UCE – Ufficio Comunicazione Esterna CONDURRE UNA PRESENTAZIONE EFFICACE Seminario «Informatori territoriali sui temi della sicurezza civile» SOMMARIO Premessa .............................................................................................. pag. 3 1. LA COMUNICAZIONE 1.1 Competenza comunicativa .............................................................................. ” 1.2 Assiomi della comunicazione.......................................................................... ” 1.3 Ascolto attivo .................................................................................................. ” 1.4 Empatia............................................................................................................ ” 1.5 Comportamento assertivo................................................................................ ” 1.6 Profezia che si auto-avvera.............................................................................. ” 3 6 9 9 11 12 2. CONDURRE UNA PRESENTAZIONE EFFICACE 2.1 Preparazione .................................................................................................... ” 2.1.1 A chi? ..................................................................................................... ” 2.1.2 Perché? ................................................................................................... ” 2.1.3 Che cosa?................................................................................................ ” 2.1.4 Come?..................................................................................................... ” 2.1.5 Quando?.................................................................................................. ” 2.1.6 Dove?...................................................................................................... ” 2.2 Comunicazione non verbale ............................................................................ ” 2.2.1 Abbigliamento ........................................................................................ ” 2.2.2 Sguardo................................................................................................... ” 2.2.3 Mimica facciale ...................................................................................... ” 2.2.4 Gesti........................................................................................................ ” 2.2.5 Prossemica.............................................................................................. ” 2.2.6 Orientazione ........................................................................................... ” 2.2.7 Postura .................................................................................................... ” 2.2.8 Voce e aspetti non verbali del parlato .................................................... ” 2.3 Erogazione....................................................................................................... ” 2.3.1 Apertura.................................................................................................. ” 2.3.2 Svolgimento............................................................................................ ” 2.3.3 Chiusura.................................................................................................. ” 14 14 19 21 22 23 24 25 25 25 26 26 28 28 29 30 31 31 33 39 Bibliografia ........................................................................................................... ” 40 Materiale ad uso esclusivamente didattico. Non riprodurre e non citare senza autorizzazione. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 2 Premessa Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è costantemente impegnato a promuovere presso i cittadini la cultura della sicurezza, ossia a coltivare una mentalità che metta al centro dell’agire della persona l’attenzione consapevole alla salvaguardia della propria e dell’altrui vita. In questo ambito risulta centrale la costante coniugazione di informazioni su: comportamenti più appropriati per garantire la propria e altrui sicurezza: questo tipo di comunicazione mira a convincere nel senso letterale del termine di “vincere insieme”, perché la sicurezza è un tema di rilevante interesse pubblico e sociale che per essere realizzata necessita del contributo attivo di tutti. La consapevolezza sul problema della sicurezza, inoltre, è essenziale per identificare l’interlocutore più idoneo col quale rapportarsi; organizzazione territoriale del C.N.VV.F., prestazioni offerte e iniziative promosse: è una comunicazione informativa, che risulta essenziale per permettere ai cittadini di assolvere consapevolmente i propri doveri e di individuare sul proprio territorio questa amministrazione, di sapere che cosa fa e come potersi rivolgere ad essa in modo funzionale in caso di necessità. 1. LA COMUNICAZIONE Noi parliamo con gli organi vocali, ma conversiamo con tutto il corpo. Abercombie 1.1 Competenza comunicativa La comunicazione è al centro dell’esistenza quotidiana ed è un elemento costitutivo della trama dei rapporti tra le persone. Il concetto di competenza comunicativa indica un insieme di capacità, differenti e interagenti, che permettono a ogni membro di una comunità linguistica e sociale di produrre e comprendere i messaggi che lo mettono in interazione con altri parlanti. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 3 Queste capacità comprendono quella: linguistica: produrre e interpretare segni verbali; paralinguistica: elementi prosodici (tono, ritmo, pause, ecc.); cinesica: realizzare la comunicazione attraverso segni gestuali, mimica facciale e postura; prossemica: variare il rapporto con lo spazio in cui avviene l’interazione; pragmatica: usare i segni linguistici e non linguistici in modo adeguato al contesto e alle proprie intenzioni; socioculturale: riconoscere le situazioni sociali e le relazioni di ruolo insieme ai significati e agli elementi distintivi di una cultura. I segni non linguistici e gli elementi prosodici sono più forti di quelli linguistici: se c'è incoerenza con essi restano più impressi nell'interlocutore e prevalgono come significato soprattutto nei primi istanti di una relazione, poiché, in linea generale, noi percepiamo: Linguaggio del corpo 38% Linguaggio verbale 55% 7% Linguaggio paraverbale Le principali funzioni che svolgono i segni non linguistici e gli elementi prosodici sono: esprimere emozioni; partecipare alla presentazione di sé; comunicare gli atteggiamenti interpersonali; completare, sostenere, modificare, sostituire il discorso. Le diversità nell’uso e nel significato del linguaggio del corpo e degli elementi prosodici possono portare di frequente a fraintendimenti, rifiuto e intolleranza verso persone che appartengono a gruppi culturali ed etnici differenti. Queste negative conseguenze sono A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 4 spesso dovute a una scarsa conoscenza o a un’errata interpretazione della loro cultura, ma anche della loro lingua e del loro comportamento non verbale. Nelle interazioni la comunicazione può essere a una o a due vie. La comunicazione a una via è unidirezionale: l’emittente trasmette un messaggio a un ricevente. Essa è rapida, anche se non sempre è efficace. CODIFICA MESSAGGIO Emittente PROCESSO • unidirezionale • generalmente autoritario DECODIFICA Ricevente FINALITÀ’ • DARE informazioni, ordini, istruzioni al ricevente • OTTENERE prestazioni dal ricevente La comunicazione a due vie è bidirezionale in quanto l’emittente diventa a sua volta ricevente. Il feedback, infatti, è la risposta del ricevente al messaggio dell’emittente. Tale risposta consente all’emittente di capire se il proprio messaggio è stato recepito e di apportarvi, se necessario, delle modifiche. Questa comunicazione richiede più tempo rispetto a quella a una via, ma diminuisce la possibilità di incomprensioni e malintesi. