RICERCA Nanotecnologie, il futuro è qui DARIO NARDUCCI Tra i più importanti scarti di prospettiva nelle scienze della natura a cavallo tra XX e XXI secolo la rivoluzione nanotecnologica contende da vicino il primato a quella biotecnologica. Pur affacciandosi su scenari scientifici completamente diversi (almeno alla loro nascita), biotecnologie e nanotecnologie hanno in comune l’essere state il compimento di un cammino lungo almeno mezzo secolo sulla strada della rottura delle barriere tra discipline storiche della scienza, chimica e biologia per le biotecnologie, fisica, chimica e ingegneria per le nanotecnologie. Definire con esattezza cosa siano 78 progettare 377 • GENNAIO/FEBBRAIO 2014 le nanotecnologie su un piano di principio resta materia complessa e tutt’altro che priva di rischi, e forse anche sterile. Nuovi fenomeni, nuove tecnologie È invece facile spiegare cosa siano le nanotecnologie attraverso i risultati alquanto spettacolari che, a meno di quarant’anni dalla sua nascita ufficiale (1986), questa branca della scienza dei materiali ha saputo già produrre e porre sotto gli occhi e nelle mani di ciascuno di noi: hard disk di basso costo con capacità non molti anni fa impensabili, ritrovati nanofarmaceutici già in uso in am- L’impatto delle nanotecnologie sui materiali per l’energia (ma non solo) ha innescato, negli ultimi vent’anni, una vera rivoluzione industriale. Lo studio e l’applicazione di nuove soluzioni tecnologiche non solo ha permesso lo sviluppo di moderni e più efficienti prodotti, ma anche la nascita di nuove imprese Sospensioni di nanocristalli d’oro assorbono la luce (e la riemettono per luminescenza) a lunghezze d’onda diverse. Ruote Contenuto totale di energia del carburante (100%) Perdite per irraggiamento Sistema di raffreddamento Recupero di energia possibile per via termoelettrica Gas di scarico: 24% Flusso di potenza caratteristico di un motore a combustione interna (valori relativi ad una autovettura a benzina) Schema di ripartizione della potenza generata in un motore a combustione interna. bito clinico, mescole per pneumatici con prestazioni meccaniche e caratteristiche tribologiche estreme e biosensori miniaturizzati. Un elenco, che pur nella sua incompletezza, evidenzia la trasversalità tematica delle nanotecnologie, che rappresenta senz’altro una delle sue peculiarità. Le nanotecnologie sono infatti una frontiera aperta verso nuovi fenomeni e nuove tecnologie, capaci di estendere le possibilità di progettare materiali, dispositivi e manufatti sfruttando al meglio la dipendenza delle proprietà di un solido non solo dalla sua composizione e dalla sua struttura ma anche, su scala submicrometrica, dalla sua taglia. Così che, per riprendere un esempio classico, se l’oro è notoriamente un metallo poco reattivo chimicamente, un nanocristallo d’oro manifesta capacità catalitiche straordinarie; e se tutti riteniamo giustamente che l’oro sia giallo, siamo costretti a ricrederci quando la taglia delle particelle d’oro scende sotto i 50 nm e le particelle d’oro assorbono la radiazione visibile a frequenze diverse a seconda della propria dimensione. Nanotecnologie ed efficienza L’impatto delle nanotecnologie sulla industria meccanica in tutti i suoi comparti è oggettivamente troppo esteso perché possa anche solo essere descritto con un minimo dettaglio Sorgente di calore n p n p n p n p n p Dissipatore a bassa temperatura Schema di funzionamento di un tipico generatore termoelettrico costituito da semiconduttori p e n alternati. Il circuito elettrico che viene realizzato è in serie mentre il circuito termico opera in parallelo sui singoli elementi termoelettrici. nel breve spazio di questo articolo. Qui basti menzionare le ricoperture anticorrosione per ambienti marini, i compositi in fibra di carbonio, i trattamenti superidrofobicizzanti per le superfici e l’ampio comparto dei materiali ceramici nanostrutturati - ritrovati senz’altro ben noti agli operatori del settore e in buona parte già utilizzati nella produzione industriale più avanzata. Forse meno nota