede il carcere in mani private per un periodo determinato di tempo (20 o 30 anni),
per poi tornare sotto l’ala dello Stato ha già mostrato
diversi difetti. Come conferma ancora il direttore del
carcere di Lenzburg. “Nei Paesi con esperienze di questo tipo, ci si è accorti che alla riconsegna delle carceri,
in media dopo una ventina d’anni, le strutture necessitavano di profondi interventi di rinnovamento. Il che,
ancora una volta, torna a far esplodere i costi. È un po’
come la differenza tra l’acquistare un’automobile in
Controverse prove di carceri in “outsourcing”
per contenere i costi di gestione e costruzione
contanti o sottoscrivere un leasing. Scegliendo la seconda opzione non si mette mano al capitale, ma…”
Qualche esperienza con l’intervento dei privati, comunque, attualmente c’è già in Svizzera. “Ci sono
aziende private che si occupano, ad esempio, del trasporto dei detenuti da un cantone all’altro - osserva
ancora Béatrice Metraux -. Oppure, per quel che conI SERVIZI
Mensa,
lavanderia, lavoro
e formazione
iniziano ad
essere
privatizzati
cerne il canton Vaud, del controllo dei perimetri esterni di alcuni istituti di pena. Ma, secondo me, il limite è
abbastanza chiaro: la gestione del detenuto all’interno delle mura del carcere spetta al personale che dipende dal servizio penitenziario, selezionato e formato secondo criteri validi per tutta la Svizzera, e certificati dall’attestato federale di capacità per gli agenti di
custodia. E non spetta certamente a terzi. Ancor meno
ad aziende private”. Una tesi confermata anche da
Marcel Ruf, che lascia comunque le porte aperte all’intervento dei privati: “Certamente affidare completamente una prigione ai privati non è una buona opzione. Mentre per alcuni servizi, soprattutto esterni
[email protected]
alla struttura, è interessante”.
Q@MassimoSchira
ILCASO
In mano alla Regione
restano sicurezza
e costi degli educatori
Bolzano come il Texas
con l’esclusiva galera
solo per metà di Stato
L’
Alto Adige come il Texas, Bolzano come Huntsville. O quasi.
Con l’approvazione dei progetti è
partita in Italia la costruzione del primo
carcere “privato” del Paese. Una struttura che ospiterà dal 2016 circa 200/220
posti per i detenuti, 100 operatori, 30
agenti in caserma e 25 unità di personale civile. Nel progetto sono previsti anche l’infermeria, gli spazi per il lavoro,
una sala polivalente, una palestra, i servizi cucina e lavanderia e un campo da
calcio. Il tutto in un “pacchetto” da quasi 80 milioni di euro a cui lo Stato parteciperà al massimo per la metà dei costi.
Come? Affidando a privati la costruzio-
ne della struttura e la gestione di mensa, lavanderia, spazi comuni, lavoro e
formazione. Dopo vent’anni di usufrutto, il carcere passerà nelle mani dello
Stato. Le mansioni di sicurezza, invece,
rimarranno a carico della polizia penitenziaria statale. Così come in mano
pubblica resteranno le spese per gli
educatori all’interno della nuova prigione.
Sul libro paga dei privati, per contro, finiranno gli stessi carcerati. Nel senso
che nel mandato ventennale di prestazione sono compresi anche quei compiti che possono generare introiti per la
struttura. Comprese le attività degli
“ospiti” che lavorano negli atelier, come
succede anche in Ticino al carcere della
Stampa.
Contro la struttura alto atesina, per la
verità, qualche critica si è levata. Sia per
le scelte progettuali, sia per la decisione
di tentare la via del “project financing”,
di fatto, semi privato. Diverse voci hanno evidenziato come il nuovo carcere di
Bolzano sarà “a cinque stelle”, con agi
giudicati eccessivi per i carcerati. Una
critica respinta al mittente dalle autorità locali, che hanno sì sottolineato che
la struttura sarà moderna, ma soprattutto nel senso di preservare la dignità
dei detenuti e di favorirne il reinseri-
mento nella società una volta tornati in
libertà. Le critiche alla privatizzazione,
invece, hanno evidenziato da un lato
come l’esempio americano - dove diverse carceri sono private in tutto e per
tutto, sicurezza compresa - hanno portato ad un sovraffollamento delle strutture per garantire maggiori introiti. E
dall’altro come dietro la compravendita
dei terreni su cui sorgerà la nuova prigione si celasse il rischio della speculazione edilizia.
Tutto però superato dagli eventi, visto
che a partecipare all’appalto sono state
ben sei società. Un numero importante
per una “prima” carceraria.
na sola struttura carceraria capace di contenere
tutti i detenuti: quelli attesa di giudizio, che stanno scontando una pena definitiva o che
beneficiano del cosiddetto carcere aperto. È segnato il futuro
degli istituti detentivi in Ticino
dopo che, come anticipato dal
Corriere del Ticino, l’Ufficio federale della giustizia ha dato luce
verde all’idea di costruire un edificio ex novo sul Piano della
Stampa, a Cadro, al posto del carcere attuale, datato 1968 e ritenuto non più al passo con le esigenze attuali.
Oggi l’organizzazione carceraria
cantonale vede il totale di 288
posti disponibili divisi tra il penitenziario della Stampa, il carcere
giudiziario della Farera e il carcere aperto Naravazz. Agli uomini
sono destinati 263 posti, 20 alle
donne, 5 ai minori, mentre 3 sono
le celle disciplinari. L’ipotesi è,
quindi, quella di avere a disposi-
Tramontata l’ipotesi
della ristrutturazione,
allo studio un istituto
capace di essere
al passo con i tempi
zione una nuova prigione capace
di accogliere circa 300 detenuti,
considerando anche il fatto che spesso - l’organizzazione e gli
spazi attuali si sono dimostrati al
limite per la capacità di soddisfare la domanda di posti. Una carenza che oggi riguarda tutta la
Svizzera, per cui il trasferimento
di detenuti da un istituto carcerario all’altro per mancanza di spazi
è all’ordine del giorno.
Fattibilità e costi dell’operazione
ticinese sono ora allo studio,
mentre sembra profilarsi anche
la possibilità di costruire una
struttura provvisoria per accogliere parte dei detenuti durante
i lavori della nuova prigione, in
modo da garantire la massima sicurezza. La progettazione vera e
propria dell’edificio principale
sarà avviata una volta che saranno analizzati da parte degli
esperti tutti i dettagli tecnici e le
necessità della “nuova Stampa”.
Anche all’interno della futura
struttura carceraria saranno verosimilmente garantite ed implementate le attività che già oggi
mirano al reinserimento dei detenuti terminata l’espiazione
della pena. Come la formazione
scolastica interna, la possibilità
di svolgere un apprendistato e la
disponibilità di atelier di lavoro.
Oggi le strutture carcerarie cantonali offrono un totale di 149
posti di lavoro, di cui 108 per
agenti di sicurezza. Cifre che dovrebbero essere confermate anche nelnuovo istituto.
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
37
THE LEGO MOVIE
Realizzato con un misto
stop motion e live action
il film d’animazione è diretto
da Miller e Lord, gli stessi
autori di “Piovono polpette”
tra
virgolette
schermi
libri
U
no dei pregiudizi duri a
morire riguarda i film di
animazione. Peggio che
convincere i maschi a vedere
una commedia romantica. Peggio che convincere le femmine
a vedere un film western (son
queste le vere e inconciliabili
differenze tra i sessi). C’è chi
non li va a vedere perché è infastidito dalla tecnica che fa muovere i disegni o i pupazzetti. C’è
chi non li va a vedere perché li
considera film per bambini. C’è
chi non li va a vedere perché
non si appassiona alle avventure di un ratto in cucina, anche se
il ratto è adorabile e bravissimo,
molto meglio di un attore in carne e ossa che recita così così.
Con il suo carico di nostalgia
per i mattoncini colorati, “The
Lego Movie” potrebbe convincere qualche irriducibile. Visto
dall’esterno, è il più clamoroso
“product placement”, piazzamento di prodotto nella storia
del cinema. Uno spot che dura
un’ora e mezza, tutto interno all’universo Lego e alla sua evoluzione nello scorso mezzo secolo. Prima erano solo mattoncini,
poi arrivò il trenino, poi altre
parti meccaniche, poi la scatola
dei pirati, poi i pupazzetti ispirati a Guerre Stellari o a Harry
Potter. Gli ultimi in arrivo saranno ispirati alla gialla famiglia Simpson. Per celebrare
l’evento, in un prossimo episodio della serie tv, la casa e il divano e i vicini di Springfield saranno ricostruiti in plastica colorata, e un po’ spigolosi. Diretto dai registi di “Piovono
polpette”, il film è più irriverente
di quel che ci si aspetta. Il patrimonio della ditta viene fatto
saltare in aria, sottoposto a tor-
Mattoncini colorati
carichi di nostalgia
ture, ferocemente preso in giro.
Il cattivo Lord Business ha
un’arma vincente chiamata
Kragl: niente altro che un tubetto di colla a presa rapida. Vuole
un mondo disciplinato ai suoi
ordini, non sopporta i Mastri
Costruttori che fanno di testa
loro, ama i palazzi squadrati e
gli altri edifici saranno rasi al
suolo.