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 5 CODIFICA MESSSAGGIO Emittente PROCESSO • di scambio • in genere orientato all’apertura reciproca DECODIFICA Ricevente FEEDBACH FINALITÀ’ • METTERE IN COMUNE idee, conoscenze, informazioni • COSTRUIRE insieme soluzioni, significati Fai in modo che il tuo discorso sia migliore del tuo silenzio. Dionigi il vecchio 1.2 Assiomi della comunicazione Watzlawick, P. Beavin J.H., Jackson D.D., studiosi appartenenti alla «scuola di Palo Alto» - dalla località della California in cui ha sede il Mental Research Institute - nel testo Pragmatica della comunicazione [1971] analizzano gli effetti pratici della comunicazione. La comunicazione è intesa come comportamento e l’indagine include gli effetti che essa ha sugli altri interlocutori, le reazioni degli altri a questo comportamento e il contesto in cui ciò accade, in quanto esso influenza l’interazione. Sono definite alcune proprietà semplici della comunicazione che hanno natura di assiomi, cioè di affermazioni basilari e non dimostrabili che possono essere più o meno rispettate dai soggetti interagenti, dando luogo a un tipo di comunicazione o efficace o disturbata. In specifico, si tratta di cinque assiomi che servono a illustrare certe caratteristiche di funzionamento del comunicare: 1. Non si può non comunicare In tutti i contesti in cui le persone possono percepirsi ed è possibile uno scambio reciproco ogni comportamento, intenzionale o meno, ha un valore di messaggio. Anche il silenzio o il non prestare attenzione all’altro esprimono significati, ai quali l’eventuale interlocutore risponde assumendo particolari modalità di condotta. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 6 Ad esempio, il passeggero di un treno che sta seduto con gli occhi chiusi o tenendo fisso lo sguardo sul proprio giornale o fuori dal finestrino sta comunicando a coloro che condividono il suo spazio di non voler parlare con nessuno e di non voler essere disturbato. 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione Ogni atto comunicativo non soltanto trasmette informazioni, ma al tempo stesso impone un comportamento, ossia ha un aspetto di «contenuto» che riguarda i dati della comunicazione e un aspetto di «comando» su come deve essere assunto quel dato messaggio e quindi, in definitiva, sul tipo di relazione esistente tra i partecipanti. La capacità di riflettere sul «modo» in cui si danno le informazioni non è solo una condizione necessaria per realizzare una comunicazione efficace, ma è anche collegata con la consapevolezza che si ha di se stessi e degli altri. Il contesto in cui avviene la comunicazione aiuta a chiarire ulteriormente la relazione tra i soggetti. 3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i partecipanti Gli scambi comunicativi non costituiscono una sequenza ininterrotta, ma sono organizzati come se seguissero una punteggiatura. In tal modo, è possibile identificare le sequenze di chi parla e di chi risponde, definire ciò che ciascun interlocutore ritiene «causa» e «effetto» del proprio comportamento. Molto spesso i conflitti interpersonali scaturiscono o da un disaccordo circa il tipo di punteggiatura da dare alla relazione o dalla mancata percezione da parte di un soggetto del modello interattivo adottato da colui con cui è in rapporto. Un esempio riportato dagli autori è quello di una coppia di coniugi con problemi di relazione, che dimostrano di essere incapaci di chiarire la natura della comunicazione effettuata. Lo scambio si riduce a messaggi che riflettono la realtà in base alla soggettiva A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 7 convinzione: il marito “si chiude in se stesso perché la moglie borbotta” e la moglie “borbotta perché il marito si chiude in se stesso”. 4. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con quello analogico Il modulo numerico riguarda l’uso di parole: dispone di una sintassi logica di estrema efficacia per cui è lo strumento privilegiato per trasmettere dei contenuti. Il modulo analogico comprende tutte le modalità della comunicazione non verbale: postura, gesti, espressioni del viso, inflessioni della voce, sequenza del ritmo e della cadenza delle stesse parole ecc. che servono, prevalentemente, a trasmettere gli aspetti relativi alla relazione tra gli interlocutori. Il materiale analogico si presta a interpretazioni numeriche diverse e spesso incompatibili tra loro. L’attività di comunicare in modo efficace richiede la capacità di coniugare questi due moduli, nonché di tradurre dall’uno all’altro i messaggi da trasmettere e quelli ricevuti in modo pertinente al contesto in cui avviene lo scambio. 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza Si ha un’interazione simmetrica quando il comportamento di un interlocutore tende a rispecchiare quello dell’altro. Le relazioni complementari sono caratterizzate dalla differenza esistente tra le persone: un interlocutore assume la posizione predominante (oneup), mentre l’altro occupa la posizione secondaria (one-down). Entrambi questi tipi di scambi svolgono funzioni importanti e sono necessarie nelle «relazioni sane», alternandosi e operando in settori diversi, mentre si producono fallimenti comunicativi quando ci si irrigidisce in una delle due modalità. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 8 Gli dei ci hanno dato una sola bocca e due orecchie per ascoltare il doppio e parlare la metà. Zenone 1.3 Ascolto L’ascolto è centrale nel processo di comunicazione. Esso esige la capacità di attenzione all’altro e a ciò che dice, il controllo della reciproca comprensione, lo scambio di informazioni per rafforzare il rapporto e facilitare il raggiungimento di un accordo. Se si utilizzano comportamenti rispettosi che agevolano una reciproca considerazione si possono intendere al meglio tutte le informazioni che si ricevono, anche se non è realizzabile il completo annullamento del condizionamento determinato dai propri modelli di riferimento e dai propri valori. Essere capaci di ascoltare è possibile se ci si rapporta agli altri animati da un vero: interesse nei loro confronti; rispetto per come le persone sono e non per come vorremmo che fossero; disponibilità a comprenderne i bisogni. È la diversità degli uomini, la differenziazione delle loro qualità e delle loro tendenze che costituisce la grande risorsa del genere umano. M. Buber 1.4 Empatia L’ empatia è la capacità di comprendere come la persona con la quale si interagisce vede e sente le varie situazioni. Il «partecipare», il «cogliere la prospettiva dell’altro» non emerge in modo spontaneo nel corso dell’esistenza, ma richiede lo sviluppo sequenziale di alcune capacità: assumere la diversità: ammettere e accettare che le persone sono diverse, che esistono molti