Il documento programmatico di CATERINA BONETTI

Documento di presentazione. Segretario comunale.
È difficile definirsi in poche parole, ma occorre sintesi e soprattutto bisogna conoscersi.
Quindi mi presento. Mi chiamo Caterina, sono nata a Parma nel 1984. Sono laureata in Lettere e
Filosofia e nell’aprile di quest’anno ho conseguito un dottorato in Italianistica e filologia romanza
presso l’ateneo cittadino. Faccio politica dai tempi del liceo, sono segretaria del circolo Pablo-San
Pancrazio, consigliere provinciale dal 2009 e sono stata consigliere del quartiere Pablo. Ho
coordinato, nei mesi passati, l’iniziativa di OccupyPd Parma. Attualmente svolgo l’attività di
bibliotecaria presso la biblioteca d’Italianistica dell’Università e porto avanti, a titolo gratuito, una
mia attività di ricerca.
Ho deciso di candidarmi come segretaria cittadina per diverse ragioni. Per prima cosa perché mi
piacerebbe portare avanti alcuni progetti intrapresi nel corso dell’ultimo anno di segreteria cittadina
(progetti che, per questioni di tempo, hanno potuto vedere solo un avvio, ma che meritano una
giusta evoluzione), poi perché credo di aver raccolto, nel corso di questi anni di attività di “base”,
idee, esperienze, progetti provenienti da chi mi hai aiutata a crescere politicamente e che vorrei
provare a proporre al PD di Parma. Infine perché mi piacerebbe poter mettere a servizio del partito
in città alcune delle mie (poche forse) capacità: spirito di squadra, capacità di sintesi e di
mediazione. Il percorso è tutto da scrivere assieme. Anche questo documento programmatico vuole
unicamente tracciare alcune linee guida, i fili di un percorso che dovrà essere articolato assieme a
persone competenti nei diversi ambiti e, proprio per questo, non ha l’ambizione di essere in alcun
modo esasustivo. Partecipazione significa impegno. Io ho deciso di provare a fare la mia parte e
queste sono alcune idee.
Fra “soli e mal accompagnati” la terza via: ben accompagnati.
Per troppo tempo si è chiesto alla politica di rispondere alla crisi attraverso una figura risolutiva,
una persona competente, creativa, carismatica, che affrontasse da leader la sfida del cambiamento.
Questa persona non esiste. Non esiste una figura in grado di approfondire adeguatamente tutti i temi
necessari per la città, di saperli comunicare bene e di tenere le fila dei rapporti con enti, istituzioni e
cittadini. Credo invece possa esistere una persona in grado di costruire uno spazio condiviso basato
sulla fiducia e sulla collaborazione, uno spazio all'interno del quale mettere in condivisione i
“saperi” ed elaborare soluzioni condivise ai problemi comuni.
Il PD a Parma deve tornare ad essere una casa, un aggregatore di persone, non di
“rappresentanze” o di interessi. Portatore d'interesse significa poco e spesso anche i
“rappresentanti di...” rappresentano poco. Il partito deve invertire la tendenza operativa: meno
interno e più esterno. Meno attenzione ai singoli personaggi, più partecipazione alle proposte di chi
vive davvero la città. Non dobbiamo avere remore nel partecipare, anche a titolo personale, a
manifestazioni, eventi, mobilitazioni in linea con la nostra visione politica. Non dobbiamo aver
paura di prendere parte a qualcosa per non scontentare qualcuno. Imparare a ragionare in termini
di contenuti e proposte e non di appartenenze a priori.
Non si nasce “imparati”.
Studiare, conoscere, approfondire. Ecco le tre regole fondamentali per parlare con autorevolezza e
con cognizione di causa, per riportare il dibattito politico ad un livello adeguato, per uscire da
luoghi comuni ed elaborate superficialità. Ognuno di noi è competente per una piccola porzione dei
saperi necessari per comprendere davvero le dinamiche del mondo contemporaneo: condividere
questi saperi e cercare di allargare il proprio orizzonte prima di elaborare un'analisi o esprimere
un'opinione è fondamentale per ridare credibilità alla politica.
