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9 L’indice OCRA
9.1 Il quadro generale per l’analisi dell’esposizione a movimenti ripetitivi: definizioni, analisi organizzativa e il modello generale di calcolo
L’indice OCRA è il metodo di analisi e valutazione del rischio da
esposizione a compiti ripetitivi più preciso. Gli autori del metodo lo hanno
infatti creato per primo, sviluppando successivamente metodi semplificati,
come i vari modelli di checklist OCRA. In questo manuale, più dedicato ai
modelli di analisi semplificati, si è pensato di aggiungere anche un capitolo
dedicato al metodo originale, che consentirà agli utilizzatori più esigenti di
lavorare con una più alta precisione, specie quando si tratti di riprogettare
posti di lavoro o meglio direttamente in fase di progettazione. L’indice
OCRA è di fatto dedicato, in particolare modo, agli analisti che devono
progettare contenuti e tempi dei cicli di lavoro. In questo modo potranno
controllare e gestire non solo la produttività ma anche i livelli di rischio, la
probabilità di ammalarsi e quindi i costi. Con questo metodo si offre di
fatto l’opportunità di affrontare una vera e propria analisi costi e benefici.
Tenuto conto degli orientamenti della più qualificata letteratura
sull’argomento, come anche per la checklist OCRA, è possibile affermare
che, per la descrizione e la valutazione del lavoro comportante un
potenziale sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, si devono
identificare e quantificare i seguenti principali fattori rischio che,
considerati nel loro insieme, caratterizzano l’esposizione lavorativa in
relazione alla rispettiva durata all’interno del tempo netto di lavoro
ripetitivo:
-
frequenza di azione elevata;
uso eccessivo di forza;
posture e movimenti degli arti superiori incongrui e/o stereotipati;
fattori di rischio complementari;
carenza di periodi di recupero adeguati.
1
DEFINIZIONI ORGANIZZATIVE
LAVORO ORGANIZZATO O MANSIONE:
l’ insieme organizzato di attività lavorative, svolte in un turno o periodo di lavoro; può essere composto da uno o
più compiti lavorativi, denominato, anche, ”mansione”.
COMPITO LAVORATIVO:
specifica attività lavorativa finalizzata all’ottenimento di uno specifico risultato (es. cucitura di una parte di un capo di abbigliamento, carico e scarico di un pallet, etc.).
Si identificano:
COMPITI RIPETITIVI: caratterizzati da cicli (indipendentemente dalla loro durata) con azioni degli arti superiori o dalla ripetizione dello stesso gesto lavorativo per buona parte del tempo (più della metà).
COMPITI NON RIPETITIVI: caratterizzati dalla presenza di azioni degli arti superiori non cicliche.
CICLO: sequenza di azioni tecniche degli arti superiori che viene ripetuta più volte sempre uguale a se stessa.
TEMPO DI CICLO: tempo totale assegnato per lo svolgimento della sequenza delle azioni tecniche che caratterizzano il CICLO: comprende tempi attivi e tempi passivi e tutti gli altri parametri eventualmente utilizzati per determinare la CADENZA.
AZIONE TECNICA:
azione comportante attività degli arti superiori; non va identificata col singolo movimento articolare ma con il
complesso di movimenti di uno o più segmenti corporei che consentono il compimento di una singola operazione
lavorativa.
FATTORI DI RISCHIO PRINCIPALI
FREQUENZA:
numero di azioni tecniche per unità di tempo (n. azioni per minuto).
FORZA:
sforzo fisico richiesto al lavoratore per l’esecuzione delle azioni tecniche.
POSTURA:
il complesso delle posture e dei movimenti utilizzati da ciascuna principale articolazione degli arti superiori per
compiere la sequenza di azioni tecniche che caratterizzano un ciclo. Il fattore di rischio è determinato dalla
presenza di posture e movimenti incongrui per un tempo significativo
STEREOTIPIA
è determinata dal ripetersi dello stesso gesto o gruppi di gesti lavorativi per buona parte del tempo
CARENZA DI PERIODI DI RECUPERO:
il periodo di recupero è un periodo di tempo, all’interno di un turno lavorativo, con sostanziale inattività degli arti
superiori (in pratica gli arti non svolgono azioni tecniche). Il fattore di rischio è la mancanza o l’insufficienza della
durata e distribuzione di periodi di recupero.
FATTORI COMPLEMENTARI: sono fattori non necessariamente sempre presenti nei compiti ripetitivi. La loro
tipologia, intensità e durata determina un incremento del livello di esposizione complessiva.
Tabella 9.1 – Significato delle principali definizioni di termini ricorrenti
nella valutazione dell’esposizione.
L’indice OCRA è il risultato del rapporto tra il numero assoluto di Azioni Tecniche Attualmente svolte in un turno di lavoro (ATA) e il corrispondente numero di Azioni Tecniche specificamente Raccomandate (RTA).
In pratica:
2
ATA
OCRA = -------RTA
Il numero complessivo di Azioni Tecniche Attualmente svolte nel turno
(ATA) è un dato noto e ricostruito tramite l’analisi organizzativa. In ogni
caso:
ATA =  (Fj  Dj)
ove:
Dj = la durata netta (in minuti) del compito j ;
Fj =è la frequenza media di azioni al minuto del compito j.
Per calcolare RTA (numero complessivo di azioni tecniche raccomandate nel turno) si adotterà la seguente formula generale:
n
RTA =  CF  (FoMj  PoMj ReMj  AdMj)  Dj] (RcM  DuM)
J=1
-
ove
n = numero di compiti ripetitivi presenti nel turno;
j = generico (j-esimo) compito ripetitivo degli arti superiori;
CF = costante (30) di frequenza di azioni tecniche per minuto raccomandata in condizioni di riferimento;
FoMj; PoMj; ReMj; AdMj = fattori moltiplicativi, scelti in relazione al comportamento dei fattori di rischio forza, postura, ripetitività (stereotipia), complementari in ciascun j-esimo compito considerato;
- Dj = durata (in minuti) di ciascun j-esimo compito ripetitivo;
- RcM = fattore moltiplicativo per il fattore di rischio “carenza di tempi di recupero” (unico per lavori con 1 o più
compiti);
- DuM = fattore moltiplicativo che tiene conto della durata netta complessiva dei compiti ripetitivi (unico per lavori
con 1 o più compiti);
Per ogni fattore di rischio si tratterà in sostanza, calcolato il punteggio di
rischio, di individuare il corrispondente Fattore Moltiplicativo.
In assenza di problematiche, il Moltiplicatore risulterà pari a 1, non andando in questo caso a modificare il numero delle azioni raccomandate;
all’aumentare del rischio, il moltiplicatore si avvicinerà proporzionalmente
al valore 0, riducendo pertanto il numero delle azioni tecniche raccomandate.
Minori risulteranno le azioni tecniche raccomandate, maggiore sarà
l’indice di rischio finale.
3
9.2 L’analisi del lavoro organizzato: lo studio dei contenuti
del turno, la distribuzione e durata delle pause, il calcolo
del tempo netto di lavoro ripetitivo
La prima fase di analisi del lavoro organizzato, finalizzato allo studio
dei rischi da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori a cui è esposto
un determinato lavoratore, comporta l'individuazione, nel turno lavorativo,
di:
-
orario di lavoro;
compiti lavorativi svolti nel turno (uno o più);
presenza di pause programmate o di altre interruzioni di attività;
presenza di significativi di tempi di attesa o tempi passivi interni al ciclo.
9.2.1 L’orario di lavoro
La descrizione della giornata di lavoro comprende l’individuazione della
distribuzione oraria dei turni (Capitolo 2, Figura 2.10): il turno unico (un
solo turno giornaliero, in genere di 8 ore (480 minuti) con pausa mensa
centrale, non compresa nell’orario di lavoro) o più turni (2, 3 o anche 4).
E’ utile, per una dettagliata analisi successiva dei tempi di esposizione al
lavoro ripetitivo, evidenziare non solo l’orario ufficiale di inizio e fine del
turno, ma anche l’orario effettivo: può accadere infatti che l’operatore inizia a lavorare 5-10 minuti dopo la timbratura (ad esempio per indossare gli
abiti da lavoro) o ancor più spesso che il lavoratore termini il lavoro anche
molti minuti prima dell’orario di chiusura.
Si riporta in Figura 9.1 il primo esempio compilativo del foglio di calcolo fornito, che consente il calcolo finale dell’indice, esempio che continuerà per tutti i fattori di rischio che compongono l’indice.
SCHEMA ORARIO DEL TURNO
Selezionare con una X se TURNO
(selezionando TURNI automaticamente esclude TURNO GIORNALIERO)
x
TURNI
ora ufficiale di inizio
ora reale di inizio
ora reale di fine
ora ufficiale di fine
GIORNATA
6:00
6:10
13:50
14:00
Figura 9.1 –Esempio 9.1: descrizione della durata del turno
4
7:40
durata in ore
9.2.2 Identificazione dei compiti lavorativi presenti in un turno
Lo studio della esposizione lavorativa a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori di un lavoratore o di un gruppo omogeneo di lavoratori,
necessita prioritariamente l’individuazione della presenza di compiti ripetitivi, vale a dire di compiti caratterizzati da:
- cicli con presenza di azioni tecniche a carico degli arti superiori;
- compiti comportanti la ripetizione dello stesso gesto lavorativo per più della
metà del tempo.
Durante il turno di lavoro il lavoratore può svolgere uno o più compiti
ripetitivi: essi vanno singolarmente individuati e descritti in termini di durata netta (in minuti) nel turno.
Allo stesso modo devono essere individuati i compiti lavorativi non ripetitivi e quantificati i relativi minuti di durata nel turno. Tali compiti possono essere ad esempio rappresentati da compiti occasionali (sempre manuali) di approvvigionamento, preparazione, pulizia, trasporto. Tali compiti
non sono considerati ripetitivi e non devono essere conteggiati né come
pause né come tempi di recupero.
Alcuni compiti come quelli di approvvigionamento o pulizia (con caratteristiche intrinseche di compito ripetitivo), se da soli superano i 60 minuti
di durata, devono però essere considerati come compiti ripetitivi aggiuntivi
al principale e valutati con l’indice OCRA
Esistono inoltre alcuni compiti lavorativi (es.: controllo visivo) che non
comportano azioni degli arti superiori. Tali compiti possono essere considerati come periodi di recupero per gli arti superiori e vanno attentamente
quantificati per frequenza e per durata.
9.2.3 Presenza di pause e/interruzione di attività.
Per quanto riguarda la presenza, durante il turno, delle pause “contrattuali” (mensa e pause fisiologiche) e/o di altre interruzioni di attività, è importante studiarne non solo la durata totale ma anche la durata effettiva di
ciascuna interruzione e la distribuzione nel turno.
Qualora esista una distribuzione non programmata delle pause e/o delle
interruzioni di attività è importante riferire quanto meno le caratteristiche
comportamentali medie dei lavoratori durante il turno: tali importanti dati
possono essere ricavati per osservazione diretta o per intervista di un campione significativo di lavoratori.
Il fattore fisiologico e/o fattore riposo o tutte la altre maggiorazioni introdotte nel tempo di ciclo vanno evidenziati, ma possono essere considera
5
ti come tempi di recupero solo quando si concretizzano in pause e/o interruzioni di attività ricorrenti che durino almeno otto o dieci minuti consecutivamente.
In sintesi nello schema descrittivo della distribuzione delle pause e delle
altre interruzioni di attività proposto nella Figura 9.2 vanno perciò evidenziate non solo le pause ufficiali ma, per frequenza e durata, tutte le significative interruzioni di attività di cui mediamente i lavoratori usufruiscono
nel turno.
Occorre infine sommare l'intero ammontare di tali tempi di recupero che
andranno sottratti dalla durata totale del turno per ricavare i tempi netti di
lavoro ripetitivo.
9.2.4 Presenza tempi di attesa o tempi passivi
I tempi di attesa di una macchina (o tempi passivi) in generale non devono essere conteggiati ma vanno inclusi del tempo totale di ciclo (così
come viene definito nel metodo OCRA) o cadenza (così come definito dai
tecnici aziendali) a meno che ogni tempo passivo si ripresenti ciclicamente
e duri almeno dieci secondi consecutivi all'interno di ogni minuto di lavoro
ripetitivo (minimo rapporto 5:1 fra tempo di lavoro e tempo di recupero). In
questo caso, tale periodo può soddisfare la necessità di tempi di recupero
all'interno del ciclo (vedi oltre nello specifico paragrafo dedicato alla trattazione dei tempi di recupero).
SCHEMA DISTRIBUZIONE DELLE PAUSE
Numero
inizio
fine
1
9:30
9:46
2
3
4
5
6
7
totale
SCHEMA ORARIO DELLA PAUSA MENSA
ora ufficiale di inizio
ora reale di inizio
ora reale di fine
ora ufficiale di fine
min
0:16
0:00
0:00
0:00
0:00
0:00
0:00
0:16
11:50
11:45
12:30
12:20
Figura 9.2 –Esempio 9.1: descrizione e durata delle pause
6
NOTE
0:45
9.2.5 Il calcolo del tempo netto di lavoro ripetitivo e del corrispondente Moltiplicatore di Durata (DuM)
Avendo stimato i contenuti del turno è ora possibile ottenere il tempo
netto di lavoro ripetitivo (Figura 9.3). Nella figura, in cui si riporta un
esempio fittizio (Esempio A) vengono descritte: la durata del turno di lavoro, la distribuzione nel turno delle pause e/o interruzioni di attività programmate, la presenza e durata della pausa mensa, la presenza di attività
considerabili come recupero e la presenza e durata dei compiti manuali non
ripetitivi.
La durata complessiva nel turno di lavoro dei compiti comportanti movimenti ripetitivi degli arti superiori, rappresenta un elemento assai rilevante nel caratterizzare l’esposizione complessiva.
Il modello di calcolo dell’indice si è basato su scenari che prevedono
l’adibizione a compiti manuali ripetitivi per buona parte (circa 7-8 ore) del
turno di lavoro. Poiché tuttavia vi sono contesti in cui ci si può discostare,
anche notevolmente, da tale scenario “più tipico” (es.: straordinario abituale, lavoro part-time, adibizione solo per parte del turno a compiti manuali
ripetitivi) è apparso opportuno inserire uno specifico moltiplicatore che tenesse conto di tali scostamenti dalle più usuali condizioni di esposizione.
La Tabella 9.2 fornisce i parametri per la trattazione del moltiplicatore
per la durata (DuM): si precisa che il tempo in minuti indicato è la somma
del tempo speso durante il turno nell’esecuzione di tutti i compiti ripetitivi
per gli arti superiori.
DESCRIZIONE
MINUTI
UFFICIALE= 480
DURATA TURNO
REALE= 460
UFFICIALE= 10
PAUSE E INTERRUZIONI DI
ATTIVITA'
REALE= 16
TURNO: minuti reali
PAUSA MENSA
GIORNATA: presenza
DA RECUPERO INTERNO AL CICLO
TEMPO CONSIDERABILE RECUPERO
DA ALTRO
LAVORI NON RIPETITIVI
UFFICIALE= 20
REALE= 20
TEMPO NETTO DI LAVORO RIPETITIVO
460
16
45
0
20
379
Figura 9.3 – Esempio 9.1: il calcolo del tempo netto di lavoro ripetitivo.
7
181-240
241-300
301-360
361-420
421-480
> 481
1,3
1,2
1,1
1
0,5
121-180
1,7
1,5
≤120
MOLTIPLICATORE DELLA
DURATA COMPLESSIVA DI
LAVORO RIPETITIVO (DUM)
2
Minuti spesi nel turno in
compiti ripetitivi
Tabella 9.2 – Elementi per la determinazione del moltiplicatore per la
durata complessiva (in minuti) del lavoro ripetitivo nel turno (Du M).
La scelta dei valori del moltiplicatore (DuM) è stata operata dapprima
sulla base di indicazioni, ancorché empiriche, della letteratura (Moore and
Garg, 1995) (CEN, 2002) (ANSI, Z-265, 1995) ed in seguito interpolando,
con una apposita funzione, i valori “base” forniti per 1, 2, 4 e 8 ore, per
scenari di durata più circoscritti.
9.2.6 Il calcolo delle ore senza adeguato recupero e del corrispettivo
moltiplicatore carenza Tempi di Recupero (RcM)
E’ definibile come periodo di recupero quello in cui è presente una sostanziale inattività di uno o più gruppi mio-tendinei altrimenti coinvolti nello svolgimento di precedenti azioni lavorative.
I periodi di recupero possono essere considerati:
a) le pause di lavoro, ufficiali e non, compresa la pausa per il pasto (laddove
esistente ed indipendentemente dalla sua formale collocazione o meno
all’interno dell’orario di lavoro);
b) i periodi di svolgimento di compiti di lavoro che comportano il sostanziale
riposo dei gruppi muscolari impegnati in compiti precedenti (ad es. i compiti
di controllo visivo o compiti svolti alternativamente con uno solo dei due arti);
c) presenza di periodi, all’interno del ciclo, che comportano il completo riposo
dei gruppi muscolari altrimenti impegnati. Tali ultimi periodi (controllo, attesa, tempi passivi…), per essere considerati significativi, devono essere regolari e protratti consecutivamente per almeno 10 secondi per minuto.