modi di fare una cosa e che eventi simili possono sollecitare emozioni o interessi differenti; A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 9 conoscersi: l’apertura all’altro è possibile se ci conosciamo, se siamo consapevoli della nostra identità. L’eredità sociale di ogni persona presenta caratteristiche determinate in senso storico e sociale a seconda del proprio ambiente di vita. Essa si realizza attraverso la comunicazione di modelli culturali che diventano atteggiamenti mentali interiorizzati, ossia valutazioni globali e relativamente durevoli di chi si è, di quali radici si hanno. La consapevolezza della propria identità non elimina la possibilità di cambiamento, ma la rende una scelta consapevole e non una perdita incontrollabile che può scaturire dal confronto col diverso da sé; sospendere il sé: l’accettazione della diversità e l’autoconoscenza permettono di pensare alla propria identità come un confine che tracciamo tra noi e il resto del mondo e come tale possiamo modificarlo ed espanderlo nel rapporto con gli altri; consentire l’immaginazione guidata: essere coinvolti nell’esperienza di un’altra persona è un evento simile al nostro immedesimarsi nel personaggio quando leggiamo un romanzo o partecipiamo a una rappresentazione teatrale; permettere l’esperienza empatica: la partecipazione immaginativa intellettuale ed emotiva all’esperienza di un’altra persona consente di percepire un insieme di pensieri e sentimenti riguardo a un diverso modo di costruire il mondo; ristabilire il sé: ristabilire la separazione tra sé e l’altro è essenziale per far riemergere il contenuto della propria visione del mondo e acquisire la consapevolezza della similarità o diversità dei reciproci pensieri e sentimenti. La finalità dell’atteggiamento empatico non è identificarsi con l’altro, ma sospendere temporaneamente la propria identità per comprenderlo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 10 Rapportarci alle persone con la consapevolezza della loro diversità rende possibile cogliere come gli altri vorrebbero essere trattati a partire dalla loro prospettiva e, anche se non possiamo o non vogliamo offrire questo trattamento, l’atto stesso di riconoscere la differenza e il tentare di comprenderla sono atteggiamenti profondamente rispettosi e affermativi degli altri. Osservare le buone maniere è una virtù e per essere felici si deve essere virtuosi. Madame de Chatelet 1.5 Comportamento assertivo La capacità di gestire le proprie emozioni in maniera appropriata alle varie situazioni e l’atteggiamento empatico sono alla base del comportamento assertivo (dal lat. asserĕre: affermare, sostenere) indispensabile per esprimere e affermare le proprie esigenze con una buona probabilità che siano riconosciute e accolte mantenendo positive le relazioni. La persona assertiva assume un atteggiamento: affermativo: mostra congruenza tra ciò che dice, ciò che pensa e ciò che prova; afferma le proprie idee e i propri diritti senza negare quelli degli altri; sostiene il proprio punto di vista senza escludere a priori la possibilità di integrarlo con quello degli altri; partecipe: sa realizzare rapporti interpersonali positivi; si sente coinvolta in maniera paritaria nella realizzazione di un compito comune; responsabile: ha fiducia nelle proprie capacità e risponde delle proprie scelte; ha fiducia negli altri e nel contributo che possono dare; BN aperto: si riconosce capace di comunicare desideri, opinioni e critiche in maniera chiara e diretta; sa accettare le critiche, le opinioni degli altri ed è disponibile a comprenderne i bisogni. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 11 COMPORTAMENTI INTERPERSONALI ASSERTIVO PASSIVO – inibizione, fuga AGGRESSIVO INDIRETTO DIRETTO e Affermazione dei propri diritti Mantenimento di una relazione positiva Negazione dei propri diritti Mantenimento di una relazione positiva Affermazione dei propri diritti Deterioramento della relazione Preferisco pensare bene degli altri, evito così tanti problemi. R. Kipling 1.6 Profezia che si auto-avvera Quando partecipiamo a situazioni in cui interagiamo o comunichiamo con altre persone recitiamo secondo le regole che riteniamo «giuste» in quella situazione e che abbiamo appreso sin dall’infanzia attraverso l’osservazione e l’intervento di persone che hanno guidato, sostenuto e giudicato le nostre azioni. Le regole culturali di interazione possono spiegare gli elementi comuni nei vari processi comunicativi, mentre le molte differenze che possiamo rilevare nel modo in cui le persone dicono le cose, a chi e quando anche modulando il tono e il ritmo della voce, scegliendo i tempi e utilizzando il linguaggio del corpo possono essere ricondotte al fatto che ognuno di noi ha una storia personale unica che crea un insieme di filtri che incidono sul nostro modo di comunicare con gli altri e di percepire il loro messaggio. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 12 Alcuni di questi filtri sono: immagine di se stessi: il valore che attribuiamo a noi stessi come persone e la fiducia che abbiamo nelle nostre capacità si riflettono nel nostro stile comunicativo. Il considerarsi “esperti” in un determinato campo può anche portare a non prestare una vera attenzione ad altre argomentazioni, mentre l’opposto a rimanere in silenzio; immagine dell’altro o degli altri: il valore che attribuiamo alle persone nelle varie situazioni incide sul grado di attenzione che prestiamo a quanto dicono. Se percepisco l’altro in modo negativo presterò meno attenzione al contenuto del suo messaggio; definizione della situazione: molto di quello che diciamo e di come lo diciamo dipende da come definiamo la situazione che è legata prevalentemente alla percezione del proprio e dell’altrui ruolo e delle norme che dovranno essere rispettate. Molti problemi comunicativi sono il risultato di definizioni discordi della situazione; motivazioni, stati d’animo, intenzioni, mentalità: si comunica per raggiungere diversi risultati – soddisfare necessità personali, esprimere se stessi, ecc. – e non sempre adottiamo modalità comunicative appropriate alla situazione e condivise dai nostri interlocutori; attese: le nostre esperienze passate, i pregiudizi, gli stereotipi si riflettono in ciò che ci aspettiamo da noi stessi e dagli altri partecipanti allo scambio comunicativo. Se mi aspetto che il mio interlocutore sia ostile è probabile che percepisca come ostili le sue parole. «Se» gli interlocutori hanno attese molto radicate è probabile che i reciproci scambi vengano interpretati in modo da confermare le proprie attese. In tal modo si possono consolidare dinamiche comunicative e relazionali da cui è difficile poi liberarsi: si ha la profezia che si auto-avvera. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 13 Tutto il metodo consiste nell’ordine e nella disposizione di ciò verso cui bisogna dirigere l’attenzione per scoprirvi qualche verità. Cartesio 2. CONDURRE UNA PRESENTAZIONE EFFICACE 2.1 PREPARAZIONE VI DOVE ? I A CHI? II PERC HÉ? V QUAN DO? IV COM E? III. CHE COSA 2.1.1 A chi? Ogni intervento informativo nasce come risposta alla domanda di qualche soggetto (committente) ed è rivolto a un gruppo di destinatari la cui composizione può essere più o meno omogenea per età, istruzione, esperienza professionale, ecc. Non sempre le esigenze e le aspettative di chi richiede l’intervento informativo corrispondono pienamente con quelle dei futuri destinatari, ma il più delle volte queste rappresentano le uniche indicazioni che abbiamo a disposizione per prepararlo. La raccolta di alcuni dati può aiutare a prevedere e a gestire alcuni fattori che possono influire sulla significatività dell’intervento stesso per i partecipanti. