1/2014 - Regione Emilia

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© MERIDIANA IMMAGINI, FOTO DI PAOLO RIGHI
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società — Saverio Malaspina
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Ricostruzione anno I
territorio Viaggio nel gusto in
42 musei
— Angela Simeoni
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Letture — Piera Raimondi Cominesi
Emilia, interno/
esterno
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38
media rubriche
— Leonetta Corsi
12/20/43
Regione e Notizie
Radio E-R new look 40 storie Album vittoriano
— Claudio Bacilieri
44 Profili
Una luce di libertà
— Claudio Bacilieri
40
editoriale
di Roberto Franchini
Raccontare il territorio
Un passaggio epocale
come quello che
stiamo attraversando
ci chiede
quotidianamente di
fare i conti con i nostri
modelli di esistenza
e di valutarli con uno
sguardo lungo, globale.
2 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
C
ari lettori,
raccontare la nostra regione è il compito che ci siamo dati e, pur
nell’ambito stretto di due numeri l’anno, cerchiamo di farlo restituendovi uno spaccato multiforme delle energie innovative che qui
si muovono, ma anche dei problemi che stiamo affrontando, la crisi
economica e i drammatici eventi naturali che ci hanno colpito: il terremoto, e poi
un’alluvione e una tromba d’aria nelle zone già provate dal sisma.
Ogni società è prima di tutto un insieme di valori condivisi e un sistema di relazioni – sociali, economiche, culturali – che dà corpo a questi principi e permette ai
suoi membri di riconoscersi come parte di una comunità. Anche in tempi di società
liquide, perché da queste parti la concretezza continua a essere un valore. Anche
in un passaggio epocale come quello che stiamo attraversando, che ci chiede quotidianamente di fare i conti con i nostri modelli di esistenza e di valutarli con uno
sguardo lungo, globale. Nelle pagine di questo numero della rivista troverete dunque le nostre preoccupazioni per il lavoro, giovanile soprattutto, la crisi, ma anche
le risposte che si stanno costruendo per rilanciare il sistema economico di una zona
tra le tra i più operose d’Europa. Con la Legge regionale per l’attrattività, in ambito
istituzionale, e attraverso progetti di imprenditori lungimiranti, come la cittadella
per la cultura industriale Mast di cui vi raccontiamo nel Portfolio.
Vi diamo conto anche della ricostruzione nell’area del sisma, dove si sta lavorando
perché alla fine del percorso i centri storici e urbani siano ancora il cuore vivo delle
comunità e le imprese, con nuovi sedi e macchinari, siano più innovative e competitive di prima.
In apertura vi parliamo della nostra partecipazione a Expo 2015. Nei due secoli scorsi le grandi Esposizioni erano vetrine internazionali per le innovazioni tecniche e le
meraviglie tecnologiche, occasioni nelle quali i Paesi ospitanti realizzavano opere
monumentali. Oggi le informazioni viaggiano in modo diverso e più veloce ed Expo
2015, che nasce intorno a un tema di capitale importanza, è pensato invece come un
viaggio esperienziale e valoriale per diffondere e scambiare pratiche, idee e saperi
scientifici per affrontare la più grande sfida globale dell’umanità.
Non a caso il nostro programma si chiama Valori e idee per nutrire la terra, porteremo
a Expo l’esperienza del nostro sistema agro-alimentare e quella del nostro sistema
educativo, con Reggio Children, partner ufficiale della manifestazione. E i nostri
prodotti migliori, frutto di una civiltà contadina che vi invitiamo a riscoprire con un
viaggio nei 42 Musei del Mondo Rurale e del Gusto o rivedendo Novecento, il film di
Bernardo Bertolucci – il regista ne parla nell’intervista che pubblichiamo – atto d’amore per quel mondo, fotografato nell’attimo in cui stava cambiando per sempre.
Describing a territory
D
ear Readers,
Describing our region is the task we have set ourselves and, although we
just have two issues a year to do so, we do our best to provide you with
a multi-faceted description of the innovative energies in the region, as
well as the problems we have been tackling, the economic crisis and the
horrible natural phenomena which have affected us: the earthquake, then a flood and a
tornado in the same areas which had already suffered from the earthquake.
Every society is, first of all, a set of shared values and a system of – social, economic, cultural – relations, which embodies those principles and enables its members to
identify as part of a community. Even in times of liquid societies, because in our land,
concreteness is still a value. Even in an epoch-making passage like the one we are
living through, in which we are expected daily to evaluate our models of living and
assess them from a wide, global angle. In the pages of this issue of our magazine, you
will find our concerns for employment, especially among young people, but also the
answers which are being designed in order to boost the economy in one of the most
hard-working areas in Europe. By means of a regional law of attractiveness, from an
institutional point of view, and through projects designed by far-seeing businesspeople,
like the Mast industrial culture citadel which we describe in the Portfolio.
We also inform you about the reconstruction in the area affected by the earthquake,
where there is work in progress in order to restore the historical town centres to their
role of the living heart of communities, and about enterprises, with new venues and
machines in order to be more innovative and competitive than they were before.
At the beginning, we tell you about our participation in Expo 2015. In the last two
centuries great Exhibitions were international windows for technical innovation
and technological marvels, opportunities for which the host country would construct
monumental works. Now information travels differently and more quickly, and Expo
2015, dealing with an issue of paramount importance, has been conceived as a journey
through experiences and values meant to spread and share scientific practices, ideas
and knowledge and to tackle the great global challenge for humankind.
It is no coincidence that our programme is called Values and ideas to feed the earth,
and we will contribute to the Expo with the experience of our agriculture and food system and with that of our educational system, with Reggio Children, an official partner
of the event. And our best products, stemming from a farming civilization which we
invite you to rediscover in a journey through the 42 Museums of the Rural World or
Flavour Museums, or by re-watching Novecento, a film by Bernardo Bertolucci – the
film director speaks about it in an interview we publish here – an act of love for that
world, portrayed in the moment when it was about to change once and forever.
An epoch-making
passage like the one
we are living through,
requires us daily to
evaluate our models
of living and assess
them from a wide,
global angle.
Sotto
1. il mast, manifattura di arti, sperimentazione e
tecnologia; 2. Un’opera della mostra “capitale
umano” al mast: Sebastião Salgado,
“Brasil”, Gold Mines, Serra Pelada, 1986
(© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto);
3. inaugurazione del mercato di mezzo, bologna; 4.
Il chiostro di casa artusi, forlimpopoli (fc).
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primo piano
Nutrire
la Terra
Feed the Earth
Expo 2015. L’Emilia-Romagna si racconta: qualità e benessere,
conoscenza e innovazione, con al centro la comunità.
Expo 2015. Emilia-Romagna describes itself: quality and wellbeing, knowledge and innovation, focusing on the community.
di Giovanna Antinori
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M
ancano pochi mesi
alla chiamata a raccolta di competenze
e intelligenze da
tutto il mondo, pronte a scambiare idee ed esperienze sul
grande tema dell’alimentazione. 147
nazioni, rappresentate da istituzioni,
società civile e imprese, saranno a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015,
consapevoli della immensa sfida che il
nostro tempo ci impone: assicurare a
tutti gli esseri umani – nel 2050 saremo 9 miliardi – un’alimentazione sana,
garantendo la sostenibilità ambientale,
sociale ed economica della filiera alimentare. Salvaguardando il piacere del
gusto e la cultura territoriale del cibo.
Un’occasione per ribadire l’autenticità
del Made in Italy in un settore grazie
al quale siamo conosciuti e amati in
tutto il mondo.
L’Emilia-Romagna in questo ambito ha
tanto da raccontare e da testimoniare,
i suoi tanti prodotti Dop e Igp, ma soprattutto un sistema agro-alimentare
orientato da tempo alla sostenibilità,
per garantire un’alimentazione sana
e tracciabile. Sistema ricco di asset
strategici quali ricerca, innovazione
(dal nutrizionismo ai functional food),
riutilizzo e scarti energetici, risorse naturali e sviluppo integrato dei territori.
Con imprese all’avanguardia nell’impiantistica alimentare, nella catena del
freddo, nel packaging e nel food design.
Senza perdere mai di vista la trasmissione di valori e la rappresentazione
culturale del cibo, delle sue tradizioni
e significati profondi, grazie a realtà
come i Musei Rurali e i Musei del
Gusto, di cui vi racconteremo nelle
prossime pagine, o a nuovi progetti
come FiCo e Last Minute Market.
“Ci stiamo preparando a Expo nella
consapevolezza che l’Emilia-Romagna
è un grandissimo valore per il Paese, di
peso internazionale per l’agro-alimentare, l’agro-industria, la manifattura e
con valori sociali importanti”, ha sottolineato il presidente Vasco Errani al forum 400 giorni a Expo, che si è tenuto
a Bologna.
Affermare l’Emilia-Romagna quale
“capitale” mondiale del cibo sarà il
compito del World Food Forum, progetto di punta incentrato sulle migliori
produzioni ed esperienze regionali che
coinvolgerà esperti, ricercatori, grandi
imprese e policy maker di fama internazionale.
continua a pag. 9
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primo piano
pagina 4
Illustrazione di giovanni battistini.
pagina 6
a destra: Il più grande impianto fotovoltaico
d’Europa è a Bologna, sul tetto del Caab, il Centro
Agro-alimentare. L’edificio nel 2015 ospiterà Fico,
la Fabbrica Italiana Contadina (vedi box a p. 8).
sotto: Andrea Segrè, preside del Dipartimento di
Agraria dell’Università di Bologna, presidente del
CAAb e motore primo di tanti progetti legati al
cibo, come Last minute Market e Waste Watcher, il
primo Osservatorio nazionale sugli Sprechi.
Sua l’idea di Fico.
pagina 7
rendering degli spazi del children park e del
future food district per expo 2015.
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Il futuro a Expo è firmato Emilia-Romagna
Sono cinque le aree tematiche di Expo destinate a sviluppare il tema Nutrire il pianeta, energia per la vita,
attraverso percorsi espositivi, installazioni artistiche ed
elementi attrattivi. Tra queste, due in particolare, che immaginano un futuro possibile, sono l’esito di partnership
tra Expo ed esperienze made in Emilia-Romagna.
Children Park
L’ideazione e la progettazione dell’area dedicata ai bambini
è stata affidata dal Comitato Expo all’Istituzione Scuole e
Nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia e a Reggio
Children. Si tratta di un progetto ispirato ai valori umani
ed educativi dell’asilo più famoso del mondo, che riuscirà
a interessare e a divertire i produttori e consumatori del
futuro. Reggio Children è stata scelta per la sua riconosciuta capacità di progettare percorsi lineari di esperienza
che hanno al centro l’immaginazione, l’apprendimento e
la relazione tra gli esseri, umani e non. L’esplorazione del
tema della vita e della sostenibilità del Pianeta, con approcci e linguaggi diversi e in un contesto simbolicamente ed
emotivamente significativo, si svilupperà in otto grandi installazioni interattive. I bambini e le loro famiglie avranno
a disposizione molteplici situazioni e modalità di accesso a
un mondo polisensoriale e caleidoscopico, come ad esempio le Campane aromatiche e l’Orto gigante.
FOTO DI ROBERTO SERRA / IGUANA PRESS
Il Supermercato del Futuro
L’area Future Food District, 2.500 mq espositivi e una
piazza di 4.500 mq, è pensata come un distretto urbano ideale dove rappresentare come evolveranno gli scenari futuri
della filiera alimentare grazie all’applicazione dell’Information Technology alla conservazione, distribuzione, acquisto
e consumo di cibo. Per questo spazio, Coop, il “Food Distribution Partner” di Expo 2015, ha il compito di progettare
con il Mit (Massachusetts Institute of Technology) il supermercato del futuro. Acquisto tramite portali e videowall,
display che tracciano la provenienza di ogni prodotto,
schermi tattili e flessibilità nei pagamenti sono alcune delle soluzioni che Coop svilupperà per rendere tecnologica
e personalizzata l’esperienza della spesa per i visitatori di
Expo. L’azienda di distribuzione, che è una cooperativa di
consumatori, promuoverà iniziative (degustazioni, servizi
di consulenza e corsi) per sostenere corrette abitudini alimentari e un consumo consapevole.
Grazie a questa partnership, del valore di circa 13 milioni
di euro cui si aggiunge l’accordo per la vendita del primo
milione di biglietti di ingresso all’Esposizione Universale,
il supermercato del futuro di Expo Milano 2015 diventerà
un modello di sostenibilità sociale e ambientale da replicare in altri contesti: l’obiettivo è raggiungere l’autosufficienza energetica.
Tra le novità che Coop metterà a disposizione dei visitatori
del Future Food District anche uno speciale carrello per la
spesa, realizzato in materiali riciclati e riciclabili che, dietro consenso, potrà essere oggetto di taggatura e relativa
tracciabilità, e potrà offrire specifiche attività di marketing/
promozione in funzione delle aree visitate.
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primo piano
“Valori e idee per
nutrire la terra”,
il programma
dell’Emilia-Romagna
a Expo, metterà
radici anche nel
nostro territorio
regionale e darà
frutti oltre la durata
dell’esposizione.
A Bologna si prepara
la staffetta con Expo
FiCo, la Fabbrica Italiana Contadina-Eataly World sarà
un grande centro per la celebrazione della bellezza
dell’agro-alimentare italiano. In 80.000 mq, l’area ora
occupata da Caab (il mercato ortofrutticolo di Bologna),
sorgerà una sorta di paese di Bengodi intelligente, una
Disneyworld del cibo, un Parco unico al mondo dedicato
al piacere del cibo e alla conoscenza dell’agroalimentare italiano. In un unico luogo – ed è questa la sua peculiarità – con orti, frutteti, allevamenti, mulini, ristoranti
e negozi sarà possibile fare esperienza delle principali
filiere produttive alimentari. Per fare un esempio, qui
si potrà passeggiare tra gli ulivi, visitare un frantoio,
gustare una bruschetta, acquistare ottimo olio e avere
tutte le informazioni sulle qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto e sulla sua storia.
FiCo, che aprirà nel 2015, afferrando in corsa il testimone da Expo, evento con il quale condivide il tema di
fondo, nasce da un’idea di Andrea Segrè, Presidente del
Caab, e Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, la catena
specializzata nella vendita di generi alimentari italiani
di qualità.
“Un’idea che poteva nascere solo a Bologna” dice Andrea Segrè “perché la città ha nella sua tradizione
culturale e colturale – Bologna la dotta, la grassa – un
legame molto forte tra lo Studium, l’Università, i suoi
900 anni di storia, gli studenti, i docenti e la campagna,
l’abbondanza, il cibo. Quindi qualcosa di importante a
livello agroalimentare qui doveva esserci. Poi c’era uno
spazio sprecato, perché eccessivo, troppo grande rispetto ai bisogni, alla crisi del settore ortofrutticolo, alla
concorrenza degli hub della grande distribuzione. Avevo da tempo in mente una valorizzazione che passasse
per tutto ciò che ho studiato e provato ad applicare in
questi anni. Così è nata l’idea di fare un Parco agro-alimentare. Sarà così possibile la valorizzazione di un
bene pubblico, questo spazio dove vedremo e assagge-
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remo le eccellenze del territorio e contemporaneamente
sposteremo a 150 metri da qui il mercato ortofrutticolo,
in una nuova piattaforma molto più efficiente e sostenibile. Con questo progetto sarà possibile mantenere
qui i circa 2000 posti di lavoro delle tante imprese che
vendono ortofrutta, e nello stesso tempo, tra Fico e l’indotto, creare 5000 nuovi posti. E in questo momento di
crisi, soprattutto giovanile, è ossigeno”.
Fico, voluto dal Caab con il Comune di Bologna, senza
servirsi di denaro pubblico e coinvolgendo imprenditori
privati, primo fra tutti Oscar Farinetti che ha messo a
disposizione il marchio Eataly, ha già raccolto fondi per
40 milioni di euro che consentono l’avvio del progetto.
Il via ai lavori in luglio.
Gli spazi dedicati all’Emilia-Romagna
nell’area dell’Esposizione, oltre la presenza permanente alla Mostra delle Regioni, saranno la Piazzetta, circa 80 mq
per tre mesi di eventi (agosto-ottobre
2015) e una settimana da protagonista
assoluta, dal 18 al 24 settembre, a Palazzo Italia, con uno spazio espositivo
di 200 mq.