Ne discende che l’analisi dei periodi di recupero deve in primo luogo
verificare se essi siano presenti (e per quale durata e distribuzione) già
all’interno del ciclo, per poi esaminare, più macroscopicamente, la loro presenza, durata e frequenza nell’intero turno di lavoro.
La descrizione/valutazione dei periodi di recupero dovrebbe basarsi su:
8
a) descrizione delle effettive sequenze dei compiti ripetitivi, dei lavori non ripetitivi e delle pause nel turno;
b) frequenza e durata dei periodi di recupero nel ciclo (se esistono) e nel turno,
siano essi ufficiali o comunque rappresentino il comportamento effettivamente adottato da buona parte (“moda”) dei lavoratori.
Per ciò che concerne la valutazione dei periodi di recupero, non esistono
in letteratura criteri univoci e definiti: di grande rilievo in tal senso appare il
contributo di Bystrom (1991), in cui si ipotizzano modelli per il disegno di
rapporti ottimali lavoro/riposo, laddove siano coinvolte azioni muscolari
statiche intermittenti (durata attorno ai 3-5 secondi).
Sono ancora carenti al contrario precisi orientamenti, scientificamente
validati, relativi ai periodi di recupero da attivare laddove si sia in presenza
di azioni dinamiche ripetitive (cioè nella maggioranza dei contesti lavorativi).
Una utile indicazione “empirica” al proposito proviene dall’esperienza
Australiana rivolta alla prevenzione delle Repetitive Strain Injuries (RSI).
Un apposito draft della Health and Safety Commission Australiana (Victorian Occ. HSH, 1988), stabilisce anzitutto che non possono essere considerati accettabili periodi di lavoro con movimenti ripetitivi che si prolunghino, senza periodi di recupero, oltre i 60 minuti. All’interno di questo ambito
viene peraltro fornito un criterio generale per cui il rapporto tra tempo di
lavoro (con movimenti ripetitivi) e tempo di recupero deve risultare almeno
di 5:1 (es.: 4:1 va bene, 10:1 non va bene). Un’indicazione del tutto simile è
anche fornita in documenti redatti negli USA dall’ACGH (ACGH, 2000)
ove vengono raccomandate interruzioni di circa 10 minuti ogni ora per lavori manuali ripetitivi.
L’utilizzazione critica di questi due criteri guida, che appaiono del tutto
condivisibili allo stato delle conoscenze attuali e di altre ulteriori indicazioni di letteratura, consente una chiave di interpretazione dei dati descrittivi
raccolti circa la sequenza, durata e frequenza dei periodi di recupero relativi
a cicli con azioni prevalentemente dinamiche.
Nel caso di lavori ripetitivi, i compiti le cui azioni tecniche sono per lo
più costituite da movimenti (e non da mantenimenti) sono ovviamente i più
frequenti. Partendo dalle indicazioni sopraccitate, in caso di lavoro ripetitivo, è consigliabile avere un periodo di recupero ogni 60 minuti con un rapporto di 5 (lavoro): 1 (recupero); ne deriva che il rapporto ottimale di distribuzione di lavoro ripetitivo e recupero è di 50 minuti di lavoro ripetitivo
e di 10 minuti di recupero (Figura 9.4)
9
50 min
LAVORO
10 min rec.
50 min
LAVORO
10 min rec.
50 min
LAVORO
10 min rec.
Periodo massimo (periodo di un ora) per un rapporto 5:1
ecc.
50 sec
LAVORO
10 secrec.
50 sec
LAVORO
10 sec rec.
50 sec
LAVORO
10 sec rec.
Periodo minimo (periodo di un minuto) per un rapporto 5:1
ecc.
Figura 9.4 – Durate massime e minime all’interno del rapporto 5:1 fra
tempo di lavoro ripetitivo e tempo di recupero.
Sulla scorta di questa distribuzione ottimale è possibile costruire criteri
per valutare e quindi classificare secondo punteggi, in una situazione concreta, la presenza di rischio da carente o inadeguata distribuzione dei tempi
di recupero. E’ importante rimarcare che con tale procedura non si vuole
imporre l’adozione di tale ripartizione ottimale fra lavoro e recupero in tutte
lavorazioni caratterizzate da compiti ripetitivi: la sua adozione fornisce
semplicemente un criterio di riferimento per ottenere il punteggio di rischio
per questo fattore.
Tale valutazione presuppone innanzitutto una corretta e precisa analisi
del lavoro così come precedentemente indicato.
Per ricavare il punteggio è stata formulata una semplice procedura di
analisi, che si basa sull’osservare, una ad una, le singole ore che compongono il turno di lavoro e di verificare, per ciascuna di esse, se si svolgono
compiti ripetitivi e se vi sono inseriti adeguati periodi di recupero.
Innanzi tutto si evidenzia che per le ore precedenti l’eventuale pausa pasto (non inferiore ai 30 minuti, altrimenti da considerare come normale
pausa) e il fine turno, il periodo di recupero è determinato da questi due
eventi (la pausa pranzo e la fine del lavoro).
Sulla base della presenza/assenza di tempi di recupero adeguati,
all’interno di ciascuna ora di lavoro ripetitivo analizzata, ognuna ora verrà
considerata rispettivamente “senza rischio” o “a rischio” (per carenza di
periodi di recupero). Il punteggio, nel metodo OCRA, per questo fattore, è
determinato dal numero totale di ore a rischio (in genere da 0 a 6). Più in
particolare se all'interno di ogni ora di lavoro ripetitivo il rapporto tempo di
lavoro/tempo di recupero risulta da 5:1 fino a 6:1, l'ora è considerata senza
rischio (punteggio 0); se il rapporto è compreso fra 7:1 e 11:1 il punteggio è
10
valutabile come 0,5.
Per rapporti lavoro/recupero superiori a 11:1 il punteggio sarà 1 perché
il rapporto è giudicato insufficiente (Tabella 9.3).
RAPPORTO FRA LAVORO E RECUPERO
PUNTEGGIO, PER OGNI ORA
Da 5:1 a 6:1 (8-10 minuti)
Fra 7:1 e 11:1 (5-7 minuti)
Oltre 11:1 (meno di 5 minuti)
punteggio = 0
punteggio = 0,5
punteggio = 1
Tabella 9.3 – Punteggi relativi alla presenza, in un ora, di rapporti differenti fra durata di lavoro ripetitivo e durata dei periodi di recupero.
1°h.
A
2°h
A
10 min di pausa
Pausa pasto
10 min.di pausa
Verranno qui a seguito presentati alcuni esempi di diversa distribuzione
di tempi di recupero e calcolati i relativi punteggi.
In Tabella 9.4 viene riportato un primo esempio di distribuzione dei
tempi di recupero in un turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause
di 10 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio.
3°h.
A
4°h.
A
5°h
6°h.
A
7°h.
A
8°h.
A
9°h.
A
Tabella 9.4 – Primo esempio di distribuzione delle pause. Si sono colorate in grigio chiaro le ore adeguatamente recuperate e in grigio
scuro le ore senza adeguato recupero, che risultano 4.
Il valore che sinteticamente può definire il rischio da carenza di tempi di
recupero, sarà in questo caso pari a 4. Tale valore esprime in quante ore, nel
turno di lavoro, non compare un sufficiente recupero.
Qualora in un turno di 8 ore, interrotto da pausa mensa, non fossero presenti in assoluto altre pause, si avrà un punteggio massimo pari a 6; infatti
l’ora di lavoro seguita dalla pausa mensa, così come l’ultima ora di lavoro
nel turno, possono essere classificate “non a rischio” perché seguite da un
sufficiente periodo di recupero.
In un secondo esempio, riportato in Tabella 9.5, si tratta sempre di un
turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause di 10 minuti, una al
mattino e una nel pomeriggio: le 2 pause di 10 minuti non cadono però a
fine ora ma all’interno dell’ora.
11
2°h
10 min pausa
Pausa pasto
10 min pausa
1°h.
A
3°h.
A
4°h.
A
5°h
6°h.
A
7°h.
8°h.
A
9°h.
A
Tabella 9.5 - Secondo esempio: le pause sono uguali al primo esempio ma sono centrali all’ora.
Anche se la pausa non è alla fine dell’ora, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in questo caso uguale a 4.
La regola generale, indotta dalla necessità di semplificare l’attribuzione
del punteggio, è quindi quella di considerare presente un adeguato recupero, quando vi sia una pausa di lunghezza adeguata all’interno di un’ora, indipendentemente dal punto in cui cada.
In un terzo esempio si consideri un turno unico di 8 ore con una pausa
mensa e 2 pause di 15 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio che cadono all’interno dell’ora. Anche se le due pause sono di durata maggiore, il
punteggio finale non cambia e rimarrà uguale a 4. Un consiglio generale,
per ridurre il rischio è quello di non accumulare i tempi di recupero in poche pause, ma di distribuirle il più possibile all’interno del turno, evitando
di porre pause nell’ora prima della mensa e nell’ultima ora di turno perché
già coperte da adeguato recupero. In questo caso, ben ridistribuendo le 2
pause di 15 minuti ciascuna, in 3 da 10 minuti (il tempo totale delle pause
non cambia), otterremmo una riduzione del punteggio di rischio di un punto
e cioè da 4 a 3.
In un quarto esempio si abbia un turno unico di 8 ore con una pausa
mensa e 2 pause di 20 minuti, una al mattino e una al pomeriggio, che cadono a cavallo fra due ore. Anche se le due pause sono di durata maggiore
e sono a cavallo fra 2 ore di turno, il punteggio finale non cambia e rimarrà
anche in questo caso uguale a 4. Trattandosi infatti di pause di 20 minuti
consecutivi non possono essere considerate di adeguato recupero per entrambe le ore di turno a cui sono “a cavallo”, ma solo per una. Anche in
questo caso, per ridurre il rischio è consigliabile non accumulare i tempi di
recupero in poche e lunghe pause: è invece conveniente distribuirle il più
possibile all’interno del turno evitando sempre di porre pause nell’ora prima della mensa e nell’ultima ora di turno perché già coperte da adeguato
recupero. Ben ridistribuendo le 2 pause di 20 minuti ciascuna, in 4 da 10
minuti (il tempo totale di pausa non cambia), otterremmo una riduzione del
punteggio di rischio di 2 punti e cioè da 4 a 2.
12
2°h
A
3°h.
A
4°h.
A
5°h.
10 min pausa
Pausa mensa
1°h.
A
10 min di pausa
Si consideri ora un quinto esempio, riportato in Tabella 9.6: si tratta un
turno di 8 ore con una pausa mensa di 30 minuti inclusa nel turno e 2 pause
di 10 minuti, una al mattino attaccata alla pausa mensa e una nel pomeriggio proprio a fine turno. Il punteggio di rischio di rischio si eleva da 4 a 5,5
in quanto la pausa attaccata alla pausa mensa (per allungare il tempo di
quest’ultima) viene di fatto conteggiata come un’unica pausa insieme alla
mensa e così la pausa a fine turno non riduce il punteggio di rischio in
quanto l’ultima ora di lavoro è già considerata “recuperata” dal fine turno.
Da notare che esiste di fatto mezza ora non recuperata: l’indice OCRA
consente una alta precisione nel conteggio dei punteggi di rischio e assegna
a questa porzione temporale non recuperata un punteggio pari a 0,5. Questo
punteggio è assegnabile a periodi non recuperati compresi tra 20 e 40 minuti: per meno di 20 non si assegneranno punteggio, per più di 40 il punteggio
sarà pari a 1.
6°h.
A
7°h.
A
8°h.
A
Tabella 9.6 – Quinto esempio: le pause fisiologiche sono una contigua
alla mensa e una a fine turno.
Un sesto esempio affronta l’analisi di un compito in cui tempi di recupero sono all’interno del ciclo.
Si abbia un ciclo di 60 secondi in cui per 50 secondi si svolgono azioni
tecniche con movimenti ripetitivi degli arti superiori (50 azioni tecniche in
50 secondi = 60 azioni/minuto) e per 10 secondi consecutivi gli arti superiori sono in riposo (ad es.: in attesa della lavorazione effettuata dalla macchina). Il compito viene eseguito per un turno di 6 ore senza altre pause. In
questo caso si ha già all’interno del ciclo un rapporto 5:1 fra tempo di lavoro e tempo di recupero.
Pur in assenza di altre “macropause” nelle 6 ore di svolgimento del
compito, la situazione appare adeguata (almeno per gli arti superiori) per
presenza di micropause (costanti per tutta la durata del turno) di almeno 10
secondi consecutivi, con frequenza di almeno 1 v. al minuto in rapporto 5:1
tra tempo di lavoro e tempo di riposo. Si ricorda che i secondi di micropausa all’interno del ciclo, per essere considerabili come tempi di recupero,
13
devono essere consecutivi e ripetuti in modo costante per tutta la durata
del compito: pertanto le ore di lavoro caratterizzate da presenza di adeguate
micropause saranno conteggiate come ore a rischio 0, almeno per il fattore
di rischio “tempi di recupero”. Si evidenzia ancora in questo caso come i
periodi consecutivi all’interno del ciclo, utilizzati come periodi di recupero,
vadano sottratti al tempo di ciclo totale (cadenza) al fine di calcolare correttamente sia la frequenza di azione, con riferimento alla sola parte attiva del
ciclo, sia il tempo netto di lavoro ripetitivo.
In un settimo esempio si affronta l’analisi di un compito in cui tempi di
recupero sono all’interno del ciclo (come tempi passivi) ma non sono consecutivi. Si abbia un ciclo di 60 secondi in cui per 48 secondi si svolgono
azioni tecniche con movimenti ripetitivi degli arti superiori (50 azioni) e
per 12 secondi non consecutivi gli arti superiori sono in riposo. Il compito
viene eseguito per un turno di 6 ore senza altre pause. In questo caso il
tempo passivo, presente in ogni ciclo, non va conteggiato come tempo di
recupero: la frequenza di azione va conteggiata sull’intero ciclo.
Con un ottavo esempio, rappresentato in Figura 9.5, si mostra come sia
possibile calcolare (col foglio di calcolo presentato per il calcolo automatico dell’indice OCRA) il tempo netto di lavoro ripetitivo, quando si è in presenza di tempi di recupero interno al ciclo.
TEMPI DI i RECUPERI INTERNI AL CICLO
CADENZA CALCOLATA
SCRIVERE IL PERIODO di tempo PASSIVO consecutivo in secondi
33,3%
totale secondi tempo ATTIVO medio osservato
66,7%
TOTALE MINUTI DI RECUPERO INTERNO AL CICLO NEL TURNO
nb: per essere presente il tempo di recupero interno al ciclo,
tale numero deve essere = o inf a 6,5
TEMPO CONSIDERABILE COME RECUPERO
DESCRIZIONE
UFFICIALE=
DURATA TURNO
REALE=
UFFICIALE=
PAUSE E INTERRUZIONI DI ATTIVITA'
REALE=
TURNO: minuti reali
PAUSA MENSA
GIORNATA: presenza
DA RECUPERO INTERNO AL CICLO
TEMPO CONSIDERABILE RECUPERO
DA ALTRO
LAVORI NON RIPETITIVI
UFFICIALE=
REALE=
TEMPO NETTO DI LAVORO RIPETITIVO
X
60,0
20,0
40,0
0,0
2,0
126,3
MINUTI
460
16
45
126
20
253
Figura 9.5 – Esempio di calcolo automatico del tempo netto di lavoro
ripetitivo, in caso di presenza di tempi di recupero interni al ciclo.
14
Qualora esistessero dei tempi di “fermo macchina”, ”set-up” o altre interruzioni del lavoro, documentabili (ad esempio cambi di produzione
ecc..), che si ripetono pressoché giornalmente e determinano interruzioni
del lavoro per almeno 8-10 minuti consecutivi, essi possono essere conteggiati come tempi di recupero. L’operatore, ovviamente, non deve eseguire
alcun tipo di attività (es.: rifornimenti del posto di lavoro).
Quando l’organizzazione della distribuzione delle pause è libera e cioè
ogni lavoratore può liberamente distribuire le soste per numero e durata
(essendo nota la durata complessiva), è importante determinare, con intervista o attraverso osservazione, il comportamento medio o modale tenuto
dal gruppo di lavoratori e utilizzare tale dato per calcolare il punteggio.
In alcune situazioni lavorative si è notata la tendenza ad accumulare le
pause appena prima o dopo la pausa mensa o appena prima della fine
dell’orario di lavoro. Questi comportamenti, verosimilmente attribuibili a
motivazioni diverse dalla prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici, andrebbero modificati attraverso iniziative educative e di formazione e/o con
l’organizzazione programmata delle pause: l’accumulo delle pause in prossimità della pausa mensa o dell’ultima ora di lavoro rendono di fatto inutili
i tempi di riposo assegnati al fine di prevenire i disturbi agli arti superiori.
Il rischio risulta incrementato quando il lavoratore, oltre a concentrare le
pause, accelera il ritmo di lavoro, accorciando eccessivamente il tempo di
ciclo, per aumentare la durata del riposo. Per questo motivo, quando esiste
una netta discrepanza tra tempo di ciclo teorico e tempo di ciclo osservato,
è importante analizzare in modo dettagliato il comportamento del lavoratore al fine di valutare oltre la frequenza d’azione a cui esso opera, anche la
durata e la distribuzione reale dei tempi di recupero. Questo studio dettagliato del comportamento del singolo lavoratore nella determinazione del
suo livello “personalizzato” di esposizione, diviene essenziale se si tratta di
un soggetto portatore di patologia degli arti superiori riferibile a sovraccarico biomeccanico e per il quale si debba effettuare uno studio del rapporto
rischio/danno fra patologia ed esposizione lavorativa.
