progettare 377 • GENNAIO/FEBBRAIO 2014

RICERCA
Nanotecnologie,
il futuro
è qui
DARIO NARDUCCI
Tra i più importanti scarti di prospettiva nelle scienze della natura a
cavallo tra XX e XXI secolo la rivoluzione nanotecnologica contende da
vicino il primato a quella biotecnologica. Pur affacciandosi su scenari
scientifici completamente diversi
(almeno alla loro nascita), biotecnologie e nanotecnologie hanno in
comune l’essere state il compimento
di un cammino lungo almeno mezzo secolo sulla strada della rottura
delle barriere tra discipline storiche
della scienza, chimica e biologia
per le biotecnologie, fisica, chimica
e ingegneria per le nanotecnologie.
Definire con esattezza cosa siano
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le nanotecnologie su un piano di
principio resta materia complessa e
tutt’altro che priva di rischi, e forse
anche sterile.
Nuovi fenomeni, nuove tecnologie
È invece facile spiegare cosa siano le
nanotecnologie attraverso i risultati
alquanto spettacolari che, a meno
di quarant’anni dalla sua nascita
ufficiale (1986), questa branca della
scienza dei materiali ha saputo già
produrre e porre sotto gli occhi e
nelle mani di ciascuno di noi: hard
disk di basso costo con capacità non
molti anni fa impensabili, ritrovati
nanofarmaceutici già in uso in am-
L’impatto delle nanotecnologie sui
materiali per l’energia (ma non solo)
ha innescato, negli ultimi vent’anni,
una vera rivoluzione industriale.
Lo studio e l’applicazione di nuove
soluzioni tecnologiche non solo ha
permesso lo sviluppo di moderni e più
efficienti prodotti, ma anche la nascita
di nuove imprese
Sospensioni di nanocristalli d’oro assorbono la luce (e la riemettono
per luminescenza) a lunghezze d’onda diverse.
Ruote
Contenuto totale
di energia
del carburante
(100%)
Perdite
per irraggiamento
Sistema di raffreddamento
Recupero di energia possibile
per via termoelettrica
Gas di scarico: 24%
Flusso di potenza
caratteristico di un motore
a combustione interna
(valori relativi ad una autovettura a benzina)
Schema di ripartizione della potenza generata in un motore a combustione interna.
bito clinico, mescole per pneumatici
con prestazioni meccaniche e caratteristiche tribologiche estreme e
biosensori miniaturizzati. Un elenco,
che pur nella sua incompletezza, evidenzia la trasversalità tematica delle nanotecnologie, che rappresenta
senz’altro una delle sue peculiarità.
Le nanotecnologie sono infatti una
frontiera aperta verso nuovi fenomeni e nuove tecnologie, capaci di
estendere le possibilità di progettare materiali, dispositivi e manufatti
sfruttando al meglio la dipendenza
delle proprietà di un solido non
solo dalla sua composizione e dalla
sua struttura ma anche, su scala
submicrometrica, dalla sua taglia.
Così che, per riprendere un esempio
classico, se l’oro è notoriamente un
metallo poco reattivo chimicamente,
un nanocristallo d’oro manifesta capacità catalitiche straordinarie; e se
tutti riteniamo giustamente che l’oro
sia giallo, siamo costretti a ricrederci
quando la taglia delle particelle d’oro scende sotto i 50 nm e le particelle
d’oro assorbono la radiazione visibile a frequenze diverse a seconda
della propria dimensione.
Nanotecnologie ed efficienza
L’impatto delle nanotecnologie sulla
industria meccanica in tutti i suoi
comparti è oggettivamente troppo esteso perché possa anche solo essere descritto con un minimo dettaglio
Sorgente di calore
n
p
n
p
n
p
n
p
n
p
Dissipatore a bassa temperatura
Schema di funzionamento di un tipico generatore termoelettrico costituito da
semiconduttori p e n alternati. Il circuito elettrico che viene realizzato è in serie
mentre il circuito termico opera in parallelo sui singoli elementi termoelettrici.
nel breve spazio di questo articolo.