-Il PD a Parma ha già realizzato in passato importanti esperienze di formazione. Credo sia
necessario proseguire su questa strada integrando gli spazi dedicati all'acquisizione di competenze
“tecniche” con quelli volti all'approfondimento delle tematiche di attualità.
-Bisognerebbe trovare il modo di motivare, soprattutto i giovani, alla frequentazione dei corsi di
formazione. Si potrebbe pensare alla realizzazione di seminari, in collaborazione con enti come
l'università, che possano portare all'acquisizione di crediti formativi o sostitutivi di parte del
percorso di tirocinio.
-I saperi vanno condivisi. Non è sempre necessario cercare ospiti “titolati” per seminari e corsi di
formazione. Esistono conoscenze acquisite attraverso il lavoro e l'esperienza che possono essere
ben veicolate dalla diretta testimonianza di chi le ha apprese vivendole. Nel partito abbiamo figure
che, grazie all’esperienza pluriennale, sarebbero in grado di trasmettere il loro “sapere politico”
alle nuove generazioni. Il vero ricambio generazionale si ha con l’integrazione di esperienze e la
collaborazione, non con il giovanilismo privo di basi.
Esser(ci) e poi apparire.
Nella società dell'immagine è di primaria importanza curare la comunicazione e i rapporti con i
media, ma per prima cosa è importante esserci. Una volta individuati i temi rispetto ai quali
intervenire (ed elaborate proposte serie e strutturate) l'obiettivo dev'essere quello di portarle
all'interno degli spazi che “vivono” il problema. Dobbiamo tornare a mobilitarci e imparare a farlo
in modo da risultare “appetibili” per i mass media. I contenuti devono essere ricchi e strutturati, ma
il messaggio va veicolato in modo semplice.
L'epilogo di un elaborato percorso di lavoro può essere ben rappresentato da un documento scritto,
ma anche da un filmato, da un poster, così come può essere veicolato tramite la conferenza stampa
tradizionale o il comunicato. Scendere in “strada” però è talvolta più utile. La notizia c'è se
“accade” qualcosa. Pensare ad esempio di collegare una presa di posizione su una questione come
quella degli spazi per i bambini organizzando un colorato momento di gioco in una piazza cittadina
(e lì distribuire i materiali elaborati dal partito) può essere più utile (mediaticamente e per il
rapporto con la cittadinanza) di un incontro tradizionale.
È il percorso che determina la meta.
Fare le cose seriamente, in politica come in molti altri contesti, significa analizzare la realtà,
sviluppare un'idea critica (cosa ben diversa dalle “critiche”), elaborare un'opinione, cercare di
trovare i mezzi con cui metterla in pratica. Saltare un passaggio o accentuarne eccessivamente uno a
discapito dell'altro significa minare il risultato. Un'eccessiva analisi rallenta i processi decisionali,
una critica estrema porta a peccare di disfattismo, la mobilitazione fine a se stessa tende a far
confondere il fine coi mezzi.
Credo che per la politica cittadina sia necessario un percorso a doppio binario: uno a brevissimo
termine e uno a medio-lungo termine. A brevissimo termine è necessario intervenire ed essere
presenti sulle problematiche poste dai cittadini: una richiesta di aiuto da parte di un quartiere deve
essere “ascoltata” nel giro di ore, non di giorni. La risposta può poi richiedere mesi di
elaborazione. È dunque importante prendere quanto prima posizione rispetto alle questioni e
successivamente sviluppare un percorso articolato che porti ad un progetto complessivo sulla città.
Il progetto complessivo dev'essere Parma fra 10 anni. La risposta immediata dev'essere quello che
pensa il PD oggi.
Il tempo fugge.
