RELAZIONE GENERALE ASSETTO GEOLOGICO

COMUNE DI OLBIA
STUDIO DI VARIANTE AL PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO
IDROGEOLOGICO (PAI) E DEL QUADRO DELLE OPERE DI
MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO NEL TERRITORIO
COMUNALE DI OLBIA
Tavola:
A06
Scala:
RELAZIONE GENERALE SULLO STUDIO GEOLOGICO
IL SINDACO:
On. Enrico Giovanni Maria Giovannelli
COORDINATORE:
Prof. Marco Mancini
L'ASSESSORE ALL'URBANISTICA
Avv. Carlo Careddu
CONSULENTE ESPERTO:
Geol. Phd Giovanni Tilocca
IL DIRIGENTE
Ing. Costantino Azzena
Delibera di adozione n.
del
Delibera di approvazione n.
del
SETTEMBRE 2014
Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo
Dottore di Ricerca in Scienze della Terra
07100 Sassari - Via C. Floris, 2
Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected]
N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna
CF:TLCGNN58M17B354S
PI: 01819860907
RELAZIONE GENERALE
ASSETTO GEOLOGICO, GEOMORFOLOGICO E IDROGEOLOGICO DELLA PIANA DI OLBIA
CON PARTICOLARE RIGUARDO ALL’AREA URBANA
PREMESSA
Con convenzione n.12 del 18/03/2014 il Comune di Olbia, ha affidato allo scrivente l’esecuzione di attività
geologiche nell’ambito della Predisposizione della variante al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e del
quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia . Ciò in ottemperanza
della Deliberazione del Consiglio Comunale n.96 del 13/12/2013 disposta a seguito dell’evento alluvionale del
18/11/2013.
1. INTRODUZIONE
Fermo restando l’obiettivo generale della predisposizione della Variante al Piano di Assetto Idrogeologico
(PAI) e gli specifici compiti assegnati dalla Convenzione di cui sopra, la presente monografia geologica e
geomorfologica, coerentemente con quanto previsto da norme e riferimenti tecnici e unitamente a tutti gli
elaborati che la completano con analisi e schede di dettaglio, si propone di definire, anche con specifico
riferimento al contesto ed al preliminare livello progettuale delle opere, i seguenti elementi:
 l’assetto geologico e geomorfologico in cui è inserito il sistema idrografico scolante su Olbia;
 la successione litostratigrafica locale;
 i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità;
 la definizione dell’origine e natura dei litotipi presenti, del loro grado di alterazione e di fratturazione e della
loro degradabilità;
 I lineamenti geomorfologici;
 gli eventuali processi morfogenici, i dissesti in atto e potenziali con la loro tendenza evolutiva ovvero il
livello di pericolosità idrogeologica del settore in cui ricade l’intervento;
 lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea.
In sintesi, ciò che si è soliti definire, il Modello Geologico.
Considerato l’obiettivo della Variante al PAI e dell’elaborazione di un quadro di opere di mitigazione, il lavoro
previsto in Convenzione è stato suddiviso in Ambito Urbano e “Restante parte del territorio comunale“ e
comprende le seguenti attività (in grassetto le elaborazioni specifiche; il resto rientra nella consulenza alla
parte idraulica):
□ Indagine di campo su ponti, confluenze reti idriche minori, confluenze reti acque bianche, inizio e fine
tratti tombati, etc.;
□ Ricostruzione, alla scala dello strumento urbanistico, dello scenario di evento alluvionale del 18
Novembre 2013 sull’intero territorio di Olbia, con particolare riguardo al centro urbano e alle aree sottese
al Riu San Nicola-Riu de S’Abba Fritta, al Canale Zozò, al Riu S’Eligheddu, al Canale Gadduresu, al
Riu de Tannaule, al Canale Paule Longa (Riu Bandinu)1 e al Canale Tilibas;
□ Analisi geomorfologica degli alvei in elenco a seguito dell’evento di piena;
□ Supporto geologico all’analisi del reticolo idrografico naturale e artificiale: confronto tra la cartografia
storica e recente;
□ Valutazione del ruolo dell’acquifero e della falda nella risposta di piena in funzione dell’assetto litostratigrafico desunto dal quadro geognostico;
□ Supporto geologico alla verifica delle mappe di assorbimento in funzione delle aree urbanizzate e della
litologia;
□ Valutazione del trasporto solido (sedimenti movimentati) e del suo ruolo nell’evento alluvionale;
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Nello sviluppo del lavoro a tale corpo idrico è stata conferita la denominazione di Paule Longa in ossequio alla ricostruzione storica eseguita nel corso
dell’indagine.
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□ Individuazione aree in erosione e aree di sovralluvionamento in alveo;
□ Individuazione delle principali criticità strutturali (leggasi: le opere incongrue) e del loro ruolo
durante l’evento alluvionale;
□ Contributo geologico alla valutazione di Indici di scabrezza e Curve Number dello Studio idraulico;
□ Perimetrazione geomorfologica degli alvei in studio, alla scala dello strumento urbanistico;
□ Stesura della Relazioni Tecnica finale dello studio (per quanto di competenza);
□ Studio di Compatibilità idraulica e firma (per quanto di competenza);
□ Supporto alla elaborazione delle scelte progettuali preliminari;
□ Relazioni Geologica e Geotecnica di progetto preliminare
Per gli scopi prefissati è stata riposta massima attenzione nell’individuazione e nell’illustrazione degli elementi
diagnostici geomorfologici e litologici direttamente e indirettamente coinvolti con le dinamiche del corso
d’acqua. Per evidenti ragioni di praticità e coerenza, quindi, l’indagine qui presentata si è estesa e verterà sulle
aree di ciascun bacino e sottobacino idrografico sotteso alla Piana di Olbia così come concettualizzata in
apposito paragrafo (5,2.2; Figg. 1, 11 e 12). In questa prima fase le analisi destinate alla discussione dei
processi geomorfologici associati alla pericolosità si concentrano, tuttavia, sulle porzioni urbane dei bacini e
delle sottendenti aste fluviali, sino alla foce nella Laguna di Olbia2. In una seconda fase si svilupperanno le
analisi e s’illustreranno i risultati delle indagini svolte nella restante parte del territorio comunale.
A tal fine il programma di indagini è stato il seguente:
1. Preliminare ricerca bibliografica di base finalizzata a reperire gli eventuali studi scientifici sulle
problematiche d’interesse e sui caratteri geologici e sismici dell’area di indagine;
2. Ricerca bibliografico, al fine di reperire i documenti tecnici sui lavori e le opere idrauliche realizzate;
3. Ricerca storica allo scopo di documentare gli elementi di natura cartografica storica utili all’anamnesi delle
problematiche idrogeomorfologiche ed ai confronti su base cronologica;
4. Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea, allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e riscontri
sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti, sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui versanti
sottesi;
5. Studio geomorfologico e idro-geo-morfologico sul terreno e in foto aerea delle aste fluviali urbane anche al
fine di supportare la valutazione degli Indici di scabrezza;
6. Analisi multi temporale in foto aerea tramite confronti diacronici finalizzata allo studio delle variazioni
naturali e artificiali dei corsi d’acqua;
7. Studio litologico sul terreno al fine di definire i caratteri litostratigrafici del sottosuolo ovvero di confermare
quelli già noti, anche al fine di circostanziare e correlarvi l’indagine geognostica eseguita;
8. Studio idrogeologico speditivo allo scopo di verificare la presenza o meno di acque sotterranee,
interferenti e di ottimizzare la valutazione dei Curve Number dello Studio idraulico;
9. Studio e valutazione quantitativa delle modificazioni plano altimetriche determinate nel corso
dell’urbanizzazione.
Per le ricerche di storiche sono stati consultati documenti reperiti nel tempo presso le Università di Cagliari e di
Sassari ed è stato esaminato prezioso materiale messo a disposizione dal Comune in successive occasioni,
parte del quale proviene dall’archivio del Genio Civile di Sassari3.
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Per quanto tale denominazione possa apparire fuori dagli schemi ordinari del convenzionale lessico, essa è la più corretta sia sul piano geomorfologico che
idrogeologico nonché, di conseguenza, l’unica idonea a conferire il dovuto realismo a tutte le “condizioni al contorno” da considerare sia in sede idraulica che
geomorfologico-sedimentologica. Tale concetto è formulato peraltro nella pubblicazione [66] della bibliografia.
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Come da comunicazione orale del 23/09/2014 del Geom. S. Spano del Comune di Olbia.
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2. MATERIALI E METODI
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Vardabasso S. (1955) – Il Quaternario della Sardegna. Atti del 4° Congresso INQUA, pp. 24. Roma.
S. Vardabasso (1934) – Visioni geomorfologiche della Sardegna. Soc. Ed. It. pp. 5, 21 fig., Cagliari.
5
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[81]
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Vardabasso S. & Vardabasso S.na (1962) – La Gallura – Cenni Geologici – Cenni Geografici. Estratto dal vol.: La
Gallura, pp. 23. a cura di Murineddu A.– Ed. Fossataro, Cagliari.
Verstappen H.Th. [ed.] (1983) – Applied Geomorphology – Geomorphological Surveys for Environmental
Development. Elsevier.
Waelbroeck C.,, Labeyrie L., Michel E., Duplessy J.C., McManus J.F., Lambeck K., Balbon E. & Labracherie M.
(2002) – Sea-level and deep water temperature changes derived from benthic foraminifera isotopic records.
Quaternary Science Reviews, v. 21, pag. 295–305.
Wright L.D. (1985) – River Deltas. Coastal Sedimentary Environments. 2nd ed., R.A. Davis, ed., Springer-Verlag,
New York, pag. 1-76.
Wright L.D. & Coleman J.M. (1973) – Variations in morphology of major river deltas as functions of ocean wave and
river discharge regimes. American Association of Petroleum Geologist Bulletin, vol. 57, 2, pag. 370-398.
Zorzi Ca’ F. (1983) – Indagine sul metodo dell’idrogramma unitario del SCS. Quaderni di Idronomia Montana. Vol. 1,
pag. 45-66.
Quello riportato è l’elenco dei documenti scientifici a contenuto geologico, idrogeologico e geomorfologico
presi in considerazione, ovvero studiati o consultati ed a cui è fatto esplicito o implicito riferimento nel corso
dello studio. Fin da ora occorre tuttavia, mettere in evidenza che per lo più, se si eccettua l’esistenza di una
buona cartografia geologica ufficiale, quantunque datata e poco incline ad approfondire sui terreni di copertura
(cfr. S.G.I., F° 182), è del tutto assente una letteratura geologica, geomorfologica ed idrogeologica che
approfondisca il quadro delle relative conoscenze sulla Piana di Olbia. Pertanto, delle singolarità di cui si
tenterà di dare conto e, con un a certa fatica, spiegazione nel corso della trattazione, non sussiste il
necessario conforto scientifico “a monte” in grado di affrancare le interpretazioni di quanto descritto, da
elementi soggettivi e dunque da avverse interpretazioni. Non di meno, la bibliografia qui riportata sottintende
uno studio dello specifico territorio che in realtà ha avuto inizio ben 16 anni or sono e di cui v’è testimonianza
in [21], [22], [72], [73], [74], nonché nello stesso PAI Subbacino 4-Liscia, segnatamente alla identificazione dei
tratti critici della rete idrografica (gran parte dei quali derivò dagli approfondimenti posteriori alle Piene del
1998), alcuni dei quali, peraltro, non hanno trovato ospitalità nella documentazione idraulica stessa, per
ragioni che si ignorano.
2.2
■
■
■
■
■
■
■
RICERCA FOTOGRAFICA
Aeronautica Militare (1954): Foto in b/n in scala 1:33.000 declassificate.
E.R.S.A.T. (Ente Sardo di Assistenza Tecnica in Agricoltura) (1977): Foto a colori in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (1997-1998): Ortofoto Aima in scala 1:10.000.
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (2001-2004): Ortofoto a colori RGB in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU (1977): Ortofoto a colori in scala 1:10.00
Sardegna geoportale; http://webgis.regione.sardegna.it/.
Google Earth
2.3
RICERCA DOCUMENTALE E ALTRE FONTI TECNICHE
In questo caso, lo scopo è stato quello di reperire in prima istanza quante più informazioni possibili sugli eventi
critici che abbiano riguardato il territorio di Olbia, in generale, ed il settore urbano, in particolare. Si è pertanto
fatto riferimento, specificamente a:
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Il repertorio del P.S.F.F. relativo al Riu San Nicola del Subbacino 4-Liscia;
il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo
per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche);
il repertorio I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia).– A.P.A.T. & RAS (2005);
il repertorio P.A.I. relativo al Sub Bacino 4 – Liscia;
la consultazione di un estratto dell’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la Biblioteca
Universitaria del Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni anche su eventi
calamitosi minori, a partire dagli anni ’20;
la consultazione di copie del materiale bibliografico storico giacente presso il Dipartimento d’Ingegneria del
Territorio della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari (anni 2000-2008);
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G.
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J.
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Q.
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S.
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lo Studio sull’Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS), elaborato dall’E.A.F. (2003), sulla base dei dati
disponibili presso il Servizio Idrografico Regionale;
La Nuova Sardegna-Archivio on line;
Kerrer-Lacava (1988) - Studio di impatto ambientale del porto industriale. Consorzio n.1 di Olbia, pp. 404.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°NO Terranova Pausania. Firenze.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.181 I NE Muddizza Piana. Firenze.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SE Maladromida. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NO Olbia. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NE Golfo Aranci. Firenze.
I.G.M.I. (1967): Carta Topografica d’Italia in scala 1:100.000, F°182. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-I Olbia Est. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-IV Olbia Ovest. Firenze.
Comune di Olbia (2011)-. Cartografia tematica Assetto Ambientale in scala 1:10000. Riordino delle conoscenze
Piano Urbanistico Comunale.
Provveditorato OO. PP. per Lazio-Abruzzo-Sardegna (2005)-Rilievi Batimetrici Canaletta di Accesso al Porto. 2
Tavv. Scala 1:1000. Idrogeotop, Cagliari.
Studio Italiano di Geofisica Mineraria (anni 60)- Condizioni geologiche della Gallura nord orientale in relazione
alla ricerca d’acqua (con n. 6 stratigrafie di pozzi eseguiti)
Tilocca G. (2007) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano.
Applicazione del metodo di Gavrilovic. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 16 + 9 Allegati
cartografici. Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008).
Tilocca G. (2008) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano.
Relazione Tecnica Consuntiva. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 79. Autorità Portuale di
Olbia-Golfo Aranci (2008).
Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio Civile di
Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato con R.D. 4
Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2° Elenco Suppletivo
Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938.
Piano Generale della palude Salinedda – S. Simplicio a nord di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Piano Generale della palude Salinedda – Gallurese a sud di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Palude Salinedda San Simplicio – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Palude Salinedda Gallurese – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Lavori di bonifica delle paludi Salinedde in prossimità dell’abitato di Terranova Pausania-Perizia per
l’impiego degli imprevisti a norma dell’art. 20 del Reg.to 25 Maggio 1895-n.350, occorrenti per i lavori
di completamento dei terreni colmati di proprietà del Comune di Terranova. Planimetria. Scala 1:2000
(ed. 1904).
Piano Generale delle paludi Salinedde - presso Terranova. Scala 1:4000 (ed.1907).
Progetto per lavori complementari di bonifica delle paludi Salinedde presso Terranova P.nia. Ponticelli
con impalcature in cemento armato. Varie scale. (ed. 1908).
Planimetria della proprietà di Mossa Antonio nella località Giuanne Canu presso Terranova. Scala
1:500 (ed. 1910).
Piano dei terreni residuati coi lavori di bonifica delle Paludi Salinedde presso Terranova Pausania.
Scala 1:2000 (ed. 1910).
Disegni allegati alla monografia richiesta con nota 29 Luglio 1911 n.1061 dalla Commissione Tecnica
centrale per le Bonificazioni istituita con R.D. 11 Dicembre 1904. Tav. Scala 1:25.000.
Bonifica dello Stagno di Corcò-Piano grafico della zona bonificata. Scala 1:4000. (ed. 1912).
Progetto di sistemazione del Rio Cecilia a monte del ponte della strada provinciale Terranova-Telti
nella bonifica delle Paludi Salinedde in comune di Terranova Pausania. Planimetria. Scala 1:4000 (ed.
1919).
Progetto di un canale di scolo per gli stagni Palude Piana. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919).
Bonifica dello Stagno di Colcò. Stato di consistenza della bonifica sopradetta. Scala n.d. (ed. 1924)
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NN.
OO.
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Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della
strada provinciale Terranova-Monti4. Scala 1:4000 (ed. 1926).
Campo di aviazione di Terranova-Progetto di allargamento del campo con lo spostamento del canale
Sozzò. Planimetria. Scala 1:4000 (data n.d.).
Gli ultimi documenti di questo repertorio sono stati ufficialmente reperiti presso l’Archivio del Genio Civile di
Sassari dal Settore Pianificazione e Gestione del Territorio, Edilizia Privata e Pubblica del Comune (cfr.
Relazione Assetto Storico; A07)
L’elenco dei lavori Idraulici svolti in tempi recenti e di cui si è reperita documentazione è oggetto di uno
specifico paragrafo in A07 che in parte riprende e attualizza alcuni paragrafi della relazione del servizio
denominato: Predisposizione della progettazione preliminare, previa analisi e ricognizione delle
esigenze residue, degli interventi di difesa da rischio idrogeologico dei centri abitati del Bacino
“Liscia” 5, affidato nel 2010 dall’Assessorato dei LL. PP. della RAS ad ATP di cui lo scrivente fa ancora parte.
2.4
PRODOTTI E LAYOUTS
Nell’ambito dello studio sono state elaborate le seguenti cartografie:
n.
Denominazione
TAV.8 CARTA FISICA DELL'AREA URBANA
TAV.9 CARTA GEOLOGICA DELL'AREA URBANA
TAV.10 CARTA DELL'USO DEL SUOLO DELL'AREA URBANA
TAV.11 ASSETTO_STORICO
2.4.1
ELABORAZIONE DELLE CARTE TEMATICHE
TAV. 8 - CARTA FISICA DELL’AREA URBANA
Per l’intera area urbana è stata ricavato, in ambiente GIS, un DTM con celle di 1 metro dal mosaico dei raster
ottenuti dagli ASCII del volo LIDAR del 2010, di proprietà di del Ministero dell’Ambiente, relativi alla sola
modellazione topografica del terreno, ossia trascurando vegetazione ed edifici.
La mosaica tura, così come tutti gli altri elaborati cartografici a base del presente studio sono stati orientati e
proiettati in coordinate piane su Datum Roma 40.
L’elevato grado di dettaglio del DTM ha consentito di verificare con estrema accuratezza la geometria del
reticolo idrografico urbano, con particolare riferimento alla delimitazione dei sub-bacini i cui spartiacque, in
ambiente antropico, sono spesso difficilmente identificabili e fonte di grossolani errori.
La carta evidenzia la forte antropizzazione di tutto il territorio e, in particolare, delle aree urbane più prossime
alla costa, dove sono facilmente individuabili morfologie anomale riferibili a rilevati e aree in scavo, altriementi
difficilmente ravvisabili in assenza di specifici rilievi sul campo.
Gli spartiacque appaiono tutto sommato ben definiti, talora tipicamente associati a peculiarità geologicogeomorfologiche, quali affioramenti di filoni acidi (displuvio Canale Zozò-Seligheddu) più resistenti all’erosione
o locali lembi residuali di formazioni detritiche terrazzate.
In generale si rileva lo scarso dislivello che caratterizza l’area da monte a costa, misurabile in un massimo di
circa 50 metri, e la presenza di aree fortemente depresse, prevalentemente riconducibili ad antiche aree
palustri o a locali approfondimenti degli impluvi principali, di norma non particolarmente incisi anche nei tratti
più periferici.
TAV.9 – CARTA GEOLOGICA DELL’AREA URBANA
La tavola di inquadramento geologico dell’area urbana è stata ottenuta dal compendio tra la carta geologica
redatta nell’ambito del riordino delle conoscenze a corredo dell’adeguamento del PUC al PAI e PPR, ed il
rilievo su basi cartografiche storiche delle aree urbane nei tratti focivi e bonificati dei rii principali (Sistema San
Nicola-Zozò e Seligheddu, cfr Tav. 11). Le aree di bonifica sono state ricavate dai progetti originari, datati
4
La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII.
L’analisi e la ricognizione delle esigenze residue sono state fondate sull’esame dei progetti reperiti presso l’Amministrazione di Olbia nel corso dell’indagine svolta e
la Relazione per la parte specifica, sintetizza le relazioni tecniche di progetto a cui, tuttavia, si rimanda per le verifiche e i confronti rispetto allo stato di fatto attuale.