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 14 a) Età Una presentazione efficace finalizzata a promuovere la cultura della sicurezza richiede di porre al centro della presentazione il destinatario, il suo orizzonte e profilo di esperienza al fine di attivarne e sostenerne il processo di apprendimento. L’apprendimento è un processo che avviene in ogni momento della nostra vita. Esso riveste un ruolo centrale per la costruzione attiva e consapevole della propria esistenza, in quanto, influendo sul modo in cui ognuno vede e interpreta il mondo, ne orienta le azioni. PROCESSO DI APPRENDIMENTO NATURALE Ogni essere umano ha una straordinaria capacità di apprendere CONTINUO Ogni essere umano apprende continuamente in ogni contesto della sua vita ATTIVO L’apprendimento è qualcosa che ogni essere umano fa e non subisce IMPORTANTE L’apprendimento ha delle implicazioni rilevanti per la vita delle persone e per il futuro della società La consapevolezza di alcuni fattori che possono incidere sull’apprendimento nelle varie età facilita la possibilità di realizzare interventi informativi significativi sia per i soggetti ai quali ci si rivolge sia per chi eroga l’intervento. APPRENDIMENTO CONTINUO BAMBINI (6 – 11 anni) Personalità dipendente. Centralità del ruolo della famiglia di appartenenza. Motivazione connessa a rinforzi esterni (locus of control esterno): lodare gli sforzi ed evitare di criticare le iniziative o risposte non corrette o funzionali. Capacità di comprendere negli eventi relazioni di A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 15 causa – effetto. Importanza di presentare argomenti attraverso riferimenti concreti e conosciuti in cui suggerire strategie di azione da adottare, invece di dare soluzioni “pre-confezionate” (uso costante delle domande). Esempi: • Sapete chi sono i vigili del fuoco? • Perché i pantaloni che indossano hanno queste fasce gialle? • Chi vuole provare l’elmo? Ti pesa? Perché lo indossano i vigili del fuoco negli interventi? • Sapete che questi scarponi da intervento hanno punte di acciaio? Secondo voi perché? ADOLESCENTI Rilevanza del giudizio del gruppo dei pari, che non necessariamente corrisponde a quello del gruppo/classe e della famiglia, sull’aspetto fisico, sull’attrattiva sessuale e sull’intelligenza (autostima). Riferimento a luoghi di aggregazione diversi da quelli familiari e scolastici in cui recarsi in modo autonomo (palestra/attività sportive, bar, discoteche, ecc.). Richiesta di riconoscimento della propria capacità di ragionare in astratto, di saper valutare differenti ipotesi, di valutare le conseguenze di una scelta. Atteggiamento a volte piuttosto critico nei confronti della realtà nel suo complesso a cui si contrappongono soluzioni di vita ideali. Il contrasto come modalità per confrontare le proprie idee e per definirsi rispetto al punto di vista altrui. Impiego di un proprio gergo connesso all’uso dei nuovi media (sms, internet, chat, ecc.). A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 16 Esempi: Proiezione del Demo dei vigili del fuoco. Al termine chiedere: • Qualcuno di voi conosce persone che lavorano nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco? • Li avete mai visti in azione o chiamati per un intervento? • C’è qualcuno di voi che pratica qualche sport? Nel personale operativo ci sono anche giovani poco più che ventenni. Pensate che a loro gli serva un costante allenamento fisico per compiere ciò che avete visto nel filmato? ADULTI Centralità del riconoscimento della sua autonomia. Rispetto di se stesso come soggetto (locus of controllo interno). Orientamento alla soluzione di problemi pratici: “come fare per…”. L’esperienza personale come risorsa. Possibile resistenza a modificare le proprie convinzioni. Ritmi di vita il più delle volte frenetici (rilevanza del rispetto dei tempi). Esempi: Proiezione del Demo dei vigili del fuoco. Al termine chiedere: • Avete mai richiesto l’intervento dei vigili del fuoco? • Lo sapevate che molti degli incidenti avvengono nell’ambiente domestico? Secondo voi quali possono essere i più ricorrenti e perché? ANZIANI Importanza dei momenti di aggregazione per uscire dall’isolamento. Centralità della narrazione, ossia del raccontare e del raccontarsi. Tendenza a dare consigli come frutto della propria esperienza. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 17 Costante riferimento a eventi del proprio passato. Esempi: • Chi di voi si ricorda di come erano i vigili del fuoco trent’anni fa? • Vi ricordate quando avvenne nella nostra città…? • Le nostre case ora sono molto diverse rispetto a quelle in cui siamo cresciuti. Quali possono essere i rischi di incidenti nelle attuali abitazioni? b) Numero dei partecipanti Gruppi numerosi - mediamente superiori a 16 persone - richiedono all’informatore una maggiore attenzione: • ad ogni singola persona per poterla coinvolgere con domande, esempi, ecc.; • nella gestione del tempo per la varietà delle esigenze che possono emergere durante la presentazione. Negli interventi informativi l’ideale sarebbe rivolgersi ad ogni soggetto chiamandolo per nome e/o cognome, in quanto questo rappresenta un forte segnale del valore che gli viene riconosciuto. I gruppi numerosi non facilitano tale memorizzazione quindi, se si prevede una difficoltà nel ricordarli, durante la fase di apertura dell’intervento chiedere la collaborazione di tutti i partecipanti, perché ridicano i propri nomi prima degli eventuali interventi. Esempio: • “La mia memoria per i nomi non è “straordinaria”! Potete aiutarmi a ricordarli dicendo il vostro nome e/o cognome quando intervenite?”. Quando possibile, chiedere di scrivere con un pennarello il proprio nome o cognome sul “cavaliere” creato piegando un foglio da appoggiare sul banco. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 18 c) Livello di istruzione Il livello di istruzione dei partecipanti aiuta ad orientarsi nella scelta sia del metodo di esposizione sia del lessico. Chi ha familiarità con lo studio trova più semplice seguire discorsi che partono da definizioni per poi passare agli esempi concreti (metodo deduttivo). Chi non ha familiarità con lo studio trova più semplice seguire discorsi che, partendo da una serie di esempi concreti, arrivano alla regola generale (metodo induttivo). d) Precedenti esperienze informative sugli argomenti dell’intervento Questo dato orienta nel taglio di approfondimento da dare all’intervento, sugli argomenti da presentare come “ripasso” introduttivo e su quelli su cui focalizzare maggiormente l’attenzione. L’eventuale “ripasso” degli argomenti dovrebbe essere effettuato attraverso domande da porre ai partecipanti, in modo da verificarne la loro effettiva padronanza prima di introdurne dei nuovi. Esiste, infatti, una distanza tra informazione e conoscenza, in quanto la trasmissione di informazioni non genera in modo automatico apprendimento. 