Firenze dedica una retrospettiva al genio del Novecento. A Palazzo Strozzi novanta opere del maestro a confronto anche con Miró e Dalí Nel mondo dell'artista che diventò il Minotauro A pittura del Novecento fu fatta in Francia, ma dagli spagnoli»: è questo l'incipit del piccolo e perfetto testo dedicato da Gertrude Stein a Picasso nel 1938. Così pare anche visitando la mostra Picasso e la modernità spagnola, curata da Eugenio Carmona, aperta a Palazzo Strozzi fino al 25 gennaio, che raccoglie una novantina di opere (tutte provenienti dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid) non solo di questo mito del Novecento, ma anche di artisti spagnoli più o meno noti per stabilire suggestivi incontri e dissonanze. Basta dare un'occhiata alle biografie di tutti i protagonisti di questo affascinante itinerario. Picasso arriva a Parigi per la primavolta nel 1901, avent' anni, visi trasferisce definitivamente nel 1904 ed è a Mougins che muore nel 1973. Juan Gris, un altro pilastro del Cubismo, vive gran parte della vita nella Ville Lumière. Ma anche José Guerrero, Maruja Mallo, Julio González, Pablo Gargallo, Rafael Barradas, Maria Blanchard, Eduardo Chillida, Juaquim Sunyer (e l'elenco potrebbe continuare) passano del tempo in Francia. Per non parlare degli altri due mostri sacri della pittura del XX secolo in cui ci imbattiamo in queste sale, Joan Miró e Salvador Dalí: due geni e un incontro fatale, quello con André Breton. Insomma, tutti i protagonisti della pittura spagnola del Novecento, prima o poi arrivano in Francia. E visitando la mostra, allestita in maniera impeccabile, è chiaro che sia il Cubismo che il Surrealismo parlano spagnolo. Pablo Picasso ha dichiarato di dipingere «esattamente come altri scriverebbero la loro autobiografia. Le tele, finite o non finite, sono come le pagine delmio diario». Così è efficace, per sottolineare questo indissolubile legame tra la propria arte e la propria vita, che il calcio d'inizio e la parola fine di tutta l'esposizione lo dia un tema come quello de Il pittore elamodellain due quadri realizzati dal pittore nel 1963. Tutta l'opera di Picasso si regge infatti su un rapporto fisico, totalizzante, costruito su una vitalità quasi eccessiva, con la pittura che è soprattutto di corpi, di volti. Pochi, pochissimi, paesaggi, qualche natura morta e un succedersi di immagini femminili, di figure del mito, dell'incubo, ma anche di quel teatro di strada, di saltimbanchi e giocolieri, che lo affascinava all'inizio del Novecento. Ha detto più volte di avere due alter ego chiamati a calcare le scene delle sue tele: uno è Arlecchino, l'altro il Minotauro, entrambe figure del doppio, dall'identità multipla che nel primo è contenuta già nell'abito, nell'altro nell'esistenza ibrida, metà uomo e metà bestia, unione di istinto e ragione. E Picasso la doppia vita ce l'ha nel sangue. Nella seconda sezione di questa mostra intitolata Variazioni si sottolinea il suo felice vagare tra stili diversi. Tutto gli appartiene, non c'è nulla che resti fuori dal suo raggio visivo. Può, nello stesso tempo, realizzare opere cubiste, sfaccettando e scomponendo, e costruire perfettamente figure con una linea Un passaporto per l' ingresso gratuito IL PASSAPORTO per "Picasso e la modernità spagnola" in Toscana è uno degli PARLO PICASSO Testa di toro con studio di occhi e, a destra, Studio per cavallo, schizzo per Guernica, (1937) strumenti che la Fondazione Palazzo Strozzi realizza per collegare le mostre alla città. Se il visitatore si reca in almeno cinque dei luoghi indicati sul Passaporto e se lo fa timbrare ha diritto all'ingresso gratuito alla mostra di Palazzo Strozzi. La pubblicazione è disponibile gratuitamente sul sito internet di Palazzo Strozzi www.palazzostrozzi.org/fare nzeintasca. che trova inIngres