5
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Aprile 1900, che per quanto si possano ritenere lodevolmente precisi e ricchi di dettagli, in quanto basati su
rilievi topografici con oltre 2000 punti quotati e su indagini geognostiche consistite in oltre 70 verticali tra
pozzetti e sondaggi (una vera rarità per l’epoca), nulla dicono sull’effettiva estensione delle colmate di bonifica
e sui materiali utilizzati. In quest’ultimo caso lo scrivente ipotizza, confortato dalla documentata conoscenza
del territorio, la prevalenza di litotipi di scavo provenienti da aree limitrofe e quindi prevalentemente
riconducibili a sabbioni arcosici e pietrame eterometrico derivante da sbancamenti e scavi su sedimenti di
delta fluviale arcosici ma ricchi in limo e fanghi sul lato marittimo e su graniti più o meno arenizzati sul lato
terrestre.
Tali litotipi, non inseriti nell’originaria carta del PUC, possono a buon diritto inserirsi tra i litotipi di riporto,
identificati nella legenda della cartografia regionale con la sigla h1r, mantenuta nell’elaborato cartografico in
oggetto.
TAV.10 – CARTA DELL’USO DEL SUOLO DELL’AREA URBANA
È stata ricavata dal Corine Land Cover del 2008, reso disponibile dalla RAS in formato shape con legenda
suddivisa per livelli. Nel caso in specie, data la rilevanza dell’informazione sull’uso del suolo in ambito
idrologicco ed idraulico, nonché idro-geomorfologico, il dettaglio è stato spinto sino alla classe III.
TAV.11 – CARTA DELL’ASSETTO STORICO
Come già accennato in precedenza, si tratta di un elaborato specificamente indirizzato alla descrizione delle
aree di bonifica storiche in termini di estensione e volume delle colmate realizzate nel secolo scorso e a fornire
un ragguaglio di tipo geolitologico al tematismo specifico.
Gli elaborati di partenza risalgono ai progetti originari (Piano delle Bonifiche delle Paludi Salinedde a Nord e a
Sud di Terranova; cfr. A07) da cui hanno conseguito l’attuale assetto canalizzato i tratti finali del San Nicola e
del S’Eligheddu, del Gadduresu, del Tannaule e gran parte del canale (oggi tombato) denominato Paule
Longa. Trattandosi di elaborati cartacei, quantunque in buone condizioni, si è resa innanzitutto necessaria la
loro digitalizzazione su base raster ottenuta da scansioni di estrema risoluzione (600dpi). Tale procedura,
complessa e assai delicata dati gli scarsi riferimenti topografici che accomunano l’attuale assetto urbano di
Olbia e la “Terranova” di oltre un secolo fa, è stata realizzata in ambiente GIS.
Oltre ai limiti delle aree bonificate sono stati digitalizzati i seguenti elementi:
1. Le aree lagunari e retrostagnali originarie;
2. Il reticolo di diversivi naturali, che mettevano in comunicazione le suddette aree;
3. La quasi totalità dei punti quotati (2000), nell’ambito delle aree di bonifica del S’Eligheddu e del San
Nicola;
4. L’ubicazione dei punti di indagine geognostica.
Gli elementi lineari e areali relativi ai primi due punti sono stati posti a diretto confronto con l’attuale assetto del
territorio costiero, evidenziandone l’elevato grado di antropizzazione, che ha decretato la definitiva
cancellazione delle aree di transizione che contribuivano al mantenimento dell’equilibrio naturale tra apporto
solido in costa, sedimentazione dei fini e contenimento dei fenomeni erosivi.
Dalla nuvola di punti tratti dall’originario rilievo topografico è stato ricavato, mediante Kriging, un DTM con
risoluzione non elevata ma di precisione accettabile che è stato posto a confronto con l’attuale morfologia del
territorio. È emersa un aumento di quota pari, mediamente, a circa 1 metro, con punte di oltre 3 metri e
frequenti inversioni con quote negative in corrispondenza degli attuali alvei approfonditi.
Il confronto tra i due modelli digitali, benché non propriamente ortodosso trattandosi di elaborati con notevole
divergenza di dettaglio, è stato ottenuto mediante la “sottrazione” di quello ottenuto dalla cartografia storica dal
DTM Lidar. In tal modo è stato ricavato il raster degli spessori della bonifica e, da questo, la stima delle
isopache.
Pur con i suddetti limiti di precisione e risoluzione, detti tematismi derivati evidenziano come le aree col
maggiore differenziale di quota siano quelle corrispondenti ai vecchi sistemi palustri e alle frange sotto costa,
letteralmente strappate al mare. Si rileva, inoltre, l’elevato approfondimento necessario al diporto delle aree in
costa, originariamente delta lagunari, caratterizzate da frequenti barre sabbiose affioranti, con ovvie
conseguenze in termini di altezza media di frangimento ondoso che raggiunge le foci.
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La stima dei volumi di riempimento, utile ai fini della valutazione della erodibilità potenziale di tali sedimenti, è
stata modellizzata mediante rappresentazione cartografica delle isopache che, come si osserva agevolmente,
descrivono un trend positivo verso costa, con un gradiente non trascurabile.
Le Tavv dalla n. 12 alla n. 17 sono state redatte ai fini dell’applicazione del metodo di Gavrilovich per la
valutazione del trasporto solido potenziale alla foce (cioè dei volumi potenzialmente erodibili e movimentabili
sui bacini principali dell’Area Urbana con foce a mare) i cui risultati verranno esposti in apposita Relazione
(A09).
TAV.12
TAV. 13
TAV. 14
TAV. 15
CARTA FISICA DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU
CARTA DELL'ACCLIVTA' DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU
CARTA GEOLOGICA DEI SISTEMI IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU
CARTA DELL'USO DEL SUOLO DEI SISTEMI IDROGRAFICISAN NICOLA E SELIGHEDDU
CARTA DEI PROCESSI EROSIVI E DELLA LORO MAGNITUDO NEI SISTEMI
TAV. 16
IDROGRAFICI SAN NICOLA E SELIGHEDDU
CARTA DEI FATTORI CLIMATICI DEI SISTEMI IDROGRAFICISAN NICOLA E
TAV.17
SELIGHEDDU
Nell’ambito del lavoro sono state inoltre predisposte le seguenti relazioni:
A06
A07
A08
3
RELAZIONE GENERALE SULLO STUDIO GEOLOGICO
RELAZIONE ASSETTO STORICO
PROGETTI E OPERE CHE HANNO MODIFICATO L’ASSETTO IDROGRAFICO DELLA CITTÀ DI OLBIA
RICOSTRUZIONE GEOMORFOLOGICA
DELL’EVENTO ALLUVIONALE DI OLBIA DEL 18 NOVEMBRE 2013
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Le specifiche fonti normative di riferimento nell’ambito dello studio sono le seguenti:
 D.Lgs. n. 163/2006
 D.M. 14-1-2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni, 2008)
 Norme di Attuazione PAI-RAS (e PSFF) - Aggiornate con Decreto del Presidente della Regione
Sardegna n.148 del 26.10.2012 (Agg. Gennaio 2014)
 D.P.R. n. 207/2010, – Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»
 Direttiva per la manutenzione degli alvei e la gestione dei sedimenti in attuazione degli artt. 13 e 15 delle
n. d. a. del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Sardegna (PAI) (con All. 1 e All. 2)
 Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio
Civile di Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato
con R.D. 4 Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2°
Elenco Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938
 Regio Decreto 523/1904
4
L’ASSETTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO REGIONALE
4.1
GENERALITÀ
La finalità della presente sezione è quella di fornire, secondo un quadro di riferimento allargato alla scala
geografica regionale, gli elementi geo-fisici generali che più spesso condizionano le convenzionali dinamiche
10
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torrentizie e di introdurre quelli che a livello locale producono più effetti geomorfologici ed idrogeologici, sulla
specifica entità fisiografica rappresentata dalla piana costiera di Olbia, essendo a loro volta da essa generati.
Lo scopo collaterale dell’ampliamento della contestualizzazione è certamente quello di consegnare
all’Amministrazione committente, agli uffici istruttori e a chiunque altro fosse interessato, una più ampia
gamma di elementi anamnestici e diagnostici sulla cosiddetta pericolosità idraulica associata ai corsi d’acqua
che attraversano il territorio di Olbia.
E’ d’obbligo sottolineare, infatti, come a tali elementi, quantunque siano evocati nella Relazione Finale del PAI
e in parte persino trattati nelle Relazioni Monografiche del PSFF, non sia stata data fin qui la sufficiente
rilevanza in sede sia di pianificazione che di progettazione delle opere di mitigazione. Ciò per svariate ragioni,
fra le quali, al di là delle oggettive difficoltà insite nella trattazione dell’idrografia minore, la più rilevante, a
parere di chi scrive, è, se non proprio l’assenza, certamente la cronica insufficienza a monte di una specifica
attenzione scientifica su alcuni dei temi d’interfaccia che verranno per quanto possibile, trattati nel seguito,
quali:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
l’alterazione e l’arenizzazione delle masse granitoidi
la distribuzione e lo spessore dei volumi arenizzati
la permeabilità degli ammassi arenizzati
la capacità di assorbimento e di ritenzione dei suoli associati a tali ammassi
la caratterizzazione idro-geo-morfologica dei torrenti
la (sotto) valutazione dei processi erosivi
la (sotto) valutazione del trasporto solido
la conoscenza degli elementi geomorfologici ed idraulico marittimi connessi con la condizione
lagunare di tutto il compendio portuale e delle aree contermini
9. l’assetto storico (idrografico) che nello specifico contesto di Olbia appare decisamente rilevante e di
cui non è mai stata fornita una compiuta trattazione, sia pure sintetica.
A tutto ciò si aggiunga che:
o se si esclude il convenzionale ancor che incompleto quadro geologico fornito sulla Piana di Olbia dalla
Cartografia geologica ufficiale in scala 1:100.000, assolutamente nulla di scientificamente rilevante
è dato riscontrare nella pubblicistica scientifica sotto il profilo geologico e, tanto meno, sotto quello
geomorfologico e idrogeologico. La condizione di carenza scientifica è tale che, sul piano geologico, si
hanno soverchie difficoltà nel fornire un’appropriata caratterizzazione geologica dei termini litologici
riferibili alle “coperture” sulle aree urbane e periurbane6 mentre, sul piano geomorfologico, occorre
fare i conti con concetti (a titolo di esempio la Laguna di Olbia o Delta del Padrogiano), che non
appaiono affatto ancora metabolizzati non tanto dal punto di vista amministrativo quanto da quello
tecnico e che, pertanto, stentano a diffondersi come dovrebbero fra gli addetti ai lavori. Dal punto di
vista geo-idrologico le conoscenze sui circuiti sotterranei appaiono oltremodo insufficienti, per quanto
attiene sia al cosiddetto acquifero del complesso intrusivo che a quello delle alluvioni pliopleistoceniche (secondo la nomenclatura adottata dal Piano di Gestione del Distretto Idrografico).
o La scarsa conoscenza sugli elementi della trasformazione idrografica e geomorfologica del territorio,
attuati in circa due decenni a seguito della realizzazione delle misure di profilassi anti malarica degli
inizi del XX secolo, ha di fatto spianato la strada ad ulteriori reiterate sottovalutazioni attuatesi nei
decenni successivi nel corso delle dinamiche insediative e di sviluppo della città.
o La trasformazione urbanistica sia dell’abitato in senso stretto che della proporzionalmente enorme
area industriale, peraltro giustapposti senza una vera e propria soluzione di continuità naturale (vedasi
a tale riguardo il controverso settore di Tilibas), è avvenuta in un contesto di bassopiano
6
Ciò, in sede di allestimento della cartografia geologica, ha fatto optare per la conservazione delle definizioni ufficiali di cui alla Carta Geologica di base della
Sardegna, lasciando il riconoscimento e le interpretazioni ex novo alla trattazione della presente Relazione tecnica e degli ulteriori elaborati analitici. Resta inteso che
nel modulo di valutazione del trasporto solido col metodo di Gavrilovic (pesi) si è invece tenuto conto di quanto lo studio fa emergere in termini geomorfologici e
litologici.
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morfologicamente depresso e con ricorrenti sovra depressioni paludose sfuggite alle bonifiche di inizio
XX secolo o non considerate in quanto di modesta ampiezza o più distanti dall’abitato. Ciò ha reso
necessari in vari casi interventi locali di riassetto del territorio (talora comportanti modifiche e vere e
proprie dislocazioni degli alvei), in gran parte disgiunti fra loro e privi di una qualche organicità e,
soprattutto, in assenza di una visione sistemica dell’assetto; cosa che al contrario sussiste nelle
progettazioni di inizio secolo XX e si evidenzia negli stessi progetti.
o L’insieme di tali trasformazioni, ha nei fatti stravolto oltre quello idrografico, sia l’assetto morfologico
che quello litologico originale, essendosi resi necessari tanto interventi di riempimento-colmamento
quanto di escavazione e rimaneggiamento, con una ricollocazione dei materiali di risulta spesso
disordinata per non dire del tutto fuori controllo.
o Questi elementi si osservano sia nell’ambito urbano di cui al presente studio che in quello industriale
(Tilibas-Cabu Abbas; Padredduri-Cocciani/Balidone etc.) e, come vedremo in seguito, nell’ambito
urbano hanno pesato in modo rilevante nel condizionare i tiranti dell’esondazione del 18/11/2013
anche nelle zone più tragicamente colpite.
o La più o meno rapida trasformazione di aree costiere in aree residenziali turistiche, nel passato, ha
presso che ignorato gli assetti idrogeologici locali (l’esempio più noto all’Amministrazione in tal senso
è quello di Pittulongu ma non è certamente l’unico) e le trasformazioni recenti hanno comunque
sottovalutato l’assetto idrogeologico, quanto meno fino al 2007 per cui, di conseguenza, anche le
eventuali opere (idrauliche, di mitigazione e/o salvaguardia), risentono di ciò.
4.2
GEOLOGIA
La Gallura, sul piano strettamente geologico, costituisce la parte nord orientale del Pilastro tettonico o Horst
bordante la fossa terziaria del Logudoro. Tale Pilastro tettonico, in termini geo-litologici è contrassegnato
dalla assoluta prevalenza di rocce granitoidi erciniche (Leucograniti, Granodioriti, Monzograniti), raramente
integre, più spesso attraversate da vistosi sistemi di fratturazione e, per ciò stesso, alterati o alterabili in varia
misura a partire dalla superficie e attraverso i discontinuità. Tali litologie sono spesso associate a cortei
filoniani a chimismo, dimensioni e direzioni variabili (più spesso SW-NE e SSW-NNE).
In un tale quadro, costituiscono volumi assai subordinati, sempre in contatto con le precedenti, le litologie
erciniche più antiche riferibili al complesso metamorfico, rappresentate da Migmatiti (Metatessiti, Diatessiti e
Ortogneiss) in prevalenza.
Queste assumono tuttavia una discreta rilevanza areale nell’alto Bacino idrografico del Riu Vignola (Aggius),
ad E ed a S di S.anta Teresa Gallura (La Filaccia, Ciuchesu) e Trinità d’Agultu (Serra Tamburu), fra
Sant’Antonio di Gallura e Luras (M.te Foci, M.te Candela, Carana), fra Budoni e S. Teodoro, fra Olbia e
Arzachena (M.te Plebi, 473 m) e Golfo Aranci. Come documentato dai rilievi sul terreno, le migmatiti
costituiscono per intero anche il sostrato geolitologico roccioso del territorio costiero fra Olbia e Golfo Aranci
(Golfo di Cugnana, Golfo di Marinella; Suiles, Terrata, Bados, Pittulongu, Sa Testa), ma affiorano anche
immediatamente a Sud di Olbia (Foce del Padrogiano; Isola della Bocca). Esse affiorano con una certa
continuità dai 250 m di quota fino alla linea di costa (Bados, Pittulongu, Punta di Filio, Gravile) oltre la quale
certamente costituiscono l’impalcatura anche della piattaforma continentale (Isola della Bocca).
A questo panorama ufficiale, gran parte del quale è condiviso dalla letteratura ufficiale, sfugge tuttavia,
l’importanza sia per l’estensione che, per lo spessore delle coltri di arenizzazione delle rocce granitoidi, in
particolare di Granodioriti e Monzograniti, le cui diverse litofacies si rinvengono in settori molto ampi e a quote
differenziate, come risultato di un’impostazione geologica degli ammassi rocciosi che della loro evoluzione
geomorfologica. Su ciò si cercherà di approfondire più avanti.
4.3
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA
Nella Sardegna settentrionale, l’interferenza dell’evoluzione morfoclimatica pleistocenica e olocenica sulla
componente geolitologica e sulle morfostrutture ereditate dagli avvicendamenti tettonici tardo terziari del Mar
Tirreno, ha generato un quadro geomorfologico tanto singolare quanto composito. La strutturazione tettonica
terziaria è responsabile di un assetto tradizionalmente definito da due Horst a sostrato paleozoico, coincidenti
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con la Nurra ad Ovest e la Gallura ad Est, separati da una Fossa (Graben) colmata da vulcaniti e sedimenti
terziari (Logudoro-Anglona) a dislocazione circa N-S. All’interno di tale fossa si delineano dal Miocene strutture
d’impostazione tettonica estensiva o transtensiva (“Corridoio di Monti”) ospitanti bacini laterali più interni, che
non essendo stati raggiunti dal dominio marittimo contengono coperture continentali, di sedimenti, vulcaniti e
vulcanoclastiti (“Bacino di Oschiri-Berchidda”). Il pilastro orientale, di natura prevalentemente cristallina e solo
idealmente impermeabile coincide, dunque, nella sua parte settentrionale, con la Gallura. Questa verrebbe
definita da un ideale quadrilatero (Fig. 1) a due lati marittimi e due continentali (la valle del Coghinas a SW e il
Corridoio di Monti a SE). Verso Sud Est a cui può aggiungersi (seconda taluni Autori), in ossequio alla
presenza di Metamorfiti di alto grado e migmatiti tutta una vasta regione compresa fra i Monti di Alà e le pendici
Sudorientali del Monte Nieddu, sino al promontorio costiero di Orvile (Posada). La Piana di Olbia, come
vedremo, s’inserisce nel variegato panorama dell’evoluzione strutturale tardo miocenica e dalla
sovrapposizione degli effetti geomorfologici legati al glacioeustatismo pleistocenico (cfr. Ria di Olbia).
Le coperture tardo paleozoiche sono piuttosto rare: le prime sono presenti solo nella Gallura Occidentale
(espansioni ignimbritiche permiane di Trinità d’Agultu-Bortigiadas; Punta Salici, 911 m); quelle postpaleozoiche si rilevano in settori ben localizzati:
a. nella penisola di Capo Figari e sull’isola di Tavolara affiorano i conglomerati, i calcari e dolomie del
Giurassico
b. nel Bacino di Lu Colbu-Falzaggiu di Trinità d’Agultu affiorano conglomerati continentali e piroclastiti
del Miocene inferiore
c. nella penisola di Capo Testa (Santa Teresa Gallura) si ha l’unica testimonianza di terreni terziari
marini (Calcari e Calcareniti del Burdigaliano).
Le testimonianze del Pleistocene marino o eolico sono discontinue, rare e mal conservate lungo le coste, di
norma all’interno di anfratti costieri o zone in falesia meno soggette a processi erosivi marini (S.ta Teresa
Gallura-Santa Reparata; lato NW Isola di Molara; Costa di Arzachena-Canale delle Galere; Tavolara; Molara).
Esse in ogni caso si devono interpretare come relitti di coperture più vaste, in gran parte eoliche o di versante
(Tavolara). Relativamente più diffusi e voluminosi, si presentano i corpi alluvionali, talora terrazzati, nelle piane
costiere più “mature” (Riu Liscia; Riu San Giovanni; Riu Padrogiano e minori nella Piana di Olbia). Tali
formazioni, come acquiferi poco profondi a falda libera, svolgono, data la collocazione fisiografica, una
fondamentale funzione ecologica a sostegno degli ambienti di transizione; come volumi di detriti poco
addensati o sciolti, costituiscono un vasto stock a disposizione dell’azione erosiva che si espleta nei tratti
terminali dei corsi d’acqua stessi.
I detriti di versante, attribuibili quanto meno al tardo Pleistocene (Wurmiano), sono diffusi sui rilievi più aspri
come prodotto di movimenti gravitativi (frane), al giorno d’oggi stabilizzati per via naturale (versante Nord di
Tavolara) o più spesso sospesi e quiescenti (es: Monte Pino)7.