2.1.2 Perché? Ogni intervento informativo è finalizzato ad arricchire le conoscenze dei partecipanti, a favorire la consapevolezza della necessità di agire in modi specifici in determinate circostanze. Il “perché”, pertanto, è relativo alla formulazione degli obiettivi che si vogliono realizzare con la presentazione. OBIETTIVI Specifici Misurabili A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI Condivisibili Realistici Tempificati 19 Se l’intervento informativo è finalizzato a «Promuovere la conoscenza delle attività e del funzionamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco» le prime domande da porsi sono: • perché questi cittadini dovrebbero conoscere tali attività e il funzionamento del C.N.VV.F.? • a che cosa possono servirgli queste conoscenze? • come farò a sapere che le avranno acquisite? Per quanto riguarda l’ultima delle precedenti domande, non possiamo darle una risposta se non prevediamo come verifica una serie di “comportamenti concreti e osservabili” dei partecipanti da poter osservare e valutare. Esempio: I partecipanti al termine del corso devono essere in grado di: • spiegare con le proprie parole le attività del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; • descrivere l’organizzazione del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sul proprio territorio; • illustrare le modalità di una chiamata di soccorso al 115. Questa modalità di formulazione degli obiettivi, il cui numero deve essere fattibile con il tempo che si ha a disposizione, contiene di per sé le indicazioni per la sua verifica da effettuare durante o al termine dell’intervento attraverso l’uso di domande. Anche se non sempre è possibile verificare l’acquisizione dei concetti da parte di ogni partecipante, il “ripeterli” e “riascoltarli” aumenta la probabilità della loro assimilazione nell’intero gruppo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 20 Esempio: • “Chi di voi mi sa dire, allora, dove si trovano le strutture dei vigili del fuoco sul nostro territorio?”. 2.1.3 Che cosa? La scelta dei contenuti deve essere effettuata in funzione degli obiettivi che si vogliono perseguire e tenendo conto del tempo che si ha a disposizione. La scaletta deve essere realizzata rispondendo ad una serie di domande: Esempio: • “Che cosa è necessario che le persone sappiano per essere in grado di spiegare anche con le proprie parole le attività del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco? • In che successione presento i vari argomenti? • Tra le varie informazioni, quali sono quelle di più difficile comprensione per i “non addetti ai lavori”? • Che tipo di esempi sarebbe opportuno preparare? Quando presentarli?”. Ogni intervento informativo è orientato a favorire l’attivazione nelle persone di comportamenti (che cosa) in specifici contesti e in determinati momenti (dove e quando), i quali richiedono delle capacità frutto di conoscenze e abilità (sapere e saper fare). Affinché tutto questo avvenga è necessario che la persona sia convinta del valore di questo modo di agire, di comportarsi ed è proprio a questo livello che è essenziale per un informatore non dare per scontata la motivazione dei partecipanti (perché), ma promuoverla e sostenerla attraverso modalità percepite dai partecipanti stessi come “non giudicanti” del proprio modo di fare: racconti di eventi vissuti, immagini, filmati. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 21 Esempio: Motivazione ad agire nel modo illustrato Esempio: •Vi racconto di una volta in cui… •Proiezione di un filmato o 5. IDENTITÀ Chi di una immagine attinente all’argomento trattato 4. VALORI/CONVINZIONI Perché 3. CAPACITÀ Come Per compiere tali azioni quali sono le conoscenze e le abilità che si devono possedere Esempio: Come si controlla lo stato del filo elettrico 2. COMPORTAMENTO Che cosa 1. CONTESTO Dove e quando Quali sono le azioni da compiere Esempio: Evitare di usare il ferro da stiro se il filo elettrico è usurato o danneggiato Quali sono le circostanze in cui hanno rilevanza le informazioni che trasmetto Esempio: Uso del ferro da stiro Scrivere la scaletta degli argomenti e degli esempi per fissare il programma di ciò che si intende comunicare in modo logico/sequenziale dal semplice al complesso, permette di evitare ridondanze, carenze informative o dettagli inutili. 2.1.4 Come? Il processo basilare da sostenere nelle presentazioni, soprattutto quando il tempo a disposizione è limitato a brevi incontri di qualche ora e i partecipanti sono “principianti” rispetto agli argomenti proposti, è quello della scoperta, da parte del gruppo, dei comportamenti da adottare per garantire la propria e altrui sicurezza a partire dalle loro esperienze concrete e necessità. Esempio: • Domanda informatore: “Quali sono, secondo voi, le informazioni da dare al centralinista del 115 in una chiamata di soccorso? A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 22 Risposta partecipante: “La località dell’incidente”. • Domanda informatore: Tutti gli incidenti sono uguali? “No!”. • Domanda informatore: Che altro dovremmo dire per permettere alla squadra di prestarci il soccorso di cui abbiamo bisogno? Risposta partecipante: “Il tipo di incidente”. • … Di grande efficacia nelle presentazioni rivolte ai bambini è l’utilizzazione di “oggetti del mestiere” da far vedere e toccare per stimolare domande e illustrare l’attività del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Se si è affiancati da un vigile del Comando, si può prendere spunto anche dal suo abbigliamento. Questo approccio richiede l’uso costante delle domande, perché permettono di guidare i partecipanti verso gli obiettivi fissati, di stimolare la discussione, di sottolineare passaggi importanti, di recepire informazioni, di confutare eventuali obiezioni. 2.1.5 Quando? La durata complessiva dell’intervento informativo impone all’informatore un’accurata valutazione del tempo a disposizione. Un intervento di breve durata, rispetto a quelli che si snodano in più incontri, richiede una grande attenzione dell’informatore per coniugare: – i contenuti da trasferire al fine di adempiere agli impegni concordati con chi ha richiesto l’intervento; – la costruzione di rapporti significativi con ogni partecipante. La comunicazione/informazione non può ridursi, pena la sua inefficacia, ad una sterile trasmissione di molteplici nozioni, ma deve sollecitare il protagonismo dei partecipanti. Le nozioni devono essere funzionali agli obiettivi il cui numero deve essere A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 23 stabilito in modo fattibile al tempo a disposizione e alla considerazione che ogni gruppo presenta le sue peculiarità: non tutti possono avere inizialmente la stessa disponibilità o interesse a collaborare; alcuni possono tendere a sovrastare gli altri con la propria esuberanza; altri possono essere più ritrosi nell’esprimersi, ecc. Grande cura deve essere posta alla preparazione dell’apertura dell’intervento, in quanto essa rappresenta il momento in cui si pongono le basi sia della significatività degli argomenti della presentazione sia del tipo di rapporto che si vuole costruire con i partecipanti sollecitandone la collaborazione. Un altro elemento da prendere in considerazione è il momento della giornata in cui si realizza l’intervento, perché può influire sul grado di attenzione e sul mantenimento della concentrazione dei partecipanti a causa dell’eventuale dispendio delle loro energie in precedenti attività. 