La Repubblica 27_09_2014

Firenze dedica una retrospettiva al genio
del Novecento. A Palazzo Strozzi novanta opere
del maestro a confronto anche con Miró e Dalí
Nel mondo dell'artista
che diventò il Minotauro
A pittura del Novecento fu fatta in Francia, ma dagli spagnoli»: è questo l'incipit del piccolo
e perfetto testo dedicato da
Gertrude Stein a Picasso nel
1938. Così pare anche visitando la mostra Picasso e la modernità spagnola, curata da Eugenio Carmona, aperta a Palazzo Strozzi fino al 25 gennaio,
che raccoglie una novantina di opere (tutte provenienti dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid) non solo di questo mito del Novecento, ma anche di artisti spagnoli più o meno noti per stabilire suggestivi incontri e dissonanze. Basta dare un'occhiata alle biografie di tutti i
protagonisti di questo affascinante itinerario. Picasso arriva a Parigi per la
primavolta nel 1901, avent' anni, visi trasferisce definitivamente nel 1904
ed è a Mougins che muore nel 1973. Juan Gris, un altro pilastro del Cubismo, vive gran parte della vita nella Ville Lumière. Ma anche José Guerrero, Maruja Mallo, Julio González, Pablo Gargallo, Rafael Barradas, Maria
Blanchard, Eduardo Chillida, Juaquim Sunyer (e l'elenco potrebbe continuare) passano del tempo in Francia.
Per non parlare degli altri due
mostri sacri della pittura del XX
secolo in cui ci imbattiamo in
queste sale, Joan Miró e Salvador Dalí: due geni e un incontro
fatale, quello con André Breton.
Insomma, tutti i protagonisti
della pittura spagnola del Novecento, prima o poi arrivano in
Francia. E visitando la mostra,
allestita in maniera impeccabile, è chiaro che sia il Cubismo che
il Surrealismo parlano spagnolo.
Pablo Picasso ha dichiarato di
dipingere «esattamente come
altri scriverebbero la loro autobiografia. Le tele, finite o non finite, sono come le pagine delmio
diario». Così è efficace, per sottolineare questo indissolubile legame tra la propria arte e la propria vita, che il calcio d'inizio e la
parola fine di tutta l'esposizione
lo dia un tema come quello de Il
pittore elamodellain due quadri
realizzati dal pittore nel 1963.
Tutta l'opera di Picasso si regge
infatti su un rapporto fisico, totalizzante, costruito su una vitalità quasi eccessiva, con la pittura che è soprattutto di corpi, di
volti. Pochi, pochissimi, paesaggi, qualche natura morta e un
succedersi di immagini femminili, di figure del mito, dell'incubo, ma anche di quel teatro di
strada, di saltimbanchi e giocolieri, che lo affascinava all'inizio
del Novecento. Ha detto più volte di avere due alter ego chiamati a calcare le scene delle sue tele:
uno è Arlecchino, l'altro il Minotauro, entrambe figure del doppio, dall'identità multipla che
nel primo è contenuta già nell'abito, nell'altro nell'esistenza
ibrida, metà uomo e metà bestia, unione di istinto e ragione.
E Picasso la doppia vita ce l'ha
nel sangue. Nella seconda sezione di questa mostra intitolata
Variazioni si sottolinea il suo felice vagare tra stili diversi. Tutto
gli appartiene, non c'è nulla che
resti fuori dal suo raggio visivo.
Può, nello stesso tempo, realizzare opere cubiste, sfaccettando
e scomponendo, e costruire perfettamente figure con una linea
Un passaporto
per l' ingresso
gratuito
IL PASSAPORTO per "Picasso e
la modernità spagnola" in
Toscana è uno degli
PARLO PICASSO
Testa di toro con studio
di occhi e, a destra,
Studio per cavallo, schizzo
per Guernica, (1937)
strumenti che la
Fondazione Palazzo Strozzi
realizza per collegare le
mostre alla città.
Se il visitatore si reca in
almeno cinque dei luoghi
indicati sul Passaporto e se lo
fa timbrare ha diritto
all'ingresso gratuito alla
mostra di Palazzo Strozzi.