4.3.1
Le reti idrografiche della Gallura nord-orientale
Se si esclude il settore Sud orientale, quasi tutta la rete idrografica gallurese si delinea in modo centrifugo dal
Monte Limbara (1362m) per lo più in ambiti montani o intramontani, sfruttando l’assetto a gradinata di tale
struttura asimmetrica in senso N-S, ovvero più acclive verso S (settore di Berchidda) che verso N (settore di
Tempio), ed i conseguenti differenziali orografici e clivo metrici (Fig. 1). In tal modo, a Serre (che stanno ad
indicare situazioni con profilo montuoso a denti di sega; in gallurese Sarre) impervie si avvicendano spesso, da
monte a valle, altopiani denudati a quote ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m. e bacini intramontani.
Di conseguenza, i differenziali morfologici più accentuati si osservano sul limite Ovest (Corridoio - o Soglia di
Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento)fra Fossa terziaria logudorese (solco vallivo a valle del
lago del Coghinas) e Pilastro gallurese o fra questo ed i sub bacini periferici al Logudoro in cui è scomposto il
Pilastro in prismi. In ogni caso, benché il profilo altimetrico decresca verso Nord, Nord-NordEst ed Est, in tutta
7
Di essi fornisce una prima testimonianza la cartografia geologica del PUC di Olbia.
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la regione gallurese, compreso il settore costiero, si conservano gradienti morfologici estremamente elevati, fin
quasi a lambire la linea di costa. Per questo non deve meravigliare l’assenza o quasi di vere piane alluvionali
e, se presenti, la loro esplicita immaturità. La Piana di Olbia costituisce in tal modo l’evidenza chiara di una
depressione strutturale piuttosto deficitaria in termini di riempimento sedimentario.
Questa configurazione, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale, deve ritenersi
di estrema rilevanza idrologica. Essa infatti testimonia di ringiovanimento del rilievo e, data la limitatezza dei
corridoi idrografici, tende a favorire tempi di corrivazione più bassi di quelli normalmente calcolati senza
riferimento al contesto geomorfologico. E’ di tutta evidenza, dunque, che ciò va a condizionare sia le portate
(liquide e solide), sia le velocità dei corsi d’acqua che scorrono in questo tipo di bacini.
Tale assetto trova una prima spiegazione parziale nella ridefinizione tettonica tardo miocenica e pliocenica8,
connesso con la definizione e con l’approfondimento del Mar Tirreno e nel postulato basculamento quaternario
verso NE dei prismi strutturali ( o di una parte di essi) in cui è ritenuto essersi frammentato l’Horst orientale. Tali
fenomeni hanno prodotto, su di un sostrato poco permeabile una rete idrografica ad elevata densità di
drenaggio, defluente verso N ed E. Tale rete idrografica dà luogo, su scala regionale, ad un drenaggio con
patterns prevalentemente dendritici, sub-dendritici e, a scala di singolo bacino, talora angolari che
assecondano e ricalcano il caratteristico reticolato di faglie e fratture sovrimposte sul sostrato roccioso
cristallino e che ne sottolineano la scarsa o scarsissima permeabilità primaria. Verso N ed E, tale rete é
tributaria in gran parte del sistema Carana-Liscia (e del relativo lago artificiale: diga del Liscia), verso W e verso
S, del Coghinas (e relativi invasi: diga di Muzzone e diga di Casteldoria). A SW di Badesi e di Trinità d’Agultu,
in particolare, essa è costituita da torrenti drenanti bacini esigui, impostati fra i margini della piattaforma
ignimbritica permiana e i sottostanti terreni granitici, più occidentali. Subordinate e più periferiche idrografie,
defluiscono verso N; fra esse le più importanti sono quelle relative al Riu di Vignola (Riu Turrali) e al Riu San
Giovanni di Arzachena (Riu Toltu). Quest’ultimo, che com’è noto,per un consistente tratto interessa il territorio
di Olbia ed è stato investito dall’alluvione del 18/11/2013, è per buona parte impostato lungo un corridoio
strutturale che si diparte a NW di Olbia ricoperto da importanti coltri alluvionali.
Lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in bacini tendenzialmente allungati
con asse NNW-SSE, di modesta superficie, a pendenza relativamente alta, nel complesso ben gerarchizzati in
rapporto all’estensione, con chiare evidenze erosive (ed altrettante propensione al trasporto con gli eventi
intensi) sino al bordo della piana. Qui, solo a qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si rilevano tendenze
al riempimento con presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti. Queste strutture fungono da bacini
di raccolta e di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare, con conseguente
rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità fenomenologica fluviale o marittima.
I corsi d’acqua più importanti in tali tratti terminali, presentano tutti tendenze alla diversione mentre i rami minori
eventualmente dislocati in prossimità delle foci sono tutti a bassa gerarchizzazione e spesso non dispongono di
alveo inciso.
Il sistema idrografico più rilevante presente nel territorio di Olbia, resta comunque quello del Riu Padrogiano. La
sua genesi è anch’essa in relazione al baricentro idrografico regionale del Monte Limbara. Infatti da qui in
direzione ESE, si dirama l’ importante sottosistema idrografico del Riu Taroni-Riu S. Simone; tributario a pochi
chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano. Verso il Padrogiano recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu CastagnaRiu de su Piricone), proveniente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di
Buddusò (a W) e Baronia (a S), nei territori fra Padru, San Teodoro e Budoni.
8
L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale, rispetto al
resto della Sardegna (cfr. Sismicità).
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Fig.1 - Schema Idrografico della Gallura tratto da M. Dore, G. Ghiglieri & G. Tilocca, Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura (NE Sardegna,
Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; p. 45-55 (2002)
Il Riu Padrogiano termina con foce a delta nella Rada di Olbia nella quale si riversano periodicamente
abbondanti torbide fluviali. Essa, anche per tale ragione e contrariamente a quanto si ritiene, non costituisce
affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o geomorfologicamente in equilibrio. Semmai,
possiede i connotati naturali di una incipiente laguna (pre-laguna) che necessita di periodici interventi umani in
corrispondenza della “bocca”, per garantire, malgrado le tendenze all’insabbiamento, la funzionalità della
navigazione (vedi Par. 9). All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu, il Riu S.
Nicola entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo scorso, il Riu
Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozzò), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone, deviati e
“sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine, alcuni compluvi minori
con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo Sacro.
Ancora, sempre a Sud di Olbia, si dipartono, dal Monte Nieddu verso E, le reti dendritiche del Riu San Teodoro
e del Riu di Budoni, anch’esse definite su profili ad alto gradiente, in contesti poco o per nulla permeabili, salvo
che per fratturazione, e con deflussi terminali su piane costiere poco sviluppate, confluenti non a caso ancora
una volta, su aree lagunari.
Dalla configurazione descritta trae, dunque, origine la parte naturale dell’assetto che caratterizza gli ambienti
connessi al demanio marittimo, in particolar modo quelli delle spiagge. Premesso lo strutturale stato di
debolezza del budget sedimentario a disposizione delle celle sedimentarie marittime, ad esse sottese viene
garantito il naturale ripascimento, oggi per lo più solo attraverso il meccanismo delle piene e delle conseguenti
lacerazioni del cordone litoraneo, ove presente. Alla re-distribuzione dei sedimenti fini (sabbie e limi) recapitati
dal deflusso fluviale sul litorale, partecipano subordinatamente deflazione eolica o, ancor più di rado, le onde di
tempesta.
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Nello specifico della rada di Olbia, la morfodinamica dei sedimenti è soggetta certamente all’influenza del flusso
idrico fluviale (quindi delle portate idriche e solide), dei flussi generati dalle ampie escursioni di marea sigiziale
(con 0,60 m sarebbero le più ampie in Sardegna, secondo Spano & Pinna,1956) e dalle correnti tangenziali che
si creano, come conseguenza dei moti ondosi in funzione della geometria e della batimetria non naturale del
paraggio. Gli apporti dei torrenti sulla rada in ogni caso generano ostruzioni strutturali. Come si vedrà nel
seguito, oltre all’evidenza del Padrogiano, tanto la foce del S’Eligheddu, quanto quelle del Cabu Abbas e del
Padredduri-Balidone erano morfologicamente definibili a delta, a riprova della prevalenza dell’effetto
morfodnamico fluviale legato ai sedimenti trasportati, su quello marittimo. Nella sostanza complessivamente la
Laguna di Olbia tende ad insabbiarsi e dunque questo aspetto acuisce la pericolosità stessa dei torrenti poiché
genera foci periodicamente non funzionali allo smaltimento delle portate di piena. Va tuttavia osservato che, di
contro, la generazione di bassifondi sull’area portuale esercita un’ulteriore dissipazione del frangimento
Una seconda spiegazione dell’assetto geomorfologico della Gallura costiera, in cui s’inserisce il caso di Olbia,
è data dagli effetti delle variazioni glacio-eustatiche Pleistoceniche ed oloceniche. Infatti quando il sostrato
roccioso intercetta il livello del mare, dà luogo ad una linea di costa a Rias.
Le coste a Rias della Gallura documentano di testate di valli fluviali in gran parte incise secondo allineamenti
strutturali, sovraescavatisi col ritiro del livello marino durante glaciazione wurmiana fino a massimo (Last
Glacial Maximum = LGM ; circa 20ka) di -125m/135m dal l.m.m. attuale (Fig 2) .
In generale si ammette che ai vari stadi di stazionamento del ritiro wurmiano (70.000 y b.p. - 19000 y b.p.),
tramite gli apporti continentali (onlap costiero), si siano generati ambienti con prodotti sedimentari di genesi sia
marina (Beach rocks) che continentale (alluvioni ed eolianiti) che, durante gli stadi di risalita olocenica del livello
glacio-eustatico, hanno costituito gli stocks di volta in volta rielaborati dai cicli di erosione e deposizione, per
svariate generazioni di sedimenti. Taluni di tali corpi sono pertanto posizionati in forma relitta sotto il livello del
mare o possono affiorare sporadicamente o continuativamente (e con spessori significativi) a seconda
dell’importanza della valle fluviale che li ha generati9.
In questo modo tali processi, la cui ciclicità è oggi ammessa anche nell’Olocene, al termine della risalita
olocenica del mare (3 Ka) hanno reso possibile all’interno di tali testate sommerse, l’impostazione di vari tratti
ghiaiosi e sabbiosi (barre litoranee, progressivamente evolutesi) i quali, sarebbero progressivamente emersi in
forma di cordoni sabbiosi determinando, quindi, l’edificazione delle spiagge ai margini interni delle insenature,
in altri termini le Pocket beach, isolando lagune e conche stagnali retrostanti che progressivamente vengono
colmate dalle foci dei corsi d’acqua.
Si ricorda che già Spamo & Pinna (1956), citando il Portolano della Sardegna dell’amm. Albini del 1842,
sottolineavano per Olbia la scarsa profondità (“poco più di un metro e mezzo sotto il pelo d’acqua”) del “canale
di accesso all’insenatura interna” (Pag. 54 op. cit.), segnalando implicitamente la presenza di una bocca di
laguna con manifesta tendenza all’insabbiamento precoce ad opera della pro gradazione del delta del
Padrogiano.
LepPocket beach, quindi, costituiscono in larga misura, la risultante morfo-strutturale costiera della interazione
fra:
I)
fratturazione tettonica del sostrato litologico che ha guidato il deflusso idrico delle acque
continentali e, conseguentemente, degli apporti sedimentari (attualmente cessati o meno),
II)
evoluzione eustatica e deposizionale pleistocenica,
III)
attuale configurazione dei moti ondosi e dei vettori derivati.
9
Questa circostanza è alla base del fatto che nella Piana di Olbia, i corpi alluvionali siano limitati alla foce del Seligheddu o siano sommersi, mentre poco a Sud
costituiscano una parte piuttosto rilevante della Piana del Riu Padrogiano, corso d’acqua le cui caratteristiche idrologiche e sedimentologiche autorizzano ad
ammettere lo spostamento della foce verso Nord a causa del sovralluvionamento del tronco di Olevà a monte della Laguna delle Tartanelle (cfr.
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Fig. 2- Stima dei Livelli Relativi del mare fra Pleistocene e Olocene,
Oltre alla struttura a gradinata, la diffusione di valli sovraescavate e la creazione di pocket beach, l’effetto
geomorfologico più caratteristico e noto sul paesaggio granitico continentale della Gallura è attualmente dato
dalla larga diffusione di rilievi residuali (Inselberg e Tor; “Cataste di blocchi” della cartografia PUC ) e dei
prodotti secondari ad essi associati (Boulders e Corestones), con paesaggi rocciosi a Serre (profilo a denti di
sega) o a Inselberg e Tor. Tutti questi elementi derivano da masse evolutesi in condizioni morfoclimatiche
diverse da quelle odierne, sulle quali, si sono impostate, certamente in condizioni di clima periglaciale e
sfruttando i giunti di fratturazione, altrettanto diffuse franosità da crollo che oggi si manifestano come fenomeni
per lo più relitti o naturalmente stabilizzati (Pietre Ballerine Auct.)sui versanti più acclivi e/o elevati. I processi di
denudamento di tale contesto sono, in sostanza geologicamente recenti e destinati a perdurare nel lungo
tempo.
Riassumendo la rete idrografica della Gallura, di cui quella di Olbia fa parte a pieno titolo, ha un comune
denominatore nelle seguenti circostanze:
1. spartiacque principali (o della rete principale) molto definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi e
talvolta superiori ai 1000m, contrassegnati anche da cornici rocciose verticali o comunque da
differenziali morfologici aspri (ad es. M.te Limbara; M.te Nieddu, o rispetto al bacino di Olbia, il M.te
Pinu), soprattutto se impostati su sostrato granitoide,
2. bacini idrografici poco permeabili o impermeabili per via primaria ma permeabili per fratturazione e per
porosità secondaria da arenizzazione;
3. bacini idrografici condizionati sia sul piano clivo-altimetrico, che sul quello litologico (alterazioni degli
ammassi in coltri di arenizzazione) dalla frammentazione tettonica;
4. bacini idrografici principali con gradienti clivometrici elevati e tendenza a configurazioni a gradinata, in
condizioni di prevalente erosione nel bilancio geomorfologico, fin quasi alla linea di costa,
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5. prolungati tratti a valli incassate anche nelle reti minori;
6. alvei con profilo di equilibrio instabile;
7. alvei soggetti per la gran parte a fenomeni di erosione e trasporto quasi fino al mare; eventualità
questa, sia ben chiaro, non connessa ai deflussi ordinari ma che si esplica solo concomitantemente ad
eventi intensi, ed è funzione dell’articolazione litologica, e del livello di alterazione del sostrato
roccioso;
8. aree di transizione all’ambiente marittimo-litorale, che ereditano configurazioni disomogenee dal
quadro evolutivo pleistocenico e olocenico, generalmente con limitati spazi a disposizione per i
processi di deflusso, il cui bilancio morfo-sedimentologico genera sedimentazione e colmamento per
sensibile caduta di pendenza ed energia cinetica (“capacità di trasporto”) solo in prossimità della costa
(a scala locale, vi rientrano tutti i punti della rete idrografica contrassegnati, a seconda della portata,
da riduzione repentina del gradienti clivometrici, da aumento della scabrezza e/o da incongruità degli
interventi artificiali).
9. un settore litoraneo dominato da coste di sommersione a Rias, ovvero valli fluviali escavate nel
Pleistocene superiore e progressivamente “affogate” dalla risalita eustatica olocenica, con modesti
corpi alluvionali, interposti fra area montana e linea di costa, oppure limitati agli ambiti vallivi principali,
ai tratti intramontani planari, attualmente per lo più reincisi, o come nel caso di Olbia, da corpi
alluvionali attualmente ai limiti della linea di costa (Seligheddu);
10. molteplici aree stagnali costiere minute e più rare condizioni Lagunari, fra le quali la più rilevante è
senza dubbio quella di Olbia, anche al netto delle sue profonde alterazioni di origine antropica;
11. Valli fluviali principali a più o meno esplicito controllo strutturale e e alimentate da contributi solidi
niente affatto modesti in rapporto all’ampiezza dei bacini stessi;
A tale quadro si aggiunge che, stante l’assetto geolitologico, orografico e strutturale:
 sono innumerevoli le idrografie torrentizie, anche a bassa gerarchizzazione, che sfociano a mare
contrassegnate da bassi tempi di corrivazione;
 numerose idrografie sono associate a esposizioni orientali sia dei bacini che delle foci e dunque sono
strettamente connesse con eventi pluviometrici intensi e con difficoltà di deflusso alla foce per
ondazione contrapposta;
 la Piana costiera di Olbia10 sottendente la Laguna (esclusoa quindi la valle del Padrogiano) detiene
caratteri geomorfologici piuttosto singolari e tali da renderla interpretabile come una Piana di erosione
piuttosto che ad una Piana alluvionale in s.s.
5.
SINTESI GEOLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELLA PIANA
COSTIERA DI OLBIA
Di seguito si definisce Piana di Olbia la depressione strutturale delimitata da lineamenti tettonici di genesi
ercinica interessati da riattivazione nel Miocene superiore a seguito dell’avvio della tettonica che struttura il
Mar Tirreno. Tale bacino strutturale non ospita tuttavia sedimenti terziari dal momento che il suo
abbassamento è relativo ed a livelli superiori a quelli raggiunti dal mare Serravalliano-Tortoniano, bensì è
interessata da presenza di solo basamento granitoide, secondo varie litofacies, eroso e sovraescavato nel
corso dell’ultima glaciazione del Pleistocene superiore. Attualmente, contrariamente alla limitrofa e più
meridionale Piana del Padrogiano11, non si rinvengono al suo interno corpi alluvionali terrazzati. Tuttavia di
recente, gli scavi del tunnel portuale, ai limiti dell’area sommersa e per alcuni metri in quote negative, hanno
10 Intendendo con ciò la struttura compresa fra spartiacque e linea di costa.
11 Come vedremo La Piana del Padrogiano interessa una struttura tettonica diversa, tanto che appena a Sud a S e SE del centro abitato, sul lato meridionale del
Porto di Olbia, al di sopra del sostrato granitoide sono ben sviluppati con potenze di diversi metri (fino a 25 m; Vardabasso, 1955) depositi alluvionali conglomeratici
olocenici terrazzati che, sul delta del Riu Padrogiano, lasciano il posto a ghiaie, sabbie, torbe e limi bituminosi.
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attraversato relativamente potenti corpi alluvionali di epoca storica che individuano e confermano la ciclicità
climatica nell’Olocene.
5.1
QUADRO GEOLOGICO
5.1.1
GEOLITOLOGIA DEL BASAMENTO CRISTALLINO
L’area circostante la città di Olbia è pienamente caratterizzata da un sostrato geolitologico in rocce granitoidi
più o meno fratturate ed alterate in superficie in funzione dei differenziali di chimismo, delle tessiture e
dell’assetto tettonico e geomeccanico. Nel settore di monte a W e NW (Campo di Pino), prevalgono i corpi
litoidi delle masse granitoidi, più o meno dissestate per crolli per lo più antichi, più o meno stabilizzati o con
alterazioni più o meno profonde, con spessori variabili da 1-2 m nell’area pedemontana fino anche a 6-8 m
lungo i versanti a quote intermedie (200-400m). Solo a N (M.Te Plebi-M.te Su Aspro) e al margine esterno NE
(Sa Testa-Pittulongu-Suiles), stratigraficamente sottostanti le masse granitiche, ma da queste attraversate, si
rilevano caratteristici corpi migmatitici, in prevalenza Diatessiti e Gneiss o prodotti di contatto lungo costa
(Cala Saccaia-Isola della Bocca-Caprile -Bados-Sos Aranzos).
Lungo i versanti rocciosi a granitoidi a forte pendenza (> 100%) delimitanti gli spartiacque dei corsi d’acqua
che la interessano e quindi periferici anche per l’area extraurbana di Olbia (Monte Pino) si possono rilevare
dunque aree con coperture detritiche a caratteristici blocchi sparsi, il cui stato di stabilità è sollecitato
soprattutto in caso di piogge intense e il cui assetto lungo i compluvi e i canaloni più scoscesi, particolarmente
in caso di presenza a monte di (relativamente) antiche Colate di Blocchi (Block Streams), può essere
favorevole a fenomeni afferenti alla casistica delle Colate Detritiche (Debris Flow).
Su di un piano generale le condizioni geolitologiche in affioramento dell’area del tessuto urbano e di quello
extraurbano della Piana Costiera sono contrassegnate dalla presenza di un sostrato a granitoidi che può
articolarsi in 4 litofacies, non sempre presenti in forma contigua ed organica come sintetizzato in Fig. 4, a cui
si aggiungono i terreni di riporto delle colmate funzionali alle bonifiche di inizio sec. XX (cfr.A07). Nel
complesso, ai fini dello studio si richiama fin da ora l’attenzione anche sui corpi detritici di risulta rinvenibili un
po’ ovunque al di sotto delle aree edificate, per spessori che possono variare da 0,5-0,8m a 1,5-2,0m i quali
possono giocare un ruolo né irrilevante né trascurabile nella dinamica sia delle esondazioni (condizionando
morfologicamente traiettorie locali e dunque i tiranti idrici) che degli allagamenti finendo per cagionare aree
favorevoli al più lento drenaggio sotterraneo.