2.1.6 Dove? Il luogo in cui si svolge l’attività informativa può influenzare il clima e l’umore del gruppo dei partecipanti. Conoscere in anticipo l’ambiente in cui avverrà l’intervento consente di rendersi conto del comfort dell’ambiente: – luminosità; – temperatura; – acustica; – possibilità di avvalersi o meno di vari supporti visivi (lavagna a fogli mobili, proiettore e computer) e verifica della loro visibilità in ogni angolo della stanza; – disposizione e comodità delle sedie; – opportunità di disporre le sedie a “ferro di cavallo” in modo da favorire il confronto e il feedback sia tra l’informatore e i partecipanti sia tra gli stessi partecipanti, perché ognuno di loro è orientato verso l’informatore e rimane, contemporaneamente, in contatto visivo con tutti gli altri componenti del gruppo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 24 La bocca può dire bugie, la mente può non capire, ma il corpo dice sempre la verità Adler 2.2 COMUNICAZIONE NON VERBALE 2.2.1 Abbigliamento Nei primi momenti in cui veniamo a contatto con persone che non conosciamo tendiamo, generalmente, a prestare attenzione agli aspetti “visibili” che le caratterizzano per poterci fare un’idea di che cosa possiamo aspettarci da loro. Tra di questi un certo rilievo è rivestito dall’abbigliamento che è utilizzato come indizio per dedurre se la persona interpreta in maniera accurata o meno il proprio ruolo in base alle idee pre-costituite che ne abbiamo. L’abbigliamento, pertanto, può essere considerato come un simbolo di ciò che siamo per coloro che non hanno avuto l’opportunità di conoscerci. Come tutti gli aspetti “visibili” che ci caratterizzano, esso tende a diminuire di rilevanza a mano a mano che le persone hanno l’opportunità di conoscersi e solo allora, come afferma un vecchio proverbio, “l’abito non fa il monaco”. 2.2.2 Sguardo Il contatto visivo è essenziale per stabilire e consolidare un rapporto, soprattutto nelle situazioni informative. Una persona che guarda gli appunti, gira le spalle al gruppo per leggere le diapositive o guarda in basso non ispira molta fiducia. Una regola fondamentale è cercare di stabilire il contatto visivo con tutti i partecipanti e non solo con una parte di essi. È da evitare, però, il fissare troppo a lungo le singole persone per non metterle a disagio. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 25 2.2.3 Mimica facciale Il volto umano possiede una grande mobilità e può assumere una vasta gamma di espressioni. La mimica facciale, sulla quale siamo in grado di esercitare un certo controllo, ha una grande importanza nelle interazioni sociali, perché comunica le nostre emozioni, gli atteggiamenti che abbiamo verso gli altri, il grado di attenzione a ciò che ci viene detto, oltre ad accompagnare, sostenere ed enfatizzare il discorso. Le espressioni facciali forniscono un costante e importante feedback per i soggetti impegnati in uno scambio comunicativo, aiutando anche ad alternare la successione dei turni di parola. 2.2.4 Gesti I gesti partecipano attivamente a precisare il significato degli enunciati, oltre a fornire indicazioni sul nostro stato d’animo e sul nostro atteggiamento verso coloro con cui stiamo interagendo. Essi sono movimenti eseguiti da una qualsiasi parte del corpo di natura volontaria o involontaria: – gesti simbolici o emblemi: sono segnali emessi intenzionalmente il cui significato è condiviso da persone che appartengono alla stessa cultura o gruppo sociale; – gesti illustratori: sono costituiti da tutti i movimenti che le persone fanno, soprattutto con le mani, mentre parlano. Sono collegati al discorso molto più dei A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 26 segnali emblematici e aumentano considerevolmente la quantità di informazioni trasmessa dal messaggio verbale; – gesti deittici: sono movimenti di solito compiuti con l’indice per indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza. Il dito indice, se puntato verso un’altra persona e in prossimità del suo viso, può assumere un significato aggressivo; – gesti motori o percussioni: sono movimenti semplici, ripetuti in successione e ritmici che possono essere prodotti da soli o accompagnare il discorso, come il tamburellare con le dita. In questa categoria si possono includere anche i “gesti di auto-contatto” che normalmente svolgono una funzione auto-manipolatoria in condizioni di ansia, di tensione fisica o psicologica o i “gesti-barriera” che simulano una chiusura tra sé e gli altri, come ad esempio l’incrocio delle braccia. MANI IN TASCA MANI SUI FIANCHI MANI DIETRO LA TOCCARSI SCHIENA NERVOSAMENTE LE MANI BRACCIA TENERE INCROCIATE SUL COSTANTEMENTE PETTO UN OGGETTO IN MANO A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 27 2.2.5 Prossemica La regolazione della distanza spaziale assume importanti significati a livello comunicativo, in quanto può favorire i processi di affiliazione, di dominanza, di influenza sull’interlocutore per metterlo a suo agio o a disagio. Durante la presentazione, per mantenere l’attenzione, è opportuno non rimanere fermi, ma ogni tanto fare qualche passo di lato o in avanti evitando, però, di muoversi eccessivamente. La distanza con i partecipanti, soprattutto nelle prime fasi in cui non si ha una confidenza reciproca, dovrebbe mantenersi a quella sociale e ridursi progressivamente con ogni singola persona solo se si nota che questa sta a proprio agio. In base agli studi condotti da Hall la vicinanza durante l’interazione varia tra le persone a seconda del grado di intimità e di gradimento reciproco e del tipo di rapporto esistente: intima: da 0 a 0,5 m circa. È una distanza in cui ci si può toccare, sentire il reciproco odore, parlare sottovoce, avvertire l’intensità delle emozioni; personale: da 0,5 a 1 m circa. È l’area invisibile che circonda in maniera costante il nostro corpo, una “bolla spaziale personale” che ci accompagna in continuazione; sociale: da 1 a 3,5/4 m. È la distanza delle interazioni meno personali in cui il soggetto sente di avere libertà di movimento in maniera regolare e abituale e prova un senso di agio; pubblica: oltre i 4 m. È la distanza tenuta nelle situazioni pubbliche ufficiali che comporta una enfatizzazione dei movimenti e una elevata intensità della voce. 2.2.6 Orientamento L’angolazione con cui si collocano nello spazio le persone l’una rispetto all’altra è definita orientamento. Le persone possono trovarsi rispettivamente faccia a faccia, di fianco ecc. e questo è dovuto essenzialmente alla posizione del corpo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 28 Durante la presentazione è importante rimanere costantemente orientati verso i partecipanti in modo da mantenere il contatto visivo con essi. 2.2.7 Postura Sono numerose le posture che un corpo può assumere in base alle diverse posizioni e angolazioni della testa, delle braccia, del tronco e delle gambe. Alcuni autori differenziano la postura dall’atteggiamento: la postura è la descrizione di ciò che si fa (stare seduti, in piedi, ecc.), mentre l’atteggiamento è il modo di realizzare la postura (nervosa, tesa, rilassata, ecc.). Nelle presentazioni è buona norma rimanere in piedi, in quanto questo permette sia di mantenere un costante contatto oculare con l’aula sia