è invece l’applicazione delle nanotecnologie al servizio dell’efficientamento energetico, dal comparto motoristico a quello degli apparati tecnologici per l’edilizia civile e industriale. Mentre l’esigenza di ridurre i cascami termici associati tanto ai processi di conversione di energia termica e chimica in energia meccanica ed elettrica è una priorità largamente condivisa a livello planetario, le politiche nazionali ed europee in questo ambito differiscono significativamente da quelle adottate negli Stati Uniti e in Giappone. A livello europeo, nell’attesa delle linee di indirizzo del Programma Horizon 2020 per quanto attiene l’efficientamento energetico, l’accento è stato largamente posto sull’incentivazione al risparmio di energia primariamente attraverso il contenimento delle dispersioni energetiche (rilascio di calore a bassa entalpia) operando fortemente sulla leva fiscale. Minima è stata l’attenzione alla promozione di pratiche di recupero attivo del calore, probabilmente in considerazione della scarsa disponibilità di tecnologie abilitanti convenzionali. Conseguentemente, i pochi esempi virtuosi di implementazione di tecnologie attive per il recupero del calore si sono originate direttamente a livello delle singole realtà industriali, progettare 377 • GENNAIO/FEBBRAIO 2014 79 RICERCA Gerarchico Nano-Bi 2Te 3 Bi 2Te 3 Bi 2Te 3 Bi 2Te 3 introduzione di materiali nanostrutturati ZnSb Evoluzione dei rendimenti di conversione termoelettrica nel corso degli ultimi ottanta anni. ove potevano essere disponibili le competenze per cogliere quanto di nuovo le nanotecnologie andavano rendendo disponibile nel settore. Tradizionalmente, infatti, la conversione di cascami termici rilasciati a temperature inferiori ai 200 °C in lavoro meccanico risultava possibile solo impiegando motori a ciclo di Stirling che, pur nella loro migliorata affidabilità, risultano utilizzabili solo su installazione fisse - ripagando gli investimenti di impianto solo in presenza di flussi termici significativi. Le nanotecnologie offrirono però un’alternativa (o un complemento) a questa tecnologia. La possibilità di convertire direttamente il calore in energia elettrica senza stadi meccanici intermedi è una possibilità ben più antica e risale alla scoperta, congiuntamente italiana (Volta, 1794) e tedesca (Seebeck, 1821), del cosiddetto effetto termoelettrico. In estrema sintesi, l’effetto termoelettrico consiste nella possibilità che una differenza di temperatura applicata alle giunzioni di materiali diversi possa dar luogo a una differenza di potenziale e quindi, a circuito chiuso, a una corrente e a 80 progettare 377 • GENNAIO/FEBBRAIO 2014 una corrispondente generazione di energia elettrica. Per più di un secolo l’effetto termoelettrico è stato usato unicamente con scopi termometrici (termocoppie) dato che l’efficienza di conversione calore-energia elettrica risultava del tutto marginale (pochi percento). La svolta Il quadro tecnologico, dopo quasi un secolo di migliorie poco rilevanti, subì una variazione drammatica intorno al 1990 con l’ingresso sulla scena dell’armamentario nanotecnologico che in meno di venticinque anni ha reso i generatori termoelettrici uno strumento quantomeno interessante per il recupero dei cascami termici a temperature inferiori ai 200 °C (che costituisce più dell’70% del totale dei rilasci di calore da motori e impianti). L’idea di fondo è abbastanza semplice. Il rendimento di conversione di un generatore termoelettrico è ridotto dal calore che viene trasmesso come tale dal materiale per conduzione termica; e dal calore disperso per effetto Joule dalla circolazione della stessa corrente termoelettrica nel materiale. Per garantire quindi ren- dimenti elevati occorre disporre di materiali che siano cattivi conduttori termici e che al contempo abbiano basse resistività elettriche, pur conservando un potere termoelettrico (voltaggio generato per effetto della differenza di temperatura) elevato. Le tre condizioni sono normalmente in conflitto tra di loro. Tuttavia in un nanomateriale, diversamente