Al numero di ore non accompagnate da adeguato periodo di recupero,
corrisponde un diverso valore del moltiplicatore RcM: una sola ora nel turno
senza adeguato recupero RcM = 0,90; 2 ore nel turno senza recupero RcM =
0,80; ecc.
In Tabella 9.7 vengono analiticamente illustrati i punteggi utilizzati,
come moltiplicatori, in presenza di numero di ore differenti senza adeguato
recupero, presenti in un turno. Si ricorda che per mezza ora senza adeguato
recupero, è utilizzabile il punteggio 0,5.
15
0,25
0,17
7 o più ore
6 ore
6 ore e
mezza
0,3
0,10
5 ore
5 ore e
mezza
0,52
0,45
4 ore
4 ore e
mezza
0,60
0,65
0,80
3 ore
2 ore
0,85
3 ore e
mezza
1 ora e
mezza
0,90
0,70
1 ora
1
0,75
-0,5
MOLTIPLICATORE PER
LA CARENZA DI PERIODI
DI RECUPERO (RCM)
2 ore e
mezza
N. ore senza
adeguato recupero
Tabella 9.7 - Elementi pe la determinazione del moltiplicatore periodi
di recupero (RcM)
9.2.7 Il calcolo del tempo del tempo totale di ciclo o cadenza
In Figura 9.6a e 9.6b si mostrano, con l’esempio A, le sezioni in cui
devono essere indicati i (uno o più) compiti ripetitivi svolti e la loro durata
specifica. Per ogni compito ripetitivo, una volta individuata la durata effettiva, occorre definire quanti pezzi (o insiemi di pezzi/cicli caratterizzanti un
ciclo) devono essere completati in un turno da un singolo operatore.
DENOMINAZIONE DEL
COMPITO
carico scatole e coperchi compressori
% RENDIMENTO
DURATA NETTA
DEL COMPITO (minuti)
%
379
100%
Nr. di pezzi nel
compito o N.CICLI
teorico=
812
REALE
DURATA NETTA DELLA CADENZA (sec)
TEMPO OSSERVATO o PERIODO OSSERVATO
(sec)
DIFFERENZA (%)
100%
28,0
27,0
4%
Figura 9.6a –Esempio A: definizione del compito ripetitivo presente
nel turno, della sua durata e del numero di pezzi e/o ciclo da lavorare.
In generale in azienda è noto il numero di pezzi (o dei cicli) per ora.
Per ottenere il tempo netto totale di ciclo (o cadenza) così come necessario per l’analisi col metodo OCRA, è indispensabile invece conoscere il
numero di pezzi (o cicli) che il lavoratore esegue “effettivamente” nel turno
di lavoro.
La divisione del tempo netto di lavoro ripetitivo per il numero pezzi (cicli) lavorati nel turno, permette di ottenere il tempo totale netto di ciclo
espresso in secondi (Figura 9.6a e 9.6b): tale dato è basilare per il successivo calcolo della frequenza d'azione:
TEMPO NETTO DI CICLO (sec.) = TEMPO NETTO DI LAVORO RIPETITIVO
N PEZZI (O N.CICLI)
16
DENOMINAZIONE DEL
COMPITO
DURATA NETTA DEL
COMPITO (minuti)
%
carico scatole e coperchi compressori
190
50%
% RENDIMENTO
teorico=
REALE
DURATA NETTA DELLA CADENZA (sec)
TEMPO OSSERVATO o PERIODO OSSERVATO
(sec)
DIFFERENZA (%)
100%
DENOMINAZIONE DEL
COMPITO
DURATA NETTA DEL
COMPITO (minuti)
%
montaggio a RENDIMENTO 110
190
50%
% RENDIMENTO
Nr. di pezzi nel
compito O N.CICLI
Nr. di pezzi nel
compito
REALE=
DURATA NETTA DELLA CADENZA (sec)
TEMPO OSSERVATO o PERIODO OSSERVATO
(sec)
DIFFERENZA (%)
100%
406
28,0
27,0
4%
406
28,0
27,0
4%
Figura 9.6b – Presenza di più compiti ripetitivi nel turno: definizione
dei compiti ripetitivi, della loro durata reale e proporzionale e del numero di pezzi e/o ciclo da lavorare per ciascun compito.
Si sottolinea che il numero di pezzi in un turno è quello svolto da un
singolo operatore e non quello svolto dalla linea. Nel caso infatti che durante il lavoro su linea l’operatore venga sostituito da un jolly, durante le pause, il numero di pezzi/turno da considerare è quello realmente eseguito
dall’operatore, sottraendo ad essi quelli fatti dal jolly.
Un passaggio importante prima di trattare l’analisi della frequenza di
azione, è quello di procedere al confronto fra la durata del tempo netto totale di ciclo o cadenza così calcolato e la durata del tempo netto totale di ciclo osservato, quest’ultimo ottenuto osservando ed cronometrando uno o
più operatori dal vero.
L’esistenza di una significativa differenza (oltre il 5% in più o in meno)
fra questi due tempi di ciclo deve portare il rilevatore a riconsiderare i reali
contenuti del turno, in termini di durata delle pause, dei lavori non ripetitivi
ecc.., fino a ricostruire correttamente il comportamento del lavoratore nel
turno. Tale differenza (5%), ad esempio in un turno di lavoro di 8 ore (480
minuti) si concretizza in periodo di circa 20 minuti in cui non è noto cosa
faccia realmente il lavoratore (periodo non breve ma ancora tollerabile).
Quando l’analisi dei comportamenti del lavoratore nel turno è stata condotta correttamente, il tempo netto totale di ciclo calcolato e osservato devono infatti coincidere (tollerato il 5% di differenza prima spiegato). Si ricorda che l’analisi organizzativa, che qui si propone, è esclusivamente finalizzata alla valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti
superiori, che spesso risulta incrementarsi anche per presenza di comportamenti lavorativi ricorrenti e scorretti dovuti a carenza di informazione
preventiva.
17
Di facile riscontro infatti è la tendenza ad accelerare il ritmo di lavoro
per terminare prima possibile i pezzi e prepararsi per tempo all’uscita o per
allungare le pause, ecc.. Uno degli scopi dell’analisi organizzativa qui proposta è infatti quella di evidenziare tali comportamenti, per misurarne il peso in termini di rischio e correggerli se necessario o estenderli se migliorativi.
In presenza di incentivazioni occorre stimare il tempo netto totale di ciclo (o cadenza) in funzione del rendimento stimato (maggiore il numero di
pezzi per turno, minore il tempo di ciclo). In taluni casi può risultare importante calcolare le diverse cadenza che derivano in funzione del rendimento
stimato (positivo o negativo) sia per gruppo di lavoro che, eventualmente,
per singolo addetto.
9.2.6 Come scegliere un ciclo da analizzare
Si abbia un compito consistente nel confezionare in 43 secondi uno scatolone con più oggetti, nel chiuderlo e quindi bancalarlo: è in tal caso consigliabile (dato il tempo breve di confezionamento dello scatolone) considerare come un ciclo il tempo totale di confezione e bancalatura dello scatolone piuttosto che il tempo necessario per porre ogni singolo oggetto
all’interno dello scatolone (Tabella 9.8):
CONFEZIONE DI SCATOLONE
=
1 CICLO
(tempo : 43 sec.)
Preleva oggetto (1 sec.)
Depone oggetto nello scatolone (1 sec.)
Chiude lo scatolone- Preleva scatoloneLo depone sul bancale
Ripete 20 volte
3 secondi
Tabella 9.8 - Confezione di piccoli oggetti in scatolone.
Si abbia invece un compito consistente nel confezionare uno scatolone
con 20 uova di pasqua; a sua volta la confezione di ciascun uovo richiede
60 secondi. Ogni scatolone pieno viene prelevato e depositato su bancale
circa ogni 20 minuti.
Quando per ogni oggetto da confezionare e successivamente inserire in
uno scatolone, si richiede una lavorazione con una serie complessa di azioni tecniche (e conseguenti tempi più lunghi), risulta più significativo considerare la singola lavorazione di un pezzo come ciclo ed il resto delle operazioni (tipo il “depositare scatolone sul bancale”) come azioni aggiuntive ripartite su ogni singolo pezzo (in questo caso 1/20). Quando il tempo di ciclo fosse particolarmente lungo, è possibile considerare il momento di trasporto e di chiusura dello scatolone come compito non ripetitivo e quindi
conteggiarlo come tempo da sottrarre al tempo netto di lavoro ripetitivo.
18
9.3 L’individuazione delle azioni tecniche e calcolo della
frequenza di azione.
9.3.1 identificazione delle azioni tecniche e la scomposizione del
ciclo in micro-fasi.
Una proposta “applicabile sul campo” per misurare la frequenza di
“eventi meccanici” degli arti superiori all’interno del ciclo è quella di contare, in modo estremamente analitico, le azioni tecniche in un ciclo e di riferirle all'unità di tempo (n. azioni tecniche/minuto = frequenza delle azioni
tecniche).
Per studiare la frequenza di azione si individuano perciò le azioni tecniche eseguite nell’unità di tempo: successivamente, per ognuna di esse, si
analizzerà la presenza di posture incongrue, il livello di forza e se sono presenti fattori complementari di rischio.
Risulta pressoché indispensabile, per una descrizione/valutazione accurata delle azioni tecniche, video-filmare l’attività lavorativa e riesaminarla
quindi al rallentatore.
Nel caso che il compito svolto sia tecnicamente complesso è indispensabile procedere alla descrizione delle azioni assieme al personale esperto
di tale compito.
L’azione tecnica è molto vicina, anche se non identica, alla descrizione
degli elementi della tecniche di analisi organizzativa a tempi predeterminati
MTM 2 e MTM-UAS.
Nel Capitolo 4, dedicato alla checklist OCRA, si sono già forniti esempi e definizioni delle più comuni azioni tecniche, sia nel testo che in un allegato specifico posto in fondo al capitolo.
Per cicli lunghi o comunque complessi risulta utile per l’analisi scomporre il contenuto del ciclo in micro-fasi (Capitolo 2, paragrafo 2.7).
In Figura 9.7 si riporta un esempio di scomposizione in fasi relativamente all’esempio A e al compito in esso esaminato.
In Figura 9.8, sempre relativamente all’esempio A, si procede alla individuazioni delle azioni tecniche all’interno di ogni micro-fase.
19
inizio ()
fine
37%
0,00
10,06
10,06
OP.2-CARICO SCATOLE
56%
10,06
25,33
15,27
OP3 AVVIO PULSANTE
8%
25,33
27,46
2,13
durata
% DURATA FASE
SU CADENZA OSSERVATA
OP. 1- CARICO COPERCHI
FASI OPERATIVE (OPERAZIONI/ELEMENTI)
10,06
OP. 1- CARICO COPERCHI
56%
15,27
OP.2-CARICO SCATOLE
TOT.azioni tecniche per ciclo
37%
durata delle
azioni tecniche
(sec)
durata (in sec.)
FASE
FASI OPERATIVE (OPERAZIONI/ELEMENTI)
% DURATA FASE SU CADENZA OSSERVATA
Figura 9.7 – Esempio A: scomposizione del ciclo in micro-fasi
PRENDE 6 COPERCHI DA LINEA
RUOTA 5 COPERCHI
POSIZIONA 5 COPERCHI SU ARTO SINISTRO
RUOTA SESTO COPERCHIO (QUELLO IN DX)
1,60
1,40
1,68
0,34
6,00
5,00
5,00
1,00
POSIZIONA SESTO COPERCHIO IN MACCHINA
PRENDE 4 COPERCHI DALLA SX
RUOTA 4 COPERCHI
POSIZIONA 4 COPERCHI SU MACCHINA
0,34
1,00
1,34
1,34
1,34
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 3 SCATOLE
POSIZIONA SU ARTO SX 3 SCATOLE
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 2 VOLTE 3 SCATOLE
POSIZIONA IN MACCHINA 3 SCATOLE
1
2,18
2,18
2,18
4,36
1
4,00
4,00
4,00
Tot=30
3,00
3,00
3,00
3,00
6,00
3,00
carico scatole e coperchi compressori
Tot=21,
OP3 AVVIO
PULSANTE
8%
2,13
con la sx
TOT= 51
Figura 9.8 – Esempio A: individuazione delle azioni tecniche per l’arto
destro all’interno delle micro-fasi
20
9.3.2 Il calcolo della frequenza di azione e del totale delle azioni nel
turno (ATA)
Dall'analisi del lavoro, così come effettuata nei paragrafi precedenti, risultano già noti:
- il tempo netto di compito ripetitivo;
- il numero di cicli nel compito ripetitivo (o numero dei pezzi lavorati nel turno);
- la durata netta di ciascun ciclo.
Dopo la fase di descrizione delle azioni tecniche presenti in un ciclo, si
procede alla valutazione:
- della frequenza delle azioni nell’unità di tempo: n.azioni per minuto;
- del numero complessivo delle azioni nel compito/i e di conseguenza nel turno
(ATA).
Il risultato che si ottiene è in realtà la frequenza media netta, adottata,
durante un periodo assegnato, per svolgere ciascun compito lavorativo.
Una particolare condizione, nell’analisi delle azioni tecniche e della relativa frequenza, è rappresentata dalle “azioni statiche” (vedi anche Capitolo 4). Sono tali le azioni, di durata continuativa di 5 secondi o più, in cui
rimane sostanzialmente costante il tipo di contrazione muscolare (“contrazione isometrica”), il livello di forza richiesto e la postura dell’arto superiore (CEN, 2000; ISO, 2000).
A titolo esemplificativo si ricorda che eventi come quello descritto (presenza di azioni statiche) ricorrono laddove un arto sia impegnato a tenere
attivamente o “mantenere”, in modo prolungato, un oggetto o uno strumento di lavoro mentre l’altro (in genere il dominante) esegue altre lavorazioni.
In sostanza tra l’azione “prendere” e “posizionare” si viene a evidenziare l’azione “tenere o mantenere in prensione”: quando essa dura consecutivamente almeno 5 secondi. L’arto che tiene l’oggetto risulta impegnato in
una azione statica più o meno prolungata.
Ai fini del conteggio delle azioni tecniche, in tale condizione, si dovranno contare 0,75 azioni per ogni secondo di “mantenimento in prensione”
tramite azione statica (in sostanza 60 secondi di attività statica verranno
considerati come equivalenti a 45 azioni tecniche dinamiche).
21
Per il calcolo della frequenza d’azione al minuto si applichi la seguente
formula :
N. AZIONI CICLO x 60
N. AZIONI/MIN. = -----------------------------------------------------------TEMPO TOTALE DI CICLO (CADENZA)
Nell’esempio A che si sta analizzando, le azioni sono risultate 51, il
tempo totale di ciclo 28 secondi e quindi la frequenza di azione al minuto a
destra risulta pari a 109,3
Frequenza = 51 azioni x 60 sec.
= 109 azioni/min.
28 sec. (tempo totale di ciclo)
Il calcolo successivo prevede la stima del numero complessivo delle
azioni tecniche svolte durante l’intera durata del compito/i ripetitivi e si ricava moltiplicando il valore della frequenza di azione al minuto per la durata (in minuti) del compito ripetitivo.
ATA = n. totale azioni nel compito (e/o nel turno) = 109,3 azioni/min. x 379 min. di lavoro ripetitivo =
……………………………………………………………………… 41424 azioni/turno
In Tabella 9.9 viene descritto un esempio organizzativo in cui, nel turno, vengono svolti due compiti. Per ognuno dei compiti e per ogni arto, sono state conteggiate le azioni tecniche e è stata valutata la frequenza di
azione.
In Tabella.9.10 sono state calcolate le azioni totali svolte nel turno separatamente per i due compiti A e B e per l’arto superiore destro e sinistro.
I valori sono stati ottenuti moltiplicando la durata di ciascun compito
per la rispettiva frequenza d’azione per minuto, ottenendo dapprima i parziali di azioni svolte (nel turno) per quel compito. La somma dei valori parziali consente di ottenere (per ogni arto) il totale delle azioni svolte nel turno (ATA) per più compiti ripetitivi.
COMPITO A; AZIONI TECNICHE NEL CICLO
TOTALE AZIONI
DESTRA
8
TOTALE AZIONI
53,3
DESTRA
6,37
TEMPO DI CICLO TEORICO CALCOLATO
FREQUENZA DELLE AZIONI NEL CICLO
COMPITO B; AZIONI TECNICHE NEL CICLO
SINISTRA
6
9 sec.
TEMPO DI CICLO CALCOLATO
FREQUENZA DELLE AZIONI NEL CICLO
40
SINISTRA
4
6 sec.
63,7
40
Tabella 9.9 - Individuazione delle azioni tecniche e calcolo della frequenza di azione in presenza di due compiti A e B nel turno
22
COMPITO A
COMPITO B
durata del compito nel turno (min)
frequenza di azione (n.azioni/min)
 totale azioni nel compito
COMPITO B


Arto sinistro
COMPITO A
Arto destro
226
53,3
12046
96
63,7
6115
226
40
9040
96
40
3840
ATA (compito A+B) a dx
ATA (compito A+B) a sx
18161
12880
Tabella 9.10 - Calcolo delle azioni tecniche totali svolte per ciascun
compito ripetitivo e in totale nel turno nei compiti A e B.