di rilevare i segnali non verbali provenienti dai partecipanti che rivestono un essenziale feedback sull’andamento dell’intervento. Il grounding è un importante segnale corporeo degli arti inferiori. Dal punto di vista fisico esso comporta un aumento dell’equilibrio e della stabilità in quanto i piedi sono leggermente divaricati e rivolti in avanti con il peso del corpo distribuito equamente su entrambi. Il contatto figurato con il terreno trasmette un significato di sicurezza di sé, concretezza, realismo, buon senso. POSIZIONE DEL SEDUTI DIETRO “CORRIDORE” CATTEDRA/TAVOLO SEDUTI SULLA APPOGGIATI SULLA CATTEDRA/TAVOLO CATTEDRA/TAVOLO A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 29 2.2.8 La voce e gli aspetti non verbali del parlato La voce manifesta trasmette numerose componenti di significato, oltre alle parole. Gli elementi paralinguistici possono suddividersi in: qualità della voce: tono, risonanza, aspetti che si riferiscono alle caratteristiche individuali della persona (sesso, età, provenienza); vocalizzazioni: costituite da suoni che si possono suddividere in: o caratterizzatori vocali: sospiro, sbadiglio, pianto, riso; o qualificatori vocali: intensità, timbro, estensione; o segregati vocali: pause, interiezioni, ecc. Parlare scandendo in modo chiaro le parole; evitare di pronunciare le parole velocemente e in un flusso ininterrotto; variare il tono della voce; usare pause di silenzio utili a sottolineare le diverse parti del discorso e funzionali a facilitarne la comprensione; modulare il volume della voce in modo che possa essere udita facilmente da tutti i partecipanti; fare un uso limitato delle interiezioni (“Ah!, Eeh!, Mmh!, Bah!, Toh!, …”) e delle espressioni ridondanti (“Cioè, Dunque, Ecco, Quindi, Perché,…”). A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 30 Dimmi e dimenticherò. Fammi vedere e forse non ricorderò. Coinvolgimi e capirò. Proverbio dei Nativi americani 2.3 EROGAZIONE III CHIUSURA I APERTURA II SVILUPPO 2.3.1 Apertura Il momento dell’apertura serve a porre le fondamenta che devono sorreggere l’intero percorso che ci si accinge a costruire con la collaborazione dei partecipanti. È in questa fase che viene stipulato il cosiddetto “contratto informativo/formativo” con i partecipanti che rimane in vigore per l’intera durata dell’intervento. APERTURA P PRESENTAZIONE – Saluti: “Buona giornata a tutti”, ecc. – Presentare o se stessi: nome e cognome e accenni sulla propria storia personale e professionale; o il Comando dei vigili del fuoco con il quale si collabora per promuoverne la conoscenza e la cultura della sicurezza; o il programma dell’intervento (cenni generali sugli argomenti che si tratteranno). A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 31 A ASPETTATIVE – Chiedere ai partecipanti di: o presentarsi; o dire se conoscono già i vigili del fuoco e i vari argomenti che si sono accennati; o precisare se e che cosa si aspettano da questo incontro. M METODO – Dire, in linea generale, come si procederà nell’intervento: – o esposizione di alcuni argomenti; o proiezione di diapositive/slides: o utilizzazione di “oggetti” (DPI, ecc); o costante confronto. Sottolineare la propria disponibilità a soddisfare ogni curiosità e sollecitare la formulazione di domande, soprattutto se qualche concetto che viene detto non risultasse chiaro. – Chiedere ai partecipanti di non parlare tutti insieme nel fare le domande e di aspettare che il proprio compagno/collega abbia terminato prima di intervenire, altrimenti diventa difficile ascoltarsi e comprendersi. O OBIETTIVI – Delineare le finalità dell’intervento, ad esempio: o identificare le strutture dei vigili del fuoco presenti sul proprio territorio e le attività che svolgono in modo da potersene avvalere, se necessario, in modo consapevole; o condividere con Amministrazione A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI (P.A.) questa la Pubblica cultura della 32 sicurezza che, essendo un bene comune, necessita, per essere salvaguardata e promossa, della collaborazione attiva di tutti i cittadini. R REGOLE – Concordare le regole per facilitare il lavoro: o orari e pause; o abbassare, quando presenti, la suoneria dei cellulari e se necessario rispondere uscendo dalla stanza in cui si realizza l’intervento in modo da non interrompere la presentazione. 2.3.2 Sviluppo La fase dello sviluppo è quella relativa alla vera e propria presentazione progettata che deve essere realizzata in modo flessibile per adattarla alle esigenze dei partecipanti. Essere flessibili non significa non tener conto degli obiettivi da perseguire o tralasciare gli argomenti previsti, ma, nel tempo a disposizione, modificare la loro successione, decidere se avvalersi completamente o solo in parte dei sussidi visivi preparati, presentare altri esempi o utilizzare quelli che emergono dal gruppo. In questa fase, inoltre, è richiesta l’abilità di gestire tutti quegli aspetti imprevisti che esulano da qualsiasi programmazione ad hoc. a) «Lei», «tu», «noi» Dare del “lei” alle persone è una forma di rispetto, ma può essere anche un modo per mantenere le distanze da coloro di cui non ci fidiamo o con cui non vogliamo avere nessun tipo di legame. Il “tu” è una forma più confidenziale usata prevalentemente con coloro che consideriamo nostri pari, anche se può essere una formula con cui esprimere una minore considerazione verso chi reputiamo “inferiore” a noi sotto qualche aspetto rilevante. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 33 Data questa possibile ambiguità, è sempre opportuno chiedere sempre ad ogni gruppo, indipendentemente dall’età dei componenti, se va bene a tutti darsi del tu. Esempi: “Possiamo darci del tu?”. “Vi va bene se ci diamo del tu?”. “Siete d’accordo di chiamarci per nome?”. Nei gruppi composti da bambini e anziani tale domanda può essere formulata al termine dell’apertura. Nei casi di indecisione si deve dare inizialmente del “lei” e aspettare la prima domanda che ci viene rivolta dai partecipanti con il “tu” per chiedere all’intero gruppo se preferiscono che ci si dia del lei o del tu. Nel’intervento, quando parliamo, è funzionale usare la prima persona plurale “noi”, perché comunica ai partecipanti che l’informatore non si pone come soggetto esterno che impartisce nozioni, ma come membro del loro stesso gruppo con cui condivide una medesima finalità raggiungibile con il contributo di tutti, pur nel rispetto dei diversi ruoli. Esempio: “Perché se abbiamo i piedi scalzi e il pavimento è bagnato non dobbiamo toccare utilizzatori elettrici come, ad esempio, la lavatrice?”. b) Domande e riformulazione L’uso delle domande è centrale nello sviluppo del percorso informativo sia per guidare nella scoperta di concetti sia per verificare se ciò che è stato esposto è stato effettivamente compreso dai partecipanti. Le domande vanno rivolte sempre all’intero gruppo con un tono di voce e un atteggiamento rassicurante e non alle singole persone, perché potrebbero sentirsi in imbarazzo o viverle come un giudizio sulle loro capacità davanti al resto del gruppo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 34 Esempio: • “Chi mi sa dire qual è il numero di telefono da digitare per chiamare i vigili del fuoco?”