COMUNE DI OLBIA STUDIO DI VARIANTE AL PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO (PAI) E DEL QUADRO DELLE OPERE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO NEL TERRITORIO COMUNALE DI OLBIA Tavola: A06 Scala: RELAZIONE GENERALE SULLO STUDIO GEOLOGICO IL SINDACO: On. Enrico Giovanni Maria Giovannelli COORDINATORE: Prof. Marco Mancini L'ASSESSORE ALL'URBANISTICA Avv. Carlo Careddu CONSULENTE ESPERTO: Geol. Phd Giovanni Tilocca IL DIRIGENTE Ing. Costantino Azzena Delibera di adozione n. del Delibera di approvazione n. del SETTEMBRE 2014 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 RELAZIONE GENERALE ASSETTO GEOLOGICO, GEOMORFOLOGICO E IDROGEOLOGICO DELLA PIANA DI OLBIA CON PARTICOLARE RIGUARDO ALL’AREA URBANA PREMESSA Con convenzione n.12 del 18/03/2014 il Comune di Olbia, ha affidato allo scrivente l’esecuzione di attività geologiche nell’ambito della Predisposizione della variante al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e del quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia . Ciò in ottemperanza della Deliberazione del Consiglio Comunale n.96 del 13/12/2013 disposta a seguito dell’evento alluvionale del 18/11/2013. 1. INTRODUZIONE Fermo restando l’obiettivo generale della predisposizione della Variante al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e gli specifici compiti assegnati dalla Convenzione di cui sopra, la presente monografia geologica e geomorfologica, coerentemente con quanto previsto da norme e riferimenti tecnici e unitamente a tutti gli elaborati che la completano con analisi e schede di dettaglio, si propone di definire, anche con specifico riferimento al contesto ed al preliminare livello progettuale delle opere, i seguenti elementi: l’assetto geologico e geomorfologico in cui è inserito il sistema idrografico scolante su Olbia; la successione litostratigrafica locale; i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità; la definizione dell’origine e natura dei litotipi presenti, del loro grado di alterazione e di fratturazione e della loro degradabilità; I lineamenti geomorfologici; gli eventuali processi morfogenici, i dissesti in atto e potenziali con la loro tendenza evolutiva ovvero il livello di pericolosità idrogeologica del settore in cui ricade l’intervento; lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea. In sintesi, ciò che si è soliti definire, il Modello Geologico. Considerato l’obiettivo della Variante al PAI e dell’elaborazione di un quadro di opere di mitigazione, il lavoro previsto in Convenzione è stato suddiviso in Ambito Urbano e “Restante parte del territorio comunale“ e comprende le seguenti attività (in grassetto le elaborazioni specifiche; il resto rientra nella consulenza alla parte idraulica): □ Indagine di campo su ponti, confluenze reti idriche minori, confluenze reti acque bianche, inizio e fine tratti tombati, etc.; □ Ricostruzione, alla scala dello strumento urbanistico, dello scenario di evento alluvionale del 18 Novembre 2013 sull’intero territorio di Olbia, con particolare riguardo al centro urbano e alle aree sottese al Riu San Nicola-Riu de S’Abba Fritta, al Canale Zozò, al Riu S’Eligheddu, al Canale Gadduresu, al Riu de Tannaule, al Canale Paule Longa (Riu Bandinu)1 e al Canale Tilibas; □ Analisi geomorfologica degli alvei in elenco a seguito dell’evento di piena; □ Supporto geologico all’analisi del reticolo idrografico naturale e artificiale: confronto tra la cartografia storica e recente; □ Valutazione del ruolo dell’acquifero e della falda nella risposta di piena in funzione dell’assetto litostratigrafico desunto dal quadro geognostico; □ Supporto geologico alla verifica delle mappe di assorbimento in funzione delle aree urbanizzate e della litologia; □ Valutazione del trasporto solido (sedimenti movimentati) e del suo ruolo nell’evento alluvionale; 1 Nello sviluppo del lavoro a tale corpo idrico è stata conferita la denominazione di Paule Longa in ossequio alla ricostruzione storica eseguita nel corso dell’indagine. 1 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 □ Individuazione aree in erosione e aree di sovralluvionamento in alveo; □ Individuazione delle principali criticità strutturali (leggasi: le opere incongrue) e del loro ruolo durante l’evento alluvionale; □ Contributo geologico alla valutazione di Indici di scabrezza e Curve Number dello Studio idraulico; □ Perimetrazione geomorfologica degli alvei in studio, alla scala dello strumento urbanistico; □ Stesura della Relazioni Tecnica finale dello studio (per quanto di competenza); □ Studio di Compatibilità idraulica e firma (per quanto di competenza); □ Supporto alla elaborazione delle scelte progettuali preliminari; □ Relazioni Geologica e Geotecnica di progetto preliminare Per gli scopi prefissati è stata riposta massima attenzione nell’individuazione e nell’illustrazione degli elementi diagnostici geomorfologici e litologici direttamente e indirettamente coinvolti con le dinamiche del corso d’acqua. Per evidenti ragioni di praticità e coerenza, quindi, l’indagine qui presentata si è estesa e verterà sulle aree di ciascun bacino e sottobacino idrografico sotteso alla Piana di Olbia così come concettualizzata in apposito paragrafo (5,2.2; Figg. 1, 11 e 12). In questa prima fase le analisi destinate alla discussione dei processi geomorfologici associati alla pericolosità si concentrano, tuttavia, sulle porzioni urbane dei bacini e delle sottendenti aste fluviali, sino alla foce nella Laguna di Olbia2. In una seconda fase si svilupperanno le analisi e s’illustreranno i risultati delle indagini svolte nella restante parte del territorio comunale. A tal fine il programma di indagini è stato il seguente: 1. Preliminare ricerca bibliografica di base finalizzata a reperire gli eventuali studi scientifici sulle problematiche d’interesse e sui caratteri geologici e sismici dell’area di indagine; 2. Ricerca bibliografico, al fine di reperire i documenti tecnici sui lavori e le opere idrauliche realizzate; 3. Ricerca storica allo scopo di documentare gli elementi di natura cartografica storica utili all’anamnesi delle problematiche idrogeomorfologiche ed ai confronti su base cronologica; 4. Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea, allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e riscontri sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti, sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui versanti sottesi; 5. Studio geomorfologico e idro-geo-morfologico sul terreno e in foto aerea delle aste fluviali urbane anche al fine di supportare la valutazione degli Indici di scabrezza; 6. Analisi multi temporale in foto aerea tramite confronti diacronici finalizzata allo studio delle variazioni naturali e artificiali dei corsi d’acqua; 7. Studio litologico sul terreno al fine di definire i caratteri litostratigrafici del sottosuolo ovvero di confermare quelli già noti, anche al fine di circostanziare e correlarvi l’indagine geognostica eseguita; 8. Studio idrogeologico speditivo allo scopo di verificare la presenza o meno di acque sotterranee, interferenti e di ottimizzare la valutazione dei Curve Number dello Studio idraulico; 9. Studio e valutazione quantitativa delle modificazioni plano altimetriche determinate nel corso dell’urbanizzazione. Per le ricerche di storiche sono stati consultati documenti reperiti nel tempo presso le Università di Cagliari e di Sassari ed è stato esaminato prezioso materiale messo a disposizione dal Comune in successive occasioni, parte del quale proviene dall’archivio del Genio Civile di Sassari3. 2 Per quanto tale denominazione possa apparire fuori dagli schemi ordinari del convenzionale lessico, essa è la più corretta sia sul piano geomorfologico che idrogeologico nonché, di conseguenza, l’unica idonea a conferire il dovuto realismo a tutte le “condizioni al contorno” da considerare sia in sede idraulica che geomorfologico-sedimentologica. Tale concetto è formulato peraltro nella pubblicazione [66] della bibliografia. 3 Come da comunicazione orale del 23/09/2014 del Geom. S. Spano del Comune di Olbia. 2 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] 2.1 [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 2. MATERIALI E METODI BIBLIOGRAFIA Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) – Studi, indagini, elaborazioni attinenti all’ingegneria integrata, necessari alla redazione dello studio denominato Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF). Sub bacino 4 – Liscia. Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) – Evento alluvionale del 18 Novembre 2013; Valutazioni delle precipitazioni. Volume 01-pp.6. Servizio tutela e gestione delle risorse idriche, vigilanza sui servizi idrici e gestione delle siccità. APAT (2003) - Atlante delle opere di sistemazione fluviale. Dipartimento Difesa del Suolo. 27, pp. 172. 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Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] [81] [82] [83] [84] [85] [86] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Vardabasso S. & Vardabasso S.na (1962) – La Gallura – Cenni Geologici – Cenni Geografici. Estratto dal vol.: La Gallura, pp. 23. a cura di Murineddu A.– Ed. Fossataro, Cagliari. Verstappen H.Th. [ed.] (1983) – Applied Geomorphology – Geomorphological Surveys for Environmental Development. Elsevier. Waelbroeck C.,, Labeyrie L., Michel E., Duplessy J.C., McManus J.F., Lambeck K., Balbon E. & Labracherie M. (2002) – Sea-level and deep water temperature changes derived from benthic foraminifera isotopic records. Quaternary Science Reviews, v. 21, pag. 295–305. Wright L.D. (1985) – River Deltas. Coastal Sedimentary Environments. 2nd ed., R.A. Davis, ed., Springer-Verlag, New York, pag. 1-76. Wright L.D. & Coleman J.M. (1973) – Variations in morphology of major river deltas as functions of ocean wave and river discharge regimes. American Association of Petroleum Geologist Bulletin, vol. 57, 2, pag. 370-398. Zorzi Ca’ F. (1983) – Indagine sul metodo dell’idrogramma unitario del SCS. Quaderni di Idronomia Montana. Vol. 1, pag. 45-66. Quello riportato è l’elenco dei documenti scientifici a contenuto geologico, idrogeologico e geomorfologico presi in considerazione, ovvero studiati o consultati ed a cui è fatto esplicito o implicito riferimento nel corso dello studio. Fin da ora occorre tuttavia, mettere in evidenza che per lo più, se si eccettua l’esistenza di una buona cartografia geologica ufficiale, quantunque datata e poco incline ad approfondire sui terreni di copertura (cfr. S.G.I., F° 182), è del tutto assente una letteratura geologica, geomorfologica ed idrogeologica che approfondisca il quadro delle relative conoscenze sulla Piana di Olbia. Pertanto, delle singolarità di cui si tenterà di dare conto e, con un a certa fatica, spiegazione nel corso della trattazione, non sussiste il necessario conforto scientifico “a monte” in grado di affrancare le interpretazioni di quanto descritto, da elementi soggettivi e dunque da avverse interpretazioni. Non di meno, la bibliografia qui riportata sottintende uno studio dello specifico territorio che in realtà ha avuto inizio ben 16 anni or sono e di cui v’è testimonianza in [21], [22], [72], [73], [74], nonché nello stesso PAI Subbacino 4-Liscia, segnatamente alla identificazione dei tratti critici della rete idrografica (gran parte dei quali derivò dagli approfondimenti posteriori alle Piene del 1998), alcuni dei quali, peraltro, non hanno trovato ospitalità nella documentazione idraulica stessa, per ragioni che si ignorano. 2.2 ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ RICERCA FOTOGRAFICA Aeronautica Militare (1954): Foto in b/n in scala 1:33.000 declassificate. E.R.S.A.T. (Ente Sardo di Assistenza Tecnica in Agricoltura) (1977): Foto a colori in scala 1:10.000 R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (1997-1998): Ortofoto Aima in scala 1:10.000. R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (2001-2004): Ortofoto a colori RGB in scala 1:10.000 R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU (1977): Ortofoto a colori in scala 1:10.00 Sardegna geoportale; http://webgis.regione.sardegna.it/. Google Earth 2.3 RICERCA DOCUMENTALE E ALTRE FONTI TECNICHE In questo caso, lo scopo è stato quello di reperire in prima istanza quante più informazioni possibili sugli eventi critici che abbiano riguardato il territorio di Olbia, in generale, ed il settore urbano, in particolare. Si è pertanto fatto riferimento, specificamente a: A. B. C. D. E. F. Il repertorio del P.S.F.F. relativo al Riu San Nicola del Subbacino 4-Liscia; il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche); il repertorio I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia).– A.P.A.T. & RAS (2005); il repertorio P.A.I. relativo al Sub Bacino 4 – Liscia; la consultazione di un estratto dell’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la Biblioteca Universitaria del Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni anche su eventi calamitosi minori, a partire dagli anni ’20; la consultazione di copie del materiale bibliografico storico giacente presso il Dipartimento d’Ingegneria del Territorio della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari (anni 2000-2008); 6 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] G. H. I. J. K. L. M. N. O. P. Q. R. S. T. U. V. W. X. Y. Z. AA. BB. CC. DD. EE. FF. GG. HH. II. JJ. KK. LL. MM. N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 lo Studio sull’Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS), elaborato dall’E.A.F. (2003), sulla base dei dati disponibili presso il Servizio Idrografico Regionale; La Nuova Sardegna-Archivio on line; Kerrer-Lacava (1988) - Studio di impatto ambientale del porto industriale. Consorzio n.1 di Olbia, pp. 404. I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°NO Terranova Pausania. Firenze. I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.181 I NE Muddizza Piana. Firenze. I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze. I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze. I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SE Maladromida. Firenze. I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NO Olbia. Firenze. I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NE Golfo Aranci. Firenze. I.G.M.I. (1967): Carta Topografica d’Italia in scala 1:100.000, F°182. Firenze. I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-I Olbia Est. Firenze. I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-IV Olbia Ovest. Firenze. Comune di Olbia (2011)-. Cartografia tematica Assetto Ambientale in scala 1:10000. Riordino delle conoscenze Piano Urbanistico Comunale. Provveditorato OO. PP. per Lazio-Abruzzo-Sardegna (2005)-Rilievi Batimetrici Canaletta di Accesso al Porto. 2 Tavv. Scala 1:1000. Idrogeotop, Cagliari. Studio Italiano di Geofisica Mineraria (anni 60)- Condizioni geologiche della Gallura nord orientale in relazione alla ricerca d’acqua (con n. 6 stratigrafie di pozzi eseguiti) Tilocca G. (2007) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano. Applicazione del metodo di Gavrilovic. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 16 + 9 Allegati cartografici. Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008). Tilocca G. (2008) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano. Relazione Tecnica Consuntiva. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 79. Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008). Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio Civile di Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato con R.D. 4 Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2° Elenco Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938. Piano Generale della palude Salinedda – S. Simplicio a nord di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900). Piano Generale della palude Salinedda – Gallurese a sud di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900). Palude Salinedda San Simplicio – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903). Palude Salinedda Gallurese – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903). Lavori di bonifica delle paludi Salinedde in prossimità dell’abitato di Terranova Pausania-Perizia per l’impiego degli imprevisti a norma dell’art. 20 del Reg.to 25 Maggio 1895-n.350, occorrenti per i lavori di completamento dei terreni colmati di proprietà del Comune di Terranova. Planimetria. Scala 1:2000 (ed. 1904). Piano Generale delle paludi Salinedde - presso Terranova. Scala 1:4000 (ed.1907). Progetto per lavori complementari di bonifica delle paludi Salinedde presso Terranova P.nia. Ponticelli con impalcature in cemento armato. Varie scale. (ed. 1908). Planimetria della proprietà di Mossa Antonio nella località Giuanne Canu presso Terranova. Scala 1:500 (ed. 1910). Piano dei terreni residuati coi lavori di bonifica delle Paludi Salinedde presso Terranova Pausania. Scala 1:2000 (ed. 1910). Disegni allegati alla monografia richiesta con nota 29 Luglio 1911 n.1061 dalla Commissione Tecnica centrale per le Bonificazioni istituita con R.D. 11 Dicembre 1904. Tav. Scala 1:25.000. Bonifica dello Stagno di Corcò-Piano grafico della zona bonificata. Scala 1:4000. (ed. 1912). Progetto di sistemazione del Rio Cecilia a monte del ponte della strada provinciale Terranova-Telti nella bonifica delle Paludi Salinedde in comune di Terranova Pausania. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919). Progetto di un canale di scolo per gli stagni Palude Piana. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919). Bonifica dello Stagno di Colcò. Stato di consistenza della bonifica sopradetta. Scala n.d. (ed. 1924) 7 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] NN. OO. N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della strada provinciale Terranova-Monti4. Scala 1:4000 (ed. 1926). Campo di aviazione di Terranova-Progetto di allargamento del campo con lo spostamento del canale Sozzò. Planimetria. Scala 1:4000 (data n.d.). Gli ultimi documenti di questo repertorio sono stati ufficialmente reperiti presso l’Archivio del Genio Civile di Sassari dal Settore Pianificazione e Gestione del Territorio, Edilizia Privata e Pubblica del Comune (cfr. Relazione Assetto Storico; A07) L’elenco dei lavori Idraulici svolti in tempi recenti e di cui si è reperita documentazione è oggetto di uno specifico paragrafo in A07 che in parte riprende e attualizza alcuni paragrafi della relazione del servizio denominato: Predisposizione della progettazione preliminare, previa analisi e ricognizione delle esigenze residue, degli interventi di difesa da rischio idrogeologico dei centri abitati del Bacino “Liscia” 5, affidato nel 2010 dall’Assessorato dei LL. PP. della RAS ad ATP di cui lo scrivente fa ancora parte. 2.4 PRODOTTI E LAYOUTS Nell’ambito dello studio sono state elaborate le seguenti cartografie: n. Denominazione TAV.8 CARTA FISICA DELL'AREA URBANA TAV.9 CARTA GEOLOGICA DELL'AREA URBANA TAV.10 CARTA DELL'USO DEL SUOLO DELL'AREA URBANA TAV.11 ASSETTO_STORICO 2.4.1 ELABORAZIONE DELLE CARTE TEMATICHE TAV. 8 - CARTA FISICA DELL’AREA URBANA Per l’intera area urbana è stata ricavato, in ambiente GIS, un DTM con celle di 1 metro dal mosaico dei raster ottenuti dagli ASCII del volo LIDAR del 2010, di proprietà di del Ministero dell’Ambiente, relativi alla sola modellazione topografica del terreno, ossia trascurando vegetazione ed edifici. La mosaica tura, così come tutti gli altri elaborati cartografici a base del presente studio sono stati orientati e proiettati in coordinate piane su Datum Roma 40. L’elevato grado di dettaglio del DTM ha consentito di verificare con estrema accuratezza la geometria del reticolo idrografico urbano, con particolare riferimento alla delimitazione dei sub-bacini i cui spartiacque, in ambiente antropico, sono spesso difficilmente identificabili e fonte di grossolani errori. La carta evidenzia la forte antropizzazione di tutto il territorio e, in particolare, delle aree urbane più prossime alla costa, dove sono facilmente individuabili morfologie anomale riferibili a rilevati e aree in scavo, altriementi difficilmente ravvisabili in assenza di specifici rilievi sul campo. Gli spartiacque appaiono tutto sommato ben definiti, talora tipicamente associati a peculiarità geologicogeomorfologiche, quali affioramenti di filoni acidi (displuvio Canale Zozò-Seligheddu) più resistenti all’erosione o locali lembi residuali di formazioni detritiche terrazzate. In generale si rileva lo scarso dislivello che caratterizza l’area da monte a costa, misurabile in un massimo di circa 50 metri, e la presenza di aree fortemente depresse, prevalentemente riconducibili ad antiche aree palustri o a locali approfondimenti degli impluvi principali, di norma non particolarmente incisi anche nei tratti più periferici. TAV.9 – CARTA GEOLOGICA DELL’AREA URBANA La tavola di inquadramento geologico dell’area urbana è stata ottenuta dal compendio tra la carta geologica redatta nell’ambito del riordino delle conoscenze a corredo dell’adeguamento del PUC al PAI e PPR, ed il rilievo su basi cartografiche storiche delle aree urbane nei tratti focivi e bonificati dei rii principali (Sistema San Nicola-Zozò e Seligheddu, cfr Tav. 11). Le aree di bonifica sono state ricavate dai progetti originari, datati 4 La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII. L’analisi e la ricognizione delle esigenze residue sono state fondate sull’esame dei progetti reperiti presso l’Amministrazione di Olbia nel corso dell’indagine svolta e la Relazione per la parte specifica, sintetizza le relazioni tecniche di progetto a cui, tuttavia, si rimanda per le verifiche e i confronti rispetto allo stato di fatto attuale. 