che in un materiale tradizionale, è possibile alterare la struttura della fase introducendo nanostrutture di taglia opportuna capaci ad esempio di ostacolare la conduzione di calore senza interferire nella diffusione di elettroni. Questo ha consentito nel breve lasso di un decennio di triplicare i rendimenti di conversione, che oggi sono superiori al 10% e restano in rapida crescita. L’industria mondiale e italiana A partire dai primi anni 90 si è assistito di conseguenza a livello internazionale alla nascita di soggetti industriali focalizzati sulla messa a punto di convertitori termoelettrici specializzati per settore applicativo e per temperature delle sorgenti termiche. Tra i più importanti, oltre Distribuzione di temperatura nel motore di un autoveicolo. Tipicamente i generatori termoelettrici vengono posizionati sulla marmitta per recuperare il calore dissipato attraverso i gas di scarico. ad attori già presenti sul mercato dei termoelettrici di prima generazione come Marlow Industries (1971, USA) e Global Thermoelectric (1975, spinoff della 3M), occorre menzionare nuove industrie rapidamente cresciute per fatturato come Hi-Z (1988, spinoff del MIT), TEC (1993, Canada), Gentherm (1999, Germania/USA), Alphabet Energy (2000, USA) e Tellurex (2009, USA). In parallelo si sono moltiplicati i contesti in cui la conversione termoelettrica ha trovato applicazione immediata o prospettica di breve termine. In questo, il comparto automotive europeo (BMW e Volvo) ed extraeuropeo (Nissan e General Motors) sta giocando un ruolo non solo trainante ma anche in larga misura esemplare, partecipando non solo sul versante economico ma anche attraverso partnerships di co-sviluppo alla ottimizzazione delle tecnologie. E l’Italia? L’industria italiana sconta senz’altro qualche ritardo, che tuttavia va colmandosi. FIAT vanta una presenza consolidata nei progetti di ricerca europei sulle applicazioni del termoelettrico al recupero di energia; e nel 2011 ERG ha attivato uno spin-off congiunto con l’Università di Milano Bicocca per lo sviluppo di generatori termoelettrici basati su silicio nanostrutturato, una strada che, impiegando un materiale largamente geodisponibile, rappresenta un fattore di promettente innovazione per applicazioni che richiedono grandi volumi di produzione. Ma non è solo il comparto automotive che può guardare con interesse al termoelettrico nanotecnologico. Dall’aerospazio alla micromeccanica Il recupero di calore è una esigenza (e un’opportunità) trasversale almeno quanto le nanotecnologie, e investe in maniera almeno altrettanto importante l’industria aerospaziale (il settore spaziale è stato tra i primi a utilizzare generatori termoelettrici di prima generazione e ha opportunità di recupero di calore in linea di principio anche più importanti del settore automobilistico) e il comparto micromeccanico (per la microgenerazione locale di energia elettrica), non dimenticando il segmento della difesa che in USA è stato ed è un soggetto imprenditoriale trainante in questo contesto. Quello che forse manca all’industria italiana (e che è invece un elemento di forza delle compagini statunitensi) è la capacità di filiera, in cui utilizzatori ultimi, progettisti, produttori di dispositivi, preparatori di materiali ed il comparto della ricerca possano operare in modo solidale per indirizzare lo sviluppo verso applicazioni ben definite sul piano tecnico e opportunamente qualificate e consistenti in termini di mercato finale, un’esigenza banalmente generale in qualsiasi settore tecnologico ma particolarmente critica e importante in quello della generazione termoelettrica. Un gap culturale più che strutturale, che come tale appare colmabile soprattutto in ragione della pressione che gli enti normativi e i crescenti costi dell’energia sapranno sempre più esercitare sui progettisti industriali. D. Narducci, dipartimento di scienza dei materiali, Università degli Studi di Milano Bicocca. progettare 377 • GENNAIO/FEBBRAIO 2014 81
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