Lo contrasta Emmet, operaio e
uomo medio in una città dove
tutti si alzano alla stessa ora,
sentono la stessa radio, fanno la
stessa ginnastica. Per caso trova
un mattoncino diverso dagli altri, poi incontra una bella ragaz-
THOR
THE DARK WORLD
DVD
12+
13.95
MARCO BAZZI
za con la felpa che si fa chiamare Wildstyle. Da lei ascolta la
profezia di Vitruvius, e con
qualche difficoltà si convince di
essere l’Eletto destinato a salva-
Il “product placement”
più clamoroso
della storia del cinema
RICCARDO III
William
Shakespeare
re il mondo. Trama non proprio
originale, compensata da un ritmo veloce e dalla follia pop che
mette nella stessa scena Lincoln, Shakespeare, Batman, Michelangelo scultore e Michelangelo tartaruga Ninja.
Crudeltà e bugie
armi della politica
È
un Riccardo III innovativo e magistrale quello portato in scena a Lugano nei giorni scorsi
da Alessandro Gassman. Oltre all’ottima
prova della compagnia, bellissime le luci e la scenografia. Memorabile, in particolare, la scena finale dove il Re crudele, poco prima di morire e pagare col sangue la colpa dei suoi delitti, viene tormentato nel sogno dai fantasmi degli amici e dei
famigliari che ha ucciso.
La tragedia fa parte del ciclo “storico” di William
Shakespeare. Mondadori l’ha pubblicata nella traduzione di Salvatore Quasimodo.
“Sogna i tuoi nipoti trucidati nella Torre! Saremo
piombo nel tuo petto, Riccardo, e ti trascineremo
alla rovina, all’infamia, alla morte”, dicono gli spettri dei legittimi eredi al trono che lui ha fatto uccidere per ottenere la corona. “Riccardo, tua moglie,
la tua infelice moglie Anna, che mai ebbe un’ora di
sonno tranquillo, ora riempie il tuo sonno
d’inquietudini. Domani, nella battaglia, ricordati di me, e cada spezzata la tua spada.
Dispera e muori!”.
E lo spettro di Buckingham, che è stato consigliere del re fino alla sua ascesa al trono, anch’egli trucidato da un sicario: “Sono stato il
primo ad aiutarti a conquistare la corona e l’ultimo a cadere vittima della tua tirannia. Oh,
nella battaglia, ricordati di Buckingham, e muori nel terrore della tua infamia”.
Ebbene, dice Riccardo III alla madre dopo aver
commesso le stragi, “non c’è rimedio per i fatti
compiuti. Gli uomini, a volte, commettono, senza
riflettere, azioni delle quali si pentono dopo qualche ora”.
Ma il pentimento del re crudele non è credibile. Lo
scopo di tutta la sua azione, nella tragedia di Shakespeare, è conquistare il potere e per farlo mette
in atto tutta la sua malvagità. Un istrione sublime,
è stato definito questo personaggio ispirato alla
storia della Corona inglese, “che eleva l’impostura
ad arte perversa della politica”. In questo sta l’attualità della tragedia, che richiama alla mente non
solo i regimi moderni ma anche l’agire di certi politici.
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
39
tra
virgolette
La comunicazione
Media e pubblicità
La vecchia radio
sa cavalcare
l’onda della crisi
L’AUDIENCE
Percentuale degli ascolti
nel secondo trimestre del 2013
Rete Uno
L’
sono registrati anche dei risultati record, come quello di Europe 1 che in un solo anno ha guadagnato
156mila ascoltatori in più della media ed è pure la
quarta crescita d’audience consecutiva. Il primato
Corbis
Audience da record, streaming e web
evitano cali pubblicitari alle emittenti
hanno data per spacciata in favore della
tv. Poi agonizzante con l’avvento di internet. Invece si scopre che la radio non
solo è viva e vegeta, ma fra tutti i media è
quella che ha retto meglio all’urto devastante della crisi negli investimenti pubblicitari. Non
solo, proprio il web, che doveva minare alle fondamenta le abitudini all’ascolto radiofonico, ha finito
paradossalmente per rafforzare le emittenti. La radio, infatti, con il boom dello streaming si è dimostrata lo strumento più adatto alla fruizione multipiattaforma. Non a caso Publica Data, nel suo rilevamento dell’audience radiofonica nazionale, da più di
un anno ha inserito tra le 150 emittenti monitorate
anche i network che si ascoltano in rete.
Quello che nessuno s’aspettava, però, è che tra tutti i
media la radio è quella che ha meno sofferto il calo di
inserzioni pubblicitarie. La crisi finanziaria e la flessione dei consumi a livello continentale ha provocato, infatti, un crollo degli investimenti pubblicitari che ha penalizzato soprattutto la carta
stampata, ma che non
ha risparmiato altri mediacome il cinema, la
tivu e la stessa rete. Anche se per il web, che
conquista sempre più
spazio, la crisi ha probabilmente provocato
solo un rallentamento.
Fatto sta che la cara,
vecchia radio in quella che è considerata la più grave
recessione economica dal dopoguerra ad oggi s’è dimostrata il medium più vitale ed affidabile. Anche
per gli inserzionisti pubblicitari, che non hanno certo ignorato quanto - a differenza della televisione l’ascolto radiofonico non lamenti défaillance
d’ascolti. Anzi. Un po’ in tutta Europa la radio vede
confermata una fedeltà d’ascolto che nessun esperto
del settore aveva previsto. In Francia, ad esempio, si
44.7%
4.9%
Rete Tre
18.4%
Altre Ssr
11.6%
Radio 3i
7.1%
Radio Fiume Ticino 4.5%
Radio Estere
7.9%
Rete Due
tra le radio non generaliste, istituzionali, cioè quelle
puramente musicali, spetta invece a Nrj che raccoglie quasi sette milioni di aficionados, ben 590 mila
in più rispetto al 2012. Anche in Italia una recentessi-
INETWORK
Centocinquanta emittenti monitorate minuto per minuto in tutto il Paese
Sintonizzati ogni giorno
nove svizzeri su dieci
C
on la colazione del mattino, in
sottofondo al lavoro o lungo i
tragitti in auto la radio è la miglior compagnia degli svizzeri. Stando
ai rilevamenti statistici quasi nove elvetici su dieci l’ascoltano mediamente
almeno una volta al giorno. Percentuali
bulgare per un mezzo di comunicazione che veleggia verso il secolo di vita e
che in nessun altro Paese al mondo viene monitorato così certosinamente.
Tutti i radioascoltatori che permettono
a Mediapulse di stilare gli indici di
ascolto, infatti, sono dotati di un bracLA DIRETTA
cialetto elettronico che registra minuto
Le emissioni
per minuto i loro ascolti. Senza dimenradiofoniche
ticare che, nella “piccola” Svizzera
hanno saputo
meglio adattarsi sono ben 150 le radio che entrano nel
panel, incluse le emissioni Dab e, dallo
alla tecnologia
multipiattaforma scorso anno, anche le webradio captate grazie ad internet.
sul web
Se la parte del leone spetta alle reti
pubbliche Ssr (dal circa 50% della Romandia al 60% di Svizzera tedesca e Ticino) è abbastanza stupefacente constatare come le emittenti private siano
numerose e diffuse capillarmente sul
territorio. Le star dello “Schweizerdeutsch”, ad esempio, si contendono
percentuali d’ascolto apparentemente
minoritarie, dal 4,5 al 6%, ma tradotto
in ascoltatori - da Radio 24 a Energy
Zürich, da Central a Zürisee fino ad Argovia - gli aficionados sono mediamente tra 200 e 300 mila. E tra private,
via cavo, ed estere gli svizzero-tedeschi
hanno a disposizione almeno una quarantina d’altri network. Come audience
non possono certo lamentarsi le radio
romande, visto che solo le prime tre Bnj Fm, Lfm e Rouge Fm - pur raccogliendo “solo” il 7% degli ascolti possono contare su una media di centomila
ascoltatori fissi ognuna. E sempre in
francese si contano un’altra quindicina
di emittenti.
In comune, inoltre, i radioascolatori elvetici hanno le fasce d’ascolto visto che
il picco si registra in tutto il Paese soprattutto la mattina, alle 7.30 e a mezzogiorno. Non c’è da stupirsi, quindi, se
in un sondaggio nazionale di un paio
d’anni fa uno svizzero su tre dichiarava
di “non poter vivere senza la radio”.
Fonte: il panel radio Mediapulse
ma indagine di mercato Nielsen ha certificato che il
settore radiofonico, tra tutti i media, sarà quello che
meglio beneficerà del “rimbalzo” del mercato anche
nel 2014, con un incremento quantificato nell’1,4%.
Pure in Svizzera la radio, per quanto considerata
“obsoleta”, si è rivelata in realtà viva e vegetissima
come conferma anche Romi Hofer, di Publisuisse a
Berna, l’azienda partner commerciale della Srg Ssr, e
che ne gestisce in esclusiva le offerte editoriali. Il suo
portafoglio include una gamma completa di soluzioni in materia di pubblicità televisiva classica, sponsoring radiotelevisivo e comunicazione crossmediale. “Storicamente la radio ha sempre avuto una dinamica positiva nel mondo dei media - spiega Hofer –.