Valori e idee per nutrire la terra, il programma con cui l’Emilia-Romagna si
presenta ad Expo, metterà radici anche
sul nostro territorio regionale e darà
frutti anche oltre la durata dell’evento
espositivo. La narrazione del sistema agro-alimentare punterà infatti
sulla valorizzazione internazionale
del territorio e dei suoi prodotti, sul
marketing territoriale internazionale e
sull’attrarre visitatori e operatori professionali, soprattutto esteri. Saranno
realizzati – in collaborazione con Apt e
in collegamento con Expo – pacchetti
turistici per la costa e le città d’arte,
percorsi enogastronomici e visite a imprese rurali, ma anche un calendario di
eventi culturali e fieristici 2014-2016.
In particolare sono state selezionate le
principali fiere internazionali regionali
attinenti al tema di Expo – Macfrut,
Sana, Cibus, Cibus Tec, Sigep, Fieravicola, Eima, Ecomondo, Rimini Wellness, TTG, Remtech, H2O – e sarà lanciato un vasto programma di incoming
destinato a imprese, buyer, importatori,
chef e stampa internazionale.
pagina 8
sopra: mappa di expo milano 2015.
sotto: rendering del progetto Fico.
sotto
altri rendering del supermercato del futuro per
l’area del future food district.
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cultura
La fabbrica della cucina
La fama di Bologna la Grassa, città del cibo, ha radici antiche.
E si sviluppa, fin dal Medioevo, tra mercati cittadini e studenti
provenienti da tutto il mondo.
The cuisine factory. The fame of Bologna the Fat, city of food,
has ancient roots. And since the Middle Ages, it has developed through
town marketplaces and students coming from all over the world.
di Massimo Montanari*
L
a vocazione di Bologna è
quella di una città-mercato.
Fin dall’antichità, mettendo a
frutto una posizione geografica a dir poco strategica,
essa si delinea come centro di traffici
fra il nord e il sud, l’est e l’ovest della
penisola, cardine (grazie alla via Emilia
e ai corsi d’acqua che le fanno corona)
di una rete di scambi attivi su circuiti
regionali ed extraregionali. Soprattutto
nel Medioevo questa vocazione esplode,
prendendo forme inedite. Soprattutto la
fondazione della più antica università
d’Europa, nella seconda metà del secolo
XI, fa di Bologna un centro di confluenza
di merci, di uomini, di culture. Attorno
allo Studio si moltiplicano le presenze
di studenti e professori, gli affittacamere
prosperano, l’ospitalità si precisa come
principale industria cittadina. A sostenerla c’è un mercato vivace e ben fornito, che
rende possibile e piacevole la residenza a
Bologna di tanti stranieri. Anche a loro –
soprattutto a loro – pensano gli amministratori locali quando emanano norme
sull’approvvigionamento alimentare,
le regole del mercato, il modo di tenere
ostelli e locande provvedendo al mantenimento di viaggiatori e ospiti. Bandi
del XVI secolo fissano con precisione la
tipologia dei cibi che ogni oste degno di
questo nome deve aver sempre disponibili: piccioni, pollastri, capponi, capretti,
agnelli, castrato, vitella “o altro selvaticume, secondo la stagione de’ tempi”
nei giorni di grasso. Obbligatoriamente
due qualità di arrosto e due di lesso, “con
qualche antipasto”. E “frutte con formaggio” dopo pasto. Con pane “buono, e
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bello” e vino di almeno due qualità. Nei
giorni di magro, invece, gli osti dovranno
servire uova, frittate, minestra, ravioli “o
cose di pasta” condite col burro, e pesci
freschi o salati; con gli immancabili
“frutti, e formaggio”. Quanti non daranno
“vivande a sufficienza” saranno soggetti a
un’ammenda di mezzo scudo per ciascun
ospite non adeguatamente soddisfatto.
Norme come questa, contenute in una
provisione sugli obblighi di postieri et hosti
del 1566, “per il mangiare così della sera,
come della mattina”, sono piuttosto insolite nel panorama documentario italiano.
Esse svelano l’attitudine principale dei
bolognesi, definitasi nei secoli tra Medioevo e Rinascimento: garantire cibo a tutti.
Ai bolognesi, ovviamente: le magistrature
annonarie (addette al vettovagliamento di
cereali, carne, pesci, verdure) sono in ogni
città il perno di ogni buona politica, il primo e più efficace baluardo contro il disordine sociale. Ma ciò che appare specifico
di Bologna è la particolarissima attenzione agli stranieri, sentiti come principale
risorsa della città. Lo osserva, nel XIV
secolo, molto lucidamente Bonvesin da
la Riva, quando polemicamente contrappone il modello di crescita della sua città,
Milano, fattasi grande in virtù dei suoi
cittadini e delle sue proprie forze, a quello di Bologna o di Parigi, le grandi città
universitarie “che di per sé non sarebbero
molto celebri, ma lo sono diventate grazie
all’afflusso di genti straniere, tolte le quali, sarebbero ben poca cosa”.
Ma non vi sarebbero stranieri, non vi
sarebbero studenti né professori se il
cibo non bastasse a tutti. “Senza mangiare e bere le arti deperiscono”, scrive
uno studente di Oxford nel XIV secolo.
Dunque, Bologna “dotta” può esistere
solo grazie alla “grassa” – come le fonti
europee cominciano, fin dal XIII secolo, a
chiamare questa città. “Grassa” nel senso
pienamente positivo che la parola poteva
avere in un’epoca in cui la possibilità
di mangiare era meno scontata di oggi.
“Grassa” nel senso dell’abbondanza, della floridezza, della felicità. “Grassa” nel
senso di una cucina esuberante e allegra,
saporita e divertente. Una cucina mai
autoreferenziale, mai chiusa in sé stessa:
il gran nome di Bologna capitale gastronomica non si alimenta solo dei prodotti
del territorio e di ricette autoctone – in
questo caso, molte altre città avrebbero
potuto rivendicarlo – ma soprattutto nasce dalla capacità, tipica (ancorché non
esclusiva) dei bolognesi, di accogliere e
integrare nella propria dimensione altre
culture, arricchendosi e arricchendole,
rielaborandosi e rielaborandole di continuo. Una città che vantava al suo interno
decine di collegi universitari, ciascuno
legato a una “nazione” europea (tedeschi,
spagnoli, ungheresi, francesi, fiamminghi,
eccetera), non poteva non offrire un panorama gastronomico di assoluta eccellenza
e di straordinaria varietà. Sappiamo dalle
note di un viaggiatore, Johann Caspar
Goethe, di passaggio a Bologna nel 1740,
che in città era possibile mangiare “alla
tedesca” o “alla francese”, oltre che, ovviamente, “alla italiana”, sicché “ognuno
potrà scegliere quello che più gradisce”.
Difficile trovare esempi del genere in
Europa: ed è questa vocazione internazionale di Bologna, questa capacità di mescolare esperienze diverse, a garantire la
sua fama straordinaria e duratura, tuttora
inossidabile in Italia e nel mondo.
Dietro tutto ciò vi era un mercato di grandi potenzialità, che offriva i prodotti del
territorio con una varietà e una ricchezza
che i documenti medievali e moderni non
si stancano di ricordare, e che ancora oggi
possiamo ammirare nelle viuzze del quadrilatero; a essi si aggiungevano le specialità artigianali, le rinomate conserve (celebre la cotognata) e i salumi celebrati da
testi di ogni genere: “salcicciotti i migliori
che mai si mangiassero” che nel 1548 suscitano la commozione di Ortensio Lando,
“mortadelle d’esquisita bontà, che sono
famose per tutta l’Italia” decantate da Bartolomeo Stefani a metà del Seicento. E poi
prodotti importati da altre regioni e paesi,
che arricchivano il patrimonio locale di
ulteriori offerte, per un pubblico esigente
e diversificato. Tutti avranno apprezzato
la cucina bolognese: lasagne e tortellini,
mortadelle e salsicce, e poi i finocchi e i
cardi, l’uva e i fichi magnificati dai testi
del XVI-XVII secolo (che, forse inaspettatamente, ci danno di Bologna un’immagine assai più “mediterranea” di quanto
penseremmo). Ma la natura straordinaria
di questo mercato era, senza dubbio, la
sua apertura al “diverso”, che si celebrava
anche in cucina. Non solo le trattorie per
stranieri, ma anche la tavola dei magistrati bolognesi faceva posto a prodotti
e ricette esotiche: “suppa alla polacca” e
“starne arrosto lardate alla francese” furono servite nel 1639 ai tribuni della plebe;
pasticcio “all’inglese” e pollastrini “cotti
alla catalana” furono offerti nel 1673 dal
conte Orsi alla scadenza del suo mandato
di gonfaloniere; “macharoni alla francese”
e “ciambelete alla portoghese” furono serviti nel 1688 al senatore Foscherari; analoghe specialità e preparazioni comparivano
regolarmente sulla tavola degli Anziani.
Ciò evidentemente non escludeva che si
potessero servire tortellini o tagliatelle,
ma tutti i resoconti documentari, al pari
dei libri di cucina, attestano una scelta di
fondo in favore di una cucina intercittadina, interregionale, internazionale. È questo
il modello storico bolognese, questa la sua
arma vincente.
Fin dall’epoca medievale il centro di
Bologna si definisce come un grande emporio commerciale. I principali mercati
cittadini prendono posto nella piazza di
porta Ravegnana e nella piazza Maggiore;
ben presto essi sono uniti dal cosiddetto
Mercato di Mezzo, mentre a nord-est del
centro si svilupperà il Campo del Mercato, oggi piazza Otto Agosto. In tutti questi
mercati lo spazio occupato dai mestieri
del cibo è preponderante rispetto alle
altre categorie professionali. Nonostante
i momenti di crisi, nonostante l’instabilità istituzionale che in alcuni periodi
connota la vita cittadina, nonostante
l’affievolimento del prestigio dello Studio nei secoli post-medievali Bologna
resta legata al suo modello di sviluppo,
a un’economia vivace aperta agli scambi.
Grandi mutamenti avverranno nel corso
dell’Ottocento, accompagnati da accesi
dibattiti – a cui partecipano scrittori, architetti, giornalisti – sull’importanza di
modernizzare la città, e sul modo di farlo.
Le innovazioni decisive si configurano
subito dopo l’Unità: il primo mercato
coperto è inaugurato nel 1877 nell’area di
via Pescherie-Clavature; il secondo, quello
“delle erbe” di via Ugo Bassi, apre agli inizi del Novecento. I lavori di sventramento
di via Rizzoli e delle altre vie del Mercato
di Mezzo, iniziati nel 1910, si concludono
nel 1927-28. Nel corso di tali vicende ciò
che maggiormente si ricollega all’identità storica della città, conservandone la
memoria, è la sensibilità fortissima per la
cultura dell’ospitalità, pensata e realizzata
non solo per gli studenti – che rimangono
protagonisti della vita cittadina – e per
quanti vi soggiornano periodicamente per
fiere e congressi. Questa cultura dell’ospitalità affonda le radici nella storia di Bologna e ne costituisce il più forte e duraturo
elemento identitario. Le botteghe coinvolte nel mercato quotidiano dei generi alimentari e i luoghi destinati al consumo,
gli empori, i caffè, i ristoranti, le osterie
perpetuano l’immagine medievale della
città “grassa”. Il Mercato di Mezzo ne
resta il cuore. È stato questo, per secoli, il
luogo chiave per il confronto di prodotti e
sapori, per lo scambio di saperi e pratiche.
È questa la fabbrica della cucina bolognese – o forse dovremmo dire, al plurale:
delle cucine bolognesi.
il mercato di mezzo
*Il testo
di Massimo Montanari, docente di Storia
medievale e di Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna e direttore del Master europeo in
Storia e Cultura dell’Alimentazione, introduce un
volume distribuito da Coop Adriatica in occasione
della recente riapertura del Mercato di Mezzo, il più
antico mercato coperto di Bologna, chiuso da molti
anni e trasformato in chiave innovativa a inizio aprile
(vedi foto sopra). Il volumetto, a cura di Massimo
Montanari con la collaborazione di Laura Fenelli
e Francesca Pucci Donati, ripercorre le vicende e
l’atmosfera dei mercati bolognesi, e del Quadrilatero
in particolare, raccontando storia e curiosità, personaggi e immagini del forum medii e delle merci che
lo hanno animato nei secoli, anche grazie a un ricco
apparato fotografico. La ricerca è stata realizzata
con il patrocinio del Comune di Bologna.
in alto a sinistra
G. M. Mitelli, Venditore di formaggio, Proprietà Collezione Carisbo.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 11
economia
Polo d’attrazione
Attraente, per legge e di fatto, la regione Emilia-Romagna catalizza importanti
investimenti internazionali. Ecco i principali.
Center of attraction. Attractive by law and by facts, the region EmiliaRomagna catalyses some important international investments. Here are the
main ones.
™ translation at page 47
di Giovanni Berti
L’
Emilia-Romagna è
già un territorio attraente. Nei fatti come
nell’idee. Nelle idee
prospettiche disegnate
da legislatori e amministratori negli
ultimi anni. Già nel 2010 con l’approvazione del Ptr – il principale strumento di programmazione territoriale
della Regione con cui questa tracciava
la rotta di quello che dovrà essere il
12 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
“sistema Emilia-Romagna” del futuro
– si puntava a sostenere le eccellenze,
la creatività, gli investimenti e l’innovazione in ogni città e ogni territorio
per far crescere tutto il sistema regionale. E a simbolo di questo obiettivo,
non a caso, fu scelta una calamita con
la sua caratteristica elettromagnetica
di attrarre.
Nei fatti. Sono diversi gli investimenti
di gruppi e multinazionali realizzati
negli ultimi anni (e mesi) lungo la Via
Emilia, e non solo. E subito occorre
ricordare la tedesca Audi che ha acquisito la Ducati e la Lamborghini.
Non sono, infatti, una parentesi le
grandi aziende intenzionate a investire da queste parti. Anzi. A più di
cinque anni dall’esplosione della crisi
c’è ancora chi ritiene che allargare gli
stabilimenti esistenti in Emilia-Romagna, aprirne di nuovi e programmare
Alcuni numeri: gli investimenti diretti esteri (IDE)
Nel periodo 2008-2012 gli investimenti fissi lordi in Italia
sono calati del 20,3%: in Emilia-Romagna sono scesi del
21,8%. L’Italia conferma la propria debolezza in materia di
investimenti diretti esteri: il flusso di capitali internazionali investiti nel 2012 nel Paese è stato di circa 7 miliardi di
euro, rispetto agli oltre 30 del 2007. Nel periodo 2005-2011
gli investimenti in entrata sono stati in media il 4,8% del
PIL nel Regno Unito, il 2,4% in Francia, l’1,3% in Germania,
il 3% in Spagna e l’1% in Italia.
Nel 2012 gli stock di IDE in uscita sul PIL valevano per
l’Italia il 28,0%, a fronte di una media mondiale del 33,1% e
del 59,4% dell’Unione Europea. Gli stock di IDE in entrata
valevano il 17,7%, contro il 32% del mondo e il 47,1% dell’Unione Europea.
Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, fra il 2007 e il 2011
le consistenze degli IDE in uscita sono aumentate del 5,8 per
cento in media all’anno, a fronte del 9,1 a livello nazionale.
Nello stesso periodo sembra essere aumentata l’attrattività
della regione per gli investitori stranieri: a fronte di un lieve
aumento medio nazionale dello 0,6 per cento, lo stock degli
IDE in entrata in regione è cresciuto del 13,4 in media all’anno, grazie a un sensibile incremento nel 2011.
Alla fine del 2011 il valore degli investimenti diretti in uscita
era di poco superiore a 17 miliardi di euro, il 12,2 per cento
del PIL regionale e il 4,3 per cento di quello degli IDE in
uscita totali del Paese; il valore degli investimenti in entrata
in regione sfiorava i 19,5 miliardi (corrispondenti al 13,8 per
cento del PIL e al 7,4 degli IDE in entrata effettuati in Italia).
investimenti e ulteriori assunzioni sia
meglio che delocalizzare. Anche nelle
zone dell’Emilia stravolte dalle scosse
del sisma del 2012. Come dimostrano
B.Braun che ha subito reinvestito,
Sorin e Bellco che hanno ampliato la
sede mentre Gambro sta realizzando la
nuova fabbrica e Haemotronic sta pensando di trasferirsi da Medolla. Anche
il colosso tedesco dell’healthcare
Fresenius scommette sul polo biomedicale di Mirandola per farne il centro
di produzione mondiale di filtri per
trasfusione. Inoltre è stato avviato, nel
distretto biomedicale di Mirandola, il
programma di ricerca nel laboratorio
sui materiali innovativi che prevede
l’impiego di venti ricercatori che opereranno sotto il coordinamento scientifico dell’Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con altri
laboratori della rete e con due unità
ospedaliere di Modena e Bologna.
