II Domenica diopo Pentecoste 22 Giugno 2014

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II Domenica diopo Pentecoste
22 Giugno 2014
Lettura del Libro del Siracide 17,1-4. 6-11b. 12-14
1
Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. 2Egli assegnò loro giorni contati e
un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. 3Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua
immagine li formò. 4In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli
uccelli. 6Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. 7Li riempì di scienza e
d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. 8Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la
grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. 10Loderanno il suo
santo nome 9per narrare la grandezza delle sue opere. 11Pose davanti a loro la scienza e diede loro in
eredità la legge della vita, 12Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti.13I loro
occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. 14Disse loro:
«Guardatevi da ogni ingiustizia!» e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo.
Riflessione
Il mondo si presenta nella sua bellezza, capolavoro del Dio creatore. Attrezzato perché potesse diventare la casa
dell’uomo, si presenta come dono, complesso e articolato, per rendere possibile la vita di ciascuno. L’autore biblico
si rende conto di un suo compito fondamentale: deve comunicare la conoscenza di questo universo all’umanità e
perciò ricorda “Ascoltami, figlio, e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie parole”( v 6,24). I due
piani tradizionali del cielo e della terra si riflettono in due gruppi di creature: quelle celesti e quella terrestri.
L’uomo, al centro, partecipa delle une con il suo dominio e partecipa alle altre con la sua natura mortale. Poiché è
fatto di terra, ritorna alla terra nella sua mortalità. Ha il tempo contato, eppure è fatto a immagine di Dio e partecipa
allo stesso dominio del Signore sul mondo. E, dotato di sensi e di ragione che lo rendono superiore agli animali, nel
suo cuore ha ricevuto doni dsl Signore che permettono di sviluppare il suo proprio rapporto religioso con il mondo
e il suo creatore. Mentre riconosce le opere di Dio, apprezza i comandamenti della legge che il Signore ha posto nel
mondo. In questo testo si fa riferimento al timore tanto nel rapporto degli animali con l’umanità: “In ogni vivente
infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli” (17,4) quanto nel rapporto dell’umanità
con Dio: “Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di
gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. Se il timore dell’uomo negli animali permette rispetto del valore
dell’uomo, immagine di Dio, coordinatore e signore del mondo, il timore nell’uomo verso Dio riporta
collaborazione nella realtà e il rispetto di gerarchie e di valori. Il timore, in questo caso, non è paura né angoscia,
ma consapevolezza di dover mantenere rispetto a realtà più grandi. Nell’umanità il timore acquista un significato
particolarmente interiore: non è tanto un sentimento emotivo che allontana, ma la capacità di sapersi fermare ad
analizzare, a riflettere, ad aprire la propria intelligenza sulle grandezze delle opere di Dio e sulle sue meraviglie.
Questo timore arricchisce di consapevolezza e di dignità perché ci si può gloriare nei secoli delle meraviglie” di
Dio che abbiamo saputo conoscere e rispettare. Per Israele c’è una particolare attenzione poiché, nella sua storia, il
popolo che ha fatto un’Alleanza con Dio può riconoscere un rapporto eterno attraverso cui Dio offre la sua legge e
fa conoscere i suoi decreti (17,12). Ci si ritrova qui, ovviamente, con la manifestazione di Dio sul Sinai e sono
coinvolti l’intelligenza, gli occhi e le orecchie: con la conoscenza si sia appropria della grandezza della legge,
mentre gli occhi vedono la sua gloria e gli orecchi sentono la sua voce maestosa (17,13). A questo punto viene fatta
una sintesi preziosa della legge di Mosé: il rispetto della giustizia e la cura del prossimo” (17,14). Viene in tal
modo sfrondata la legge dai suoi cataloghi (365 leggi negative e 248 positive) per arrivare a sintetizzarne due.
Anche Gesù ripropone scelte simili: “Ama Dio e ama il prossimo”(Mt22,34-40), riprendendo i testi di Deut 6,5 e
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Lv 19,18.
SALMO 103 (104) Benedici il Signore, anima mia!
1
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
2
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda,
3
costruisci sulle acque le tue alte dimore. R.
5Egli fondò la terra sulle sue basi:
non potrà mai vacillare.
6
Tu l’hai coperta con l’oceano come una veste;
al di sopra dei monti stavano le acque.
9
Hai fissato loro un confine da non oltrepassare,
perché non tornino a coprire la terra. R.
10Tu mani nelle valli acque sorgive
perché scorrano tra i monti.