Di seguito se ne fornisce uno schema in sintesi secondo un’ideale sequenzialità a partire dalla condizione
originaria sino a quella più evoluta:
1. Ammasso Roccioso in senso stretto, di solito in corrispondenza di rialzi morfologici, ovvero piccole
alture isolate (relitti di Tor), contrassegnate da più sistemi di discontinuità persistenti e a spaziatura da
larga a molto larga , talora diaclasate ma con manifesta condizione di solidità e competenza;
2. Ammasso roccioso con numerose famiglie di discontinuità e pervasive alterazioni delle superfici
che ne indeboliscono le caratteristiche litotecniche fino al punto da generare stagionali scivolamenti di
cunei che degenerano in accumuli di pietrame al piede del pendio;
3. Ammasso roccioso contornato da discontinue plaghe di arenizzazione ovvero volumi dello stesso
ammasso che hanno subito processi più o meno spinti e più o meno pervasivi di alterazione chimicofisica e comunque tali da condizionare i caratteri litotecnici. Di norma, in questi casi, l’arenizzazione è
poco profonda (1-2m) e assai discontinua ma in caso di saturazione e in condizioni attive di pendenza
(fronti naturali o escavi con inclinazione >40°) sistematici fenomeni assimilabili a Soil slip o più di rado (in
aree di monte) a colate di detrito di esiguo sviluppo;
4. Coltre di arenizzazione più o meno continua o granito arenizzato latu sensu, ovvero coperture eluviali di
aree parzialmente erose dei pendii o dei bassi morfologici, spesse anche diversi metri sui fianchi delle
colline (presenti nel settore in esame extraurbano; a spessore decrescente verso l’area urbana), sulle cui
superfici esposte possono determinarsi fenomeni di ruscellamento, mentre sui tagli e sulle trincee in caso
di saturazione si generano stagionalmente fluidificazioni superficiali (cfr.3).
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Fig. 3 - Stralcio da Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000, F° 182 –Olbia
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Legenda
qd: discariche portuali. Olocene
qp: Depositi salamastri di lagune
temporanee. Formazione deltizia Oloc.
dt: Detrito di falda, conoidi di deiezione,
suoli detritici, suoli colluviali. Olocene
f: Alluvioni attuali e recenti talora
terrazzate e parzialmente cementate.
Olocene
δf: Filoni di composizione da dacitica a
basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti,
camptoniti) con termini di transizione alla
serie dacite-basalto. Carbonif. Sup.Permiano.
Υ: Graniti grigio-rosati, biotitici,
localmente passanti a granodioriti, in
genere a grana eterogenea con
prevalenza di componenti di dimensioni
medio-grossolane, talora contenenti scie
ricche di biotite ed inclusi di varia natura.
Carbonif. Sup.- Permiano.
Υi:graniti minuti a grana media, rosei o
raramente grigi, a sola biotite o a due
miche, spesso a tendenza aplitica,
localmente un po’ porfirici, in masse a
contorni per lo più sfumati ; Carbonif.
Sup.- Permiano.
g: Gneiss occhiadini, listati, zonati, a
composizione granitica, granodioritica, e
quarzo-dioritica, ad una o due miche;
migmatiti prevalentemente arteritiche.
Rari noduli cornubianitici per lo più a
contatto con i Graniti di Gallura. Precambriano ?
Corridoi principali di faglie
Nella realtà tale ideale sequenza, dove gli ammassi di cui al punto 1 sono, in verità rari da riscontrare, non
mostra soluzioni di continuità vere e proprie se non alla scala del singolo affioramento, secondo un dettaglio
non cartografabile sinotticamente ma solo caso per caso. Tuttavia è altrettanto chiaro che sussista una
correlazione fra forme e litologie. Ciò in quanto l’articolazione morfologico-altimetrica dei luoghi ricalca un
assetto geolitologico che, a sua volta, è parzialmente derivante dall’evoluzione geomorfologica. Infatti le aree
più distali (cioè quelle lontane dallo spartiacque) della Piana di Olbia, sono di per sé il risultato di una sovra
escavazione Pleistocenica a discapito principalmente delle coltri arenizzate, che invece si conservano “a
mezza costa” e la loro condizione di colmamento attuale è palesemente immatura (geologicamente è un
fenomeno in atto che si evince anche dalle tendenze all’interrimento della laguna; ciò spiega l’estrema
rarefazione di corpi alluvionali antichi in affioramento) e si limita al solo settore sepolto e sommerso ricadente
a valle del contorno di foce del Riu Seligheddu (cfr. dove vere alluvioni ciottolose fluviali sono state riscontrate
negli scavi del tunnel nell’area del porto e sono stati segnalati per la prima volta nel 2003 [72].
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6
5
4
3
6 Alluvioni e fanghi di ambiente fluvio-lagunare (0,2-1,0m)
5 Detriti di versante 0.50-2,0m (variabile)
4 Complesso granitoide ercinico del tutto
arenizzato (0.50-6,0m) (variabile)
Olocene-Attuale
Coltre eluviale
[dal Pleistocene]
3 Complesso granitoide ercinico parzialmente
arenizzato (0.50-2,0m) (variabile)
2
2
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti molto fratturati e
fessurati (radicato)
Complesso granitoide del
Carbonifero-Permiano,
a
prevalenti
Monzograniti
porfirici in ammassi rocciosi.
Con filoni accessori. Radicato
in profondità.
1
1
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti porfirici integri o
poco fessurati (radicato)
Fig. 4 - Schema litostratigrafico generale
5.1.2
GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA DEL PROCESSO DI ARENIZZAZIONE
Ai fini dell’inquadramento geomorfologico della Piana di Olbia e della definizione dei suoi comportamenti
idrogeologici appare piuttosto importante inquadrare il tema dell’arenizzazione e della conseguente formazione
di detriti sulle superfici di deflusso del sostrato granitoide. Il processo di arenizzazione è responsabile della
maturità del paesaggio appena retrostante il tessuto urbano di Olbia a cui, al contrario si contrappone, a
dispetto delle quote relativamente pronunciate e comunque inferiori ai 700m s.l.m.), l’asprezza e l’immaturità
del rilievo appena retrostante l’area pedemontana.
In generale, come si vedrà meglio più avanti, le condizioni di arenizzazione che si documentano nel contesto
degli ammassi granitoidi appaiono non disgiunte da quelle geomorfologiche, in quanto nelle culminazioni
orografiche, di norma, la roccia è nuda, assume forme a Tor prive di coltri detritiche o al più con Boulders
residuali, a testimonianza sia di una maggiore integrità litotecnica (fisico-mineralogica) che di un
verosimilmente più spinto stato di denudamento da erosione.
In tali casi la roccia si presenta con una maggiore integrità in generale con RQD buoni (80) e localmente
eccellenti, dal momento che si rinvengono blocchi o prismi selezionati da spaziature maggiori e risparmiati in
ragione delle migliori qualità geo-meccaniche e con n. di giunti per m3 (Jv) compreso fra 5 e 6. Tali prismi si
selezionano, infatti, in funzione della strutturazione tettonica e, di conseguenza, delle caratteristiche
geometriche dei sistemi di fratturazione e fessurazione sulle quali l’acqua agisce sia su scala macro che
microscopica, secondo lo schema concettuale col quale s’illustrerà il fenomeno dell’arenizzazione delle
litologie intrusive.
Se nelle culminazioni del rilievo la roccia è nuda e talora priva di vegetazione, anche come conseguenza del
diboscamento, delle condizioni di pendenza e della reiterazione degli incendi estivi, lungo i versanti
permangano aree contrassegnate da coltri di arenizzazione del sostrato e possono aversi accumuli residuali di
blocchi derivanti da ammassi diaclasati e persino antiche frane stabilizzate naturalmente o quiescenti (Monte
Pino) o talvolta, altrove, in parte relitte. Queste ultime possono concentrarsi alla base di dette aree di
culminazione dove solitamente sono poco rilevabili in caso di presenza boschiva oppure si rinvengono
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disperse per rotolamento ai piedi dei versanti. Alle coltri di arenizzazione corrispondono in ogni caso le
maggiori estensioni di manto boschivo o a macchia che peraltro determinano condizioni di Feed back che
contribuiscono a stabilizzarle (es.: M.te Pinu).
L’area d’indagine, per la gran parte dall’evidente carattere erosivo, appare interessata da spessori di
arenizzazione metrici e plurimetrici. Il più delle volte le fasce di arenizzazione hanno potenze molto irregolari,
potendo risultare di qualche decimetro e spingersi fino a 10m e oltre in alcuni settori al passaggio con la
collina. Di solito ciò nel settore di Olbia è rilevabile sulle parti più basse dei versanti (San Vittore), dove le
stesse possono essere ricoperte anche da esigui conoidi o dove in genere può apprezzarsi l’approfondimento
del regolite. La disponibilità di acqua e di acidi organici all’interno di questo inducono per attacco chimico lo
sgretolamento granulare.
Fig. 5 - Litofacies granito idi n.2. Trincea 250m a SE svincolo per Nuovo Ospedale. Bacino del Riu
deTannaule
A Ad ogni modo, poiché le coltri arenizzate si generano a partire dalla superficie esposta, si trovano sempre in
posizione stratimetrica superiore rispetto ai loro corrispettivi ammassi rocciosi e mai al di sotto di volumi di
roccia. Questi ultimi possono al più costituirne dei nuclei più interni o collocati più in basso (Fig. 6) A meno di
nette e particolari discontinuità tettoniche, appare difficile riscontrare reali soluzioni di continuità laterali o
verticali12 nelle varie casistiche della degradazione (Fratturazione-Alterazione-Regolite), essendo il passaggio
spaziale fra i vari fenomeni costituito da vaste aree a Corestones (masse in blocchi apparentemente più
integri e distinguibili secondo geometrie prismatiche più o meno arrotondate ai vertici, che risultano contornate
da sacche di arenizzazione in modo da generare una tessitura pseudoclastica), il cui risultato terminale,
posteriore all’allontanamento dei sabbioni, è la formazione di innumerevoli Tor e l’accumulo residuale di
Boulders (in gergo “Pietre Ballerine”). Queste ultime forme, rappresentano l’eredità ultima di un’evoluzione
che ha comportato una strutturale condizione di blando dissesto geomorfologico naturale consistente nella
diffusione di relitti morfologici di versante stabilizzati o meno, i quali costituiscono di solito gli elementi di
maggior pregio del paesaggio geologico della Gallura sia interna che costiera.
Detto fenomeno ha in definitiva nell’assetto strutturale della roccia le sue cause predisponenti per cui
considerando anche il degrado termico superficiale13, deve considerarsi sia fisico che e chimico-mineralogico
12
Ragione per cui non esiste oggi una sola carta geologica ufficiale che distingua sistematicamente le tipologie delle alterazioni delle litofacies.
13
Nell’azione di sgretolamento dell’ammasso roccioso l’attacco chimico è sollecitato dalla disponibilità idrica e dalla presenza di acidi organici mentre alla parte fisica
del processo non dovrebbe essere considerato estraneo il ruolo del congelamento in un contesto cronologico periglaciale (quanto meno nel Pleistocene superiore). Il
modello schematizzato nelle pagine seguenti è, in ogni caso, fortemente influenzato dall’assetto strutturale a meso e micro-scala.
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e diviene progressivamente più pervasivo con l’infiltrazione dell’acqua, la quale concorre ad amplificare i
processi di alterazione dei termini litologici (Idrolisi; Ossido/Riduzione). Per tale ragione le coltri di
arenizzazione danno luogo ad acquiferi permeabili per porosità secondaria, con circolazioni e portate solo di
rado apprezzabilmente significative.
Lo schema seguente dà conto del fenomeno di arenizzazione ed è illustrato soprattutto con l’intento di porre in
evidenza la varietà della casistica da cui traggono e possono trarre origine i volumi solidi degli alvei ed i suoi
legami con la più controversa questione della pericolosità idrogeologica naturale del territorio gallurese.
Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisico-chimico
di un ammasso roccioso granitoide primigenio per sfruttamento del sistema dei giunti da parte dei processi
atmosferici, noto come arenizzazione:
I)
Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla sequenza
di raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali variamente ma non
casualmente orientati in funzione delle cinematiche;
II)
L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo più
ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma
definiti da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei
comportamenti di cui ai successivi punti;
III)
Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione;
IV)
Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno
profondi;
V)
Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione;
VI)
Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua;
VII)
Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici
silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido;
VIII)
Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di Arenizzazione
dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 9), con contemporanei fenomeni di ferrettizzazione per
ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite;
IX)
Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle geometrie,
della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi pluviometrici, della
temperatura e delle sue variazioni;
X)
Formazione di Corestones nel regolite (Fig. 8), a partire dai prismi fratturati in più ordini di giunti; si
tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà luogo ad
un ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da romboidale a
quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con elementi più o meno
integri separati o contornati da superfici arenizzate;
XI)
Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi
integri ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi (Formazione
di Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.);
XII)
Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre;
XIII)
Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg
subordinatamente; es: Pedres presso Olbia);
XIV)
Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per
crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi,
dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono
dare luogo per tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado
fisico.
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L
Fig. 6 - Litofacies arenizzata di tipo 4 con nucleo meno alterato tipo 3. Trincea Circonvallazione.a
Sud Est di viadotto Pasana 2
Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana
pseudocoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato,
potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta
capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o
a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica
sottostante o circostante.
Fig. 7 - Litofacies arenizzate n.3 e 4 passanti verso monte a litofacies 2 erose in superficie a
seguito della demolizione della protezione in cemento della sponda Dx. Riu Seligheddu a valle
ponte di via V. Veneto.
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Riassumendo, i connotati geologici e geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità
idrogeologica naturale del territorio di Olbia non sono dissimili da quelli di altre aree costiere della Sardegna
orientale. Essi sono i seguenti:
1. Basamento geolitologico poco permeabile;
2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano
alti gradienti clivo metrici (circa 100 m s.l.m.);
3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo;
4. Scarso sviluppo della pianura costiera;
Fig. 8 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [70]
5. Bacino ed asse vallivo della piana impostato, lungo direttrici tettoniche
6. Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle
granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda,
talora meno che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide;
7. Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo
antiche che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici;
8. Elevata energia del rilievo del settore collinare e di quello montuoso retrostante la piana costiera e in
comunicazione idrografica con l’area urbana .
Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli
equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti
idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti
idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto
descritto rende particolarmente vulnerabile la Bassa Gallura e, in generale, tutti suoi settori con differenziali
clivo metrici, alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico. Ciò anche perché le originarie aree di
espansione naturale sono state sopraffatte dall’urbanizzazione o bonificate per ragioni igienico sanitarie (Fig.
16). Se si considera, in più, l’esposizione dei bacini alle perturbazioni metereologiche da Sud, si comprende
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anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni alluvionali associati a piovosità intensa. Fra questi, negli ultimi 60
anni, debbono rammentarsi in particolare quelli del 1951;1964; 1979; 1989; 1998; 2004; 2005; 2008; 2009;
2010, 2011, 2013.
Fig.9 - Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [71]
5.1.3
I CORPI ALLUVIONALI
5.1.4
I SEDIMENTI ATTUALI DEGLI ALVEI E DEI CANALI
Come anticipato, i depositi detritico-alluvionali, nella Piana di Olbia sono localizzati solo in corrispondenza
della parte più prossima alla costa, nell’area del’insenatura meridionale (scavi Tunnel e Bonifica Pedru Calvu
del 190)”, in quella industriale poco a N del Porto Industriale (dove assumono spessori massimi di circa 10 m,
raccordandosi a monte con falde detritiche “pedemontani”), coincidente col tratto terminale della piana costiera
su cui scorrono sistemi torrentizi (Riu Padredduri, Riu Cabu Abbas). In particolare, come visto, sono state
riscontrate sul margine costiero ma a quote negative, nel corso degli scavi del Tunnel portuale, vale a dire
sulla sponda Sx del sistema idrografico correlabile col Riu S’Eligheddu. Queste ultime alluvioni potenti 3-4 m
al massimo ricoprono reperti archeologici del V sec. D.C. e quindi sono riferibili all’Olocene più recente ma ne
documentano una fase climatica connessa con la ciclicità glacio-eustatica. Ancora più a N, termini simili ma
più recenti possono rinvenirsi sporadicamente e ipotizzarsi per spessori alquanto più modesti nell’area della
vecchia Salina di Pittulongu, nella Laguna di Bados ed all’interno delle conche stagnali retro-dunali attive o
relitte, dove a stento superano 1 m. Queste ultime strutture sono delimitate dai cordoni di sbarramento
sabbiosi e/o ghiaiosi edificatisi coi livelli più recenti del mare. Potenze più importanti si riscontrano in tutta la
Piana del Padrogiano, struttura geologicamente separata da quella di Olbia in S.S..
In generale tutti i sedimenti in alveo o deposti di recente sulle sponde come effetto del ritiro dei livelli idrici e
del rallentamento della corrente negli eventi di piena, provengono dall’erosione a monte di tratti più pendenti e
dalla stessa erosione spondale che di norma precede in sequenza temporale e spaziale la sedimentazione. In
diversi tratti si osserva peraltro la contiguità fra i due fenomeni che spesso hanno offerto dei veri traccianti per
la ricostruzione dell’evento idrologico su tutti i tratti a monte del centro urbano.
Si tratta presso che esclusivamente di sedimenti ghiaiosi e sabbiosi con frazioni secondarie di limo e/o argilla.
Nelle aree di monte (>500m-600m) e di maggiore acclività possono rinvenirsi in fondo ai canaloni o sospesi
sui versanti a questi più prossimi anche sedimenti conglomeratici grossolani sciolti e talora concentrazioni di
blocchi che suggeriscono saltuarie possibilità di fenomeni ai limiti delle colate rapide, durante gli eventi a
maggiore intensità temporale.
Da notare che le bonifiche di inizio ‘900 vengono messe in atto anche aggredendo e scavando migliaia di mc
di tali sedimenti sabbiosi e limosi, in particolar modo alla foce del Seligheddu/Rivo Gallurese, il cui piccolo ma
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caratteristico segmento aggettante dell’epoca, riscontrante un delta su specchi acqueo lagunare, viene
totalmente distrutto per generare l’attuale falso estuario in progressivo colmamento.
5.1.5
I SEDIMENTI DI SPIAGGIA
5.1.6
LE COLMATE ARTIFICIALI
Le spiagge attuali sono prevalentemente sabbiose lungo le falcate e ghiaiose o ciottolose presso i promontori.
Sebbene siano il risultato di processi selettivi a carico anche di sedimenti relitti, ovvero formazioni
sedimentarie fossili eredi di livelli eustatici precedenti, riesumate, rierose e risedimentate, la composizione
mineralogica dei sedimenti costituenti gli arenili è, in generale, influenzata dal sottostante sostrato cristallino.
Le spiagge di fondo baia (Pocket Beachs) più estese contengono di norma sedimenti sabbiosi più classati
(unimodali o al massimo bimodali) sotto il profilo granulometrico e più selezionati sul piano composizionale.
Quelle a Nord di Olbia sono confinate in celle sedimentarie ben delineate per assetto geomorfologico ma
anche piuttosto povere in spessore di volumi sabbiosi e con bassifondi rocciosi ripetutamente in affioramento.
I sedimenti che le riempiono derivano per la gran parte da processi erosivi e selettivi di materiali depostisi in
precedenza (Paleo-dune), durante stazionamenti eustatici antichi e, subordinatamente, da apporti più recenti.
Per questo é tipica in esse la presenza di muscovite, minerale fillosilicatico stabile derivante dal sostrato
gneissico-migmatitico.
Le spiagge meridionali, ovvero quelle ricadenti a Sud della congiungente Olbia - Sa Testa (Punta Aspra e
Punta di Filiu)-Capo Ceraso hanno caratteri assai meno regolari e risultano nettamente influenzate dagli
apporti fluviali storici ed attuali del Riu Padrogiano che risentono visibilmente del sostrato granitoide del
bacino. Di ciò attestano i loro connotati tessiturali (sabbie grossolane poco evolute, persino alla foce),
composizionali (abbondanza di litoclasti e feldspato) e cromatici (da giallo-ocra a bruno-rossastro), tutti
piuttosto diversi dalle spiagge settentrionali (sabbie anche molto fini, con quarzo prevalente, da grigie e
bianche), fatte salve le spiagge del settore Nord della bocca lagunare (generate dagli accumuli artificiali dei
primi escavi eseguiti per la realizzazione della Canaletta di accesso al Porto). Esse infatti rispondono ad altro
tipo di azioni2 e sottolineano quanto l’assetto geomorfologico sia dipendente dai risultati delle interazioni
sedimentologiche ed idrauliche dell’ambiente fluviale e di quello marittimo. In genere tutti tali arenili sono
interessati da deposizioni sabbioso-ghiaiose di tipo fluviale che si mescolano a quelli “fossili” eredi di livelli
eustatici precedenti in ragione della loro distanza dalla foce del Padrogiano.