E poi il caso Philip Morris International, che alle porte di Bologna ha
annunciato un investimento fino a 500
milioni di euro per la produzione di
“prodotti a potenziale rischio ridotto”.
Su un terreno di oltre 300 mila metri
quadri si realizzerà la nuova fabbrica
Tutti i dati e le indagini dimostrano una relazione positiva fra investimenti in uscita e in entrata, nel senso che
ai maggiori stock corrispondono anche i maggiori flussi
annui e che all’alto livello di investimenti all’estero corrispondono anche alti livelli di investimenti dall’estero.
da cui uscirà una
sigaretta elettronica di nuova
generazione per
cui Philip Morris
ha investito i suoi
ultimi tre lustri di
ricerca e sviluppo.
E non è casuale
l’aver scelto l’Emilia-Romagna per
il primo stabilimento pilota a livello
europeo che, si stima, potrà offrire fino
a 600 nuovi posti di lavoro.
Solo alcune settimane fa, nel ferrarese, ha preso il via un investimento
da 3,5 milioni di euro e cento posti
di lavoro nuovi di zecca a partire da
aprile prossimo fino al 2016. È il piano
di sviluppo e crescita messo in campo
da Lte (Lift Truck Equipment Spa) di
Ostellato che, nel 2005 è stata acquisita da Cesab carrelli elevatori Spa,
finché entrambe entrano a far parte di
Tico, Toyota Industries Corporation, il
gruppo del marchio nipponico primo
costruttore mondiale di carrelli elevatori. L’investimento nello stabilimento
ad Ostellato – forte a sua volta di un
volume d’affari di 42 milioni nell’ul-
timo anno e con 240 dipendenti al
proprio attivo – è frutto soprattutto
di una collaborazione con la Regione
Emilia-Romagna e con la Provincia di
Ferrara sul versante della formazione
professionale.
Lo scorso anno è partito, sempre nel
ferrarese, un investimento di circa 12
milioni di euro soltanto per la costruzione di un nuovo impianto, in cui a
regime lavoreranno quasi 300 addetti
negli 8000 metri quadri coperti della
Manifattura Berluti del gruppo LVMH.
Anche in questo caso, l’incentivo principale non è stato né una riduzione dei
salari, né un sostegno finanziario: è un
centro di formazione professionale che
permette di disporre di personale talmente qualificato da sostenere la sua
entrata nella fascia più alta del settore
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 13
economia
La formazione diviene
in maniera esplicita
uno strumento di
politica industriale
e tornare alla
manifattura di elevata
qualità un’importante
via per una crescita
sostenibile nel tempo.
calzaturiero. La formazione diviene
in maniera esplicita uno strumento
di politica industriale: tornare alla
manifattura di elevata qualità diviene
un’importante via per una crescita
sostenibile nel tempo. L’alta scuola
aziendale per la manifattura calzaturiera della Vuitton viene realizzata
con il contributo del Fondo Sociale
Europeo dimostrando di non essere
solo ammortizzatore sociale di un paese in declino, ma vero strumento per
la crescita per chi vuole ritrovare nelle proprie competenze manifatturiere
la leva per un nuovo sviluppo.
A marzo 2014, la multinazionale
Manz AG ha perfezionato l’affitto del
ramo d’azienda, passaggio propedeutico all’acquisizione di una parte
della vecchia Arcotronics, la storica
azienda bolognese di Sasso Marconi
che nel 2007 passò all’americana
Kemet. Il gruppo tedesco ha rilevato
l’officina meccanica dove sono occupati 83 lavoratori. Così la Manz inte-
14 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
gra il proprio portafoglio nel settore
battery con il know-how nell’ambito
della tecnologia di bobinatura per
la produzione di batterie agli ioni di
litio.
Per farsi un’idea di chi pensa che
valga la pena investire nel territorio
emiliano romagnolo, basta scorrere la
lista della cinquantina di aziende che
hanno partecipato al bando della Regione Emilia-Romagna che ha messo
a disposizione 20 milioni di euro
per sostenere Progetti di ricerca e
sviluppo con impatto di filiera e
previsioni di crescita occupazionale. I progetti – di cui è in corso
la valutazione – rendono disponibili
risorse solo per le aziende che siano
seriamente interessate a puntare su
ricerca, sviluppo e nuove assunzioni.
Il contributo può infatti arrivare fino
a 4 milioni di euro per progetti che
prevedano “un forte impatto occupazionale” (almeno 30 assunzioni). I
marchi che hanno presentato domanda vanno dal biomedicale alla meccanica, dalla moda alle ceramiche.
In attesa di responso ci sono Bellco
(specializzata in prodotti per la dialisi) e Sorin Group (specializzato nei
dispositivi per la cardiochirurgia e le
anomalie del sistema cardiovascolare)
entrambe di Mirandola. Tra le aziende del settore meccanico interessate
a investire ci sono la Trattori Spa di
Carpi, la Vm Motori di Cento (Ferrara), specializzata nei motori diesel,
nonché la Lamborghini di Sant’Agata
Bolognese che potrebbe produrre
proprio nello storico stabilimento
del Toro il nuovo Suv. Richieste sono
arrivate anche dalle industrie ceramiche come Panaria-Group di Finale
Emilia e da Liu Jo, la griffe d’abbigliamento di Carpi, oggi marchio
mondiale.
Attrattiva e
competitiva
Un progetto di legge
per promuovere gli
investimenti economici in
Emilia-Romagna.
Attractive and
competitive. A draft
law to promote economic
investments in EmiliaRomagna.
di Giovanni Berti L
a stipula di accordi per l’insediamento e lo sviluppo di nuove
imprese. La riduzione del carico
burocratico. Ma anche agevolazioni
fiscali per chi innova, sostegno all’aggregazione e al rafforzamento dei
Consorzi fidi per il credito. Ancora, un
premio regionale per la responsabilità
sociale d’impresa, misure di contrasto
delle delocalizzazioni produttive, nonché la promozione degli investimenti
nel quadro delle programmazioni settoriali della Regione.
Sono queste le linee principali del progetto di legge della Giunta su Attrattività e competitività e promozione
degli investimenti in Emilia-Romagna, oggi in approvazione da parte
dell’Assemblea legislativa.
Con un obiettivo preciso: il rilancio
degli investimenti pubblici e privati,
una leva fondamentale per far riparti-
re la domanda interna, per aumentare
le esportazioni e per creare nuova
occupazione, stabile e qualificata. La
proposta di legge risponde infatti alla
duplice esigenza di contribuire alla
ripresa economica e rafforzare la competitività e la capacità di innovazione
del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna.
In sintesi, la norma punta a rendere i
sistemi – locali e regionale – ancora
più “attraenti” per gli investimenti
delle imprese, proiettando ulteriormente l’economia emiliano-romagnola
nel mondo. Tutto questo senza perdere
le radici ma, anzi, rafforzando i suoi
tratti di forza: dinamismo e capacità
di fare innovazione, diversificazione
produttiva, pluralismo delle forme imprenditoriali.
Le politiche regionali e la legge intendono favorire e accompagnare in Emilia-Romagna la promozione degli investimenti produttivi ad alta intensità
tecnologica ed ecologica per rafforzare
l’innovazione dell’asse del sapere, del
made in Italy e della green economy che
comunque poggiano sull’autonoma
capacità e iniziativa delle imprese e
degli imprenditori presenti sul territorio.
La proposta della Giunta si muove
nel solco della politica nazionale, con
l’intenzione di accrescerne l’efficacia
attraverso misure proprie e in collaborazione con lo Stato e tutti i soggetti
pubblici e privati coinvolti. L’architrave della legge è l’individuazione
degli “investimenti e interventi di
interesse regionale” promossi da imprese o aggregazioni di imprese, che
si caratterizzano per il valore degli
investimenti, la qualità e la quantità
dell’occupazione, le ricadute sul territorio, la ricerca e l’innovazione, l’internazionalizzazione e la specializzazione delle singole unità, delle filiere e
dei distretti.
Per favorire investimenti e interventi
di interesse per il territorio la Regione, anche per mezzo delle sue società,
sviluppa una politica di marketing
territoriale per la ricerca di investitori
nazionali ed esteri e per la promozione della propria immagine.
Concretamente, la realizzazione degli
investimenti e degli interventi avviene attraverso la stipula di “Accordi
per l’insediamento e lo sviluppo” sottoscritti dalla Regione, dalle imprese
o aggregazioni di imprese, dagli enti
locali e dagli altri soggetti che concorrono all’attuazione. Gli “Accordi”
contengono gli impegni reciproci dei
contraenti, ovvero gli investimenti a
carico rispettivamente delle imprese e
delle parti pubbliche, le agevolazioni
che possono essere concesse e i termini per l’autorizzazione e la realizzazione degli interventi. La Regione
si assume in particolare il compito di
collaborare con tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte per assicurare uno svolgimento efficace e tempestivo dei procedimenti.
La proposta di legge indica le principali azioni che possono essere attivate
per favorire gli investimenti e l’attuazione degli accordi: l’accesso alla
rete per la ricerca e il trasferimento
tecnologico, la formazione delle risorse umane, la disponibilità delle
reti di telecomunicazione e di servizi
telematici, nonché di altre infrastrut-
ture, sostegni per la riqualificazione
energetica, contributi per la ricerca
e l’innovazione, servizi alla persona.
Viene evidenziato, inoltre, il ruolo che
possono svolgere le attività terziarie
per la specializzazione intelligente del
sistema produttivo e la promozione e
l’attrazione di investimenti.
Vengono anche individuate le procedure urbanistiche da applicare introducendo meccanismi di riduzione o
aumento degli oneri a carico dell’investitore in relazione rispettivamente
alle aree già classificate o quelle di
nuova classificazione. La proposta
contiene, infine, ulteriori misure a
sostegno delle imprese, che si possono
attivare anche al di fuori degli “Accordi per l’insediamento e lo sviluppo”:
meritano di essere sottolineate le
agevolazioni fiscali Irap per le nuove
imprese innovative, il sostegno alla
aggregazione e al rafforzamento dei
Consorzi fidi per il credito, il premio
regionale per la responsabilità sociale
d’impresa e le misure di contrasto delle delocalizzazioni produttive.
pagina 12
Un’audi e una ducati a confronto.
pagina 13
MEDOLLA (MODENA), NUOVO STABILIMENTO DELL’AZIENDA
GAMBRO RICOSTRUITO DOPO I DANNI SUBITI DAL TERREMOTO DEL 2012.
Cento (Ferrara), STABILIMENTI MECCANICI VM MOTORI.
AZIENDA SPECIALIZZATA IN PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DI MOTORI DIESEL. (per entrambe © Meridiana
Immagini, foto di Andrea Samaritani).
a sinistra
stabilimento lamborghini a sant’agatra bolognese
(© Meridiana Immagini, foto di andrea samariTANI).
sopra
MIRANDOLA (MODENA), AZIENDA SETTORE BIOMEDICALE “DIDIECO SPA” - SORIN GROUP. ASSEMBLAGGIO
APPARECCHIATURE PER IL TRATTAMENTO DEL SANGUE. (©
Meridiana Immagini, foto di Paolo Righi).
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 15
rubriche
Regione & notizie
INTERnazionalizzazione
La meccanica italiana
in Messico
Le Regioni Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto si sono unite
sul progetto Mecamex – Meccanica italiana in Messico,
pensato per rafforzare il posizionamento competitivo dell’industria italiana dei macchinari nel Paese Americano. Gli
Stati Uniti del Messico si sono recentemente trasformati in
una delle principali piattaforme manifatturiere del mondo e
presentano importanti opportunità per le imprese della meccanica in tutti i comparti produttivi. Integrato nel Nafta, l’accordo nord-americano sulla libera circolazione, con un’ampia
popolazione, alti livelli di formazione, un tasso di crescita costante, il Messico ha recentemente varato importanti riforme
strutturali, mentre la leadership italiana in alcuni comparti
(meccanica utensile, macchine per la ceramica, linee di imbottigliamento, tecnologie per il packaging alimentare, macchine per l’agroindustria, tecnologie della plastica, macchinari
per l’edilizia) determina significativi flussi commerciali dall’Italia verso il Messico e rafforza ulteriormente l’immagine positiva del nostro paese come fornitore di tecnologie, design,
attenzione alle esigenze dell’operatore industriale.
L’Italia è al terzo posto come fornitore del Messico, insidiata
da Stati Uniti (con il Texas che guida le esportazioni), Germania e paesi emergenti, Cina in testa.
Da qui il progetto Mecamex, che struttura una presenza costante sul mercato locale con la partecipazione a fiere di settore, l’attivazione di flussi promozionali, la gestione di centri
servizi in grado di garantire la personalizzazione del prodotto
in linea con le esigenze del cliente, servizi di post-vendita e di
formazione per l’utilizzo delle macchine. Servizi che costituiscono per i macchinari l’elemento cruciale di competitività.
investimenti
Amazon fa base
a Piacenza
Amazon Italia ha inaugurato un nuovo magazzino di 60mila
metri quadrati nel piacentino. Si tratta di un centro logistico
in un capannone industriale grande come sei campi di calcio
e posizionato in uno snodo strategico, a cavallo tra la rete
autostradale A1-A21 e la linea ferroviaria Milano-Bologna.
16 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
Il centro si occuperà di smistare e distribuire i prodotti di
Amazon.it oltre che dello stoccaggio e dell’inventario dei
venditori esterni che operano sulla piattaforma. Qui i tir di
mezza Europa arrivano, scaricano e ripartono con i prodotti
distribuiti dalla multinazionale americana del commercio
online, che lo scorso anno ha fatturato 61,09 miliardi di
dollari. Sbarcata in Italia nell’ottobre 2011, Amazon conta di
espandersi presto su altri 75 mila metri quadrati per arrivare a occupare entro i primi tre anni di attività, fino a 1000
addetti (oggi sono circa 400).
banche dati
Ricercatori industriali
online
ll consorzio Aster, il consorzio pubblico-privato dell’Emilia-Romagna per la ricerca e il trasferimento tecnologico
alle aziende, ha realizzato uno strumento che permette alla
imprese, ai centri di ricerca e agli enti di consultare i profili
professionali dei giovani ricercatori industriali. Si tratta
della banca dati RIcE-Rcami, finanziata dalla Regione Emilia-Romagna. Lo strumento nasce come punto di incontro
tra i ricercatori industriali interessati a uno sbocco professionale qualificato, e le imprese e le altre tipologie di organizzazioni interessate a identificare le competenze migliori
per i propri scopi produttivi e istituzionali.
Iscrivendosi alla banca dati, i ricercatori possono creare una
scheda professionale e collegarla al proprio profilo Linkedin,
di modo che le imprese, i centri di ricerca e gli enti possano
fare riferimento anche a questo social network per effettuare ricerche il più possibile esaustive e aggiornate.
I primi iscritti sono 70 giovani ricercatori formati nei laboratori universitari e nei centri appartenenti alla Rete Alta
Tecnologia dell’Emilia-Romagna, ma la banca dati è stata
pensata per allargare il proprio bacino di utenza a tutti i
ricercatori industriali del territorio regionale, e quindi all’insieme di quelli attivi in ambito nazionale. Contestualmente
alla realizzazione dello strumento, Aster ha pubblicato il
Technology Report, un catalogo online che raccoglie e
presenta oltre 50 esperienze ed eccellenze nate dalle partnership tra le imprese dell’Emilia-Romagna e i laboratori di
ricerca della Rete Alta Tecnologia.
regione
impresa
e notizie
Come una Perla
Il marchio bolognese di lingerie haute couture cambia proprietà e rilancia in
tutto il mondo. A partire anche da uno spettacolo davvero speciale.
Like a pearl. The Bologna haute couture lingerie brand changes ownership and is
re-launched worldwide. Starting from a really special show.
di Piera Raimondi Cominesi
È
il 1954 quando Ada Masotti, bustaia ricca di talenti e
iniziativa, apre a Bologna
un laboratorio di corsetteria. Le sue prime creazioni
in seta soutache, impreziosite da pizzi
macramé o lavorate con l’antica tecnica del pizzo a frastaglio, viaggiavano
in voluttuose valigette foderate di velluto rosso, invenzione del marito.