5 8 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Aprile 1900, che per quanto si possano ritenere lodevolmente precisi e ricchi di dettagli, in quanto basati su rilievi topografici con oltre 2000 punti quotati e su indagini geognostiche consistite in oltre 70 verticali tra pozzetti e sondaggi (una vera rarità per l’epoca), nulla dicono sull’effettiva estensione delle colmate di bonifica e sui materiali utilizzati. In quest’ultimo caso lo scrivente ipotizza, confortato dalla documentata conoscenza del territorio, la prevalenza di litotipi di scavo provenienti da aree limitrofe e quindi prevalentemente riconducibili a sabbioni arcosici e pietrame eterometrico derivante da sbancamenti e scavi su sedimenti di delta fluviale arcosici ma ricchi in limo e fanghi sul lato marittimo e su graniti più o meno arenizzati sul lato terrestre. Tali litotipi, non inseriti nell’originaria carta del PUC, possono a buon diritto inserirsi tra i litotipi di riporto, identificati nella legenda della cartografia regionale con la sigla h1r, mantenuta nell’elaborato cartografico in oggetto. TAV.10 – CARTA DELL’USO DEL SUOLO DELL’AREA URBANA È stata ricavata dal Corine Land Cover del 2008, reso disponibile dalla RAS in formato shape con legenda suddivisa per livelli. Nel caso in specie, data la rilevanza dell’informazione sull’uso del suolo in ambito idrologicco ed idraulico, nonché idro-geomorfologico, il dettaglio è stato spinto sino alla classe III. TAV.11 – CARTA DELL’ASSETTO STORICO Come già accennato in precedenza, si tratta di un elaborato specificamente indirizzato alla descrizione delle aree di bonifica storiche in termini di estensione e volume delle colmate realizzate nel secolo scorso e a fornire un ragguaglio di tipo geolitologico al tematismo specifico. Gli elaborati di partenza risalgono ai progetti originari (Piano delle Bonifiche delle Paludi Salinedde a Nord e a Sud di Terranova; cfr. A07) da cui hanno conseguito l’attuale assetto canalizzato i tratti finali del San Nicola e del S’Eligheddu, del Gadduresu, del Tannaule e gran parte del canale (oggi tombato) denominato Paule Longa. Trattandosi di elaborati cartacei, quantunque in buone condizioni, si è resa innanzitutto necessaria la loro digitalizzazione su base raster ottenuta da scansioni di estrema risoluzione (600dpi). Tale procedura, complessa e assai delicata dati gli scarsi riferimenti topografici che accomunano l’attuale assetto urbano di Olbia e la “Terranova” di oltre un secolo fa, è stata realizzata in ambiente GIS. Oltre ai limiti delle aree bonificate sono stati digitalizzati i seguenti elementi: 1. Le aree lagunari e retrostagnali originarie; 2. Il reticolo di diversivi naturali, che mettevano in comunicazione le suddette aree; 3. La quasi totalità dei punti quotati (2000), nell’ambito delle aree di bonifica del S’Eligheddu e del San Nicola; 4. L’ubicazione dei punti di indagine geognostica. Gli elementi lineari e areali relativi ai primi due punti sono stati posti a diretto confronto con l’attuale assetto del territorio costiero, evidenziandone l’elevato grado di antropizzazione, che ha decretato la definitiva cancellazione delle aree di transizione che contribuivano al mantenimento dell’equilibrio naturale tra apporto solido in costa, sedimentazione dei fini e contenimento dei fenomeni erosivi. Dalla nuvola di punti tratti dall’originario rilievo topografico è stato ricavato, mediante Kriging, un DTM con risoluzione non elevata ma di precisione accettabile che è stato posto a confronto con l’attuale morfologia del territorio. È emersa un aumento di quota pari, mediamente, a circa 1 metro, con punte di oltre 3 metri e frequenti inversioni con quote negative in corrispondenza degli attuali alvei approfonditi. Il confronto tra i due modelli digitali, benché non propriamente ortodosso trattandosi di elaborati con notevole divergenza di dettaglio, è stato ottenuto mediante la “sottrazione” di quello ottenuto dalla cartografia storica dal DTM Lidar. In tal modo è stato ricavato il raster degli spessori della bonifica e, da questo, la stima delle isopache. Pur con i suddetti limiti di precisione e risoluzione, detti tematismi derivati evidenziano come le aree col maggiore differenziale di quota siano quelle corrispondenti ai vecchi sistemi palustri e alle frange sotto costa, letteralmente strappate al mare. Si rileva, inoltre, l’elevato approfondimento necessario al diporto delle aree in costa, originariamente delta lagunari, caratterizzate da frequenti barre sabbiose affioranti, con ovvie conseguenze in termini di altezza media di frangimento ondoso che raggiunge le foci. 9 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 La stima dei volumi di riempimento, utile ai fini della valutazione della erodibilità potenziale di tali sedimenti, è stata modellizzata mediante rappresentazione cartografica delle isopache che, come si osserva agevolmente, descrivono un trend positivo verso costa, con un gradiente non trascurabile. Le Tavv dalla n. 12 alla n. 17 sono state redatte ai fini dell’applicazione del metodo di Gavrilovich per la valutazione del trasporto solido potenziale alla foce (cioè dei volumi potenzialmente erodibili e movimentabili sui bacini principali dell’Area Urbana con foce a mare) i cui risultati verranno esposti in apposita Relazione (A09). TAV.12 TAV. 13 TAV. 14 TAV. 15 CARTA FISICA DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU CARTA DELL'ACCLIVTA' DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU CARTA GEOLOGICA DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU CARTA DELL'USO DEL SUOLO DEI SISTEMI IDROGRAFICISAN NICOLA E SELIGHEDDU CARTA DEI PROCESSI EROSIVI E DELLA LORO MAGNITUDO NEI SISTEMI TAV. 16 IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU CARTA DEI FATTORI CLIMATICI DEI SISTEMI IDROGRAFICISAN NICOLA E TAV.17 SELIGHEDDU Nell’ambito del lavoro sono state inoltre predisposte le seguenti relazioni: A06 A07 A08 3 RELAZIONE GENERALE SULLO STUDIO GEOLOGICO RELAZIONE ASSETTO STORICO PROGETTI E OPERE CHE HANNO MODIFICATO L’ASSETTO IDROGRAFICO DELLA CITTÀ DI OLBIA RICOSTRUZIONE GEOMORFOLOGICA DELL’EVENTO ALLUVIONALE DI OLBIA DEL 18 NOVEMBRE 2013 NORMATIVA DI RIFERIMENTO Le specifiche fonti normative di riferimento nell’ambito dello studio sono le seguenti: D.Lgs. n. 163/2006 D.M. 14-1-2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni, 2008) Norme di Attuazione PAI-RAS (e PSFF) - Aggiornate con Decreto del Presidente della Regione Sardegna n.148 del 26.10.2012 (Agg. Gennaio 2014) D.P.R. n. 207/2010, – Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» Direttiva per la manutenzione degli alvei e la gestione dei sedimenti in attuazione degli artt. 13 e 15 delle n. d. a. del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Sardegna (PAI) (con All. 1 e All. 2) Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio Civile di Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato con R.D. 4 Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2° Elenco Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938 Regio Decreto 523/1904 4 L’ASSETTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO REGIONALE 4.1 GENERALITÀ La finalità della presente sezione è quella di fornire, secondo un quadro di riferimento allargato alla scala geografica regionale, gli elementi geo-fisici generali che più spesso condizionano le convenzionali dinamiche 10 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 torrentizie e di introdurre quelli che a livello locale producono più effetti geomorfologici ed idrogeologici, sulla specifica entità fisiografica rappresentata dalla piana costiera di Olbia, essendo a loro volta da essa generati. Lo scopo collaterale dell’ampliamento della contestualizzazione è certamente quello di consegnare all’Amministrazione committente, agli uffici istruttori e a chiunque altro fosse interessato, una più ampia gamma di elementi anamnestici e diagnostici sulla cosiddetta pericolosità idraulica associata ai corsi d’acqua che attraversano il territorio di Olbia. E’ d’obbligo sottolineare, infatti, come a tali elementi, quantunque siano evocati nella Relazione Finale del PAI e in parte persino trattati nelle Relazioni Monografiche del PSFF, non sia stata data fin qui la sufficiente rilevanza in sede sia di pianificazione che di progettazione delle opere di mitigazione. Ciò per svariate ragioni, fra le quali, al di là delle oggettive difficoltà insite nella trattazione dell’idrografia minore, la più rilevante, a parere di chi scrive, è, se non proprio l’assenza, certamente la cronica insufficienza a monte di una specifica attenzione scientifica su alcuni dei temi d’interfaccia che verranno per quanto possibile, trattati nel seguito, quali: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. l’alterazione e l’arenizzazione delle masse granitoidi la distribuzione e lo spessore dei volumi arenizzati la permeabilità degli ammassi arenizzati la capacità di assorbimento e di ritenzione dei suoli associati a tali ammassi la caratterizzazione idro-geo-morfologica dei torrenti la (sotto) valutazione dei processi erosivi la (sotto) valutazione del trasporto solido la conoscenza degli elementi geomorfologici ed idraulico marittimi connessi con la condizione lagunare di tutto il compendio portuale e delle aree contermini 9. l’assetto storico (idrografico) che nello specifico contesto di Olbia appare decisamente rilevante e di cui non è mai stata fornita una compiuta trattazione, sia pure sintetica. A tutto ciò si aggiunga che: o se si esclude il convenzionale ancor che incompleto quadro geologico fornito sulla Piana di Olbia dalla Cartografia geologica ufficiale in scala 1:100.000, assolutamente nulla di scientificamente rilevante è dato riscontrare nella pubblicistica scientifica sotto il profilo geologico e, tanto meno, sotto quello geomorfologico e idrogeologico. La condizione di carenza scientifica è tale che, sul piano geologico, si hanno soverchie difficoltà nel fornire un’appropriata caratterizzazione geologica dei termini litologici riferibili alle “coperture” sulle aree urbane e periurbane6 mentre, sul piano geomorfologico, occorre fare i conti con concetti (a titolo di esempio la Laguna di Olbia o Delta del Padrogiano), che non appaiono affatto ancora metabolizzati non tanto dal punto di vista amministrativo quanto da quello tecnico e che, pertanto, stentano a diffondersi come dovrebbero fra gli addetti ai lavori. Dal punto di vista geo-idrologico le conoscenze sui circuiti sotterranei appaiono oltremodo insufficienti, per quanto attiene sia al cosiddetto acquifero del complesso intrusivo che a quello delle alluvioni pliopleistoceniche (secondo la nomenclatura adottata dal Piano di Gestione del Distretto Idrografico). o La scarsa conoscenza sugli elementi della trasformazione idrografica e geomorfologica del territorio, attuati in circa due decenni a seguito della realizzazione delle misure di profilassi anti malarica degli inizi del XX secolo, ha di fatto spianato la strada ad ulteriori reiterate sottovalutazioni attuatesi nei decenni successivi nel corso delle dinamiche insediative e di sviluppo della città. o La trasformazione urbanistica sia dell’abitato in senso stretto che della proporzionalmente enorme area industriale, peraltro giustapposti senza una vera e propria soluzione di continuità naturale (vedasi a tale riguardo il controverso settore di Tilibas), è avvenuta in un contesto di bassopiano 6 Ciò, in sede di allestimento della cartografia geologica, ha fatto optare per la conservazione delle definizioni ufficiali di cui alla Carta Geologica di base della Sardegna, lasciando il riconoscimento e le interpretazioni ex novo alla trattazione della presente Relazione tecnica e degli ulteriori elaborati analitici. Resta inteso che nel modulo di valutazione del trasporto solido col metodo di Gavrilovic (pesi) si è invece tenuto conto di quanto lo studio fa emergere in termini geomorfologici e litologici. 11 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 morfologicamente depresso e con ricorrenti sovra depressioni paludose sfuggite alle bonifiche di inizio XX secolo o non considerate in quanto di modesta ampiezza o più distanti dall’abitato. Ciò ha reso necessari in vari casi interventi locali di riassetto del territorio (talora comportanti modifiche e vere e proprie dislocazioni degli alvei), in gran parte disgiunti fra loro e privi di una qualche organicità e, soprattutto, in assenza di una visione sistemica dell’assetto; cosa che al contrario sussiste nelle progettazioni di inizio secolo XX e si evidenzia negli stessi progetti. o L’insieme di tali trasformazioni, ha nei fatti stravolto oltre quello idrografico, sia l’assetto morfologico che quello litologico originale, essendosi resi necessari tanto interventi di riempimento-colmamento quanto di escavazione e rimaneggiamento, con una ricollocazione dei materiali di risulta spesso disordinata per non dire del tutto fuori controllo. o Questi elementi si osservano sia nell’ambito urbano di cui al presente studio che in quello industriale (Tilibas-Cabu Abbas; Padredduri-Cocciani/Balidone etc.) e, come vedremo in seguito, nell’ambito urbano hanno pesato in modo rilevante nel condizionare i tiranti dell’esondazione del 18/11/2013 anche nelle zone più tragicamente colpite. o La più o meno rapida trasformazione di aree costiere in aree residenziali turistiche, nel passato, ha presso che ignorato gli assetti idrogeologici locali (l’esempio più noto all’Amministrazione in tal senso è quello di Pittulongu ma non è certamente l’unico) e le trasformazioni recenti hanno comunque sottovalutato l’assetto idrogeologico, quanto meno fino al 2007 per cui, di conseguenza, anche le eventuali opere (idrauliche, di mitigazione e/o salvaguardia), risentono di ciò. 4.2 GEOLOGIA La Gallura, sul piano strettamente geologico, costituisce la parte nord orientale del Pilastro tettonico o Horst bordante la fossa terziaria del Logudoro. Tale Pilastro tettonico, in termini geo-litologici è contrassegnato dalla assoluta prevalenza di rocce granitoidi erciniche (Leucograniti, Granodioriti, Monzograniti), raramente integre, più spesso attraversate da vistosi sistemi di fratturazione e, per ciò stesso, alterati o alterabili in varia misura a partire dalla superficie e attraverso i discontinuità. Tali litologie sono spesso associate a cortei filoniani a chimismo, dimensioni e direzioni variabili (più spesso SW-NE e SSW-NNE). In un tale quadro, costituiscono volumi assai subordinati, sempre in contatto con le precedenti, le litologie erciniche più antiche riferibili al complesso metamorfico, rappresentate da Migmatiti (Metatessiti, Diatessiti e Ortogneiss) in prevalenza. Queste assumono tuttavia una discreta rilevanza areale nell’alto Bacino idrografico del Riu Vignola (Aggius), ad E ed a S di S.anta Teresa Gallura (La Filaccia, Ciuchesu) e Trinità d’Agultu (Serra Tamburu), fra Sant’Antonio di Gallura e Luras (M.te Foci, M.te Candela, Carana), fra Budoni e S. Teodoro, fra Olbia e Arzachena (M.te Plebi, 473 m) e Golfo Aranci. Come documentato dai rilievi sul terreno, le migmatiti costituiscono per intero anche il sostrato geolitologico roccioso del territorio costiero fra Olbia e Golfo Aranci (Golfo di Cugnana, Golfo di Marinella; Suiles, Terrata, Bados, Pittulongu, Sa Testa), ma affiorano anche immediatamente a Sud di Olbia (Foce del Padrogiano; Isola della Bocca). Esse affiorano con una certa continuità dai 250 m di quota fino alla linea di costa (Bados, Pittulongu, Punta di Filio, Gravile) oltre la quale certamente costituiscono l’impalcatura anche della piattaforma continentale (Isola della Bocca). A questo panorama ufficiale, gran parte del quale è condiviso dalla letteratura ufficiale, sfugge tuttavia, l’importanza sia per l’estensione che, per lo spessore delle coltri di arenizzazione delle rocce granitoidi, in particolare di Granodioriti e Monzograniti, le cui diverse litofacies si rinvengono in settori molto ampi e a quote differenziate, come risultato di un’impostazione geologica degli ammassi rocciosi che della loro evoluzione geomorfologica. Su ciò si cercherà di approfondire più avanti. 4.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA Nella Sardegna settentrionale, l’interferenza dell’evoluzione morfoclimatica pleistocenica e olocenica sulla componente geolitologica e sulle morfostrutture ereditate dagli avvicendamenti tettonici tardo terziari del Mar Tirreno, ha generato un quadro geomorfologico tanto singolare quanto composito. La strutturazione tettonica terziaria è responsabile di un assetto tradizionalmente definito da due Horst a sostrato paleozoico, coincidenti 12 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 con la Nurra ad Ovest e la Gallura ad Est, separati da una Fossa (Graben) colmata da vulcaniti e sedimenti terziari (Logudoro-Anglona) a dislocazione circa N-S. All’interno di tale fossa si delineano dal Miocene strutture d’impostazione tettonica estensiva o transtensiva (“Corridoio di Monti”) ospitanti bacini laterali più interni, che non essendo stati raggiunti dal dominio marittimo contengono coperture continentali, di sedimenti, vulcaniti e vulcanoclastiti (“Bacino di Oschiri-Berchidda”). Il pilastro orientale, di natura prevalentemente cristallina e solo idealmente impermeabile coincide, dunque, nella sua parte settentrionale, con la Gallura. Questa verrebbe definita da un ideale quadrilatero (Fig. 1) a due lati marittimi e due continentali (la valle del Coghinas a SW e il Corridoio di Monti a SE). Verso Sud Est a cui può aggiungersi (seconda taluni Autori), in ossequio alla presenza di Metamorfiti di alto grado e migmatiti tutta una vasta regione compresa fra i Monti di Alà e le pendici Sudorientali del Monte Nieddu, sino al promontorio costiero di Orvile (Posada). La Piana di Olbia, come vedremo, s’inserisce nel variegato panorama dell’evoluzione strutturale tardo miocenica e dalla sovrapposizione degli effetti geomorfologici legati al glacioeustatismo pleistocenico (cfr. Ria di Olbia). Le coperture tardo paleozoiche sono piuttosto rare: le prime sono presenti solo nella Gallura Occidentale (espansioni ignimbritiche permiane di Trinità d’Agultu-Bortigiadas; Punta Salici, 911 m); quelle postpaleozoiche si rilevano in settori ben localizzati: a. nella penisola di Capo Figari e sull’isola di Tavolara affiorano i conglomerati, i calcari e dolomie del Giurassico b. nel Bacino di Lu Colbu-Falzaggiu di Trinità d’Agultu affiorano conglomerati continentali e piroclastiti del Miocene inferiore c. nella penisola di Capo Testa (Santa Teresa Gallura) si ha l’unica testimonianza di terreni terziari marini (Calcari e Calcareniti del Burdigaliano). Le testimonianze del Pleistocene marino o eolico sono discontinue, rare e mal conservate lungo le coste, di norma all’interno di anfratti costieri o zone in falesia meno soggette a processi erosivi marini (S.ta Teresa Gallura-Santa Reparata; lato NW Isola di Molara; Costa di Arzachena-Canale delle Galere; Tavolara; Molara). Esse in ogni caso si devono interpretare come relitti di coperture più vaste, in gran parte eoliche o di versante (Tavolara). Relativamente più diffusi e voluminosi, si presentano i corpi alluvionali, talora terrazzati, nelle piane costiere più “mature” (Riu Liscia; Riu San Giovanni; Riu Padrogiano e minori nella Piana di Olbia). Tali formazioni, come acquiferi poco profondi a falda libera, svolgono, data la collocazione fisiografica, una fondamentale funzione ecologica a sostegno degli ambienti di transizione; come volumi di detriti poco addensati o sciolti, costituiscono un vasto stock a disposizione dell’azione erosiva che si espleta nei tratti terminali dei corsi d’acqua stessi. I detriti di versante, attribuibili quanto meno al tardo Pleistocene (Wurmiano), sono diffusi sui rilievi più aspri come prodotto di movimenti gravitativi (frane), al giorno d’oggi stabilizzati per via naturale (versante Nord di Tavolara) o più spesso sospesi e quiescenti (es: Monte Pino)7. 