La risorsa più preziosa oggi è il tempo. Le persone impegnate in molte attività sono spesso quelle
meno attive sul piano del volontariato politico proprio a causa dei tempi che la politica impone, ma
sono quelle stesse persone che, vivendo in molteplici contesti e sperimentando esperienze diverse,
potrebbero arricchire di contenuti la vita di partito. La politica non deve avere l'arroganza di
pretendere il primato nella vita delle persone, altrimenti è facile scivolare nell'idea della politica di
professione. La domanda fondamentale è: la politica deve essere una professione? E il politico di
professione non rischia di perdere il contatto con il mondo reale confrontandosi sempre e solo con
suoi “pari”, confermando così l'idea comune di un distacco netto fra la base e i “politici”? La
politica deve rivedere i suoi tempi e le sue modalità operative.
-Riduzione all'essenziale delle riunioni “organizzative” attraverso un più diffuso utilizzo del web
(mail, gruppi di lavoro, social network).
-Possibilità di fornire contributi a distanza durante le riunioni.
-Riunioni organizzate secondo un preciso ordine del giorno e una scansione dei tempi precisa e da
rispettare. Devono essere stabiliti orario di inizio e di fine (in particolare orario di votazione, in
caso sia prevista) e durata degli interventi.
-Orari d'incontro pensati per venire incontro alle esigenze lavorative ed esistenziali dei partecipanti
(e dunque variabili a seconda di chi realmente ha intenzione di prendere parte all'incontro).
Quote rosa-giovani-integrazione.
Come partito di sinistra è nostro dovere operare per l'uguaglianza delle possibilità. Per questo da
anni è vivo al nostro interno il dibattito sulla partecipazione di donne e giovani ai momenti
decisionali e alla vita degli organismi dirigenti del partito. Io andrei oltre. Il dibattito non dev'essere
sulla tutela di categorie, ma sulla tutela del diritto al fare politica e non solo come “manovalanza”.
Apertura significa “andare incontro” alle esigenze di coloro che vogliamo coinvolgere, non
pretendere che siano loro ad adeguarsi sempre alle esigenze dell'organismo partito.
-Dobbiamo pensare di scegliere tempi e modalità degli incontri “tarandoli” sulle persone che
presumibilmente dovranno partecipare. Non possiamo- ad esempio- pensare a riunioni dedicate ai
lavoratori alle cinque e mezza di una giornata infrasettimanale e nemmeno iniziative rivolte ai
ragazzi delle scuole che terminino a tarda notte durante la settimana.
-Durante le assemblee più ampie dev'essere data la possibilità alle mamme di portare i bambini e
dev'essere previsto un piccolo spazio a loro dedicato e gestito da un volontario di partito.
-Per le persone momentaneamente impossibilitate a frequentare le riunioni (malattia, assistenza,
contingenze lavorative) devono essere pensati strumenti di condivisione in grado di mantenere viva
la partecipazione e offrire comunque la possibilità di contributo.
-Dobbiamo imparare a parlare linguaggi nuovi. La politica da un po’ di tempo ha perso il contatto
con le “parole” delle nuove generazioni e i loro mezzi di comunicazione. Un aggiornamento delle
modalità comunicative è necessario, senza tuttavia scadere nel semplicismo.
Di meno a volte è meglio.
Gli organi pletorici costituiti per il “posizionamento” di schieramenti e la suddivisione di cariche
non sono funzionali. Nemmeno gli organismi costruiti in modo spontaneo lo sono. Bisogna pensare
all'effettivo significato della partecipazione ad un'assemblea-gruppo di lavoro-segreteria...
Partecipazione significa impegno e competenza. Credo nei gruppi fondati sul rispetto del tempo
altrui e degli impegni assunti, sulla suddivisione dei compiti e la non sovrapposizione dei ruoli.