Del resto basta analizzare gli ultimi dati raccolti e
monitorati da Mediapulse per appurare che più della metà degli svizzeri segue quotidianamente le radio Ssr su tutto il territorio mediamente due ore al
giorno. Ovviamente senza dimenticare tutte le radio private del Paese”. Per quando leader del mercato, Publisuisse - che con la banca
dati elettronica “publispot”, mette
a disposizione del mercato pubblicitario uno strumento di ricerca
con oltre 87mila spot andati in
onda sulle reti televisive Ssr - a differenza degli altri mercati europei
deve fare i conti col “contigentamento” riservato agli spot del servizio pubblico. “Se è per questo, a differenza della televisione, le radio Ssr non prevedono proprio spazi pubblicitari - spiega Hofer -.
Infatti le presenze commerciali nelle trasmissioni radiofoniche sono considerate ‘sponsorizzazione’,
l’unica forma ammessa di contributo. Le radio private, invece, non mi risulta abbiamo alcuna limitazione e seguono le regole commerciali del mercato”.
Difficile, invece, valutare l’impatto commerciale
dato dalla possibilità podcast e dalla diffusione delle
radio web. “Una cosa è però certa - conclude Hofer : hanno aumentato l’appeal della radio”.
e.r.b.
SVILUPPO DELLA PUBBLICITA NEI MEDIA
Radio domestiche e digitali (in milioni di franchi)
6050403020100gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic
Domestiche ‘14 Digitali ‘14
Domestiche ‘13
Digitali ‘13
Stampa e televisione (in milioni di franchi)
250200150100500gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic
Stampa ‘14 Tv ‘14
Stampa ‘13
Tv‘13
Cinema e internet
201612840gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic
Cinema ‘14 Internet ‘14
Cinema ‘13
Internet ‘13
Teletext e marketing digitale (in milioni di franchi)
5.04.03.02.01.00.0gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic
Teletext ‘14 Marketing d. ‘14
Teletext ‘13
Marketing d. ‘13
Fonte: Mediafocus
ILRAPPORTO
I dati mensili di Media Focus sullo sviluppo del mercato nazionale registrano un exploit da record a colpi di inserzioni tivu
I
Il voto popolare e l’influenza
gonfiano gli spot di inizio anno
l voto del 9 febbraio e l’influenza invernale hanno trainato il mercato pubblicitario di gennaio,
ma anche il primo segnale dell’anno in corso,
riportato dal “Rapporto mensile sullo sviluppo del
mercato pubblicitario svizzero” appena pubblicato
da Media Focus, evidenzia una curva positiva nel
diagramma pubblicitario della vecchia radio. La
percentuale di raccolta pubblicitaria radiofonica
registrata in gennaio, infatti, si è attestata al 4,2%
sui 325 milioni di franchi investiti in tutte le forme
possibili di inserzioni. Un risultato che sembra
confermare l’andamento positivo del 2013 che, soprattutto tra settembre e dicembre, ha conosciuto
un’impennata rispetto ai mesi precedenti.
I dati elaborati da Media Focus, società di studi indipendente specializzata nella “misurazione” della
comunicazione, statisticamente evidenziano nel
primo mese dell’anno un exploit da record per le
inserzioni pubblicitarie affidate alle tv. In tutto il
Paese un franco su tre speso in gennaio nel mercato pubblicitario è andato ai network televisivi. Una
percentuale del 36,5% mai registrata negli ultimi
dieci anni, che supera di oltre quattro punti la
media annuale del 2013 (32%).
Gli analisti Maedi Focus, però, rilevano che il
mese di gennaio è stato dominato dalla campagna di votazione. Nel mese precedente il voto del
9 febbraio sull’iniziativa popolare, infatti, l’incremento della pressione pubblicitaria è stato del
16%; come dire che 28,5 milioni di franchi sono
stati bruciati, pro o contro, il voto nazionale sulle
iniziative e campagne in campo. Stando ai primi
rilevamenti, solo gli spot relativi all’iniziativa
“immigrazione di massa” sono costati 5,3 milioni
di franchi. È curioso notare, verificando i dati per
ogni categoria merceologica di inserzionisti, che
solo l’industria farmaceutica ha speso di più (intervenendo però su tutti i media a disposizione)
in pubblicità nel solo mese di gennaio. Insomma,
il primo mese di influenza di questo periodo invernale ha visto una promozione pubblicitaria
pari a 5,4 milioni di franchi.
Se voto popolare e influenza hanno “gonfiato” le
inserzioni pubblicitarie di inizio anno a farne le
spese è stata soprattutto la Rete. La pubblicità online, infatti, in gennaio ha registrato solo il 2,6%
degli investimenti; quasi un quarto in meno rispetto alla media annuale del 2013 e il livello più
basso registrato dal web dal 2011 a oggi.
e.r.b.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
GastroDiritto
Brevetto federale per i sommelier
Ticino, i corsi di preparazione al diploma federale sono organizzati dall’Associazione svizzera dei sommeliers professionisti in collaborazione
con la Scuola superiore alberghiera
e del turismo di Bellinzona. I corsi
inizieranno nell’autunno 2014 con
una prima sessione d’esame nel febbraio 2016. Per i professionisti già
in possesso di un diploma riconosciuto è previsto un esame nel gennaio 2015; le iscrizioni saranno
aperte nel mese di maggio 2014.
Tutti i dettagli e le informazioni nella rubirca a lato GastroNews. a.p.
Può succedere che, grazie alla prescrizione, ognuno rischia di
perdere o guadagnare dei soldi. Ne sa qualcosa quell’esercente luganese che non sapeva se ridere o arrabbiarsi un poco. Un
ex-dipendente aveva avanzato vecchie pretese lavorative per
quasi 30’000 franchi. Ma alla fine gliene vennero riconosciuti
solamente poco meno di 2’000. Perché? Semplice: le pretese
erano prescritte e quindi non erano più esigibili.
Le pretese da contratto di lavoro si prescrivono dopo cinque
anni (art. 128 CO). La prescrizione viene sospesa o interrotta
solo a precise condizioni (art. 134-136 CO). Il Codice delle
obbligazioni prevede prescrizioni diverse a dipendenza della
tipologia di pretesa: esse possono variare da uno a dieci anni
(e in casi eccezionali anche di più). Quindi, quando si tratta di
pretendere o pagare per una vecchia pretesa, vale la pena verificare quanto tempo è trascorso.
m.g.
Con TrenHotel
Progetto moderno
in vista di Expo
2015. Occasione
unica di sviluppo
turistico ed
economico per
Chiasso e il Ticino
Tra poco più di un anno, a meno di
40 chilometri da Chiasso, un grande evento di portata internazionale,
“Expo 2015 Milano”, attirerà milioni di visitatori. Non volendo restare un semplice spettatore, il Comune di Chiasso ha deciso di realizzare un progetto che possa sostenere questo importante evento e
sottolineare il forte legame tra
Chiasso e la sua Stazione ferroviaria internazionale, dando nel contempo lo stimolo necessario per un
sviluppo positivo dell’immagine
della città più a sud della Svizzera e
dell’intero Cantone.
Il tema di Expo 2015 Milano “Feeding the Planet, Energy for life” e
la vicinanza geografica sono le ulteriori premesse che hanno spinto
il comune di Chiasso a sviluppare
il progetto del TrenHotel, in collaborazione con l’Ente Turistico regionale, con l’indispensabile collaborazione di FFS e con il sostegno
di molti partner tra cui il Cantone
Ticino, Hupac, Svizzera e Ticino
Turismo. Non un semplice Temporary Hotel, ma un TrenHotel: un
accogliente albergo all’interno di
carrozze ferroviarie, su binari ferroviari. Un progetto innovativo in
un ambiente particolare, unico nel
suo genere, pensato e strutturato
gione è probabilmente la destinazione meno conosciuta, ma quella
più genuina e con il carattere più
“lombardo” del Cantone e propone
attrazioni turistiche a carattere internazionale, quali il Monte San
Giorgio (Patrimonio Unesco), il
Monte Generoso, il FoxTown e una
presenza enogastronomica di tutto
rispetto, con i suoi caratteristici
“grotti” e le sue pittoresche “cantine”.
Il progetto, il cui preventivo somma ad un costo totale di chf 2,4 milioni, è stato approvato dal consiglio comunale di Chiasso, ciò che
consente lo sviluppo del progetto.
Ciò darà di fatto il via definitivo
alla realizzazione di un progetto
che ha il sostegno di molti partner
pubblici e privati, tra i quali GastroTicino e hotellerie suisse Mendrisiotto, che gli riconoscono
un’importanza strategica che prevarica i confini di Chiasso per l’occasione di Expo 2015 Milano, ma
che ha anche il potenziale per rappresentare un passo avanti nello
sviluppo di una nuova opportunità
per una collaborazione tra Chiasso
e le Ffs. Per ulteriori informazioni
sul progetto e la vendita degli
scompartimenti, si potrà consultare
a breve il sito trenhotel.ch.
a.p.
...sul binario giusto
Alcune carrozze Ffs
saranno regalate a Chiasso
appositamente per l’occasione,
dove sarà possibile vivere l’atmosfera del trasporto svizzero.