9.3.3 Il calcolo della frequenza in presenza di azione statiche.
Si abbia in un ciclo la necessità di assemblare componenti su 3 differenti
oggetti mantenuti fermi con la mano sinistra. Tale mano prende un oggetto
alla volta e lo mantiene per 12 sec. prima di deporlo e di riprendere il secondo e il terzo oggetto: si individuano pertanto 3 azioni statiche della durata complessiva di 36 sec.
Per il conteggio delle azioni svolte nel ciclo, tale periodo in azioni statiche va trasformato in “fittizie” azioni tecniche (36 x 0,75 = 27 azioni fittizie) da sommare alle altre azioni tecniche già presenti (prendere per 3 volte
+ deporre per 3 volte = 6) per un totale di 33 azioni tecniche.
Non è raro osservare, in alcune particolari operazioni, la presenza contemporanea di azioni statiche e dinamiche (ad esempio tenere un coltello ed
effettuare tagli di carni o tenere un avvitatore e schiacciare i pulsanti di avvio). In questo caso, al fine di ottenere il numero delle azioni tecniche e
quindi la frequenza di azione, vanno conteggiati separatamente i tempi di
durata dei mantenimenti (durata azioni statiche) da trasformare in “fittizie
azioni tecniche” e le contemporanee azioni dinamiche: va selezionato lo
scenario che porta al valore di frequenza di azioni al minuto più elevato.
In un esempio di taglio carni (Figura 9.9), un coltello viene mantenuto
in prensione continuativamente per 25 secondi (frequenza equivalente a
18,7 “fittizie” azioni tecniche al minuto) e in contemporanea vengono effettuati 10 tagli: in questo caso si sceglierà come frequenza rappresentativa, da
portare avanti nell’analisi, solo la maggiore, nella fattispecie quella delle
azioni statiche di mantenimento in mano del coltello (18,7 fittizie azioni,
23
corrispondenti alla presa di 25 sec.) da sommare al prendere coltello
iniziale e al posizionare coltello finale. Le 10 azioni di tagli risultano infatti
inferiori alle 18,7 fittizie azioni di mantenimento del coltello in mano.
9.3.4. Il calcolo della durata delle azioni tecniche
PRENDE COLTELLO
TAGLI A 30 VOLTE
POSIZIONA COLTELLO
0,50
25
0,50
1,00
10
1,00
12
TIENE
25
SINTESI n azioni tecniche DINAMICHE E STATICHE fittizie
TOT.azioni tecniche DINAMICHE per ciclo
Descrizione della postura statica: scrivere la parola TIENE
quando sussiste un mantenimento (o da solo o accompagnato dalle azioni tecniche già
indicate) durante lo svolgimento della corrispondente parte
indicata in colonna A)
azioni STATICHE: durata >=
5sec (sec)
carico scatole e coperchi
compressori
durata delle azioni tecniche
(sec)
La semplice conta della “frequenza di azione” non esaurisce, di per sé,
l’analisi degli aspetti organizzativi e del contenuto “meccanico” del compito lavorativo.
A parità infatti di valore di frequenza di azione (n. di azioni al minuto)
ci si può trovare, a parte il caso di frequenze elevate (oltre le 60/70 azioni
minuto), in condizioni in cui le attività meccaniche di un arto superiore durano meno rispetto al tempo totale disponibile (tempo totale di ciclo o cadenza) e pertanto “saturano” lo stesso secondo percentuali diverse.
1
18,7
1
20,7
Figura 9.9 – Esempio di calcolo delle azioni , in presenza di azioni statiche e dinamiche e con prevalenza delle statiche.
Ai fini dell’analisi del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti
superiori, appare pertanto di rilievo lo studio di un particolare tipo di “saturazione” che è data dal rapporto percentuale fra il tempo di reale attività
(svolgimento di azioni meccaniche) di un arto e il tempo di ciclo totale (altrimenti definito “cadenza”).
Questa particolare saturazione può essere definita come “saturazione
dell’arto” per distinguerla da altri concetti e definizioni di saturazione più
comunemente utilizzati nell’analisi organizzativa.
24
Sotto il profilo operativo la “saturazione dell’arto” va studiata separatamente per ciascun arto e va determinata la durata totale effettiva delle azioni meccaniche dell’arto superiore in un ciclo (o in un dato periodo di osservazione) e quanto tale durata rappresenti percentualmente rispetto alla durata totale del ciclo (cadenza) o del periodo di osservazione prescelto.
In pratica:
%SATURAZIONE DELL’ARTO = DURATA TOTALE DELLE AZIONI TECNICHE DELL’ARTOx100
TEMPO TOTALE DI CICLO (O CADENZA)
Ai fini valutativi, come si vedrà oltre, concetti simili saranno usati anche
per esaminare e valutare le durate percentuali delle posture incongrue e della “stereotipia”.
Le condizioni di saturazione dell’arto prossime al 100%, anche se al
momento attuale non verranno specificamente considerate con un apposito
moltiplicatore, vanno comunque considerate in modo descrittivo, specie
laddove si proceda alla “progettazione” di nuovi compiti. In questo caso le
saturazioni elevatissime (98-100%) dovrebbero essere evitate.
Si riprenda l’esempio A di Figura 9.8 e si osservi che , oltre al numero
delle azioni tecniche, sono indicati, per ognuna di esse o meglio per aggregazione di azioni omogenee, le rispettive durate. Da qui sarà ora possibile
ricavare, per la fase prima e poi per tutto il ciclo:
- il tempo di attività dell’arto, ricavato dalla somma dei tempi di durata complessiva solo delle azioni tecniche siano esse dinamiche o statiche;
- il tempo totale attivo o tempo ciclo della postazione che comprende la somma
dei tempi dedicati all’esecuzione delle fasi o degli elementi stabiliti, comprensivi sia di quelli compiuti dagli arti superiori che di tutti gli altri tempi
necessari per completate il ciclo.
Dati questi tempi è possibile stimare due differenti tipi di “saturazione”:
- la % di saturazione dell’arto (tempo di attività dell’arto x 100/tempo di ciclo
totale o cadenza);
- la % di saturazione del ciclo (tempo totale attivo o tempo ciclo della postazione x 100/ cadenza o tempo di ciclo totale). Tale dato è indispensabile, come vincolo, quando si debba progettare o riprogettare l’organizzazione del lavoro finalizzandola anche al contenimento del rischio per gli arti superiori.
In Figura 9.10, relativamente all’esempio A si ripotano i risultati del
calcolo dei tempi attivi e delle saturazioni dell’arto superiore e del compito.
25
9.3.5. Metodi di analisi della frequenza d’azione in cicli di lavoro di
lunga durata
In taluni casi possono essere osservati lavori “critici” con cicli di lavoro
di lunga durata, pari o anche superiori ai 10 minuti: si tratta in generale di
lavori organizzati a “isole” in cui molte operazioni, anziché parcellizzate,
vengono raggruppate e assegnate ad un unico lavoratore che qualche volta
si troverà ad iniziare e a ultimare tutta la lavorazione di un determinato
prodotto. Il lavoro organizzato a “isole” in cui siano presenti cicli “lunghi”
vanno perciò comunque analizzati perché possono presentare, anche se meno ripetitivi, indici di esposizione elevati per presenza di incongruità negli
altri fattori di rischio.
Per affrontare in pratica questo tipo di analisi si deve ricorrere a delle
semplificazioni, rivelandosi di fatto eccessivamente laborioso analizzare e
conteggiare (da videoripresa) tutte le azioni tecniche per periodi di 10-30
più minuti e più. Può rivelarsi in tal caso utile individuare dapprima sottogruppi di compiti dove a volte si tratta di veri e propri compiti differenti fra
loro e come tali andranno considerati: si deve in pratica affrontare una analisi multi-compiti. Il compito lungo va, più in generale, obbligatoriamente
scomposto in fasi, per poi procedere più facilmente alla sua analisi fase per
fase.
PRIMA MICRO FASE
PRENDE 6 COPERCHI DA LINEA
RUOTA 5 COPERCHI
POSIZIONA 5 COPERCHI SU ARTO SINISTRO
RUOTA SESTO COPERCHIO (QUELLO IN DX)
POSIZIONA SESTO COPERCHIO IN MACCHINA
PRENDE 4 COPERCHI DALLA SX
RUOTA 4 COPERCHI
POSIZIONA 4 COPERCHI SU MACCHINA
TEMPO ATTIVO ARTI SUP + ALTRI TEMPI ATTIVI (SEC)
TEMPO ATTIVO ARTI SUPERIORI (SEC)
TEMPI PASSIVI (insaturazione):SEC
% insaturazione DX
% saturazione DX
CAMMINA
SECONDA MICRO FASE
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 3 SCATOLE
POSIZIONA SU ARTO SX 3 SCATOLE
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 2 VOLTE 3 SCATOLE
POSIZIONA IN MACCHINA 3 SCATOLE
TEMPO ATTIVO ARTI SUP + ALTRI TEMPI ATTIVI
TEMPO ATTIVO ARTI SUPERIORI
TEMPI PASSIVI (insaturazione)
% insaturazione DX
% saturazione DX
CAMMINA
26
1,60
1,40
1,68
0,34
0,34
1,34
1,34
1,34
10,1
9,37
0,00
0%
100%
0,7
1,00
2,18
2,18
2,18
4,36
1,00
15,3
12,91
0,00
0%
100%
2,4
TERZA MICRO FASE
ATTENDE SINISTRA CHE SCHIACCIA PULSANTE
TEMPO ATTIVO ARTI SUP + ALTRI TEMPI ATTIVI
TEMPO ATTIVO ARTI SUPERIORI
TEMPI PASSIVI (insaturazione)
% insaturazione DX
% saturazione DX
ASPETTA LA SINISTRA IMPEGNATA A SCHIACCIARE IL PULSANTE
TUTTO IL COMPITO
TEMPO ATTIVO ARTI SUP + ALTRI TEMPI ATTIVI (tempo ciclo)
TEMPO ATTIVO ARTI SUPERIORI
TEMPI PASSIVI (insaturazione)
% insaturazione DX
% saturazione DX
1,0
0,00
1,13
53%
47%
1,0
26,3
22,28
1,13
4,12%
95,88%
Figura 9.10 – Esempio A: calcolo dei tempi attivi e delle saturazioni
dell’arto superiore e del compito.
Si riporta l’esempio dell’assemblaggio di un divano.
Per assemblare un certo modello di divano occorrono circa 30 minuti. Il
lavoro può essere scomposto in 4 sub-compiti: riempimento cuscini, vestizione del divano, inserimento del fondo, finitura finale. Essendo comunque
ancora tali sub-compiti molto lunghi, ma essendo le azioni che li compongono molto omogenee, per l’analisi delle azioni tecniche si consiglia di
contare le azioni in un periodo rappresentativo di due/tre minuti (meglio
non consecutivi) per ognuno dei sub-compiti individuati. La frequenza al
minuto individuata va considerata come frequenza media rappresentativa
del sub-compito
9.4 .L’analisi e la quantificazione della forza attraverso la
scala di Borg
9.4.1 Dati preliminari
La forza rappresenta più direttamente l’impegno biomeccanico necessario per compiere una determinata azione tecnica (o sequenza di azioni). La
forza può essere intesa come esterna (forza applicata) o interna (tensione
sviluppata nei tessuti mio-tendinei e peri-articolari). La necessità di sviluppare forza durante le azioni lavorative può essere connessa con la movimentazione o il mantenimento di strumenti e oggetti di lavoro oppure con il
mantenimento, in una determinata posizione, di un segmento corporeo.
Lo sviluppo di forza può essere perciò legato ad azioni (contrazioni) statiche piuttosto che ad azioni (contrazioni) dinamiche. La necessità di sviluppare forza in modo ripetitivo è segnalata in letteratura come fattore di
rischio tanto per le strutture tendinee quanto per quelle muscolari: è infatti
27
documentata un’interazione di tipo moltiplicativo tra i fattori forza e frequenza di azione (o ripetitività) nel determinismo delle patologie tendinee e
delle neuropatie da intrappolamento (es.: la sindrome del tunnel carpale).
La quantificazione della forza utilizzata, in contesti reali di applicazione, si presenta come problematica.
Alcuni Autori ricorrono alla stima semi-quantitativa della forza esterna
attraverso il peso degli oggetti manipolati; in altri casi si suggerisce il ricorso a dinamometri, meccanici o elettronici. Spesso i dati così ricavati sono
utilizzati in modo “grezzo”; solo talvolta, in modo più adeguato, si ricorre
alla loro integrazione in modelli biomeccanici per una migliore stima delle
forze agenti sui diversi segmenti corporei e distretti articolari.
Per la quantificazione della forza interna viene per lo più suggerito il ricorso a tecniche di elettromiografia di superficie: queste, opportunamente
utilizzate, rappresentano di fatto il golden standard per lo studio della forza
in attività lavorative.
9.4.2 L’applicazione della scala di Borg e la stima dello sforzo fisico
Tutti questi metodi hanno delle lacune (anche sul piano teorico) e difficoltà di applicazione sul campo, in quanto non sempre la forza è correttamente esprimibile con il peso dell’oggetto manipolato (es.: forza esercitata
nell’avvitare con cacciavite manuale) e, per altro verso, non sempre sono
disponibili adeguate strumentazioni di misura. Per superare tali difficoltà si
può suggerire (Eastman Kodak C., 1983; Putz Anderson, 1988) il ricorso ad
un’apposita scala (Borg CR-10 Scale = Category Ratio of Perceived Exertion - su 10 punti) proposta da Borg (1982; 1998) in grado di descrivere lo
sforzo muscolare percepito a carico di un determinato segmento corporeo.
I risultati derivati dalla applicazione della scala di Borg, laddove la si
applichi ad un adeguato numero di lavoratori addetti, si sono dimostrati almeno grossolanamente paragonabili a quelli ottenuti attraverso
l’elettromiografia di superficie (valore Borg CR-10 Scale x 10 = valore
percentuale rispetto alla Massima Contrazione Volontaria – MCV- ricavata
con l’EMG) (Eastman Kodak C., 1983; Grant A. K., et al 1994).
La quantificazione dello sforzo percepito da tutto l’arto superiore dovrebbe essere effettuata per ogni singola azione tecnica che compone il ciclo. A fini pratici possono essere identificate le azioni che richiedono un
impegno muscolare minimale (scala di Borg = 0/0,5). Si calcolerà, poi, il
punteggio medio ponderato per l’insieme delle azioni del ciclo, tenendo
conto delle frazioni di tempo di ciascuna azione con il relativo livello di
Borg CR-10 Scale.
28
Da esperienze acquisite emergono alcuni suggerimenti pratici di applicazione del metodo che consentono di ricavare informazioni attendibili e
anche di superare alcune incertezze legate all’uso di dati soggettivi.
In Tabella 9.11 viene proposto un modello applicativo della scala di
Borg per la raccolta delle informazioni sullo sforzo fisico percepito. E' opportuno procedere secondo le fasi operative qui di seguito elencate:
- lo studio della forza segue quello relativo alla sequenza delle azioni tecniche:
si deve essere già a conoscenza di come si svolge il ciclo;
- può risultare più efficace intervistare il lavoratore/i a cura del tecnico azienda-
-
-
-
-
le che ha partecipato alla prima fase di analisi del lavoro e alla descrizione
delle azioni tecniche;
va richiesto al lavoratore/i se all’interno del ciclo esistono azioni tecniche che
richiedono un’apprezzabile forza muscolare a carico degli arti superiori; questa modalità di porre la domanda è importante perché spesso il lavoratore confonde lo sforzo muscolare con la stanchezza complessiva che avverte a fine
turno;
una volta estrapolate le azioni con uso di forza, verrà chiesto al lavoratore/i di
attribuire, a ciascuna di esse, una delle voci indicate nella Scala di Borg CR10, espresse col termine verbale e non numerico (es: lieve, moderata, ecc..). A
ciascuna azione identificata corrisponderà un punteggio progressivo da 0 a
10. Il rilevatore attribuirà poi ad ogni azione indicata la relativa durata e quindi in frazione di tempo rispetto alla durata del ciclo;
dato il fine prioritariamente preventivo delle procedure di valutazione
dell’esposizione, è importante che si richieda al lavoratore di spiegare il motivo della eventuale presenza di “sforzo fisico” per le azioni segnalate come
impegnative. Questa informazione risulta di interesse pratico immediato perché, a volte, la presenza di forza, nell’eseguire un’azione, è dovuta alla presenza di un difetto tecnico del prodotto o dell’inefficienza degli attrezzi utilizzati, di un guasto, di una scelta scorretta degli ausili meccanici, il tutto,
spesso, facilmente risolvibile.