Ruoli ed organismi “doppi”, attività ripetitive, non solo generano un'inutile dispersione di energia,
ma sono fortemente demotivanti per coloro che ne fanno parte. Per la formazione di una segreteria
ritengo siano imprescindibili 3 criteri: disponibilità personale, competenza specifica, capacità di
fare squadra. In politica abbiamo già troppi personalismi, troppe diffidenze, troppe persone incapaci
di delegare perché spaventate dalla “perdita di controllo” che la delega rappresenta. Serve una
doppia assunzione di responsabilità: da parte del delegato a svolgere con cura il proprio lavoro, da
parte del delegante a saper valorizzare e dar merito a quest'ultimo. Non tutti possono fare tutto e
nessuno può occuparsi di ogni cosa.
La mia visione di segreteria è basata sulla suddivisione delle competenze. Vorrei poter trovare un
responsabile per ogni settore d'interesse cittadino e parallelamente creare un luogo di confronto
(fisico e virtuale) fra i circoli e i consiglieri comunali. Per quanto riguarda quest'ultimo punto la
mia idea sarebbe quella di creare una piattaforma web accessibile solo tramite password e dedicata
ai segretari di circolo, ai membri della segreteria e ai consiglieri comunali. La piattaforma
dovrebbe servire come luogo di interazione fra i singoli territori e i delegati che li rappresentano
in comune, offrendo la possibilità di condividere documenti, fotografie, proposte, ordini del giorno.
A differenza della e-mail tradizionale la piattaforma permetterebbe una diminuzione della
ripetitività del messaggio. Ad esempio se nel quartiere Golese ci fosse un problema di viabilità
simile a quello del quartiere Vigatto i due segretari, caricando il materiale e discutendone con i
consiglieri comunali, potrebbero elaborare un'istanza comune da sottoporre al consiglio. Questo
senza continue telefonate, comunicazioni ridondanti e ordini del giorno ripetitivi.
Siamo tutti d'accordo che non si può essere sempre tutti d'accordo.
Pensare di poter mettere tutti d'accordo all'interno di un partito è davvero qualcosa di utopico. Non
ci si accorda nelle assemblee di condominio, figuriamoci in un contesto tanto più ampio e
complesso. Questo non deve sminuire l'importanza del dibattito e della discussione costruttiva, ma
senza pensare che l'impossibilità di una decisione unanime debba significare l'impossibilità di una
presa di posizione. E troppe volte abbiamo “mancato” un appuntamento importante o siamo arrivati
tardi per colpa di un processo di accomodamento estenuante. È quindi urgente discutere di alcuni
punti identitari del PD cittadino senza false cortesie e tatticismi per poter trovare una base comune
dalla quale partire per affrontare le singole questioni che, quotidianamente, sorgono in città.
Una delle priorità del partito cittadino dev'essere quella di discutere con urgenza assieme ai
consiglieri comunali di “visione”. Il PD a Parma non può limitarsi a fare critica (per quanto
costruttiva) ai singoli interventi dell'amministrazione o avanzare proposte singole su singoli temi. Il
partito deve avere un progetto di città basato su valori e priorità autonomi e questi si possono
determinare solo attraverso una costruzione di identità condivisa cittadina.
Trasparenza. Parola d’ordine.
In un’epoca di crisi di fiducia nella politica l’unico modo per cercare di riacquistarla è la
trasparenza. Trasparenza decisionale (in tutti i livelli del partito), trasparenza nelle modalità di
selezione delle cariche interne e dei rappresentanti nelle istituzioni, trasparenza di bilancio. Molti
passi sono già stati fatti, ma occorre migliorare.
Si dovranno divulgare agli iscritti e rendere fruibili i verbali delle assemblee e degli incontri.
Sarebbe auspicabile che la segreteria cittadina e provinciale dessero testimonianza (tramite mail ad
esempio, come già sperimentato dalla scorsa segreteria di Parma) del loro operato e delle loro
decisioni. La pubblicazione dei bilanci è una questione delicata, che spesso richiede tempistiche
lunghe: è necessario però dare conto nell’immediato, ad iscritti ed elettori, delle voci di spesa delle
iniziative sostenute e delle modalità di finanziamento del partito. In un contesto di riduzione del
finanziamento pubblico occorrerà anche sperimentare nuove forme di sovvenzione (es.
sottoscrizioni on line o dedicate a particolari iniziative).