La vicinanza geografica con il centro di Milano e i collegamenti rapidi e sostenibili delle Ffs anche da
Chiasso verso la capitale Lombarda, faranno della Regione del Mendrisiotto l’alternativa interessante
per il pubblico internazionale in visita a Expo 2015 Milano. La Re-
DAL 2 APRILE AL 31 OTTOBRE 2015
Nell’area del parcheggio di viale Manzoni grande tendostruttura
lunga 180 m, appositamente ideata per creare l’atmosfera di una
stazione con la posa di due file di binari paralleli sui quali saranno
installate 10 carrozze.
4 carrozze Ffs:
• 1 Ricezione alberghiera & Infopoint turistico
• 1 Esposizione multimediale allestita da Hupac/SBB Cargo
sul tema del trasporto merci e le sfide di Alptransit
• 2 Lounge bar
6 carrozze letto Öbb:
• 9 scompartimenti per carrozza
• 6 posti letto per scompartimento
• 324 posti letto
Vincenzo, Raimondo e Michele accolgono la clientela a Gentilino nel bel locale completamente ristrutturato
Al Grotto Figini cucina tipica e accoglienza solare
una ventina di persone, con oltre 400
etichette ticinesi e internazionali; cantina della quale va giustamente orgoglioso uno dei soci, Raimondo Castiglioni, titolare della Ray Wine.
A tavola si possono gustare il tomino
alla piastra con porcini, il paté della
casa, tartare di manzo e, tra i primi,
gnocchi allo zafferano o burro e salvia, risotto luganighetta e Merlot, tagliolini della casa ai porcini o al ragù,
maltagliati della casa con sughetto di
pesce. Regina è la polenta da accompagnare a baccalà, brasato, spezzatino
Foto Garbani - Caseificio Agroval Airolo
Sulla collina di Sorengo, a pochi chilometri da Lugano, si imbocca la strada che porta a Gentilino e si arriva
proprio davanti a questo simpatico
grotto, completamente ristrutturato e
gestito da Vincenzo De Luca, con ai
fornelli lo chef Michele Coletta. La
simpatia di Vincenzo rende ancora più
accoglienti le sale interne su diversi
piani o la bella terrazza con tavoli in
sasso, dove si può gustare la cucina ticinese con alcune specialità di ispirazione mediterranea. Fornita la cantina,
ideale per cene e pranzi per gruppi di
oreaggio
m
a
Undi form
re
in otlotranti
50 ris
&
GastroNews
Contratto di lavoro, prescrizione
QR-Code
In Ticino i corsi inizieranno nell’autunno di quest’anno
Il brevetto federale di sommelier,
presentato negli scorsi giorni ai media e al quale abbiamo dato ampio
spazio nelle precedenti edizioni,
permetterà ai professionisti del settore di beneficiare in tutta la Svizzera di una formazione di alta qualità e
del riconoscimento federale.
La proposta di brevetto federale di
sommelier è il frutto della volontà
da parte delle principali organizzazioni di settore, di armonizzare i diversi corsi di sommellerie in Svizzera e di ottenere il riconoscimento federale per questa professione. Per il
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
di vitello, ossobuco di vitello, stinco di
maiale, funghi porcini; da non perdere
anche la tagliata di manzo, il filetto di
cavallo, lo spiedo di manzo e in stagione selvaggina e tartufo. Ottimi i
formaggi come il San Gottardo, la formaggella e l’Alpe Fieudo del Caseificio Agroval di Airolo e, nell’ambito
del progetto “Un amore di formaggio”, il piatto di formaggi misti. Per
concludere con un dessert come torta
di pane bianca del Figini, sorbetto
all’uva e grappa e il gelato alle noci
con Nocino. Torneremo!
a.p.
GT07022014
Vendesi Osteria Tipica della Valle Riviera
Ideale per conduzione familiare
60 posti in totale (int. est.)
Affitto Osteria CHF 1500.-- più spese
(compreso un appartamento 4.5)
Prezzo del ritiro inventario non trattabile CHF 38'000.--.
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OFFERTE SCRITTE CON INDICAZIONE DELLA CIFRA. NON SONO DATE INFORMAZIONI TELEFONICHE
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che
possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo
sistema di comunicazione. Scaricando con un
qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei QR-code e facendo la
scansione del QR-code che
vedete in questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del QR-code e potrete
cliccare sulla notizia per leggere questa settimana:
> Il nuovo brevetto federale di sommelier
> Il menu di carnevale del Ristorante Al Giardinetto a Biasca
La “bagna caoda” dalle Langhe
in trasferta a Capo San Martino
Bagna caoda in trasferta dalle Langhe piemontesi
al Ristorante Capo San Martino di Lugano-Paradiso sino all’8 marzo, grazie all’iniziativa del giornalista Attilio Scotti che ha portato in Ticino lo chef
Tonino Verro del ristorante La Contea di Neive
(CN) e i vini della sua azienda. La matrice contadina e secoli di storia hanno forgiato lo spirito della
gente langarola che, nei momenti di festa, propone
manifestazioni ispirate alla tradizione
paesana e al passato. Una di queste è
la “bagna caoda”,
momento conviviale che da secoli accumuna tutti i Langaroli e Monferrini
nella celebrazione
di fine inverno. I
commensali immergono gustosi cardi gobbi di Nizza Monferrato e le
verdure brinate che proprio in Langa hanno trovato
il loro habitat naturale, nel saporito intingolo a
base di aglio, acciughe e olio di oliva extravergine,
servito in recipienti di coccio riscaldati da fiammella di candela. Al Ristorante Capo San Martino,
la bagna caoda si gusta con un menu che prevede
anche la mousse di beccaccia su pan brioches caldo al tartufo nero, il buon brodo da grosso manzo
con gobbi ravioli ripieni di carne, verdure e formaggio di monte e la torta di nocciole delle Langhe con zabaione al Moscato d’Asti Scriccioli.
presenta:
SCEF 045
IGIENE E SICUREZZA ALIMENTARE
Obiettivi
capire e conoscere i requisiti minimi di legge riguardanti la sicurezza alimentare, le buone prassi
procedurali di lavoro e di igiene (BPF e BHI), il sistema HACCP e saper allestire il sistema di Autocontrollo nel proprio esercizio pubblico al fine di
garantire la qualità e la sicurezza degli alimenti
preparati, ridurre il rischio di possibili intossicazioni e rispettare le norme legali vigenti.
Insegnante
Fabio Domeniconi, insegnante Scuola Esercenti
Data e orario
10 marzo 2014, 8.30-16.45
Costo
CHF 120.00 soci / CHF 170.00 non soci (refresh)
LO STRESS: NEMICO O ALLEATO
(NUOVO)
Obiettivi
conoscere il vero significato di stress e i suoi agenti stressanti, riconoscere alcuni metodi che alleggeriscono lo stress e metterli in pratica, prendere
coscienza dei rischi psicofisici dovuti all'incapacità di gestire lo stress, essere consapevoli delle situazioni vissute quotidianamente, essere in grado
di applicare regole che migliorano la qualità di
vita.
Insegnante
Moreno Porfido, formatore per adulti, Professional Coach ICF, trainer in psicologia del benessere
Data e orario
11 marzo 2014, 8.45-16.45
Costo
CHF 180.00 soci / CHF 230.00 non soci
MARCHIO DI QUALITÀ
QUALITY COACH - LIVELLO 1
Obiettivi
conoscere i principi di base del Quality Management, acquisire il metodo di lavoro che serve per
l’ottenimento del Marchio di qualità Livello I, saper mettere in pratica gli strumenti per il miglioramento qualitativo del servizio e dell'accoglienza.
Data e orario
12 marzo 2014 (GastroTicino), 8.30-18.30
Costo
CHF 540.00 membri di una delle organizzazioni
promotrici / CHF 675.00 non membri di una delle
organizzazioni promotrici - la tassa comprende la
documentazione, le pause-caffè e il pranzo
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
41
tra
virgolette
I nuovi media
Messaggi in rete
L’orologio del web
va a tempo di social
Le ore migliori per tweet, post e “mi piace”
P
23
24
1
22
2
21
3
20
4
5
19
L’ORARIO
IDEALE
PER I SOCIAL
18
6
17
reparare la colazione,
aprire la finestra per
vedere che tempo fa,
presidiare il bagno
prima che il resto della famiglia lo occupi come la
Striscia di Gaza... Se credete che
questi siano i piccoli gesti quotidiani del mattino sbagliate di
grosso. Nell’era dei social network il mattino ha l’oro in bocca
per aggiornare il proprio blog,
l’alba è propizia per affacciarsi
su Facebook e aggiornare il profilo e su Twitter ormai la competizione è aperta tra chi cerca di
dare il “buongiorno” all’apparire
dell’aurora.