. Le domande sono essenzialmente di due tipi: – domande aperte: consentono qualsiasi possibile risposta, perché lasciano alla persona la libertà di rispondere come desidera rispetto all’argomento proposto. Esse permettono di costruire un clima colloquiale e di fiducia, oltre a fornire all’informatore indicazioni sul punto di vista e sulle aspettative dei partecipanti. Esempi: • “Come …?”; “Che cosa…?”; “Quale…?”; “Chi…?”; “Dove…?”; “Quando…?”; “Mi puoi spiegare…?”; “Mi puoi raccontare…?”; – domande chiuse: permettono di focalizzare l’attenzione su uno specifico dato, perché pongono la persona dinanzi a un’alternativa determinata. Restringendo il campo di indagine, possono aiutare a specificare le informazioni di carattere più generale ottenute con le domande aperte. Esempi: • “Hai detto…?”; “Hai fatto…?”; Hai eseguito le istruzioni per…?”. Nel caso che siano i partecipanti a porre domande o obiezioni è essenziale verificare di aver compreso bene ciò che ci viene detto chiedendo, nel dubbio, esempi concreti in modo da avere precisi punti di riferimento su cui riflettere o usando la riformulazione. La riformulazione è un intervento che consiste nel ridire con altre parole, e in maniera più concisa o più chiara, ciò che il proprio interlocutore ha appena detto per ottenerne l’accordo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 35 Tramite la riformulazione: chi ascolta verifica se ha compreso correttamente ciò che gli è stato comunicato; chi esprime il proprio pensiero ha la prova che lo si sta comprendendo ed è così portato ad esprimersi ulteriormente. Esempi: – “Se ho compreso bene…”; – “Lei mi vuol far capire che…”; – “È questo che lei sta dicendo?” – “Lei, in sintesi, si domanda se….” – “Quello che dice si potrebbe esprimere in questo modo…?”. Per comunicare alla persona che ci sta rivolgendo una domanda o un’obiezione che le prestiamo la massima attenzione si può fare un passo verso di lui. La risposta, invece, va data: personalmente riprendendo la posizione occupata precedentemente e rivolgendosi all’intero gruppo per non dare l’impressione che ciò di cui si sta parlando riguarda solo l’informatore e il singolo partecipante; indirettamente chiedendo al gruppo di dire che cosa ne pensa di quello che è stato detto; rimandando al termine dell’intervento la risposta se questa rischia di affrontare temi non pertinenti con quelli previsti nella presentazione. c) Sussidi visivi I sussidi visivi aiutano ad attirare l’attenzione dei partecipanti e a rafforzare il messaggio verbale, perché rinforzano i vari argomenti attraverso frasi semplici, oltre a “rendere reali” alcuni concetti attraverso le immagini. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 36 Vedere e udire insieme aiuta in modo considerevole il processo di memorizzazione, ma si deve evitare di trasformare l’intervento nella sola lettura dei sussidi visivi. Proiezione di diapositive (slide): o garantiscono un'alta definizione delle immagini; o favoriscono un elevato impatto emotivo; o facilitano la memorizzazione a lungo termine. La loro proiezione non deve essere continua, ma per le parti previste di maggior rilevanza del discorso. Il suo uso va alternato a confronti con il gruppo, all’utilizzo di eventuali altri sussidi, come la lavagna a fogli mobili, per evitare che la concentrazione dei partecipanti diminuisca. Lavagna a fogli mobili o permette di costruire il percorso insieme ai partecipanti; o è adatta ai momenti di forte interattività; o facilita il riepilogo e la sistematizzazione dei concetti. La lavagna a fogli mobili, rispetto a quella classica delle aule scolastiche, consente di recuperare i fogli precedentemente scritti per eventuali riepiloghi. Rispetto alle diapositive, (slide) che prevedono una specifica successione, si adatta maggiormente alle esigenze di approfondimento e di analisi che emergono nei singoli gruppi. Chi gestisce la comunicazione può utilizzare, come promemoria, anche dei propri appunti che può lasciare sulla cattedra/tavolo per consultarli nei vari momenti o tenere in mano in alcune fasi dell’intervento. In questo ultimo caso, per non dare l’impressione di “leggere” perché non si padroneggia l’argomento, è importante tenere i fogli di lato al corpo per leggere alcune frasi e poi abbassarlo per argomentare quanto letto guardando il gruppo. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 37 IN PIEDI DAVANTI SGUARDO RIVOLTO ALL’IMMAGINE VERSO IL GRUPPO PROIETTATA E IN PIEDI DI LATO ALL’IMMAGINE SEDUTI E SCHERMO A 45° E ORIENTATI VERSO INFORMATORE AL L’IMMAGINE CENTRO RIVOLTO PROIETTATA VERSO IL GRUPPO SCRIVERE 115 SCRIVERE GIRANDO LE MANTENEDO LO SPALLE AL SGUARDO VERSO IL GRUPPO GRUPPO TENERE IL FOGLIO TENERE IL FOGLIO DA LEGGERE DA LEGGERE DI LATO DAVANTI A SÉ Nella presentazione è importante variare gli stimoli all’incirca ogni 20 minuti e fare una breve pausa di almeno 15 minuti dopo ogni 90/120 minuti di presentazione, in quanto l’attenzione e concentrazione tendono a diminuire considerevolmente e la persona ha bisogno di riposarsi. Questi tempi indicativi di lezione possono essere anche inferiori ai 90/120 minuti se l’intervento informativo si svolge subito dopo i pasti o dopo momenti della giornata che hanno già visto impegnati i partecipanti in varie attività. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 38 Un’attenta osservazione dei partecipanti permette di rilevare i vari momenti di stanchezza che possono essere gestiti proponendo di anticipare le pause concordate. 2.3.3 Chiusura Questo momento non deve essere considerato secondario nei vari interventi informativi. Gli ultimi 10/15 minuti di intervento dovrebbero essere dedicati per: un breve riepilogo degli argomenti trattati; la sollecitazione di domande di chiarificazione da parte di chi ha ancora dei dubbi su quanto affrontato nella presentazione; la domanda rivolta a tutto il gruppo su come hanno vissuto questo momento informativo lasciando ad ognuno la libertà di scegliere se rispondere o meno; il ringraziamento per il tempo trascorso insieme. A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 39 BIBLIOGRAFIA GENERALE Saggi AA.VV., La comunicazione, La Nuova Italia, Firenze 1994 ANOLLI L., Psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2000 BENNETT M.J. (a cura di), Principi di comunicazione interculturale, Franco Angeli, Milano 2002 CASULA C., I porcospini di Schopenhauer, Franco Angeli, Milano 2003 CASTAGNA M., Progettare la formazione, Franco Angeli, Milano 2002 DILTS R.B., Come condurre una presentazione efficace, Franco Angeli, Milano 2004 GARDNER H., Sapere per comprendere. Discipline di studio e disciplina della mente, Feltrinelli, Milano 2001 KNASEL E.-MEED J.-ROSSETTI A., Apprendere sempre, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002 HARRIS T.A., Io sono OK, tu sei OK, BUR, Milano 2004 NENZIONI F., L’arte della persuasione, Franco Angeli, Milano 1997 MANDEL S., Parlare in pubblico sicuri, preparati o organizzati, Franco Angeli, Milano 2000 TASSAN R., Per una semantica del corpo. Segni, segnali e linguaggi non verbali, Franco Angeli, Milano 2005 WATZLAWICK P.-BEAVIN J.H.-JACKSON D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971 Manuali FORNARI G., La nuova comunicazione pubblica, Il Sole 24 ore, Milano 2004 ROLANDO S. (a cura di), Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, Etas, 2001 A cura di: dott.ssa Raffaella MARRAONI 40
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