è importante far attribuire dal lavoratore/i stesso il valore dello sforzo fisico
percepito durante lo svolgimento delle diverse azioni. Far attribuire l’indice di
sforzo da un osservatore esterno può comportare notevoli errori. Infatti, soprattutto per azioni compiute con la punta delle dita o in particolari posizioni
articolari (azionare un pulsante, una leva con le dita, azioni di pinch, braccia
sollevate, ecc.) è difficilmente percepibile da un osservatore esterno l’uso di
forza, anche quando essa sia di notevole entità. E’ utile che l’intervistatore
provi lui stesso ad eseguire l’operazione, sia per aiutare il lavoratore ad
esprimere il giudizio sul livello di forza sia per avvalorare lui stesso il risultato ottenuto;
ottenute dal/i lavoratore/i tutte le informazioni, si tratta di calcolare il punteggio medio ponderato per l’insieme delle azioni del ciclo. Il calcolo dello sforzo medio ponderato nel tempo si ottiene moltiplicando il valore (in scala di
Borg) attribuito a ciascuna azione per la sua frazione di durata nel ciclo e
quindi sommando i risultati parziali. La Figura 9.11 mostra per l’Esempio A,
29
il calcolo del punteggio (in scala di Borg) medio ponderato per il tempo
all’interno di ogni microfase e sul totale del ciclo.
0
0,5
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
DEL TUTTO ASSENTE
ESTREMAMENTE LEGGERO
MOLTO LEGGERO
LEGGERO
MODERATO (MODESTO)
FORTE
MOLTO FORTE
ESTREMAMENTE FORTE (PRATICAMENTE MASSIMO)
Tabella 9.11 - Valutazione soggettiva dello sforzo percepito tramite
scala di Borg CR-10
- laddove vi siano più lavoratori che svolgono (anche in turni diversi) lo stesso
compito, è bene intervistarne il più possibile: più sono gli intervistati, più
l’indice (medio ponderato) di sforzo fisico risulterà affidabile. Se lo stesso lavoro è svolto da lavoratori di sesso diverso è utile calcolare un indice per il
sesso maschile e uno per il sesso femminile. Si consiglia inoltre di escludere
dal calcolo dell’indice di forza sia i lavoratori portatori di patologia dell’arto
superiore che i neoassunti con anzianità lavorativa inferiore all’anno o gli
“estremi antropometrici”. Vanno inoltre esclusi i dati forniti da lavoratori (soprattutto se molto elevati) che non hanno in qualche modo motivato tecnicamente il valore scelto;
- particolare attenzione va posta nel registrare la presenza di eventuali azioni
richiedenti “picchi” (valori uguali o superiori a 5 nella scala di Borg). A fini
preventivi tali azioni andrebbero (laddove risulti fattibile) eliminate o comunque corrette. D’altro lato, ai fini valutativi, se è stata individuata la presenza
di picchi superiori al valore 5 nella scala di Borg, è necessario verificare attentamente quale frazione temporale essi rappresentano rispetto al tempo di
ciclo. Se la loro durata complessiva occupa almeno il 10% del tempo di ciclo,
occorre evidenziare il dato perché il fattore di rischio forza diviene assolutamente rilevante: il fattore moltiplicativo corrispondente per il calcolo
dell’indice OCRA si abbassa infatti fino a 0,01 (v. oltre), rendendo il punteggio finale di rischio elevatissimo.
9.4.3 Il Moltiplicatore per la forza (FoM)
E’ constatazione elementare che quanto più elevata è la forza richiesta
nell’esecuzione di una serie di azioni tecniche, tanto minore potrà essere la
frequenza delle stesse.
30
I dati sul rapporto tra frequenza di azioni e forza media necessaria a
compiere le stesse sono stati ricavati in base a dati intermedi che hanno poi
portato alla stesura dello standard EN 1005-3 da parte di un gruppo tecnico
del CEN (1993): essi offrono lo spunto per identificare il moltiplicatore
(FoM) da applicare alla costante di frequenza di azione considerando
l’entità della forza (o sforzo percepito) media ponderata nel ciclo, e pertanto nel compito (Tabella 9.12), così come determinata con le diverse procedure precedentemente illustrate. E’ previsto l’utilizzo di punteggi intermedi.
Nell’Esempio A di Figura 9.11, per ogni punteggio di forza, sono riportati anche i rispettivi Moltiplicatori
Nella scelta del moltiplicatore occorre riferirsi al valore di forza medio
ponderato rispetto alla durata del ciclo. Qualora però si evidenziasse la
presenza di azioni tecniche che richiedono una forza nettamente superiore
al valore 5 nella scala CR-10 di Borg o al valore del 50% della MCV, e che
durino almeno il 10% del tempo di ciclo, va utilizzato, come moltiplicatore,
il valore di 0,01.
Va ancora molto sinteticamente ricordato che la Tabella 9.12 può essere
utilizzata anche a partire da risultati derivanti da metodiche differenti
(dall’applicazione della scala di Borg) per la quantificazione della forza.
Queste sono in particolare rappresentate da:
- misurazioni dinamometriche della forza esercitata nella/e azione/i.
In tal caso, il risultato ottenuto in uno o più soggetti campione andrà paragonato
(in percentuale) con le forze di riferimento (F L) per le medesime azioni. Le
stesse possono essere desunte dalla letteratura internazionale ed in particolare
dalla norma EN 1005-3, tenuto conto che tale norma stabilisce che tali forze
di riferimento, per le popolazioni lavorative, sono in relazione alle capacità di
almeno l’85% dei rispettivi componenti.
- misurazioni tramite EMG di superficie dell’attività dei gruppi muscolari
coinvolti nelle azioni in esame. In tal caso saranno utilizzati i risultati
dell’EMG durante l’attività, in confronto percentuale con la EMG risultante
durante la Massima Contrazione Volontaria (MCV) dei medesimi gruppi muscolari dei soggetti in esame.
Entrambe tali metodiche, ed in particolare la seconda, al di là della loro
complessità (che non consente una trattazione estesa in questa sede),
possono essere utilizzate ai fini della quantificazione del fattore forza
nel metodo dell’Indice OCRA e trovano infatti, come riportato in Tabella 9.12, una chiara corrispondenza per il calcolo del relativo moltiplicatore (FoM).
31
durata delle
azioni con forza
(sec)
0,5
0,5
0,5
0,5
1,524
1,524
0,305
0,305
0,5
0,5
1,524
1,524
% tempo con
picchi di forza
punteggio della
scala di Borg
durata delle
azioni tecniche
(sec)
ESEMPIO A
carico scatole e coperchi compressori
PRIMA MICRO-FASE
PRENDE 6 COPERCHI DA LINEA
RUOTA 5 COPERCHI
POSIZIONA 5 COPERCHI SU ARTO SINISTRO
RUOTA SESTO COPERCHIO (QUELLO IN DX)
POSIZIONA SESTO COPERCHIO IN MACCHINA
PRENDE 4 COPERCHI DALLA SX
RUOTA 4 COPERCHI
POSIZIONA 4 COPERCHI SU MACCHINA
1,60
1,40
1,68
0,34
0,34
1,34
1,34
1,34
0,0
0,8
0,8
0,2
0,2
0,0
0,8
0,8
3,35
0,33
1,00
Punteggio medio ponderato di forza
Moltiplicatore per la Forza
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
SECONDA MICROFASE
1,00
2,18
2,18
2,18
4,36
1,00
3
3
2,18
2,18
6,5
6,5
3
3
4,36
1,00
13,1
3,0
29,2
1,9
0,67
Punteggio medio ponderato di forza
Moltiplicatore per la Forza
forza
TUTTE LE 3 MICRO-FASI OPERATIVE
SINTESI RISULTATI A DX
OP. 1- CARICO COPERCHI
OP.2-CARICO SCATOLE
OP3 AVVIO PULSANTE
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
% tempo
con picchi di
forza
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 3 SCATOLE
POSIZIONA SU ARTO SX 3 SCATOLE
PRENDE 3 SCATOLE
RUOTA 2 VOLTE 3 SCATOLE
POSIZIONA IN MACCHINA 3 SCATOLE
3,35
29,18
0,00
32,53
1,16
0,82
Punteggio medio ponderato di forza
Moltiplicatore per la Forza
Figura 9.11 - Esempio A : calcolo del punteggio medio ponderato per
la forza a partire dai punteggi di forza dati a ciascuna azione e alla
loro durata. La terza micro-fase non comporta lavoro della mano. I
valori sono calcolati sia all’interno di ogni micro-fase che per tutto il
ciclo.
Livello di forza in % MCV /FL
5%
Punteggio nella scala CR-10 Borg
0,5
MOLTIPLICATORE PER LA FORZA
(FoM )
1
10% 15% 20%
1
1,5
0,85 0,75
2
0,65
50
25% 30%
35% 40% 45%
2,5
3,5
4
4,5
5
0,35
0,2
0,1
0,01
3
0,55 0,45
Tabella 9.12 – I punteggi di forza (ricavati coi valori della media ponderata su tutto il ciclo) per la determinazione del moltiplicatore per la
forza (FoM)
32
9.5 L’analisi e la valutazione delle posture di lavoro incongrue e della stereotipia
9.5.1 Introduzione
Le posture assunte ed i movimenti compiuti dai diversi segmenti
dell’arto superiore durante lo svolgimento di lavori ripetitivi sono tra gli
elementi che più contribuiscono a determinare il rischio di contrarre le diverse affezioni muscolo-scheletriche.
In particolare, in letteratura, vi è sufficiente consenso nel definire potenzialmente dannose le posture ed i movimenti estremi di ciascuna articolazione, le posture (anche non estreme) mantenute a lungo, nonché i movimenti dei diversi segmenti quando assai frequentemente ripetuti in modo
uguale a se stessi (stereotipia).
L’accurata descrizione della postura e dei movimenti può inoltre essere
considerata un elemento di predizione di quali specifiche patologie dell’arto
superiore, in presenza degli altri elementi di rischio (frequenza, forza, durata), possono essere previste a carico degli operatori esposti.
La descrizione/valutazione delle posture dell’arto superiore va operata
su di un ciclo rappresentativo di ciascuno dei compiti ripetitivi esaminati,
separatamente per l’arto destro e sinistro, attraverso la descrizione della
frequenza e durata delle posizioni e/o movimenti dei suoi quattro principali
segmenti anatomici:
- posture e movimenti del braccio rispetto alla spalla (flessione, estensione, abduzione);
- movimenti interessanti il gomito (flesso-estensioni braccio-avambraccio, prono-supinazioni dell’avambraccio);
- posture e movimenti del polso (flesso-estensioni, deviazioni radio-ulnari);
- posture e movimenti della mano (per lo più attraverso il tipo di presa).
Per semplificare l’analisi dell’impegno posturale articolare, già di per se
oneroso per il fatto di dover considerare 4 principali articolazioni e due arti,
per la valutazione dell’indice OCRA, si considererà solo l'alto impegno articolare. Esso viene quantificato con punteggi variabili da 1 a 24 e oltre,
ricavati attraverso la ponderazione non solo con l’escursione articolare raggiunta, ma anche rispetto a dati sulla percezione soggettiva dell'impegno
articolare stesso. Per questo ultimo aspetto si è fatto ricorso a risultati di
studi di tipo “psicofisico” con cui è stato reciprocamente ordinato l'impegno percepito connesso a ciascuna postura e/o movimento delle principali
articolazioni dell'arto superiore. Ne è risultato ad esempio che, per l'articolazione del polso, i movimenti in rilevante estensione sono percepiti come
33
molto più impegnativi di quelli in deviazione radiale o ulnare (quelli in
flessione sono intermedi) così come quelli in supinazione del gomito, rispetto a quelli in pronazione.
D'altro lato è pure emerso che tutti i movimenti rilevanti dell'articolazione scapolo-omerale sono percepiti come molto impegnativi.
Una volta identificate, per ciascuna articolazione ed arto, le condizioni
di alto impegno posturale, si tratta di verificare per quale proporzione del
tempo (di ciclo e di conseguenza di compito) tale impegno viene mantenuto
(durata) esprimendolo, di norma, attraverso frazione del tipo 1/3 (dal 25%
al 50%), 2/3 (dal 51% al 80%), 2/3 (dal 81% al 100%),
Lo schema riportato in Tabella 9.13 riassume, per le principali articolazioni dell'arto superiore, i gradi che rappresentano il superamento di circa il
50% della massima escursione articolare e il relativo punteggio, ponderato
rispetto alla percezione soggettiva: tali punteggi si riferiscono a una durata
di 1/3 del tempo di ciclo (dal 25% al 50%) o, per la spalla, a1 10% del tempo di ciclo):
Articolazione
Scapolo-omerale (spalla)
Articolazione
Gomito
Articolazione
Polso
ABDUZIONE
FLESSIONE/ABDUZIONE
ESTENSIONE
SUPINAZIONE
PRONAZIONE
FLESSO-ESTENSIONE
FLESSIONE
DEVIAZIONE RADIALE
DEVIAZIONE ULNARE
ESTENSIONE
45°-80°
+80° (10-20%)
+20°
+60°
+60°
+60°
+45°
+15°
+20°
+45°
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
4
4
4
4
2
2
3
2
2
4
Tabella 9.13 – Sintesi, per le principali articolazioni dell'arto superiore,
dei gradi che rappresentano il superamento del 50% del range di
escursione articolare e il relativo punteggio ponderato (per una durata
di 1/3 del tempo di ciclo) rispetto alla percezione soggettiva.
Circa i tipi di presa con la mano, è noto che alcuni di essi (pinch, presa
palmare superiore, ecc.) sono considerati più sfavorevoli rispetto alla presa
in grip o presa di forza e pertanto giudicate di impegno medio/alto. Tenuto
conto di ciò si è proceduto a classificare il punteggio di impegno della presa
della mano secondo lo schema presentato in Tabella 9.14.
La Figura 9.12 illustra principali tipi di presa della mano: i diversi movimenti articolari dell’arto superiore che fanno parte dell’analisi saranno
illustrati di volta in volta nelle specifiche schede che riguardano la valutazione dell’esposizione di ciascun segmento articolare.
34
GRIP AMPIO (4-5 cm)
GRIP STRETTO (1,5 cm)
FINI MOVIMENTI DELLE DITA
PINCH
PRESA PALMARE
PRESA A UNCINO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
PUNTEGGIO
1
2
3
3
4
4
Tabella 9.14 – Sintesi, per i principali tipi di presa della mano dei relativi punteggi ponderati (per una durata di 1/3 del tempo di ciclo) rispetto alla capacità di sviluppo di forza.
GRIP
TIPI DI PINCH
PRESA
PALMARE
PRESA A UNCINO
PRESA PALMARE
Figura 9.12 – principali tipi di presa della mano
Come già riferito per l’analisi della frequenza di azione, anche per le
postè necessario condurre l’analisi utilizzando un filmato.
9.5.2 Descrizione e valutazione della postura e dei movimenti incongrui dell’articolazione scapolo omerale
Relativamente ai movimenti ed alle posture della spalla, autorevoli studi
(Punnett et al, 2000), hanno evidenziato come azioni dinamiche o statiche
comportanti l’elevazione del braccio (in flessione o abduzione) all’incirca
all’altezza della spalla, già per solo il 10% del tempo di ciclo/compito,
comportino un rischio di disturbi e patologie a carico di questa articolazione. Lo stesso studio ha stimato che tale rischio, rispetto a coloro che non
sono esposti alla condizione descritta (ma che possono anche operare con il
35
braccio in posizioni intermedie), si incrementa di 1,4 volte per ogni incremento del 10% del tempo speso con elevazione del braccio ad altezza
spalla.
Tali risultati sono stati utilizzati per meglio dettagliare l’analisi della postura e dei movimenti della spalla, che comunque dovrà essere in grado di
identificare la presenza di posture in elevazione del braccio ad altezza spalla (in flessione, abduzione) e di “temporizzarle” percentualmente rispetto al
tempo di ciclo/compito. In relazione a tale analisi si procederà poi
all’assegnazione dei punteggi per l’impegno posturale della spalla secondo
quanto dettagliato in Figura.9.13.
Laddove si sia in presenza di azioni statiche in ampia elevazione del
braccio rispetto alla spalla, i punteggi da utilizzare, in relazione al tempo di
mantenimento, sono gli stessi già forniti nella figura prima citata.
Sempre in Figura 9.13 sono riportati, attraverso disegni, le aree a rischio raggiungibili per movimenti o mantenimenti:
in abduzione (oltre i 45°);
in flessione (oltre gli 80°);
in estensione (oltre i 20°).
I punteggi principali di rischio previsto per flessioni e/o abduzioni con
escursioni di oltre gli 80° è di:
- 4 se i movimenti o i mantenimenti in aree a rischio occupano dal 10% al 20%
-
del tempo,
8 fino al 30%,
12 fino al 40%,
16 fino al 50%,
24 oltre il 50% .
I punteggi principali di rischio attribuito alle abduzioni con escursioni
comprese fra i 45° e 80° o alle estensioni di oltre 20° è pari a:
- 4 se i movimenti o i mantenimenti in aree a rischio occupano 1/3 del tempo,
- 8 se i 2/3,
- 12 se i 3/3
Vengono forniti punteggi intermedi
36
ABDUZIONE
abduzione
POSIZIONE E
MOVIMENTI DEL POLSO
MOVIMENTI DEL
GOMITO
POSIZIONE E
MOVIMENTI SCAPOLO
OMERALI
FLESSIONE
flessione
ESTENSIONE
estensione
supinazione
flesso/estensione
pronazione
5% 1% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 51% 55% 60% 65% 70% 75% 81%
ABD 45° 0,25 0,5
EST°
FL-AB 80°
0,25 0,5
2
4
85
-100%
1,3
2,4
4
4
4,4
5,2
6,5
8
8
8,3
8,9
9,7 10,7 12
12
1,3
2,4
4
4
4,4
5,2
6,5
8
8
8,3
8,9
9,7 10,7 12
12
6
8
10
12
14
16
19
24
24 24,6 25,5 26,8 28
28
28
estensione
deviazione
radiale della
deviazione
Figura.