La sapienza artigianale di quei primi
manufatti rimane un tratto distintivo
anche quando l’azienda si ingrandisce
e diventa leader mondiale nel settore
underware e beachware. Nel 2007,
dopo decenni di successi commerciali
ma già con la crisi che incombe, il
gruppo La Perla viene ceduto da Alberto Masotti al fondo americano Jh
Partners. Iniziano anni di esuberi e
cassa integrazione, lotte sindacali e
contrattazioni. Nel 2010 si ipotizza anche di trasferire la produzione e il progressivo piano di ridimensionamento
dell’organico sfocia nei primi tentativi
di vendita. Nel giugno scorso l’azienda va all’asta. Dopo tre quarti d’ora
di rilanci tra Silvio Scaglia, patron di
Fastweb, quello di Calzedonia, Sandro
Veronesi, e il gruppo industriale israeliano Delta Galil, la spunta Scaglia
mettendo sul piatto 69 milioni di euro
e il reintegro in azienda dei lavoratori
in cassa integrazione.
Queste le cifre, ma dietro le vicende
alterne di questo marchio grandioso ci
sono anche i lavoratori. Come è andata
hanno voluto raccontarlo salendo su
un palcoscenico, ora che finalmente
hanno tirato un insperato sospiro di
sollievo. Con cinque mesi di prove,
sotto la guida dei registi Nicola
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 17
imprese
Per il rientro a pieno
titolo nel fashion di
alta gamma Pacific
managment group,
la holding di Scaglia,
ha prospettato un
investimento di 110
milioni di euro.
18 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
Bonazzi e Lea Ciranni, è andato in
scena, il 1° maggio, Come una perla.
La crisi non è uno spettacolo… ma
può diventarlo! un racconto che ha
messo a nudo le dinamiche personali
e interpersonali che si creano nel
momento in cui si paventa di perdere il posto di lavoro. Paura, rabbia,
sconforto, competizione, solidarietà,
senso di appartenenza all’azienda,
orgoglio di fare cose belle, racconto
di un mondo aziendale che negli anni
felici è un posto dove si va volentieri,
si mescolano perfettamente in un’ora
di show vero e proprio, con tanto di
coreografie e canzoni.
“Abbiamo iniziato un po’ inconsape-
volmente questo percorso – racconta
una dei sedici protagonisti, Patrizia
Palermo – e subito, sia Nicola che
Lea, ci hanno chiesto di raccontarci
attraverso l’improvvisazione, con i
racconti scritti, di parlare di questa
vicenda. È stato come fare il punto
della situazione, prendere il carico di
emozioni che avevamo accumulato in
questi anni e tirare le somme. Mettere in scena questa storia ha avuto un
ruolo catartico, siamo riusciti a elaborare una situazione che per molti è
stata pesante e guardarla a distanza,
prendere le distanze e avere la forza
e il coraggio di raccontare come sono
andate veramente le cose”.
Un reset emotivo dunque, uno contabile e di managment e La Perla, con
le sue creazioni, è pronta a incantare nuovamente le donne di tutto il
mondo.
Per il rientro a pieno titolo nel fashion di alta gamma Pacific managment group, la holding di Scaglia ha
prospettato un investimento di 110
milioni di euro e conta di arrivare a
un giro di affari di 250 milioni in tre
anni. La strategia della nuova immagine e della comunicazione è stata
affidata a una giovane donna, Stefania Valenti. La sua prima campagna
è già su tutti i giornali, l’immagine
femminile proposta è raffinata e sensuale e mette in primo piano le lavorazioni sottili e i dettagli preziosi
di questo made in Emilia-Romagna.
Le luci, i materiali e le forme delle
nuove boutique La Perla, disegnate
da Roberto Baciocchi, ricordano più
degli atelier che dei negozi, pronte
a regalare l’emozione di un acquisto
importante, così come avveniva un
tempo alle signore che aprivano quel
cofanetto foderato di velluto rosso.
pagina 17
dettaglio di una lavorazione di lingerie.
in queste pagine
immagini delle campagne stampa del gruppo e il
nuovo negozio la perla di via Monte napoleone a
milano.
e-r magazine n. 1 | giugno 2013 | 19
rubriche
Regione & notizie
cultura alimentare
Green&Young, ovvero l’impegno contro lo spreco spiegato
ai giovani, sarà il leitmotiv dell’edizione 2014 della campagna
europea di sensibilizzazione Un anno contro lo spreco, promossa da Last Minute Market, lo spin-off dell’Università di
Bologna divenuto eccellenza europea nel recupero degli sprechi
alimentari, diretta dal fondatore e presidente di Lmm, l’agroeconomista Andrea Segrè. Un anno contro lo spreco ha già
inciso realmente nella sensibilizzazione del Paese e dell’Europa
sul tema spreco, come dimostrano i dati dell’Osservatorio
Waste Watcher, la Risoluzione di Strasburgo del 19 gennaio
2012 approvata dal Parlamento Europeo per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025 e la proclamazione dell’Anno europeo contro lo spreco alimentare per il 2016. Obiettivi ripresi
dalla Dichiarazione congiunta che la campagna di Last Minute
Market aveva portato all’attenzione del Parlamento Europeo
sin dall’ottobre 2010.
F.T. Altan, logo per la campagna “Un anno contro lo spreco”, 2014.
Agro-alimentare
Da eccedenza a risorsa
Grazie a una piattaforma informatica messa a punto dalla
Regione Emilia-Romagna, unica in Europa, le eccedenze agroalimentari diventano una risorsa per le associazioni caritatevoli.
La piattaforma incrocia, in tempo reale, l’offerta delle organizzazioni dei produttori con la domanda degli enti no
profit, che ridistribuiscono gratuitamente frutta e verdura
alle persone bisognose. Il risultato è doppio: un reddito minimo ma garantito per i produttori e approvvigionamenti di
alta qualità a costo zero per le Onlus. L’opportunità è offerta
dall’Unione europea che finanzia il 100% del prodotto che non
viene assorbito dal mercato, purché indirizzato alle persone
indigenti. Nel progetto sono impegnate 14 organizzazioni di
produttori ortofrutticoli, sono attivi 39 centri di ritiro di organizzazioni caritatevoli, più di 40 i punti di smistamento dei
prodotti ortofrutticoli. Nel 2012, primo anno di attività, sono
stati veicolati attraverso questo canale oltre 100 mila quintali
di prodotti ortofrutticoli. È una quota pari al 74% dell’intera
produzione ortofrutticola ritirata dal mercato con destinazione persone indigenti secondo i programmi UE. Nel 2013 il
valore complessivo dell’operazione è stato di circa 4 milioni
di euro.
20 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
e-vaso, progetto di make in bo.
Un anno non sprecato
laboratori
Make in Bo stampa in 3D
La stampa 3D è un fenomeno che, pur essendo ancora oggi
di nicchia e molto legato al mondo degli appassionati di informatica, è destinato ad avere, in un futuro vicino, un forte
impatto nella nostra quotidianità. La nuova tecnica permette,
a seconda del tipo di stampante utilizzata, di produrre oggetti
con materiali tra i più disparati: differenti tipi di plastica, sostanze a base vegetale, argilla e nuovi materiali sempre più
resistenti che sono oggi in sperimentazione. Il fenomeno è in
piena espansione sperimentale e a Bologna è nata Make in Bo,
l’associazione degli stampatori 3D o makers, come preferiscono essere chiamati. In piena sintonia con la filosofia del web il
lavoro dei makers è il più possibile condiviso, software e hardware vengono implementati su base opensource, ovvero lasciando la possibilità a tutti di aggiornare i propri modelli e di
condividere le migliorie che si è riusciti ad apportare rendendo
tutto disponibile in Rete. formazione & lavoro
Garanzia giovani
Li chiamano Neet, “Not (engaged) in Education, Employment
or Training”, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e
non lavorano. A loro è dedicato Garanzia giovani, il progetto
dell’Unione europea che intende assicurare nuove opportunità
per acquisire competenze ed entrare nel mercato del lavoro.
Il 1° maggio, Garanzia Giovani è partito anche in Emilia-Romagna, tra le prime Regioni a sottoscrivere la convenzione con
il Ministero del lavoro. A disposizione oltre 74 milioni di euro,
risorse provenienti dal Fondo sociale europeo, per integrare e
qualificare le diverse opportunità della formazione regionale,
in continuità con le scelte effettuate nel 2012 con il “Piano
per l’accesso dei giovani al lavoro, la continuità dei rapporti
di lavoro, il sostegno e la promozione del fare impresa”. La
Regione, con azioni di comunicazione orientativa e di servizio,
vuole favorire la partecipazione e il coinvolgimento attivo di
giovani e imprese. Colloqui di orientamento, reinserimento in
un percorso formativo, tirocini - da svolgere anche in mobilità
geografica e transnazionale e retribuiti - sono alcune delle
opportunità offerte. Come anche il sostegno all’inserimento
lavorativo, in particolare attraverso contratti di apprendistato
per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato
professionalizzante o contratto di mestiere, apprendistato per
l’alta formazione e la ricerca.
portfolio
MASTerpiece!
A Bologna un nuovo luogo per la cultura
d’impresa: MAST, Manifattura di Arti
Sperimentazione e Tecnologia.
In Bologna there is a new place for enterprise
culture: MAST, Manufacturing of Arts,
Experimentation and Technology.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 21
portfolio
22 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
pagina 21
facciata principale di Mast.
In primo piano la scultura,
alta quanto l’edificio, Old
Grey Beam, opera di Mark di
Severo, uno dei più celebri
artisti contemporanei.
in queste pagine
Lo scalone monumentale a
tutta altezza. rappresenta
una sorta di cuore
simbolico che mette
in relazione, in modo
continuo e naturale,
l’auditorium e la gallery
con la Caffetteria e il
Ristorante aziendale.
il ristorante e la
caffetteria.
in sospensione al centro
dello scalone, Collective
Movement Sphere di Olafur
Eliasson.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 23
portfolio
un abbraccio con la città
ingresso principale con le rampe d’accesso pedonali, che si estendono dal centro del complesso
all’accesso principale e simboleggiano la relazione
tra l’edificio e la città.
di seguito: sale didattiche, auditorium, foyer.
nel foyer L’accesso all’auditorium è arricchito
dalla presenza della scultura Shine di Anish
Kapoor.
24 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 25
portfolio
26 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
effetti di luce
il Mast è un complesso leggero, traslucido e
mutevole. Il rivestimento in vetro serigrafato che
corre lungo la struttura, passando anche davanti
alle pareti opache, associato a lamelle di alluminio, restituisce un corpo architettonico vibrante
e in trasformazione. Di notte l’edificio diventa un
oggetto luminoso.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 27
portfolio
Mast, acronimo di Manifattura Arti Sperimentazione Tecnologia è una cittadella
della cultura industriale, voluta con spirito visionario e lungimirante dall’imprenditrice bolognese Isabella Seragnoli, presidente di Coesia Group.
L’edificio che ospita la Fondazione Mast, una sorta di Beaubourg per presenza architettonica e impatto nel tessuto urbano e culturale della città, sorge a Bologna in
un’area industriale dismessa, in via Speranza. La Fondazione, no-profit, è nata per
promuovere progetti di innovazione sociale e offrire servizi di welfare aziendale che
possono essere messi a disposizione della comunità e del territorio, attraverso un
processo di osmosi tra impresa e città. Con questa importante realizzazione e con le
iniziative che qui saranno ospitate, la Fondazione Mast vuole favorire un processo
culturale di cambiamento delle nuove generazioni, offrendo nuove motivazioni e
spinte all’innovazione e all’imprenditorialità.
il progetto
Lo studio Labics, vincitore del concorso per la progettazione del complesso, concorso voluto da Isabella Seragnoli, ha ideato una costruzione
di grande impatto formale in cui si mescolano spazi destinati ad usi molto
diversi. Al piano terreno, un ristorante aziendale, una sala espositiva, il
Nido aziendale con il suo giardino e un centro wellness. Al piano superiore
due gallerie dove vengono ospitate le mostre, una caffetteria e, all’ultimo
piano, un Auditorium con 400 posti.
sopra: l’ingresso alla gallery.
28 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
Capitale umano
nell’industria
a cura di Urs Stahel
mast, 23 aprile - 30 agosto 2014
La storia dell’industria non può prescindere dal racconto
dell’evoluzione dei rapporti tra lavoratori e imprese.
Attraverso le immagini delle persone nei luoghi di lavoro,
la mostra, al Mast fino al 30 agosto, punta l’attenzione
sul ruolo determinante che il capitale umano ha sempre
svolto nello sviluppo dell’economia e della società. Se da
un lato l’industria ha radicalmente cambiato la vita delle
persone, dall’altro la sua stessa esistenza è impensabile
senza i lavoratori. Soprattutto fino a che, in un passato
non troppo lontano, la produzione non si è trasformata in
un processo affidato in gran parte alla tecnologia.
L’esposizione presenta la terza selezione tratta dalla
collezione della Fondazione MAST, curata da Urs Stahel.
Si tratta di 229 fotografie sul rapporto tra industria e
lavoratori di 41 artisti di grande notorietà come Anselm
Adams, Max Alpert, Robert Doisneau, Emanuel Evzeikhin,
David Goldblatt, Brian Griffin, Jacqueline Hassink, Erich
Lessing, Jery Lewczyński, Ugo Mulas, Sebastião Salgado,
August Sander, Larry Sultan and Mike Mandel, Jakob
Tuggener.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 29
società
Ricostruzione anno I
Il bilancio a due anni dal sisma. Il 20 maggio 2012 la prima scossa, seguita
pochi giorni dopo, il 29 maggio, da una seconda ancora devastante: 29 i morti,
45mila le persone coinvolte, 58 i comuni interessati in un’area dove si produce
il 2% del Pil nazionale.
Reconstruction, year 1. The situation two years after the earthquake. On 20th
May 2012 the first quake took place, followed some days later, on 29th May,
by a second one, even more devastating: 29 casualties, 45,000 people and 58
municipalities involved, in an area which accounts for 2% of the GDP of Italy.
di Saverio Malaspina
O
gni giorno si aggiunge
una tessera al mosaico
della ricostruzione di
questa parte di Emilia,
un’opera collettiva per
la quale sono stati messi in campo
oltre 4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 726 milioni di prestiti senza
interessi concessi alle imprese, per affrontare l’emergenza, l’avvio della ricostruzione e il rilancio dell’economia.
Ora la sfida più grande riguarda i
centri storici, perché ciò che si vuole
non è una semplice ricostruzione, ma
una vera e propria rigenerazione, per
accompagnare la ripresa economica
e sociale dei luoghi identitari delle
città, i più severamente colpiti. Già
all’indomani del sisma si era lavorato,
con primi interventi provvisori e di
somma urgenza, per riaprire le “zone
rosse”, i cuori delle città, con circa
2.000 interventi per oltre 200 milioni
di euro.
“Il percorso è robusto - ha sottolineato
il Commissario delegato alla ricostruzione, Vasco Errani - e va avanti
grazie all’impegno di tutti: istituzioni,
volontari e gli stessi cittadini che dal
primo giorno hanno lavorato insieme
per ripartire. Non abbiamo promesso
e non promettiamo miracoli. Problemi
da affrontare ce ne sono ancora, e li
affronteremo fino all’ultimo giorno”.
I primi di questa lunga serie di
problemi, lo ricordiamo, sono stati
un’emergenza abitativa, sanitaria e
30 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
scolastica senza precedenti in Italia,
la necessità di mettere in sicurezza gli
edifici pericolanti, togliere 595mila
tonnellate di macerie, censire le situazioni, in un vuoto normativo che
ha imposto una rapida e complessa
ricostruzione di norme primarie, per
lavorare con efficacia, guardando oltre
che all’immediato anche al lungo periodo, nel rispetto pieno delle regole.
Solo nel febbraio 2013 è arrivato il
decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che riconosceva il
100% del danno. Possiamo considerare
questa dunque la data di inizio della
ricostruzione vera e propria, a partire
da una situazione con numeri impressionanti: dopo le due scosse principali
erano 19mila le famiglie che avevano
dovuto abbandonare le proprie abitazioni; 14mila edifici residenziali danneggiati, 13mila attività economiche
danneggiate e 1.500 edifici pubblici
e strutture socio-sanitarie lesionati,
oltre 40mila i lavoratori costretti alla
cassa integrazione.