Qui basti menzionare le ricoperture
anticorrosione per ambienti marini, i
compositi in fibra di carbonio, i trattamenti superidrofobicizzanti per le
superfici e l’ampio comparto dei materiali ceramici nanostrutturati - ritrovati senz’altro ben noti agli operatori
del settore e in buona parte già utilizzati nella produzione industriale più
avanzata. Forse meno nota è invece
l’applicazione delle nanotecnologie
al servizio dell’efficientamento energetico, dal comparto motoristico a
quello degli apparati tecnologici per
l’edilizia civile e industriale.
Mentre l’esigenza di ridurre i cascami termici associati tanto ai processi
di conversione di energia termica
e chimica in energia meccanica ed
elettrica è una priorità largamente condivisa a livello planetario, le
politiche nazionali ed europee in
questo ambito differiscono significativamente da quelle adottate negli
Stati Uniti e in Giappone. A livello
europeo, nell’attesa delle linee di indirizzo del Programma Horizon 2020
per quanto attiene l’efficientamento
energetico, l’accento è stato largamente posto sull’incentivazione al
risparmio di energia primariamente attraverso il contenimento delle
dispersioni energetiche (rilascio di
calore a bassa entalpia) operando
fortemente sulla leva fiscale. Minima
è stata l’attenzione alla promozione
di pratiche di recupero attivo del
calore, probabilmente in considerazione della scarsa disponibilità di
tecnologie abilitanti convenzionali.
Conseguentemente, i pochi esempi
virtuosi di implementazione di tecnologie attive per il recupero del calore si sono originate direttamente a
livello delle singole realtà industriali,
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Gerarchico
Nano-Bi 2Te 3
Bi 2Te 3
Bi 2Te 3
Bi 2Te 3
introduzione di materiali nanostrutturati
ZnSb
Evoluzione dei rendimenti di conversione termoelettrica nel corso degli ultimi ottanta anni.
ove potevano essere disponibili le
competenze per cogliere quanto di
nuovo le nanotecnologie andavano
rendendo disponibile nel settore.
Tradizionalmente, infatti, la conversione di cascami termici rilasciati
a temperature inferiori ai 200 °C in
lavoro meccanico risultava possibile
solo impiegando motori a ciclo di
Stirling che, pur nella loro migliorata
affidabilità, risultano utilizzabili solo
su installazione fisse - ripagando gli
investimenti di impianto solo in presenza di flussi termici significativi.
Le nanotecnologie offrirono però
un’alternativa (o un complemento)
a questa tecnologia. La possibilità
di convertire direttamente il calore
in energia elettrica senza stadi meccanici intermedi è una possibilità
ben più antica e risale alla scoperta, congiuntamente italiana (Volta,
1794) e tedesca (Seebeck, 1821),
del cosiddetto effetto termoelettrico.
In estrema sintesi, l’effetto termoelettrico consiste nella possibilità
che una differenza di temperatura
applicata alle giunzioni di materiali diversi possa dar luogo a una
differenza di potenziale e quindi, a
circuito chiuso, a una corrente e a
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una corrispondente generazione di
energia elettrica. Per più di un secolo
l’effetto termoelettrico è stato usato
unicamente con scopi termometrici
(termocoppie) dato che l’efficienza di
conversione calore-energia elettrica
risultava del tutto marginale (pochi
percento).
La svolta
Il quadro tecnologico, dopo quasi un
secolo di migliorie poco rilevanti, subì una variazione drammatica intorno al 1990 con l’ingresso sulla scena
dell’armamentario nanotecnologico
che in meno di venticinque anni ha
reso i generatori termoelettrici uno
strumento quantomeno interessante
per il recupero dei cascami termici a
temperature inferiori ai 200 °C (che
costituisce più dell’70% del totale dei
rilasci di calore da motori e impianti).
L’idea di fondo è abbastanza semplice. Il rendimento di conversione di
un generatore termoelettrico è ridotto dal calore che viene trasmesso come tale dal materiale per conduzione
termica; e dal calore disperso per
effetto Joule dalla circolazione della
stessa corrente termoelettrica nel
materiale. Per garantire quindi ren-
dimenti elevati occorre disporre di
materiali che siano cattivi conduttori
termici e che al contempo abbiano
basse resistività elettriche, pur conservando un potere termoelettrico
(voltaggio generato per effetto della
differenza di temperatura) elevato.
