I globalisti stanno agitando il Palazzo

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IL CAFFÈ
9 marzo 2014
economia
La nuova legge federale sull’imposizione secondo il dispendio
La nuova Legge del 28 settembre 2012, per la quale sono trascorsi infruttuosi i termini
di referendum, ha significato la volontà del Parlamento svizzero di:
mantenere l’istituto
dell’imposizione
secondo il dispendio
inasprire i metodi indiretti
per determinare il dispendio
fissare un reddito minimo
imponibile di CHF 400'000
portare ad una maggiore
armonizzazione tra i cantoni
tener conto
dell’imposta sulla sostanza
non permettere più
ai cittadini svizzeri provenienti
dall’estero di beneficiarne
La situazione in Svizzera
Procedura legislativa in corso
Imposizione dispendio abolita
Imposizione dispendio mantenuta
Ti-Press
Fonte: Kpmg.com
I globalisti stanno agitando il Palazzo
Superricchi da 50 milioni di imposte, così la politica rincorre le “galline dalle uova d’oro”
LA TENDENZA
Dal 2009
ad oggi, sono
cinque i cantoni
ad aver abolito
la modalità di
tassazione per
i “globalisti”,
i super ricchi
LA PROPOSTA
Anche il Ticino
potrebbe
adeguarsi,
il Movimento
per il socialismo
ha proposto
l’abrogazione
questo metodo
LA VOTAZIONE
Presto si andrà
alle urne per
un’iniziativa che
vuole evitare
che sia ancora
concessa ai
ricchi questa
tassazione
rale di tassazione forfettaria che
stabilisce la nuova soglia del dispendio minimo a 400'000 franchi, prima era 300’000.
In Ticino, l’iniziativa del deputato
Matteo Pronzini (Mps), che propone l’abolizione della tassazione
forfettaria, ha ulteriormente scaldato gli animi. Recentemente Lorenzo Quadri, consigliere nazio-
nale della Lega, ha scritto: ”I globalisti, sono molto mobili. Se
dunque la Svizzera abolirà le tassazioni sul dispendio, queste ‘galline dalle uovo d’oro’ semplicemente se ne andranno altrove,
dove verranno accolti a braccia
aperte”. Un pensiero condiviso
largamente nelle Commissioni
tributi del Consiglio Nazionale e
del Consiglio degli Stati, che hanno raccomandato al popolo e ai
cantoni di bocciare l’iniziativa.
Anche tra i politici ticinesi prevale
questo indirizzo, seppure con
qualche distinguo: “Non credo
che prenderò posizione su questo
tema, sia perché lo conosco poco,
sia perché ammetto che l’iniziativa, convincente o no che sia, è
L’intervista
Matteo Pronzini, deputato per il Movimento per il socialismo
GIORGIO CARRION
Presto il popolo sarà chiamato a
votare sull’abolizione dell’imposizione secondo il dispendio, meglio nota come ‘tassazione dei
globalisti’. Sono i 5600 supericchi
stranieri che, trasferiti in Svizzera,
pagano sull’ammontare delle
spese sostenute, che determinano il reddito e la sostanza effettivi.
Negli ultimi anni, cinque cantoni
- Zurigo nel 2009, Sciaffusa nel
2011, Appenzello Esterno, Basilea
Città e Basilea Campagna nel
2012 - hanno abrogato questo
tipo di tassazione. Altri, San Gallo,
Turgovia, Lucerna e Berna, hanno
invece inasprito il tetto di accesso
alla tassazione speciale. In Ticino
è stata presentata una proposta di
abrogazione dal Movimento per il
socialismo.
Un’iniziativa popolare nazionale
denominata “Basta ai privilegi fiscali dei milionari” porterà comunque gli svizzeri alle urne.
Tema complesso, dove prevalgono nel dibattito
fattori ideologici: i
privilegi dei ricchi,
su tutti. Ma anche
argomenti tecnico
fiscali, perché la
tassazione forfettaria attira i possessori di ingenti
capitali e di attività
finanziarie e imprenditoriali, genera reddito e posti di lavoro, oltre
ad un gettito per le casse della
Confederazione di circa 700 milioni di franchi - di cui circa 30
milioni in favore delle casse ticinesi e 20 dei Comuni. In Ticino
questi supercontribuenti sono
877.
Dal primo gennaio, però, è entrato in vigore il nuovo regime fede-
I consumi
Il dibattito
“Si tratta di un’ingiustizia da sanare”
Ti-Press
“Le ragioni di questa nostra coerente battaglia
di equità fiscale, sono molto semplici. In primo
luogo vi è una ragione di parità di trattamento
tra tutti i cittadini”. Matteo Pronzini, deputato
in Gran consiglio per il Movimento per il socialismo, è il promotore anche di un’iniziativa
parlamentare a livello cantonale. Che però, accusa, è “insabbiata”.