Oggi 7 famiglie su
10 sono rientrate a casa, i lavoratori
ancora in cassa integrazione sono solo
215, le opere idrauliche, i servizi scolastici e sanitari sono stati riattivati
in condizioni migliorative rispetto a
prima. Le imprese sono tutte rimaste
sul territorio, comprese le multinazionali, e hanno avviato ristrutturazioni
e processi di innovazione tecnologica.
L’apparato produttivo di questa zona
di produzione operosa sarà in grado di
7 famiglie su 10 sono
rientrate a casa, i
lavoratori in cassa
integrazione in deroga
sono solo 215, le opere
idrauliche, i servizi
scolastici e sanitari
sono stati riattivati in
condizioni migliorative
rispetto a prima.
affrontare i mercati meglio di prima..
Le pratiche presentate per ricostruire
abitazioni e imprese sono state 6.345
per un totale di 1,9 miliardi di euro, di
cui 960 milioni per 5312 abitazioni e
934 milioni per 1.033 imprese. Ognuna
con le sue specifiche problematiche.
Tutto il percorso fatto finora, ed è
questa la sua cifra eccezionale, è stato
il frutto di decisioni assembleari e
condivise con 110 enti pubblici e con
il coinvolgimento di 2.400 professionisti e di 1600 imprese esecutrici di
lavori. Nel rispetto delle regole e della
legalità.
foto di Fabrizio Dell’Aquila – Diateca Agricoltura Regione Emilia-Romagna
“Per completare la ricostruzione, rispetto alle necessità finanziarie ed
economiche, manca ancora un miliardo che contiamo di ottenere nei prossimi mesi, unitamente alla fiscalità di
vantaggio. Sarà un percorso difficile
per il quale, però, ci impegneremo
fino in fondo” ha sottolineato il presidente Errani.
Per i centri storici intanto sono stati
stanziati 549 milioni di euro per 664
interventi di ricostruzione o recupero.
Si tratta della prima attuazione del
“Programma per la riparazione e il
ripristino delle opere pubbliche e dei
beni culturali” che prevede complessivamente 1.540 interventi per un
importo di 1 miliardo e 354 milioni di
euro. In maggio, inoltre, il Commissario ha varato due ordinanze per favorire il ripristino delle condizioni di vita,
la ripresa delle attività economiche
e la riduzione della vulnerabilità nei
centri storici e urbani. Si tratta di strumenti flessibili grazie ai quali i Comuni si possono dotare di un proprio
Piano organico e possono recuperare
anche gli immobili di proprietari che
non intendono ristrutturarli, attraverso l’acquisto e successiva destinazione
all’affitto, in modo da raggiungere il
duplice risultato di ricostruire e aumentare l’offerta di alloggi in locazione nei centri storici.
Anche questi interventi fanno parte
del sistema di norme primarie che si è
dovuto formulare e che si affina ogni
giorno di più. Si tratta di una grande
sperimentazione che ha fatto dire al
ministro per i beni culturali, Dario
Franceschini, nel corso della visita in
Regione: “La gestione del terremoto
in Emilia-Romagna è un’esperienza di
cui tenere conto per la legge quadro
sulle calamità naturali che a breve
presenterò al Consiglio dei ministri e
che consentirà in situazioni di emergenza di operare in un unico ambito
normativo definito”.
Tanta sperimentazione si è fatta anche
nel campo delle tecniche di restauro,
“non soltanto nell’emergenza e nella
messa in sicurezza, che ha riguardato
il primo anno di lavoro, ma adesso,
finalmente, anche nel trasferimento di
tecnologia nel recupero e restauro del
patrimonio.” – dice il professor Balzani
a capo del Laboratorio Teknehub – “L’Emilia-Romagna e in particolare questa
zona dell’Emilia intersecata dal terremoto è un cantiere-laboratorio che
mostrerà nei prossimi anni modelli
di partecipazione integrata con cui si
stanno sperimentando soluzioni a problemi che poi saranno diffuse anche
in altri territori della nostra nazione,
perché la problematica non è solo di
questa regione. L’Emilia ha scoperto una condizione particolare, in un
contesto fragile che non si pensava
potesse dare questo tipo di problemi.
E adesso invece stiamo lavorando anche per mettere a disposizione di tutti
soluzioni innovative”.
In alto
Lavori di consolidamento del museo ettore
guatelli
sopra
Il sito www.donazionisisma.it rendiconta una
per una le donazioni ricevute dalla Regione, 31,1
milioni di euro. Se siete uno dei novemila che hanno
versato il loro contributo direttamente sul conto intestato alla Regione, digitate il vostro nome
sulla home del sito e saprete che destinazione
ha avuto la somma che avete versato, a quale dei
67 progetti di ricostruzione è stata attribuita,
con tutti i dettagli per ciascuna opera finanziata
compreso lo stato di avanzamento dei lavori.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 31
territorio
Viaggio nel gusto
in 42 Musei
Da Piacenza a Rimini, un percorso tra piacere e memoria, alla scoperta dei prodotti migliori del territorio e della nostra storia.
A journey through flavours in 42 museums. From Piacenza to Rimini,
an itinerary through tastes and memories, discovering the best products of our
territory and our history.
™ translation at page 47
di Angela Simeoni
L
a filiera del cibo, a volerla
percorrere con curiosità, ci
spinge a continue incursioni
nella nostra storia. Il nostro
benessere affonda le radici in
una realtà agricola che meno di un secolo fa contava oltre il 60% della popolazione addetta all’agricoltura, mentre oggi è
meno del 5-10%. Realtà basata su una alleanza imprescindibile tra lavoro umano
e animale, in un rapporto armonico con
la natura, le cui risorse erano fondamentali per l’esistenza e come tali trattate e
curate. Tra i contadini, ancor prima della
nascita delle società di Mutuo Soccorso,
vigevano principi mutualistici tacitamente condivisi. I lavoratori della terra
solidarizzavano tra loro ed erano pronti
ad aiutare il vicino, specie se colpito dalle avversità, ma spesso anche nel duro
lavoro quotidiano. Un mondo che, prima
32 | e-r magazine n. 2 | dicembre 2013
dell’industrializzazione, rimane simile a
se stesso per secoli.
Un’immersione in questo universo popolato di mezzadri, filarine, mondine, scarriolanti, bifolchi, poderi, caseifici, mulini,
frantoi, è quella cui vi invitiamo, viaggiando nel tempo tra Piacenza a Rimini.
E se avete voglia di incamminarvi, l’itinerario è già pronto: si snoda tra la rete
dei Musei del mondo rulale e quella
dei Musei del Gusto che si intersecano
piacevolmente alle Strade dei vini e dei
sapori, che con mappe, panieri di prodotti e vini, oltre a dettagliate informazioni
su cosa assaggiare e visitare, offrono
spunti per viaggi all’insegna di gola e
cultura viva del territorio.
Oggetti della vita quotidiana, attrezzi
per il lavoro nei campi, testimonianze
di mestieri e tradizioni, sono il cuore dei
18 Musei del Mondo Rurale dell’Emi-
lia-Romagna, quasi tutti contraddistinti
dal marchio “Musei di Qualità”. Il patrimonio storico ed etnografico raccolto nei
musei mette a disposizione, anche ai non
addetti ai lavori, il grande capitale culturale e sociale accumulato dall’agricoltura
emiliano-romagnola nel corso dei secoli,
capitale di cui oggi godiamo attraverso
le eccellenze alimentari e un sistema
agroalimentare ricco e sostenibile.
Se siete viaggiatori tecnologici per voi
c’è la app I Musei del Mondo Rurale
in Emilia-Romagna, accessibile da
qualsiasi smartphone o tablet. L’app, con
una scheda per ogni museo, fornisce
indicazioni sulle tre cose da non perdere,
orari e informazioni di servizio. E poi informazioni su tutti gli eventi, sagre, mostre dedicate alla civiltà contadina e una
mappa geo-referenziata dei siti con suggerimenti su cosa visitare nel territorio
15
PIACENZA
16
FIORENZUOLA
D’ARDA
06
01 SORAGNA
RO FERRARESE
SAN
PARMA GATTATICO
MARTINO
FERRARA 03
IN
RIO
SAN BARTOLOMEO
12 REGGIO
BASTIGLIA
19
EMILIA
17 IN BOSCO
23
11
SALA
09
COMACCHIO 12
COLLECCHIO 14
ARGENTA
SALA 16 MONTECCHIO
10 CAMPOGALLIANO BOLOGNESE
BAGANZA
BENTIVOGLIO
04
FELINO
EMILIA
06
18
MODENA
07
LANGHIRANO 03
ANZOLA EMILIA
18 BUDRIO
02
13
14
20
MASSA
SPILAMBERTO
NEVIANO
BAGNACAVALLO
21
LOMBARDA
BOLOGNA
DEGLI ARDUINI
CASTELNUOVO 15
24 22
05
RANGONE
RAVENNA
MONTERENZIO COLLECCHIO
GUIGLIA
13
DOZZA
05
CERVIA 07
CESENATICO
BRISIGHELLA 04
17
03
CASTEL DEL RIO
FORLÌ
09
10
08
CASOLA
SANTARCANGELO
FORLIMPOPOLI
VALSENIO
08
DI ROMAGNA
CESENA
02
PORRETTA TERME
RIMINI
SOGLIANO 11
SUL RUBICONE
01
una app per i musei del mondo rurale
MONTESCUDO
la web app è attiva all’indirizzo www.museirurali.it
sotto da sinistra
museo ettore guatelli, museo del prosciutto, casa
artusi.
circostante: chiese, castelli, monumenti e
Strade dei Vini e dei Sapori.
Dalla terra alla tavola, si può invece sintetizzare così il percorso nei 24 Musei
del Gusto che, capillarmente diffusi sul
territorio, parlano di materiale e immaginario: di come si coltiva un vigneto e dei
significati che il vino ha nella nostra civiltà; di come si produce un formaggio e
dei valori di socialità che queste pratiche
hanno sviluppato tra gli uomini; di come
si fa l’olio o si innesta un albero da frutto; di come si fanno squisiti salumi, vini
e aceti balsamici. Una mappa dei tesori
enogastronomici dell’Emilia-Romagna,
un patrimonio a qualità certificata con
le 39 DOP e IGP e gli oltre 300 prodotti
censiti come “tradizionali”, esperienze
del gusto e tesori economici inestimabili
che fanno della nostra regione la terra
del buon vivere.
E se tornando a casa volete portare con voi anche un po’ di sapienza
culinaria, non potete mancare Casa
Artusi, il primo museo vivo della cucina aperto ad appassionati e curiosi,
donne e uomini di casa, professionisti
e cultori che vogliano approfondire la
cultura e la pratica della cucina domestica. A Forlimpopoli, in un antico
convento sapientemente ristrutturato,
sono offerti corsi a tutti i livelli in una
sala didattica con 20 postazioni attrezzate, nel nome del padre della cucina
italiana. Il museo comprende anche
il Ristorante di Casa Artusi, dove si
gustano ricette della tradizione emiliano-romagnola e la Cantina che ospita moltissime etichette, tra cui tutte
quelle più importanti della regione, in
collaborazione con l’Enoteca Regionale Emilia-Romagna.
musei del gusto
01Museo del Parmigiano-Reggiano
02Museo dell’aceto balsamico tradizionale
03Museo del prosciutto di parma
04Museo del salame di Felino
05Museo della tigella e laboratorio del borlengo
06Museo del pane “Mulino sul Po”
07Museo del sale di Cervia
08Museo Casa Artusi
09Museo del castagno
10Museo all’aperto dell’olio di Brisighella
11Museo del formaggio di Fossa “Fossa Pellegrini”
12Museo dell’anguilla “Manifattura dei Marinati”
13Enoteca regionale Emilia-Romagna
14Istituto nazionale di apicoltura
15Museo della frutticoltura “A. Bonvicini”
16Museo del vino
17Giardino delle erbe
18Museo della patata
19Museo del pomodoro
20Museo del gelato
21Museo della Salumeria
22Museo della Pasta
23Museo Cantina dei vini di Parma
24Parco delle api e del miele
musei del mondo rurale
01Museo etnografico di Valliano
02Museo degli usi e costumi della gente di
Romagna
03Museo della marineria
04Museo etnografico romagnolo Benedetto
Pergoli
05Ecomuseo della civiltà palustre
06Museo della bonifica
07Museo della civiltà contadina “Istituzione Villa
Smeraldi”
08Museo etnografico Laborantes
09Museo della civiltà contadina di Bastiglia
10Museo della bilancia
11Museo dell’agricoltura e del mondo rurale
12Museo Cervi di Gattatico
13Museo uomo ambiente
14Museo Ettore Guatelli
15Museo della civiltà contadina dell’ITAS G.
Raineri
16Casa della memoria
17Museo del mondo agricolo ferrarese
18Ecomuseo dell’acqua
e-r magazine n. 2 | dicembre 2013 | 33
letture
Emilia, interno/esterno
Nell’intervista, Bernardo Bertolucci ripercorre il suo rapporto con la terra
d’origine – l’Emilia, Parma, la campagna – che si rivela specchio del rapporto
con il padre Attilio.
Emilia, within and outside. In an interview, Bernardo Bertolucci describes
his relationship with his homeland – Emilia, Parma, the countryside – which
mirrors his relationship with his father Attilio.
di Piera Raimondi Cominesi
C’
è una foto scattata sul
set di Novecento dove
lei, con un occhio bendato, è accanto a suo
padre. In quell’immagine, patrimonio della storia del cinema,
mi è parso di leggere sul volto di Attilio
Bertolucci un riservato e divertito piacere
per quel figlio corsaro, che tante volte
l’ha “ucciso senza mai finire in galera”,
ritrovando sempre un modo per indagare
quel rapporto. Come è stata la vita, da
ragazzi, nella casa del poeta?
È durata tantissimo. Mio padre era
riuscito a creare una specie di bollapoetica che proteggeva questa famiglia
da tutto quello che c’era fuori.Verso i
vent’anni ho scoperto che esistevano
cose come l’aggressività, laviolenza di
certi sentimenti. Tutte cose che c’erano state risparmiate. Poisi cresce e ci
si ritrova nel mondo un po’ disarmati,
impreparati, perché siesce da quella
bolla, da quella cupola. D’altra parte
non sono qui per rinnegareil privilegio straordinario che ho avuto. Quando vedo persone che,diversamente da
me, sono cresciute in contesti meno
ricchi di cultura e piùdifficili, sono
così ammirato. Ad esempio Pasolini,
figlio di un sottufficialee di una maestrina di Casarsa, ed è venuto fuori
questa specie di esserestraordinario,
così colto, in tutti i formati si direbbe
oggi. Ci sono tantemie interviste che
parlano di quando mio padre inizia a
farci leggere poesie. Forse avete visto
il programma di Fazio. La poesia che
ho letto lì è famosa in casa nostra.
Tutti prendevamo in giro mia madre
che era molto distratta e in quella poe­
sia, scritta da mio padre a diciotto, di-
34 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
ciannove anni, la rosa bianca è lei. La
poesia finisce dicendo: “la rosa bianca
sarà un po’ smemorata come tu sarai
a trent’anni”. La poesia era quindi
una sorta di particolare ma tranquilla
presenza nella quotidianità, non era
tra virgolette. La rosa bianca in fondo
al giardino c’era veramente. Vederla
nella realtà e scritta su una pagina,
riusciva a rendere la letteratura meno
mitica, più presente.
— La sua famiglia si trasferisce a Roma
quando lei è adolescente, come ha vissuto
questo spostamento?
Ho vissuto in campagna, vicino a Parma, fino agli undici, dodici anni. E poi
ci hanno traslocati a Roma e così dalla
campagna ci siamo trovati a Monteverde Vecchio degli anni Cinquanta.
Era bello poter avere nostalgia di un
luogo dove si era stati fino a quell’età,
essere a Roma e tornare ogni volta
che le scuole chiudevano. E ogni volta
vedere come i paesaggi un po’ incantati e mitici dell’infanzia, anno dopo
anno, si rimpicciolivano assumendo
dimensioni deludenti.
— A ventitré anni torna in Emilia da
regista e filma una Parma in bianco e
“quasi bianco”, irreale e ripulita dalla
contemporaneità. Perché questa scelta?
Sì, era un po’ sparata... Un modo per
andare a riprendermi qualcosa che
nell’infanzia mi era sembrato straordinario, perché per un bambino
di campagna Parma era la città
che rappresentava il Cinema.