Alcuni spunti per una visione sui circoli e sulla città
I Circoli: una risorsa in via di evoluzione
Da tempo si parla di crisi del radicamento territoriale e della necessità di ampliare la partecipazione
attiva alla vita di partito, anche per acquisire nuove competenze e nuovi stimoli. La crisi del
tesseramento è solo il sintomo di un più ampio distacco dei cittadini dal volontariato politico e su
questo, in parte, è necessario fare autocritica. I circoli spesso si sono ridotti a “basi operative” per le
campagne elettorali e, spinti dalle continue emergenze operative, hanno perso il loro ruolo di
collettori dei problemi e delle esigenze delle zone in cui sono situati.
La città inoltre è molto cambiata negli ultimi anni: espansione urbanistica, modifiche del tessuto
sociale, crisi economica hanno ridefinito l’assetto dei nostri quartieri. È quindi necessario pensare a
nuove modalità di aggregazione dei circoli ragionando in termini di problematiche di area
geografica e parallelamente tematiche. Il circolo territoriale dovrà affrontare la sfida del
decentramento che, venuto meno a Parma, non può essere sostituito da operazioni demagogiche e
poco strutturate come quelle di cui abbiamo fino ad oggi avuto esempio. Dovrà essere riferimento
per i cittadini per le segnalazioni, i problemi, ma anche le proposte e le idee innovative che possono
scaturire dall’ascolto e dal confronto con la popolazione. Un luogo aperto e partecipato, capace di
offrire – fra le altre cose - servizi a chi lo frequenta. Parallelamente sarà però necessario ragionare
su nuove forme di aggregazione per interesse: molte persone non frequentano il circolo, ma
sarebbero interessate a discutere di problemi di settore come l’ambiente, la riqualificazione, la
cultura, il sociale… Troveremo in itinere una definizione, per ora mi limito a citare i circoli tematici
che si sono sviluppati in diverse realtà italiane e che sembrano riuscire nell’intento di attrarre nuove
energie per il partito.
Parma: bella senz’anima?
La città è molto cambiata in questi anni e un partito che abbia l’ambizione di guidarla deve tenerne
conto. Non è solo cambiata urbanisticamente (con tutte le problematiche derivanti da una
speculazione edilizia troppo “spinta” negli anni), ma anche socialmente, culturalmente,
economicamente. La crisi ha portato alla chiusura di molte ditte e di esercizi del commercio al
dettaglio, le associazioni culturali e di volontariato spesso si trovano in un’analoga situazione di
difficoltà, le persone si sentono più insicure, sole, prive di punti di riferimento. Il partito cittadino
non può certamente trovare una soluzione alla crisi nazionale, ma può stare a fianco della città in
questo passaggio. In quest’ottica è di fondamentale importanza la relazione fra PD cittadino,
segreteria provinciale e consiglieri comunali: solo da una stretta collaborazione basata sulla fiducia
può scaturire un’azione unitaria ed efficace.
Spesso la città ha sofferto di una carenza di progettualità di ampio respiro. Sul tema ambiente, ad
esempio, sono state stabilite norme sulle restrizioni della circolazione, pedonalizzate alcune aree,
istituiti varchi e ztl senza che a questo si affiancasse un miglioramento nel trasporto pubblico, nelle
condizioni delle piste ciclabili, nella gestione dei parcheggi pubblici a pagamento. I cittadini si sono
trovati di fronte ad una politica di sanzione e non di educazione ed incentivo e questa tendenza
dev’essere invertita.