4.3.1 Le reti idrografiche della Gallura nord-orientale Se si esclude il settore Sud orientale, quasi tutta la rete idrografica gallurese si delinea in modo centrifugo dal Monte Limbara (1362m) per lo più in ambiti montani o intramontani, sfruttando l’assetto a gradinata di tale struttura asimmetrica in senso N-S, ovvero più acclive verso S (settore di Berchidda) che verso N (settore di Tempio), ed i conseguenti differenziali orografici e clivo metrici (Fig. 1). In tal modo, a Serre (che stanno ad indicare situazioni con profilo montuoso a denti di sega; in gallurese Sarre) impervie si avvicendano spesso, da monte a valle, altopiani denudati a quote ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m. e bacini intramontani. Di conseguenza, i differenziali morfologici più accentuati si osservano sul limite Ovest (Corridoio - o Soglia di Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento)fra Fossa terziaria logudorese (solco vallivo a valle del lago del Coghinas) e Pilastro gallurese o fra questo ed i sub bacini periferici al Logudoro in cui è scomposto il Pilastro in prismi. In ogni caso, benché il profilo altimetrico decresca verso Nord, Nord-NordEst ed Est, in tutta 7 Di essi fornisce una prima testimonianza la cartografia geologica del PUC di Olbia. 13 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 la regione gallurese, compreso il settore costiero, si conservano gradienti morfologici estremamente elevati, fin quasi a lambire la linea di costa. Per questo non deve meravigliare l’assenza o quasi di vere piane alluvionali e, se presenti, la loro esplicita immaturità. La Piana di Olbia costituisce in tal modo l’evidenza chiara di una depressione strutturale piuttosto deficitaria in termini di riempimento sedimentario. Questa configurazione, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale, deve ritenersi di estrema rilevanza idrologica. Essa infatti testimonia di ringiovanimento del rilievo e, data la limitatezza dei corridoi idrografici, tende a favorire tempi di corrivazione più bassi di quelli normalmente calcolati senza riferimento al contesto geomorfologico. E’ di tutta evidenza, dunque, che ciò va a condizionare sia le portate (liquide e solide), sia le velocità dei corsi d’acqua che scorrono in questo tipo di bacini. Tale assetto trova una prima spiegazione parziale nella ridefinizione tettonica tardo miocenica e pliocenica8, connesso con la definizione e con l’approfondimento del Mar Tirreno e nel postulato basculamento quaternario verso NE dei prismi strutturali ( o di una parte di essi) in cui è ritenuto essersi frammentato l’Horst orientale. Tali fenomeni hanno prodotto, su di un sostrato poco permeabile una rete idrografica ad elevata densità di drenaggio, defluente verso N ed E. Tale rete idrografica dà luogo, su scala regionale, ad un drenaggio con patterns prevalentemente dendritici, sub-dendritici e, a scala di singolo bacino, talora angolari che assecondano e ricalcano il caratteristico reticolato di faglie e fratture sovrimposte sul sostrato roccioso cristallino e che ne sottolineano la scarsa o scarsissima permeabilità primaria. Verso N ed E, tale rete é tributaria in gran parte del sistema Carana-Liscia (e del relativo lago artificiale: diga del Liscia), verso W e verso S, del Coghinas (e relativi invasi: diga di Muzzone e diga di Casteldoria). A SW di Badesi e di Trinità d’Agultu, in particolare, essa è costituita da torrenti drenanti bacini esigui, impostati fra i margini della piattaforma ignimbritica permiana e i sottostanti terreni granitici, più occidentali. Subordinate e più periferiche idrografie, defluiscono verso N; fra esse le più importanti sono quelle relative al Riu di Vignola (Riu Turrali) e al Riu San Giovanni di Arzachena (Riu Toltu). Quest’ultimo, che com’è noto,per un consistente tratto interessa il territorio di Olbia ed è stato investito dall’alluvione del 18/11/2013, è per buona parte impostato lungo un corridoio strutturale che si diparte a NW di Olbia ricoperto da importanti coltri alluvionali. Lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in bacini tendenzialmente allungati con asse NNW-SSE, di modesta superficie, a pendenza relativamente alta, nel complesso ben gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze erosive (ed altrettante propensione al trasporto con gli eventi intensi) sino al bordo della piana. Qui, solo a qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si rilevano tendenze al riempimento con presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti. Queste strutture fungono da bacini di raccolta e di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare, con conseguente rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità fenomenologica fluviale o marittima. I corsi d’acqua più importanti in tali tratti terminali, presentano tutti tendenze alla diversione mentre i rami minori eventualmente dislocati in prossimità delle foci sono tutti a bassa gerarchizzazione e spesso non dispongono di alveo inciso. Il sistema idrografico più rilevante presente nel territorio di Olbia, resta comunque quello del Riu Padrogiano. La sua genesi è anch’essa in relazione al baricentro idrografico regionale del Monte Limbara. Infatti da qui in direzione ESE, si dirama l’ importante sottosistema idrografico del Riu Taroni-Riu S. Simone; tributario a pochi chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano. Verso il Padrogiano recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu CastagnaRiu de su Piricone), proveniente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e Baronia (a S), nei territori fra Padru, San Teodoro e Budoni. 8 L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale, rispetto al resto della Sardegna (cfr. Sismicità). 14 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig.1 - Schema Idrografico della Gallura tratto da M. Dore, G. Ghiglieri & G. Tilocca, Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura (NE Sardegna, Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; p. 45-55 (2002) Il Riu Padrogiano termina con foce a delta nella Rada di Olbia nella quale si riversano periodicamente abbondanti torbide fluviali. Essa, anche per tale ragione e contrariamente a quanto si ritiene, non costituisce affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o geomorfologicamente in equilibrio. Semmai, possiede i connotati naturali di una incipiente laguna (pre-laguna) che necessita di periodici interventi umani in corrispondenza della “bocca”, per garantire, malgrado le tendenze all’insabbiamento, la funzionalità della navigazione (vedi Par. 9). All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu, il Riu S. Nicola entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozzò), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone, deviati e “sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine, alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo Sacro. Ancora, sempre a Sud di Olbia, si dipartono, dal Monte Nieddu verso E, le reti dendritiche del Riu San Teodoro e del Riu di Budoni, anch’esse definite su profili ad alto gradiente, in contesti poco o per nulla permeabili, salvo che per fratturazione, e con deflussi terminali su piane costiere poco sviluppate, confluenti non a caso ancora una volta, su aree lagunari. Dalla configurazione descritta trae, dunque, origine la parte naturale dell’assetto che caratterizza gli ambienti connessi al demanio marittimo, in particolar modo quelli delle spiagge. Premesso lo strutturale stato di debolezza del budget sedimentario a disposizione delle celle sedimentarie marittime, ad esse sottese viene garantito il naturale ripascimento, oggi per lo più solo attraverso il meccanismo delle piene e delle conseguenti lacerazioni del cordone litoraneo, ove presente. Alla re-distribuzione dei sedimenti fini (sabbie e limi) recapitati dal deflusso fluviale sul litorale, partecipano subordinatamente deflazione eolica o, ancor più di rado, le onde di tempesta. 15 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Nello specifico della rada di Olbia, la morfodinamica dei sedimenti è soggetta certamente all’influenza del flusso idrico fluviale (quindi delle portate idriche e solide), dei flussi generati dalle ampie escursioni di marea sigiziale (con 0,60 m sarebbero le più ampie in Sardegna, secondo Spano & Pinna,1956) e dalle correnti tangenziali che si creano, come conseguenza dei moti ondosi in funzione della geometria e della batimetria non naturale del paraggio. Gli apporti dei torrenti sulla rada in ogni caso generano ostruzioni strutturali. Come si vedrà nel seguito, oltre all’evidenza del Padrogiano, tanto la foce del S’Eligheddu, quanto quelle del Cabu Abbas e del Padredduri-Balidone erano morfologicamente definibili a delta, a riprova della prevalenza dell’effetto morfodnamico fluviale legato ai sedimenti trasportati, su quello marittimo. Nella sostanza complessivamente la Laguna di Olbia tende ad insabbiarsi e dunque questo aspetto acuisce la pericolosità stessa dei torrenti poiché genera foci periodicamente non funzionali allo smaltimento delle portate di piena. Va tuttavia osservato che, di contro, la generazione di bassifondi sull’area portuale esercita un’ulteriore dissipazione del frangimento Una seconda spiegazione dell’assetto geomorfologico della Gallura costiera, in cui s’inserisce il caso di Olbia, è data dagli effetti delle variazioni glacio-eustatiche Pleistoceniche ed oloceniche. Infatti quando il sostrato roccioso intercetta il livello del mare, dà luogo ad una linea di costa a Rias. Le coste a Rias della Gallura documentano di testate di valli fluviali in gran parte incise secondo allineamenti strutturali, sovraescavatisi col ritiro del livello marino durante glaciazione wurmiana fino a massimo (Last Glacial Maximum = LGM ; circa 20ka) di -125m/135m dal l.m.m. attuale (Fig 2) . In generale si ammette che ai vari stadi di stazionamento del ritiro wurmiano (70.000 y b.p. - 19000 y b.p.), tramite gli apporti continentali (onlap costiero), si siano generati ambienti con prodotti sedimentari di genesi sia marina (Beach rocks) che continentale (alluvioni ed eolianiti) che, durante gli stadi di risalita olocenica del livello glacio-eustatico, hanno costituito gli stocks di volta in volta rielaborati dai cicli di erosione e deposizione, per svariate generazioni di sedimenti. Taluni di tali corpi sono pertanto posizionati in forma relitta sotto il livello del mare o possono affiorare sporadicamente o continuativamente (e con spessori significativi) a seconda dell’importanza della valle fluviale che li ha generati9. In questo modo tali processi, la cui ciclicità è oggi ammessa anche nell’Olocene, al termine della risalita olocenica del mare (3 Ka) hanno reso possibile all’interno di tali testate sommerse, l’impostazione di vari tratti ghiaiosi e sabbiosi (barre litoranee, progressivamente evolutesi) i quali, sarebbero progressivamente emersi in forma di cordoni sabbiosi determinando, quindi, l’edificazione delle spiagge ai margini interni delle insenature, in altri termini le Pocket beach, isolando lagune e conche stagnali retrostanti che progressivamente vengono colmate dalle foci dei corsi d’acqua. Si ricorda che già Spamo & Pinna (1956), citando il Portolano della Sardegna dell’amm. Albini del 1842, sottolineavano per Olbia la scarsa profondità (“poco più di un metro e mezzo sotto il pelo d’acqua”) del “canale di accesso all’insenatura interna” (Pag. 54 op. cit.), segnalando implicitamente la presenza di una bocca di laguna con manifesta tendenza all’insabbiamento precoce ad opera della pro gradazione del delta del Padrogiano. LepPocket beach, quindi, costituiscono in larga misura, la risultante morfo-strutturale costiera della interazione fra: I) fratturazione tettonica del sostrato litologico che ha guidato il deflusso idrico delle acque continentali e, conseguentemente, degli apporti sedimentari (attualmente cessati o meno), II) evoluzione eustatica e deposizionale pleistocenica, III) attuale configurazione dei moti ondosi e dei vettori derivati. 9 Questa circostanza è alla base del fatto che nella Piana di Olbia, i corpi alluvionali siano limitati alla foce del Seligheddu o siano sommersi, mentre poco a Sud costituiscano una parte piuttosto rilevante della Piana del Riu Padrogiano, corso d’acqua le cui caratteristiche idrologiche e sedimentologiche autorizzano ad ammettere lo spostamento della foce verso Nord a causa del sovralluvionamento del tronco di Olevà a monte della Laguna delle Tartanelle (cfr. 16 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 2- Stima dei Livelli Relativi del mare fra Pleistocene e Olocene, Oltre alla struttura a gradinata, la diffusione di valli sovraescavate e la creazione di pocket beach, l’effetto geomorfologico più caratteristico e noto sul paesaggio granitico continentale della Gallura è attualmente dato dalla larga diffusione di rilievi residuali (Inselberg e Tor; “Cataste di blocchi” della cartografia PUC ) e dei prodotti secondari ad essi associati (Boulders e Corestones), con paesaggi rocciosi a Serre (profilo a denti di sega) o a Inselberg e Tor. Tutti questi elementi derivano da masse evolutesi in condizioni morfoclimatiche diverse da quelle odierne, sulle quali, si sono impostate, certamente in condizioni di clima periglaciale e sfruttando i giunti di fratturazione, altrettanto diffuse franosità da crollo che oggi si manifestano come fenomeni per lo più relitti o naturalmente stabilizzati (Pietre Ballerine Auct.)sui versanti più acclivi e/o elevati. I processi di denudamento di tale contesto sono, in sostanza geologicamente recenti e destinati a perdurare nel lungo tempo. Riassumendo la rete idrografica della Gallura, di cui quella di Olbia fa parte a pieno titolo, ha un comune denominatore nelle seguenti circostanze: 1. spartiacque principali (o della rete principale) molto definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi e talvolta superiori ai 1000m, contrassegnati anche da cornici rocciose verticali o comunque da differenziali morfologici aspri (ad es. M.te Limbara; M.te Nieddu, o rispetto al bacino di Olbia, il M.te Pinu), soprattutto se impostati su sostrato granitoide, 2. bacini idrografici poco permeabili o impermeabili per via primaria ma permeabili per fratturazione e per porosità secondaria da arenizzazione; 3. bacini idrografici condizionati sia sul piano clivo-altimetrico, che sul quello litologico (alterazioni degli ammassi in coltri di arenizzazione) dalla frammentazione tettonica; 4. bacini idrografici principali con gradienti clivometrici elevati e tendenza a configurazioni a gradinata, in condizioni di prevalente erosione nel bilancio geomorfologico, fin quasi alla linea di costa, 17 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 5. prolungati tratti a valli incassate anche nelle reti minori; 6. alvei con profilo di equilibrio instabile; 7. alvei soggetti per la gran parte a fenomeni di erosione e trasporto quasi fino al mare; eventualità questa, sia ben chiaro, non connessa ai deflussi ordinari ma che si esplica solo concomitantemente ad eventi intensi, ed è funzione dell’articolazione litologica, e del livello di alterazione del sostrato roccioso; 8. aree di transizione all’ambiente marittimo-litorale, che ereditano configurazioni disomogenee dal quadro evolutivo pleistocenico e olocenico, generalmente con limitati spazi a disposizione per i processi di deflusso, il cui bilancio morfo-sedimentologico genera sedimentazione e colmamento per sensibile caduta di pendenza ed energia cinetica (“capacità di trasporto”) solo in prossimità della costa (a scala locale, vi rientrano tutti i punti della rete idrografica contrassegnati, a seconda della portata, da riduzione repentina del gradienti clivometrici, da aumento della scabrezza e/o da incongruità degli interventi artificiali). 9. un settore litoraneo dominato da coste di sommersione a Rias, ovvero valli fluviali escavate nel Pleistocene superiore e progressivamente “affogate” dalla risalita eustatica olocenica, con modesti corpi alluvionali, interposti fra area montana e linea di costa, oppure limitati agli ambiti vallivi principali, ai tratti intramontani planari, attualmente per lo più reincisi, o come nel caso di Olbia, da corpi alluvionali attualmente ai limiti della linea di costa (Seligheddu); 10. molteplici aree stagnali costiere minute e più rare condizioni Lagunari, fra le quali la più rilevante è senza dubbio quella di Olbia, anche al netto delle sue profonde alterazioni di origine antropica; 11. Valli fluviali principali a più o meno esplicito controllo strutturale e e alimentate da contributi solidi niente affatto modesti in rapporto all’ampiezza dei bacini stessi; A tale quadro si aggiunge che, stante l’assetto geolitologico, orografico e strutturale: sono innumerevoli le idrografie torrentizie, anche a bassa gerarchizzazione, che sfociano a mare contrassegnate da bassi tempi di corrivazione; numerose idrografie sono associate a esposizioni orientali sia dei bacini che delle foci e dunque sono strettamente connesse con eventi pluviometrici intensi e con difficoltà di deflusso alla foce per ondazione contrapposta; la Piana costiera di Olbia10 sottendente la Laguna (esclusoa quindi la valle del Padrogiano) detiene caratteri geomorfologici piuttosto singolari e tali da renderla interpretabile come una Piana di erosione piuttosto che ad una Piana alluvionale in s.s. 5. SINTESI GEOLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELLA PIANA COSTIERA DI OLBIA Di seguito si definisce Piana di Olbia la depressione strutturale delimitata da lineamenti tettonici di genesi ercinica interessati da riattivazione nel Miocene superiore a seguito dell’avvio della tettonica che struttura il Mar Tirreno. Tale bacino strutturale non ospita tuttavia sedimenti terziari dal momento che il suo abbassamento è relativo ed a livelli superiori a quelli raggiunti dal mare Serravalliano-Tortoniano, bensì è interessata da presenza di solo basamento granitoide, secondo varie litofacies, eroso e sovraescavato nel corso dell’ultima glaciazione del Pleistocene superiore. Attualmente, contrariamente alla limitrofa e più meridionale Piana del Padrogiano11, non si rinvengono al suo interno corpi alluvionali terrazzati. Tuttavia di recente, gli scavi del tunnel portuale, ai limiti dell’area sommersa e per alcuni metri in quote negative, hanno 10 Intendendo con ciò la struttura compresa fra spartiacque e linea di costa. 11 Come vedremo La Piana del Padrogiano interessa una struttura tettonica diversa, tanto che appena a Sud a S e SE del centro abitato, sul lato meridionale del Porto di Olbia, al di sopra del sostrato granitoide sono ben sviluppati con potenze di diversi metri (fino a 25 m; Vardabasso, 1955) depositi alluvionali conglomeratici olocenici terrazzati che, sul delta del Riu Padrogiano, lasciano il posto a ghiaie, sabbie, torbe e limi bituminosi. 18 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 attraversato relativamente potenti corpi alluvionali di epoca storica che individuano e confermano la ciclicità climatica nell’Olocene. 