Le tre condizioni sono normalmente in conflitto tra di loro. Tuttavia
in un nanomateriale, diversamente
che in un materiale tradizionale, è
possibile alterare la struttura della
fase introducendo nanostrutture di
taglia opportuna capaci ad esempio
di ostacolare la conduzione di calore
senza interferire nella diffusione di
elettroni. Questo ha consentito nel
breve lasso di un decennio di triplicare i rendimenti di conversione,
che oggi sono superiori al 10% e
restano in rapida crescita.
L’industria mondiale e italiana
A partire dai primi anni 90 si è assistito di conseguenza a livello internazionale alla nascita di soggetti
industriali focalizzati sulla messa a
punto di convertitori termoelettrici
specializzati per settore applicativo
e per temperature delle sorgenti
termiche. Tra i più importanti, oltre
Distribuzione di temperatura nel
motore di un autoveicolo. Tipicamente
i generatori termoelettrici vengono
posizionati sulla marmitta per recuperare
il calore dissipato attraverso i gas di
scarico.
ad attori già presenti sul mercato
dei termoelettrici di prima generazione come Marlow Industries
(1971, USA) e Global Thermoelectric (1975, spinoff della 3M), occorre
menzionare nuove industrie rapidamente cresciute per fatturato come
Hi-Z (1988, spinoff del MIT), TEC
(1993, Canada), Gentherm (1999,
Germania/USA), Alphabet Energy
(2000, USA) e Tellurex (2009, USA).
In parallelo si sono moltiplicati i
contesti in cui la conversione termoelettrica ha trovato applicazione
immediata o prospettica di breve
termine. In questo, il comparto automotive europeo (BMW e Volvo)
ed extraeuropeo (Nissan e General
Motors) sta giocando un ruolo non
solo trainante ma anche in larga misura esemplare, partecipando non
solo sul versante economico ma
anche attraverso partnerships di
co-sviluppo alla ottimizzazione delle tecnologie. E l’Italia? L’industria
italiana sconta senz’altro qualche
ritardo, che tuttavia va colmandosi.
FIAT vanta una presenza consolidata nei progetti di ricerca europei
sulle applicazioni del termoelettrico
al recupero di energia; e nel 2011
ERG ha attivato uno spin-off congiunto con l’Università di Milano
Bicocca per lo sviluppo di generatori termoelettrici basati su silicio
nanostrutturato, una strada che, impiegando un materiale largamente
geodisponibile, rappresenta un fattore di promettente innovazione per
applicazioni che richiedono grandi
volumi di produzione. Ma non è
solo il comparto automotive che
può guardare con interesse al termoelettrico nanotecnologico.
Dall’aerospazio
alla micromeccanica
Il recupero di calore è una esigenza (e un’opportunità) trasversale
almeno quanto le nanotecnologie,
e investe in maniera almeno altrettanto importante l’industria aerospaziale (il settore spaziale è stato
tra i primi a utilizzare generatori
termoelettrici di prima generazione e ha opportunità di recupero di
calore in linea di principio anche
più importanti del settore automobilistico) e il comparto micromeccanico (per la microgenerazione
locale di energia elettrica), non
dimenticando il segmento della
difesa che in USA è stato ed è un
soggetto imprenditoriale trainante in questo contesto. Quello che
forse manca all’industria italiana
(e che è invece un elemento di
forza delle compagini statunitensi) è la capacità di filiera, in cui
utilizzatori ultimi, progettisti, produttori di dispositivi, preparatori
di materiali ed il comparto della
ricerca possano operare in modo
solidale per indirizzare lo sviluppo
verso applicazioni ben definite sul
piano tecnico e opportunamente
qualificate e consistenti in termini di mercato finale, un’esigenza
banalmente generale in qualsiasi
settore tecnologico ma particolarmente critica e importante in
quello della generazione termoelettrica. Un gap culturale più che
strutturale, che come tale appare
colmabile soprattutto in ragione
della pressione che gli enti normativi e i crescenti costi dell’energia
sapranno sempre più esercitare sui
progettisti industriali.
D. Narducci, dipartimento di scienza
dei materiali, Università degli Studi di
Milano Bicocca.
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