9.13 – Valutazioneflessione
dei movimenti
incongrui
spallaulnare
9.5.3 Descrizione e valutazione dei movimenti dell’articolazione del
gomito.
Nella Figura 9.14 si illustrano le aree a rischio per i movimenti di pronazione e supinazione (oltre i 60°) e separatamente per i movimenti di flesso-estensione del gomito (oltre i 60° di escursione complessiva indipendentemente dalla posizione di partenza).
E’ prevista la descrizione dei soli movimenti e non dei mantenimenti, sia
per la prono-supinazione che per la flesso-estensione del gomito. Per questa
articolazione infatti posizioni di mantenimento (es. gomito flesso o polso
pronato), risultano sovente ininfluenti, a volte addirittura di riposo e solo in
rari casi problematiche (es: mantenimento di un vassoio da portata in supinazione estrema).
Nel caso dei movimenti verso la pronazione massimale del gomito, viene suggerito un punteggio 2 (per 1/3 del tempo di ciclo).
La massima supinazione richiede invece un impegno più elevato (punteggio 4 per 1/3 del tempo di ciclo) delle strutture del gomito. Il superamento dell’escursione di 60° di flesso-estensione presuppone invece un impegno inferiore (punteggio 2 per 1/3 del tempo di ciclo).
37
POSIZIONE E
MOVIMENTI SCAPOLO
OMERALI
flessione
abduzione
FLESSIONE-ESTENSIONE
supinazione
flesso/estensione
POSIZIONE E
MOVIMENTI DEL POLSO
MOVIMENTI DEL
GOMITO
PRONAZIONE-SUPINAZIONE
pronazione
estensione
0
estensione
5% 1% 15%
20%
25%
flessione
30% 35%
40%
deviazione radiale
deviazione ulnare
45% 51% 55% 60% 65% 70% 75%
81%
85
-100%
FL/EST
0
0,3
0,7
1,3
2
2
2,2
2,5
3,1
4
4
4,1
4,3
4,7
5,3
6
6
PRON
0
0,3
0,7
1,3
2
2
2,2
2,5
3,1
4
4
4,1
4,3
4,7
5,3
6
6
SUPIN
0,25
0,5
1,3
2,4
4
4
4,4
5,2
6,5
8
8
8,3
8,9
9,7
10,7
12
12
Figura. 9.14 – Valutazione dei movimenti incongrui del gomito
Al fine di offrire una maggior comprensione delle tecniche di assegnazione dei punteggi, dovendo rilevare dei tempi su movimenti articolari, si
consigliano queste strategie semplificate:
-a ogni supinazione a rischio rilevata assegnare 1 secondo;
-a ogni pronazione a rischio assegnare 0,5 secondi;
-prono-supinazioni sono presenti solo di fatto se si ruotano oggetti;
-a ogni flessione o estensione a rischio assegnare 0,5 secondi;
-le flesso-estensioni del gomito risultano a rischio all’incirca quando tra il
prendere e il posizionare un oggetto vi sia una distanza di almeno 40 cm.
9.5.4 Descrizione e valutazione delle posture e dei movimenti
dell’articolazione del polso
In Figura 9.15 la prima immagine descrive le aree a rischio per posture/movimenti in flessione e in estensione (oltre i 45°) del polso. La seconda
figura descrive le aree a rischio per le deviazioni radio/ulnari (15° per le
deviazioni radiali, 20° per le deviazioni ulnari).
Per l'estensione oltre i 45°, protratta per almeno 1/3, è previsto il punteggio 4 (alto rischio); per la flessione il punteggio 3, per le deviazioni radio-ulnari il punteggio 2: per le altre combinazioni temporali la Figura
9.15 indica chiaramente i rispettivi punteggi.
38
POSIZI
MOVIMENTI
OME
pronazione
flesso/estensione
POSIZIONE E
MOVIMENTI DEL POLSO
MOVIMENTI DEL
GOMITO
supinazione
ESTENSIONE- FLESSIONE
estensione
flessione
DEVIAZIONE RADIALE-ULNARE
deviazione radiale
deviazione ulnare
0
5%
1%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
51%
55%
60%
65%
70%
75%
81%
85
-100%
RADI-ULN
0
0,3
0,7
1,3
2
2
2,2
2,5
3,1
4
4
4,1
4,3
4,7
5,3
6
6
FLES
0,2
0,4
1
1,8
3
3
3,3
3,8
4,7
6
6
6,2
6,6
7,2
8
9
9
EST
0,25
0,5
1,3
2,4
4
4
4,4
5,2
6,5
8
8
8,3
8,9
9,7
10,7
12
12
Figura 9.15 – Valutazione dei movimenti incongrui del polso
9.5.5 Descrizione e valutazione delle posture e dei movimenti
dell’articolazione della mano
Data l’estrema complessità e variabilità posturale e di movimento osservabile in questo segmento articolare, si è optato per una semplificazione
che privilegia la descrizione delle posizioni di prensione delle dita.
In Figura 9.16 si propone un esempio di attribuzione di punteggi di rischio posturale per i tipi di presa della mano.
GRIP LARGO 3-4 CM
GRIP STRETTO
PRESA
PINCH
PALMARE E PRESA UNCINO
PRESA PALMARE
GRIP L
0
0,15
0,35
0,6
1
1
1,05
1,2
1,5
2
2
2,05
2,2
2,4
2,7
3
85
100%
3
GRIP S
0
0,3
0,7
1,3
2
2
2,2
2,5
3,1
4
4
4,1
4,3
4,7
5,3
6
6
PINCH
0,2
0,4
1
1,8
3
3
3,3
3,8
4,7
6
6
6,2
6,6
7,2
8
9
9
PALM-UNC
0,25
0,5
1,3
2,4
4
4
4,4
5,2
6,5
8
8
8,3
8,9
9,7
10,7
12
12
0
5%
1%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
51%
55%
60%
65%
70%
75%
81%
Figura 9.16 – Valutazione posture e movimenti incongrui della mano e
delle dita
39
In generale, quando l’operatore ha un tipo di presa diverso da quelle descritte, va scelto un punteggio variabile da 1 a 4 (per 1/3 del tempo) in funzione della somiglianza con gli altri tipi di presa indicati.
Per quanto riguarda i fini movimenti delle dita essi vanno intesi come
tutti quei movimenti delle dita, presenti in un compito, comunque finalizzati ad ottenere risultati operativi e difficilmente descrivibili come movimenti
a se stanti.
9.5.6 Moltiplicatore per la postura (PoM)
Nei modelli già proposti per la descrizione delle posture e dei movimenti, la presenza di movimenti e/o posture eccedenti il 40%-50% del range articolare impegnanti l’articolazione o il segmento considerato per almeno
1/3 del tempo di ciclo, è stata assimilata ad una condizione di rischio. Nel
caso dell’articolazione della spalla, la presenza di una condizione in cui il
braccio è elevato ad altezza della spalla per già il 10% del tempo è stata
considerata come potenzialmente dannosa per quella articolazione.
Le combinazioni che superano tali scenari “minimali” di impegno posturale (ad esempio gesti ampi eseguiti per tutto il tempo di ciclo) danno un
rischio potenzialmente maggiore.
Tutti questi elementi portano a costruire uno schema utile per identificare i valori del moltiplicatore per la postura (PoM), in relazione ai risultati
della classificazione descrittivo-valutativa. In tale schema il valore di impegno posturale 4 corrisponde ad un moltiplicatore di 0,70 che cioè, di per sé
stesso, riduce circa del 30% il numero di azioni tecniche di riferimento
nell’unità di tempo.
Laddove l’impegno posturale risulti più rilevante, si ottengono valori
del fattore moltiplicativo sempre più penalizzanti.
La Tabella 9.15 riporta gli elementi per passare dal valore descrittivo di
impegno al corrispondente valore del moltiplicatore per la postura (PoM).
Tale tabella andrà utilizzata per ciascuno dei segmenti dell’arto superiore e,
separatamente, per i due arti. In tabella si ripotano anche i valori intermedi,
di recente introdotti nei calcoli informatizzati.
Tra di essi, ai fini del calcolo dell’indice OCRA, andrà utilizzato il moltiplicatore PoM più “penalizzante” corrispondente al valore di impegno posturale più elevato, per ciascun arto, tra quelli relativi alla mano, al polso, al
gomito o alla spalla.
40
14,7
16
17,4
18,7
20
21,4
22,7
24
25,4
26,7
28
0,33
0,2533
0,1767
0,1
0,09
0,08
0,07
0,0567
0,0433
0,03
1
0,3867
0,03
13,4
0,07
0,4433
0,1
12
0,33
0,5
0,50
10,7
0,60
0,5333
0,70
9,4
1
0,5667
MOLTIPLICATORE PER LA POSTURA
(PoM )
8
28
0,6
24-27
6,7
20-23
0,6333
16-19
5,4
12-15
0,6667
8-11
4
4-7
0,7
0-3
0
Valore del punteggio di impegno posturale (selezionare il più elevato tra spalla,
gomito, polso, mano)
Tabella 9.15 - Elementi per la determinazione del moltiplicatore per
l’impegno posturale (PoM) basi e con valori intermedi
9.5.7 La studio del fattore “stereotipia” o “carenza di variazioni nel
compito”.
Una volta analizzata la presenza di posture incongrue, per i tempi significativi prima indicati, rimane da evidenziare la presenza di stereotipia o
carenza di variazioni nel compito, ovvero:
- la presenza di gesti lavorativi dello stesso tipo (azioni tecniche), eseguiti con la
medesima postura (incongrua o meno), che occupano buona parte del tempo di
ciclo (o del tempo di compito ripetitivo)
oppure
- la presenza di gruppi di azioni, anche diverse per tipologia e postura, ma in un
ciclo estremamente breve (inferiore o uguale a 15 secondi) di cui occupano
buona parte del tempo di ciclo
Data l’estrema variabilità delle combinazioni esistenti fra gesti lavorativi, posture e tempi di ciclo, per aiutare il valutatore a riconoscere meglio la
presenza di stereotipia e ad attribuirle un adeguato punteggio di rischio, si
offriranno qui di seguito dei riferimenti operativi (Tabella 9.16) accompagnati dai relativi punteggi per la valutazione del rischio.
41
A1
A2
B1
B2
STEREOTIPIA DI GRADO ELEVATO: PUNTEGGIO 4
Quando gli stessi gesti lavorativi, eseguiti con la stessa postura, occupano pressochè tutto il tempo di ciclo o di compito ripetitivo (più dell’80% del tempo)
- RIPETERE LA STESSA AZIONE TECNICA (es: avvitare, limare, martellare…….)
- RIPETERE LO STESSO GRUPPO DI AZIONI TECNICHE (es: prendere oggetto, posizionare, ruotare, spingere, azionare pulsante, riprendere un oggetto identico, ruotare, spingere, azionare pulsante,
ecc…)
- MANTENERE UN OGGETTO CON LA STESSA POSTURA (es: tenere un oggetto in grip con una
mano, mentre l’altro è occupato a eseguire altre operazioni)
QUANDO IL TEMPO DI CICLO E’ INFERIORE AGLI 8 SECONDI ED È’ OCCUPATO DA AZIONI TECNICHE DEGLI ARTI SUPERIORI, PER BUONA PARTE DEL TEMPO, ANCHE DIVERSE PER TIPOLOGIA
E POSTURA
STEREOTIPIA DI GRADO MODERATO: PUNTEGGIO 2
Quando gli stessi gesti lavorativi, eseguiti con la stessa postura, occupano i 2/3 del tempo di ciclo
o di compito ripetitivo (tra il 51% e l’80% del tempo)
- RIPETERE LA STESSA AZIONE TECNICA (es: avvitare, limare, martellare..)
- RIPETERE LO STESSO GRUPPO DI AZIONI TECNICHE (es: prendere oggetto, posizionare, ruotare, spingere, azionare pulsante, riprendere un oggetto identico, ruotare, spingere, azionare pulsante, ecc…)
- MANTENERE UN OGGETTO CON LA STESSA POSTURA (es: tenere un oggetto in grip con una
mano, mentre l’altro è occupato a eseguire altre operazioni)
QUANDO IL TEMPO DI CICLO E’ COMPRESO FRA GLI 8 E I 15 SECONDI ED È’ OCCUPATO DA
AZIONI TECNICHE DEGLI ARTI SUPERIORI, PER BUONA PARTE DEL TEMPO, ANCHE DIVERSE
PER TIPOLOGIA O POSTURA.
Tabella.9.16 – Riferimenti operativi per l’attribuzione dei punteggi per
la presenza di stereotipia di grado elevato e di grado moderato.
9.5.8 Il Moltiplicatore per la stereotipia (ReM)
E’ stato riportato come in letteratura, la presenza di gesti lavorativi dello
stesso tipo (qui definita anche come stereotipia), per oltre il 50% del tempo
di ciclo (e pertanto di compito), sia ravvisata, di per sé stessa, come elemento di possibile rischio (alta ripetitività). D’altro lato, la estrema brevità
del tempo di ciclo (ad es.: inferiore a 15 secondi), ovviamente caratterizzato
dalla significativa presenza di azioni tecniche, pur essendo variabili le azioni e le posture all’interno del ciclo, comporta la frequente (≥4 volte al minuto) ripetizione della stessa sequenza di azioni e posture e conduce pertanto a ravvisare, anche in questo caso, una alta ripetitività (o presenza di stereotipia). La stereotipia è stata inoltre classificata in due livelli, in funzione
della prevalenza di tempo spesa nel compiere gli stessi gesti o, in alternativa, della durata in secondi di cicli brevi spesi nello svolgimento comunque
di azioni meccaniche.
In funzione di quelle scelte è possibile determinare i valori del Moltiplicatore per la stereotipia (ReM) illustrati in Tabella 9.17 che propone due
diversi moltiplicatori in funzione di due differenti lunghezze di tempo di
ciclo.
42
Caratteristiche della stereotipia
Assente
Presente con
gesti meccanici uguali a se
stessi per 51-80% del tempo
Oppure
Durata ciclo 8-15 secondi
MOLTIPLICATORE PER
LA STEREOTIPIA (REM)
1
0,85
Presente con
gesti meccanici uguali a se stessi per
=> 80% del tempo
Oppure
Durata ciclo 1-7 secondi
0,7
Tabella 9.17 - Elementi per la determinazione del moltiplicatore per la
stereotipia (ReM)
9.5.9 Un esempio applicativo di valutazione delle posture incongrue
e della presenza di stereotipia (Esempio A)
Nelle Figure 9.17, 9.18 e 9.19 viene riproposto l’esempio già illustrato
precedentemente per procedere all’attribuzione dei punteggi per la postura
rispettivamente per spalla e mano (altri settori articolari non risultano a rischio) e per la stereotipia.
Per il calcolo dei punteggi di rischio, cosi come dei rispettivi Moltiplicatori si è usato nuovamente il foglio di calcolo in Excel proposto.
L’analisi coi risultati della valutazione delle posture e dei movimenti incongrui è stata condotta prima all’interno di ogni fase, ottenendo i valori di
rischio sia all’interno di ogni fase che poi automaticamente su tutto il ciclo
e quindi sul compito.
In Figura 9.17 si mostra come, utilizzando il foglio di calcolo citato, sia
possibile ottenere più agilmente i tempi in posture e/o movimenti incongrui.
Infatti, segnando con una X le posture incongrue individuate, si osserverà la
scrittura automatica di un tempo, ricavato dalla durata delle azioni tecniche
che generano tali incongruità. Sarà quindi possibile ritoccare tale valore
manualmente qualora la/le azioni tecniche individuate generino una incongruità inferiore al tempo della loro effettiva durata.
In Figura 9.18 si mostra come vengono calcolati i punteggi di rischio
prima e il Moltiplicatore per la postura/movimento poi (sempre
nell’Esempio A), quando siamo presenti, all’interno di ogni segmento articolare, più situazioni di incongruità. In questo caso per ottenere un singolo
punteggio di rischio per ogni articolazione, si calcola una sorta di punteggio
medio ponderato.
Quando si siano ottenuti i punteggi di rischio di ogni singola articolazione, allora il punteggio trainante, su cui si basa la ricerca del Moltiplicatore per le posture incongrue, sarà il peggiore presentato fra i vari segmenti
articolari.
43
La stereotipia, quando si calcolano i punteggi dentro una micro-fase, è
data di default sempre assente (moltiplicatore 1).
In Figura 9.19 si mostra la valutazione finale dei fattori di rischio posture incongrue e stereotipia. Vengono evidenziate solo le 3 fasi che compongono il compito e per ogni postura/movimento incongruo vengono riproposti complessivamente (e non più per azione o gruppi di azioni) i tempi
nelle diverse posture incongrue e nei diversi distretti articolari. Si ritrovano
qui pertanto tutti gli elementi necessari per il calcolo prima dei punteggi di
rischio e poi dei corrispettivi Moltiplicatori, con la stessa procedura spiegata in Figura 9.18 per la micro-fase). Per completare l’analisi, è a questo
stadio che si dà il giudizio sulla stereotipia che potrà essere assente o moderata o elevata, ottenendo i corrispondente Moltiplicatore, nel caso pari a
moderata.