5.1 QUADRO GEOLOGICO 5.1.1 GEOLITOLOGIA DEL BASAMENTO CRISTALLINO L’area circostante la città di Olbia è pienamente caratterizzata da un sostrato geolitologico in rocce granitoidi più o meno fratturate ed alterate in superficie in funzione dei differenziali di chimismo, delle tessiture e dell’assetto tettonico e geomeccanico. Nel settore di monte a W e NW (Campo di Pino), prevalgono i corpi litoidi delle masse granitoidi, più o meno dissestate per crolli per lo più antichi, più o meno stabilizzati o con alterazioni più o meno profonde, con spessori variabili da 1-2 m nell’area pedemontana fino anche a 6-8 m lungo i versanti a quote intermedie (200-400m). Solo a N (M.Te Plebi-M.te Su Aspro) e al margine esterno NE (Sa Testa-Pittulongu-Suiles), stratigraficamente sottostanti le masse granitiche, ma da queste attraversate, si rilevano caratteristici corpi migmatitici, in prevalenza Diatessiti e Gneiss o prodotti di contatto lungo costa (Cala Saccaia-Isola della Bocca-Caprile -Bados-Sos Aranzos). Lungo i versanti rocciosi a granitoidi a forte pendenza (> 100%) delimitanti gli spartiacque dei corsi d’acqua che la interessano e quindi periferici anche per l’area extraurbana di Olbia (Monte Pino) si possono rilevare dunque aree con coperture detritiche a caratteristici blocchi sparsi, il cui stato di stabilità è sollecitato soprattutto in caso di piogge intense e il cui assetto lungo i compluvi e i canaloni più scoscesi, particolarmente in caso di presenza a monte di (relativamente) antiche Colate di Blocchi (Block Streams), può essere favorevole a fenomeni afferenti alla casistica delle Colate Detritiche (Debris Flow). Su di un piano generale le condizioni geolitologiche in affioramento dell’area del tessuto urbano e di quello extraurbano della Piana Costiera sono contrassegnate dalla presenza di un sostrato a granitoidi che può articolarsi in 4 litofacies, non sempre presenti in forma contigua ed organica come sintetizzato in Fig. 4, a cui si aggiungono i terreni di riporto delle colmate funzionali alle bonifiche di inizio sec. XX (cfr.A07). Nel complesso, ai fini dello studio si richiama fin da ora l’attenzione anche sui corpi detritici di risulta rinvenibili un po’ ovunque al di sotto delle aree edificate, per spessori che possono variare da 0,5-0,8m a 1,5-2,0m i quali possono giocare un ruolo né irrilevante né trascurabile nella dinamica sia delle esondazioni (condizionando morfologicamente traiettorie locali e dunque i tiranti idrici) che degli allagamenti finendo per cagionare aree favorevoli al più lento drenaggio sotterraneo. Di seguito se ne fornisce uno schema in sintesi secondo un’ideale sequenzialità a partire dalla condizione originaria sino a quella più evoluta: 1. Ammasso Roccioso in senso stretto, di solito in corrispondenza di rialzi morfologici, ovvero piccole alture isolate (relitti di Tor), contrassegnate da più sistemi di discontinuità persistenti e a spaziatura da larga a molto larga , talora diaclasate ma con manifesta condizione di solidità e competenza; 2. Ammasso roccioso con numerose famiglie di discontinuità e pervasive alterazioni delle superfici che ne indeboliscono le caratteristiche litotecniche fino al punto da generare stagionali scivolamenti di cunei che degenerano in accumuli di pietrame al piede del pendio; 3. Ammasso roccioso contornato da discontinue plaghe di arenizzazione ovvero volumi dello stesso ammasso che hanno subito processi più o meno spinti e più o meno pervasivi di alterazione chimicofisica e comunque tali da condizionare i caratteri litotecnici. Di norma, in questi casi, l’arenizzazione è poco profonda (1-2m) e assai discontinua ma in caso di saturazione e in condizioni attive di pendenza (fronti naturali o escavi con inclinazione >40°) sistematici fenomeni assimilabili a Soil slip o più di rado (in aree di monte) a colate di detrito di esiguo sviluppo; 4. Coltre di arenizzazione più o meno continua o granito arenizzato latu sensu, ovvero coperture eluviali di aree parzialmente erose dei pendii o dei bassi morfologici, spesse anche diversi metri sui fianchi delle colline (presenti nel settore in esame extraurbano; a spessore decrescente verso l’area urbana), sulle cui superfici esposte possono determinarsi fenomeni di ruscellamento, mentre sui tagli e sulle trincee in caso di saturazione si generano stagionalmente fluidificazioni superficiali (cfr.3). 19 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] Fig. 3 - Stralcio da Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000, F° 182 –Olbia N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Legenda qd: discariche portuali. Olocene qp: Depositi salamastri di lagune temporanee. Formazione deltizia Oloc. dt: Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali. Olocene f: Alluvioni attuali e recenti talora terrazzate e parzialmente cementate. Olocene δf: Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con termini di transizione alla serie dacite-basalto. Carbonif. Sup.Permiano. Υ: Graniti grigio-rosati, biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenenti scie ricche di biotite ed inclusi di varia natura. Carbonif. Sup.- Permiano. Υi:graniti minuti a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati ; Carbonif. Sup.- Permiano. g: Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica, ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche. Rari noduli cornubianitici per lo più a contatto con i Graniti di Gallura. Precambriano ? Corridoi principali di faglie Nella realtà tale ideale sequenza, dove gli ammassi di cui al punto 1 sono, in verità rari da riscontrare, non mostra soluzioni di continuità vere e proprie se non alla scala del singolo affioramento, secondo un dettaglio non cartografabile sinotticamente ma solo caso per caso. Tuttavia è altrettanto chiaro che sussista una correlazione fra forme e litologie. Ciò in quanto l’articolazione morfologico-altimetrica dei luoghi ricalca un assetto geolitologico che, a sua volta, è parzialmente derivante dall’evoluzione geomorfologica. Infatti le aree più distali (cioè quelle lontane dallo spartiacque) della Piana di Olbia, sono di per sé il risultato di una sovra escavazione Pleistocenica a discapito principalmente delle coltri arenizzate, che invece si conservano “a mezza costa” e la loro condizione di colmamento attuale è palesemente immatura (geologicamente è un fenomeno in atto che si evince anche dalle tendenze all’interrimento della laguna; ciò spiega l’estrema rarefazione di corpi alluvionali antichi in affioramento) e si limita al solo settore sepolto e sommerso ricadente a valle del contorno di foce del Riu Seligheddu (cfr. dove vere alluvioni ciottolose fluviali sono state riscontrate negli scavi del tunnel nell’area del porto e sono stati segnalati per la prima volta nel 2003 [72]. 20 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 6 5 4 3 6 Alluvioni e fanghi di ambiente fluvio-lagunare (0,2-1,0m) 5 Detriti di versante 0.50-2,0m (variabile) 4 Complesso granitoide ercinico del tutto arenizzato (0.50-6,0m) (variabile) Olocene-Attuale Coltre eluviale [dal Pleistocene] 3 Complesso granitoide ercinico parzialmente arenizzato (0.50-2,0m) (variabile) 2 2 Complesso granitoide ercinico, a Monzograniti molto fratturati e fessurati (radicato) Complesso granitoide del Carbonifero-Permiano, a prevalenti Monzograniti porfirici in ammassi rocciosi. Con filoni accessori. Radicato in profondità. 1 1 Complesso granitoide ercinico, a Monzograniti porfirici integri o poco fessurati (radicato) Fig. 4 - Schema litostratigrafico generale 5.1.2 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA DEL PROCESSO DI ARENIZZAZIONE Ai fini dell’inquadramento geomorfologico della Piana di Olbia e della definizione dei suoi comportamenti idrogeologici appare piuttosto importante inquadrare il tema dell’arenizzazione e della conseguente formazione di detriti sulle superfici di deflusso del sostrato granitoide. Il processo di arenizzazione è responsabile della maturità del paesaggio appena retrostante il tessuto urbano di Olbia a cui, al contrario si contrappone, a dispetto delle quote relativamente pronunciate e comunque inferiori ai 700m s.l.m.), l’asprezza e l’immaturità del rilievo appena retrostante l’area pedemontana. In generale, come si vedrà meglio più avanti, le condizioni di arenizzazione che si documentano nel contesto degli ammassi granitoidi appaiono non disgiunte da quelle geomorfologiche, in quanto nelle culminazioni orografiche, di norma, la roccia è nuda, assume forme a Tor prive di coltri detritiche o al più con Boulders residuali, a testimonianza sia di una maggiore integrità litotecnica (fisico-mineralogica) che di un verosimilmente più spinto stato di denudamento da erosione. In tali casi la roccia si presenta con una maggiore integrità in generale con RQD buoni (80) e localmente eccellenti, dal momento che si rinvengono blocchi o prismi selezionati da spaziature maggiori e risparmiati in ragione delle migliori qualità geo-meccaniche e con n. di giunti per m3 (Jv) compreso fra 5 e 6. Tali prismi si selezionano, infatti, in funzione della strutturazione tettonica e, di conseguenza, delle caratteristiche geometriche dei sistemi di fratturazione e fessurazione sulle quali l’acqua agisce sia su scala macro che microscopica, secondo lo schema concettuale col quale s’illustrerà il fenomeno dell’arenizzazione delle litologie intrusive. Se nelle culminazioni del rilievo la roccia è nuda e talora priva di vegetazione, anche come conseguenza del diboscamento, delle condizioni di pendenza e della reiterazione degli incendi estivi, lungo i versanti permangano aree contrassegnate da coltri di arenizzazione del sostrato e possono aversi accumuli residuali di blocchi derivanti da ammassi diaclasati e persino antiche frane stabilizzate naturalmente o quiescenti (Monte Pino) o talvolta, altrove, in parte relitte. Queste ultime possono concentrarsi alla base di dette aree di culminazione dove solitamente sono poco rilevabili in caso di presenza boschiva oppure si rinvengono 21 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 disperse per rotolamento ai piedi dei versanti. Alle coltri di arenizzazione corrispondono in ogni caso le maggiori estensioni di manto boschivo o a macchia che peraltro determinano condizioni di Feed back che contribuiscono a stabilizzarle (es.: M.te Pinu). L’area d’indagine, per la gran parte dall’evidente carattere erosivo, appare interessata da spessori di arenizzazione metrici e plurimetrici. Il più delle volte le fasce di arenizzazione hanno potenze molto irregolari, potendo risultare di qualche decimetro e spingersi fino a 10m e oltre in alcuni settori al passaggio con la collina. Di solito ciò nel settore di Olbia è rilevabile sulle parti più basse dei versanti (San Vittore), dove le stesse possono essere ricoperte anche da esigui conoidi o dove in genere può apprezzarsi l’approfondimento del regolite. La disponibilità di acqua e di acidi organici all’interno di questo inducono per attacco chimico lo sgretolamento granulare. Fig. 5 - Litofacies granito idi n.2. Trincea 250m a SE svincolo per Nuovo Ospedale. Bacino del Riu deTannaule A Ad ogni modo, poiché le coltri arenizzate si generano a partire dalla superficie esposta, si trovano sempre in posizione stratimetrica superiore rispetto ai loro corrispettivi ammassi rocciosi e mai al di sotto di volumi di roccia. Questi ultimi possono al più costituirne dei nuclei più interni o collocati più in basso (Fig. 6) A meno di nette e particolari discontinuità tettoniche, appare difficile riscontrare reali soluzioni di continuità laterali o verticali12 nelle varie casistiche della degradazione (Fratturazione-Alterazione-Regolite), essendo il passaggio spaziale fra i vari fenomeni costituito da vaste aree a Corestones (masse in blocchi apparentemente più integri e distinguibili secondo geometrie prismatiche più o meno arrotondate ai vertici, che risultano contornate da sacche di arenizzazione in modo da generare una tessitura pseudoclastica), il cui risultato terminale, posteriore all’allontanamento dei sabbioni, è la formazione di innumerevoli Tor e l’accumulo residuale di Boulders (in gergo “Pietre Ballerine”). Queste ultime forme, rappresentano l’eredità ultima di un’evoluzione che ha comportato una strutturale condizione di blando dissesto geomorfologico naturale consistente nella diffusione di relitti morfologici di versante stabilizzati o meno, i quali costituiscono di solito gli elementi di maggior pregio del paesaggio geologico della Gallura sia interna che costiera. Detto fenomeno ha in definitiva nell’assetto strutturale della roccia le sue cause predisponenti per cui considerando anche il degrado termico superficiale13, deve considerarsi sia fisico che e chimico-mineralogico 12 Ragione per cui non esiste oggi una sola carta geologica ufficiale che distingua sistematicamente le tipologie delle alterazioni delle litofacies. 13 Nell’azione di sgretolamento dell’ammasso roccioso l’attacco chimico è sollecitato dalla disponibilità idrica e dalla presenza di acidi organici mentre alla parte fisica del processo non dovrebbe essere considerato estraneo il ruolo del congelamento in un contesto cronologico periglaciale (quanto meno nel Pleistocene superiore). Il modello schematizzato nelle pagine seguenti è, in ogni caso, fortemente influenzato dall’assetto strutturale a meso e micro-scala. 22 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 e diviene progressivamente più pervasivo con l’infiltrazione dell’acqua, la quale concorre ad amplificare i processi di alterazione dei termini litologici (Idrolisi; Ossido/Riduzione). Per tale ragione le coltri di arenizzazione danno luogo ad acquiferi permeabili per porosità secondaria, con circolazioni e portate solo di rado apprezzabilmente significative. Lo schema seguente dà conto del fenomeno di arenizzazione ed è illustrato soprattutto con l’intento di porre in evidenza la varietà della casistica da cui traggono e possono trarre origine i volumi solidi degli alvei ed i suoi legami con la più controversa questione della pericolosità idrogeologica naturale del territorio gallurese. Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisico-chimico di un ammasso roccioso granitoide primigenio per sfruttamento del sistema dei giunti da parte dei processi atmosferici, noto come arenizzazione: I) Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla sequenza di raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali variamente ma non casualmente orientati in funzione delle cinematiche; II) L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo più ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma definiti da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei comportamenti di cui ai successivi punti; III) Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione; IV) Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno profondi; V) Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione; VI) Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua; VII) Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido; VIII) Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di Arenizzazione dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 9), con contemporanei fenomeni di ferrettizzazione per ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite; IX) Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle geometrie, della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi pluviometrici, della temperatura e delle sue variazioni; X) Formazione di Corestones nel regolite (Fig. 8), a partire dai prismi fratturati in più ordini di giunti; si tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà luogo ad un ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da romboidale a quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con elementi più o meno integri separati o contornati da superfici arenizzate; XI) Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi integri ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi (Formazione di Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.); XII) Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre; XIII) Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg subordinatamente; es: Pedres presso Olbia); XIV) Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi, dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono dare luogo per tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado fisico. 23 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 L Fig. 6 - Litofacies arenizzata di tipo 4 con nucleo meno alterato tipo 3. Trincea Circonvallazione.a Sud Est di viadotto Pasana 2 Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana pseudocoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato, potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica sottostante o circostante. Fig. 7 - Litofacies arenizzate n.3 e 4 passanti verso monte a litofacies 2 erose in superficie a seguito della demolizione della protezione in cemento della sponda Dx. Riu Seligheddu a valle ponte di via V. Veneto. 24 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Riassumendo, i connotati geologici e geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità idrogeologica naturale del territorio di Olbia non sono dissimili da quelli di altre aree costiere della Sardegna orientale. Essi sono i seguenti: 1. Basamento geolitologico poco permeabile; 2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano alti gradienti clivo metrici (circa 100 m s.l.m.); 3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo; 4. Scarso sviluppo della pianura costiera; Fig. 8 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [70] 5. Bacino ed asse vallivo della piana impostato, lungo direttrici tettoniche 6. Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda, talora meno che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide; 7. Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo antiche che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici; 8. Elevata energia del rilievo del settore collinare e di quello montuoso retrostante la piana costiera e in comunicazione idrografica con l’area urbana . Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto descritto rende particolarmente vulnerabile la Bassa Gallura e, in generale, tutti suoi settori con differenziali clivo metrici, alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico. Ciò anche perché le originarie aree di espansione naturale sono state sopraffatte dall’urbanizzazione o bonificate per ragioni igienico sanitarie (Fig. 16). Se si considera, in più, l’esposizione dei bacini alle perturbazioni metereologiche da Sud, si comprende 25 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni alluvionali associati a piovosità intensa. Fra questi, negli ultimi 60 anni, debbono rammentarsi in particolare quelli del 1951;1964; 1979; 1989; 1998; 2004; 2005; 2008; 2009; 2010, 2011, 2013. Fig.9 - Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [71] 5.1.3 I CORPI ALLUVIONALI 5.1.4 I SEDIMENTI ATTUALI DEGLI ALVEI E DEI CANALI Come anticipato, i depositi detritico-alluvionali, nella Piana di Olbia sono localizzati solo in corrispondenza della parte più prossima alla costa, nell’area del’insenatura meridionale (scavi Tunnel e Bonifica Pedru Calvu del 190)”, in quella industriale poco a N del Porto Industriale (dove assumono spessori massimi di circa 10 m, raccordandosi a monte con falde detritiche “pedemontani”), coincidente col tratto terminale della piana costiera su cui scorrono sistemi torrentizi (Riu Padredduri, Riu Cabu Abbas). In particolare, come visto, sono state riscontrate sul margine costiero ma a quote negative, nel corso degli scavi del Tunnel portuale, vale a dire sulla sponda Sx del sistema idrografico correlabile col Riu S’Eligheddu. Queste ultime alluvioni potenti 3-4 m al massimo ricoprono reperti archeologici del V sec. D.C. e quindi sono riferibili all’Olocene più recente ma ne documentano una fase climatica connessa con la ciclicità glacio-eustatica. Ancora più a N, termini simili ma più recenti possono rinvenirsi sporadicamente e ipotizzarsi per spessori alquanto più modesti nell’area della vecchia Salina di Pittulongu, nella Laguna di Bados ed all’interno delle conche stagnali retro-dunali attive o relitte, dove a stento superano 1 m. Queste ultime strutture sono delimitate dai cordoni di sbarramento sabbiosi e/o ghiaiosi edificatisi coi livelli più recenti del mare. Potenze più importanti si riscontrano in tutta la Piana del Padrogiano, struttura geologicamente separata da quella di Olbia in S.S.. In generale tutti i sedimenti in alveo o deposti di recente sulle sponde come effetto del ritiro dei livelli idrici e del rallentamento della corrente negli eventi di piena, provengono dall’erosione a monte di tratti più pendenti e dalla stessa erosione spondale che di norma precede in sequenza temporale e spaziale la sedimentazione. In diversi tratti si osserva peraltro la contiguità fra i due fenomeni che spesso hanno offerto dei veri traccianti per la ricostruzione dell’evento idrologico su tutti i tratti a monte del centro urbano. Si tratta presso che esclusivamente di sedimenti ghiaiosi e sabbiosi con frazioni secondarie di limo e/o argilla. Nelle aree di monte (>500m-600m) e di maggiore acclività possono rinvenirsi in fondo ai canaloni o sospesi sui versanti a questi più prossimi anche sedimenti conglomeratici grossolani sciolti e talora concentrazioni di blocchi che suggeriscono saltuarie possibilità di fenomeni ai limiti delle colate rapide, durante gli eventi a maggiore intensità temporale. Da notare che le bonifiche di inizio ‘900 vengono messe in atto anche aggredendo e scavando migliaia di mc di tali sedimenti sabbiosi e limosi, in particolar modo alla foce del Seligheddu/Rivo Gallurese, il cui piccolo ma 26 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 caratteristico segmento aggettante dell’epoca, riscontrante un delta su specchi acqueo lagunare, viene totalmente distrutto per generare l’attuale falso estuario in progressivo colmamento. 