L’orologio secondo il web ha tuttaltri tempi e ritmi, ma la cosa
curiosa è che il “timing”, in realtà, è scandito diversamente per
le necessità del mondo del business. “Sono le aziende, infatti,
ad avere l’esigenza di sapere a
che ora e in quali giorni della
settimana dovrebbero condividere contenuti sui differenti social media - conferma il ricerca-
LE FASCE ORARIE
7
14/16 Pinnare su Pinterest
16
6/8
Postare su Facebook
14/17 Postare su Facebook
6/12 Inviare e-mail
15/16 Si aprono le e-mail
7/8.30 Aggiornare Linkedin
15/16 Pubblicare foto su Instagram
8/9 Si aprono le e-mail
9
Inviare newsletter
9/11 Condividere su Google+
11
Pubblicare post sui blog
13/15 Twittare
8
15/17 Spedire newsletter
9
15
10
14
13
12
11
17/18 Aggiornare Linkedin
17/19 Spedire newsletter vacanze
20/23 Pinnare su Pinterest
21/8 Video su Instagram
tore Alberto Gandolfi, docente
di Organizzazione e management aziendale alla Supsi di Lugano -.
L’obiettivo, come per tutta la comunicazione aziendale, dalla
pubblicità agli spot, è ottenere il
massimo risultato in termini di
‘engagement’, il coinvolgimento
e per massimizzare il ‘Roi’, il ritorno sugli investimenti”. Strategie di marketing (analizzate an-
nualmente dall’agenzia internazionale Fannit) che, forse involontariamente, sono state adottate da tutti gli appassionati di
comunicazione digitale, soprattutto di social network.
Volenti e nolenti, quindi, rischiamo di assumere le stesse
manie compulsive che manifestano i teenager che, appena si
svegliano, la prima cosa che fanno è controllare i “post” arrivati
Fonte: Fannit.com/Corriere.it
nottetempo. O vedere se ci sono
risposte sulla loro chatting-line
preferita agli ultimi messaggi,
foto o video inviati la sera prima,
visto che è anche l’ultima cosa
che fanno prima di dormire.
Fatto sta che mentre per le mail
sembra ormai assodato che
l’orario di lettura preferito sia tra
le 8 e le 9 del mattino e tra le 15 e
le 16 al pomeriggio, il timing è
diverso, invece, quando si tratta
di inviare la posta elettronica. In
questo caso i più “spediscono”
dalle 6 del mattino fino a mezzogiorno, poi cadono in letargo
fino a dopo le 18. Il momento
perfetto per cinguettare i classici 140 caratteri di Twitter scatta
all’ora di pranzo e del digestivo,
dalle 13 alle 15. Per le aziende,
invece, è più proficuo twittare
nel week end. Il pieno di “mi
piace” lo si fa nelle ore più tran-
quille della giornata, quando
ancorsa non si è impegnati a
scuola, in ufficio, nelle faccende
domestiche: dalle 6 alle 8 del
mattino. È in quella fascia oraria che si concentra il maggior
traffico di post su Facebook,
pronti ad impennarsi di nuovo
dopo le 14, quanto evidentemente gli studenti sono più “liberi”. Tutti i dati concordano,
comunque, che i giorni più fitti
di interscambio nel mondo social sono il giovedì e il venerdì,
quando i nativi digitali aumentano fino al 18%.
In controtendenza, per quanto
riguarda gli orari, Google Plus
dove i peggiori momenti in cui
postare vanno dalle 18 alle 7 del
mattino dopo, mentre per Linkedin meglio evitare di apparire
(soprattutto il lunedì e il venerdì) dalle 9 alle 17. Ma in questo
caso si capisce perché: in un social professionale è meglio non
far capire che si perde tempo
online nei classico orario di lavoro “nine to five”.
e.r.b.
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IL CAFFÈ
2 marzo 2014
42
tra
Vladimir
Luxuria
La transgender della protesta
“Combatterò ancora... senza etichette”
V
RITANNA ARMENI
ladimir Luxuria ha una spalla che ancora
le fa male. È la conseguenza della sua
brutta avventura con la polizia di Putin. È
andata a Sochi con gli inviati delle “Iene”,
la nota trasmissione di Italia 1, si è avvolta
in una bandiera rainbow, ha gridato “Gay è Ok” e ne
ha subìto brutali conseguenze. Ma, a parte quel dolore e il ricordo di una grande paura, è contenta di
quello che ha fatto e lo rifarebbe ancora. L’incontro
con Luxuria è nella sua casa del Pigneto, un quartiere romano popolare, multietnico e alternativo, pieno di locali e di movida che, nelle preferenze giovanili della capitale, ha sostituito da qualche anno gli
storici Trastevere e Testaccio.
Vladimir ama la sua casa colorata e piena di luce, le
mura spesse e il terrazzo che comincia ad essere fiorito. È seduta sul divano, in tenuta da lavoro pantaloni e maglione grigi: è molto cambiata da quando dai
tempi della Muccassassina, la discoteca lesbo, gay,
trans, il locale più trasgressivo d’Italia che rispondeva con le luci, i colori, la musica e la più sfacciata
provocazione, oltre che con una ricca offerta culturale, all’esclusione e alla discriminazione dei “diversi”. Allora era vestita d’oro, di pajettes, dondolava su
tacchi altissimi, esibiva corone d’oro, copricapi, parrucche e nudità. È stato quel locale che ha lanciato
Vladimir Guadagno, allora un ragazzo che veniva da
Foggia e che voleva essere una ragazza. “A Foggia,
ventotto anni fa, quando ho deciso di venire a Roma
l’ambiente era, a dire poco, ostile - ricorda-. Noi
transgender e gay eravamo respinti. Avevamo solo
una nostra panchina dove ci incontravamo e ci chiamavamo solo col soprannome. C’era ‘la Sfossata’
perché era tanto magra che pareva un fosso, c’era l’
‘Ace’ perché aveva tentato il suicidio con la varechina e c’era la ‘Parigina’ che era andata una volta a Parigi e ce ne parlava continuamente”.
Ma Vladimir ora vuole parlare dei giorni di Sochi. È
andata in giro per una città blindata chiedendo alla
gente per strada che cosa pensasse
dell’omosessualità. Certamente
una provocazione nella Russia di
Putin, che ha appena approvato all’unanimità una legge con la quale
proibisce ogni espressione di
orientamenti sessuali “non tradizionali”. In nome dell’interesse del
minore e facendo un’equiparazione orrenda fra omosessualità e pedofilia, la legge vieta qualunque
cosa possa mostrare l’omosessualità: film, concerti, ritrovi, trasmissioni televisive, libri, giornali. Li
proibisce perché da essi il minore
potrebbe apprendere, imparare e
magari seguire il brutto esempio.
“Ma non è solo la legge a rendere
pericolosa la vita dei gay e delle lesbiche. In Russia racconta Luxuria - ci sono gruppi organizzati che attraverso internet contattano i ragazzi gay, danno
loro un appuntamento per poi picchiarli a sangue. E
questi ragazzi non possono fare neppure una denuncia perché lo Stato li punirebbe con una multa o
con la prigione”. Un clima difficile, dunque.
“Certo io e i due inviati delle Iene in giro per Sochi
non passavamo inosservati - ammette - la polizia ci
seguiva e ci controllava, ma tutto sembrava tranquil-
lo. Poi una sera ho lasciato i miei due compagni e ho
deciso di andare in un locale gay…”
Il racconto si interrompe. Un locale gay nella Russia
di Putin, nella città dei giochi olimpici d’inverno?
C’è di che stupirsi. E Vladimir spiega ancora: “Ce n’è
uno solo, senza insegne, con la porta blindata, un
campanello e uno spioncino. C’ero già stata ed ero
stata accolta in modo commovente da tanti ragazzi,
tante atlete e tanti atleti che partecipavano delle
Olimpiadi. Ma quando ho cercato di tornarci avvolta
nella mia sciarpa arcobaleno con la scritta ‘Gai è ok’
un gruppo di uomini in divisa mi ha fermato, ha cercato di prendermi la sciarpa e alla fine mi ha portato
in una caserma”.
Luxuria ha avuto paura, lo ammette, perché non sapeva cosa volevano fare, in quella caserma non c’era
nessuno che parlasse inglese, il telefonino si stava
scaricando, è riuscita solo a mandare un sms. Per
fortuna dopo tre ore, senza alcuna spiegazione, viene rilasciata.
Certo la storia poteva finire lì, un avvertimento, un
po’ di paura e un invito, neppure troppo implicito, a
ripartire. Ma proprio allora scatta qualcosa: l’orgoglio, la voglia di non dargliela vinta, il gusto della
provocazione. Vladimir ha un luccichio negli occhi
mentre racconta il suo stato d’animo. Non si dipinge
I PROGETTI
Sono di sinistra, ma oggi
la sinistra è invisibile.
Ora vorrei però raccontare
i gay e le lesbiche in tutto
il mondo, leggi e vita
quotidiana, dai Paesi più
avanzati a quelli più arretrati
certo come un’eroina, confessa di aver avuto terrore,
ma decide di fare qualcosa. Così lei, che da tempo ha
adottato uno stile sobrio, si veste in modo eccessivo,
provocante, tacchi a spillo, abiti succinti e appariscenti e col suo tesserino di ingresso si reca al parco
olimpico per la partita di okey. E qui succede l’imprevedibile, la folla le si avvicina, i bambini con le
bandiere russe vogliono farsi fotografare con lei,
qualcuno applaude. “Allora - racconta - gli agenti
sono spuntati come funghi, mi hanno sollevata
come un fuscello, mi hanno sbattuta in una macchina. Ho fatto appena in tempo a vedere che avevano
preso su un’altra automobile anche i due inviati delle Iene. Ho pensato al peggio, come minimo, mi
avrebbero picchiata a sangue. Ad un certo punto in
piena campagna sono stata sbattuta sulla strada e
mentre con la testa sull’asfalto mi aspettavo il pestaggio, l’auto si rimessa in moto ed è ripartita”.