Perché è così ostile a tributi importanti e sicuri?
“Perché sono un privilegio. La parità di trattamento non riguarda solo le modalità di calcolo
dell'imposta da pagare, ma, soprattutto, l’ammontare dell’imposta. Chi sceglie questo tipo
di imposizione, lo fa con la prospettiva di non
pagare più di un determinato ammontare di
imposte. Una somma che, sicuramente, è di
gran lunga inferiore a quanto avrebbe dovuto
pagare con una normale imposizione”.
Non teme l’esodo degli 800 Paperoni ticinesi?
“Assolutamente no. E la prova ci è data dalle
decisioni prese dal parlamento cantonale. Nel
corso degli ultimi due anni si è aumentata la
soglia minima dell’imposizione forfettaria da
200’000 a 400’000 franchi. Malgrado questo aumento, che rimane in tutti i casi irrisorio visto
che stiamo parlando di personaggi con fortune
milionarie o addirittura miliardarie, il numero
dei ‘globalisti’ in Ticino aumenta”.
Ma non c’è il rischio di un ulteriore calo del
gettito fiscale…
“La questione fiscale è un aspetto secondario
della loro presenza in Svizzera e in Ticino. Sono
altri i criteri che spingono queste persone a stabilirsi in Ticino: clima, discrezione, ambiente
favorevole agli affari, qualità della vita, sicurezza e altri fattori. A questo proposito l’esempio
del Canton Zurigo è eloquente. Questo cantone ha abolito la tassazione forfettaria. Una parte dei globalisti è partita, ma le imposte di quelli rimasti, che finalmente hanno pagato le imposte sul reddito e la sostanza effettivi, sono
complessivamente aumentate”.
dettata da motivazioni più che rispettabili. Personalmente – in
base a quanto posso giudicare
oggi – credo comunque che voterò di no”, afferma, Franco Celio,
deputato Plr in Gran Consiglio.
Che aggiunge: “Dato che questi
contribuenti non hanno legami
particolari con il Cantone, ‘scacciarli’ col rischio di una perdita di
gettito fiscale mi sembra poco intelligente. Semmai occorrerebbe
destinare diversamente tali entrate: a vantaggio non solo del Comune di domicilio, più o meno
fittizio, ma, ad esempio, della perequazione intercomunale”. Il
giovane gran consigliere pipidino
Marco Passalia, avverte: “Mi auguro veramente che venga evitato
un autogol strepitoso che potrebbe far ridere sotto i baffi altri Paesi. In una partita contro tutti, dove
già si è in svantaggio, non è certo
d’aiuto un’autorete da parte di un
compagno di squadra. Senza i
globalisti le casse pubbliche
perderebbero entrate ingenti,
visto che già oggi il loro contributo fiscale corrisponde a quasi il 50% delle imposte riscosse
dalla popolazione più povera”.
“Respingendo l’iniziativa che
chiede di abolire i forfait fiscali
– afferma la consigliera nazionale socialista Marina Carobbio - la maggioranza della commissione dell’economia e dei
tributi del Consiglio nazionale
difende i privilegi fiscali a favore degli stranieri facoltosi e non
fa gli interessi della maggioranza della popolazione. In quei
cinque Cantoni in cui questi
privilegi sono stati aboliti, non
si è verificata la catastrofe fiscale paventata, perché le perdite
sono state chiaramente compensate attraverso le tassazioni
ordinarie.”
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Il Salone di Ginevra appena concluso consolida lo slancio delle immatricolazioni di inizio anno
Il vento europeo sul mercato dell’auto sembra,
finalmente, soffiare nel senso giusto. E il salone
di Ginevra appena concluso è stato il palcoscenico di un nuovo trend con una raffica di anteprime. Nuovi modelli che consolidano l’entusiasmo per quelle 935mila nuove immatricolazioni
continentali che, già in gennaio, segnano per la
prima volta dopo tanto tempo un indice positivo: +5,5%. Una percentuale non riscontrata in
Svizzera che, ovviamente, non può certo parametrare i suoi risultati con un mercato europeo
reduce da annate con vendite negative a due cifre.
“Che il mercato europeo riprenda forza non può
che farci piacere, ma i nostri risultati di vendita
non possono essere confrontati con quelli continentali - commenta Walter Robbiani, del comitato Upsa Ticino -. C’è un ottimismo comunque
prudente, perché la crisi economica internazionale non si può certo dire finita. Infatti, basta
guardare le previsioni di vendite per il 2014 per
constatare che le stime sono decisamente prudenziali”. Effettivamente le proiezioni delle immatricolazioni europee per l’anno in corso prevedono un più che realistico 1,8%. Una percentuale apparentemente modesta, quasi scara-
Ora il vento europeo
rimette in moto
il mercato dell’auto
mantica, comunicata dai produttori solo dopo
aver evitato la partenza lenta dell’inizio 2013. Fatto
sta che a gennaio si è assistito al quinto mese consecutivo di crescita a livello europeo e i cinque maggiori mercati hanno chiuso in crescita.
