Ricerca-Cibiana di Cadore

OPIFICI NEL COMUNE DI CIBIANA DI CADORE: ANALISI STORICA
Nel Comune di Cibiana di Cadore la maggior parte dei manufatti e degli edifici
paleoindustriali connessi con la presenza dell’acqua s’insediò lungo il torrente
Rite, affluente del torrente Boite.
Si hanno notizie d’opifici idraulici a monte dell’abitato in località Pianezze, altri si
trovavano nei pressi della borgata di Cibiana di Sotto e altri ancora erano a valle
del paese.
Derivazioni lungo il torrente Rite. Catasto Austro-Italiano, Impianto (1849-1956),
123_Cibiana_IMP_005; IMP_006. Archivio di Stato di Belluno.
A Cibiana di Cadore nel 1776, come riportato dalle “Anagrafi Venete” vi erano “9
ruote di mulini da grano, 1 sega da legname, 1 follo da panni di lana, 11 telari da
tela e 1 forno per colar ferro e piombo”.
Nel 1790, come indicato nel manoscritto di Giuseppe Monti, vi erano “molini 6,
mole 1 e batti ferro 1”.
Nel 1850, come appuntato nel “Prospetto dei Molini da sega esistenti nel Cadore
nel 1850” è riportato un molino da sega comunale lungo il torrente Boite.
Nel 1886, Ottone Brentari nella sua “Guida storico-alpina del Cadore”, così riporta:
“Le seghe nel comune sono 2, i mulini 3.- La industria più fiorente del paese è la
fabbrica delle chiavi e lime….Giù verso il Boite si scorge ancora qualche avanzo
dei forni di fusione, che erano in attività fino al 1740.”, mentre Antonio Ronzon nel
volume IV “Dal Pelmo al Peralba” del 1896, cita solo la “Fabbrica di chiavi”.
Com’è evidente dalle mappe del Catasto Austro-Italiano sopra riportate, parte
degli opifici idraulici si insediarono sulla destra, parte sulla sinistra idrografica del
torrente Rite.
Alcuni opifici idraulici si trovavano a monte dell’abitato nei pressi della località
Pianezze, qui agli inizi del Novecento vi era, sulla sinistra idrografica del torrente
Rite, la segheria della famiglia Zandanel, costruita poco sotto un vecchio mulino di
proprietà della famiglia Bianchi, mentre sulla destra idrografica vi era il mulino
della famiglia De Zordo (indicato con la dicitura “Molino Zordi” in un disegno del
1917), che aveva la presa d’acqua poco sotto lo scarico della segheria Zandanel.
Planimetria del 1917 riguardante la segheria Zandanel lungo il torrente Rite. Archivio
Genio Civile di Belluno – Pratica n.479 – Piccola Derivazione
Vari dati inerenti la segheria Zandanel sono riportati all’interno della “Pratica n.479
Piccola derivazione – Archivio Genio Civile Belluno”, dove risulta che la prima
concessione risale al 1.1.1885, e fu rilasciata a Giovanni Zandanel fu Pietro. La
segheria si trovava poco a valle del mulino Bianchi, la cui derivazione “ha diritto
acquisito in tempi lontani”. La stessa ditta Zandanel divenne proprietaria del
mulino Bianchi, e dopo aver “abbandonato l’esercizio del molino”, nel 1917 unificò
in un unico salto le due canalette. Risulta inoltre che l’utenza dell’acqua
riguardante il mulino Bianchi era “rimasta inofficiosa dal 1866 al 1923”.
La segheria Zandanel aveva al suo interno una sega a moto alternativo, sfruttava
un salto di 6 metri, per una potenza nominale di HP 7,28.
La stessa segheria è anche indicata nell’elenco degli anni 1930 delle “Concessioni
di acqua pubblica ad uso industriale della provincia di Belluno”, dove risulta una
sega da legnami lungo il torrente Rite, nel Comune di Cibiana, intestata a
Zandanel Guglielmo con concessione dal 01.01.1923 per anni trenta.
Nel 1954 fu fatta richiesta di rinnovo della concessione dagli eredi di Guglielmo
Zandanel. Nel 1963 la Ditta Zandanel Guglielmo fu Giovanni rinunciò alla
concessione di derivazione d’acqua per produrre energia dal torrente Rite, ma la
sega era ormai ferma da un paio d’anni. L’alluvione del 1966 distrusse gran parte
degli opifici presenti, tra cui la segheria Zandanel. Sino a un decennio fa vi erano
ancora tracce del sedime della segheria, nei pressi della fabbrica di chiavi
ERREBI, nel luogo chiamato “La Sega”.
Disegno del 1917 riguardante la segheria Zandanel lungo il torrente Rite. Archivio Genio
Civile di Belluno – Pratica n.479 – Piccola Derivazione
A valle del paese sulla sponda sinistra del torrente Rite vi erano altri due opifici, il
mulino della famiglia Da Col e la segheria Comunale, quest’ultima edificata nei
pressi del vecchio forno.
La segheria comunale fu fortemente danneggiata dall’alluvione del 1882, tanto che
il Comune chiese di ricostruire il manufatto.
Disegno del 1883 riguardante la segheria Comunale lungo il torrente Rite. Archivio Genio
Civile di Belluno – Pratica n.847 – Piccola Derivazione
In un disegno del 1883 (Pratica n.847 Piccola derivazione – Archivio Genio Civile
Belluno), poco sotto borgata Cibiana, sono indicati tre edifici, posti sulla destra
idrografica del torrente Rite, che sfruttano una derivazione d’acqua. Il progetto fa
riferimento alla “località in cui esisteva l’opificio sega legnami da ricostruirsi”, e alla
richiesta di spostare più a valle il sito dove ricostruire la segheria comunale per
renderla più sicuro; più a monte è indicato l’opificio “Molino da Col”.