lasuafonte di ispirazione. La cosa straordinaria è che tutto diventa immediatamente Picasso. È sempre diverso, eppure tutte le volte lo riconosci. Ma le variazioni per lui sono anchesentimentali. Cisono due cose che hanno condizionato l'arte di Picasso, divenendone elementi fondanti: il rapporto con i poeti e i letterati (Apollinaire, Max Jacob, Jean Cocteau, André Breton, Rafael Alberti... ) e quello con le donne. Eccone tre schierate a raccontare una vita nel segno dell'eros e della passione da cui l'artista è letteralmenteposseduto. C'è Fernande, il primo amore parigino. La ritrae con ossessione e pare che la tenesse chiusa in casa perché era divorato dalla gelosia, ma quando lei lo lascia scrive: «Fernande se n'è andata, come farò con il cane?». Il suo ritratto qui esposto è un capolavoro di quello stile che conosciamo come cubismo analitico: l'oggetto inquadrato da diversi punti di vista rivela una nuova realtà, una diversa forma di conoscenza. Picasso, insieme a Braque, in questa fase predilige il monocromo perché ciò che lo interessa è la forma che viene scomposta e riassemblata, scompaginata e rimessa insieme secondo un nuovo ordine. Fernande è figlia delle Demoiselles d'Avignon, la sua opera del 1907 che ha modificato il concetto di bellezza nel Thérèse e D ora Maar. La prima la incontra quando è già sposato con Olga, la ballerina russa che aveva conosciuto a Roma nel 1917 mentre collaborava con Diaghilev. L'altra arriva dopo un pó e, com'è ovvio, le due si accavallano, convivono, si dividono quel poco di Picasso che non è consacrato dalla pittura. Dora è una fotografa, bravissima. Sono suoi gli scatti leggendari che ritraggono la nascita di Guernica nel 1937. Lui la trasforma nella "donna che piange", una mascheratragica come le figure che in quel periodo si affacciano sul palcoscenico della storia di Guernica, di cui qui sono esposti una gran quantità di bozzetti e disegni di grande intensità e bellez- za. «Per anni l'ho ritratta in forme torturate - ha detto - non per sadismo o piacere ma perché quella è la realtà profonda di Dora». E lei per contro: «Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso. Il motivo principale per non farlo fu privarlo della soddisfazione». Ma non sfuggì a un destino di cure psichiatriche, elettroshock, crisi mistiche e travagli. Il suo superbo ritratto, mai visto in Italia, è coevo a quello di Marie Thérèse. Dipinte nello stesso stile che afferra deformando, mostrano la vera essenza delle due donne: la fragilità di Marie Thérèse che Picasso conosce quando ha 17 anni (perla cronaca, è lei a suicidarsi nel 1977), il carattere volitivo di Dora. Intorno almitoPicasso c'èuna Spagna che sintetizza e scompone (González, Ortiz, Oteiza, Gargallo) e un'altra fedele alla realtà che si rivela però sempre inquietante e misteriosa (Solana, Diaz, ungrande pittore come Lopez García). E poi Miró con il suo immaginario sognante e Dalí con le suevisioni. Un mondo rigoroso, dai timbri abbassati. «I colori della Spagna sono bianco, nero, argento o oro; non ci sono rosso e verde, non esistono» e per gli spagnoli «la realtà non è reale»: è ancora la Stein a fornirci la chiave per attraversare questo mondo meraviglioso e sfaccettato. PABLO PICASSO Al centro: Ritratto di Dora Maar, 27 marzo 1939 , - NF RISERVATA PAI1L11 PU ASSO Tc ta , Ii r» ill , srhizzn)rz r Guernica (1937) PABI.O PICASSO Il pittore, la modella, 3-8 aprile 1963 PABLO PICASSO Cavallo e madre con il figlio morto, per G i r mica Ricasso e la modernità spagnola (Firenze, Palazzo Strozzi, fino al 25 gennaio 2015). Catalogo: Mandragora, italiano e inglese. Prezzo in mostra35 euro.Orari:tutti i giorni inclusi i festivi 10 -20; giovedì:10-23 Possibilità di ingresso alle ore 9 solo su prenotazione. Ingressi: intero 10 euro; ridotto 8,50; scuole 