Vladimir si aspettava le botte, l’umiliazione. Molte
volte ha corso questo rischio. La sua prima azione
politica è stata proprio a Foggia a 16 anni e si è conclusa con un pugno in faccia. Un gruppo di ragazzi
aveva circondato loro, “i diversi”, con aria minacciosa. Lei aveva visto le sue amiche e i suoi amici fino allora allegri, abbassare lo sguardo, e aveva osato tenerlo alto e gridare al branco: “Che cosa volete? Non
avete nulla da fare?” E si era beccata un bel colpo.
Una brutta avventura. Ascoltando il suo racconto
non si può tuttavia fare a meno di pensare che gli
anni di militanza, la presenza in Parlamento, la sua
attività di scrittrice, la partecipazione attiva a spettacoli, talk show, non hanno intaccato una passione
profonda, quella di testimoniare, di battersi, di rischiare per chi non ha diritto di vivere se stesso e la
propria sessualità. E non solo nella lontana Russia,
ma anche in Italia, in un Paese occidentale che ancora non vuole decidersi ad affrontare davvero il
tema dei diritti e quello del matrimonio gay. Lei si è
battuta in Russia, ma sull’Italia non è ottimista:
“Non credo che il governo Renzi farà qualcosa. Aveva detto che non avrebbe mai governato con Giovanardi e poi si è smentito”. Vladimir
Luxuria, come tanti italiani, crede
poco nella politica: “Voglio continuare le mie battaglie, ma senza
etichette. Sono di sinistra, ma oggi
la sinistra è invisibile”. Eppure è
stata la prima transgender ad entrare nel parlamento di un Paese
europeo. Eletta nel 2006 deputata
di Rifondazione comunista, arrivò
a Montecitorio nel segno della provocazione e, in pochi mesi, con la
sua presenza, il suo lavoro, le sue
iniziative ottenne il rispetto e l’ammirazione anche dei più ottusi.
Certo ci fu uno scontro con Elisabetta Gardini, deputata di Forza
Italia, che non voleva che Vladimir
usasse il bagno delle donne, ma i questori avevano
dato ragione a Luxuria e tutto si era risolto.
Ha molti progetti, Vladimir Luxuria. Sta, intanto,
scrivendo una sceneggiatura ed è appena uscito con
Bompiani il suo libro “L’Italia migliore”. E ne sta progettando un altro. Vorrebbe raccontare i gay e le lesbiche in tutto il mondo, leggi e vita quotidiana, dai
Paesi più avanzati a quelli più arretrati. Tanti progetti eccetto uno, ci tiene a precisare: quello di tornare
in Parlamento.
Keystone
liincontriladomenica
virgolette
L’ARRESTO
A Sochi gli agenti sono
spuntati come funghi,
mi hanno sollevata come
un fuscello, mi hanno
sbattuta in una macchina
IL CAFFÈ
2 marzo 2014
leopinioni
Tra la seconda metà dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento circa 40 mila ticinesi, su una popolazione totale non molto superiore ai 100 mila abitanti, hanno
lasciato la loro terra di origine per cercare fortuna in California e in Australia. Alcuni di loro sono tornati, altri si sono stabiliti definitivamente all’estero; gli storici
ritengono che oggi vivano sparsi nel
mondo oltre 100 mila persone di origini
ticinesi. Ancora ai giorni nostri parecchi
giovani brillanti lasciano il cantone per
vivere esperienze di studio o professionali che il Ticino non può offrire loro.
Dati questi precedenti storici, ci si potrebbe immaginare che il ticinese sia
sensibile ai problemi degli immigrati.
Oggi, infatti, solitamente non siamo più
noi a lasciare il nostro Paese in cerca di
fortuna, ma sono cittadini di altre nazioni che vengono da noi con la speranza di
costruirsi un futuro migliore. Eppure
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
l’esperienza dei nostri antenati non ci
rende più ospitali, anzi suscita in molti
cittadini timori sul futuro. Lo testimonia
l’esito della votazione di inizio febbraio.
Riflettere sul nostro passato di emigra-
zione è molto importante e diversi storici, Giorgio Cheda per primo, hanno dedicato la loro vita a queste ricerche. Oggi
uno spunto di riflessione interessante su
questo argomento giunge anche da internet. Il Servizio informazione e comunicazione del Cantone, infatti, ha aperto
dal primo agosto dell’anno scorso una
piattaforma online dedicata all’emigrazione ticinese (www.ti.ch/oltreconfiniti).
Per gestirla ha assunto a metà tempo un
giovane molto dinamico, Mattia Bertoldi.
“Prima del mio arrivo – spiega – un
virgolette
gruppo di lavoro cantonale, dopo attente
analisi sul materiale esistente, aveva stabilito che il nuovo sito web si sarebbe
concentrato su quattro temi: l’emigrazione storica, i discendenti di coloro che
sono rimasti all’estero, gli emigranti che
sono tornati in Ticino e le recenti ‘emigrazioni’ per ragioni di studio o di lavoro”. Copioso il materiale pubblicato, tra
cui anche una novantina di schede sugli
emigrati più blasonati. In collaborazione
con l’Organizzazione degli svizzeri all’estero e sfruttando i social network si
stanno pure cercando contatti con i discendenti dei ticinesi sparsi nel mondo.
Uno degli obiettivi del nuovo sito OltreconfiniTi è quello di mantenere i contatti con la cosiddetta emigrazione dei cervelli. Numerosi giovani ticinesi hanno
fatto carriera all’estero nei più disparati
campi di attività: artistica, industriale,
accademica. Alcuni di loro sono tornati,
ricchi di preziose esperienze che ora
mettono a disposizione.
Il responsabile del sito, Mattia Bertoldi,
documenta con acume parecchi casi,
proponendo interessanti e non banali
interviste ai protagonisti di queste storie.
Vi consiglio vivamente un’incursione
nel sito, dove troverete materiale molto
stimolante e storie di vita di emigranti
del passato e del presente che fanno riflettere, soprattutto in questi tempi bui
in cui il nostro Paese tende a ripiegarsi
su se stesso.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
LIDO CONTEMORI
Chi è più “sdraiato”
tra genitori e figli
RENATO
MARTINONI
Matteo, il boy scout
tutto pappa e ciccia
Caro Diario,
tra i tuoi fogli, in questi giorni sono finiti alcuni dei coriandoli
che piovono dappertutto, anche in classe. Un po’ di piacevole
vitalità fa anche bene in un mondo dominato dal grigio e da
un cronico pessimismo. Da ieri e per una settimana, ora, aule
chiuse e tutti sudditi di Re Carnevale.
MOLTI STUDENTI dei piani alti nei vari percorsi scolastici si
sono presi qualche anticipo (e qualche licenza) sul calendario, arrivando fra i banchi con evidenti postumi da veglioni.
Carnevale è sempre stato desiderio e voglia di impazzire, di
“uscire da se stessi“. La maschera aiutava e aiuta nelle notti
dell’evasione. Adesso va di moda lo stordirsi, c’è l’imbarazzo
della scelta. Visto lo sbiellamento in atto e considerando come sono arrivate in classe frotte di allievi, all’indomani del
giovedì grasso, v’è da chiedersi se non sia il caso di anticipare
di un giorno le vacanze.
QUANTE FAMIGLIE sanno dove passano queste notti sregolate i loro figli adolescenti? È autoritarismo esigere il rientro a
casa entro una certa ora, evitando sbronze e canne, nei molti
itinerari dello sballo? Vediamo bene tutti che alle buvette i
controlli sulle bevande alcoliche ai minorenni sono allentati,
come tutti i freni. Risultato: ragazze e ragazzi, al mattino, passano direttamente dal carnevale ai banchi. A dormire. Con
quanto rispetto per l’istituzione ciascuno può ben giudicare
(per altro la scuola non dovrebbe tollerare di essere ridotta a
dormitorio o enclave carnevalesca).
SEMEL IN ANNO, dicevano i latini, si può chiudere un occhio: ma qui si va a moscacieca, senza il dovere etico - da non
confondere con etilico - di guardare in faccia soggetti già fatti
e barcollanti. Troppi ragazzi non si decidono a crescere. Curioso che i più distratti e miopi si ostinino ad essere i genitori,
nonostante segnali e svegliarini che suonano e che restano
volutamente inascoltati. Meglio non disturbare i “manovratori“ che, si sa, hanno altro da fare e che preferiscono delegare l’ingrato compito ai docenti, salvo poi prendersela con loro, accusandoli di inadeguatezza di fronte a un brutto voto o
a un giudizio sullo studente che si scosti dalle attese.
ANALIZZANDO con acutezza maglie larghe e strappi nella
rete formativa, Michele Serra parla di figli “sdraiati“; più di
loro, però, spesso si “autoasfaltano“ i genitori. Normale, da
sempre, che i figli cerchino la scorciatoia più facile. Tocca agli
adulti trasmettere criteri guida e valori: è dentro casa che avviene l’imprinting decisivo, dal carattere alla capacità di riflettere e agire. O con gli sdraiati vogliamo fare gli abdicanti?