14
Tu fai crescere l’erba per il bestiame
e le piante che l’uomo coltiva
per trarre cibo dalla terra. R.
Riflessione
Il salmo è un inno agli splendori della creazione, meglio: un inno a Dio che ha creato tutte le cose e continua a
prendersene cura. Osservando le creature, il salmista, contempla Dio, il suo sguardo è fisso su Dio. La reazione del
salmista è anzitutto di ammirazione che è già esplicita nel versetto introduttivo: “Signore, mio Dio, quanto sei
grande” (v.1). In questa esclamazione si può leggere la doppia meraviglia del salmista: che Dio sia così grande e
che un Dio così grande sia il suo Dio. La grandezza del Dio creatore non schiaccia l’uomo, non incute paura ma
gioia. E’ una grandezza che appartiene a un Dio che è nostro. Ma la grandezza del Signore si confonde con la bontà
e la tenerezza. Secondo la Bibbia e per il salmo, Dio non ha creato il mondo ma le creature una ad una, dalle più
grandi alle più piccole. L’Antico Testamento non conosce un vocabolo specifico equivalente ai nostri termini
mondo, cosmo, creazione, universo. Non ne ha bisogno, gli basta dire semplicemente “tutte le cose”. E il salmo
non guarda il mondo come un tutto, globalmente ma si sofferma sulla varietà delle creature e delle relazioni che fra
loro il Signore ha stabilito. Il salmo vede nella creazione una fittissima rete di relazioni, di servizi reciproci, di doni,
e si incanta di fronte alla varietà dei doni di Dio. La sua iniziale ammirazione per la grandezza divina diventa
gratitudine per la prodigalità dei suoi doni.
Riflessione a cura di Mons. Bruno Maggioni
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 1,22-25, 28-32
Fratelli,
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mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio
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incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di. Perciò
Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri
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corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature
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anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio
adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni
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indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di
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omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi,
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presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia.
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E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le
commettono, ma anche approvano chi le fa.
Riflessione
Paolo vuole mostrare che solo la giustizia di Dio giustifica i credenti e la giustizia di Dio si ritrova mediante la fede
in Gesù. Fuori del Vangelo non c’è salvezza; e di questa salvezza ne hanno bisogno sia i pagani che gli ebrei (1,183,20); e a quel punto Paolo, nella sua lettera, presenterà la rivelazione della giustizia di Dio (3, 21-31). Paolo è
sicuro che i pagani stessi possono avere un riferimento per la conoscenza di Dio, solo che avessero contemplato
con intelligenza le opere da lui compiute: “come la sua eterna potenza e divinità”. Ma, pur potendo conoscere Dio,
“non gli hanno dato gloria né hanno reso grazie come a DIO, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti” (1, 2122). Coloro che si ritenevano sapienti hanno deformato il volto di Dio, vanificandolo in una maschera di idolatria.
Così Dio li ha abbandonati. In tal modo hanno stravolto ogni linea morale, cominciando a deturpare i loro corpi
nella impurità e disonorandoli; ed hanno screditato anche le loro menti, scambiando la verità con la menzogna,
capovolgendo ogni gerarchia di valori. Mentre Paolo continua la lettura critica della moralità del suo tempo, sente
in sottofondo, come per un ritornello: “Dio li ha abbandonati”. Dio non castiga, ma il castigo si risolve nell’essere
abbandonati. Viene qui riportato uno dei tanti cataloghi di vizi presenti nelle lettere di Paolo poiché l’apostolo
desidera proporre davanti agli occhi le deformazioni che spesso vengono accettate per assuefazione, tanto che si
perde la sensibilità e non ci si rende più conto del male. Tali deformazioni modificano il volto della fede e della
coerenza. E’ un campanello d’allarme di una mentalità che può serpeggiare anche tra noi, nei comportamenti dei
credenti
Lettura del Vangelo secondo Matteo. 5, 43-48
In quel tempo.