Dalla pratica risulta che la presa della segheria comunale “…è regolamentata dal
Regolamento del 8.9.1867”.
Nel 1885 fu concessa la licenza provvisoria per l’uso dell’acqua al Sindaco di
Cibiana.
Nel 1944 il Comune di Cibiana presentò domanda di rinnovo per la derivazione
delle acque del torrente Rite per azionare una sega da legname alla veneziana in
località “La Sega”.
In un documento datato 4 marzo 1944, vi è scritto che “la segheria è stata
costruita in epoca remota e che è stata per lungo tempo inattiva a causa del
cattivo stato di conservazione”. La segheria sfruttava un salto di 4,70 metri, per
una portata di 1,06 moduli, per una potenza pari a 6,64 HP.
La Segheria comunale fu distrutta dall’alluvione del 1966.
Dall’alluvione del 1966 si salvò miracolosamente il mulino Da Col, infatti, un
grosso masso si fermo nei pressi dell’opificio senza danneggiarlo, ma salvandolo
dall’impeto delle acque.
Il mulino Da Col, unico opificio idraulico ancora esistente nel territorio del Comune
di Cibiana, era utilizzato sostanzialmente dagli abitanti del paese, che macinavano
il poco granoturco prodotto in loco o quello acquistato nel trevigiano.
Il piccolo opificio funzionò fino alla Seconda Guerra Mondiale, in seguito Evaristo
Da Col lo vendette al signor De Zord, che non lo impiegò mai come mulino.
Lucillo Bianchi, nella pubblicazione “La Storia di Cibiana”, ricordando un episodio
a lui capitato durante il Secondo Conflitto Mondiale, e, precisamente durante un
rastrellamento delle truppe tedesche nell’autunno del 1944, menziona luoghi e
opifici sopra riportati: “…corsi giù verso Sottocrosta. Giunto che fui giù al ponte
della Segheria (al ponte de la Siega) trovai molti altri paesani che si stavano
dirigendo verso i Ciarsies. Mi unii a loro, ci inoltrammo nel bosco che sovrastava il
vecchio Mulino.”.
Nei secoli scorsi, l’abitato di Cibiana, più che per i suoi opifici idraulici, utilizzati per
un uso prettamente locale, era famoso per altri opifici, connessi con l’arte di
forgiare il ferro. Tale attività si sviluppò in loco grazie alla possibilità di trovare sul
posto la materia prima, nelle miniere di Carsiè e Ronzei.
Il minerale estratto era fuso nel forno di Sottocrosta, posto lungo il torrente Rite,
forno di cui si hanno notizie a partire dal 1738; da qui il prodotto ricavato veniva
trasportato sino a Perarolo, caricato sulle zattere e portato alla volta di Venezia.
Del forno oggi non rimane nulla, sennonché il sito è ancora indicato con il
toponimo “Il Forno”.
A Cibiana si lavorava il ferro già nel XV secolo, e se nella vicina vallata di Zoldo,
gli abitanti si specializzarono nella produzione di chiodi, a Cibiana l’attività
artigianale puntò sulla fabbricazione di chiavi forgiate a mano, oltre alla
produzione d’oggetti di ferramenta, quali serrature, cardini, lime e staffe.
Nel 1860, in totale tra le varie borgate, si contava una sessantina d’officine che
lavoravano il ferro.
L’attività continuò a livello famigliare sino a quasi la metà del Novecento, per poi
prendere la dimensione della piccola industria nel 1949, quando fu fondata
l’ERREBI, una fabbrica specializzata nella produzione di chiavi.
La fabbrica, che sorse su iniziativa d’otto soci appartenenti a due famiglie Bianchi,
derivò dalla fusione di una trentina di laboratori artigianali.
L’azienda esiste tuttora ed è entrata a far parte del gruppo ALTUNA (JMA), leader
mondiale nella produzione di chiavi e affini.
Delle vecchie fucine vi sono ancora in paese alcuni esempi, che hanno preservato
al loro interno l’attrezzatura un tempo impiegata.
OPIFICI NEL COMUNE DI CIBIANA DI CADORE: ANALISI DELLO STATO DI
FATTO E DEL DEGRADO
De vari opifici idraulici esistenti a Cibiana di Cadore rimane solo il mulino un tempo
della famiglia Da Col.
Poco sotto vi era la segheria comunale, distrutta dall’alluvione del 1966, e al posto
della quale recentemente è stata costruita una centralina idroelettrica.
L’edificio un tempo adibito a mulino presenta una struttura semplice, a pianta
rettangolare, si sviluppa su più livelli, con muri perimetrali in pietra faccia a vista e
tamponamento superiore in tavole di legno.
La copertura con struttura lignea è ad unica falda inclinata con manto in lamiera.
L’edificio, pur essendo inutilizzato da numerosi anni, si trova in un discreto stato di
conservazione e non presenta particolari cedimenti.
Anche l’ambiente circostante e le vie d’accesso si trovano in discrete condizioni,
se pur modificate a seguito della recente costruzione della centralina idroelettrica.
Completamente andate perse sono invece le varie opere di captazione e
derivazione dell’acqua dal torrente Rite.
Il mulino un tempo della famiglia Da Col lungo il torrente Rite a Cibiana di Cadore.
Il mulino un tempo della famiglia Da Col lungo il torrente Rite a Cibiana di Cadore.