Una linda casetta che dalla collina guarda verso la pianura. Una
moglie che, come tutte le brave compagne, prende posto accanto
all’autista mentre le campane della Messa suonano in lontananza. Il
crocefisso del rosario che ballonzola a destra e a sinistra, dietro il
parabrezza, mentre lui innesta la retromarcia. Poi, dopo l’“Ite missa
est”, è la volta del treno che da Firenze corre come un razzo verso
Roma. Anzi, alla poltrona di primo ministro. Così dopo avere “rottamato” il povero Letta, Matteo ha aperto una nuova pagina dello
sdrucito copione italiano. È una persona alla mano, l’ex sindaco. Vero è che non sa parlare stando del tutto lontano dai toni populistici
e dalle smargiassate. Ma oramai l’Italia, almeno dall’epoca della “discesa in campo” di Berlusconi, è saldamente abituata a tutto questo.
Il motto che circola è sempre lo stesso: “lavoro, famiglia, imprese”;
vi si aggiungono due nuovi principi: “semplicità” e “coraggio”. E intanto il boy scout ha “derottamato” Berlusconi che, pur essendo stato escluso dal senato per le sue note vicende giudiziarie, continua a
fare politica e a comparire alla televisione parlando di “opposizione
responsabile”.
Certo l’Italia ha bisogno di mettere da parte le antiche rivalità e di
cercare nuovi compromessi. Né può non colpire che anche il premier, quando parla, dice: “Gli italiani”. Come se un politico schierato
possa veramente rappresentare la volontà di tutti. Intanto c’è chi
continua a mugugnare: questo è il terzo governo consecutivo, dopo
quelli di Monti e di Letta, a essere scelto direttamente dal presidente
della Repubblica. Nella confusione generale, enfatizzata da un sistema di informazione, specie televisivo, molto urlato e molto poco sereno, sembrano cadute per sempre le vecchie differenze fra “destra”
e “sinistra”. Del resto se Letta, che appartiene alla sinistra moderata,
si è formato nella Democrazia Cristiana, anche Matteo viene dall’area cattolica: il Comunismo e la Sinistra “storica” sono per entrambi una foto sbiadita. Ma i problemi da risolvere non sono solo
interni. Letta è persona composta, riflessiva e che parla poco, è conosciuto e si è fatto apprezzare fuori dall’Italia. Matteo è sconosciuto o quasi in Europa, non ha esperienza internazionale, chiacchiera
volentieri, a volte anche troppo. Ma è giovane, simpatico, apparentemente spontaneo, dinamico, ecologico, “politically correct” (metà
dei suoi ministri sono donne). Intanto i media continuano a strombazzare con enfasi che il simpaticone è il più giovane primo ministro italiano, dato che ha soltanto trentanove anni. Se si pensa all’Italia repubblicana, questo è vero. Se si pensa invece all’Italia del
Novecento, c’è stato un altro primo ministro, non eletto dal popolo,
arrivato al potere a trentanove anni. Si chiamava Benito. Facciamo
le corna e speriamo soprattutto che la giovane età e la parlantina
siano le sole coincidenze fra quelle possibili.
Ci sono ancora bravi insegnanti
che in aula sanno lasciare il segno
DOMENICA
IN
FAMIGLIA
MONICA
PIFFARETTI
Carofiglio e caro figlio. Sto associando
un passaggio dell’ultimo libro dello
scrittore italiano alla mia riflessione
sui figli e i ragazzi nel loro rapporto
con l’apprendimento. Gianrico Carofiglio, nel romanzo (autobiografico
quanto non si sa)‘Il bordo vertiginoso
delle cose’, racconta anche delle difficoltà di Enrico, il protagonista, che a
scuola inseriva il pilota automatico
per evitare gli ostacoli, rimanendo
con i pensieri da tutta un’altra parte.
Cito: “Studiavo poco, ma questa non
era una novità. Sin da piccolo non ero
mai stato capace di concentrarmi su
un compito che non mi piacesse.
Anni fa lessi su un giornale che il nu-
ilcaffè
tra
Come riflettere sull’emigrazione
di ieri e di oggi attraverso il web
IL
DIARIO
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
43
mero di ragazzi affetti dal disturbo da
deficit di attenzione è in aumento. La
cosa mi incuriosì e diedi un’occhiata
ai sintomi. Più o meno erano questi:
difficoltà a prestare attenzione ai particolari; difficoltà a mantere l’attenzione sugli obiettivi da
raggiungere; difficoltà a seguire le
istruzioni; difficoltà ad organizzarsi
nelle attività; resistenza a impegnarsi
in compiti che richiedono uno sforzo
mentale protratto; facilità a farsi distrarre da stimoli esterni; sbadataggine. Io ce li avevo tutti. Se fossi un
bambino oggi mi prenderebbero
come un caso di scuola per studiare il
disturbo del deficit di attenzione. Ov-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
viamente c’erano attività che invece
mi assorbivano, tagliando fuori il resto del mondo. La lettura, la chitarra e
soprattutto la scrittura. Passavo ore a
battere sui tasti della mia amata Lettera 22, perdendo la nozione del tempo e, in qualche modo, di me stesso.”
E anche, aggiungiamo, a realizzare se
stesso diventando scrittore. Come
dire, o almeno questa la mia lettura,
se non patologica, l’originalità che
non si inscatola in un percorso formativo preconfezionato, può essere ricchezza. Può fiorire in passioni, personalità brillanti, vite che rifuggono i binari tracciati. Vite piene.
A capirlo, o detto altrimenti, a portare
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alla luce tali pepite, a volte, può essere anche un insegnante che sa trasmettere qualcosa di forte, proprio
come nel romanzo di Carofiglio.
“Con l’arrivo di Celeste (l’insegnante
di filosofia) qualcosa però era cambiato nel mio rapporto con lo studio.
Nei giorni in cui avevamo lezione con
lei arrivavo in classe di buonumore e
nelle sue ore non mi perdevo una parola quando spiegava, il che forse significa che non avevo il disturbo del
deficit di attenzione e che forse la
questione era diversa.
Nelle altre lezioni invece tutto progrediva come prima, non ascoltavo quello che dicevano i professori, mi arranRESPONSABILE MARKETING
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giavo nelle interrogazioni e nei compiti in classe, ma oggi non sarei capace di raccontare una sola di quelle interrogazioni, uno solo di quei compiti.”
Precisiamo che l’alter ego dell’autore
si era invaghito della docente, ma, a
prescindere da questo, è chiaro: le
giovani antenne recepiscono meglio
messaggi che vanno oltre la nozione e
la ripetizione di datati rosari. Messaggi che non sono la barbosa sintesi ex
cathedra che annuncia una montagna
di fotocopie che poi gli allievi devono
studiarsi a casa. Un omaggio (senza
pretese) a quegli insegnanti che – ci
sono – lasciano il segno.
STAMPA
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Tiratura (dati Remp ‘12)
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Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
Era un fumetto francese intitolato “Le
transperceneige”, lo inventarono negli
anni ‘80 Jacques Lob e Jean-Marc Rochette (la pubblicazione delle storie
proseguì fino al 2000, in italiano esce
nelle Edizioni Cosmo). Al cinema è
“Snowpiercer”, diretto dal regista coreano Bong Joon-ho con Tilda Swinton
e John Hurt. Una bellissima storia di
fantascienza post-apocalittica. La prima in cui i colpevoli della catastrofe
sono i militanti che vorrebbero un
mondo più verde e che continuamente
lanciano allarmi: la Terra si sta riscaldando, dobbiamo fare qualcosa.
Nel film le nazioni finalmente tutte
d’accordo corrono ai ripari, ma il rimedio è peggiore del male. La sostanza
raffreddante provoca una glaciazione.
Istantanea. Le auto in coda restano
congelate nell’ingorgo, e anche l’Arbre
Forse solo un’arca sferragliante
ci salverà dai militanti ecologisti
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
magique appeso al parabrezza si copre
di brina. Tutti bloccati, a meno venti
gradi almeno. Tutti in cerca di cibo e di
riparo. È chiaro che pochi sopravviveranno, al punto che perfino il desolato
paesaggio dove vagano il padre e il fi-
glio ne “La strada” di Cormac McCarthy sembra preferibile. Di tanto in tanto si trovano scatolette, o una bottiglia
di Coca-Cola ancora bevibile e spumeggiante.
Non pago di aver rovinato la giornata
agli ecologisti, Bong Joon-Ho ha in serbo una sorpresa anche per noi – più
numerosi – che viaggiamo in treno. I
sopravvissuti al grande gelo sono saliti
a bordo dell’Arca Sferragliante, un convoglio lanciato a gran velocità su un binario continuo che gira intorno al pianeta.
Era il sogno di un miliardario con la
passione per la ferrovia, adesso torna
utile come Arca di Noè. Anche qui, però, ci sono gli abusivi: i poveri saliti a
bordo senza biglietto, e per questo
confinati negli ultimi vagoni. Più simili
ad un campo di concentramento che ai
lindi scompartimenti dove una volta si
era preda delle chiacchiere altrui (unica contromossa: nascondersi dietro un
giornale) e ora si è circondati dalle telefonate altrui. Qualcuno prima o poi
dovrà spiegare scientificamente perché
una conversazione al cellulare risulta
più molesta di una conversazione faccia a faccia, per il malcapitato che si
trovi nei paraggi.