“Le politiche di mercato, in realtà, sono sempre più concentrate sui modelli e su target mirati di fasce di clientela - aggiunge Robbiani -. Se l’inizio
del 2014 rappresenta un motivo sia pure prudente di ottimismo per l’auto in Europa, per la
Svizzera, cui le case produttrici in questi anni hanno guardato come un’isola felice, basterebbe man-
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tenere le quote di mercato dello scorso anno: oltre 300mila auto nel Paese e circa 25mila in Ticino. Un altro segnale d’ottimismo per il mercato
interno, poi, é che le principali case per salvaguardare le posizioni sul mercato elvetico ci riconoscono condizioni decisamente favorevoli.
Rispetto a tre anni fa un’auto costa anche il 20%
in meno. Insomma, questo 2014 potrebbe essere
l’anno dell’ affare per l’acquisto dell’automobile
nuova”. I dati trasmessi dall’Acea, l’Associazione
dei produttori europei, però, precisano che solo
alcuni tra i mercati principali evidenziano buoni segnali di ripresa con addirittura un +7%:
Gran Bretagna, Spagna e Germania.
Manca all’appello, tra i grandi, la Francia, che ha
registrato un misero +0,5% , e resta in mezzo al
guado il mercato italiano che, pur registrando
una crescita del 3,2%, vede in controtendenza
sia rispetto al mercato europeo che a quello nazionale, il gruppo Fiat che a gennaio ha registrato un calo dell’1,8% con una quota di mercato al
6,2%. Addirittura in discesa rispetto al 6,6% di
gennaio dell’anno precedente. Tra i maggiori
gruppi in Europa solo General Motor (-5,4%) ha
fatto peggio della casa automobistica di Torino.
Pardon, ora di Detroit.
e.r.b.
LORETTA
NAPOLEONI
L’unica arma
anti Putin
è disponibile
a Londongrad
La retorica antirussa degli ultimi giorni fa tornare in mente quella anti sovietica degli
anni della guerra fredda. Da
una parte il capitalismo puro
del libero mercato, sposato
alla democrazia, e dall’altra il
comunismo oppressivo del
totalitarismo sovietico. Peccato che oggi non sia più
possibile vendere all’opinione pubblica una contrapposizione così netta e semplice.
Il destino finanziario dei centri strategici occidentali, primo fra tutti la City di Londra,
dipende dalle sorti degli oligarchi russi, che in massa si
sono riversati nella capitale
britannica per spendere le
fortune accumulate, e mantenute, grazie ai favori reciproci scambiati con il Cremlino.
In realtà la Russia che Vladimir Putin sta ricreando è
quella zarista e la sua aristocrazia ha scelto Londra, come quella vecchia scelse Parigi, quale base finanziaria.
Pochi numeri illustrano questa situazione. 110 miliardari
russi controllano il 35 per
cento della ricchezza nazionale,
gran parte di questa è custodita
all’estero, in particolare a Londra.
Ciò spiega
perché il reddito medio
russo, quello compreso tra i più
ricchi ed i più poveri, era nel
2013 pari ad appena 870 dollari l’anno. Londra, ribattezzata Londongrad, è ormai
una colonia russa tanto che
tra le barzellette che circolano sulla crisi in Crimea c’è
quella che prevede un intervento armato ed un referendum per l’annessione di Londra alla Russia. Referendum
indetto da Putin per proteggere gli interessi della maggioranza degli abitanti della
capitale, tutti di etnia russa e
non più anglosassone.
Ai tempi dell’Unione Sovietica la situazione era completamente diversa, perché la
ricchezza di quella nazione
non era custodita in Occidente, ma soprattutto perché
l’élite sovietica viveva in Russia. Che significa tutto ciò?
Che l’Europa ha in mano
un’arma che prima non aveva: può privare questa élite
dei privilegi che gode in Occidente, congelare le sue ricchezze e costringerla a deporre il nuovo zar. Naturalmente questa strategia produrrebbe il fuggi fuggi da
Londra anche dei super ricchi di altre nazioni. Chi potrebbe assicurare i cinesi che
lo stesso trattamento non
verrà loro riservato in circostanze simili? E qui ci troviamo di fronte al grande dilemma di sempre: valgono di più
i principi democratici e di libertà o il denaro? Putin, che
è una vecchia volpe, è certo
che la risposta sia il denaro e
forse anche per questo sembra ignorare le minacce europee e degli Usa. Ma in questa crisi post guerra fredda
ancora non è stata detta l’ultima parola. Tutto è ancora
possibile, chissà, forse anche
un miracolo diplomatico.