Allo stesso modo la gestione delle attività commerciali e la loro pianificazione è stata molto
carente e ha portato a situazioni di forte tensione (si pensi alla Movida di via D’Azeglio) e di crisi
(come nel caso della Ghiaia o di via Bixio). Alla sensazione d’insicurezza dei cittadini non è stata
data adeguata risposta: provvedimenti di facciata come l’istituzione dei “chioschi” della municipale
(puntualmente falliti) e l’installazione di telecamere (spesso non funzionanti), non hanno dato
nessun risultato. Come partito il PD a Parma deve lavorare su due fronti: quello del dialogo con chi
vive e lavora nel mondo della “sicurezza” (si deve assolutamente istituire un momento di confronto
con la polizia municipale, vincendo uno dei tanti tabù da sempre propri della sinistra) e quello
dell’informazione/conoscenza/educazione. Il PD in città deve farsi promotore di un percorso a
lungo termine che porti i cittadini a comprendere le potenzialità positive dell’integrazione (facendo
superare diffidenze e pregiudizi con appositi momenti di confronto e progetti multiculturali) e al
contempo i loro necessari doveri civici (il degrado non è frutto solo della speculazione edilizia e del
disagio sociale: nasce anche dai cattivi comportamenti quotidiani). La posizione del PD dovrebbe
essere quella di una cittadinanza consapevole, sia per i parmigiani “del sasso” che per quelli
“acquisiti”.
Un altro fattore d’insicurezza sociale è rappresentato dalla crisi. Come già detto il PD non può
pensare di trovare a Parma la soluzione a un problema di portata mondiale, ma può agire
affiancandosi e dando il proprio appoggio ai lavoratori in crisi e a quei piccoli imprenditori che da
tempo lottano per la sopravvivenza della loro azienda. Non lasciare da sole le persone, cercare di
ragionare assieme per trovare spiragli possibili (magari mettendo a servizio di queste persone le
competenze presenti nel partito) sarebbe già un passo importante. Analogamente è fondamentale
che il partito riallacci saldamente i legami con l’associazionismo, il volontariato, la cooperazione,
con quella realtà – insomma – che quotidianamente cercano di “attutire” i colpi della crisi.
In città esistono poi realtà di capitale importanza rispetto alle quali il partito deve porsi come
interlocutore autorevole e aperto: pensiamo ad esempio all’università o all’azienda ospedaliera,
entità complesse e articolate la cui vita si intreccia strettamente con le dinamiche cittadine (basti
ragionare sul numero di studenti, lavoratori, utenti dei servizi che gravitano attorno a questi
“spazi”). Il PD deve guardare all’esterno, a persone che vivono e operano nei settori d’interesse e
che, indipendentemente dalla tessera, possono dare un contributo in termini di competenze.
Non voglio spingermi oltre nell’approfondimento di temi che, come ho detto in premessa, dovranno
essere affrontati con tempi, modalità e competenze specifiche.
Vorrei chiudere però con una riflessione sul patrimonio urbanistico e culturale della città che, credo,
possa fungere da punto di partenza per la futura elaborazione del partito a Parma: non deve esistere
una cultura di serie A e una di serie B, non deve esistere una città di serie A e una di serie B. Per
tanto tempo le passate amministrazioni si sono concentrate sui problemi degli elementi “più
visibili” del patrimonio locale; questi sono stati e sono tuttora importantissimi per Parma, ma non
sono gli unici elementi da considerare. A Parma esistono molte piccole entità culturali, veri e propri
presidi anche sul piano sociale, esistono realtà di quartiere (spesso insediate nelle periferie) da
valorizzare, esistono esperienze “minori” che devono avere il sostegno necessario per crescere e
svilupparsi assieme a chi le fa vivere. Parma, come ogni realtà urbana, è un organismo complesso
che può reggersi esclusivamente attraverso una progettazione e una visione complessiva.
Il PD dev’essere quindi un punto d’incontro, lo snodo in cui le competenze settoriali possano
trovare una loro sintesi e uno sbocco in quello che dovrà essere il piano per la città del prossimi
anni.