Ovvio che i miserabili degli ultimi vagoni decidano di fare la rivoluzione. Significa che si muoveranno - con i loro
stracci, le loro stampelle e- un drogato
come guida - verso la Sacra Locomotiva dove tutto si decide (e dove, sospettano i clandestini, vengono condotti i
bambini sottratti ai genitori). Altro che
prima e seconda classe: mentre i poveri mangiano viscide gelatine colorate, i
ricchi hanno il sushi bar alimentato da
un acquario. Ogni scompartimento ha
un suo segreto, la lotta tra classi procede in orizzontale, il treno torna a essere
quel minaccioso mezzo di trasporto
che, un po’ per il rumore e un po’ per i
fumi, spaventava nell’Ottocento i primi
viaggiatori.
Domenica
2 marzo 2014
[email protected]
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
La finestra sul cortile
25 / Storie di quotidianità familiare
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le
cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui
prendono
le mosse
i racconti.
La settimana non è bianca
P
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
apá, che non ti venga in mente di farlo scendere!».
«Tranquilla Giulia, io e il Nathan ce ne stiamo
tutto il pomeriggio a casa a...».
«E non dargli merendine, per favore eh Nathan!? Niente neve e niente meredine!».
Quel giorno la Giulia sarebbe ritornata a casa
molto tardi. Qualche ora di straordinario, nell’assicurazione dove lavorava, e poi un aperitivo con tutto l’ufficio. Organizzavano più o
meno una volta al mese e il Lüis si prestava volentieri a questa attività di babysitteraggio.
Quel bimbetto, che aveva iniziato da pochi
mesi le elementari, era la sua gioia. La sua “Fragola”, lui lo chiamava. Lo metteva lì e gli spiegava il mondo. «Perché è lì che deve andare Fragola. Per il mondo». E sfogliava le pagine di un
atlante.
Ogni volta assicurava alla Giulia di starsene
tranquillo a casa. E ogni volta se ne stava col
Nathan giù nella corte a giocare e guardare i
suoi atlanti. Ne aveva più d’uno. Amava sognare e far sognare la sua Fragola.
A volte, giù nella corte arrivava anche il Gabriel, il figlio della Sasha, dell’appartamento 1.
Va beh, lui aveva undici anni, ma al Nathan piaceva lo stesso. E certo che se la Rita - la Caverzasio, la moglie del maestro Carlo che stava su al 4
- avesse portato il Nick... Ma lei preferiva restarsene a casa a leggere rotocalchi e ascoltare musica degli anni Ottanta. E poi, figuriamoci se
con la neve che stava scendendo da mezza
giornata...
Alle quattro in punto il Lüis s’alzò dal divano
dove stava sfogliando alcuni libri, quelli raccolti con riviste e quotidiani e di cui andava fiero.
Compresi gli atlanti acquistati con la National
Geographic.
«Dai Fragola, ora basta con ’ste matite colorate.
Una bella merendina e poi andiamo a vedere la
neve. Allora, cosa vuoi: la marmellata sulle fette
biscottate o la merendina al cioccolato?».
«Merendina».
«E alla mamma che le dici?», domandò il Lüis
ridendo perché già conosceva la risposta concordata da sempre.
«Oggi ho mangiato la marmellata. Buonissima!».
Mentre il Nathan stava mangiando di gusto la
merendina e bevendo un tè, suonarono alla
porta. Ma guarda un po’! La Sasha con il Gabriel e la Rita con il Nick.
La Sasha, che lavorava per un’agenzia immobiliare, aveva chiesto alla Rita il piacere di tenerle
per qualche ora il Gabriel. Non era la prima
volta. Temeva di far tardi a causa della neve. E
la Rita, che doveva andare un attimo in edicola
a prendere le sue caspita di riviste di gossip,
aveva pensato di lasciare il suo Nick e il Gabriel
per qualche... “massimo un quarto d’ora” al
Lüis.
«Ma certamente, andate tranquille. Ora ci organizziamo noi quattro».
Li mise tutti e tre attorno al tavolo. Merendina e
tè anche agli altri due e... «Adesso vi leggo qualcosa sulla Svizzera. Sulle sue montagne piene
di neve. E quest’anno n’ è venuta tanta..., vedrete che belle vacanze sulla neve vi faranno
fare». Il Lüis sapeva, glielo aveva detto il Carlo,
che come l’anno prima la scuola media frequentata dal Gabriel, a fine febbraio avrebbe
organizzato la “settimana” a Kriens o a Alpnachstad.
«Evviva!». Il Gabriel, con quella mamma pantofolaia che si ritrovava, era felice all’idea di
partire alla scoperta di qualcosa di nuovo che
non fosse il fiume, il lago, le valli o la Swissminiatur.
“Si è decisa una cosa
assurda, gli scolari potranno
sciare soltanto in Ticino”
«Ecco qua», fece il Lüis aprendo un volume che
aveva preparato sul tavolo. «Nella Svizzera delle tradizioni vette per tutti». Era questo il titolo
del volume che in copertina sembrava avere...,
mah, forse il Cervino innevato.
Iniziò a leggere, mentre i tre finivano la merendina e il Nathan il tè, della sua merendina non
c’era più briciola.
«Un tempo era chiamato Frakmünt, che vuol
dire Gioco di montagna. Poi cambiò nome. Pilatus. Una leggenda. Si racconta che un tale,
Ponzio Pilato, dopo il suicidio sia stato gettato
nel fondo di un laghetto non lontano dalla vetta più alta delle Prealpi svizzere, il Pilatus Kulm,
2.332 metri».
Il Nathan, il Nick e il Gabriel erano affascinati
dal racconto del Lüis. Che continuava a leggere
l’atlante della National Geographic.
«Il Monte Pilatus, che incantò Wagner, è uno dei
simboli di Lucerna e...», smise di leggere e aggiunse con l’entusiasmo che s’attendeva dai tre
bambini: «Ci sono piste da sci per tutti, anche
per i ragazzi, slittini, minibob e poi palestre...».
Fu mentre stava elencando le meraviglie di quei
luoghi che alla porta suonò il Carlo Caverzasio.
Era tornato da scuola e non trovando a casa nessuno...
«Venga Carlo, stavo raccontando ai ragazzi dove
il Gabriel andrà a fare la settimana bianca...».
Il Caverzasio era... visibilmente imbarazzato.
Lanciava delle occhiatacce al Lüis che aveva ricominciato ad elencare le bellezze di quei luoghi. Piste, ghiaccio, sci di fondo...
«Senta signor Luigi..., forse è meglio che non entusiasmi troppo il Gabriel. E..., per il futuro,
quando anche loro andranno alle medie, nemmeno il Nick e il Nathan».
«Ma perché? Cosa vuol dire Carlo?».
Mentre i ragazzi avevano accesso la televisione,
il maestro spiegò al Lüis quel che stava accadendo con la politica, col parlamento... In Gran
Consiglio si è decisa una cosa assurda. E cioè:
obbligare tutte le scuole ad organizzare settimane bianche solo e soltanto in Ticino. Bisognava
aiutare l’economia locale, era questa la parola
d’ordine ormai da qualche mese.
Il Lüis, con la sua National Geographic in mano,
era allibito: «Ma come!? Ma come si fa a vietare
ai ragazzi di scoprire le bellezze del loro Paese!?
A costringerli...».
«Guardi Lüis, con tutto il rispetto per sua figlia
che..., insomma è un po’ antistranieri...».
«Non lo dica a me Carlo, non me ne parli per carità», rispose imbarazzato il Lüis sfogliando senza guardare la National.
«Beh Lüis, io credo che continuando di questo
passo, e muri alle frontiere e battaglie contro i
frontalieri e insulti a Berna e all’Italia...». Il Carlo,
mentre i tre ragazzi se ne stavano fissi davanti
alla televisione, sembrava non fermarsi più.
«...caro signor Luigi, questo nostro sventurato
cantone rischia..., ma sì, rischia il cretinismo
economico e culturale. Un cretinismo per incesto».
Il Lüis che, non sarà stato un professore, ma proprio uno sciocco non era, fosse solo per quella
libreria fatta di enciclopedie, restò a bocca aperta. Caspita che lingua il maestro Carlo, pensò.
Ma gli disse: «Signor Carlo, queste cose gliele
deve cantare forti e chiare a quelli lì del parlamento. Gli scriva. Anzi, sa cosa le dico... inizio io
con quel ministro che è su..., su Feisbuk, mi pare
si dica così, con la k. Quando gli scrivo mi firmo
sempre Luissemprepiuarrabbiato».
Qualche settimana dopo, un venerdì pomeriggio, il Carlo sulla sua Opel Vectra 1600 amaranto e il Lüis sulla sua Ford Fiesta 1400 carta da
zucchero partirono per Alpnachstad. Con il
Carlo c’erano la Rita, il Nick e il Gabriel. Con il
Lüis,il Nathan e... la Giulia. Va bene la difesa
della nostra regione, s’era detta, ma rischiare il
cretinismo... Questo proprio no!