La pubblicazione è
disponibile gratuitamente
sul sito internet di Palazzo
Strozzi
www.palazzostrozzi.org/fare
nzeintasca.
che trova inIngres lasuafonte di
ispirazione. La cosa straordinaria è che tutto diventa immediatamente Picasso. È sempre diverso, eppure tutte le volte lo riconosci. Ma le variazioni per lui
sono anchesentimentali. Cisono
due cose che hanno condizionato l'arte di Picasso, divenendone
elementi fondanti: il rapporto
con i poeti e i letterati (Apollinaire, Max Jacob, Jean Cocteau,
André Breton, Rafael Alberti... )
e quello con le donne. Eccone tre
schierate a raccontare una vita
nel segno dell'eros e della passione da cui l'artista è letteralmenteposseduto. C'è Fernande,
il primo amore parigino. La ritrae con ossessione e pare che la
tenesse chiusa in casa perché
era divorato dalla gelosia, ma
quando lei lo lascia scrive: «Fernande se n'è andata, come farò
con il cane?». Il suo ritratto qui
esposto è un capolavoro di quello stile che conosciamo come cubismo analitico: l'oggetto inquadrato da diversi punti di vista rivela una nuova realtà, una diversa forma di conoscenza. Picasso, insieme a Braque, in questa fase predilige il monocromo
perché ciò che lo interessa è la
forma che viene scomposta e
riassemblata, scompaginata e
rimessa insieme secondo un
nuovo ordine. Fernande è figlia
delle Demoiselles d'Avignon, la
sua opera del 1907 che ha modificato il concetto di bellezza nel
Thérèse e D ora Maar. La prima la
incontra quando è già sposato
con Olga, la ballerina russa che
aveva conosciuto a Roma nel
1917 mentre collaborava con
Diaghilev. L'altra arriva dopo un
pó e, com'è ovvio, le due si accavallano, convivono, si dividono
quel poco di Picasso che non è
consacrato dalla pittura. Dora è
una fotografa, bravissima. Sono
suoi gli scatti leggendari che ritraggono la nascita di Guernica
nel 1937. Lui la trasforma nella
"donna che piange", una mascheratragica come le figure che
in quel periodo si affacciano sul
palcoscenico della storia di Guernica, di cui qui sono esposti una
gran quantità di bozzetti e disegni di grande intensità e bellez-
za. «Per anni l'ho ritratta in forme torturate - ha detto - non per
sadismo o piacere ma perché
quella è la realtà profonda di Dora». E lei per contro: «Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo
il suo abbandono. Anche Picasso. Il motivo principale per non
farlo fu privarlo della soddisfazione». Ma non sfuggì a un destino di cure psichiatriche, elettroshock, crisi mistiche e travagli. Il
suo superbo ritratto, mai visto in
Italia, è coevo a quello di Marie
Thérèse. Dipinte nello stesso stile che afferra deformando, mostrano la vera essenza delle due
donne: la fragilità di Marie
Thérèse che Picasso conosce
quando ha 17 anni (perla cronaca, è lei a suicidarsi nel 1977), il
carattere volitivo di Dora.
Intorno almitoPicasso c'èuna
Spagna che sintetizza e scompone (González, Ortiz, Oteiza, Gargallo) e un'altra fedele alla
realtà che si rivela però sempre
inquietante e misteriosa (Solana, Diaz, ungrande pittore come
Lopez García). E poi Miró con il
suo immaginario sognante e
Dalí con le suevisioni. Un mondo
rigoroso, dai timbri abbassati. «I
colori della Spagna sono bianco,
nero, argento o oro; non ci sono
rosso e verde, non esistono» e
per gli spagnoli «la realtà non è
reale»: è ancora la Stein a fornirci la chiave per attraversare questo mondo meraviglioso e sfaccettato.