L’area emersa subito ad W del Porto Romano di Olbia nell’inviluppo dei bacini del Riu San Nicola e del Canale
Zozò e quella relativa al tratto terminale del Riu S’Eligheddu (all’epoca riscontrabile come Rivo Gallurese),
essendo state sedi, nei primi anni del XX secolo, di massicci interventi di regimazione e di bonifica idraulica
igienico-sanitaria mediante escavazioni, rettificazioni, canalizzazioni, colmate e riempimenti (cfr. A07), si
contraddistinguono per la presenza di ingenti volumi derivanti da movimentazioni artificiali. Di tali volumi si dà
conto nell’apposita Tavola 11 della cartografia elaborata ai fini dello Studio.
Le aree dove in tempi più recenti si sono compiute artificializzazioni, mediante riempimenti e colmate con
materiali di risulta ed annessi rimodellamenti e spianamenti, risultano essere quelle della parte settentrionale
della Laguna di Olbia compresa fra Punta Taulas e Cala Cocciani (Molo Cocciani) e quelle fra Poltu Quatu e
Sa Marinedda (Nuovo Porto Turistico) a Sud. In termini idrogeologici, devono farsi rientrare fra le
artificializzazioni più significative, lo spostamento ad Est della foce a delta del Riu Padredduri, con la
rettificazione del suo corso terminale e la cementificazione dell’alveo e lo spostamento sempre ad est del
tratto terminale del Riu Cabu Abbas, un tempo recapitante sulla palude di Tilibas.
2
Spano & Pinna (1956) segnalano lo stato di sofferenza strutturale di tali spiagge in conseguenza delle opere e degli interventi alla foce del Fiume finalizzati alla
funzionalità portuale.
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SE
NW
Intersezione Idrografia
Fig. 10 - Profilo litologico schematico del sostrato granitoide nella Piana di Olbia. La legenda è la stessa della Fig.4
5.1.7
RIEPILOGO SINTETICO LITOSTRATIGRAFIA
In sintesi, dal basso verso l’alto gli assetti lito-stratigrafici salienti della regione di Olbia possono così
riassumersi:
UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE DENOMINAZIONE C.G.I.
Metamorfiti gneissiche
Complesso migmatitico
ercinico
Monzograniti fratturati e
Complesso plutonico
Cortei filoniani
Masse granitiche alterate
Complesso Plutonico
Calcari e dolomie
ETA’
Precambriano incerto
Paleozoico, Carbonifero sup.Permiano
Fenomeni quaternari
(su litologie del Carbonifero
sup.-Permiano);Quaternario
Successione della Sardegna Mesozoico, Giurassico
orientale
DESCRIZIONE
Migmatiti leucocratiche, gneiss;
Anfiboliti
Monzograniti inequigranulari
LITOTECNICA
Rocce coerenti litoidi
Alterazioni quaternarie di genesi
chimica e fisica sulle litologie
granitoidi
Banchi di calcari e calcari dolomitici
stratificati di colore grigio chiaro
Rocce pseudocoerenti,
talvolta incoerenti
Rocce coerenti litoidi
Rocce coerenti litoidi
Mantello alluvionale e/o
detriti di versante
Mantello eluviale,
Depositi Quaternari
residuali
Pleistocene e, Olocene
Conglomerati, Ghiaie , limi, argille dei
depositi alluvionali.
Coltri arenizzate
Terre incoerenti o poco
coerenti
Depositi quaternari
Ghiaie, sabbie, limi e argille
sabbiose dei depositi
alluvionali e litorali
N.C.
Olocene
Depositi ghiaiosi e sabbiosi di
ambiente deltizio
Terre incoerenti
Attuale
Vari
Terre poco coerenti
Suoli e depositi attuali
Tab.1 : Litostratigrafia (da Carta geologica della Sardegna in scala 1:200.000
5.2
QUADRO GEOMORFOLOGICO
5.2.1 ORO-IDROGRAFIA DELLA PIANA DI OLBIA
La Piana di Olbia come visto consiste in una depressione strutturale generatasi nell’ambito della ridefinizione
interna all’Horst della Gallura durante la cinematica tardo terziaria del Blocco Sardo-Corso nel Mediterraneo,
verosimilmente connessa all’impostazione del Tirreno occidentale. Essa è il risultato tettonico dell’interferenza
fra lineazioni tettoniche principali N60° impostate sul cosiddetto Corridoio di Monti e loro coniugate NNW-SSE
responsabili peraltro della struttura morfologica a gradinate tipica del Limbara e degli altopiani circostanti (Lu
Tosu, Altopiano di Telti, Muddizza Piana). Gli altopiani (300-400 m) circostanti la Piana si raccordano ad essa
con pendenze molto elevate (25%) a partire da quote prossime ai 100 m, fino al livello del mare. Lungo i
pendii il rilievo appare dal punto di vista pedologico-sedimentologico notevolmente denudato, con sola
presenza di regolite e accumuli di versante testimonianti di antichi fenomeni gravitativi. Il paesaggio è quindi
contrassegnato dalla presenza di forme residuali dell’alterazione dei graniti tettonizzati (Tafoni, Boulders, Tor,
Inselberg, Pietre Ballerine). All’estremità orientale della piana costiera si è ridefinita, con l’ultima risalita
eustatica postglaciale, una costa di sommersione a Rias. Dell’origine e della funzione idrografica di tali tratti
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morfologici, nonché della loro rilevanza in ambito regionale testimonia ancora il sistema fluviale del
Padrogiano, uno dei più importanti dell’isola ma terminante in una morfostruttura esterna alla Piana di Olbia.
Al contrario di questa, la depressione di Olbia che non è mai stata riempita da sedimenti terziari, appare
piuttosto deficitaria anche nell’ambito delle coperture pleistocenico-oloceniche. Si è visto infatti che almeno in
affioramento i sedimenti alluvionali in senso stretto si collocano sul bordo del perimetro costiero in prossimità
del porto in ambito prevalentemente sommerso (scavi tunnel); affiorano invece ma restano comunque limitati
nello sviluppo spaziale nell’area industriale (si veda anche il Documento V in Ricerca documentale e altre fonti
tecniche). Tale circostanza, dal punto di vista geomorfologico, individua una condizione complessiva e
perdurante di esposizione all’erosione che, si manifesta in una generale assenza di significative coperture e in
una condizione di sovraescavazione dello stesso mantello eluviale rappresentato dalle coltri arenizzate del
granito, almeno fino ai livelli marini attuali. Il quadro è coerente con l’ipotesi che l’intera idrografia della Piana
sia il relitto di una più ampia paleo-idrografia la cui asta principale, spingendosi ben oltre l’attuale delta, fosse
alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutta quella serie di Rii minori che al
presente attraversano l’abitato di Olbia, ovvero il Riu S’Eligheddu, il Riu San Nicola, Riu Gadduresu, il Cabu
Abbas e il Padredduri e di altri ancora, nel settore fra Pittulongu e Golfo Aranci (del significato geomorfologico
ed idraulico in passato di tale idrografia “minore” anche in epoca storica, possono tuttavia essere chiamati a
testimoniare i sedimenti alluvionali, alternati a palustri e marini, recentemente messi in luce con gli scavi del
Tunnel presso l’area portuale per un totale di 6-8m, per lo più al di sotto del livello del mare).
Fig.11: Schema della rete idrografica (naturale ed artificializzata) defluente sulla piana di Olbia e convergente entro la Rada. In
Celeste: Idrografia del Riu Padrogiano; in Blu e Verde: le restanti minori. In Rosso ed Arancio: tracce dei principali segmenti di
spartiacque fra tali reti; in Giallo: principali tratti tombati ricostruibili; in Rosa: fosso di guardia a monte dell’area industriale.
Per quanto attiene al sostrato, appaiono diradate anche le sue coperture eluviali anche nell’area assiale della
piana, la meno elevata e con potenze della coltre arenizzata discontinue e limitate, in media a 2-3m, talora
meno, mentre verso monte, nel tratto pedemontano gli spessori del mantello eluviale aumentano
significativamente almeno fino ai livelli d’erosione guidati dall’acclività. Benché non possa dirsi sussistere un
legame fisso fra quote e stato dell’arenizzazione del sostrato granitoide, è piuttosto evidente che in tutta la
Piana di Olbia, nel tratto altimetrico fra i 25m s.l.m. e i 50m, dove non mancano gli ammassi e le alture
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rocciose di cui ai punti 1, 2 dello schema di cui al par.5.1.1., lo stato di alterazione del granito si configura più
spesso come quello tipicizzato al punto 3 e in subordine al n.4. Le stesse trincee sulla Circonvallazione
attestano di una importante presenza di rocce molto fratturate afferenti alla litofacies n.3. La litofacies n.4 è più
presente nei settori di basso topografico (10-25m), in condizioni di più bassa acclività.
Fig. 12 - Schematizzazione morfostrutturale della Piana di Olbia. In rosso direttrici delle strutture tettoniche. In nero i limiti orografici coincidenti o
ad esse ortogonali e correlate (coniugate)
Resta il fatto che sia il S’Eligheddu che il San Nicola nel tratto urbano scorrono entro valli piuttosto ampie con
forme decisamente residue di terrazzamento al contorno, soprattutto sul S’Eligheddu (Tanca S’Accutadorza),
ritagliate sul sostrato alterato e non su alluvioni. Gli alvei in origine, cioè al netto della rispettive canalizzazioni
(che parrebbero averli approfonditi, non solo nei tratti più distanti dalle foci), sono relativamente poco incisi e
con tendenze alla sinuosità. Non sono affatto incisi inoltre, i rami a minima gerarchizzazione (Zozò/Gialdinu;
Tannaule) che, in base all’interpretazione assunta, non possono essere altro che corpi idrici connessi
esclusivamente con il livello del mare attuale cioè senza una storia precedente. Sotto questo aspetto anche il
tratto urbano del Gadduresu parrebbe avere una struttura recente e non è affatto da escludersi una paleo
idrografia con confluenza nel S’Eligheddu ben più a monte di quella odierna.
5.2.2
LA PIANA COSTIERA E LA RIA DI OLBIA
La Ria di Olbia è disposta sul prolungamento assiale della Piana di Olbia. Come accennato precedentemente,
la parte più interna della Ria deve considerarsi di fatto, una Laguna compromessa dallo stato di
artificializzazione che a partire dal XIX secolo si è imposto sull’evoluzione naturale. Essa si è definita
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all’estremità orientale della piana costiera, con l’ultima risalita eustatica post-glaciale, come parte di una costa
di sommersione a Rias ed è contrassegnata da numerose aree umide palustri, (Fig. 14) sottese ai modesti
bacini idrografici a regime torrentizio e da questi alimentate.
Alcune di tali aree sono state oggetto in passato di bonifiche a scopi igienico-sanitari, sia in aree di transizione
(Salinedda San Simplicio) che più all’interno (Colcò). Fino ai primi del ‘900 infatti sopravvissero i laghi naturali
di Colcò e di Casteddu, ubicati in depressioni endoreiche di origine tettonica. alimentati dalla falda subalvea del
Riu Padrogiano. Tuttavia tutto l’abitato originario di Olbia (Terranova) era contrassegnato da depressioni
morfologiche ospitanti paludi o stagni. Gran parte di queste sono state oggetto progressivamente di colmate,
inalveamenti e regimazioni. Alcune tuttavia sono state deliberatamente urbanizzate senza le necessarie
contromisure idrauliche.
Fig. 13 - Ricostruzione delle paleo linee di riva dall’Olocene, nel Golfo di Olbia14
Per quanto attiene alla sua evoluzione, si ammette in sintesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di
monte (“testata”) di una più ampia paleo-idrografia di epoca Wurmiana (70.000-19.000 y. B.P), Questa
idrografia, stanti gli elementi batimetrici e paleo-batimetrici in possesso (cfr. Fig. 3), doveva necessariamente
essere sottesa all’asta principale corrispondente ad un paleo Riu Padrogiano, il quale spingendo la foce ben a
valle dell’attuale delta del Padrogiano (si consideri che il LGM ammette una profondità a -135 m s.l.m. attuale),
veniva alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutto il sistema idrografico di Rii
che oggi attraversano l’abitato di Olbia (San Nicola-Abba Fritta, S’Eligheddu-Gadduresu, Padredduri-Cocciani,
Cabu Abbas, e di tutti i restanti dislocati nel settore Sud (Paule Longa alias Ena Frisca) e Est fra Pittulongu e
Golfo Aranci. Tutti questi, all’epoca (circa 20 ka), in sostanza fungevano da testate montane (1°ordine
gerarchico, sensu Horton-Strahler) di affluenti minori di sinistra ed hanno continuato ad esserlo fino al
raggiungimento del livello eustatico attuale posteriormente ai 3-4 ka, in base alla ricostruzione di Fig. 6, rispetto
alla quale la parte emersa del delta del Riu Padrogiano potrebbe essersi messa in posto in un arco di tempo di
2-3000 anni.
Attualmente si tratta, nel complesso, di corsi d’acqua a carattere torrentizio con una rete a sviluppo subdendritico ad alta densità di drenaggio, discreto rapporto di biforcazione, quindi ben gerarchizzata rispetto
all’estensione, sia per ragioni geo-litologiche che morfologiche. Tali caratteristiche morfometriche sono ben
14
Porqueddu A., Antonioli F., D’Oriano R., Gavini V., Trainito E. & Verrubbi V. (2011): Relative sea level change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically important
Mediterranean Harbour. Quaternary International 232, pag. 21-30.
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individuabili e nella fascia altimetrica superiore ai 100 m s.l.m. appaiono ben più marcate che a valle dove, a
partire dagli 80-100 m, la rete tende a rarefarsi, riducendo sensibilmente la densità di drenaggio, fin quasi a
rettificarsi, per poi propendere a divagare nel tratto terminale (E’ da qui in poi che sui corsi d’acqua sono state
adottate nel secolo scorso misure di controllo e regolazione del flusso con opere di regimazione).
L’osservazione della idrografia (Figg. 11 e 12) mostra chiaramente:
■
una tendenza dei corsi d’acqua a raccordarsi verso Est, in direzione della Ria di Olbia che deve, pertanto,
considerarsi, come detto, l’erede di una valle fluviale sommersa dalla risalita del livello marino (paleo
idrografia);
■
un deflusso chiaramente condizionato da direttrici NW a SE (assi N300°-320°) a N di Olbia, più irregolare
a S di Olbia, che sono quelle che strutturano la Piana e condizionano l’inviluppo dei bacini idrografici;
■
un settore legato al Padrogiano (Regione d’Olovà) in cui in passato doveva registrarsi, in un contesto
idrologico dissimile dall’odierno, lo sfondamento verso Est (attuale Laguna delle Tartanelle) del Riu della
Castagna, attuale affluente in Dx del Padrogiano (spartiacque con tratteggio in Fig. 11).
Il Riu Padrogiano infatti termina con foce a delta nella Laguna di Olbia ed in esso riversa periodicamente
abbondanti apporti di torbide e di detriti in ragione delle portate associate ai singoli eventi idrologici. In tale
contesto il fiume ha avuto storicamente uno straordinario ruolo nel recapito a mare di sedimenti e nel
modificare per loro progradazione il profilo della costa. Anche per tale ragione e contrariamente a quanto si
ritiene, l’insenatura a ria di Olbia non costituisce affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o
geomorfologicamente in equilibrio.
Ad W di Olbia, dal Monte Limbara, in direzione ESE, si dirama un importante sottosistema tributario a pochi
chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano (Riu Taroni-Riu S. Simone; n. 1 in Fig.6), decisamente il più
importante dell’area. Verso di esso recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu Castagna-Riu de su Piricone; n. 3 in
Fig. 5), proveniente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e
Baronia (a S).
All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu-Riu Gadduresu, il Riu S. NicolaRiu de S’Abba Fritta, entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo
scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozò; anch’esso realizzato tramite inalveamento e regimazione con
l’intervento del 1902 sulla Palude di Salinadda), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone-Riu
Cuggiani, deviati e “sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine,
alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo Sacro.
La Laguna determina una riduzione delle quote delle condizioni al contorno di foce relative alle condizioni
marittime. Tali altezze vengono computate in circa 1,00m s.l.m.m. a differenza di gran parte dei paraggi
esposti della Sardegna, per i quali il PSFF predetermina condizione al contorno di 1,80m che di norma vengono
confermati dagli eventi. Durante l’alluvione di Olbia del 18/11/2013 i riscontri confermano un effetto
complessivo di risalita del livello marino di circa 1,00m che ovviamente ha ostacolato il deflusso dei canali alle
foci, in particolare quelle gravate di ponti con franco irrisorio (+0,50m e 0,60m sono i franchi misurati sulle 2
tipologie di luci presenti sul San Nicola).
5.3.3
GEOMORFOLOGIA DELL’ASSETTO IDROGRAFICO
Nella regione circostante Olbia lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in
bacini tendenzialmente allungati con asse NNW-SSE o NE-SW, di modesta superficie, a pendenza
relativamente alta a monte, nel complesso ben gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze
erosive (ed altrettante propensione al trasporto con gli eventi intensi) sino al raccordo della piana. Solo a
qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si rilevano oggi tendenze al rallentamento e al riempimento con
presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti o sistemi di lagune. Queste strutture fungono da bacini
di raccolta e di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare, con conseguente
rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità delle fenomenologie torrentizie. Va tuttavia evidenziato che gli
interventi di regimazione, con rettificazioni e canalizzazioni dei principali torrenti (S’Eligheddu/Gallurese e San
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Nicola/San Nicolò dei primi decenni del ‘900 hanno stravolto l’assetto idrografico, cancellando gli originari
elementi idro-geo-morfologici ritenuti cause corresponsabili della diffusione della malaria. L’originaria
documentazione (cfr. Assetto Storico) evidenzia tuttavia, com’è del resto facile immaginare, testimonia di
rallentamenti della corrente a partire da 3000m e 1600m a monte della foce rispettivamente del Seligheddu e
del San Nicola. Per converso, il ramo del San Nicola denominato S’Abba Fritta conserva fino all’ingresso nel
tratto urbano (sensu studio presente) chiari elementi di torrente montano (rilevante dislivello dell’alveo fra la
sezione corrispondente all’attraversamento della Tangenziale e il ponte di via E. de Nicola subito a valle).
5.3.4
CONCHE PALUSTRI E AREE DI RISTAGNO
5.3.5
IDROGEOLOGIA SOTTERRANEA
Com’è noto la bonifica delle paludi ritenute principali (San Nicola-Zozò; Paule Longa; Pedru Calvu; Tilibas)15
unitamente alla regimazione di tratti fluviali divaganti su alluvioni attuali (S’Eligheddu) costituisce un rilevante
elemento dell’assetto idrografico storico e recente dell’attuale territorio urbano, sebbene all’epoca delle
bonifiche, gli interventi fossero sostanzialmente collocati piuttosto all’esterno della Città. Di tali opere
idrauliche, ottenute mediante canalizzazioni, regimazioni, escavi, deviazioni e colmate unitamente a svariate
opere di attraversamento, sussiste ancora un’evidente testimonianza, in particolare nel tracciato della rete
idrografica principale; sono inoltre rinvenibili, ancor che spesso in parte obliterati al di sotto di abitazioni, canali
minori che attestano di collegamenti secondari fra paludi decentrate rispetto all’idrografia di riferimento.
Parimenti su diversi rami idrografici (Tannaule, Zozò e parte a monte del Paule Longa) si evidenzia con
chiarezza la scarsa capacità dell’alveo o di sue parti ad assicurare il deflusso.
In ogni caso, le aree di impaludamento e ristagno del deflusso idrico ancora rinvenibili nel territorio urbano ed
extraurbano della Piana di Olbia (Fig. 14) continuano ed essere estremamente numerose e, considerato che
altre ne sono state identificate, quantunque per lo più nascoste al di sotto dal tessuto urbano, costituiscono
nell’insieme una caratteristica geomorfologica piuttosto singolare nel panorama insulare, unitamente alla
presenza di una rete di drenaggio tendente alla divagazione ma priva di alveo inciso. Esse sono interpretabili
al momento come il risultato dell’interazione fra l’evoluzione geomorfologica della Piana costiera di Olbia (così
come definita e delimitata nei precedenti paragrafi) e il suo assetto geolitologico.