5.1.5 I SEDIMENTI DI SPIAGGIA 5.1.6 LE COLMATE ARTIFICIALI Le spiagge attuali sono prevalentemente sabbiose lungo le falcate e ghiaiose o ciottolose presso i promontori. Sebbene siano il risultato di processi selettivi a carico anche di sedimenti relitti, ovvero formazioni sedimentarie fossili eredi di livelli eustatici precedenti, riesumate, rierose e risedimentate, la composizione mineralogica dei sedimenti costituenti gli arenili è, in generale, influenzata dal sottostante sostrato cristallino. Le spiagge di fondo baia (Pocket Beachs) più estese contengono di norma sedimenti sabbiosi più classati (unimodali o al massimo bimodali) sotto il profilo granulometrico e più selezionati sul piano composizionale. Quelle a Nord di Olbia sono confinate in celle sedimentarie ben delineate per assetto geomorfologico ma anche piuttosto povere in spessore di volumi sabbiosi e con bassifondi rocciosi ripetutamente in affioramento. I sedimenti che le riempiono derivano per la gran parte da processi erosivi e selettivi di materiali depostisi in precedenza (Paleo-dune), durante stazionamenti eustatici antichi e, subordinatamente, da apporti più recenti. Per questo é tipica in esse la presenza di muscovite, minerale fillosilicatico stabile derivante dal sostrato gneissico-migmatitico. Le spiagge meridionali, ovvero quelle ricadenti a Sud della congiungente Olbia - Sa Testa (Punta Aspra e Punta di Filiu)-Capo Ceraso hanno caratteri assai meno regolari e risultano nettamente influenzate dagli apporti fluviali storici ed attuali del Riu Padrogiano che risentono visibilmente del sostrato granitoide del bacino. Di ciò attestano i loro connotati tessiturali (sabbie grossolane poco evolute, persino alla foce), composizionali (abbondanza di litoclasti e feldspato) e cromatici (da giallo-ocra a bruno-rossastro), tutti piuttosto diversi dalle spiagge settentrionali (sabbie anche molto fini, con quarzo prevalente, da grigie e bianche), fatte salve le spiagge del settore Nord della bocca lagunare (generate dagli accumuli artificiali dei primi escavi eseguiti per la realizzazione della Canaletta di accesso al Porto). Esse infatti rispondono ad altro tipo di azioni2 e sottolineano quanto l’assetto geomorfologico sia dipendente dai risultati delle interazioni sedimentologiche ed idrauliche dell’ambiente fluviale e di quello marittimo. In genere tutti tali arenili sono interessati da deposizioni sabbioso-ghiaiose di tipo fluviale che si mescolano a quelli “fossili” eredi di livelli eustatici precedenti in ragione della loro distanza dalla foce del Padrogiano. L’area emersa subito ad W del Porto Romano di Olbia nell’inviluppo dei bacini del Riu San Nicola e del Canale Zozò e quella relativa al tratto terminale del Riu S’Eligheddu (all’epoca riscontrabile come Rivo Gallurese), essendo state sedi, nei primi anni del XX secolo, di massicci interventi di regimazione e di bonifica idraulica igienico-sanitaria mediante escavazioni, rettificazioni, canalizzazioni, colmate e riempimenti (cfr. A07), si contraddistinguono per la presenza di ingenti volumi derivanti da movimentazioni artificiali. Di tali volumi si dà conto nell’apposita Tavola 11 della cartografia elaborata ai fini dello Studio. Le aree dove in tempi più recenti si sono compiute artificializzazioni, mediante riempimenti e colmate con materiali di risulta ed annessi rimodellamenti e spianamenti, risultano essere quelle della parte settentrionale della Laguna di Olbia compresa fra Punta Taulas e Cala Cocciani (Molo Cocciani) e quelle fra Poltu Quatu e Sa Marinedda (Nuovo Porto Turistico) a Sud. In termini idrogeologici, devono farsi rientrare fra le artificializzazioni più significative, lo spostamento ad Est della foce a delta del Riu Padredduri, con la rettificazione del suo corso terminale e la cementificazione dell’alveo e lo spostamento sempre ad est del tratto terminale del Riu Cabu Abbas, un tempo recapitante sulla palude di Tilibas. 2 Spano & Pinna (1956) segnalano lo stato di sofferenza strutturale di tali spiagge in conseguenza delle opere e degli interventi alla foce del Fiume finalizzati alla funzionalità portuale. 27 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 SE NW Intersezione Idrografia Fig. 10 - Profilo litologico schematico del sostrato granitoide nella Piana di Olbia. La legenda è la stessa della Fig.4 5.1.7 RIEPILOGO SINTETICO LITOSTRATIGRAFIA In sintesi, dal basso verso l’alto gli assetti lito-stratigrafici salienti della regione di Olbia possono così riassumersi: UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE DENOMINAZIONE C.G.I. Metamorfiti gneissiche Complesso migmatitico ercinico Monzograniti fratturati e Complesso plutonico Cortei filoniani Masse granitiche alterate Complesso Plutonico Calcari e dolomie ETA’ Precambriano incerto Paleozoico, Carbonifero sup.Permiano Fenomeni quaternari (su litologie del Carbonifero sup.-Permiano);Quaternario Successione della Sardegna Mesozoico, Giurassico orientale DESCRIZIONE Migmatiti leucocratiche, gneiss; Anfiboliti Monzograniti inequigranulari LITOTECNICA Rocce coerenti litoidi Alterazioni quaternarie di genesi chimica e fisica sulle litologie granitoidi Banchi di calcari e calcari dolomitici stratificati di colore grigio chiaro Rocce pseudocoerenti, talvolta incoerenti Rocce coerenti litoidi Rocce coerenti litoidi Mantello alluvionale e/o detriti di versante Mantello eluviale, Depositi Quaternari residuali Pleistocene e, Olocene Conglomerati, Ghiaie , limi, argille dei depositi alluvionali. Coltri arenizzate Terre incoerenti o poco coerenti Depositi quaternari Ghiaie, sabbie, limi e argille sabbiose dei depositi alluvionali e litorali N.C. Olocene Depositi ghiaiosi e sabbiosi di ambiente deltizio Terre incoerenti Attuale Vari Terre poco coerenti Suoli e depositi attuali Tab.1 : Litostratigrafia (da Carta geologica della Sardegna in scala 1:200.000 5.2 QUADRO GEOMORFOLOGICO 5.2.1 ORO-IDROGRAFIA DELLA PIANA DI OLBIA La Piana di Olbia come visto consiste in una depressione strutturale generatasi nell’ambito della ridefinizione interna all’Horst della Gallura durante la cinematica tardo terziaria del Blocco Sardo-Corso nel Mediterraneo, verosimilmente connessa all’impostazione del Tirreno occidentale. Essa è il risultato tettonico dell’interferenza fra lineazioni tettoniche principali N60° impostate sul cosiddetto Corridoio di Monti e loro coniugate NNW-SSE responsabili peraltro della struttura morfologica a gradinate tipica del Limbara e degli altopiani circostanti (Lu Tosu, Altopiano di Telti, Muddizza Piana). Gli altopiani (300-400 m) circostanti la Piana si raccordano ad essa con pendenze molto elevate (25%) a partire da quote prossime ai 100 m, fino al livello del mare. Lungo i pendii il rilievo appare dal punto di vista pedologico-sedimentologico notevolmente denudato, con sola presenza di regolite e accumuli di versante testimonianti di antichi fenomeni gravitativi. Il paesaggio è quindi contrassegnato dalla presenza di forme residuali dell’alterazione dei graniti tettonizzati (Tafoni, Boulders, Tor, Inselberg, Pietre Ballerine). All’estremità orientale della piana costiera si è ridefinita, con l’ultima risalita eustatica postglaciale, una costa di sommersione a Rias. Dell’origine e della funzione idrografica di tali tratti 28 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 morfologici, nonché della loro rilevanza in ambito regionale testimonia ancora il sistema fluviale del Padrogiano, uno dei più importanti dell’isola ma terminante in una morfostruttura esterna alla Piana di Olbia. Al contrario di questa, la depressione di Olbia che non è mai stata riempita da sedimenti terziari, appare piuttosto deficitaria anche nell’ambito delle coperture pleistocenico-oloceniche. Si è visto infatti che almeno in affioramento i sedimenti alluvionali in senso stretto si collocano sul bordo del perimetro costiero in prossimità del porto in ambito prevalentemente sommerso (scavi tunnel); affiorano invece ma restano comunque limitati nello sviluppo spaziale nell’area industriale (si veda anche il Documento V in Ricerca documentale e altre fonti tecniche). Tale circostanza, dal punto di vista geomorfologico, individua una condizione complessiva e perdurante di esposizione all’erosione che, si manifesta in una generale assenza di significative coperture e in una condizione di sovraescavazione dello stesso mantello eluviale rappresentato dalle coltri arenizzate del granito, almeno fino ai livelli marini attuali. Il quadro è coerente con l’ipotesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di una più ampia paleo-idrografia la cui asta principale, spingendosi ben oltre l’attuale delta, fosse alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutta quella serie di Rii minori che al presente attraversano l’abitato di Olbia, ovvero il Riu S’Eligheddu, il Riu San Nicola, Riu Gadduresu, il Cabu Abbas e il Padredduri e di altri ancora, nel settore fra Pittulongu e Golfo Aranci (del significato geomorfologico ed idraulico in passato di tale idrografia “minore” anche in epoca storica, possono tuttavia essere chiamati a testimoniare i sedimenti alluvionali, alternati a palustri e marini, recentemente messi in luce con gli scavi del Tunnel presso l’area portuale per un totale di 6-8m, per lo più al di sotto del livello del mare). Fig.11: Schema della rete idrografica (naturale ed artificializzata) defluente sulla piana di Olbia e convergente entro la Rada. In Celeste: Idrografia del Riu Padrogiano; in Blu e Verde: le restanti minori. In Rosso ed Arancio: tracce dei principali segmenti di spartiacque fra tali reti; in Giallo: principali tratti tombati ricostruibili; in Rosa: fosso di guardia a monte dell’area industriale. Per quanto attiene al sostrato, appaiono diradate anche le sue coperture eluviali anche nell’area assiale della piana, la meno elevata e con potenze della coltre arenizzata discontinue e limitate, in media a 2-3m, talora meno, mentre verso monte, nel tratto pedemontano gli spessori del mantello eluviale aumentano significativamente almeno fino ai livelli d’erosione guidati dall’acclività. Benché non possa dirsi sussistere un legame fisso fra quote e stato dell’arenizzazione del sostrato granitoide, è piuttosto evidente che in tutta la Piana di Olbia, nel tratto altimetrico fra i 25m s.l.m. e i 50m, dove non mancano gli ammassi e le alture 29 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 rocciose di cui ai punti 1, 2 dello schema di cui al par.5.1.1., lo stato di alterazione del granito si configura più spesso come quello tipicizzato al punto 3 e in subordine al n.4. Le stesse trincee sulla Circonvallazione attestano di una importante presenza di rocce molto fratturate afferenti alla litofacies n.3. La litofacies n.4 è più presente nei settori di basso topografico (10-25m), in condizioni di più bassa acclività. Fig. 12 - Schematizzazione morfostrutturale della Piana di Olbia. In rosso direttrici delle strutture tettoniche. In nero i limiti orografici coincidenti o ad esse ortogonali e correlate (coniugate) Resta il fatto che sia il S’Eligheddu che il San Nicola nel tratto urbano scorrono entro valli piuttosto ampie con forme decisamente residue di terrazzamento al contorno, soprattutto sul S’Eligheddu (Tanca S’Accutadorza), ritagliate sul sostrato alterato e non su alluvioni. Gli alvei in origine, cioè al netto della rispettive canalizzazioni (che parrebbero averli approfonditi, non solo nei tratti più distanti dalle foci), sono relativamente poco incisi e con tendenze alla sinuosità. Non sono affatto incisi inoltre, i rami a minima gerarchizzazione (Zozò/Gialdinu; Tannaule) che, in base all’interpretazione assunta, non possono essere altro che corpi idrici connessi esclusivamente con il livello del mare attuale cioè senza una storia precedente. Sotto questo aspetto anche il tratto urbano del Gadduresu parrebbe avere una struttura recente e non è affatto da escludersi una paleo idrografia con confluenza nel S’Eligheddu ben più a monte di quella odierna. 5.2.2 LA PIANA COSTIERA E LA RIA DI OLBIA La Ria di Olbia è disposta sul prolungamento assiale della Piana di Olbia. Come accennato precedentemente, la parte più interna della Ria deve considerarsi di fatto, una Laguna compromessa dallo stato di artificializzazione che a partire dal XIX secolo si è imposto sull’evoluzione naturale. Essa si è definita 30 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 all’estremità orientale della piana costiera, con l’ultima risalita eustatica post-glaciale, come parte di una costa di sommersione a Rias ed è contrassegnata da numerose aree umide palustri, (Fig. 14) sottese ai modesti bacini idrografici a regime torrentizio e da questi alimentate. Alcune di tali aree sono state oggetto in passato di bonifiche a scopi igienico-sanitari, sia in aree di transizione (Salinedda San Simplicio) che più all’interno (Colcò). Fino ai primi del ‘900 infatti sopravvissero i laghi naturali di Colcò e di Casteddu, ubicati in depressioni endoreiche di origine tettonica. alimentati dalla falda subalvea del Riu Padrogiano. Tuttavia tutto l’abitato originario di Olbia (Terranova) era contrassegnato da depressioni morfologiche ospitanti paludi o stagni. Gran parte di queste sono state oggetto progressivamente di colmate, inalveamenti e regimazioni. Alcune tuttavia sono state deliberatamente urbanizzate senza le necessarie contromisure idrauliche. Fig. 13 - Ricostruzione delle paleo linee di riva dall’Olocene, nel Golfo di Olbia14 Per quanto attiene alla sua evoluzione, si ammette in sintesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di monte (“testata”) di una più ampia paleo-idrografia di epoca Wurmiana (70.000-19.000 y. B.P), Questa idrografia, stanti gli elementi batimetrici e paleo-batimetrici in possesso (cfr. Fig. 3), doveva necessariamente essere sottesa all’asta principale corrispondente ad un paleo Riu Padrogiano, il quale spingendo la foce ben a valle dell’attuale delta del Padrogiano (si consideri che il LGM ammette una profondità a -135 m s.l.m. attuale), veniva alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutto il sistema idrografico di Rii che oggi attraversano l’abitato di Olbia (San Nicola-Abba Fritta, S’Eligheddu-Gadduresu, Padredduri-Cocciani, Cabu Abbas, e di tutti i restanti dislocati nel settore Sud (Paule Longa alias Ena Frisca) e Est fra Pittulongu e Golfo Aranci. Tutti questi, all’epoca (circa 20 ka), in sostanza fungevano da testate montane (1°ordine gerarchico, sensu Horton-Strahler) di affluenti minori di sinistra ed hanno continuato ad esserlo fino al raggiungimento del livello eustatico attuale posteriormente ai 3-4 ka, in base alla ricostruzione di Fig. 6, rispetto alla quale la parte emersa del delta del Riu Padrogiano potrebbe essersi messa in posto in un arco di tempo di 2-3000 anni. Attualmente si tratta, nel complesso, di corsi d’acqua a carattere torrentizio con una rete a sviluppo subdendritico ad alta densità di drenaggio, discreto rapporto di biforcazione, quindi ben gerarchizzata rispetto all’estensione, sia per ragioni geo-litologiche che morfologiche. Tali caratteristiche morfometriche sono ben 14 Porqueddu A., Antonioli F., D’Oriano R., Gavini V., Trainito E. & Verrubbi V. (2011): Relative sea level change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically important Mediterranean Harbour. Quaternary International 232, pag. 21-30. 31 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 individuabili e nella fascia altimetrica superiore ai 100 m s.l.m. appaiono ben più marcate che a valle dove, a partire dagli 80-100 m, la rete tende a rarefarsi, riducendo sensibilmente la densità di drenaggio, fin quasi a rettificarsi, per poi propendere a divagare nel tratto terminale (E’ da qui in poi che sui corsi d’acqua sono state adottate nel secolo scorso misure di controllo e regolazione del flusso con opere di regimazione). L’osservazione della idrografia (Figg. 11 e 12) mostra chiaramente: ■ una tendenza dei corsi d’acqua a raccordarsi verso Est, in direzione della Ria di Olbia che deve, pertanto, considerarsi, come detto, l’erede di una valle fluviale sommersa dalla risalita del livello marino (paleo idrografia); ■ un deflusso chiaramente condizionato da direttrici NW a SE (assi N300°-320°) a N di Olbia, più irregolare a S di Olbia, che sono quelle che strutturano la Piana e condizionano l’inviluppo dei bacini idrografici; ■ un settore legato al Padrogiano (Regione d’Olovà) in cui in passato doveva registrarsi, in un contesto idrologico dissimile dall’odierno, lo sfondamento verso Est (attuale Laguna delle Tartanelle) del Riu della Castagna, attuale affluente in Dx del Padrogiano (spartiacque con tratteggio in Fig. 11). Il Riu Padrogiano infatti termina con foce a delta nella Laguna di Olbia ed in esso riversa periodicamente abbondanti apporti di torbide e di detriti in ragione delle portate associate ai singoli eventi idrologici. In tale contesto il fiume ha avuto storicamente uno straordinario ruolo nel recapito a mare di sedimenti e nel modificare per loro progradazione il profilo della costa. Anche per tale ragione e contrariamente a quanto si ritiene, l’insenatura a ria di Olbia non costituisce affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o geomorfologicamente in equilibrio. Ad W di Olbia, dal Monte Limbara, in direzione ESE, si dirama un importante sottosistema tributario a pochi chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano (Riu Taroni-Riu S. Simone; n. 1 in Fig.6), decisamente il più importante dell’area. Verso di esso recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu Castagna-Riu de su Piricone; n. 3 in Fig. 5), proveniente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e Baronia (a S). All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu-Riu Gadduresu, il Riu S. NicolaRiu de S’Abba Fritta, entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozò; anch’esso realizzato tramite inalveamento e regimazione con l’intervento del 1902 sulla Palude di Salinadda), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone-Riu Cuggiani, deviati e “sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine, alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo Sacro. La Laguna determina una riduzione delle quote delle condizioni al contorno di foce relative alle condizioni marittime. Tali altezze vengono computate in circa 1,00m s.l.m.m. a differenza di gran parte dei paraggi esposti della Sardegna, per i quali il PSFF predetermina condizione al contorno di 1,80m che di norma vengono confermati dagli eventi. Durante l’alluvione di Olbia del 18/11/2013 i riscontri confermano un effetto complessivo di risalita del livello marino di circa 1,00m che ovviamente ha ostacolato il deflusso dei canali alle foci, in particolare quelle gravate di ponti con franco irrisorio (+0,50m e 0,60m sono i franchi misurati sulle 2 tipologie di luci presenti sul San Nicola). 5.3.3 GEOMORFOLOGIA DELL’ASSETTO IDROGRAFICO Nella regione circostante Olbia lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in bacini tendenzialmente allungati con asse NNW-SSE o NE-SW, di modesta superficie, a pendenza relativamente alta a monte, nel complesso ben gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze erosive (ed altrettante propensione al trasporto con gli eventi intensi) sino al raccordo della piana. Solo a qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si rilevano oggi tendenze al rallentamento e al riempimento con presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti o sistemi di lagune. Queste strutture fungono da bacini di raccolta e di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare, con conseguente rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità delle fenomenologie torrentizie. Va tuttavia evidenziato che gli interventi di regimazione, con rettificazioni e canalizzazioni dei principali torrenti (S’Eligheddu/Gallurese e San 32 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Nicola/San Nicolò dei primi decenni del ‘900 hanno stravolto l’assetto idrografico, cancellando gli originari elementi idro-geo-morfologici ritenuti cause corresponsabili della diffusione della malaria. L’originaria documentazione (cfr. Assetto Storico) evidenzia tuttavia, com’è del resto facile immaginare, testimonia di rallentamenti della corrente a partire da 3000m e 1600m a monte della foce rispettivamente del Seligheddu e del San Nicola. Per converso, il ramo del San Nicola denominato S’Abba Fritta conserva fino all’ingresso nel tratto urbano (sensu studio presente) chiari elementi di torrente montano (rilevante dislivello dell’alveo fra la sezione corrispondente all’attraversamento della Tangenziale e il ponte di via E. de Nicola subito a valle). 