PABLO PICASSO
Al centro: Ritratto di Dora
Maar, 27 marzo 1939
, -
NF RISERVATA
PAI1L11 PU ASSO
Tc ta , Ii r» ill , srhizzn)rz r Guernica (1937)
PABI.O PICASSO
Il pittore, la modella, 3-8 aprile 1963
PABLO PICASSO
Cavallo e madre con il figlio morto, per G i r mica
Ricasso e la modernità spagnola (Firenze, Palazzo Strozzi, fino al 25
gennaio 2015). Catalogo: Mandragora, italiano e inglese. Prezzo in
mostra35 euro.Orari:tutti i giorni inclusi i festivi 10 -20; giovedì:10-23
Possibilità di ingresso alle ore 9 solo su prenotazione. Ingressi: intero 10
euro; ridotto 8,50; scuole 4. Info: 055 26451 5 5 Prenotazioni: Sigma CSC
055 2469600, [email protected] www.palazzostrozzi.org
JOANMIRÓ
Siurana, il sentiero (1917)
JUAN GRIS
Arlecchino con violino (1919)
MARIA BLANCU ARI)
Donna con chitarra (1917)
Dalla "Suite Vollard" ai primi schizzi:
così nacque il capolavoro contro la guerra
dopo il bombardamento della città basca
ULLE pareti scure della grande sala finestre di luce dorata accendono la penombra. Dalle incisioni, gli oli e i disegni in bianco e nero, i fantasmi picassiani dell'orrore della guerra ci guardano estenuati e senza tempo. Sono alcuni dei frammenti con i quali Picasso avrebbe tracciato l'allora, anche per lui, misterico percorso fino al titanico esito del
suo inatteso impegno politico: Guernica. La massima
opera d'arte contro la guerra di ogni epoca. Di cui la mostra di Palazzo Strozzi narra la gestazione in una trentina fra fogli della Suite Vollard (realizzata fra 1930 e
1937 per il celebre mercante Ambrose Vollard, il patron degli impressionisti) e schizzi preparatori dell'opera. In cui magicamente fa affiorare lavori (Minotauromachia, Donna torero e la citata suite), figure e temi
già apparsi nel suo gran teatro: le colombe dipinte dal
padre; il cubismo; la bambina, salvifica figura di innocenza; il Minotauro, tragica creatura condannata alla
perdizione in cui il maestro si identificava, fino a Dora
Maar. Ultimo, all'epoca, dei suoi infiniti, devastanti
(per le donne) grandi amori, chePicasso trasfiguranella Testa piangente, moderno archetipo di addolorata.
È già il più grande. Da Parigi domina il mondo dell'arte. Sisentespagnolo, ma soprattutto sisentePicasso. Col
paese ha un rapporto ormai blando: il suo furore creativo ed emotivo ne monopolizza la febbricitante, onnivoraricerca, della quale lemuse-amantisono cruciale combustibile. Nazismo e fascismo sono giàsaldiinsella. Però
i Fronti Popolari in Francia e Spagna, dove i repubblicani hanno vinto le elezioni del 16 febbraio 1936, illudono
l'Europa. E in luglio, infatti, arriva il golpe: è Guerra Civile, unbagno disanguefino allavittoria,nel' 39, diFranco, che soffocherà il paese con 36 anni di dittatura torpida, ottusa, crudele. Unmostro grigio, provinciale,vecchio fin dalla nascita. Picasso si butta fra le braccia della
Repubblica: nel settembre'36 accetta di dirigere il Prado e poi di fare il murale che, chiestogli nel gennaio'37
per l'Expo di Parigi, diverrà Guernica. Nuovo borgesiano contatto col suo passato, lo realizzerà nell'atelier al 7
di Rue des Grands Augustines. Dove Balzac aveva domiciliato il pittore Frenhofer, protagonista del suo Il capolavoro sconosciuto, che nel ' 31 Picasso aveva illustrato per Vollard e ora apre la mostra. Per il murale pensa
svogliatamente ad un atelier d'artista, nuova variazione della sua ossessione metalinguistica. Ma accade
Guernica. I126 aprile'37, la ferocia del bombardamento aereo nazifascista disintegra la città-simbolo del Paese Basco. Una terrificante prova di forza: d'ora in poi la
guerra totale non distinguerà mai più fra civili e militari. Il mondo è sconvolto. Dal1 ° maggio Picasso - che nel
'37 licenzia pure un quasi fumetto, Sogno e menzogna
di Franco -sprofonda nel lavoro, la Testa di Cavallo a
Strozzi è del 2. In due mesi Guernica è finito e, dopo l'Expo, va in tour per finanziare i repubblicani. I1' 39lo trova
al MoMa, dove resta fino al ' 53, quando passa dalla Sala
delle Cariatidi aMilano, debutto italiano diPicasso. Quel
capolavoro, che riesce persino a condannare la guerra
senza mostrarla, tornerà a casa, aveva detto Picasso, solo se libera. Il genio muore nel 1973, il dittatore nel'75.
Nell'81 Guernica rientra a Madrid. Per sempre.
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PARIA PICASSO
Studio per la composizione di Guernica (1937)