In particolare, pur in assenza di una letteratura scientifica sullo specifico tema, è evidente che la cosiddetta
Piana Alluvionale di Olbia è per la gran parte una Piana di erosione, definita per la gran parte su di una
superficie posta al di sopra dei livelli interessati da attacco sedimentario ed in parte sovra escavata. Si noti
infatti che i terrazzamenti presenti, niente affatto paragonabili a quelli rinvenibili sull’adiacente Piana del
Padrogiano, sono ricavati sui terreni arenizzati del sostrato cristallino intrusivo (e per ciò stesso ancora esposti
all’erosione) e che le uniche alluvioni “antiche” parrebbero posizionate nell’area marginale costiera della Piana
(Scavi realizzati per la collocazione del “Tunnel” Portuale; Area industriale).
In questo contesto parrebbe giocare un ruolo antitetico alla dinamica erosiva generale il graduale instaurarsi
delle condizioni lagunari certamente posteriori ai 3-4 Ka la quale può essere ragionevolmente essere messa in
relazione alla deposizione dei sedimenti alluvionali sabbioso-ghioasi o deltaici del S’Eligheddu e alla
formazione del cordone litorale responsabile dello stagno costiero oggi bonificato sul lato del San Nicola. A
tale sedimentazione recente sono quindi correlabili le litologie che all’inizio del XX secolo sono state oggetto di
escavazioni etc. nell’ambito del Piano delle Paludi Salinedde (a Nord di Terranova e a Sud di Terranova). E’
dunque coerente con tale quadro la presenza limitata al settore portuale ed a quote negative di copiosi (> 3m)
sedimenti alluvionali (lenti di ciottolame e ghiaia con argille) di epoca storica che “fossilizzano”, seppellendoli,
reperti navali di epoca Romana (V sec. D.C.) ma che a loro volta precedono sabbie di spiaggia e fanghi attuali.
Per completezza e organicità si farà cenno all’illustrazione delle caratteristiche dei circuiti sotterranei di tutto
l’intorno di Olbia, anche quelli esterni alla Piana, tralasciando le parti più strettamente idrologiche ed
idrografiche esposte nei capitoli precedenti e ancor più dettagliate nella parte idrologica dello Studio di
Variante al PAI.
15
Oltre queste va considerata la bonifica di Colcò nell’area dell’adiacente e più meridionale Piana del Padrogiano
33
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Nel settore della Piana costiera di Olbia (intesa come inviluppo di Piana di Olbia in s.s. + Piana del Padrogiano,
sussistono due acquiferi principali per lo più in comunicazione fra loro:
1.
le masse litoidi granitiche permeabili per fessurazione secondaria
2.
le coltri eluviali ed alluvionali, le falde di detrito e i colluvi, permeabili per porosità.
Sono inoltre permeabili per porosità i sedimenti delle colmate realizzate nell’ambito delle bonifiche del 1900,
anche con spessori di 3,5 m.
In entrambi i casi principali si tratta di circuiti sotterranei superficiali contenenti falde libere di modesta capacità.
Il primo circuito è definito nelle aree subito a monte dove dà luogo a manifestazioni sorgentizie di modesta
portata (<<1 l/s) che traggono alimentazione e ricarica dai rilievi più elevati o da vie sotterranee di genesi
tettonica. Esso si spinge più a valle fungendo da base per il sovrastante secondo acquifero. La captazione
delle acque da esso convogliate ha alimentato il vecchio acquedotto di Maltana, mentre i Graniti di Cabu Abbas
hanno alimentato fin dall’antichità l’Acquedotto Romano.
Nel secondo caso la permeabilità deriva sia da porosità primaria che secondaria. La prima si manifesta nei
corpi alluvionali più superficiali diffusi nelle aree più vallive o ai margini con la costa (Padrogiano, area Palmera
ecc.); la seconda si determina in conseguenza dell’asportazione della fase argillosa contenuta nelle masse
granitiche alterate. Tale acquifero permeabile per porosità, a cui studi condotti dall’Università di Sassari ha
attribuito trasmissività T dell’ordine di 10-6 mq/sec e conseguenti permeabilità K dell’ordine di 10 -5 cm/sec
(permeabilità bassa; porosità assunta del 25% da gli studi citati) in ragione delle potenze fino a 15 m (area
Palmera). In media, soprattutto nelle aree a monte, ha spessori inferiori ai 10 m, comunque variabili in rapporto
allo stato dell’arenizzazione. Esso caratterizza l’area periurbana ed urbana di Olbia e dà luogo ad una falda
superficiale libera in grado, in talune circostanze, di produrre manifestazioni sorgentizie di contatto o di
trabocco assimilabili a risorgive, con portate massime di 0,2-0,5 l/sec, raramente superiori. Nel passato,
soprattutto nelle aree rurali, tale falda, date la sua facile reperibilità è stata sottoposta a sfruttamento tramite
pozzi. Oggi tale falda risulta alimentata dall’irrigazione estiva. A tale riguardo è ben nota nell’agro la variazione
estiva in incremento delle portate dei torrenti (es. Gadduresu) anche in assenza di precipitazioni.
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Fig. 14 - Aree paludose o con ristagni al netto dei settori bonificati
del tutto o in parte nel corso del XX secolo
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Fig.15 - Pianta del modello idrogeologico schematico della Piana di Olbia e delle Pianure circostanti su stralcio ingrandito della Carta Geologica d’Italia F° 182 –Olbia (1967) con aggiunta delle linee
tettoniche a Sud e a Est del la valle del Riu Padrogiano. Il riquadro delimita i sistemi idrici scolanti sulla Ria di Olbia e interagenti coi sistemi idrografici in studio del territorio costiero di Olbia; nei cerchi, le
aree ospitanti gli acquiferi. Le frecce danno conto dei deflussi sotterranei verificati (ad es. Padrogiano) o ipotizzabili, per lo più ricalcanti i deflussi superficiali negli acquiferi ermeabili per porosità
L’acquifero fratturato alimenta la falda dell’acquifero poroso soprastante per cui le aree di ricarica sono quelle degli spartiacque sui massicci granito idi. Cfr. Legenda
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sigla
UNITA’
LITOSTRATIGRAFICHE
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DENOMINAZIONE
C.G.I.
ETA’
Villafranchiano (?) 1
Brecce con mammiferi (Myotragus
melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti,
crostoni stalagmitici a capo Figari.
Puddinga in piccoli ciottoli conservata
entro cavità del calcare (Isola di
Tavolara).
2
Brecce cementate con mammiferi
(Prolagus sardus; Megaceros
cazioti); terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri (Helix
serpentina) a Capo Figari.
Conglomerati conchigliari con Conus
testudinarius, Patella ferruginea
e.;(“Panchina Auct.”)
“Panchina Auct.” Tirreniano
3
“Duna antica”: sabbioni, eolianite,
detriti minuti arrossati: “pseudopanchina” Auct. Brecce rossastre,
poco coerenti; con resti di mammiferi
(Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli
all’isola di Tavolara e Capo Figari.
Depositi calcariferi incrostanti,
localizzati, con molluschi terrestri
(Helix serpentina, ecc.)
“Duna antica”
Pleistocene
4
Alluvioni attuali e recenti talora
terrazzate e parzialmente cementate
(ghiaie, sabbie, detriti vari torrentizi)
Olocene
5
Detrito di falda, coni di deiezione, suoli
detritici, suoli colluviali
Olocene
6
OLOCENE
PLEISTOCENE
n.
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Sabbie e dune costiere recenti, cordoni a
sbarramento di lagune (qs).
Spiagge ciottolose (qc)
Formazione deltizia
(Fiume Padrogiano)
Sabbie e limi, lenti
torbose con fauna
palustre e ceramica
d’età énea
Olocene
7//8
Olocene
9
Depositi ghiaiosi e
sabbiosi
10
Discariche portuali; argille con molluschi
marini (Olbia)
Tab.2 : Litostratigrafia Quaternario (da Carta geologica d’Italia , in scala 1:100.000, F°182-Olbia). Dal più antico (1) al più recente (10).
dt
f
Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali
Alluvioni attuali o recenti, talora terrazzate e parzialmente cementate (ghiaie, detriti vari
torrentizi).
Qe
“ Duna antica “: sabbioni edianite, detriti minuti arrossati: “pseudo-panchina” Auct. Brecce
rossastr, poco coerenti; con resti di mammiferi (Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli all’Isola di
Tavolara e Capo Figari. Depositi calcariferi incrostanti, localizzati, con molluschi terrestri (Helix
serpentina, ecc.)
Conglomerati conchigliari grossolani con Conus testudinarius, Patella ferruginea, ecc.
(“Panchina” Auct.). TIRRENIANO
Brecce cementate con mammiferi (Prolagus sardus, Megaceros cazioti) : terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri [Helix serpentina] a Capo Figari
Brecce con mammiferi (Myotragus melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti, crostoni stalagmitici a
Capo Figari. Puddinga a piccoli ciottoli conservata in minuti lembi entro cavità del calcare (Isola
Tavolara). VILLAFRANCHIANO (?)
Sedimenti terziari e quaternari
CALCARE DI MONTE BARDIA- Calcari bianchi, massicci o grossolanamente stratificati,
spesso bioclastici od oolitici, a coralli, nerinee [Cryptoplochus pyramidalis (Muenst.), C.
macrogonius (Thurm.),ecc.] diceratidi ed altri molluschi. Tra i microfossili: Salpingoporella
annulata Car., Clypeina jurassica Favre, Thaumatoporella parvovesiculifera [Rain.],
Campbelliella striata [Car.], Kurnubia palaestiniensis Henson, Favreina salevensis [Par.].
KIMMERIDGIANO p.p.-PORTLANDIANO.
PLEISTOCENE
3
Q
Qb
Q
GIURASSICO
10-
G
11
Formazione
marina
Formazioni
marine
Spiagge ciottolose (qc)
Formazioni continentali
qc
Formazi
oni
continent
ali
qs
Discariche portuali ; argille con molluschi marini (Olbia)
Depositi salmastri di lagune temporanee (Sebkhe).
Formazione deltizia (Fiume Padrogiano): sabbie e limi, lenti torbose con fauna palustre (Emys)
e ceramica d’età ènea.
Sabbie e dune costiere recenti; cordoni a sbarramento di lagune (qs).
qd
qp
OLOCENE
A
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7-
G
10
FORMAZIONE DI DORGALI-Calcari micritici nocciola ad articoli di crinoidi, alternanze parallele
o irregolari di calcari e dolomie (settore sud-occidentale dell’Isola di Tavolara), dolomie
grigiastre o brune, spesso oncolitiche, talora a noduli di selce, con rari rostri di belemniti,
arenarie e conglomerati basali. BATONIANO-KIMMERIDGIANO p.p.
Siltiti ed arenarie grigie o giallastre a stratificazione incrociata, conglomerati ad elementi
granitici e scistoso-cristallini, sottili orizzonti e vene di lignite picea (I. Tavolara), in sacche tra
granito e la Formazione di Dorgali. LIAS?-DOGGER INF.?
f
Filoni ed ammassi di quarzo d’origine idrotermale.
Filoni aplitici, filoni ed ammassi pegmatitici (α);
filoni microgranitici, microgranitico-aplitici e micropegmatitici, talora a due miche (γf).
q
α
B
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ρ
F
δ
dt
γ
γ
c
γ
1
γ
P
γ
a
γ
σ
δ
K
ε
Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica,
ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche.Rari noduli cornubianitici per lo più
al contatto con i Graniti della Gallura.
a
Anfiboliti ad orneblenda non sempre distintamente scistose.
gm Migmatiti arteritiche a prevalente paleosoma con intercalazione di lenti e filoncelli, in genere
concordanti, pegmatitici, aplitici e microgranitici, localmente prevalenti sulla frazione
paleosomatica.
m
γ
Migmatiti per lo più arteritiche a prevalente neosoma.
Sg
Metabasiti pirossenico-granatifere a matrice simplettitica (originarie eclogiti?) e rocce
associate (scisti biotitico-anfibolici a granato, ecc.)in masserelle incluse nelle migmatiti a
prevalente neosoma (Punta de li Tulchi).
Tab. 3: Legenda stratigrafia F° 182 Olbia della Carta Geologica d’Italia (A + B +C:dal più recente in alto al più antico, in basso)
COMPLESSO
METAMORFICOMIGMATITICO
g
Formazioni metamorfiche
C
Rioliti a struttura porfirica ed a massa di fondo granulare o granofirica in filoni e, più
raramente, in ammassi; filoni afirici di riolite a struttura granofirica, talora a due miche e con
tendenza aplitica.
Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con
termini di transizione alla serie dacite-basalto.
Graniti grigio-rosati biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea
con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenentiscie ricche
dibiotite ed inclusi di varia natura (γ).Graniti cataclastici (γ c).
Mantelli eluviali dei corpi granitici e relative facies arcosiche (γ dt)
Graniti minuti o a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a
tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati.
Graniti porfirici con massa di fondo a grana media o medio-piccola, sulla quale spiccano
grossi cristalli di feldspato roseo o bianco e plaghe quarzose, localmente contenenti scie
ricche di biotite, chiazze e vene pegmatitiche ed inclusi di varia natura.
Alternanze tra graniti e micrograniti (Zone prossime a Ludurru)
Sienite alcalina (Dintorni di Berchiddeddu)
Masserelle differenziate quarzodioritiche biotitico-anfiboliche a grana a volte fine a volte
porfirica (K δ);
gabbri quarzifero-anfibolici a grana grossa (ε).
Formazioni eruttive
CICLO MAGMATICO ERCINICO
f
γ
F
Le sorgenti sono rare e localizzate, di norma, ma talvolta, in periodi di prolungata piovosità e di conseguente
saturazione dell’acquifero, soprattutto ove esso risulti poco potente (4-5 m) manifestano carattere di arealità
configurandosi come sorgenti per affioramento di falda freatica. In settori di maggiore spessore, in cui alle coltri
eluviali si sovrappongano mantelli alluvionali o accumuli di falda detritica, tali fenomeni sono più rari o non si
riscontrano. Al contrario, alcune aree, soprattutto quelle di recente urbanizzazione fra Maltana e Isticcadeddu, a
Ovest dell’abitato, sembrano possedere le condizioni geoidrologiche e morfologiche di maggiore
predisposizione al fenomeno di risorgiva. Tuttavia va rammentato che tali condizioni sono pur sempre
generabili anche al di sotto di aree colmate e/o urbanizzate di recente . La Fig. 16 fornisce in tal senso
numerose indicazioni.
Questa caratteristica idrogeologica in grado di innalzare, dopo prolungate piogge, il coefficiente di deflusso dei
corsi d’acqua, risulta in generale molto importante al fine di inquadrare gli eventi calamitosi a cui danno luogo i
rii della Piana di Olbia, ivi compreso il Gadduresu. Come già sostenuto, in caso di saturazione dell’acquifero e
di emersione della falda, gli afflussi, non potendo dare luogo né a flusso ipodermico né a flusso sotterraneo, si
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trasformano, evidentemente, totalmente in deflussi. Com’è noto, nell’ambiente urbano di Olbia a ciò si deve
aggiungere l’insufficienza dei sistemi di drenaggio artificiale e la conseguente scarsa capacità di smaltire
l’incremento del deflusso di superficie causato dell’impermeabilizzazione dei suoli.
Osservazioni speditive su alcuni pozzi rilevabili sul bacino del Riu Gadduresu e nel Riu San Nicola, in
prossimità degli alvei/canali, hanno posto in evidenza, com’era facile immaginare, una falda drenata dai corsi
d’acqua con livello statico localizzabile a profondità di 1 m circa dal p.c..
6 PERICOLOSITA’ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO
6.1
PERICOLOSITÀ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO
Nel caso di Olbia, a dispetto dei dati dei cumulati di piovosità, indubitabilmente più bassi rispetto a numerosi
centri vicini, tutta la zona idrografica sottesa al centro abitato, è certamente interessata da un generale stato di
pericolosità idrogeologica, in particolare di natura idrologica e idraulica. Ciò è in primo luogo il risultato di:
1. la conformazione oroidrografica, favorevole a condizionare gli eventi di pioggia, a prescindere dagli
effetti sul suolo;
2. la natura dei sostrati litologici per lo più poco permeabili;
3. la scarsa capacità di ritenzione dei suoli.
mm
Altezze di pioggia annuali (1922-2001) della stazione pluviometrica di Olbia
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1
11
21
31
41
51
61
71
anni di osservazione dal 1922 (1) al 2001 (80)
Fig.16 - Altezze di pioggia annuali (1922-2001) nel pluviometro di Olbia
Lo sviluppo urbano concentrato da un lato e disordinatamente diffuso in ambito rurale interferiscono con le
questioni di cui al punto 2 e 3 e accentuano il rischio.
Dal punto di vista idrologico i fenomeni intensi di Olbia sono di consueto giustificabili in base ai dati di pioggia
della stazione di Putzolu più che di quelli di Olbia, come si ricava anche dalla tabella seguente basata su
cumulati
pubblicati negli
n° evento
Giorno/i
Piovosità (mm)
Piovosità (mm)
Annali
Idrologici.
Mese
Anno
intenso
Effettivo/i
Staz. Olbia
Staz. Putzolu (Telti)
1
20
11
2
17/18
10
1929
N.D.
N.D.
1951
55,3/56,8
106/93,8
3
21
4
9
11
1958
42,2
71
11
1964
42
90
5
6
18
12
1964
80,8
25
3
10
1967
18,2
15
7
11
9
1969
32,2
87
8
8
9
1972
55
42
9
31
12
1972
63
163
10
3
1
1973
21,6
13
40
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PI: 01819860907
11
18
2
1974
15,2
52
12
21
7
1974
18,6
13
3
9
1975
10,4
20,9 (20 Luglio)
11,2
15
3
12
1976
12,6
21,3
16
7/8
4
1978
26/21,4
56/67
17
19/20/21
10
1978
Non registrata
75/50/17
20
21/22
2
1979
59/46
130/69
21
11
10
1980
14,8
30
23
12
7
1981
3,2
50
24
28
10
1981
18,4
65 (27 Dicembre)
Tab. 4 - Eventi critici e precipitazioni reali.
L’esame della documentazione storica relativa ai fenomeni calamitosi più significativi verificatisi nella Gallura
negli ultimi ottanta anni ne ha confermato lo stretto legame con le piogge ed ha consentito di sintetizzare per
Olbia e dintorni, gli eventi schematizzati in Tab.5.
n° evento
Giorno
Mese
Anno
Comune
Bacino Idrografico
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
20
17/18
21
10
17
2
10
7
30
2
17
20
2
10
2
7
20
21
12
12
11
6
11
27
15
7
11
10
11
11
12
10
09
09
12
01
02
07
09
10
12
04
10
02
03
09
10
01
07
10
02
11
1929
1951
1958
1964
1964
1967
1969
1972
1972
1973
1974
1974
1975
1975
1976
1978
1978
1979
1979
1979
1980
1981
1981
1981
1983
1983
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia (S. Pantaleo)
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
2
27
18
16
3
9
26
25
10
3
13
15
21
6
30
12
09
11
10
12
12
12
01
03
12
01
11
04
12
01
1983
1989
1989
1990
1990
1990
1990
1992
1996
1998
2001
2001
2002
2004
2006
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
0lbia
0lbia
N.D.
Vari
S.Nicola
Padrogiano ?
Padrogiano
N.D.
N.D.
N.D.
Gadduresu/C. Zozò
Padrogiano et al.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
Gadduresu/S.Giovanni
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
S’Eligheddu/Gadduresu
Loddone/Enas/
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
C.Zozò
C.Zozò
Gadduresu
Gadduresu
Gadduresu
Vari
Padrogiano
Padrogiano
N°Scheda
S4 AVI *
600042
-------------600161
600225
600226
600266
600289
600337
600345
600346
600357
600366
600379
600382
600426
600431
600433
600443
600444
600455
600471
600482
600485
600488
600511
600518
600523
600593
600595
600607
600610
600611
600614
66000007
8600001
-------------------------------------------------------------------
Tab.5 - Quadro degli eventi che hanno interessato il centro abitato di Olbia e/o il suo circondario (sino al
2006. I numeri dell’ultima colonna sono relativi al catalogo A.V.I. (Aree Vulnerate Italiane) a cura del
G.N.D.C.I (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche) del C.N.R.. La data è di
riferimento convenzionale, poiché in realtà molti fenomeni si sono protratti per più giorni.
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Di seguito si riportano i dati dell’Alluvione del 18 Novembre 2013 tratti da rapporto denominato “Evento
alluvionale del 18 Novembre 2013 Valutazioni delle precipitazioni- 02- Aggiornamento del 17.12.2013.”
(Direzione Generale Agenzia Regionale del Distretto Idrografico della Sardegna).