5.3.4 CONCHE PALUSTRI E AREE DI RISTAGNO 5.3.5 IDROGEOLOGIA SOTTERRANEA Com’è noto la bonifica delle paludi ritenute principali (San Nicola-Zozò; Paule Longa; Pedru Calvu; Tilibas)15 unitamente alla regimazione di tratti fluviali divaganti su alluvioni attuali (S’Eligheddu) costituisce un rilevante elemento dell’assetto idrografico storico e recente dell’attuale territorio urbano, sebbene all’epoca delle bonifiche, gli interventi fossero sostanzialmente collocati piuttosto all’esterno della Città. Di tali opere idrauliche, ottenute mediante canalizzazioni, regimazioni, escavi, deviazioni e colmate unitamente a svariate opere di attraversamento, sussiste ancora un’evidente testimonianza, in particolare nel tracciato della rete idrografica principale; sono inoltre rinvenibili, ancor che spesso in parte obliterati al di sotto di abitazioni, canali minori che attestano di collegamenti secondari fra paludi decentrate rispetto all’idrografia di riferimento. Parimenti su diversi rami idrografici (Tannaule, Zozò e parte a monte del Paule Longa) si evidenzia con chiarezza la scarsa capacità dell’alveo o di sue parti ad assicurare il deflusso. In ogni caso, le aree di impaludamento e ristagno del deflusso idrico ancora rinvenibili nel territorio urbano ed extraurbano della Piana di Olbia (Fig. 14) continuano ed essere estremamente numerose e, considerato che altre ne sono state identificate, quantunque per lo più nascoste al di sotto dal tessuto urbano, costituiscono nell’insieme una caratteristica geomorfologica piuttosto singolare nel panorama insulare, unitamente alla presenza di una rete di drenaggio tendente alla divagazione ma priva di alveo inciso. Esse sono interpretabili al momento come il risultato dell’interazione fra l’evoluzione geomorfologica della Piana costiera di Olbia (così come definita e delimitata nei precedenti paragrafi) e il suo assetto geolitologico. In particolare, pur in assenza di una letteratura scientifica sullo specifico tema, è evidente che la cosiddetta Piana Alluvionale di Olbia è per la gran parte una Piana di erosione, definita per la gran parte su di una superficie posta al di sopra dei livelli interessati da attacco sedimentario ed in parte sovra escavata. Si noti infatti che i terrazzamenti presenti, niente affatto paragonabili a quelli rinvenibili sull’adiacente Piana del Padrogiano, sono ricavati sui terreni arenizzati del sostrato cristallino intrusivo (e per ciò stesso ancora esposti all’erosione) e che le uniche alluvioni “antiche” parrebbero posizionate nell’area marginale costiera della Piana (Scavi realizzati per la collocazione del “Tunnel” Portuale; Area industriale). In questo contesto parrebbe giocare un ruolo antitetico alla dinamica erosiva generale il graduale instaurarsi delle condizioni lagunari certamente posteriori ai 3-4 Ka la quale può essere ragionevolmente essere messa in relazione alla deposizione dei sedimenti alluvionali sabbioso-ghioasi o deltaici del S’Eligheddu e alla formazione del cordone litorale responsabile dello stagno costiero oggi bonificato sul lato del San Nicola. A tale sedimentazione recente sono quindi correlabili le litologie che all’inizio del XX secolo sono state oggetto di escavazioni etc. nell’ambito del Piano delle Paludi Salinedde (a Nord di Terranova e a Sud di Terranova). E’ dunque coerente con tale quadro la presenza limitata al settore portuale ed a quote negative di copiosi (> 3m) sedimenti alluvionali (lenti di ciottolame e ghiaia con argille) di epoca storica che “fossilizzano”, seppellendoli, reperti navali di epoca Romana (V sec. D.C.) ma che a loro volta precedono sabbie di spiaggia e fanghi attuali. Per completezza e organicità si farà cenno all’illustrazione delle caratteristiche dei circuiti sotterranei di tutto l’intorno di Olbia, anche quelli esterni alla Piana, tralasciando le parti più strettamente idrologiche ed idrografiche esposte nei capitoli precedenti e ancor più dettagliate nella parte idrologica dello Studio di Variante al PAI. 15 Oltre queste va considerata la bonifica di Colcò nell’area dell’adiacente e più meridionale Piana del Padrogiano 33 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Nel settore della Piana costiera di Olbia (intesa come inviluppo di Piana di Olbia in s.s. + Piana del Padrogiano, sussistono due acquiferi principali per lo più in comunicazione fra loro: 1. le masse litoidi granitiche permeabili per fessurazione secondaria 2. le coltri eluviali ed alluvionali, le falde di detrito e i colluvi, permeabili per porosità. Sono inoltre permeabili per porosità i sedimenti delle colmate realizzate nell’ambito delle bonifiche del 1900, anche con spessori di 3,5 m. In entrambi i casi principali si tratta di circuiti sotterranei superficiali contenenti falde libere di modesta capacità. Il primo circuito è definito nelle aree subito a monte dove dà luogo a manifestazioni sorgentizie di modesta portata (<<1 l/s) che traggono alimentazione e ricarica dai rilievi più elevati o da vie sotterranee di genesi tettonica. Esso si spinge più a valle fungendo da base per il sovrastante secondo acquifero. La captazione delle acque da esso convogliate ha alimentato il vecchio acquedotto di Maltana, mentre i Graniti di Cabu Abbas hanno alimentato fin dall’antichità l’Acquedotto Romano. Nel secondo caso la permeabilità deriva sia da porosità primaria che secondaria. La prima si manifesta nei corpi alluvionali più superficiali diffusi nelle aree più vallive o ai margini con la costa (Padrogiano, area Palmera ecc.); la seconda si determina in conseguenza dell’asportazione della fase argillosa contenuta nelle masse granitiche alterate. Tale acquifero permeabile per porosità, a cui studi condotti dall’Università di Sassari ha attribuito trasmissività T dell’ordine di 10-6 mq/sec e conseguenti permeabilità K dell’ordine di 10 -5 cm/sec (permeabilità bassa; porosità assunta del 25% da gli studi citati) in ragione delle potenze fino a 15 m (area Palmera). In media, soprattutto nelle aree a monte, ha spessori inferiori ai 10 m, comunque variabili in rapporto allo stato dell’arenizzazione. Esso caratterizza l’area periurbana ed urbana di Olbia e dà luogo ad una falda superficiale libera in grado, in talune circostanze, di produrre manifestazioni sorgentizie di contatto o di trabocco assimilabili a risorgive, con portate massime di 0,2-0,5 l/sec, raramente superiori. Nel passato, soprattutto nelle aree rurali, tale falda, date la sua facile reperibilità è stata sottoposta a sfruttamento tramite pozzi. Oggi tale falda risulta alimentata dall’irrigazione estiva. A tale riguardo è ben nota nell’agro la variazione estiva in incremento delle portate dei torrenti (es. Gadduresu) anche in assenza di precipitazioni. 34 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 14 - Aree paludose o con ristagni al netto dei settori bonificati del tutto o in parte nel corso del XX secolo 35 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig.15 - Pianta del modello idrogeologico schematico della Piana di Olbia e delle Pianure circostanti su stralcio ingrandito della Carta Geologica d’Italia F° 182 –Olbia (1967) con aggiunta delle linee tettoniche a Sud e a Est del la valle del Riu Padrogiano. Il riquadro delimita i sistemi idrici scolanti sulla Ria di Olbia e interagenti coi sistemi idrografici in studio del territorio costiero di Olbia; nei cerchi, le aree ospitanti gli acquiferi. Le frecce danno conto dei deflussi sotterranei verificati (ad es. Padrogiano) o ipotizzabili, per lo più ricalcanti i deflussi superficiali negli acquiferi ermeabili per porosità L’acquifero fratturato alimenta la falda dell’acquifero poroso soprastante per cui le aree di ricarica sono quelle degli spartiacque sui massicci granito idi. Cfr. Legenda 36 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] sigla UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 DENOMINAZIONE C.G.I. ETA’ Villafranchiano (?) 1 Brecce con mammiferi (Myotragus melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti, crostoni stalagmitici a capo Figari. Puddinga in piccoli ciottoli conservata entro cavità del calcare (Isola di Tavolara). 2 Brecce cementate con mammiferi (Prolagus sardus; Megaceros cazioti); terre rosse, sabbioni cementati con molluschi terrestri (Helix serpentina) a Capo Figari. Conglomerati conchigliari con Conus testudinarius, Patella ferruginea e.;(“Panchina Auct.”) “Panchina Auct.” Tirreniano 3 “Duna antica”: sabbioni, eolianite, detriti minuti arrossati: “pseudopanchina” Auct. Brecce rossastre, poco coerenti; con resti di mammiferi (Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli all’isola di Tavolara e Capo Figari. Depositi calcariferi incrostanti, localizzati, con molluschi terrestri (Helix serpentina, ecc.) “Duna antica” Pleistocene 4 Alluvioni attuali e recenti talora terrazzate e parzialmente cementate (ghiaie, sabbie, detriti vari torrentizi) Olocene 5 Detrito di falda, coni di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali Olocene 6 OLOCENE PLEISTOCENE n. 37 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Sabbie e dune costiere recenti, cordoni a sbarramento di lagune (qs). Spiagge ciottolose (qc) Formazione deltizia (Fiume Padrogiano) Sabbie e limi, lenti torbose con fauna palustre e ceramica d’età énea Olocene 7//8 Olocene 9 Depositi ghiaiosi e sabbiosi 10 Discariche portuali; argille con molluschi marini (Olbia) Tab.2 : Litostratigrafia Quaternario (da Carta geologica d’Italia , in scala 1:100.000, F°182-Olbia). Dal più antico (1) al più recente (10). dt f Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali Alluvioni attuali o recenti, talora terrazzate e parzialmente cementate (ghiaie, detriti vari torrentizi). Qe “ Duna antica “: sabbioni edianite, detriti minuti arrossati: “pseudo-panchina” Auct. Brecce rossastr, poco coerenti; con resti di mammiferi (Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli all’Isola di Tavolara e Capo Figari. Depositi calcariferi incrostanti, localizzati, con molluschi terrestri (Helix serpentina, ecc.) Conglomerati conchigliari grossolani con Conus testudinarius, Patella ferruginea, ecc. (“Panchina” Auct.). TIRRENIANO Brecce cementate con mammiferi (Prolagus sardus, Megaceros cazioti) : terre rosse, sabbioni cementati con molluschi terrestri [Helix serpentina] a Capo Figari Brecce con mammiferi (Myotragus melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti, crostoni stalagmitici a Capo Figari. Puddinga a piccoli ciottoli conservata in minuti lembi entro cavità del calcare (Isola Tavolara). VILLAFRANCHIANO (?) Sedimenti terziari e quaternari CALCARE DI MONTE BARDIA- Calcari bianchi, massicci o grossolanamente stratificati, spesso bioclastici od oolitici, a coralli, nerinee [Cryptoplochus pyramidalis (Muenst.), C. macrogonius (Thurm.),ecc.] diceratidi ed altri molluschi. Tra i microfossili: Salpingoporella annulata Car., Clypeina jurassica Favre, Thaumatoporella parvovesiculifera [Rain.], Campbelliella striata [Car.], Kurnubia palaestiniensis Henson, Favreina salevensis [Par.]. KIMMERIDGIANO p.p.-PORTLANDIANO. PLEISTOCENE 3 Q Qb Q GIURASSICO 10- G 11 Formazione marina Formazioni marine Spiagge ciottolose (qc) Formazioni continentali qc Formazi oni continent ali qs Discariche portuali ; argille con molluschi marini (Olbia) Depositi salmastri di lagune temporanee (Sebkhe). Formazione deltizia (Fiume Padrogiano): sabbie e limi, lenti torbose con fauna palustre (Emys) e ceramica d’età ènea. Sabbie e dune costiere recenti; cordoni a sbarramento di lagune (qs). qd qp OLOCENE A 38 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] 7- G 10 FORMAZIONE DI DORGALI-Calcari micritici nocciola ad articoli di crinoidi, alternanze parallele o irregolari di calcari e dolomie (settore sud-occidentale dell’Isola di Tavolara), dolomie grigiastre o brune, spesso oncolitiche, talora a noduli di selce, con rari rostri di belemniti, arenarie e conglomerati basali. BATONIANO-KIMMERIDGIANO p.p. Siltiti ed arenarie grigie o giallastre a stratificazione incrociata, conglomerati ad elementi granitici e scistoso-cristallini, sottili orizzonti e vene di lignite picea (I. Tavolara), in sacche tra granito e la Formazione di Dorgali. LIAS?-DOGGER INF.? f Filoni ed ammassi di quarzo d’origine idrotermale. Filoni aplitici, filoni ed ammassi pegmatitici (α); filoni microgranitici, microgranitico-aplitici e micropegmatitici, talora a due miche (γf). q α B N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 ρ F δ dt γ γ c γ 1 γ P γ a γ σ δ K ε Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica, ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche.Rari noduli cornubianitici per lo più al contatto con i Graniti della Gallura. a Anfiboliti ad orneblenda non sempre distintamente scistose. gm Migmatiti arteritiche a prevalente paleosoma con intercalazione di lenti e filoncelli, in genere concordanti, pegmatitici, aplitici e microgranitici, localmente prevalenti sulla frazione paleosomatica. m γ Migmatiti per lo più arteritiche a prevalente neosoma. Sg Metabasiti pirossenico-granatifere a matrice simplettitica (originarie eclogiti?) e rocce associate (scisti biotitico-anfibolici a granato, ecc.)in masserelle incluse nelle migmatiti a prevalente neosoma (Punta de li Tulchi). Tab. 3: Legenda stratigrafia F° 182 Olbia della Carta Geologica d’Italia (A + B +C:dal più recente in alto al più antico, in basso) COMPLESSO METAMORFICOMIGMATITICO g Formazioni metamorfiche C Rioliti a struttura porfirica ed a massa di fondo granulare o granofirica in filoni e, più raramente, in ammassi; filoni afirici di riolite a struttura granofirica, talora a due miche e con tendenza aplitica. Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con termini di transizione alla serie dacite-basalto. Graniti grigio-rosati biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenentiscie ricche dibiotite ed inclusi di varia natura (γ).Graniti cataclastici (γ c). Mantelli eluviali dei corpi granitici e relative facies arcosiche (γ dt) Graniti minuti o a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati. Graniti porfirici con massa di fondo a grana media o medio-piccola, sulla quale spiccano grossi cristalli di feldspato roseo o bianco e plaghe quarzose, localmente contenenti scie ricche di biotite, chiazze e vene pegmatitiche ed inclusi di varia natura. Alternanze tra graniti e micrograniti (Zone prossime a Ludurru) Sienite alcalina (Dintorni di Berchiddeddu) Masserelle differenziate quarzodioritiche biotitico-anfiboliche a grana a volte fine a volte porfirica (K δ); gabbri quarzifero-anfibolici a grana grossa (ε). Formazioni eruttive CICLO MAGMATICO ERCINICO f γ F Le sorgenti sono rare e localizzate, di norma, ma talvolta, in periodi di prolungata piovosità e di conseguente saturazione dell’acquifero, soprattutto ove esso risulti poco potente (4-5 m) manifestano carattere di arealità configurandosi come sorgenti per affioramento di falda freatica. In settori di maggiore spessore, in cui alle coltri eluviali si sovrappongano mantelli alluvionali o accumuli di falda detritica, tali fenomeni sono più rari o non si riscontrano. Al contrario, alcune aree, soprattutto quelle di recente urbanizzazione fra Maltana e Isticcadeddu, a Ovest dell’abitato, sembrano possedere le condizioni geoidrologiche e morfologiche di maggiore predisposizione al fenomeno di risorgiva. Tuttavia va rammentato che tali condizioni sono pur sempre generabili anche al di sotto di aree colmate e/o urbanizzate di recente . La Fig. 16 fornisce in tal senso numerose indicazioni. Questa caratteristica idrogeologica in grado di innalzare, dopo prolungate piogge, il coefficiente di deflusso dei corsi d’acqua, risulta in generale molto importante al fine di inquadrare gli eventi calamitosi a cui danno luogo i rii della Piana di Olbia, ivi compreso il Gadduresu. Come già sostenuto, in caso di saturazione dell’acquifero e di emersione della falda, gli afflussi, non potendo dare luogo né a flusso ipodermico né a flusso sotterraneo, si 39 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 trasformano, evidentemente, totalmente in deflussi. Com’è noto, nell’ambiente urbano di Olbia a ciò si deve aggiungere l’insufficienza dei sistemi di drenaggio artificiale e la conseguente scarsa capacità di smaltire l’incremento del deflusso di superficie causato dell’impermeabilizzazione dei suoli. Osservazioni speditive su alcuni pozzi rilevabili sul bacino del Riu Gadduresu e nel Riu San Nicola, in prossimità degli alvei/canali, hanno posto in evidenza, com’era facile immaginare, una falda drenata dai corsi d’acqua con livello statico localizzabile a profondità di 1 m circa dal p.c.. 6 PERICOLOSITA’ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO 6.1 PERICOLOSITÀ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO Nel caso di Olbia, a dispetto dei dati dei cumulati di piovosità, indubitabilmente più bassi rispetto a numerosi centri vicini, tutta la zona idrografica sottesa al centro abitato, è certamente interessata da un generale stato di pericolosità idrogeologica, in particolare di natura idrologica e idraulica. Ciò è in primo luogo il risultato di: 1. la conformazione oroidrografica, favorevole a condizionare gli eventi di pioggia, a prescindere dagli effetti sul suolo; 2. la natura dei sostrati litologici per lo più poco permeabili; 3. la scarsa capacità di ritenzione dei suoli. mm Altezze di pioggia annuali (1922-2001) della stazione pluviometrica di Olbia 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 1 11 21 31 41 51 61 71 anni di osservazione dal 1922 (1) al 2001 (80) Fig.16 - Altezze di pioggia annuali (1922-2001) nel pluviometro di Olbia Lo sviluppo urbano concentrato da un lato e disordinatamente diffuso in ambito rurale interferiscono con le questioni di cui al punto 2 e 3 e accentuano il rischio. Dal punto di vista idrologico i fenomeni intensi di Olbia sono di consueto giustificabili in base ai dati di pioggia della stazione di Putzolu più che di quelli di Olbia, come si ricava anche dalla tabella seguente basata su cumulati pubblicati negli n° evento Giorno/i Piovosità (mm) Piovosità (mm) Annali Idrologici. Mese Anno intenso Effettivo/i Staz. Olbia Staz. Putzolu (Telti) 1 20 11 2 17/18 10 1929 N.D. N.D. 1951 55,3/56,8 106/93,8 3 21 4 9 11 1958 42,2 71 11 1964 42 90 5 6 18 12 1964 80,8 25 3 10 1967 18,2 15 7 11 9 1969 32,2 87 8 8 9 1972 55 42 9 31 12 1972 63 163 10 3 1 1973 21,6 13 40 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 11 18 2 1974 15,2 52 12 21 7 1974 18,6 13 3 9 1975 10,4 20,9 (20 Luglio) 11,2 15 3 12 1976 12,6 21,3 16 7/8 4 1978 26/21,4 56/67 17 19/20/21 10 1978 Non registrata 75/50/17 20 21/22 2 1979 59/46 130/69 21 11 10 1980 14,8 30 23 12 7 1981 3,2 50 24 28 10 1981 18,4 65 (27 Dicembre) Tab. 4 - Eventi critici e precipitazioni reali. L’esame della documentazione storica relativa ai fenomeni calamitosi più significativi verificatisi nella Gallura negli ultimi ottanta anni ne ha confermato lo stretto legame con le piogge ed ha consentito di sintetizzare per Olbia e dintorni, gli eventi schematizzati in Tab.5. n° evento Giorno Mese Anno Comune Bacino Idrografico 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 20 17/18 21 10 17 2 10 7 30 2 17 20 2 10 2 7 20 21 12 12 11 6 11 27 15 7 11 10 11 11 12 10 09 09 12 01 02 07 09 10 12 04 10 02 03 09 10 01 07 10 02 11 1929 1951 1958 1964 1964 1967 1969 1972 1972 1973 1974 1974 1975 1975 1976 1978 1978 1979 1979 1979 1980 1981 1981 1981 1983 1983 Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia (S. Pantaleo) Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 2 27 18 16 3 9 26 25 10 3 13 15 21 6 30 12 09 11 10 12 12 12 01 03 12 01 11 04 12 01 1983 1989 1989 1990 1990 1990 1990 1992 1996 1998 2001 2001 2002 2004 2006 Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia Olbia 0lbia 0lbia N.D. Vari S.Nicola Padrogiano ? Padrogiano N.D. N.D. N.D. Gadduresu/C. Zozò Padrogiano et al. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. Gadduresu/S.Giovanni N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. S’Eligheddu/Gadduresu Loddone/Enas/ N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. C.Zozò C.Zozò Gadduresu Gadduresu Gadduresu Vari Padrogiano Padrogiano N°Scheda S4 AVI * 600042 -------------600161 600225 600226 600266 600289 600337 600345 600346 600357 600366 600379 600382 600426 600431 600433 600443 600444 600455 600471 600482 600485 600488 600511 600518 600523 600593 600595 600607 600610 600611 600614 66000007 8600001 ------------------------------------------------------------------- Tab.5 - Quadro degli eventi che hanno interessato il centro abitato di Olbia e/o il suo circondario (sino al 2006. I numeri dell’ultima colonna sono relativi al catalogo A.V.I. (Aree Vulnerate Italiane) a cura del G.N.D.C.I (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche) del C.N.R.. La data è di riferimento convenzionale, poiché in realtà molti fenomeni si sono protratti per più giorni. 