Al cinema si andava a Parma,
mio padre era critico cinematografico per la “Gazzetta
di Parma”, in una sua raccolta parla
anche di me. Sono voluto tornarci con
Prima della rivoluzione, il mio secondo
film, per andare a vedere se mi ritrovavo in quella città. Mio padre mi aveva
parlato molto della Petite Capitale d’autrefois, di questa Parma un po’ francese. C’era un rapporto con l’Emilia che
i dodici anni a Roma tendevano molto
a ridimensionare. Così sono voluto
andare là. Non so se anche nel film c’è
una Parma ideale, che apparteneva più
ai miei sogni. Però ho
continuato perché
dopo è arrivato
Strategia del ragno.
— Un film dedicato esplicitamente
all’Emilia-Romagna,
fotografata in una
luce blu e abitata dalle
bestie feroci di Ligabue. Un omaggio a una
natura vista attraverso inquadrature totali e in campo
lungo, dove viene voglia di entrare.
Perché c’è molta pittura. L’ho dichiarato all’inizio, nei titoli di testa. A Storaro, che lavorava con me per la prima
volta, avevo fatto vedere molta pittura
di Ligabue e Magritte, che avevo scoperto in quel momento. Giocavamo
con questi riferimenti, senza voler
fare delle vere e proprie citazioni tra
virgolette. E lì è tornata ancora quella
campagna. Poi c’è stata la parentesi
del Conformista e Ultimo tango e poi
finalmente sono tornato per fare Novecento, un’idea che avevo da tantissimo
tempo. Nei miei primi film c’erano
spesso tentazioni schizofreniche, personaggi che erano due o si dividevano
in due, come accade in Partner. In
Novecento l’idea prima è stata quella
di due bambini che nascono lo stesso
giorno nel 1900 e che poi camminano
attraverso metà del secolo, insieme.
Poi amandosi, poi odiandosi.
— Novecento, che si apre con l’annuncio
della morte di Verdi, con la fine di un
mondo, è dedicato ai contadini, ai corpi
e alle facce emiliane. Un paesaggio e un
passato diventati memoria emotiva di
molti, anche grazie a questo film.
Lì c’era un omaggio a mio padre.
Ci sono capitoli di La camera da letto che
hanno molto ispirato Novecento. Uno in
particolare, pubblicato prima del poema
intero, dedicato a uno sciopero di braccianti del 1908 che durò molto tempo.
Durante lo sciopero, questo viene detto
in un testo di Massimo Gorki, i bambini
di Parma arrivarono a Genova in treno
con le bandiere rosse, per essere ospitati
da alcune famiglie genovesi. Ne La camera da letto si parla delle mucche che
piangono nelle stalle durante lo sciopero, perché nessuno le munge, e dei
padroni che giocano a fare i contadini.
Giocano a mietere il grano. Trasformano
il lavoro della terra in un picnic, una
specie di partie de campagne. Novecento
è stato una specie di grande abbuffata
di quello che amavo in quegli anni, di
quello che sentivo molto fortemente,
lo straordinario tesoro della cultura dei
contadini emiliani in cui avevamo voluto calarci e nello stesso tempo anche
l’immagine della borghesia agraria, dei
grandi possidenti. Ho voluto allargare
ancora una volta quel sentimento che
era già in Prima della Rivoluzione. Uno
sguardo su un’Emilia mitologica, per cui
il Po era il Mississippi di Tom Sawyer.
Il finale del film, il 25 aprile, era, più
che la fine della guerra e del fascismo,
la gioia di un attimo rivoluzionario.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 35
letture
Novecento è stato
una specie di grande
abbuffata di quello
che amavo in quegli
anni, lo straordinario
tesoro della cultura
dei contadini emiliani.
Questa la ragione per cui il partito a cui,
non tanto segretamente, volevo dedicare il film, lo rifiutò. Meno però i giovani
della Fgci.
— Novecento ha portato con sé altri
tradimenti. Ad esempio, la vicenda della
produzione/distribuzione come andò?
Novecento era una realizzazione dentro
il mio sogno di onnipotenza. Perché
dopo Ultimo tango a Parigi potevo
fare tutto quello che volevo. La prima scommessa è stata far fare a tre
grandi distribuzioni hollywoodiane,
Paramount, United Artists e Fox, un
film comunista. Per fare uscire il film
in America arrivai a un compromesso:
accorciare il film di un’ora. Da cinque
ore e dieci è diventato di quattro ore
e qualcosa nella versione americana. E lì sono uscito con le ossa rotte,
come se mi avessero date un bel po’
di legnate. Però sono andato avanti.
Quando Giuseppe, nel 2006, mi chiamò
da Bologna e mi disse che la Cineteca
aveva deciso di festeggiare i trent’anni
di Novecento, fui molto felice. Iniziò
così una seconda vita per il film che,
con me, andò a una proiezione a Roma
all’Auditorium. Con Depardieu alla fine
della proiezione parlammo del film.
Non mi dispiaceva vedere che erano
passati trent’anni, era molto strano. In
attesa di vedere il film passavano sullo
schermo dei materiali, tagli del film,
tutti su questo treno con le bandiere
rosse che girava per la Bassa. Dissi in
quell’occasione: “Nel ’77 quando uscì il
film c’erano tante bandiere rosse e oggi
ci sono molti tappeti rossi”.
— A significare il grande amore che il
pubblico ha avuto per Novecento, grazie
a lei, al mondo ci sono tanti Olmo in più,
36 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
tanto che anche l’attore di Io e te si chiama Olmo.
Jacopo Olmo, ho trovato un ragazzino
che si chiama Olmo. Si chiamano tutti
Olmo. Una volta un Olmo spagnolo mi
scrisse da Madrid che lui si chiamava
così per via di Novecento, i genitori erano di sinistra. Lui aveva scoperto l’esistenza di un altro Olmo, in Andalusia,
che non aveva visto mai Novecento e
voleva fare un documentario su me che
guardavo l’Olmo andaluso. Forse questi Olmo sentono di avere una sorta di
figura paterna che li accomuna. Il figlio
di Gianni Amico, il regista, fu concepito ai tempi di Novecento e fu chiamato
Olmo. Lui dice che è Olmo I.
— Dopo Novecento torna in Emilia con
La luna, con un discorso più intimo.
Nell’indifferenziato di quel rapporto madre-figlio guidato dal linguaggio dell’inconscio, dove tutto si confonde, i due
tornano in Emilia per trovare quasi un
principio maschile, regolatore, nel vecchio
maestro di canto, nella casa di Verdi, sulla scena di Novecento. Il processo analitico sembra dominare la narrazione più
che mai in questo film, anche nel modo di
guardare ai luoghi.
Nel film sono voluto tornare per un
passaggio in macchina nella corte
dove avevamo girato tutta la parte
dei contadini di Novecento. Quando
nel 1969 ho iniziato l’analisi, ed era
proprio prima che girassi La strategia
del ragno, come tutti i neofiti, avevo un
grandissimo entusiasmo perché era
come se, segretamente, avessi avvitato
alla mia macchina da presa un obiettivo speciale. Era un modo per arrivare
ai personaggi diverso da quello che
avevo usato fino ad allora. Il racconto
di Borges da cui è tratto Strategia,
Tema del traditore e dell’eroe, racconta di
un giovane che torna in Irlanda per indagare sulla sua famiglia. La prima cosa
che l’analisi mi ha portato a fare, nel
momento in cui ho iniziato a pensare al
film, è stata trasformare il rapporto tra
il giovane e la famiglia in un rapporto
padre/ figlio ambientato in Emilia. Mi
sono trovato a filmare un edipo storico e
di fantasia. Quando il protagonista, alla
fine del film, sta per andarsene da questo paesino della Bassa, aspettando un
treno annunciato sempre più in ritardo,
guarda i binari e vede che su quei binari
è cresciuta l’erba. Non è passato nessun
treno da molti anni. Questo svela il mio
rapporto con Parma e la campagna:
l’essere andato via e esserci tornato e
avere paura che cresca l’erba sui binari.
L’analisi mi ha molto influenzato, molto
arricchito, non so come sarebbe stato il
mio cinema senza questo obbiettivo in
più. Sono diventato una specie di caso
monster, perché ho fatto trentacinque
anni di analisi con vari analisti, prima
più vecchi, che sono morti, poi con altri
più giovani. Gli analisti mi hanno dato il
“Premio Cesare Musatti”. L’anno scorso,
in Messico, c’è stato un grande congresso internazionale di psicoanalisi dove
mi hanno dato un altro premio. Come
se io avessi (e secondo il mondo dell’analisi l’ho fatto) aiutato a diffondere e
approfondire la psicanalisi attraverso il
cinema. Spero di non averlo fatto, ovviamente.
— Nei film ambientati in Emilia, Verdi e
il melodramma ci sono sempre…
Ho iniziato subito con Prima della rivoluzione a usare Verdi facendo un Macbeth molto montato, usando la musica
e stravolgendo anche l’ordine cronologico di certi pezzi musicali.
— La danza è un altro dispositivo narrativo molto potente nei suoi film. Come lo
ha utilizzato?
Non sono mai stato capace di ballare.
Era come vincere una mia impossibilità. Poi c’era Casarola sull’Appennino,
a mille metri, dove d’estate alcune
domeniche c’erano dei balli accompagnati dalla fisarmonica. Avevo sempre
paura di vedere che mia madre stava
ballando con qualcuno e questa specie
di attrazione/repulsione mi ha portato a
contare molto sulle sequenze musicali.
Questa cosa non l’avevo mai detta. Ballava sotto i castagni. Nel momento della
danza tutto diventa possibile, come
in una favola. Forse grazie al grande
amore per il musical americano, sento,
ho sempre sentito che potevo mettere
della musica, meglio ancora far ballare
qualcuno, perché in quel momento sarebbe accaduto qualcosa al di fuori delle
regole narrative, qualcosa che in quel
momento avrebbe avuto un suo acme,
un suo picco nella danza. Mi è accaduto
nell’ultimo film. Nei film emiliani c’è
sempre un gruppo musicale di ottoni.
Per la prima volta in Strategia, in un ballo in Novecento e poi ne La tragedia di un
uomo ridicolo. Era la banda dei Cantoni.
Mio padre mi raccontava che suonavano nei paesini, nelle balere. C’erano
due bande: i Tinazzi e i Cantoni, che si
sfidavano e che prima della festa, con la
tromba, andavano a fare l’invito per il
ballo. Quelli hanno resistito da Strategia
fino a La tragedia di un uomo ridicolo.
— L’ultimo atto in Emilia è La tragedia
di un uomo ridicolo. La realtà emerge
aspra e Maria Luigia è solo il nome di un
maiale. Il ballo finale non è più al Teatro
Regio, ma in una balera di periferia. Cosa
è accaduto?
Mi sembrava di essermi ripagato di
quello che mio padre mi aveva tolto,
che io ho tolto a lui, che poi c’eravamo
scambiati l’un l’altro. Alla presentazione, a Parma, de La camera da letto, Cesare Garboli disse che alcune sequenze del poema erano cinematografiche
ed erano in qualche modo influenzate
dal mio cinema, influenzato a sua volta dalla poesia.
Dal 1981 il suo cinema non ha più abitato l’Emilia-Romagna, se dovesse raccontarla adesso come lo farebbe?
In realtà una parte de L’ultimo imperatore l’ho girata a Salsomaggiore. Nessuno lo sa. C’è una scena in un grande
salone con tanta gente, una specie di
casa da tè, girata in quei luoghi dove
avevo ambientato una parte di Novecento. A Salsomaggiore abitava un
grande decoratore che aveva creato la
“sala rossa” e decorato il Palazzo Reale
del Re in Thailandia, negli anni Venti.
Evidentemente il sovrano era andato a
fare le terme a Salsomaggiore, aveva
visto l’opera e gli era piaciuta. Anche
Sakamoto ne è rimasto attratto. Ricordo la sequenza con John Lone e Joan
Chen, tutti questi cinesi a Salsomaggiore. Mi piacciono i paradossi che
a volte il cinema sa creare. Potrebbe
accadere di raccontare ancora l’Emilia.
Quello che è chiaro è che conosco i
paletti, quali sono le possibilità e fino
a dove posso spingermi, in serenità.
Intanto c’è stata questa specie di ferita
che ho sentito molto forte: il terremoto in luoghi dove veramente non ci
si aspettava che potesse accadere, in
pianura. Ci sono stati molti terremoti
sull’Appennino, la casa di pietra di
Casarola ha delle chiavi di ferro cui si
legano catene che la tengono su. Però
in pianura non si era mai sentito. È
stata una ferita. La ferita di un paesaggio un pochino figé per me. Non avendolo più vissuto, quel paesaggio piano
piano diventa un po’ immobile, fuori
dal tempo. La mia specie di sogno dei
contadini emiliani come modello per
tutto il mondo si è un po’ affievolito.
Ho paura che diventino dei santini. E
allo stesso tempo ho sempre provato
emozioni diverse nei confronti di Parma, della campagna di quelle parti,
perché certo, a vent’anni, se ero lì e
mi dicevo “ecco, vivo qui”, immediatamente volevo fuggire.
pagina 34
bernardo bertolucci al festival del cinema di
venezia nel 2013.
pagina 35 e in alto
fotogrammi del film novecento.
sopra
copertina del libro “bernardo bertolucci - una
regione piena di cinema”, a cura di Piera raimondi
cominesi e davide zanza, edizioni falsopiano regione emilia-romagna, 2014.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 37
media
Radio E-R new look
La web radio della Regione ha compiuto otto anni l’8 marzo.
Si è rinnovata nei contenuti e nell’immagine ed è diventata più social.
The radio of our Region celebrated its birthday on 8th March. It has renewed its
contents and image and has become more social.
di Leonetta Corsi
È
stata la prima radio in
podcast di una Regione
italiana e dopo otto anni di
trasmissioni RadioEmiliaRomagna si conferma una
voce di qualità per offrire le principali
notizie della Regione, promuovere la
cultura nei suoi molteplici aspetti, valorizzare i nuovi talenti musicali e le
produzioni del nostro territorio. E in
generale per ascoltare buona musica.
Ogni anno 300.000 ascoltatori seguono i servizi trasmessi, tra questi ci
sono 40.000 fidelizzati, termine tecnico che sta a indicare chi ci ascolta
frequentemente.
L’archivio conta 6.450 servizi (dal
marzo 2006 al marzo 2014) e 1.500
interviste, tutte ancora scaricabili e
ascoltabili.
Nella redazione, guidata da Cinzia
Leoni, lavorano, non a tempo pieno,
sette giornalisti che curano 27 rubriche raggruppate ora in 4 canali
tematici: News, Musica, Cultura &
Gusto, Economia & Società, secondo una logica che facilita l’accesso a
contenuti diversi e rende più razionale la divulgazione dei canali sul
web.
In particolare, il canale Musica
oltre a comprendere tutte le rubriche
musicali, contiene anche il racconto
38 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
del paesaggio attraverso la musica
(rubrica Paesaggio dell’anima), mentre
tutto ciò che riguarda la cultura, dai
musei agli spettacoli, è abbinato alle
tradizioni enogastronomiche, ai sapori
e agli itinerari del gusto. E per chi non
vuole scegliere una notizia specifica
da ascoltare, lo streaming, 24 ore su
24, offre una programmazione varia e
sempre aggiornata.
È stato realizzato
anche il restyling del logo che riprende il carattere dei siti regionali e rende quindi più evidente il collegamento
tra Radio e Regione.
Il nuovo sito si presenta con un’interfaccia molto usabile, grazie a icone
chiare e semplici. Il linguaggio cromatico delle 4 macro-categorie accompagna in modo leggero la lettura dei
contenuti. Ogni contenuto presente
in home page è direttamente ascoltabile e condivisibile attraverso i social
network (facebook, twitter, pinterest)
con un’interazione resa più agevole e diretta. Nella nuova versione
ampio spazio hanno guadagnato le
immagini che arricchiscono i servizi
proposti, accompagnati, per lo scaricamento e l’ascolto del file, da icone
più facilmente intuibili e da maggiori
informazioni, come ad esempio la durata del servizio.
Il sito è stato ridisegnato da Aicod in modalità
responsive per essere
correttamente fruibile
anche su Smartphone,
ciò significa che i vari
contenuti si adatteranno alla dimensione di
ogni schermo.