Stazione
Comune
Latitudine
Longitudine
Quota (m)
Valore (mm)
Massima
oraria
Olbia
Olbia
4530430
1542780
15
117,6
36mm
Putzolu
Olbia
4528900
1534000
100
175,2
54mm
intensità
Tab. 6 – Dati cumulati di pioggia durante l’evento 18 Novembre 2013
In base ai confronti storici si riscontra che il dato cumulato del 18/11/2013 di Putzolu è il massimo della serie
statistica, come confermato dalla pubblicazione [4] in Bibliografia.
Tab.7 - Analisi statistica cumulati di pioggia tratta da Tab. 5-A ARPAS-Sardegna (2013) – Analisi dell’evento meteorologico del 18 novembre
2013. pp.163.
La tabella seguente, in base a dati di cronaca, riscontra invece della casistica dei fenomeni di alluvionamento
e di allagamento che hanno interessato il territorio o la città di Olbia negli ultimi 15 anni.
DATA
Gennaio 2001
3 Settembre 2004
14 Giugno 2005
PIOGGIA
65 mm
130 mm
nd
130-150 mm
(in 1,5 h)
nd
67 mm
(in 5ore)
AREA COLPITA
28/29 Novembre
2008
43,8 mm
(in 24 ore)
Quartieri di Putzolu, Maria
Rocca e Santa Mariedda
Gennaio 2010
nd
13 Ottobre 2010
nd
Quartieri di Pittulongu,
Santa Mariedda e zona
Fausto Noce
Viale Aldo Moro, Via
Veronese, Via Di Cambio,
23 Dicembre 2007
4 Novembre 2008
Nord Olbia
Sud Olbia
Olbia
Costa di Olbia,
centro abitato di Olbia
DANNI-CRONACA
Non documentati
Non documentati
Diluvio breve non riporta danni considerevoli
Nube temporalesca imperversa ore e ore sulla città
e su San Teodoro.
Non documentati
Allagamento traverse di viale Aldo Moro tra cui via
De Simone e via Pozzo; chiusura di via Escrivà,
allagamento sottopassaggio; sulla sopraelevata
sud comparsa di pericolose buche.
Problemi sulle strade: allagamento di via Bronzetti,
via Como, via San Domenico e via San Michele.
Crollo ponte via Libeccio (Pittulongu)
Non documentati
Strade in tilt e ponte crollato.
Viale Aldo Moro bloccata, tombini saltati e
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2-3 Marzo 2011
nd
18 Novembre 2013
117,6 - Olbia
(175,2 Putzolu)
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Via Venezia, quartiere di Sa
Minda Noa, zona di
Bandinu e di Putzolu e
quartiere di San Nicola.
Centro Urbano e agro
bacini sottesi
Tutta la piana e il centro
urbano
circolazione ferma, via Veronese allagata.
Nella zona di Putzolu il rio S’Eligheddu ha
sommerso il ponte che collega la zona con la
strada provinciale.
Vari
Richiesta stato di calamità
Milioni di euro di danni
Vittime umane
Interventi di portata nazionale
Richiesta stato di calamità
Tab. 8 - Fenomeni Alluvionali o di allagamento registrati in Olbia dal 2001 al 2013 (dall’archivio personale basato su cronache di quotidiani
locali)
L’assetto fisiografico è dominato come visto da rilievi di varia altitudine che cingono a guisa di anfiteatro
orografico una limitata piana costiera, piuttosto singolare in termini di articolazione geomorfologica per la
presenza sia di una rete idrografica relativamente densa in quanto a drenaggio (densità e frequenza di
drenaggio), sia esso naturale o, come emerge dall’elaborato A07 dello Studio di Variante, artificiale (data
l’originaria incidenza e diffusione di depressioni senza sbocco) e con coefficienti di deflusso superiori alla media
sarda. Una delle conseguenze di tali configurazioni fisiche è data dai tempi di corrivazione molto meno elevati
di quelli che tradizionalmente vengono considerati per i calcoli idrologici e idraulici e l’abbondanza storica di
paludi alimentate anche per via sotterranea (risorgive di falde a bassa soggiacenza).
Del pericolo idrogeologico testimoniano del resto i numerosi eventi calamitosi che, seppure con varia intensità e
distribuzione, hanno colpito l’area idrografica di Olbia, in particolare l’area urbana, anche in anni recenti.
Malgrado si evidenzino, di norma, anche in questa casistica, strette correlazioni fra dati pluviometrici ed eventi
di criticità idraulica, si è visto che non tutti fra questi sono susseguiti a fenomenologie particolarmente intense
sul piano idrologico. Ciò a riprova di due importanti questioni:
 la prima, è che come detto, buona parte del bacino drenante su Olbia non è affatto descrivibile
pluviometricamente coi soli dati locali ma semmai con quelli di stazioni più occidentali, situate a quote
maggiori, orograficamente montane, di Telti (Putzolu), più in grado di registrare gli afflussi di tipo
orografico-convettivo che possono scaricarsi sulla rete sottesa alla sezione di Olbia. Di ciò fanno fede
anche i dati idrologici relativi al 18/11/2013 (cfr. Studio Idrologico);
 la seconda, è che i fenomeni di piena si spiegano anche e soprattutto in rapporto all’intensità dei
deflussi e che la trasformazione spaziale e temporale afflussi-deflussi, nel contesto osservato, è, più
che altrove, in stretta relazione tanto con le caratteristiche geomorfologiche quanto, come si dirà
meglio in seguito, con quelle idrogeologiche del territorio.
Si deve infine ribadire che:
a) la Piana di Olbia è circondata da un anfiteatro di basse montagne (Monte Pino; Monte Plebi etc.) ad alta
energia di rilievo; in pratica la frangia orografica corrisponde, nel suo tratto di monte, ad un estesa cornice
di superfici di elevato gradiente clivometrico, in cui si determinano convergenze di varie reti idrografiche di
I e II ordine gerarchico la cui pendenza, che a monte tende ad inasprire la velocità, si abbatte in poche
centinaia di metri;
b) la modestissima capacità di smaltimento naturale per via sotterranea dell’assetto geolitologico;
c) gran parte dell’area urbana di Olbia, risulta, per le ragioni derivanti da quanto su esposto, edificata su aree
un tempo paludose, ora per acque stagnanti ora per risorgive di falde superficiali, bonificate a seguito
d’interventi complessi messi in campo fin dagli inizi del XX secolo. Le opere di regimazione, consistite in
colmate massicce di aree depresse, inalveamenti, derivazioni, rettificazioni e canalizzazioni, hanno
determinato un assetto idrografico del tutto artificiale via via consolidatosi ed ancora in fase di
sistemazione. Tale assetto ha fatto leva sulla realizzazione di canali ora in terra ora protetti e più di
recente cementificati e a tratti tombati (il Paule Longa, il Tilibas sono interamente e a tutti gli effetti Canali
di Bonifica);
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d) le Bonifiche delle Paludi Salinedde (Parte a Nord e Parte a Sud di Terranova; cfr. Elaborato A07) col
corteo di opere complementari e successivi hanno avuto necessità di interventi di regimazione e
colmamento sul bacino del Riu di San Nicola e su quello del Rivo Gallurese (oggi denominato Riu
S’Eligheddu). Il primo un tempo alimentava lo stagno di retro spiaggia localizzato in corrispondenza
dell’attuale parco pubblico e complesso sportivo Fausto Noce. Qui, le reti divaganti provenienti da una rete
indistinta a Sud (che diede vita al Canale Zozò) e dal San Nicola a Nord, confluenti nella palude
retrostante il cordone litorale, furono separate16 e convogliate tramite due canali artificiali a sezione
trapezia in n. 2 rami sfocianti nel cosiddetto Porto Romano (Fig. 17). Il secondo, ancor più complesso e
composito, ha bonificato, sempre con colmate e opere di rettificazione e incanalamento, il tratto terminale
del torrente, peraltro all’epoca originante un delta interno alla Laguna di Olbia.
Fig. 17 - Stralcio della planimetria di progetto del Piano Generale della palude Salinedda S. Simplicio a nord di Terranova. (ed. 1900).
e) alle fenomenologie idrauliche derivanti da piogge intense si associano, sempre più spesso, pesanti perdite
di aliquote di suolo in ragione di sempre più scorretti approcci antropici nel suo uso. La più palese
conseguenza dal punto di vista della nostra trattazione è rappresentata dalla sovrabbondanza di trasporto
solido nelle dinamiche di piena, la quale, malgrado le basse pendenze è pur sempre ben osservabile negli
alvei attraverso l’esame dei depositi, di norma sabbiosi e ghiaiosi17. Si consideri peraltro l’abbondanza dei
materiali artificiali presenti nelle aree di espansione dell’attuale idrografia, a cominciare da quelli stessi che
costituiscono le colmate storiche condizioni favorevoli, che offrono condizioni palesemente favorevoli
all’erosione in caso di fenomeni particolarmente intensi e su tratti a correnti veloci, come in diversi casi è
stato l’evento del 18/11/2013 (si pensi alla massiccia erosione spondale del Seligheddu a valle del ponte
su via V. Veneto [Fig.7] e del San Nicola a valle dell’attraversamento di via Petta e, in Sx, a valle del
ponte di via Spensatello (Fig. 18) fino a via Ferrini. E’ da notare peraltro che tali fenomeni si accentuano
in ogni situazione al passaggio fra sponde in terra e sponde protette;
Si noti che il più recente intervento di sistemazione idraulica in ambito urbano (cfr. A07) ha nuovamente reso comunicanti i due sistemi, con una singolare opera di
derivazione tramite diversivo che, con inizio in Via Veronese e termine in via F. Noce, induce a scaricare le piene del Riu San Nicola sul Canale Zozò. Tale sistema si
è rivelato comunque insufficiente il 18 Novembre 2013.
17 I loro volumi, pur potendo rappresentare un’aliquota importante nelle portate al colmo di piena, soprattutto in concomitanza di strozzature idrauliche con rigurgiti
dovuti a scarsità di luci e/o ad aumento di attrito (caso consueto: tubolari in zinco), quindi nei casi di criticità, sono purtroppo sistematicamente ignorati nei calcoli
idraulici. A ciò si aggiungano i materiali flottanti durante le piene; ciò rende davvero problematico qualunque riferimento di opportunità al “franco idraulico”.
16
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Fig. 18 - Stato erosivo delle sponde a valle di via Spensatello
f) L’agro e la cintura urbana di Olbia appaiono fortemente interessati da queste dinamiche erosive in
conseguenza, rispettivamente, di talune pratiche agronomiche (estese superfici con aratura meccanica a
rittochino; dissodamenti) e della proliferazione dei cantieri con annesse pratiche di, sbancamenti,
escavazioni, riporti e compattazione (in seguito, per semplificare, “movimenti terra”), che intervengono su
litologie di per sé favorevoli ai fenomeni di degradazione fisica, sia che si tratti di arenizzazioni che di
materiali detritici di colmata. Nel primo caso il risultato è l’aumento sensibile del ruscellamento, con
formazione di superfici interessate da rill erosion o erosione in rivoli (o addirittura gully erosion, erosione i
solchi), quando le pendenze si aggirano e superano il 15%-20%. Nel secondo caso, il taglio ed il
conseguente denudamento di ampi volumi di roccia, talora già alterata, rende disponibile all’aggressione
delle acque, sempre più vaste superfici. Inoltre, l’apertura di via via più numerose strade sterrate di
servizio, senza la necessaria manutenzione nè reti di drenaggio sulle cunette, la movimentazione
meccanica e l’azione di compattamento sui suoli, si traducono sistematicamente in una drastica
diminuzione di macro e microporosità, di capacità di ritenzione idrica del substrato e di crescita radicale
delle piante. Il risultato di ciò è costituito da una generale impermeabilizzazione di larghe parti di territorio
urbano, di incremento della velocità e dell’intensità erosiva nei tratti torrentizi periurbani. Tali
fenomenologie, benché sottovalutate sul piano idraulico, sono in ambito urbano le maggiori responsabili
dell’intasamento di caditoie e tombini. E’ inoltre noto che in ambiente mediterraneo per produrre
abbondante deflusso ed abbondante erosione, sono sufficienti piogge con intensità oraria > 12 mm/h.
Complessivamente, pertanto, l’azione erosiva si traduce in crescenti aliquote di sedimenti che
interferiscono con le regolari dinamiche dei corsi d’acqua le quali, una volta sedimentate, anche nei casi di
sistemazioni d’alveo con fondi e sponde artificiali (come per il Riu Gadduresu, il Riu San Nicola e il Riu
S’Eligheddu, Paule Longa), favoriscono la colonizzazione e la proliferazione di vegetazione riparia,
laddove la riduzione di velocità ottenuta con l’ampliamento delle sezioni realizzate con le sistemazioni,
favorisce la deposizione dei sedimenti più fini e quindi induce maggiori necessità manutentive;
g) Lo scarso stato di manutenzione in tempo reale in cui necessariamente versa la porzione di rete
idrografica tombata, soprattutto in relazione alla possibilità di numerosi materiali flottanti derivanti
dall’insediamento;
h) Il taglio recente della vegetazione arborea (Pioppi naturali ed Eucalipti impiantati con le bonifiche) che
consente un irradiamento maggiore chein passato e più che in passato, quindi, favorisce la proliferazione
vegetazione dei canneti, particolarmente nei tratti in terra;
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i)
l’assetto canalizzato e rettificato conferito dall’inizio del secolo fino ai nostri giorni appare una delle
condizioni di sviluppo di massima vulnerabilità data la possibilità che per le portate di progetto si verifichino
velocità talora del tutto incompatibili (> 5 cm/sec) con gli scenari di alluvionamento in ambito urbano e,
soprattutto in un contesto privo di opportune fasce di rispetto;
j) l’incongruenza idraulica di alcuni manufatti rispetto alle condizioni circostanti (Fig. 19).
k) le condizioni al contorno di foce determinate dalla possibilità che gli effetti combinati di marea, bassa
pressione e frangimento possono determinare (valutati in +1 m s.l.m. dal PSFF e non contemplati nel
PAI)18;
l) una trasformazione complessiva del territorio che non ha curato la realizzazione delle necessarie mopere
di correzione;
m) per i motivi esposti occorre sottolineare che, allo stato attuale, la città di Olbia, considerati tutti i fattori che
concorrono a comporre il quadro generale e particolare del suo rischio idraulico, visti i risultati dell’indagine
regionale relativa al Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) sui sub bacini di riferimento, confermata dai
risultati del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) debba considerarsi l’area di maggior rischio e di
maggiore vulnerabilità idraulica della Sardegna.
Fig. 19 - Attraversamento di via Stromboli sul Gadduresu. Ripresa da monte
6.2
CORRELAZIONE CON L’EVENTO ALLUVIONALE DEL 20-21 FEBBRAIO 1979
La Città di Olbia nel corso dei decenni del XX secolo è stata interessata da numerosi eventi di precipitazione
intensa, che nel tempo hanno via via determinato sempre più numerosi effetti sul territorio in ragione
dell’evoluzione insediativa. L’evento del 18 Novembre 2013 è certamente quello che più di tutti ha manifestato
la vulnerabilità del tessuto urbano in relazione all’assetto idrogeologico. Tuttavia in un primo momento esso ha
avuto modo di essere comparato con quello del 20-21 Febbraio 1979. Ciò in quanto, ai più, sono apparsi simili
gli effetti dell’intensità dell’esondazione del Riu Gadduresu sulle aree contermini. In realtà la ricostruzione
dello scenario di evento del 2013 (cfr. A08) è piuttosto diversa dalla precedente, nonché nettamente più
complessa. Ciò non solo per ragioni strettamente idrologiche ma anche per evidenti implicazioni, vuoi
idrauliche vuoi geomorfologiche, conseguenti allo straordinario differenziale urbanistico determinatosi fra le
18
E’ noto che in determinate condizioni meteorologiche, a partire dalle foci nei canali possano svilupparsi anche moti contrari al deflusso, oltre che aumento del
l.m.m..
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due vicende; cosa questa che ha comportato modificazioni e complicazioni dell’assetto idrogeomorfologico, in
particolare nell’assenza di opportune fascia di tutela utilizzabile per l’espansione.
Al di là delle strette cause innescanti, da alcuni specifici riscontri tratti dalla documentazione di chi scrive 19,
resta tuttavia comprovata una certa similitudine locale fra le dinamiche dei due eventi, data l’asprezza
dell’allagamento in alcune delle strade più coinvolte nel 1979, fra cui via Tintoretto, via Giotto, via Bellini, via
Goldoni, via Pergolesi, via Cimarosa e via Masaccio. Inoltre, sempre dalla stessa documentazione, si ricavano
importanti elementi a supporto delle anamnesi sul Riu Gadduresu e delle sue, strutturali o meno, criticità. Di
seguito si riportano alcuni passaggi del Documento:
“Risponde a verità che causa determinante dei danni provocati ad Olbia dall’alluvione del 20 e 21 Febbraio è
stata l’alterazione, l’interrimento e, in alcuni casi, il completo tombamento dei canali di bonifica esistenti. Ciò in
conseguenza di un’espansione edilizia caotica e incontrollata.
Immediatamente dopo il verificarsi dell’evento questo Assessorato disponeva con la Perizia in data 9.3.1979
n.1065, l’esecuzione di lavori di pronto intervento tendenti a ripristinare la funzionalità dei canali di bonifica con
la costruzione di alcuni ponti su strade di urbanizzazione recentemente costruite che attraversano i canali con
tombini di sezione assolutamente insufficiente.
I lavori di cui sopra venivano affidati all’impresa Mario Achenza di Ozieri la quale però era costretta a condurli
in maniera irrazionale a causa degli impedimenti opposti dai proprietari confinanti”…..
6.3
PERICOLOSITÀ PAI E PSFF
Nel settore a monte di Olbia l’inviluppo di creste rocciose determina un anfiteatro montuoso a forti pendenze
fino ai limiti della piana alluvionale, dal quale si genera una ricca rete idrografica defluente verso Est e SudEst.
A tale rete idrografica che nel suo stato originario tendeva a ridurre le velocità a qualche centinaio di metri
dalla costa, assumendo dapprima assetto a meandri e poi ad impaludarsi o ad espandersi in stagni ed
acquitrini, è stato progressivamente assegnato un assetto canalizzato rettificato (S’Eligheddu/Rivo Gallurese,
San Nicola (San Nicolò), Gadduresu/Santa Cecilia, Paule Longa, Zozò/Gialdinu, Tannaule; PadredduriBalidone, Cabu Abba-Tilibass nel settore Est), con fondo e sponde cementificate (e talora, più di recente,
tombate) che, laddove le portate siano robuste, costituisce una condizione di incremento degli effetti della
pericolosità dei torrenti in caso di alluvione, soprattutto nel contesto urbanizzato.
Le cartografie delle Figg. 20, 21 e 22 riportano a scala ridotta le Tavv. 19Hi, 20Hi e 27Hi del P.A.I. (SubBacino 4-Liscia) che illustrano una parte della Pericolosità idraulica del centro urbano e dell’area aeroportuale.
Va notato che la perimetrazione del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) da Parte della R.A.S. (ADIS,
2013), avviata nel 2006 e approvata nel corso del 2013 ha e introdotto ulteriori aree di pericolosità per il Riu
San Nicola (Fig.12), sviluppando l’area Hi1 (Fascia C ex PSFF) per il Riu S’Eligheddu e ampliando e
precisando la pericolosità per il Padrogiano. Esso tuttavia non ha apportato perimetrazioni ulteriori su Riu
Gadduresu , su Riu de Tannaule e Canale Paule Longa, lasciando inoltre aperta la questione dell’area
industriale ad Est del C.A. e dei centri abitati minori interessati da idrografie non irrilevanti (San Pantaleo,
Marinella; Cugnana; Murta Maria; Porto Spurlatta, Berchiddeddu).
C’e da notare fini del PSFF non è stato considerato il torrente tributario del San Nicola, cioè il Riu de S’Abba
Fritta; il S’Eligheddu, per ragioni interne al procedimento amministrativo, è stato considerato corso d’acqua
secondario e pertanto ne è stata elaborata la sola fascia C Geomorfologica. In questo caso l’’alluvione del
18/11/2013 ha dimostrato che la capacità espansiva del corso d’acqua in Sx è nettamente superiore a quanto
illustrato sulla tavola in Fig. 24.
19
Prot. N.20652 O/I del 26/11/1979 dell’Ass. dei LL. PP. della RAS - avente a oggetto “Istanza comitato di quartiere “Gregorio” e “Orgosoleddu (S.Maria) di Olbia a
firma dell’Assessore dei LL. PP. S. Floris.
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Fig, 20 - Tav. 20 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005).