4. Info: 055 26451 5 5 Prenotazioni: Sigma CSC 055 2469600, [email protected] www.palazzostrozzi.org JOANMIRÓ Siurana, il sentiero (1917) JUAN GRIS Arlecchino con violino (1919) MARIA BLANCU ARI) Donna con chitarra (1917) Dalla "Suite Vollard" ai primi schizzi: così nacque il capolavoro contro la guerra dopo il bombardamento della città basca ULLE pareti scure della grande sala finestre di luce dorata accendono la penombra. Dalle incisioni, gli oli e i disegni in bianco e nero, i fantasmi picassiani dell'orrore della guerra ci guardano estenuati e senza tempo. Sono alcuni dei frammenti con i quali Picasso avrebbe tracciato l'allora, anche per lui, misterico percorso fino al titanico esito del suo inatteso impegno politico: Guernica. La massima opera d'arte contro la guerra di ogni epoca. Di cui la mostra di Palazzo Strozzi narra la gestazione in una trentina fra fogli della Suite Vollard (realizzata fra 1930 e 1937 per il celebre mercante Ambrose Vollard, il patron degli impressionisti) e schizzi preparatori dell'opera. In cui magicamente fa affiorare lavori (Minotauromachia, Donna torero e la citata suite), figure e temi già apparsi nel suo gran teatro: le colombe dipinte dal padre; il cubismo; la bambina, salvifica figura di innocenza; il Minotauro, tragica creatura condannata alla perdizione in cui il maestro si identificava, fino a Dora Maar. Ultimo, all'epoca, dei suoi infiniti, devastanti (per le donne) grandi amori, chePicasso trasfiguranella Testa piangente, moderno archetipo di addolorata. È già il più grande. Da Parigi domina il mondo dell'arte. Sisentespagnolo, ma soprattutto sisentePicasso. Col paese ha un rapporto ormai blando: il suo furore creativo ed emotivo ne monopolizza la febbricitante, onnivoraricerca, della quale lemuse-amantisono cruciale combustibile. Nazismo e fascismo sono giàsaldiinsella. Però i Fronti Popolari in Francia e Spagna, dove i repubblicani hanno vinto le elezioni del 16 febbraio 1936, illudono l'Europa. E in luglio, infatti, arriva il golpe: è Guerra Civile, unbagno disanguefino allavittoria,nel' 39, diFranco, che soffocherà il paese con 36 anni di dittatura torpida, ottusa, crudele. Unmostro grigio, provinciale,vecchio fin dalla nascita. Picasso si butta fra le braccia della Repubblica: nel settembre'36 accetta di dirigere il Prado e poi di fare il murale che, chiestogli nel gennaio'37 per l'Expo di Parigi, diverrà Guernica. Nuovo borgesiano contatto col suo passato, lo realizzerà nell'atelier al 7 di Rue des Grands Augustines. Dove Balzac aveva domiciliato il pittore Frenhofer, protagonista del suo Il capolavoro sconosciuto, che nel ' 31 Picasso aveva illustrato per Vollard e ora apre la mostra. Per il murale pensa svogliatamente ad un atelier d'artista, nuova variazione della sua ossessione metalinguistica. Ma accade Guernica. I126 aprile'37, la ferocia del bombardamento aereo nazifascista disintegra la città-simbolo del Paese Basco. Una terrificante prova di forza: d'ora in poi la guerra totale non distinguerà mai più fra civili e militari. Il mondo è sconvolto. Dal1 ° maggio Picasso - che nel '37 licenzia pure un quasi fumetto, Sogno e menzogna di Franco -sprofonda nel lavoro, la Testa di Cavallo a Strozzi è del 2. In due mesi Guernica è finito e, dopo l'Expo, va in tour per finanziare i repubblicani. I1' 39lo trova al MoMa, dove resta fino al ' 53, quando passa dalla Sala delle Cariatidi aMilano, debutto italiano diPicasso. Quel capolavoro, che riesce persino a condannare la guerra senza mostrarla, tornerà a casa, aveva detto Picasso, solo se libera. Il genio muore nel 1973, il dittatore nel'75. Nell'81 Guernica rientra a Madrid. Per sempre. 0 RIPRODUZIONE RISERVATA PARIA PICASSO Studio per la composizione di Guernica (1937)
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