Alla voce
Programmi si
sono aggiunte
in questi ultimi
giorni due rubriche: Made in
Emilia-Romagna, che racconta l’innovazione
e l’ingegno in
tutti i settori, con
interviste ai protagonisti, e Mani
di questa Terra,
in collaborazione con
l’assessorato all’Agricoltura, che parla dei prodotti
di qualità e di chi li usa e li interpreta, come i piccoli e grandi chef
della regione, che ci regaleranno le
loro ricette.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 39
storie
Album vittoriano
Leonida Caldesi, esule a Londra con il fratello Vincenzo, avviò un
laboratorio fotografico in cui vennero immortalate gran parte delle
celebrities dell’epoca vittoriana.
Victorian album. Leonida Caldesi, exiled to London with his brother
Vincenzo, set up a photographer’s studio among the most important in the
Victorian Age. In the photo album of his English wife, kept in
Bologna, you can see pictures of the Royal Family, Mazzini, Garibaldi,
Napoleon III and other famous people of the Nineteenth century.
di Claudio Bacilieri
S
ono sempre le donne ad
accudire le memorie.
Mimily Wilmot Caldesi alla fine degli anni
Sessanta dell’Ottocento
raccolse in un prezioso album le sue
fotografie nel formato carte de visite
che in epoca vittoriana andava molto
di moda. Dopo il 1854, grazie all’affinamento della tecnica fotografica, le
persone delle classi abbienti cominciarono a scambiarsi, in sostituzione o in
aggiunta ai semplici biglietti da visita,
copie dei propri ritratti in piccolo formato. Le cartes de visite sono state la
prima produzione seriale di immagini.
Mentre i dagherrotipi erano pezzi
unici, come i calotipi e gli ambrotipi
che spianarono la strada alla stampa
su carta, con il procedimento al collodio inventato da F. S. Archer nel 1851
e con la tecnica del negativo su vetro
diventò possibile riprodurre in positivo più immagini. Tre anni dopo il
parigino A.A.E. Disdéri brevettò il metodo per ottenere, con una sola seduta
fotografica, otto diverse immagini su
una sola lastra. Così le fotografie, che
quando erano pezzi singoli venivano
appese e incorniciate come quadri, ora
potevano circolare e, come le cartes de
visite di Mimily Wilmot Caldesi, finire
dentro album con pagine a finestrella.
L’album di questa signora londinese
è stato trovato in un baule di legno
con zampe di leone, in una villa di
Bologna immersa in un grande parco,
appena fuori dal centro storico. Le
fotografie, stampate su carta all’albu-
40 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
™ translation at page 48
mina e montate su cartoncino, sono
state realizzate dal marito di Mimily
Wilmot, il fotografo Leonida Caldesi,
che quella villa comprò nel 1871 dopo
essere definitivamente rientrato da
Londra. Nel baule c’è un altro album
più piccolo, pieno di immagini su
carta all’albumina, appartenuto allo
stesso fotografo. Sfogliando questo atlante familiare,
si resta sorpresi di riconoscere, tra i
numerosi ritratti di sconosciuti benestanti della Londra vittoriana e degli
uomini e donne più in vista di Bologna, anche quelli della Regina Vittoria, della Royal Family, di Garibaldi,
Mazzini, Napoleone III. Ci facciamo
allora raccontare dai discendenti di
Leonida Caldesi, che morì proprio in
questa grande dimora affacciata sui
colli nel 1891, la storia del loro avo.
Una storia che s’intreccia con quella
del suo più famoso fratello, Vincenzo Caldesi, uno dei protagonisti del
Risorgimento, la cui casacca rossa di
colonnello garibaldino è conservata,
con il berretto e lo spadino, presso il
Museo del Risorgimento di Bologna.
I Caldesi erano una famiglia di possidenti terrieri di Faenza. Il nonno dei
due fratelli, pure lui di nome Vincenzo, era un giacobino mangiapreti. Il 20 giugno 1796 partì in delegazione
da Faenza per rendere omaggio a Napoleone Bonaparte che faceva il suo
trionfale ingresso a Bologna. L’avversione per il regime papalino, molto
diffusa in Romagna, contagiò, più che
suo figlio Clemente, scenografo di
orientamento liberale, i due figli di
questi, Vincenzo, nato nel 1817, e Leonida, nato nel 1822. Come il nonno,
di cui portava il nome, Vincenzo fu,
dei due fratelli, quello con la vocazione politica più forte. Anticlericale e
repubblicano, mazziniano convinto,
cominciò giovanissimo a partecipare
alle cospirazioni patriottiche. Nel
1849 Vincenzo Caldesi è deputato
all’Assemblea costituente romana
e membro della Commissione delle
barricate durante la difesa di Roma.
Fallita l’esperienza della Repubblica
Romana, i patrioti prendono la via
dell’esilio. I fratelli Caldesi raggiungono Genova via piroscafo; da lì proseguono, insieme con il romano Mattia
Montecchi e altri, per la Svizzera, dove
si ricongiungono con Mazzini e Saffi.
Nel dicembre 1851 Vincenzo e Leonida
combattono sulle barricate a Parigi
per protestare contro il colpo di Stato
di Napoleone III. Nei primi mesi del
1852 riparano a Londra, dove già si
trovava Mazzini.
Nella capitale inglese bisogna inventarsi qualcosa per sbarcare il lunario.
Benché provvisti di mezzi, diversamente dagli altri patrioti in esilio, i
due Caldesi aprono, in collaborazione
con Montecchi, un atelier di fotografia,
che a Vincenzo serve probabilmente
come copertura alla sua attività politica. La molla dell’iniziativa sembra sia
stato il dono a Leonida di un apparec-
chio fotografico da parte del famoso
tenore Mario De Candia, che voleva
contribuire alla causa patriottica e già
ospitava Montecchi.
A quel tempo, la fotografia era quasi
ancora un prodigio chimico su cui si
concentrava la ricerca tecnologica.
Con il passaggio dal dagherrotipo alla
stampa dell’immagine su carta, si
diffonde la moda del ritratto. Nascono
numerosi gabinetti fotografici che
impiegano personale: chi prepara le
lastre, chi le porta al fotografo, chi le
sviluppa, chi mette in posa i clienti.
Lo studio L. Caldesi & Co. (o Caldesi &
Montecchi, come appare nel 1858-59,
o Caldesi, Blandford & Co. nel 186162) diventa uno dei più importanti di
Londra. Fa profitti con i ritratti per le
cartes de visite, ha rapporti con la Royal
Family e – grazie alla sua specializzazione nella riproduzione fotografica
delle opere d’arte - con le tre maggiori
collezioni d’arte pubbliche, la National
Gallery, il British Museum e il South
Kensington Museum.
Nell’atelier di Leonida Caldesi situato in Porchester Terrace, Bayswater,
attivo già dal 1855, trovano lavoro
diversi esuli italiani. Oltre a Mattia
Montecchi, che per un po’ è anche socio, ricordiamo il romagnolo di Faenza
Domenico Lama, il fotografo preferito
da Mazzini, poi fondatore della Association of Mutual Progress dei lavoratori italiani a Londra, e il giovanissimo
riminese Amilcare Cipriani, noto per
aver rimproverato la regina Vittoria
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 41
perché non stava ferma
durante una posa. Parte dei proventi del gabinetto fotografico è utilizzata per sostenere gli emigrati italiani
e la causa nazionale, nonostante già
dal 1853 i rapporti tra Mazzini e i Caldesi si siano incrinati. Questi, infatti,
42 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
si rifiutano di partecipare alla raccolta fondi sollecitata da Mazzini,
che accusano di “avventurismo”,
e preferiscono radunare intorno al
loro atelier patrioti e artisti, soprattutto di teatro, meno intransigenti
rispetto all’ortodossia mazziniana.
Un grande aiuto all’atelier viene da
un altro esule illustre, il reggiano Antonio Panizzi, patriota della prima ora
e cittadino inglese dal 1832. Nominato
direttore nel 1856 della British Museum Library, che
sotto la sua guida diventerà la più grande biblioteca del mondo, Panizzi
procura a Caldesi & Montecchi l’incarico di fotografare i celebri cartoni
di Raffaello in Hampton
Court. Le fotografie sono
esposte in mostra alla
Photographic Society
nel 1858 e pubblicate
dal più importante
editore e mercante
d’arte di Londra, P &
D Colnaghi, di origine italiana, che già
aveva pubblicato
le fotografie dei
dipinti della Art
Treasures Exhibition, la grande
mostra tenutasi a
Manchester nel
1857. Caldesi si
specializza nella
riproduzione
delle opere
d’arte e Colnaghi, che
vanta tra i suoi clienti la famiglia reale, gli affitta nella centralissima Pall
Mall i locali per una succursale del
laboratorio fotografico.
Quando scoppia la moda dell’album
fotografico, dove prendono posto
i ritratti di famiglia, a Londra
cominciano a circolare i ritratti
ufficiali dei reali e dei personaggi
famosi. La ditta Caldesi & Co. non
si fa trovare impreparata. Nelle
collezioni della National Portrait
Gallery, visibili anche sul sito
www.npg.org.uk, sono conservate 52 fotografie di Leonida
Caldesi stampate su carta all’albumina che ritraggono nei primi anni
Sessanta i vip del periodo vittoriano,
da Sir Charles Lock Eastlake, direttore
della National Gallery, alla baronessa
Susan North, vecchia e – sembra – affaticata dalla durata della seduta di
posa, dallo scrittore ed esteta John
Ruskin che guarda nel vuoto, al vice
cancelliere dell’Alta Corte di giustizia
Sir Richard Malins, che posa tutto
soddisfatto di sé. L’apice del successo è raggiunto da Leonida nel 1857,
quando lui e il suo socio Montecchi
sono convocati sull’isola di Wight
per fotografare la Royal Family. Sulla
terrazza di Osborne House, la regina
Vittoria e il principe consorte Alberto
esibiscono i loro nove figli in un sereno quadretto familiare.
Nel 1859 la granduchessa Maria di
Russia commissiona a Caldesi la riproduzione fotografica dei marmi del Partenone nel British Museum. Nel 1860,
sempre grazie ai buoni auspici di Panizzi, viene realizzata una campagna
fotografica nella National Gallery. Ne
seguirà un’altra per conto del direttore
Sir William Boxall. Caldesi lavora anche per collezioni d’arte private come
Farnley Hall: nel 1864 Colnaghi pubblica le sue riproduzioni dei disegni
di Turner. Nello stesso anno escono
in formato carta da visita i ritratti di
Garibaldi e Mazzini. Sempre per Colnaghi fa duecento stampe in albumina
dei ritratti dei Tudor.
Vincenzo Caldesi, intanto, se n’è già
andato da Londra, richiamato in Italia,
come Montecchi, dalle vicende della
seconda guerra d’Indipendenza nel
1859. In quell’anno parte anche Mazzini, come la maggior parte degli esuli.
Mentre Vincenzo combatte come
colonnello garibaldino le battaglie
per l’indipendenza d’Italia, Leonida a
Londra cura gli affari per il suo atelier.
Nel 1863 sposa Mimily Wilmot e solo
intorno al 1867 torna a Bologna, dove
nel 1871 acquista la villa ai piedi della
collina di San Michele in Bosco in cui
morirà nel 1891. In questa dimora
ottocentesca, sfogliamo l’album di
Mimily con le foto del padre di lei,
Charles Foley Wilmot, della madre
francese, Joséphine Pasteur, delle
due figlie avute da Leonida, Maria
Beatrice, morta a 18 anni, e Giulia
detta Lina. Da quest’ultima ha inizio il
ramo familiare che porta fino alla signora Arabella Franchi, che custodisce
nella sua casa un pezzo di storia del
Risorgimento e della Londra del periodo vittoriano. pagina 40
leonida caldesi e la moglie mimily.
in alto, ritratto del principe arthur.
in questa pagina
alcuni esempi di “carte de visite”: la regina vittoria
con in braccio la principessa beatrice, giuseppe
garibaldi, L’imperatore Napoleone iii e famiglia.
rubriche
Regione & notizie
kermesse
Il gran Circo del cibo
Sarà un vero e proprio tendone da circo felliniano lo spazio
voluto dallo chef modenese Massimo Bottura per promuovere il cibo e l’artigianato made in Italy. Il 21 e il 22 giugno,
Rimini ospiterà la prima edizione di Al mèni, la kermesse che
valorizza le cose buone e belle fatte con le mani, “al mèni” in
romagnolo. Davanti al Grand Hotel sarà allestito il tendone di
1500 metri quadri dove gustare la cucina di chef italiani e internazionali, capitanati da Bottura. Perlopiù giovani cuochi da
tutto il mondo, che si metteranno all’opera usando i prodotti
tipici della regione. Perché, dice Bottura, i cuochi del futuro
devono conoscere il lavoro dei contadini. Il cuore della manifestazione è infatti dedicato alle eccellenze enogastronomiche
emiliano-romagnole, alle produzioni di artigiani e contadini che
hanno tutte le carte in tavola per portare la regione ai grandi
livelli internazionali. Domenica 22 giugno, il giardino del Grand
Hotel sarà teatro di un evento speciale, il pic nic Déjeuner sur
l’herbe, a conclusione dell’iniziativa organizzata in collaborazione con Slow Food e Chef to Chef.
musei
Il capodoglio cambia casa
esposta per un anno, fino al prossimo importante appuntamento
di Expo 2015. Nella galleria ha trovato anche una nuova collocazione lo storico capodoglio, oggetto particolarmente caro alla
città e simbolo per eccellenza del Museo.
percorsi naturalistici
Itinerando
Il programma della XXI edizione di Itinerando si estende fino
a marzo 2015 con un programma fittissimo: 114 iniziative, tra
escursioni a piedi, in moto o in bicicletta, ciaspolate, safari
notturni alla ricerca del lupo, trekking, campeggi nella natura.
Con un occhio di riguardo alla gastronomia tipica e ai turisti
stranieri che cominciano ad affezionarsi alla nostra montagna. Un calendario lungo un anno per gli appassionati della
natura e delle escursioni alla scoperta delle meraviglie della
montagna dell’Emilia Romagna, voluto da PromAppennino, e
realizzato con la collaborazione della Regione Emilia-Romagna
e dell’Unione Appennino e Verde. Le escursioni, ce ne sono di
tutti i tipi, per bambini e per sportivi allenati, sono proposte
su tutto il territorio regionale e sempre accompagnate da una
delle 24 Guide Ambientali Escursionistiche, sportivi affermati e
istruttori federali, che vi guideranno nei percorsi, ma sapranno
illustrarvi anche la flora, la fauna, le tradizione e la storia dei
luoghi che, di volta in volta, saranno le mete degli itinerari.
Dallo
scorso anno Itinerando Emilia Romagna si rivolge anche
ai turisti stranieri con il marchio Trekking Italy.
Per loro 20
trekking e viaggi in bici in tutto il territorio regionale. Tra le
iniziative: “La via Francigena tra Emilia Romagna e Toscana”, uno splendido itinerario storico nel percorso che portava
i pellegrini da Canterbury a Roma, immersi in un paesaggio
suggestivo tra antiche pievi, ostelli e castelli. Tappe da circa
20 km giornalieri con 8 ore di cammino.
Ancora, pacchetti di
una settimana lungo la linea Gotica, tour in bicicletta sulle
strade dove si allenava Pantani, pacchetti relax nelle spa e giri
in mountain bike, con corso di lingua italiana, nelle Foreste Casentinesi, corsi di lingua italiana nel cuore del parco e ancora
trekking sulle tracce degli Etruschi.
Tutto il programma su
www.escursioniemiliaromagna.com, per essere sempre aggiornati e ricevere la newsletter scrivete invece a [email protected].
© ARCHIVIO FOTOGRAFICO APT SERVIZI, FOTO DI STEFANO CALAMELLI
È stato inaugurato il nuovo palazzo dei Musei di Reggio Emilia.
Ideato da Italo Rota, architetto progettista del museo del Novecento di Milano, l’edificio nasce dalla ristrutturazione dell’intero
palazzo San Francesco, il cui nucleo originale è la famosa collezione di Lazzaro Spallanzani, il grande naturalista nato a Scandiano nel 1729. Mirabilia, animali imbalsmati, misteriosi oggetti e
stranezze della natura sono stati collocati in nuovo allestimento
di forte impatto emotivo. Milleottocento metri quadrati nei quali,
oltre alla parte espositiva, sono stati pensati i servizi museali,
laboratori e uno spazio Agorà. Per l’occasione è stata allestita
l’installazione di Rota, For inspiration only: oltre trecento oggetti inediti che giacevano nei depositi del Museo, per i quali
l’architetto propone una rilettura, non solo in termini espositivi ma
soprattutto in termini di narrazione e partecipazione. Pezzi di storia e di memoria, custoditi in archivi e cassetti, tornano alla luce e
raccontano ai visitatori la storia della città offrendo punti di vista
alternativi ai rigidi ordinamenti di carattere cronologico, geografico o tipologico, spaziando dalle scienze naturali all’arte, dalla
storia all’archeologia, dalla tecnica alla tecnologia. L’installazione
temporanea, allestita nella grande navata dell’ultimo piano, sarà
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 43
profili
Una Luce di libertà
La vita di un’anarchica bolognese in Uruguay, Luce Fabbri, tra esilio ed
emigrazione.