Il Signore Gesù si mise a parlare e insegnava alle folle dicendo:
43
”Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i
vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei
cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se
amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il
saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi,
dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Riflessione
Gesù ha un grande rispetto della Legge (Torah): egli dice che non può essere né smentita né contraddetta, perché è
Parola di Dio (Mt 5,17 ss). E tuttavia Gesù la interpreta in modo particolarmente originale. Stiamo leggendo un
testo del Vangelo di Matteo e Gesù viene presentato come Messia grande in Parole e in opere. Perciò questa prima
parte del Vangelo di Matteo è una lettura morale, la Parola sulla vita quotidiana e il primo discorso sui cinque,
riportati in tutto il Vangelo. Viene detto“il discorso della montagna” e occupa tre capitoli. Segue il racconto di
nove miracoli (tre gruppi di tre, per indicare perfezione e completezza) e riporterà i fatti di liberazione per una
umanità bisognosa di fiducia. Gesù, perciò, inizia il “Discorso della Montagna” con l’elenco delle “beatitudini”,
dice Matteo, che sono una lunga e paradossale riflessione sulla felicità (è considerato il discorso fondativo della
linea morale della Nuova Alleanza). La proposta di Gesù, in questo discorso, continua inerpicandosi nella Legge (la
Toràh ebraica), sviluppandola attraverso sei approfondimenti. Sono solo sei per garantire che l’elenco e
l’approfondimento non sono completi e spetterà ai suo discepoli riflettere e completare nella storia lo sviluppa della
legge morale. La formulazione si presenta su un comune schema: “Avete inteso che fu detto dagli antichi…Ma io
vi dico…”(5,21-48). Ma nonostante l’espressione, non si tratta di contrapposizioni, ma reinterpretazione della
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legge. Oggi leggiamo l'ultimo esempio dei sei approfondimenti. Gesù offre alla sua comunità lo stile nuovo e non
ha una migliore fonte dell’amore del Padre. In pratica il testo di oggi deve essere letto a cominciare dalla
conclusione per poter essere inteso in quel profilo di insegnamento: che Gesù ci offre per misurare le proprie scelte
di ogni giorno: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (6,48). Sconcertati da questa
proposta che non ha smussature e protezioni, leggiamo il testo di oggi, l’ultimo dei sei: “Avete inteso che fu detto:
Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi
perseguitano”. Gesù trasforma radicalmente una mentalità di rifiuto del nemico che risulta ovvia e suggerisce la
misura su cui ognuno deve giudicare: Comportati come Dio si comporta. Odiare il nemico è una formulazione che
non si trova nel Primo Testamento ma, a parte le “guerre sante” o lo sterminio che in tutte guerra ogni esercito
moltiplicava (e gli israeliani non erano molto diversi dagli altri), non si parla di odio ai nemici anche se in alcuni
salmi si garantisce:"Non odio forse i tuoi nemici, Signore? Li detesto con odio implacabile" (Salmo 139,12-22). E
In alcuni scritti delle comunità di Qumran (comunità religiosa ebraica al tempo di Gesù), si ritrovano anche
espressioni di amore per i credenti (i “figli della luce”) e odio per i pagani (”i figli delle tenebre”). Probabilmente si
vuole offrire la garanzia a Dio che con il male e nemici, portatori di male, non si accettano n nessun modo dei
compromessi. Anzi, nel Primo Testamento, alcuni testi incoraggiano a non ricambiare il male: “Non dire: «Come
ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita». (Prov 24,29), oppure “Quando vedrai l'asino del
tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico”
(Es23,5). Tuttavia il cerchio lo si restringeva ai connazionali, rifiutando con forza gli altri: i pagani, per esempio.
L’insistenza di Gesù è sconcertante poiché l’esempio del Padre, in un mondo contadino, scende nella concretezza
più ovvia e insieme più assurda: “Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli
ingiusti”. Se “Il siate perfetti come il Padre” può sembrare un pio suggerimento che resta nel vago, l’esempio del
sole e della pioggia, i due beni, essenziali per la vita e per il lavoro, diventano, di colpo, un mostruoso paradosso.
Ma la predicazione di Gesù continua a muoversi negli esempi sconcertanti della vita normale: “Amare chi ti ama,
salutare chi ti saluta?” E’ ovvio. Non ci può essere ricompensa, né ci sono gesti straordinari che sorprendano Dio.
Dio lo trovi nel gratuito e smuovi lo splendore di Dio quando ti giochi con il gratuito. “Se ami il nemico e preghi
per chi ti perseguita”, apri il cuore di Dio e lo commuovi. L’incontro di Papa Francesco e Bartolomeo , patriarca di
Costantinopoli, sul verde prato del Vaticano, con Shimon Peres Israeliano e Abu Mazen Palestinese hanno segnato
l’inizio di un tempo nuovo. Si sono messi su una strada dove solo il Signore fa fiorire il deserto e sa creare un
nuovo giardino dell’Eden (per questo hanno pregato su un prato). Perfetto è colui che è disposto a rivedere i propri
criteri per unirsi alla volontà di Dio e operare gratuitamente.
Riflessione a cura del Dr. Don Raffaello Ciccone
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