9.6 L’individuazione e la quantificazione dei fattori di rischio complementari
9.6.1 Descrizione dei fattori complementari
Accanto ai fattori di rischio definiti principali fin qui esaminati, la letteratura ne evidenzia altri, sempre di natura lavorativa, che devono essere
presi in considerazione nel processo di valutazione dell’esposizione. In
questa sede essi sono definiti come complementari, non già perché di importanza secondaria, ma perché ciascuno di essi può essere di volta in volta
presente o assente nel contesto esaminato.
Essi sono suddivisibili in due categorie cui corrispondono altrettanti
modelli valutativi: la prima comprende scenari con fattori complementari
fisico-meccanici o ambientali, la seconda comprende fattori definiti organizzativi.
L’elenco, non necessariamente esaustivo, dei fattori complementari fisico-meccanici comprende:
- uso di strumenti vibranti;
- estrema precisione richiesta nel posizionamento di oggetti;
- compressioni localizzate su strutture anatomiche della mano o
-
dell’avambraccio da parte di strumenti, oggetti o aree di lavoro;
esposizione a temperature ambientali o di contatto molto fredde;
uso di guanti che interferiscono con l'abilità manuale richiesta dal compito;
scivolosità della superficie degli oggetti manipolati;
esecuzione di movimenti bruschi o “a strappo”;
esecuzione di gesti con contraccolpi o impatti ripetuti (es: martellare o picconare su superfici dure, usare la mano come un attrezzo).
44
X 1,3
X 1,3
0%
X 1,3
0%
0%
% TEMPO SPESO IN POSTURA
INCONGRUA PER POSTURA SU
TOT TEMPO FASE
X 1,3
0%
X 1,3
Figura 9.17 – Esempio A: studio delle posture e movimenti incongrui per tipo e durata e per articolazione riferite alle azioni tecniche presenti nella micro-fase 1
45
STEREOTIPIA
fini movimenti
delle dita
presa a uncino
presa palmare
pinch
grip stretto (12cm)
grip (diametro
3-5 cm)
deviazione ulnare sup.20°
deviazione radiale sup.15°
estensione
sup.45
flessione
sup.45°
supinazione
sup.60°
estensione
sup.20°
flesso/estensione
sup.60°
X 0,3
0%
1,34
X 0,3
67%
1,34
X 0,3
0%
RUOTA 4 COPERCHI
POSIZIONA 4 COPERCHI
X 0,3
0%
1,34
X 0,3
0%
PRENDE 4 COPERCHI
0,34
0%
0,34
X 1,7
0%
POSIZIONA SESTO
X 1,7
0%
1,68
X 1,7
17%
1,68
20%
RUOTA 5 COPERCHI
POSIZIONA 5 COPERCHI
RUOTA SESTO COPERCHIO
Posture e movimenti della mano e dita
X 2,0
33%
2,01
Posture e movimenti del
polso
Movimenti del gomito
pronazione sup.
60°
AZIONI
PRENDE 6 COPERCHI
17%
carico scatole e coperchi compressori
Posture e movimenti
spalla
durata delle
azioni tecniche
(sec)
flessione e/o
abduzione
sup.80°
abduzione
sup.45÷80
Descrizione delle
azioni tecniche DESTRA
PUNTEGGI DI RISCHIO per
articolazione
MOLTIPLICATORI per articolazione
SCELTA DEL MOLTIPLICATORE PEGGIORE FINALE PER
POSTURA E PER STEREOTIPIA
STEREOTIPIA
6,60
8,90
8,90
6,60
100,0%
4,30
2,20
6,6
23,8%
1,1
4,70
0,0%
66,7%
6,7067
Posture e movimenti della mano e dita
1,6767
2,012
28,6%
2,8
9,70
70,0%
3,3533
4,70
47,6%
1,30
2,2
100,0%
CALCOLO DEL PUNTEGGIO DI
RISCHIO PER MOVIMENTO CALCOLATO RISPETTO ALLUA SUA
REALE DURATA
Posture e movimenti del
polso
Movimenti del gomito
16,7%
% ATTIVITA’ ATTRIBUITA AL SIGOLO MOVIMENTO INCONGRUO
6,0
PUNTEGGIO DI RISCHIO POSTURE.
PER CIASCUN MOVIMENTO COME
SE DURASSE DA SOLO LA% PRIMA
INDICATA
6,00
%TEMPO IN POSTURA INCONGRA PER ARTICOLAZIONE
1,30
TEMPO TOTALE IN SEC.SPESO IN
POSTURA INCONGRUA PER POSTURA
Posture e movimenti
spalla
1,6767
DESTRA
punt
6,00
punt
6,13
punt
0,00
punt
6,60
0,67
0,67
1,00
0,67
Moltiplicatore Postura (PoM) = 0,67
Moltiplicatore Stereotipia (ReM )= 1,00
Figura 9.18 – Esempio A: studio dei procedimenti di calcolo dei punteggi di rischio e delle posture e movimenti incongrui in una micro-fase
46
0,00
0,00
2,18
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
10,91
0,00
0,00
2,1
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0%
35%
23%
14%
OP. 1- CARICO COPERCHI
punteggio spalla
2,00
1,00
Moltiplicatore Postura (PoM)=
47
punt. gomito
6,29
0,67
0,63
0%
24%
39%
punt. polso
1,00
1,00
punt. mano
7,50
0,63
Moltiplicatore Stereotipia (ReM )= 0,85
Figura 9.19 – Esempio A: studio dei procedimenti di calcolo dei punteggi di rischio e delle posture e movimenti incongrui nel compito
0%
0%
0%
0%
0%
0%
0%
OP3 AVVIO PULSANTE
0,00
4,38
6,56
0,00
0,00
0,00
0,00
6,71
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
1,68
2,01
3,35
0,00
0,00
1,68
10,1 OP. 1- CARICO COPERCHI
0%
15,3 OP.2-CARICO SCATOLE
0,00
6%
DURATA CADENZA OSSERVATA
fini movimenti delle dita
Stereotipia ReM - No=0 - Moderata=1 - Elevata=2
presa a uncino
presa palmare
pinch
grip stretto (1-2cm)
grip (diametro 3-5 cm)
deviazione ulnare sup.20°
deviazione radiale sup.15°
estensione sup.45
flessione sup.45°
flesso/estensione sup.60°
supinazione sup.60°
pronazione sup. 60°
estensione sup.20°
abduzione sup.45÷80
flessione e/o abduzione sup.80°
FASI OPERATIVE (OPERAZIONI/ELEMENTI
SINTESI RISULTATI A DX
1
a) uso di strumenti vibranti. Gli strumenti vibranti determinano rischi per le
strutture degli arti superiori: si sottolinea tuttavia che il livello di vibrazione
va valutato con appropriate procedure analitiche anche in virtù di recenti disposizioni normative in materia (Direttiva EU n. 44/2002). La trattazione di
tali aspetti analitici esula dalla considerazione del presente contesto, in cui è
sufficiente rilevare la presenza di uso di strumenti vibranti, con intensità vibratoria sul sistema mano/braccio più o meno elevata.
Per quanto riguarda gli avvitatori, se dell’ultima generazione e dotati di meccanismo di arresto della coppia, possono anche non comportare esposizione a
livelli nocivi di vibrazioni. Al contrario quelli a “saltarello” sono da considerare a rischio. Se comunque si evidenzia la presenza di contraccolpo al momento dell’arresto, l’avvitatore va comunque considerato a rischio.
b) estrema precisione richiesta (tolleranza di circa +/-1,5 mm. nel posizionamento di un oggetto) con avvicinamento dell’oggetto stesso al campo visivo.
E’ evidente in questo caso la presenza di una maggior contrattura della muscolatura cervicale, delle spalle e degli arti, richiesta proprio dalla necessità di
applicare precisione allo svolgimento del compito;
c) compressioni localizzate su strutture anatomiche della mano o
dell’avambraccio da parte di strumenti, oggetti o aree di lavoro. Esse sono
chiamate in causa nella genesi di tendiniti traumatiche o borsiti. Dal punto di
vista pratico si consiglia di osservare sulle mani dei lavoratori (in particolare
il palmo e le dita), la presenza di arrossamenti e/o callosità che denota la presenza del fattore;
d) esposizione a temperature ambientali o di contatto molto fredde: temperature ambientali uguali o inferiori a 0° o per contatto con superfici a temperatura inferiore a 0° (es: carni congelate, gelati, ecc..);
e) uso di guanti inadeguati che interferiscono con la capacità di presa richiesta dal compito (es: taglia decisamente inadeguata, difficoltà o aumento di
forza nel chiudere la presa intorno all’oggetto in lavorazione, ecc..);
f) scivolosità della superficie degli oggetti manipolati (es: manipolazione di
superfici con olii lubrificanti o di alimenti scivolosi, ecc.);
g) esecuzione di movimenti bruschi o a strappo o veloci (es: il lancio di oggetti, lo strappo di nastri adesivi o cartoni, ecc..) con frequenze di 2 volte e
più al minuto;
h) esecuzione di gesti con contraccolpi (es. martellare o picconare su superfici
dure) con frequenze di 2 volte e più al minuto; usare la mano come un attrezzo per 10 volte e più all’ora.
Accanto ai fattori di natura fisica o meccanica, altri fattori, indicati sotto
il termine generico di psico-sociali, vengono invocati in letteratura nel determinismo dei UL-WMSDs. Tra tali fattori alcuni riguardano più direttamente la sfera individuale e pertanto non vengono inclusi in metodiche che
apprezzano l’esposizione “collettiva” e “lavorativa” di un gruppo.
Al contrario altri fattori, più propriamente definibili come organizzativi
(straordinario abituale, lavoro per incentivi, inadeguata formazione, lavoro
48
a tempi predeterminati dalle macchine, lavoro su oggetti in rapido movimento), sono comunque identificati come amplificatori del rischio collettivo di UL-WMSDs (nonchè di altri effetti di salute) e, laddove parametrabili, sono in questa sede considerati nel modello di rischio.
Alcuni di questi fattori (come ad esempio incentivi e orario prolungato)
sono considerati in altre fasi dell’analisi (es.: frequenza di azione, durata
complessiva del lavoro ripetitivo giornaliero). Altri, in particolare il lavoro
a ritmi predeterminati dalla machina, vengono in questa sede esaminati secondo due distinti scenari:
- i ritmi di lavoro sono determinati dalla macchina ma esistono zone polmone
per cui si può almeno in parte accelerare o decelerare il ritmo di lavoro. Si intende per zona polmone la presenza di un buffer di solo poche unità tale da
permettere solo brevissimi distacchi dalla linea (es.: tempo per bere un sorso
d’acqua). Per zone polmone che consentono un distacco dalla postazione di
lavoro di almeno 5 minuti consecutivi, non sussiste il rischio da ritmi imposti
dalla macchina;
- i ritmi di lavoro sono completamente determinati dalla macchina: in genere si
applica quando il lavoratore deve operare in linea con ritmi assolutamente
prefissati ed in particolare con oggetti in movimento.
Per ciascuno di tali fattori va espresso il tempo (rispetto a quello di ciclo
e poi di compito) speso in presenza del fattore, oppure la frequenza di azioni con il fattore presente (specie per i movimenti bruschi e per quelli con
colpi) o anche il livello quantitativo (ad esempio per le vibrazioni).
Ai fini della valutazione, fatta eccezione del fattore vibrazioni per il
quale, come riferito, esistono ben definite procedure di stima
dell’esposizione, si tratta di valutare ogni scostamento dalla condizione ottimale (assenza di fattori complementari o scarsa presenza) in modo crescente al crescere del numero di fattori complementari presenti, nonché della relativa durata e/o frequenza e/o livello.
Per i fattori organizzativi la descrizione si limita, in questa sede, a verificare la presenza o meno di ritmi completamente vincolati (lavoro su catene in scorrimento) o vincolati ma con zone polmone.
9.6.2 Attribuzione dei punteggi di rischio per i fattori complementari
Ad ogni fattore complementare indicato è stato assegnato un identico
punteggio di rischio (Punteggio = 4 per una durata di una terzina del tempo
di ciclo, 8 per due terzine e 12 per tre terzine). Non essendo possibile quantificare a priori tutti i fattori complementari, si lascia la possibilità di scegliere un punteggio da 2 a 4 rappresentativo della gravità. (2 – bassa, ecc.)
49
sempre riferito ad esposizioni di 1/3, 2/3 o 3/3 del tempo di ciclo per presenza di altri fattori complementari ritenuti dannosi per patologie muscoloscheletriche degli arti superiori.
Per l’esposizione a strumenti vibranti importanti quali martelli pneumatici, mole ecc. che comportassero elevata esposizione a vibrazioni, i punteggi espositivi saranno di 8 per una terzina del tempo, 12 per due terzine e
16 per tre terzine.
Per quanto riguarda l’attribuzione dei punteggi ai fattori definiti come
organizzativi (ritmi imposti dalla macchina), i valori proposti sono (in genere tali valori vanno attribuiti a tutto il ciclo):
- 8 per ritmi imposti ma con presenza di zone polmone;
- 12 per ritmi completamente imposti dalla macchina.
9.6.3 Moltiplicatore per la presenza di “fattori complementari” (AdM)
Non esistono in letteratura elementi certi da cui derivare griglie di valutazione e conseguenti moltiplicatori che riguardino la presenza e l’entità dei
cosiddetti fattori complementari. Si è proceduto pertanto ad ipotizzare una
gamma di valori, da assegnare al relativo moltiplicatore (AdM), in relazione
alla presenza ed alla entità dei diversi elementi complementari così come
classificati nella fase di descrizione analitica. Ci si è comunque basati sul
criterio che il contributo degli eventuali fattori complementari fosse, al
massimo, rilevante fino ad una percentuale del 20% nel condizionare il
numero di azioni tecniche di riferimento nell’unità di tempo.
La Tabella 9.18 riporta gli elementi per l’attribuzione del moltiplicatore
per i fattori complementari (AdM), a partire dai dati di classificazione descrittiva in precedenza proposti .
Valore “punteggio” fattori complementari
0-3
4-7
8-11
12-15
16
MOLTIPLICATORE PER I
FATTORI COMPLEMENTARI (ADM)
1
0,95
0,90
0,85
0,80
Tabella.9.18- Elementi per la determinazione del moltiplicatore per i
fattori complementari (AdM)
9.7 Il modello di calcolo dell’indice
L’indice OCRA è il risultato del rapporto tra il numero assoluto di Azioni Tecniche (derivate da compiti con movimenti ripetitivi) Attualmente
50
svolte in un turno di lavoro (ATA) e il corrispondente numero di Azioni
Tecniche specificamente Raccomandate (RTA). In pratica:
ATA
OCRA = -------RTA
Il numero complessivo di Azioni Tecniche Attualmente svolte nel turno
(ATA) è un dato noto e ricostruito tramite l’analisi organizzativa. Nel caso
dell’Esempio A, in Tabella 9.19. vengono illustrati tutti i passaggi di calcolo:
FREQUENZA DI AZIONE AL MINUTO
109,3
x
MINUTI TEMPO NETTO DI LAVORO
RIPETITIVO
379,0
ATA (azioni realmente fatte nel turno
41424
=
Tabella 9.19 – Esempio A : passaggi di calcolo per la stima degli ATA
Per determinare RTA (n. complessivo di azioni raccomandate nel turno)
si procede nel modo seguente (Tabella 9.20):
- per ciascun compito ripetitivo, si parte dalla frequenza di riferimento
di azioni al minuto (CF = 30 azioni/minuto). Essa vale come costante
di riferimento per ogni compito ripetitivo, essendo ottimali o ininfluenti gli altri fattori di rischio (forza, postura, fattori complementari, carenza periodi di recupero) e per durate complessive di lavoro ripetitivo di 7-8 ore nel turno;
- la stessa frequenza viene aggiustata in relazione alla presenza ed entità, per ciascun compito, dei fattori di rischio forza, postura, ripetitività (stereotipia) e complementari. Allo scopo sono state fornite tavole con i valori assunti dallo specifico moltiplicatore in funzione
dell’entità di ciascuno dei diversi fattori di rischio;
- si moltiplica la frequenza ponderata così ottenuta per ogni compito
per il numero di minuti di effettivo svolgimento di ciascun compito
(Dj) per ottenere un parziale di azioni raccomandate (RPAj) nel compito (indipendentemente dai fattori “recupero” e “durata).
- si sommano tra loro i valori RPA ottenuti per i diversi compiti (laddove il compito ripetitivo considerato sia unico tale passaggio non è
necessario);
51
- il valore ottenuto (RPAtot), che rappresenta il parziale di azioni raccomandate nel turno, viene a questo punto “modulato” attraverso i
moltiplicatori che considerano:
- la presenza e sequenza, nell’intero turno lavorativo, dei periodi di
recupero (RcM);
- il tempo totale (in minuti), spesi nel turno, nell’esecuzione di (uno
o più) compiti ripetitivi degli arti superiori (DuM) ;
- il valore ottenuto (RTA) rappresenta il n. totale di azioni raccomandate per il turno di lavoro. Esso è determinato in funzione
dell’intervento dei diversi fattori di rischio influenti nel contesto
esaminato. Il valore di RTA rappresenta il denominatore della frazione che esprime l’indice sintetico di esposizione (OCRA). Al numeratore andrà invece inserito il n. totale di azioni attualmente svolte
nel complesso dei compiti ripetitivi esaminati (ATA).