41 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Di seguito si riportano i dati dell’Alluvione del 18 Novembre 2013 tratti da rapporto denominato “Evento alluvionale del 18 Novembre 2013 Valutazioni delle precipitazioni- 02- Aggiornamento del 17.12.2013.” (Direzione Generale Agenzia Regionale del Distretto Idrografico della Sardegna). Stazione Comune Latitudine Longitudine Quota (m) Valore (mm) Massima oraria Olbia Olbia 4530430 1542780 15 117,6 36mm Putzolu Olbia 4528900 1534000 100 175,2 54mm intensità Tab. 6 – Dati cumulati di pioggia durante l’evento 18 Novembre 2013 In base ai confronti storici si riscontra che il dato cumulato del 18/11/2013 di Putzolu è il massimo della serie statistica, come confermato dalla pubblicazione [4] in Bibliografia. Tab.7 - Analisi statistica cumulati di pioggia tratta da Tab. 5-A ARPAS-Sardegna (2013) – Analisi dell’evento meteorologico del 18 novembre 2013. pp.163. La tabella seguente, in base a dati di cronaca, riscontra invece della casistica dei fenomeni di alluvionamento e di allagamento che hanno interessato il territorio o la città di Olbia negli ultimi 15 anni. DATA Gennaio 2001 3 Settembre 2004 14 Giugno 2005 PIOGGIA 65 mm 130 mm nd 130-150 mm (in 1,5 h) nd 67 mm (in 5ore) AREA COLPITA 28/29 Novembre 2008 43,8 mm (in 24 ore) Quartieri di Putzolu, Maria Rocca e Santa Mariedda Gennaio 2010 nd 13 Ottobre 2010 nd Quartieri di Pittulongu, Santa Mariedda e zona Fausto Noce Viale Aldo Moro, Via Veronese, Via Di Cambio, 23 Dicembre 2007 4 Novembre 2008 Nord Olbia Sud Olbia Olbia Costa di Olbia, centro abitato di Olbia DANNI-CRONACA Non documentati Non documentati Diluvio breve non riporta danni considerevoli Nube temporalesca imperversa ore e ore sulla città e su San Teodoro. Non documentati Allagamento traverse di viale Aldo Moro tra cui via De Simone e via Pozzo; chiusura di via Escrivà, allagamento sottopassaggio; sulla sopraelevata sud comparsa di pericolose buche. Problemi sulle strade: allagamento di via Bronzetti, via Como, via San Domenico e via San Michele. Crollo ponte via Libeccio (Pittulongu) Non documentati Strade in tilt e ponte crollato. Viale Aldo Moro bloccata, tombini saltati e 42 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] 2-3 Marzo 2011 nd 18 Novembre 2013 117,6 - Olbia (175,2 Putzolu) N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Via Venezia, quartiere di Sa Minda Noa, zona di Bandinu e di Putzolu e quartiere di San Nicola. Centro Urbano e agro bacini sottesi Tutta la piana e il centro urbano circolazione ferma, via Veronese allagata. Nella zona di Putzolu il rio S’Eligheddu ha sommerso il ponte che collega la zona con la strada provinciale. Vari Richiesta stato di calamità Milioni di euro di danni Vittime umane Interventi di portata nazionale Richiesta stato di calamità Tab. 8 - Fenomeni Alluvionali o di allagamento registrati in Olbia dal 2001 al 2013 (dall’archivio personale basato su cronache di quotidiani locali) L’assetto fisiografico è dominato come visto da rilievi di varia altitudine che cingono a guisa di anfiteatro orografico una limitata piana costiera, piuttosto singolare in termini di articolazione geomorfologica per la presenza sia di una rete idrografica relativamente densa in quanto a drenaggio (densità e frequenza di drenaggio), sia esso naturale o, come emerge dall’elaborato A07 dello Studio di Variante, artificiale (data l’originaria incidenza e diffusione di depressioni senza sbocco) e con coefficienti di deflusso superiori alla media sarda. Una delle conseguenze di tali configurazioni fisiche è data dai tempi di corrivazione molto meno elevati di quelli che tradizionalmente vengono considerati per i calcoli idrologici e idraulici e l’abbondanza storica di paludi alimentate anche per via sotterranea (risorgive di falde a bassa soggiacenza). Del pericolo idrogeologico testimoniano del resto i numerosi eventi calamitosi che, seppure con varia intensità e distribuzione, hanno colpito l’area idrografica di Olbia, in particolare l’area urbana, anche in anni recenti. Malgrado si evidenzino, di norma, anche in questa casistica, strette correlazioni fra dati pluviometrici ed eventi di criticità idraulica, si è visto che non tutti fra questi sono susseguiti a fenomenologie particolarmente intense sul piano idrologico. Ciò a riprova di due importanti questioni: la prima, è che come detto, buona parte del bacino drenante su Olbia non è affatto descrivibile pluviometricamente coi soli dati locali ma semmai con quelli di stazioni più occidentali, situate a quote maggiori, orograficamente montane, di Telti (Putzolu), più in grado di registrare gli afflussi di tipo orografico-convettivo che possono scaricarsi sulla rete sottesa alla sezione di Olbia. Di ciò fanno fede anche i dati idrologici relativi al 18/11/2013 (cfr. Studio Idrologico); la seconda, è che i fenomeni di piena si spiegano anche e soprattutto in rapporto all’intensità dei deflussi e che la trasformazione spaziale e temporale afflussi-deflussi, nel contesto osservato, è, più che altrove, in stretta relazione tanto con le caratteristiche geomorfologiche quanto, come si dirà meglio in seguito, con quelle idrogeologiche del territorio. Si deve infine ribadire che: a) la Piana di Olbia è circondata da un anfiteatro di basse montagne (Monte Pino; Monte Plebi etc.) ad alta energia di rilievo; in pratica la frangia orografica corrisponde, nel suo tratto di monte, ad un estesa cornice di superfici di elevato gradiente clivometrico, in cui si determinano convergenze di varie reti idrografiche di I e II ordine gerarchico la cui pendenza, che a monte tende ad inasprire la velocità, si abbatte in poche centinaia di metri; b) la modestissima capacità di smaltimento naturale per via sotterranea dell’assetto geolitologico; c) gran parte dell’area urbana di Olbia, risulta, per le ragioni derivanti da quanto su esposto, edificata su aree un tempo paludose, ora per acque stagnanti ora per risorgive di falde superficiali, bonificate a seguito d’interventi complessi messi in campo fin dagli inizi del XX secolo. Le opere di regimazione, consistite in colmate massicce di aree depresse, inalveamenti, derivazioni, rettificazioni e canalizzazioni, hanno determinato un assetto idrografico del tutto artificiale via via consolidatosi ed ancora in fase di sistemazione. Tale assetto ha fatto leva sulla realizzazione di canali ora in terra ora protetti e più di recente cementificati e a tratti tombati (il Paule Longa, il Tilibas sono interamente e a tutti gli effetti Canali di Bonifica); 43 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 d) le Bonifiche delle Paludi Salinedde (Parte a Nord e Parte a Sud di Terranova; cfr. Elaborato A07) col corteo di opere complementari e successivi hanno avuto necessità di interventi di regimazione e colmamento sul bacino del Riu di San Nicola e su quello del Rivo Gallurese (oggi denominato Riu S’Eligheddu). Il primo un tempo alimentava lo stagno di retro spiaggia localizzato in corrispondenza dell’attuale parco pubblico e complesso sportivo Fausto Noce. Qui, le reti divaganti provenienti da una rete indistinta a Sud (che diede vita al Canale Zozò) e dal San Nicola a Nord, confluenti nella palude retrostante il cordone litorale, furono separate16 e convogliate tramite due canali artificiali a sezione trapezia in n. 2 rami sfocianti nel cosiddetto Porto Romano (Fig. 17). Il secondo, ancor più complesso e composito, ha bonificato, sempre con colmate e opere di rettificazione e incanalamento, il tratto terminale del torrente, peraltro all’epoca originante un delta interno alla Laguna di Olbia. Fig. 17 - Stralcio della planimetria di progetto del Piano Generale della palude Salinedda S. Simplicio a nord di Terranova. (ed. 1900). e) alle fenomenologie idrauliche derivanti da piogge intense si associano, sempre più spesso, pesanti perdite di aliquote di suolo in ragione di sempre più scorretti approcci antropici nel suo uso. La più palese conseguenza dal punto di vista della nostra trattazione è rappresentata dalla sovrabbondanza di trasporto solido nelle dinamiche di piena, la quale, malgrado le basse pendenze è pur sempre ben osservabile negli alvei attraverso l’esame dei depositi, di norma sabbiosi e ghiaiosi17. Si consideri peraltro l’abbondanza dei materiali artificiali presenti nelle aree di espansione dell’attuale idrografia, a cominciare da quelli stessi che costituiscono le colmate storiche condizioni favorevoli, che offrono condizioni palesemente favorevoli all’erosione in caso di fenomeni particolarmente intensi e su tratti a correnti veloci, come in diversi casi è stato l’evento del 18/11/2013 (si pensi alla massiccia erosione spondale del Seligheddu a valle del ponte su via V. Veneto [Fig.7] e del San Nicola a valle dell’attraversamento di via Petta e, in Sx, a valle del ponte di via Spensatello (Fig. 18) fino a via Ferrini. E’ da notare peraltro che tali fenomeni si accentuano in ogni situazione al passaggio fra sponde in terra e sponde protette; Si noti che il più recente intervento di sistemazione idraulica in ambito urbano (cfr. A07) ha nuovamente reso comunicanti i due sistemi, con una singolare opera di derivazione tramite diversivo che, con inizio in Via Veronese e termine in via F. Noce, induce a scaricare le piene del Riu San Nicola sul Canale Zozò. Tale sistema si è rivelato comunque insufficiente il 18 Novembre 2013. 17 I loro volumi, pur potendo rappresentare un’aliquota importante nelle portate al colmo di piena, soprattutto in concomitanza di strozzature idrauliche con rigurgiti dovuti a scarsità di luci e/o ad aumento di attrito (caso consueto: tubolari in zinco), quindi nei casi di criticità, sono purtroppo sistematicamente ignorati nei calcoli idraulici. A ciò si aggiungano i materiali flottanti durante le piene; ciò rende davvero problematico qualunque riferimento di opportunità al “franco idraulico”. 16 44 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 18 - Stato erosivo delle sponde a valle di via Spensatello f) L’agro e la cintura urbana di Olbia appaiono fortemente interessati da queste dinamiche erosive in conseguenza, rispettivamente, di talune pratiche agronomiche (estese superfici con aratura meccanica a rittochino; dissodamenti) e della proliferazione dei cantieri con annesse pratiche di, sbancamenti, escavazioni, riporti e compattazione (in seguito, per semplificare, “movimenti terra”), che intervengono su litologie di per sé favorevoli ai fenomeni di degradazione fisica, sia che si tratti di arenizzazioni che di materiali detritici di colmata. Nel primo caso il risultato è l’aumento sensibile del ruscellamento, con formazione di superfici interessate da rill erosion o erosione in rivoli (o addirittura gully erosion, erosione i solchi), quando le pendenze si aggirano e superano il 15%-20%. Nel secondo caso, il taglio ed il conseguente denudamento di ampi volumi di roccia, talora già alterata, rende disponibile all’aggressione delle acque, sempre più vaste superfici. Inoltre, l’apertura di via via più numerose strade sterrate di servizio, senza la necessaria manutenzione nè reti di drenaggio sulle cunette, la movimentazione meccanica e l’azione di compattamento sui suoli, si traducono sistematicamente in una drastica diminuzione di macro e microporosità, di capacità di ritenzione idrica del substrato e di crescita radicale delle piante. Il risultato di ciò è costituito da una generale impermeabilizzazione di larghe parti di territorio urbano, di incremento della velocità e dell’intensità erosiva nei tratti torrentizi periurbani. Tali fenomenologie, benché sottovalutate sul piano idraulico, sono in ambito urbano le maggiori responsabili dell’intasamento di caditoie e tombini. E’ inoltre noto che in ambiente mediterraneo per produrre abbondante deflusso ed abbondante erosione, sono sufficienti piogge con intensità oraria > 12 mm/h. Complessivamente, pertanto, l’azione erosiva si traduce in crescenti aliquote di sedimenti che interferiscono con le regolari dinamiche dei corsi d’acqua le quali, una volta sedimentate, anche nei casi di sistemazioni d’alveo con fondi e sponde artificiali (come per il Riu Gadduresu, il Riu San Nicola e il Riu S’Eligheddu, Paule Longa), favoriscono la colonizzazione e la proliferazione di vegetazione riparia, laddove la riduzione di velocità ottenuta con l’ampliamento delle sezioni realizzate con le sistemazioni, favorisce la deposizione dei sedimenti più fini e quindi induce maggiori necessità manutentive; g) Lo scarso stato di manutenzione in tempo reale in cui necessariamente versa la porzione di rete idrografica tombata, soprattutto in relazione alla possibilità di numerosi materiali flottanti derivanti dall’insediamento; h) Il taglio recente della vegetazione arborea (Pioppi naturali ed Eucalipti impiantati con le bonifiche) che consente un irradiamento maggiore chein passato e più che in passato, quindi, favorisce la proliferazione vegetazione dei canneti, particolarmente nei tratti in terra; 45 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 i) l’assetto canalizzato e rettificato conferito dall’inizio del secolo fino ai nostri giorni appare una delle condizioni di sviluppo di massima vulnerabilità data la possibilità che per le portate di progetto si verifichino velocità talora del tutto incompatibili (> 5 cm/sec) con gli scenari di alluvionamento in ambito urbano e, soprattutto in un contesto privo di opportune fasce di rispetto; j) l’incongruenza idraulica di alcuni manufatti rispetto alle condizioni circostanti (Fig. 19). k) le condizioni al contorno di foce determinate dalla possibilità che gli effetti combinati di marea, bassa pressione e frangimento possono determinare (valutati in +1 m s.l.m. dal PSFF e non contemplati nel PAI)18; l) una trasformazione complessiva del territorio che non ha curato la realizzazione delle necessarie mopere di correzione; m) per i motivi esposti occorre sottolineare che, allo stato attuale, la città di Olbia, considerati tutti i fattori che concorrono a comporre il quadro generale e particolare del suo rischio idraulico, visti i risultati dell’indagine regionale relativa al Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) sui sub bacini di riferimento, confermata dai risultati del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) debba considerarsi l’area di maggior rischio e di maggiore vulnerabilità idraulica della Sardegna. Fig. 19 - Attraversamento di via Stromboli sul Gadduresu. Ripresa da monte 6.2 CORRELAZIONE CON L’EVENTO ALLUVIONALE DEL 20-21 FEBBRAIO 1979 La Città di Olbia nel corso dei decenni del XX secolo è stata interessata da numerosi eventi di precipitazione intensa, che nel tempo hanno via via determinato sempre più numerosi effetti sul territorio in ragione dell’evoluzione insediativa. L’evento del 18 Novembre 2013 è certamente quello che più di tutti ha manifestato la vulnerabilità del tessuto urbano in relazione all’assetto idrogeologico. Tuttavia in un primo momento esso ha avuto modo di essere comparato con quello del 20-21 Febbraio 1979. Ciò in quanto, ai più, sono apparsi simili gli effetti dell’intensità dell’esondazione del Riu Gadduresu sulle aree contermini. In realtà la ricostruzione dello scenario di evento del 2013 (cfr. A08) è piuttosto diversa dalla precedente, nonché nettamente più complessa. Ciò non solo per ragioni strettamente idrologiche ma anche per evidenti implicazioni, vuoi idrauliche vuoi geomorfologiche, conseguenti allo straordinario differenziale urbanistico determinatosi fra le 18 E’ noto che in determinate condizioni meteorologiche, a partire dalle foci nei canali possano svilupparsi anche moti contrari al deflusso, oltre che aumento del l.m.m.. 46 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 due vicende; cosa questa che ha comportato modificazioni e complicazioni dell’assetto idrogeomorfologico, in particolare nell’assenza di opportune fascia di tutela utilizzabile per l’espansione. Al di là delle strette cause innescanti, da alcuni specifici riscontri tratti dalla documentazione di chi scrive 19, resta tuttavia comprovata una certa similitudine locale fra le dinamiche dei due eventi, data l’asprezza dell’allagamento in alcune delle strade più coinvolte nel 1979, fra cui via Tintoretto, via Giotto, via Bellini, via Goldoni, via Pergolesi, via Cimarosa e via Masaccio. Inoltre, sempre dalla stessa documentazione, si ricavano importanti elementi a supporto delle anamnesi sul Riu Gadduresu e delle sue, strutturali o meno, criticità. Di seguito si riportano alcuni passaggi del Documento: “Risponde a verità che causa determinante dei danni provocati ad Olbia dall’alluvione del 20 e 21 Febbraio è stata l’alterazione, l’interrimento e, in alcuni casi, il completo tombamento dei canali di bonifica esistenti. Ciò in conseguenza di un’espansione edilizia caotica e incontrollata. Immediatamente dopo il verificarsi dell’evento questo Assessorato disponeva con la Perizia in data 9.3.1979 n.1065, l’esecuzione di lavori di pronto intervento tendenti a ripristinare la funzionalità dei canali di bonifica con la costruzione di alcuni ponti su strade di urbanizzazione recentemente costruite che attraversano i canali con tombini di sezione assolutamente insufficiente. I lavori di cui sopra venivano affidati all’impresa Mario Achenza di Ozieri la quale però era costretta a condurli in maniera irrazionale a causa degli impedimenti opposti dai proprietari confinanti”….. 6.3 PERICOLOSITÀ PAI E PSFF Nel settore a monte di Olbia l’inviluppo di creste rocciose determina un anfiteatro montuoso a forti pendenze fino ai limiti della piana alluvionale, dal quale si genera una ricca rete idrografica defluente verso Est e SudEst. A tale rete idrografica che nel suo stato originario tendeva a ridurre le velocità a qualche centinaio di metri dalla costa, assumendo dapprima assetto a meandri e poi ad impaludarsi o ad espandersi in stagni ed acquitrini, è stato progressivamente assegnato un assetto canalizzato rettificato (S’Eligheddu/Rivo Gallurese, San Nicola (San Nicolò), Gadduresu/Santa Cecilia, Paule Longa, Zozò/Gialdinu, Tannaule; PadredduriBalidone, Cabu Abba-Tilibass nel settore Est), con fondo e sponde cementificate (e talora, più di recente, tombate) che, laddove le portate siano robuste, costituisce una condizione di incremento degli effetti della pericolosità dei torrenti in caso di alluvione, soprattutto nel contesto urbanizzato. Le cartografie delle Figg. 20, 21 e 22 riportano a scala ridotta le Tavv. 19Hi, 20Hi e 27Hi del P.A.I. (SubBacino 4-Liscia) che illustrano una parte della Pericolosità idraulica del centro urbano e dell’area aeroportuale. Va notato che la perimetrazione del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) da Parte della R.A.S. (ADIS, 2013), avviata nel 2006 e approvata nel corso del 2013 ha e introdotto ulteriori aree di pericolosità per il Riu San Nicola (Fig.12), sviluppando l’area Hi1 (Fascia C ex PSFF) per il Riu S’Eligheddu e ampliando e precisando la pericolosità per il Padrogiano. Esso tuttavia non ha apportato perimetrazioni ulteriori su Riu Gadduresu , su Riu de Tannaule e Canale Paule Longa, lasciando inoltre aperta la questione dell’area industriale ad Est del C.A. e dei centri abitati minori interessati da idrografie non irrilevanti (San Pantaleo, Marinella; Cugnana; Murta Maria; Porto Spurlatta, Berchiddeddu). C’e da notare fini del PSFF non è stato considerato il torrente tributario del San Nicola, cioè il Riu de S’Abba Fritta; il S’Eligheddu, per ragioni interne al procedimento amministrativo, è stato considerato corso d’acqua secondario e pertanto ne è stata elaborata la sola fascia C Geomorfologica. In questo caso l’’alluvione del 18/11/2013 ha dimostrato che la capacità espansiva del corso d’acqua in Sx è nettamente superiore a quanto illustrato sulla tavola in Fig. 24. 19 Prot. N.20652 O/I del 26/11/1979 dell’Ass. dei LL. PP. della RAS - avente a oggetto “Istanza comitato di quartiere “Gregorio” e “Orgosoleddu (S.Maria) di Olbia a firma dell’Assessore dei LL. PP. S. Floris. 47 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig, 20 - Tav. 20 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). Fig. 21 - Tav. 27 - Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). L’anomalia a valle della chiusura della perimetrazione è spiegabile con la mancata verifica delle area di foce. La perimetrazione è concettualmente errata e non è realistica 48 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 22 - Tav. 19 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). Ai fini PAI questa perimetrazione è superata da quella del PSFF Cfr. Fig. 23 Fig. 23 - Tav. SN001 del Sub Bacino Liscia. PSFF (Aprile 2012) - Bacino Riu San Nicola. Cfr. Fig.22 49 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 24 - Fascia geomorfologica del S’Eligheddu nella riduzione della Tav. SE001 6.4 PERICOLOSITÀ IDRAULICA NON PERIMETRATA DAL PAI Sono numerosi ed importanti i tratti critici della rete urbana e periurbana di Olbia ignorati dal PAI. Per quanto attiene all’area urbana, le più rilevanti sono tra gli altri, quella del Riu Gadduresu (fatto salvo l’ultimo tratto focivo e prefocivo, perimetrato nel PAI nell’ambito della perimetrazione del Riu S’Eligheddu), il canale Paule Longa interamente tombato, i canali di Tilibas e i torrenti nella Zona Industriale ad Est del centro abitato (Riu Cabu Abbas; Riu Padredduri, Riu Cocciani) tutti drasticamente riconfigurati, sia longitudinalmente che trasversalmente sul piano geometrico per le esigenze della stessa area industriale (la palude Tilibas fungeva da recettore del Cabu Abbas che è stato deviato con canale rettificato e foce sul porto industriale. 6.5 PERICOLOSITÀ E URBANIZZAZIONE L’alluvione del 18 Novembre 2013 ha rivelato quale sia lo stato di vulnerabilità della città nei confronti del pericolo idraulico a fronte degli interventi di mitigazione eseguiti a partire dal 2003-4 ed in corso di esecuzione, ovvero l’incompatibilità dell’attuale tessuto urbano nei confronti dell’assetto idrografico ivi defluente tanto sul piano idrologico-idraulico che geomorfologico. Secondo le conclusioni della Relazione sull’Assetto Storico (cfr. A07), nell’area urbana di Olbia (sensu Variante), la rete idrografica è costituita presso che integralmente da Canali di Bonifica realizzati e/o completati nei primi tre decennni del XX secolo. Fanno eccezione a tale generalizzazione solo: il ramo affluente in Dx del San Nicola, denominato Riu de S’Abba Fritta, il ramo a monte di via S. Petta del Riu San Nicola il ramo a monte dell’ultimo intervento di rettificazione così come riportato nella Fig. 25. 