Fig. 21 - Tav. 27 - Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). L’anomalia a valle della chiusura della
perimetrazione è spiegabile con la mancata verifica delle area di foce. La perimetrazione è concettualmente
errata e non è realistica
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Fig. 22 - Tav. 19 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). Ai fini PAI questa perimetrazione è superata
da quella del PSFF Cfr. Fig. 23
Fig. 23 - Tav. SN001 del Sub Bacino Liscia. PSFF (Aprile 2012) - Bacino Riu San Nicola. Cfr. Fig.22
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Fig. 24 - Fascia geomorfologica del S’Eligheddu nella riduzione della Tav. SE001
6.4
PERICOLOSITÀ IDRAULICA NON PERIMETRATA DAL PAI
Sono numerosi ed importanti i tratti critici della rete urbana e periurbana di Olbia ignorati dal PAI. Per quanto
attiene all’area urbana, le più rilevanti sono tra gli altri, quella del Riu Gadduresu (fatto salvo l’ultimo tratto
focivo e prefocivo, perimetrato nel PAI nell’ambito della perimetrazione del Riu S’Eligheddu), il canale Paule
Longa interamente tombato, i canali di Tilibas e i torrenti nella Zona Industriale ad Est del centro abitato (Riu
Cabu Abbas; Riu Padredduri, Riu Cocciani) tutti drasticamente riconfigurati, sia longitudinalmente che
trasversalmente sul piano geometrico per le esigenze della stessa area industriale (la palude Tilibas fungeva
da recettore del Cabu Abbas che è stato deviato con canale rettificato e foce sul porto industriale.
6.5 PERICOLOSITÀ E URBANIZZAZIONE
L’alluvione del 18 Novembre 2013 ha rivelato quale sia lo stato di vulnerabilità della città nei confronti del
pericolo idraulico a fronte degli interventi di mitigazione eseguiti a partire dal 2003-4 ed in corso di esecuzione,
ovvero l’incompatibilità dell’attuale tessuto urbano nei confronti dell’assetto idrografico ivi defluente tanto sul
piano idrologico-idraulico che geomorfologico. Secondo le conclusioni della Relazione sull’Assetto Storico (cfr.
A07), nell’area urbana di Olbia (sensu Variante), la rete idrografica è costituita presso che integralmente da
Canali di Bonifica realizzati e/o completati nei primi tre decennni del XX secolo. Fanno eccezione a tale
generalizzazione solo:

il ramo affluente in Dx del San Nicola, denominato Riu de S’Abba Fritta,

il ramo a monte di via S. Petta del Riu San Nicola

il ramo a monte dell’ultimo intervento di rettificazione così come riportato nella Fig. 25.
50
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Fig. 25 – Piano parcellare tratto da Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della strada
provinciale Terranova-Monti20. Scala 1:4000 (ed. 1926). Il circolo tratteggiato indica l’ultimo tratto canalizzato di monte del corso d’acqua


i compluvi esterni al tessuto urbano che concorrono a formare il Canale Zozò (tratti a monte di via
Guinizelli),
il ramo del Riu de Tannaule a monte della ferrovia
E’ di tutta evidenza che la dinamica urbanistica ad Olbia abbia incrementato tanto il rischio quanto il pericolo
idrogeologico stesso. Infatti con l’urbanizzazione oltre alla progressiva riduzione dello spazio di espansione per
le piene, si è determinata la progressiva obliterazione di una cospicua parte dell’originario assetto morfologico
del territorio a bassopiano sovra escavato e contrassegnato da ingente presenza di conche palustri. Queste
ultime ancor che bonificate con rettificazioni, canali e colmate, sono state progressivamente ammantate,
peraltro con un differenziale evidente negli ultimi 35 anni, da un tessuto edificato talora assai denso, soprattutto
in prossimità di alcuni canali (su tutti il Gadduresu), il quale si è rivelato fin da subito sempre meno compatibile
con le caratteristiche idrografiche dei luoghi, compresi quelli bonificati, in ragione crescente con l’assenza di
opportune condizioni di regimazione.
Fig. 26 – la vistosa incongruità ed insufficienza della sezione del sottopasso (da monte a sx e da valle a dx) di via Amba Alagi
(Gadduresu) esasperata dalle soluzioni attuate. Si noti l’incombente interrimento della sezione di valle, di recente ampliata a
seguito d’intervento di sistemazione, che ha comportato anche il taglio della vegetazione arborea sulle sponde (e conseguente
maggiore irradiamento favorevole alla proliferazione di canne).
20
La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII.
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Fig. 27 – Il nuovo ponte per l’area ex artiglieria, è stato realizzato con intradosso sollevato rispetto al
precedente per evitare i rigurgiti del Gadduresu in caso di piena ; tuttavia le quote permangono più
basse di quelle delle travi di sostegno dei piloni del viadotto.
Questo processo di perdita presso che totale della “memoria” idrografica è stato tardivamente messo in
discussione, prima dal PAI e poi da una certa ricorrenza degli eventi calamitosi che hanno sì richiamato alla
necessità di opere di mitigazione, senza mai addivenire, però, ad un’organica e sistemica visione dell’intero
assetto idrografico nel quale, a fronte della relativa maggiore importanza del S’Eligheddu, possono giocare un
ruolo non trascurabile i torrenti minori e gli affluenti. Come, del resto, il presente studio è in grado di dimostrare
anche con il solo riferimento al doppio travaso di portata, prima dal S’Eligheddu al Gadduresu (Settore di via
Bottego-via Marco Polo e scuola A. Diaz) e da questo, nuovamente, al S’Eligheddu (via Cimabue; via Umbria,
via Lucania e via Umbria).
L’alluvione del18/11/2013 ha colpito tutta la rete idrografica ma le conseguenze intese come danni alle cose ed
alle persone sono state più accentuate soprattutto in corrispondenza dei tratti contrassegnati da tombamento,
da esasperata modifica geometrica delle sezioni longitudinali e/o dalla presenza di depressioni morfologiche
non dotate degli opportuni presidi o con presidi del tutto insufficienti (cfr. elaborato A08).
7
SISMICITÀ
Questo tema attiene ad una condizione generale al contorno. Lo studio della pericolosità sismica attiene agli
approfondimenti di fase preliminare di competenza geotecnica. Non di meno a quegli scopi si riscontra che
l’intero territorio della Sardegna risulta essere stato inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica
nazionale operata attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004).
In tale sfondo non sono state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati
forniti contributi o articolazioni inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole
pericolosità sismica. Per cui anche il territorio di Olbia ricade in tale classe.
Non di meno è noto, che il territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure
debolmente (M.C.S.= 4-5), della sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale
del Mediterraneo occidentale) che di quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna.
Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati
riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di Sardegna.
Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del:
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26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture
tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada);
03/03/2001
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
21/04/2001
(3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
10/02/2002
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
20/10/2003
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
12/12/2004
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
18/12/2004
(4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
15/10/2008
non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico;
09/11/2010
(magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese
28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo
della Corsica; avvertito nel Sassarese
04/03/2012
(magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese.
La Fig.29 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del
26/4/2000, segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della
Gallura, soprattutto a Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare
interessante, ai fini della presente relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino
i seguenti riscontri, relativamente alla scossa sismica:
Olbia
Posada
Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di pavimenti; tintinnio di
pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La
popolazione si è riversata nelle strade. Leggere crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche
pezzo di intonaco è caduto, qualche vaso rotto e una credenza rovesciata.
Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le scrivanie hanno tremato.
(si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione
dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso).
Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di
Sardegna, Io = 6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. che hanno portato alla
compilazione della successiva tabella delle intensità (si ricorda che la soglia del danno è quella di Io > 5-6).
Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è
classificato come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di
superamento pari al 10% in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro
zonazione (cfr. DM 14 gennaio 2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08).
L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle
convenzionali procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in
progetto.
Lat
Long.
Profondità (km)
Data UTC e ora
Magnitudo
Provincia evento
Località
13:28
4.1
SOTTOMARINO
Tirreno
centrale
Tirreno
40.956
10.216
5.67
26/04/00
40.831
10.414
24.59
27/06/00
04:07
4.1
SOTTOMARINO
01:54
4.2
SOTTOMARINO
40.866
10.084
11.05
03/03/01
41.092
10.19
33.47
21/04/01
17:31
3.5
SOTTOMARINO
16:21
3.1
SOTTOMARINO
3.1
SOTTOMARINO
10.160 10.0
4.2
18/12/04
09:12
40.898
10.168 10.0
4.3
Tab.9 - Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/
SOTTOMARINO
40.957
10.277
10.0
10/02/02
41.711
9.198
8.4
20/10/03
21:23
12/12/04
11:52
40.830
SOTTOMARINO
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Corsica
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
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Fig. 28 Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi.
Fig.29 - Intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000
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CONCLUSIONI
La presente relazione che per quanto di competenza è complementare agli elaborati A07 e A08, ha esposto il
quadro delle conoscenze a carattere geologico, geomorfologico e idrogeologico che debbono essere assunte e
tenute in debita considerazione nell’ambito dello Studio della Variante al PAI di Olbia. Ciò in quanto le variabili
che ad esse fanno riferimento giocano un ruolo rilevante nello sviluppo al suolo delle dinamiche di piena, dei
corpi idrici superficiali che ne attraversano il territorio in ambito urbano, condizionandone la risposta, sia essa
impulsiva o meno. I corpi idrici considerati sono stati:







il Riu San Nicola-Riu de S’Abba Fritta,
il Canale Zozò,
il Riu S’Eligheddu,
il Canale Riu Gadduresu,
il Riu de Tannaule,
il Canale Paule Longa (Riu Bandinu)21
il Canale Tilibas
L’uso del termine Canale in luogo o in aggiunta al consueto Riu in questa sede è stato in ossequio alle
conclusioni dell’elaborato A07 (Relazione Assetto Storico)
Nel corso dell’indagine, si è accertato o si è confermato che la pericolosità idrogeologica del territorio di Olbia
e, nello specifico, della sua area urbana, ha nei seguenti elementi le sue cause predisponenti:
1. Basamento geolitologico poco permeabile in genere e quasi impermeabile a monte;
2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano alti
gradienti clivometrici;
3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo che ne giustifica il sostanziale denudamento, con
coperture molto limitate e tendenzialmente collocate solo sulla stretta frangia costiera.
4. Scarso sviluppo longitudinale della Piana costiera;
5. Morfostruttura e tronchi vallivi principali impostati lungo direttrici tettoniche o da esse condizionati;
6. Bacini idrografici circolari o sub circolari in grado di sviluppare idrogrammi di piena più impulsivi (molto
chiaro il caso del S’Eligheddu) e quindi anche con maggiore capacità di carico solido a parità di portata;
7. Presenza di un diffuso, più o meno continuo ma di spessore variabile, stato di alterazione delle matrici
rocciose granitoidi in particolare di quelle granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino
all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda, talora meno e che rende molto più suscettibile di
erosione il sostrato granitoide;
8. Presenza di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo antiche
che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici, con saltuarie
possibilità di innesco di colate di detriti;
9. Elevata energia del rilievo nel settore collinare e in quello montuoso retrostante la piana costiera in
comunicazione idrografica con l’area urbana;
10. Modesta capacità di immagazzinamento delle coltri arenizzate, in quanto di modesto spessore nelle aree
pianeggianti;
11. Scarsa capacità di ritenzione idrica nel territorio urbano e nelle frange popolate periurbane, ancor che non
bitumate, per la presenza di ampi spazi di suoli rimaneggiati o costipati nell’ambito dello sviluppo edilizio,
tanto più in un contesto pervasivo di Piani di Risanamento;
12. Diffusione di spazi idrografici occupati da materiali di risulta recenti e da colmate conseguenti a progetti
storici, tutti facilmente erodibili in caso di dinamiche impulsive;
13. Prevalenza morfodinamica dell’attività di trasporto e recapito fluviale su quella di rimozione alle foci e,
dunque, tendenza di queste ultime ad occludersi per insabbiamento;
14. Ingente proliferazione di canneti in tutte le sezioni con tendenze all’insabbiamento per presenza sia pure in
subordine di limi ed argille, soprattutto se prive o private di protezione arborea;
21
Nello sviluppo del lavoro a tale corpo idrico è stata conferita la denominazione di Paule Longa in ossequio alla ricostruzione storica eseguita nel corso
dell’indagine.
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15. Assetto complessivamente lagunare della condizione marittima della foce con possibilità di mara sigiziale
superiore alla media sarda.
Tali condizioni, oggi come nel passato, sia nel loro comporsi che separatamente fra loro, non possono essere
trascurate al fine di non replicare gli equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere la Gallura un’area
piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare
significativo trasporto solido sulle reti idrografiche. La casistica delle calamità, quanto meno degli ultimi 50 anni,
è eloquente.
Peraltro, gli elementi artificiali che amplificano la pericolosità naturale e il rischio idrogeologico di Olbia non
sono né quantitativamente scarsi né qualitativamente trascurabili e sono legati soprattutto a:
 l’artificiosità di diversi geometrie dei canali (Gadduresu) che ne ostacolano il deflusso, anche laddove
l’obiettivo sia mitigatorio (canale diversivo San Nicola-Zozò);
 l’insufficienza di numerose sezioni, soprattutto relative agli attraversamenti;
 l’incongruenza di numerose opere disposte in sequenza spaziale lungo i canali, laddove la miglioria sia
a monte piuttosto che a valle;
 la larghezza maggiore a monte che a valle di numerose sezioni (è palese il caso del Gadduresu a
monte di via Stromboli, rispetto alla sezione a valle di via V. Veneto);
 gli stravolgimenti dei profili plano-altimetrici ai lati di taluni torrenti che impedendo l’espansione su di un
lato, l’amplificano nell’altro (è il caso del Canale Gadduresu a valle di via Archimede, laddove il lato Sx
non esonda ma in Dx si assiste alla concentrazione dei flussi sino a via Cimabue);
 l’urbanizzazione di aree particolarmente depresse (ad es.: via Baratta, via Lazio etc.), spesso in aree in
passato oggetto di canalizzazione (Paule Longa; Paule Piana; cfr. elaborato A07), al di là del rispetto o
meno delle distanze di legge;
 la stretta pertinenza dell’insediamento rispetto alla possibilità di moltiplicare gli oggetti mobilizzabili e
flottanti in caso di piena; cosa che, quanto meno sul piano della dinamica geomorfologica all’interno di
un centro abitato, per di più con opere di attraversamento incongrue, rende piuttosto accademico
qualunque discorso sul “franco minimo” e soprattutto su quali siano i criteri con cui determinarlo;
 la singolarità di talune soluzioni tese a coesistere coi canali (Fig.30).
A ciò si aggiunga il fatto che talune soluzioni mitigatorie degli ultimi anni sono state sopravvalutate rispetto al
loro reale beneficio con qualche opera dal carattere meramente palliativo.
Fig. 30 - Stato dell’affluente in Dx del Riu Gaddurresu poco a monte di via Pinturicchio e della
confluenza deviata e rettificata sul prolungamento di via Stradella. Si noti in secondo piano a valle di
via Caravaggio, l’uscita a pelo libero del canale, tombato a partire dall’intersezione con via Correggio.
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Sulla base di tale quadro sono state conferite informazioni di supporto allo studio idraulico, in particolare per
quel che consta agli elementi di caratterizzazione delle mappe di assorbimento, quindi dei CN nell’applicazione
del metodo SCS per la stima della portate di piena ai vari Tr.
E’ stata inoltre preliminarmente verificata in chiave geologica la fattibilità degli interventi proponibili nonché di
quelli proposti, nello specifico quelli che comportano sviluppo areale e longitudinale, nonché movimento terra,
posto che per gli eventuali ponti da ricostruire occorra, al contrario o più delle altre situazioni, ricorrere anche
ad approfondimenti di carattere geognostico e geofisico (velocità sismiche) sia per la scelta che per il
dimensionamento delle fondazioni. In particolare è stato fornito uno specifico contributo mirato alla discussione
sulla fattibilità delle casse di espansione che costituiscono, nell’ambito dello studio, il più importante intervento
di mitigazione del rischio idraulico.
In sintesi, com’è noto, gli interventi proposti per la progettazione nel quadro delle opere di mitigazione del
rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia sono stati suddivisi in:
A. Interventi strutturali di mitigazione
B. Progetti di messa in sicurezza
In A si tratta essenzialmente di realizzare n.2 casse di laminazione sul reticolo del Seligheddu, n.1 cassa di
laminazione sul San Nicola e n. 1 Cassa di laminazione sul Riu de S’Abba Fritta. Per B si contemplano:
 Numerosi adeguamenti (allargamenti) delle sezioni del Seligheddu e del San Nicola secondo i dati in
Tab.10. Tutti gli attraversamenti della viabilità dovranno essere adeguati alla nuova geometria delle
sezioni idrauliche
 n.1 Scolmatore22 Riu Gadduresu con recapito nel Riu Seligheddu
 n. 1 Diversivo collegante il canale Paule Longa e il Riu Tannaule con recapito nel Riu Seligheddu
 n.1 Diversivo del Canale Zozò con recapito nel Riu San Nicola
Tab. 10- Interventi previsti e relativi parametri (tratta da A05)
Un ulteriore scolmatore del Seligheddu (Fig. 31 tratta da A05) con recapito a valle sulla stessa asta sarebbe
necessario in località Isticcadeddu ove non fosse possibile beneficiare della deroga sul franco idraulico. La
22
I termini di Scolmatore e di Diversivo utilizzati in questo paragrafo sono mutuati in ossequio allo studio Idraulico ma s’intende precisare che essi sono
concettualizzati in modo del tutto opposto a quelli impiegati nelle restanti parti della presente relazione e nei restanti elaborati dello Studio Geomorfologico. A questo
fine si è inteso infatti che sia i Diversivi che gli Scolmatori sono manufatti che sottraggono una parte della portata di piena ad un corso d'acqua , deviandola
direttamente alla foce marittima oppure destinandola su un altro corpo idrico recettore o, ancora, restituendola più a valle nel medesimo corso d'acqua. Ma mentre gli
Scolmatori hanno lo scopo di derivare solo una parte delle acque di piena od eventualmente di morbida e per questo generalmente all'imbocco hanno una soglia
fissa, talvolta regolata con paratoie, i Diversivi derivano permanentemente una frazione della portata dell’alveo naturale di un corso d’acqua e, di conseguenza,
costituiscono canali artificiali liberi cioè non dotati di soglie o altre opere di regolazione.
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lunghezza del canale scolmatore sarebbe di circa 1.3 km con una larghezza di 18 m, calcolata per una
pendenza del 4 ‰.
Fig. 31 - Localizzazione eventuale scolmatore Isticadeddu
Lo studio geologico ha riscontrato che le caratteristiche litostratigrafiche e geolitologiche dei luoghi, sono tali da
garantire che in tutte le verosimili aree d’intervento, in assenza come in presenza di colmate artificiali, siano
assenti fenomeni di frana in atto o potenziali di qualunque tipologia, di voragine sotterranea (sinkhole latu
sensu) e di carsismo attivo o fossile che in qualche misura possano limitare la sicurezza e pregiudicare la
pubblica o privata incolumità nelle attuali condizioni o in conseguenza di attività dei cantieri. I progetti a sviluppo
lineare sugli alvei o canali dovranno tuttavia commisurarsi con le necessità di verificare e se del caso
assicurare la tenuta degli scavi, dal momento che la gran parte di essi è prevista su sezioni in terra da
scarsamente addensata a sciolta. Dovranno inoltre essere previste le necessarie misure di aggottamento per
l’allontanamento delle acque per i lavori e le operazioni in alveo. Una particolare difficoltà sarà invece
rappresentata negli ambiti strettamente urbani, dalla presenza di sottoservizi che dovrà essere preliminarmente
accertata
Si sottolinea inoltre che tutti gli interventi lineari ed areali proposti non sono soggetti né vanno incontro ad
alcuna particolare incertezza di ordine geolitologico e geomorfologico né a particolari difficoltà che non siano
affrontabili tecnicamente. In taluni di essi (Casse di espansione, in particolare e scolmatore Seligheddu di
Isticcadeddu soprattuto) le escavazioni interesseranno necessariamente prolungate sezioni rocciose e
dovranno avvalersi di mezzi meccanici relativamente complessi come i martelli demolitori. La natura dei sostrati
da escavare, in particolare nel caso più diffuso dei granitoidi arenizzati, negli interventi areali e nelle vicinanze
dei quartieri, dovrà imporre, in primo luogo in caso di ventilazione, indispensabili misure di umidificazione delle
superfici da escavare e dei volumi mobilizzati. Ciò con la finalità di abbattimento delle polveri la cui
concentrazione e diffusione diverrebbe del tutto incompatibile con le garanzie di salubrità.
Gli adeguamenti di numerose sezioni comporteranno altrettanti adeguamenti di attraversamenti fra i quali
appaiono molto complessi quelli in prossimità della foce a mare (ferrovia) e quello della SS127 o via V. Veneto.
L’ipotesi di canale di gronda con recapito finale nel Riu Padrogiano è valutata a parte in apposito allegato alla
presente Relazione.
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