Nota Filctem sulla riunione del tavolo sulla crisi del termoelettrico 27 ottobre 2014 Presieduta dal Vice Ministro Claudio De Vincentis si è svolta al MISE la prima riunione del tavolo sulla crisi del termoelettrico, a cui hanno partecipato i sindacati nazionali di categoria e confederali nonché le più importanti aziende del settore e le loro associazioni. Il Vice Ministro De Vincentis ha riconosciuto finalmente la gravità della crisi che investe il settore e l'importanza di attivare una sede di confronto continuativa per ricercare soluzioni idonee e condivise. Esso stesso ha richiamato in apertura le emergenze di questa fase: Vado Ligure, EON, le tematiche dell'essenzialità in Sardegna, le centrali ad olio combustibile in via di superamento nonché le linee strategiche prioritarie contenute nella SEN quali lo sviluppo dell'efficienza energetica, delle fonti rinnovabili, del gas e mantenendo l'attuale quota di produzione a carbone per ragioni di diversificazione. Ciò implica per il termoelettrico, man mano che migliorerà la sicurezza del sistema e degli approvvigionamenti di gas, il venir meno della necessità delle centrali ad olio in stand-by e degli impianti meno efficienti. Questo però comporta la realizzazione delle infrastrutture per il gas. Ma il problema di fondo è come si esce dall'attuale situazione di sovra capacità, sia del termoelettrico che del gas. Il ministero traccia su questo alcune linee di priorità fra le quali Il rafforzamento delle interconnessioni europee, nella prospettiva della formazione del mercato unico dell'energia al fine di consentire un utilizzo delle nostre sovra capacità (termoelettriche e del gas) verso servizi di flessibilità nel mercato europeo. Scelta di dubbia efficacia se i prezzi italiani si confermano come ora poco competitivi con quelli degli altri paesi europei. Nel dibattito che ne è seguito è stato avanzato il dubbio che agli attuali livelli di prezzo ciò sia realmente conveniente per il nostro Paese, che viceversa potrebbe subire una ulteriore penalizzazione dalle produzioni degli altri paesi che hanno impianti di GNL e fanno ricorso a carbone e nucleare visto quanto importiamo già ora. In ogni caso lo stesso Vice Ministro ha riconosciuto che la diffusione delle FER e la crescita dell'efficienza energetica difficilmente consentiranno anche in una futura ripresa economica, che tutti auspicano, l'assorbimento della sovra capacità. Bisogna per questo governare il sistema con un aggiustamento in termini di efficienza. Quindi il governo per gestire questa fase prevede di metter in campo il: 1 − capacity payment, in via transitoria, già previsto dalla legge di stabilità del dicembre 2013 remunerando i servizi di flessibilità a parità di oneri in bolletta per gli utenti; − mercato della capacità, a regime, su indicazioni dell'Autorità per l'Energia e su elaborazione di Terna, che partirà a fine 2017, inizio 2018; questo per dare un segnale di prezzo alle imprese sulla capacità dei propri impianti di fornire servizi competitivi di flessibilità al sistema. È evidente in questa logica che gli impianti termoelettrici che non rientreranno in questo ambito saranno residuali con tutte le conseguenze immaginabili. La Filctem nell'intervento ha ricordato che la crisi del termoelettrico è arrivata a un punto di non ritorno. Si sconta la mancanza di programmazione degli anni passati che ha portato ad un eccesso di localizzazione termoelettrica, (nel periodo 2004-2013 la potenza termoelettrica è passata da 59 a 79 Gw) senza una priorità rispetto alle esigenze di rete e con una crescita molto intensa delle rinnovabili, che ha contribuito ad appesantire il costo dell'energia elettrica. A di là dell'entità degli incentivi, è mancata una politica di armonizzazione tra il preesistente sistema produttivo e il nuovo (efficienza energetica, rinnovabili, reti interattive, generazione diffusa). La scelta di anticipare di 7 anni gli obiettivi del 20/20/20 è l'esempio di una politica energetica che non ha considerato gli effetti economici e sociali di tale accelerazione. Le rinnovabili continueranno a svilupparsi anche senza incentivi, sottraendo altre quote di mercato al termoelettrico, sostenute in questo dai nuovi obiettivi europei al 2030, ma anche dall'espansione della generazione diffusa. Una eventuale ripresa della domanda sarà necessariamente lunga e resta condizionata dalla ripresa industriale del Paese (che appare incerta) e comunque si svilupperà con una intensità energetica più bassa del previsto. Le misure di sostegno alla domanda elettrica, pur necessarie, non appaiono da sole in grado di recuperare il pesante calo della domanda elettrica questo anche per effetto dell'efficientamento in atto. La situazione del termoelettrico, in queste condizioni è destinata ad aggravarsi e richiede iniziative concrete ed urganti. Non si può gestire questa crisi con i normali strumenti di politica sociale, che peraltro sono stati già tutti utilizzati da imprese e sindacati esaurendo ogni ulteriore possibilità di prepensionamento. Bisogna che il governo metta in campo una strategia che consenta di gestire il passaggio al nuovo sistema energetico che si stà realizzando, senza pagare ulteriori prezzi economici e sociali e garantendo 2 uno sviluppo coerente del sistema elettrico. Occorre dare risposte ad alcune priorità: − il costo dell'energia elettrica su cui è necessario un intervento più marcato di quanto sin ora fatto dal Governo; − i problemi di sicurezza della rete richiedono un uso razionale del parco termoelettrico, definendo la quantità di potenza necessaria, (considerando una punta che oggi difficilmente supera i 50 Gw) e prevedendo un uso degli strumenti di sostegno (in particolare il capacity payment); − occorre una gestione programmata e solidale del parco termoelettrico esistente per evitare la chiusura di impianti efficienti, superando in via provvisoria gli attuali vincoli di mercato che sono stati già condizionati dalla politica delle incentivazioni che ha ridotto la contendibilità, elemento base per lo sviluppo del mercato; − bisogna attivare politiche e strumenti verso i territori sviluppando l'industria del decommissioning con il recupero delle infrastrutture, dei materiali e dei macchinari. I siti chiusi devono essere sottoposti a bonifiche e riutilizzati per nuovi insediamenti energetici e industriali o altre attività per attenuare l'impatto occupazionale. L'Italia continua ad avere un problema di diversificazione energetica, come strumento per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. Per questo il carbone dovrà continuare a svolgere una funzione nella produzione elettrica nella misura già prevista dalla SEN. Nelle conclusioni il viceministro ha riconosciuto l'urgenza dei problemi sollevati negli interventi da tutti i presenti ed ha previsto la riconvocazione del tavolo entro un mese, per approfondire l'analisi nelle singole articolazioni quantitative e territoriali del comparto termoelettrico. I sindacati hanno ribadito, ancor più dopo le dichiarazioni delle aziende circa l'impossibilità futura di proseguire nei prepensionamenti per gestire la chiusura delle centrali, l'urgenza di attivare un governo del processo di transizione onde evitare la destrutturazione di un settore strategico per il paese e le relative ricadute sociali per noi inaccettabili che contrasteremo con tutte le iniziative possibili. Dipartimento Energia Filctem Roma 28 ottobre 2014 3
© Copyright 2025 ExpyDoc