CF costante frequenza (30 azioni minuto)
x
FoM moltiplicatore forza
x
PoM moltiplicatore posture incongrue
x
ReM moltiplicatore stereotipia
x
AdM Moltiplicatore complementari
x
RcM Moltiplicatore carenza recuperi
x
DuM Moltiplicatore durata
x
D minuti durata tempo netto lavoro ripetitivo
RTA (azioni raccomandate)
30
x
0,79
x
0,63
x
0,85
x
0,9
x
0,6
x
1,1
x
379
=
2857,15
Tabella 9.20 – Esempio A: passaggi di calcolo per la stima delle RTA
Nella fattispecie dell’esempio A che qui è stato considerato ATA è pari
a 41419,3 mentre RTA è risultato 2857,15. L’Indice Ocra risultante è pertanto pari a 14,5 (rischio molto elevato).
Per la interpretazione e la classificazione dei risultati dell’Indice OCRA
si veda quanto già ampiamente argomentato nel Capitolo 4, paragrafo 4.2.
52
9.8 L’analisi di compiti multipli in rotazione con l’indice
OCRA.
Si è visto nel capitolo 6 (paragrafo 6.2), come affrontare la valutazione
tramite checklist OCRA, laddove vi sia una rotazione, per lo più giornaliera
ma anche plurigiornaliera, su più compiti ripetitivi.
Problematiche analoghe si pongono nell’uso degli schemi di calcolo con
l’Indice OCRA: in questa sezione le stesse saranno riprese per indicare le
modalità di calcolo in particolare quando le rotazioni siano definibili come
infrequenti (con cadenza meno frequente di una volta ogni 90 minuti) e
quando non è indicato il ricorso alla modalità di calcolo indicata nel precedente paragrafo.
L’approccio che è stato riportato nel precedente paragrafo fornisce infatti risultati definibili come “medi ponderati per il tempo”. Esso è appropriato
solo laddove le rotazioni tra i compiti siano assai frequenti, ad esempio almeno una volta ogni 90 minuti oppure, a maggior ragione, laddove i singoli
compiti siano in realtà sub-compiti facenti parte di un compito generale
“complesso” (il cui tempo di ciclo ha durata generale di alcuni minuti). In
questi scenari infatti, può essere ipotizzato che esposizioni “elevate” siano
in qualche modo compensate da esposizioni più “basse” che si alternano fra
di loro in tempi assai ravvicinati.
Al contrario, laddove la rotazione tra i compiti ripetitivi sia meno frequente (ad esempio una volta ogni 100 minuti o più), l’approccio “medio
ponderato per il tempo” potrebbe risultare in una sottostima del livello effettivo di rischio (per via dell’effetto di appiattimento dei picchi di esposizione). Per questi scenari risulta più realistico il ricorso ad un approccio alternativo basato sul concetto del “compito più sovraccaricante come minimo”. Il risultato di questo approccio sarà, come minimo, equivalente
all’indice Ocra del compito più sovraccaricante considerato per la sua effettiva durata e, come massimo, uguale all’indice Ocra dello stesso compito
considerato però (solo in via teorica) per la durata complessiva di tutti i
compiti ripetitivi esaminati.
Una speciale procedura, basata sugli stessi dati raccolti per l’analisi con
l’Indice OCRA descritta in questo capitolo, consente di stimare esattamente
l’indicatore effettivo risultante all’interno del range di valori compresi tra
gli ipotetici minimo e massimo.
L’ indice calcolato con questa procedura è definito Ocra Index Multitask
Complex.
La procedura è basata sulla seguente formula:
Ocra Index Multitask Complex (cOCRA) = ocra1(Dum1) + (∆ocra1 x K)
53
ove
1,2,3,…,N = compiti ripetitivi ordinati secondo i valori di ocra index (1= più
alto; N = più basso) calcolato considerando il rispettivo moltiplicatore di durata effettiva (Dumi) nonché il moltiplicatore per i periodi di recupero RcM (lo
stesso per tutti i compiti)
ocra 1 = ocra index del compito 1 considerando Dum 1
Dumi = moltiplicatore di durata secondo la durata effettiva del compito i
Dumtot = moltiplicatore di durata per la durata totale di tutti i compiti ripetitivi
∆ ocra 1 = ocra index risultato più elevato considerando Dumtot (selezionato
tra gli N compiti) - ocra index del compito1 considerando Dum 1
K = ( ocra 1max * FT1) + (ocra 2max * FT2) +…+( ocra N max * FTN)
(ocra 1max)
ocra 1,N max = ocra index dei compiti da 1 ad N considerando Dumtot
ocra i max = ocra index più elevato ( del compito i ) considerando Dumtot
FTi = Frazione di tempo (valori tra 0 e 1) del compitoi rispetto al tempo totale
ripetitivo
In pratica, per calcolare Ocra Index Multitask Complex (cOCRA), sono
necessari i seguenti steps:
- per ogni compito, calcolare un tradizionale indice Ocra per un solo compito
(ATA/RTA) considerando la durata intrinseca (reale) del compito (come se
ogni compito fosse l’unico nel turno), il relativo DuMi e RcM (lo stesso per
ogni compito). Ocra int
- per ogni compito, calcolare lo stesso indice Ocra (ATA/RTA) considerando
invariati tutti i parametri, incluso Rc M, con la sola eccezione di DuMtot che in
questo caso sarà considerato in relazione alla durata totale di tutti i compiti ripetitivi. Ocra max
- ordinare i compiti tramite numeri (1,2,etc.) in senso decrescente secondo i valori Ocra int; il valore Ocra int più alto identifica il compito 1.
- calcolare “∆ ocra1” per il compito 1;
- considerare “il tempo totale ripetitivo” dato dalla durata totale (in minuti) di
tutti i compiti ripetitivi;
- calcolare la frazione di tempo per ciascun compito 1, 2, 3, etc. (FTi), dividendo la loro rispettiva durata (in minuti) per il tempo totale ripetitivo calcolato
al punto precedente;
- calcolare “K” mediante la formula; in pratica:
o Moltiplicare i singoli “Ocra 1 max” per FT1; “Ocra 2 max ” per FT2; “Ocra 3 max”
per FT3; etc ;
o sommare i valori ottenuti;
o dividere questa somma per “Ocra 1 max”.
- il risultato (K) è compreso in un range di valori tra 0 ed 1;
- calcolare Ocra Index Multitask Complex (cOCRA) mediante la formula generale; in pratica:
54
o partire da Ocra1 int (indice Ocra per il compito più sovraccaricante calcolato considerando la sua reale durata)
o Aggiungere a tale valore “∆ ocra1” (differenza tra Ocra max e Ocra 1 int
) moltiplicato (ponderato) attraverso “K”.
Esempio di calcolo di Ocra Index Multitask Complex (cOCRA).
Si abbia un lavoro ripetitivo della durata totale di 322 minuti nel turno e
caratterizzato da due compiti:
A) “saldatura staffa” avente una durata di 226 minuti.
B) “tranciatura del foro terminale” avente una durata di 96 minuti.
Nell’esempio sono stati ottenuti i seguenti risultati in termini di frequenza di azione, tempo di ciclo e numero di azioni effettivamente svolte, nel
turno, per ciascun compito (arto destro):
COMPITO A
53,3
9
12046
Frequenza di azione (al minuto)
Tempo di ciclo (secondi)
ATA
COMPITO B
63,7
6
6115
Sono stati inoltre ottenuti i seguenti moltiplicatori per Forza (FoM), Postura (PoM), Stereotipia (ReM) e Fattori Complementari (AdM):
COMPITO A
COMPITO B
FoM
0,91
0,75
PoM
0,5
0,5
ReM
0,85
0,7
AdM
1
1
Infine vanno considerati i seguenti moltiplicatori generali per i tempi di
recupero e per la durata totale di lavoro ripetitivo: RcM = 0,6 (4 ore senza
adeguato recupero); DuM = 1,2 (per una durata totale di 322 minuti).
L’indice OCRA risultante, secondo la procedura di calcolo media ponderata per il tempo dettagliata al paragrafo precedente, è pari a 7,5
Secondo la nuova metodica qui proposta (Ocra Index Multitask Complex) si considerino ora i seguenti dati:
Compito A)
ATA=12046
RTA (con DuMA = 1,5 per 226 minuti) =
= 30x0,91x0,5x0,85x1x226x0,6x1,5 = 2360
55
RTA (con DuMtot=1,2 per 322 minuti) =
= 30x0,91x0,5x0,85x1x226x0,6x1,2 = 1888
Ocra A int = 5,1
Ocra A max = 6,4
Compito B)
ATA= 6115
RTA (con DuMB = 2 per 96 minuti) =
= 30x0,75x0,5x0,7x1x96x0,6x2= 907
RTA (con DuMtot=1,2 per 322 minuti) =
= 30x0,75x0,5x0,7x1x96x0,6x1,2= 544
Ocra B int = 6,7
Ocra B max = 11,2
Il compito B) presenta un Ocraint più elevato e pertanto nell’applicazione
della formula generale per il calcolo di cOCRA si partirà da questo (compito1); si consideri inoltre che la frazione temporale (FT) del compito A è di
0,7 (226/322 minuti), mentre quella del compito B è di 0,3 (96/322 minuti).
Utilizzando questi dati ed applicando la formula per il calcolo di
cOCRA si avrà:
ocra 1 = ocra index del compito B considerando Dum B = 6,7
∆ ocra 1 = (11,2-6,7) = 4,5
K = ((6,4x0,7) + (11,2x0,3) / 11,2) = 0,7
e pertanto:
cOCRA = 6,7 + ( 4,5 x 0,7) = 9,85
L’indice Ocra Index Multitask Complex (cOCRA) risultante è pari a
9,85; questo risultato è valido laddove, abitualmente, venga svolto dapprima uno dei compiti qui esaminati per la sua intera durata e poi, tutto di seguito, il successivo.
Se, al contrario, vi è abitualmente una alternanza tra i due compiti con
cadenza all’interno di 90 minuti andrà considerato più adeguato il risultato
ottenuto con l’approccio della media ponderata per il tempo (7,5
nell’esempio trattato).
9.9 Una novità: la scomposizione in microfasi e i mini indice per fasi
Come si era già accennato nel Capitolo 2, gli studi organizzativi necessari agli analisti per la strutturazione della produzione e perciò della assegnazione dei compiti sulle varie postazioni, richiedono la individuazione
56
delle micro-fasi (chiamate anche più tecnicamente fasi o elementi), una
sorta di “mattoncini” indivisibili, con la cui composizione, scomposizione e
ricomposizione si creano i diversi compiti assegnati a ciascuna postazione
di lavoro su una data linea, ai fini di ottimizzare la produttività (Figura
2.16). Il procedimento prende il nome di bilanciamento delle linee.
Ci è stato chiesto dagli analisti più attenti di avere, già a questo stadio,
cioè quello della micro-fase, una conoscenza del rischio.
Per questo motivo, oltre che suggerire di applicare l’indice OCRA (per
studiare più facilmente i diversi fattori di rischio) scomponendo il compito
in micro-fasi, è stato possibile ottenere, per ognuna di esse, una sorta di mini-indice OCRA.
In Figura 9.20 sono riportati i mini-indici per le tre fasi in cui può essere scomposto il compito dell’esempio A.
Si tratta di un classico calcolo dell’indice OCRA dove però:
- - una micro-fase è considerata come un ciclo col suo proprio tempo di ciclo;
- - la frequenza si valuta rispetto alle azioni presenti nella micro-fase e alla sua
durata e così per posture incongrue, forza e fattori di rischio complementari;
- - alla stereotipia viene assegnato moltiplicatore 1, in quanto questo fattore può
essere assegnato solo al compito completo e non per micro-fase;
- - per quanto riguarda i dati organizzativi si sono ovviamente utilizzati dati organizzativi costanti (non essendo ancora determinabili a questo preliminare
livello di studio del rischio): durata del compito 440 minuti, 2 pause da 10
minuti ben collocate, una pausa mensa ben collocata. Si tratta in sostanza del
calcolo di un valore di rischio intrinseco che usa le stesse costanti per tutte le
micro-fasi. Il Moltiplicatore assegnato per la Durata è pertanto sempre uguale
a 1, il Moltiplicatore per la carenza tempi di recupero sarà sempre 0,6 (4 ore
senza adeguato recupero).
In Figura 9.21 si ricompongono tutti i dati derivati da ciascuna microfase per la stima dell’indice finale. In pratica da ogni micro-fase (e complessivamente per ognuna di essa) si riprendono i dati numerici ovvero il
numero di azioni, la loro durata, i valori della forza media/ponderata, i tempi per ciascuna delle posture incongrue e i tempi dei fattori complementari.
Per il calcolo dell’indice finale vengono, a questo livello, introdotti:
- - i reali dati organizzativi relativi alla durata netta del lavoro ripetitivo
- - i reali dati organizzativi relativi distribuzione dei tempi di recupero
- - il ritmo della macchina (completamente imposto, con polmone o libero)
- - la presenza di stereotipia moderata o elevata.
Nel comporre il compito con le diverse micro-fasi, a questo punto
l’analista sarà in grado non solo di bilanciare la produttività, ma anche
l’esposizione a rischio.
In Figura 9.22 si presenta, relativamente all’Esempio A, l’indice finale.
57
FORZA
0,73
0,62
FORZA
0,70
0,67
POSTURA
0,53
0,57
POSTURA
0,50
0,90
COMPLEM
0,90
0,90
COMPLEM
0,90
78727,63
N.AZIONI
23027,83
36306,48
N.AZIONI
20746,56
4752,00
N.RACC
2789,98
2510,07
N.RACC
2509,85
16,57
MINI-INDICE
8,25
14,46
MINI-INDICE
8,27
PRIMA MICRO-FASE
SECONDA MICRO-FASE
Figura 9.20 – Esempio A: Mini indici Ocra per fase.
58
1,00
2 pause + una pausa mensa;
assenza di stereotipia)
(su costante di 440 minuti netti,
MINI -INDICE DI FASE
2 pause + una pausa mensa;
assenza di stereotipia)
(su costante di 440 minuti netti,
MINI -INDICE DI FASE
2 pause + una pausa mensa;
assenza di stereotipia)
(su costante di 440 minuti netti,
MINI -INDICE DI FASE
1,00
FORZA
TERZA MICRO-FASE
1,00
Moltiplicatore Forza
0,79
Moltiplicatore Postura
59
1,0
0
punt. polso
Moltiplicatore Stereotipia
0%
0
0%
0%
0
0
10,91
24
%
#
39
%
0%
0
6,707
0%
#
0%
0
0
0%
0
#
0%
#
35
%
#
23
%
#
14
%
0%
#
0%
#
6%
0
3,8581
6,3934
9,916
0
0
1,677
0,00
36,07
0%
0%
0%
0%
0%
0%
0
0
0
0
0
0
7,5
0
punt. mano
Moltipl. Fattori Complementari (AdM)
Figura 9.21 – Esempio A: Ricomposizione dei dati di ciascuna fase per il calcolo dell’indice OCRA finale.
0,90
6,2
9
punt.
gomito
0,85
2,0
0
punteggio
spalla
0,63
1,2
9
2,18
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
10,91
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
4,38
0,00
0,00
6,56
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
32,72
0,00
0,00
15,3
0,0
0,00
21,0
0,0
0,00
21,0
0,0
0,00
15,3
0,0
0,00
FASE
2
FASE
3
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
6,71
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
1,68
2,01
3,35
0,00
0,00
1,68
0,00
3,35
10,1
30,0
30,0
10,1
FASE 1
vibrazioni
compressioni
colpi e contraccolpi
movimenti improvvisi e rapidi
altri fattori complementari
Ritmo imposto
fini movimenti delle dita
Stereotipia
precisione
presa a uncino
presa palmare
pinch
grip stretto (1-2cm)
grip (diametro 3-5 cm)
deviazione ulnare sup.20°
deviazione radiale sup.15°
estensione sup.45
flessione sup.45°
flesso/estensione sup.60°
supinazione sup.60°
pronazione sup. 60°
estensione sup.20°
abduzione sup.45÷80
flessione e/o abduzione sup.80°
forza
% tempo con picchi di forza
TEMPO ATTIVO ARTI SUP+ALTRI TEMPI ATTIVI
N.AZIONI TECNICHE STATICHE
N.AZIONI TECNICHE DINAMICHE
TEMPO ATTIVO ARTI SUP
FASI OPERATIVE (OPERAZIONI/ELEMENTI
SINTESI RISULTATI A DX
punt. forza
1
punt.fat
t.compl.
8
1
INDICE OCRA
ARTO DESTRO
ARTO SINISTRO
0,79
0,63
0,85
0,90
FORZA
POSTURA
STEREOTIPIA
COMPLEMENTARI
0,75
0,53
0,85
0,90
0,60
1,10
41412,00
2857,15
14,49
RECUPERO
DURATA
N.AZIONI EFFETTIVE
N.AZIONI RACC.
0,60
1,10
16869,30
2281,93
INDICE OCRA
7,39
Figura 9.22 – Esempio A: il valore dell’indice finale di rischio del compito analizzato.
60