50 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 25 – Piano parcellare tratto da Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della strada provinciale Terranova-Monti20. Scala 1:4000 (ed. 1926). Il circolo tratteggiato indica l’ultimo tratto canalizzato di monte del corso d’acqua i compluvi esterni al tessuto urbano che concorrono a formare il Canale Zozò (tratti a monte di via Guinizelli), il ramo del Riu de Tannaule a monte della ferrovia E’ di tutta evidenza che la dinamica urbanistica ad Olbia abbia incrementato tanto il rischio quanto il pericolo idrogeologico stesso. Infatti con l’urbanizzazione oltre alla progressiva riduzione dello spazio di espansione per le piene, si è determinata la progressiva obliterazione di una cospicua parte dell’originario assetto morfologico del territorio a bassopiano sovra escavato e contrassegnato da ingente presenza di conche palustri. Queste ultime ancor che bonificate con rettificazioni, canali e colmate, sono state progressivamente ammantate, peraltro con un differenziale evidente negli ultimi 35 anni, da un tessuto edificato talora assai denso, soprattutto in prossimità di alcuni canali (su tutti il Gadduresu), il quale si è rivelato fin da subito sempre meno compatibile con le caratteristiche idrografiche dei luoghi, compresi quelli bonificati, in ragione crescente con l’assenza di opportune condizioni di regimazione. Fig. 26 – la vistosa incongruità ed insufficienza della sezione del sottopasso (da monte a sx e da valle a dx) di via Amba Alagi (Gadduresu) esasperata dalle soluzioni attuate. Si noti l’incombente interrimento della sezione di valle, di recente ampliata a seguito d’intervento di sistemazione, che ha comportato anche il taglio della vegetazione arborea sulle sponde (e conseguente maggiore irradiamento favorevole alla proliferazione di canne). 20 La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII. 51 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 27 – Il nuovo ponte per l’area ex artiglieria, è stato realizzato con intradosso sollevato rispetto al precedente per evitare i rigurgiti del Gadduresu in caso di piena ; tuttavia le quote permangono più basse di quelle delle travi di sostegno dei piloni del viadotto. Questo processo di perdita presso che totale della “memoria” idrografica è stato tardivamente messo in discussione, prima dal PAI e poi da una certa ricorrenza degli eventi calamitosi che hanno sì richiamato alla necessità di opere di mitigazione, senza mai addivenire, però, ad un’organica e sistemica visione dell’intero assetto idrografico nel quale, a fronte della relativa maggiore importanza del S’Eligheddu, possono giocare un ruolo non trascurabile i torrenti minori e gli affluenti. Come, del resto, il presente studio è in grado di dimostrare anche con il solo riferimento al doppio travaso di portata, prima dal S’Eligheddu al Gadduresu (Settore di via Bottego-via Marco Polo e scuola A. Diaz) e da questo, nuovamente, al S’Eligheddu (via Cimabue; via Umbria, via Lucania e via Umbria). L’alluvione del18/11/2013 ha colpito tutta la rete idrografica ma le conseguenze intese come danni alle cose ed alle persone sono state più accentuate soprattutto in corrispondenza dei tratti contrassegnati da tombamento, da esasperata modifica geometrica delle sezioni longitudinali e/o dalla presenza di depressioni morfologiche non dotate degli opportuni presidi o con presidi del tutto insufficienti (cfr. elaborato A08). 7 SISMICITÀ Questo tema attiene ad una condizione generale al contorno. Lo studio della pericolosità sismica attiene agli approfondimenti di fase preliminare di competenza geotecnica. Non di meno a quegli scopi si riscontra che l’intero territorio della Sardegna risulta essere stato inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica nazionale operata attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004). In tale sfondo non sono state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati forniti contributi o articolazioni inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole pericolosità sismica. Per cui anche il territorio di Olbia ricade in tale classe. Non di meno è noto, che il territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure debolmente (M.C.S.= 4-5), della sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale del Mediterraneo occidentale) che di quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna. Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di Sardegna. Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del: 52 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada); 03/03/2001 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 21/04/2001 (3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 10/02/2002 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 20/10/2003 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 12/12/2004 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 18/12/2004 (4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore; 15/10/2008 non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico; 09/11/2010 (magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese 28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese 04/03/2012 (magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese. La Fig.29 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del 26/4/2000, segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della Gallura, soprattutto a Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare interessante, ai fini della presente relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino i seguenti riscontri, relativamente alla scossa sismica: Olbia Posada Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di pavimenti; tintinnio di pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La popolazione si è riversata nelle strade. Leggere crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche pezzo di intonaco è caduto, qualche vaso rotto e una credenza rovesciata. Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le scrivanie hanno tremato. (si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso). Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di Sardegna, Io = 6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. che hanno portato alla compilazione della successiva tabella delle intensità (si ricorda che la soglia del danno è quella di Io > 5-6). Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è classificato come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro zonazione (cfr. DM 14 gennaio 2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08). L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle convenzionali procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in progetto. Lat Long. Profondità (km) Data UTC e ora Magnitudo Provincia evento Località 13:28 4.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale Tirreno 40.956 10.216 5.67 26/04/00 40.831 10.414 24.59 27/06/00 04:07 4.1 SOTTOMARINO 01:54 4.2 SOTTOMARINO 40.866 10.084 11.05 03/03/01 41.092 10.19 33.47 21/04/01 17:31 3.5 SOTTOMARINO 16:21 3.1 SOTTOMARINO 3.1 SOTTOMARINO 10.160 10.0 4.2 18/12/04 09:12 40.898 10.168 10.0 4.3 Tab.9 - Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/ SOTTOMARINO 40.957 10.277 10.0 10/02/02 41.711 9.198 8.4 20/10/03 21:23 12/12/04 11:52 40.830 SOTTOMARINO centrale Tirreno centrale Tirreno centrale Tirreno centrale Corsica Tirreno centrale Tirreno centrale 53 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Fig. 28 Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi. Fig.29 - Intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000 54 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] 8 N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 CONCLUSIONI La presente relazione che per quanto di competenza è complementare agli elaborati A07 e A08, ha esposto il quadro delle conoscenze a carattere geologico, geomorfologico e idrogeologico che debbono essere assunte e tenute in debita considerazione nell’ambito dello Studio della Variante al PAI di Olbia. Ciò in quanto le variabili che ad esse fanno riferimento giocano un ruolo rilevante nello sviluppo al suolo delle dinamiche di piena, dei corpi idrici superficiali che ne attraversano il territorio in ambito urbano, condizionandone la risposta, sia essa impulsiva o meno. I corpi idrici considerati sono stati: il Riu San Nicola-Riu de S’Abba Fritta, il Canale Zozò, il Riu S’Eligheddu, il Canale Riu Gadduresu, il Riu de Tannaule, il Canale Paule Longa (Riu Bandinu)21 il Canale Tilibas L’uso del termine Canale in luogo o in aggiunta al consueto Riu in questa sede è stato in ossequio alle conclusioni dell’elaborato A07 (Relazione Assetto Storico) Nel corso dell’indagine, si è accertato o si è confermato che la pericolosità idrogeologica del territorio di Olbia e, nello specifico, della sua area urbana, ha nei seguenti elementi le sue cause predisponenti: 1. Basamento geolitologico poco permeabile in genere e quasi impermeabile a monte; 2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano alti gradienti clivometrici; 3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo che ne giustifica il sostanziale denudamento, con coperture molto limitate e tendenzialmente collocate solo sulla stretta frangia costiera. 4. Scarso sviluppo longitudinale della Piana costiera; 5. Morfostruttura e tronchi vallivi principali impostati lungo direttrici tettoniche o da esse condizionati; 6. Bacini idrografici circolari o sub circolari in grado di sviluppare idrogrammi di piena più impulsivi (molto chiaro il caso del S’Eligheddu) e quindi anche con maggiore capacità di carico solido a parità di portata; 7. Presenza di un diffuso, più o meno continuo ma di spessore variabile, stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidi in particolare di quelle granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda, talora meno e che rende molto più suscettibile di erosione il sostrato granitoide; 8. Presenza di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo antiche che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici, con saltuarie possibilità di innesco di colate di detriti; 9. Elevata energia del rilievo nel settore collinare e in quello montuoso retrostante la piana costiera in comunicazione idrografica con l’area urbana; 10. Modesta capacità di immagazzinamento delle coltri arenizzate, in quanto di modesto spessore nelle aree pianeggianti; 11. Scarsa capacità di ritenzione idrica nel territorio urbano e nelle frange popolate periurbane, ancor che non bitumate, per la presenza di ampi spazi di suoli rimaneggiati o costipati nell’ambito dello sviluppo edilizio, tanto più in un contesto pervasivo di Piani di Risanamento; 12. Diffusione di spazi idrografici occupati da materiali di risulta recenti e da colmate conseguenti a progetti storici, tutti facilmente erodibili in caso di dinamiche impulsive; 13. Prevalenza morfodinamica dell’attività di trasporto e recapito fluviale su quella di rimozione alle foci e, dunque, tendenza di queste ultime ad occludersi per insabbiamento; 14. Ingente proliferazione di canneti in tutte le sezioni con tendenze all’insabbiamento per presenza sia pure in subordine di limi ed argille, soprattutto se prive o private di protezione arborea; 21 Nello sviluppo del lavoro a tale corpo idrico è stata conferita la denominazione di Paule Longa in ossequio alla ricostruzione storica eseguita nel corso dell’indagine. 55 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 15. Assetto complessivamente lagunare della condizione marittima della foce con possibilità di mara sigiziale superiore alla media sarda. Tali condizioni, oggi come nel passato, sia nel loro comporsi che separatamente fra loro, non possono essere trascurate al fine di non replicare gli equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare significativo trasporto solido sulle reti idrografiche. La casistica delle calamità, quanto meno degli ultimi 50 anni, è eloquente. Peraltro, gli elementi artificiali che amplificano la pericolosità naturale e il rischio idrogeologico di Olbia non sono né quantitativamente scarsi né qualitativamente trascurabili e sono legati soprattutto a: l’artificiosità di diversi geometrie dei canali (Gadduresu) che ne ostacolano il deflusso, anche laddove l’obiettivo sia mitigatorio (canale diversivo San Nicola-Zozò); l’insufficienza di numerose sezioni, soprattutto relative agli attraversamenti; l’incongruenza di numerose opere disposte in sequenza spaziale lungo i canali, laddove la miglioria sia a monte piuttosto che a valle; la larghezza maggiore a monte che a valle di numerose sezioni (è palese il caso del Gadduresu a monte di via Stromboli, rispetto alla sezione a valle di via V. Veneto); gli stravolgimenti dei profili plano-altimetrici ai lati di taluni torrenti che impedendo l’espansione su di un lato, l’amplificano nell’altro (è il caso del Canale Gadduresu a valle di via Archimede, laddove il lato Sx non esonda ma in Dx si assiste alla concentrazione dei flussi sino a via Cimabue); l’urbanizzazione di aree particolarmente depresse (ad es.: via Baratta, via Lazio etc.), spesso in aree in passato oggetto di canalizzazione (Paule Longa; Paule Piana; cfr. elaborato A07), al di là del rispetto o meno delle distanze di legge; la stretta pertinenza dell’insediamento rispetto alla possibilità di moltiplicare gli oggetti mobilizzabili e flottanti in caso di piena; cosa che, quanto meno sul piano della dinamica geomorfologica all’interno di un centro abitato, per di più con opere di attraversamento incongrue, rende piuttosto accademico qualunque discorso sul “franco minimo” e soprattutto su quali siano i criteri con cui determinarlo; la singolarità di talune soluzioni tese a coesistere coi canali (Fig.30). A ciò si aggiunga il fatto che talune soluzioni mitigatorie degli ultimi anni sono state sopravvalutate rispetto al loro reale beneficio con qualche opera dal carattere meramente palliativo. Fig. 30 - Stato dell’affluente in Dx del Riu Gaddurresu poco a monte di via Pinturicchio e della confluenza deviata e rettificata sul prolungamento di via Stradella. Si noti in secondo piano a valle di via Caravaggio, l’uscita a pelo libero del canale, tombato a partire dall’intersezione con via Correggio. 56 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 Sulla base di tale quadro sono state conferite informazioni di supporto allo studio idraulico, in particolare per quel che consta agli elementi di caratterizzazione delle mappe di assorbimento, quindi dei CN nell’applicazione del metodo SCS per la stima della portate di piena ai vari Tr. E’ stata inoltre preliminarmente verificata in chiave geologica la fattibilità degli interventi proponibili nonché di quelli proposti, nello specifico quelli che comportano sviluppo areale e longitudinale, nonché movimento terra, posto che per gli eventuali ponti da ricostruire occorra, al contrario o più delle altre situazioni, ricorrere anche ad approfondimenti di carattere geognostico e geofisico (velocità sismiche) sia per la scelta che per il dimensionamento delle fondazioni. In particolare è stato fornito uno specifico contributo mirato alla discussione sulla fattibilità delle casse di espansione che costituiscono, nell’ambito dello studio, il più importante intervento di mitigazione del rischio idraulico. In sintesi, com’è noto, gli interventi proposti per la progettazione nel quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia sono stati suddivisi in: A. Interventi strutturali di mitigazione B. Progetti di messa in sicurezza In A si tratta essenzialmente di realizzare n.2 casse di laminazione sul reticolo del Seligheddu, n.1 cassa di laminazione sul San Nicola e n. 1 Cassa di laminazione sul Riu de S’Abba Fritta. Per B si contemplano: Numerosi adeguamenti (allargamenti) delle sezioni del Seligheddu e del San Nicola secondo i dati in Tab.10. Tutti gli attraversamenti della viabilità dovranno essere adeguati alla nuova geometria delle sezioni idrauliche n.1 Scolmatore22 Riu Gadduresu con recapito nel Riu Seligheddu n. 1 Diversivo collegante il canale Paule Longa e il Riu Tannaule con recapito nel Riu Seligheddu n.1 Diversivo del Canale Zozò con recapito nel Riu San Nicola Tab. 10- Interventi previsti e relativi parametri (tratta da A05) Un ulteriore scolmatore del Seligheddu (Fig. 31 tratta da A05) con recapito a valle sulla stessa asta sarebbe necessario in località Isticcadeddu ove non fosse possibile beneficiare della deroga sul franco idraulico. La 22 I termini di Scolmatore e di Diversivo utilizzati in questo paragrafo sono mutuati in ossequio allo studio Idraulico ma s’intende precisare che essi sono concettualizzati in modo del tutto opposto a quelli impiegati nelle restanti parti della presente relazione e nei restanti elaborati dello Studio Geomorfologico. A questo fine si è inteso infatti che sia i Diversivi che gli Scolmatori sono manufatti che sottraggono una parte della portata di piena ad un corso d'acqua , deviandola direttamente alla foce marittima oppure destinandola su un altro corpo idrico recettore o, ancora, restituendola più a valle nel medesimo corso d'acqua. Ma mentre gli Scolmatori hanno lo scopo di derivare solo una parte delle acque di piena od eventualmente di morbida e per questo generalmente all'imbocco hanno una soglia fissa, talvolta regolata con paratoie, i Diversivi derivano permanentemente una frazione della portata dell’alveo naturale di un corso d’acqua e, di conseguenza, costituiscono canali artificiali liberi cioè non dotati di soglie o altre opere di regolazione. 57 Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo Dottore di Ricerca in Scienze della Terra 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected] N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna CF:TLCGNN58M17B354S PI: 01819860907 lunghezza del canale scolmatore sarebbe di circa 1.3 km con una larghezza di 18 m, calcolata per una pendenza del 4 ‰. Fig. 31 - Localizzazione eventuale scolmatore Isticadeddu Lo studio geologico ha riscontrato che le caratteristiche litostratigrafiche e geolitologiche dei luoghi, sono tali da garantire che in tutte le verosimili aree d’intervento, in assenza come in presenza di colmate artificiali, siano assenti fenomeni di frana in atto o potenziali di qualunque tipologia, di voragine sotterranea (sinkhole latu sensu) e di carsismo attivo o fossile che in qualche misura possano limitare la sicurezza e pregiudicare la pubblica o privata incolumità nelle attuali condizioni o in conseguenza di attività dei cantieri. I progetti a sviluppo lineare sugli alvei o canali dovranno tuttavia commisurarsi con le necessità di verificare e se del caso assicurare la tenuta degli scavi, dal momento che la gran parte di essi è prevista su sezioni in terra da scarsamente addensata a sciolta. Dovranno inoltre essere previste le necessarie misure di aggottamento per l’allontanamento delle acque per i lavori e le operazioni in alveo. Una particolare difficoltà sarà invece rappresentata negli ambiti strettamente urbani, dalla presenza di sottoservizi che dovrà essere preliminarmente accertata Si sottolinea inoltre che tutti gli interventi lineari ed areali proposti non sono soggetti né vanno incontro ad alcuna particolare incertezza di ordine geolitologico e geomorfologico né a particolari difficoltà che non siano affrontabili tecnicamente. In taluni di essi (Casse di espansione, in particolare e scolmatore Seligheddu di Isticcadeddu soprattuto) le escavazioni interesseranno necessariamente prolungate sezioni rocciose e dovranno avvalersi di mezzi meccanici relativamente complessi come i martelli demolitori. La natura dei sostrati da escavare, in particolare nel caso più diffuso dei granitoidi arenizzati, negli interventi areali e nelle vicinanze dei quartieri, dovrà imporre, in primo luogo in caso di ventilazione, indispensabili misure di umidificazione delle superfici da escavare e dei volumi mobilizzati. Ciò con la finalità di abbattimento delle polveri la cui concentrazione e diffusione diverrebbe del tutto incompatibile con le garanzie di salubrità. Gli adeguamenti di numerose sezioni comporteranno altrettanti adeguamenti di attraversamenti fra i quali appaiono molto complessi quelli in prossimità della foce a mare (ferrovia) e quello della SS127 o via V. Veneto. L’ipotesi di canale di gronda con recapito finale nel Riu Padrogiano è valutata a parte in apposito allegato alla presente Relazione. Dott. Geol. Giovanni TILOCCA 58
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