A Light of Freedom. The life of an anarchic woman from Bologna, Luce Fabbri, in
Uruguay, between exile and emigration.
™ translation at page 49
di Claudio Bacilieri
“H
o nel cuore, Bologna, il tuo sorriso / di quando
il sol riposa / sui
muri rossi delle
case antiche,/ o sfavilla indeciso / sulla
neve recente e vaporosa,/ vergine spuma
sulle strade amiche”. Gennaio 1929: una
ragazza di vent’anni scrive questi versi in rima da un infimo alberghetto di
Parigi, preda della nostalgia della città
in cui ha studiato, si è laureata e dalla
quale il padre Luigi Fabbri, esponente
di primo piano del movimento anarchico, ha dovuto andarsene per essersi
rifiutato, come insegnante, di giurare
fedeltà al Re e al Duce. Come il padre, anche Luce Fabbri ha
posto la sua vita sotto il segno malinconico dell’esilio. Un amico anarchico
l’aiuta a varcare la frontiera in treno
grazie a un passaporto falso che la
44 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
identifica come sua moglie. Così Luce
si ricongiunge al padre e alla madre
lasciando un fratello in Italia, ma nel
marzo 1929 anche Parigi non è più
sicura per la famiglia Fabbri. Luigi,
che vi aveva fondato e diretto il quindicinale “La Lotta Umana”, è espulso
insieme ai redattori: i gendarmi li
accompagnano alla frontiera col Belgio minacciando di arrestarli se non
l’avessero varcata. Riunita la famiglia
a Bruxelles, Luigi Fabbri, stanco di
vivere sotto l’incubo di un decreto
di espulsione, prende la decisione di
imbarcarsi al porto di Anversa con destinazione Montevideo. L’Uruguay era
l’unico paese che accoglieva emigrati
senza documenti, clandestini, come
loro.
Aiutati all’arrivo da amici e raggiunti di lì a poco da altri anarchici, tra
i quali il reggiano Torquato Gobbi,
i Fabbri conoscono subito le pene
dell’esilio, come la povertà. All’inizio
sono ospiti in casa di un compagno
all’estrema periferia della città, verso
la campagna. Per Luce è di nuovo
nostalgia: nella poesia Neve di Primavera paragona Bologna e la città di
approdo. “Montevideo, son belle le tue
rose / che cadendo m’invitano a sognare”
- scrive - “ma il mio cuore restò sotto la
neve /gelida, che fa i semi germogliare”.
Dunque è Bologna, il ricordo della
neve “sotto il grigio cielo” d’Emilia che
si fa struggente. E se Bologna rimane la “città del sogno”, se all’ombra
dei suoi portici Luce Fabbri – come
scrive nel poema L’Esilio – ha trovato
gli affetti, la fantasia e “l’amore santo
della libertà”, Montevideo è il porto
che l’ha accolta a braccia aperte, è la
“terra degli incontri, / cerulea terra della
nostra attesa”. Nel 1932 Luce pubblica
con l’editore Orsini Bertani il volume
di poesia I Canti dell’Attesa. Orsini
Bertani, la cui famiglia è originaria
di Cavriago (Reggio Emilia), è l’editore de La Pluma, la più importante
rivista culturale nell’Uruguay degli
anni Trenta. Anarchico a Parigi, fuggì
a Buenos Aires e quindi nel 1902 a
Montevideo, dove aprì, oltre alla casa
editrice, due librerie e un cinema.
Da Buenos Aires si recava spesso a
trovarlo il nipote Piero Ugo Fontana,
in arte Hugo del Carril, che sarebbe
diventato attore, sceneggiatore, regista di cinema e famosissimo cantante
di tango, secondo solo a Gardel. Altro
luogo di ritrovo per i fuorusciti italiani era la libreria in Calle Soriano gestita da Torquato Gobbi (morto suicida
nel 1963 per debiti), l’unica ad offrire
testi in italiano.
Nonostante la solidarietà dei numerosi compagni e la forza che ancora
conservava l’anarchismo in America
Latina in quegli anni, i Fabbri soffrono di pressanti problemi economici.
Luigi fonda la rivista antifascista
Studi Sociali, i cui primi otto numeri
sono pubblicati a Buenos Aires appoggiandosi alle strutture del quotidiano
La Protesta. Ma il colpo di Stato in
Argentina del settembre 1930 spazza
via il quotidiano, e Luigi Fabbri, per
fare uscire la rivista, può contare solo
sul suo stipendio di maestro presso
la Scuola Italiana. Presto perde anche
quello perché le società italiane di
Montevideo stanno aderendo al fascismo e il colpo di Stato di Gabriele
Terra nel marzo 1933 instaura un regime illiberale mettendo fine al clima di
tolleranza politica di cui godeva l’Uruguay anche dopo la svolta autoritaria
della vicina Argentina. Proprio in quel
mese Luce, che già aiutava la famiglia
dando lezioni private di italiano e
greco, vince il concorso pubblico che
le consente di insegnare storia in un
liceo. D’ora in avanti sarà lei il principale sostegno economico della famiglia perché il padre Luigi, già provato
da disturbi di salute e dalla morte del
carissimo maestro d’anarchia Errico
Malatesta nel luglio 1932, si arrabatta
come può vendendo libri. Si ripresenta
per lui anche l’incubo dell’espulsione
dal Paese, che per fortuna non si verifica. Tra tutte queste difficoltà, Studi
Sociali continua a uscire, e uscirà anche dopo la morte di Luigi avvenuta
nel giugno 1935. La rivista anarchica
più importante dell’intero Sudamerica, giunta al numero 40, passa nelle
mani di Luce, che la dirigerà con qualche interruzione per altri undici anni,
fino al 1946, mantenendo così vivo il
pensiero dell’amato padre.
Tra il 1936 e il ’39 Luce appoggia con
i suoi scritti gli anarchici spagnoli impegnati sul duplice fronte della rivoluzione e dell’antifascismo, e diventa un
nome nel panorama del movimento
libertario internazionale. Nel 1946, finita la guerra, si reca a Rio de Janeiro
a trovare Nello Garavini e la moglie
Emma Neri, una coppia di anarchici di
Castelbolognese che gestisce la libreria Minha Livraria. Nello Garavini, prima di espatriare in Brasile nel 1926,
frequentava la casa di Luigi Fabbri a
Bologna. I Garavini nel 1947 torneranno definitivamente in Italia e anche
per Luce, caduto il fascismo, s’impone
la grande scelta: tornare o restare?
Luce, che nel 1933 si era sposata con
un muratore anarchico di origini
friulane, ha una figlia di nazionalità
uruguaiana, è in cattive condizioni di
salute (nella proprietà dei Garavini in
Amazzonia ha rischiato di morire di
malaria), ha un lavoro che nell’Italia
povera del dopoguerra farebbe fatica
ad ottenere, diventando così un peso
per il movimento libertario: per tutti
questi motivi, decide di restare in
Uruguay, e di passare dallo stato di
esiliata a quello di emigrata. Nel 1949 Luce corona un sogno:
ottiene la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Montevideo,
che conserverà fino alla pensione nel
1991. Continua a scrivere su libertà,
anarchia, utopia, socialismo e rivoluzione, ma nel tempo la riflessione
politica lascia sempre più spazio ai
saggi di storia e di critica letteraria.
Comincia una sorta di esilio interiore,
non più giustificato dalla persecuzione politica, ma da una scelta precisa
di dislocamento, di spiazzamento. La
linea di fuga, ora, prende la direzione
della sua biblioteca. Questa scelta si
accentua negli anni Settanta, quando
per l’ennesima volta, con l’ascesa al
potere dei militari in Uruguay nel
1973, i suoi ideali di libertà sbattono
contro il muro della dittatura. Nel
1971 Luce pubblica il volume La poesìa de Leopardi, riconoscendo nel poeta
di Recanati quella “desolazione metafisica” che ne fa un precursore dell’esistenzialismo, e che lei sente particolarmente vicina. La morte del marito,
quella imminente della madre (nel
1972) e la sconfitta della sinistra e
dei movimenti anarchici la spingono
a condividere con Leopardi il pessimismo cosmico, “il senso intuitivo e profondo della caducità di tutte le cose”,
l’impotenza dell’uomo di fronte al
male e al dolore. Tuttavia, Luce sente
ancora – ed è questo il messaggio de
La Ginestra leopardiana – che contro
il dolore e il destino gli uomini devono unirsi, devono farsi comunità
solidale e costruire la loro libertà.
Per questo, nel periodo finale della
sua esistenza si dedica alla ricostruzione della vita e del pensiero politico
del padre Luigi, della sua idea anarchica del mondo. Il libro Luigi Fabbri.
Storia di un uomo libero, pubblicato in
Italia nel 1996, termina con questo
affettuoso ricordo: “M’avvicino ai novant’anni e penso a lui come se io fossi
ancora l’adolescente che, ad ogni vento
freddo, nelle nostre passeggiate, egli copriva ansiosamente con la sua giacca,
per proteggerla dalla minaccia sempre
incombente della bronchite. Quell’a-
more era infinito e non era solo per me.
Sentivo che il suo calmo ragionamento,
la sua dignità di ribelle, la sua volontà
rivoluzionaria avevano le loro radici in
quell’amore che era per tutti”. Per Luigi
Fabbri l’anarchia era “la rivoluzione
dell’amore e non dell’odio”.
La giovane italiana di cultura libertaria, fattasi nonna e bisnonna, vecchina
dalla voce flebile e dalla chioma bianca, ha attraversato quasi per intero
il Novecento. Riceveva i numerosi
visitatori nello studio stracolmo di
libri della sua modesta casa di Montevideo, e sempre ricordava come fosse
ieri il giorno in cui, a cinque anni,
Errico Malatesta le portò in regalo il
meccano da Londra e giocò con lei. La
decana dell’anarchismo, sempre libera
e curiosa, imparò a usare Internet a
novant’anni. E’ morta che ne aveva
92, il 19 agosto 2000, e queste sono le
ultime righe che ha scritto: “Nel cielo
e nella terra sta il futuro,/ L’ormai prossimo futuro / in cui io morirò./ Rendetelo
luminoso tu e gli altri,/non lasciate che io
muoia tra le tenebre /rannicchiata sotto
l’orizzonte”.
a sinistra
luce fabbri.
sopra
luce nel 1946 a pan di zucchero, Rio de Janeiro,
Brasile.
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 45
english version
p. 04
Feed the Earth
by Giovanna Antinori
A
few more months separate us
from the time when skills and
intelligence will gather from
all over the world, in order to share
ideas and experiences about the great
issue of nourishment. One hundred and
forty-seven countries, represented by
institutions, civil society and enterprises, will be in Milan from 1st May to 31st
October 2015, aware of the immense
challenge of our time: making sure
that all human beings – there will be
9 billion of us in 2050 – may enjoy a
healthy diet, while guaranteeing the
environmental, social and economic
sustainability of the food production
chain. All this while preserving the
pleasure of flavours and the local culture of food.
A chance to stress, once again, the
authenticity of Made in Italy products
in a sector in which we are well-known
and appreciated all over the world.
In this respect, Emilia-Romagna has
a lot to say and explain, starting from
its numerous DOC (Protected Designation of Origin) and IGP (Protected
Geographical Indication) products, but
more importantly a food and agricultural system which has been focusing
on sustainability for a long time, in
order to ensure a healthy and traceable
diet. A system rich of strategic assets,
such as research, innovation (from
nutritionism to functional food), re-use
and energy waste, natural resources
and integrated development of territories. With up-to-date enterprises in
the food plant sector, in the cold chain,
packaging and food design. Without
ever losing sight of the passing down
of values and the cultural significance
of food, its traditions and deep meanings, thanks to such institutions such
as Rural Museums and Taste Museums,
which you will be reading about in the
next few pages, or new projects like
FiCo and Last Minute Market.
“We are getting ready for the Expo
being aware that Emilia-Romagna is a
very important value for our Country,
playing an international role in the
food and agriculture, industrial agriculture, food processing sectors, with
important social values”, remarked
president Vasco Errani at the 400 days
to the Expo forum, which was held in
Bologna.
Stating that Emilia-Romagna is the
a cura di Agata Bienna e Bruna De Luca – Benedict School
food world’s “capital” will be the goal
of the World Food Forum, a top project
focusing on the best productions and
experiences in the region, which will
involve experts, researchers, large
companies and world-known policy
makers.
The spaces dedicated to Emilia-Romagna in the Exhibition area, in
addition to its permanent presence in
the Exhibition of the Regions, will be
the Piazzetta (“Little Square”), about
80 square metres on the Cardo (main
longitudinal street) for three months
full of events (August-October 2015)
and one week as an absolute protagonist, from 18th to 24th September, at
Palazzo Italia, with an exhibition area
of 200 square metres.
Values and ideas to feed the earth,
the programme of Emilia-Romagna at
the Expo, will also plunge its roots into
our regional territory and bear fruits
even after the duration of the exhibition events. As a matter of fact, the
description of the food and agriculture
system will focus on the international
promotion of our territory and its
products, the international marketing
of the territory and attracting professional visitors and operators, especially
foreign ones. In collaboration with Apt
and in strict connection with the Expo,
tourist packets will also be organized,
to visit the coast and artistic towns,
with food and wine roots and visits to
farms, but also a 2014-2016 calendar
full of cultural events and exhibitions.
In particular, the main international
exhibitions taking place in the region
and relative to the Expo topics have
been selected – Macfrut, Sana, Cibus,
Cibus Tec, Sigep, Fieravicola, Eima,
Ecomondo, Rimini Wellness, TTG,
Remtech, H2O – and a large incoming
programme will be launched, tailored
to international companies, buyers,
importers, chefs and press.
The future at Expo
bears the signature of
Emilia-Romagna
There are five areas at the Expo, within
the framework of Feeding the planet,
energy for life, through exhibition
routes, art installations and attractive elements. Among them, two in
particular, which foresee a possible
future, are the result of the partnership
between Expo and Emilia-Romagna
companies.
Children Park. The planning and
designing of the area dedicated to chil-
46 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
dren were carried out by the Expo Committee for Schools and Kindergartens of
the Municipality of Reggio Emilia and
Reggio Children. It is a project inspired
by the human and education values of
the most famous kindergarten in the
world, which will attract and amuse
tomorrow’s producers and consumers.
Reggio Children was chosen for its acknowledged capacity to design linear
experience routes focusing on imagination, learning and relationships between human and non-human beings.
The examination of the theme of life
and sustainability of the Plant, with
diverse approaches and languages and
within a symbolically and emotionally
meaningful framework will be shown
in eight large-size interactive installation. Children and their families will
have a chance to browse through numerous situations and ways to access a
multisensory and kaleidoscopic world,
such as, for instance, Aromatic Bells
and the Giant Vegetable Garden.
The Supermarket of the Future.
The Future Food District area, 2500
square metres for exhibitions and a
4,500 square-metre square, has been
conceived as an ideal urban district
where it will be possible to show how
the food chain will develop in the
future, thanks to the implementation
of information technology systems to
food storage, distribution, purchase
and consumption. For this space, Coop,
the “Food Distribution Partner” of Expo
2015, is entrusted with the task of designing, in collaboration with the MIT
(Massachusetts Institute of Technology) the supermarket of the future. Purchases through portals and videowalls,
displays which trace the origin of each
product, touch screens and flexible
payments are some of the features
which Coop will be developing in order
to make shopping a technological and
personalized experience for the Expo
visitors. The distribution company,
which is a cooperative of consumers,
will promote events (tastings, consultancy services and courses) in order to
spread information about proper food
habits and create awareness about
consumption.
Thanks to this partnership, accounting for approximately 13 million Euros,
in addition to the agreement for selling
the first million tickets to visit the
Universal Exposition, the Expo Milan
2015 supermarket of the future will
become a social and environmental
sustainability model to apply in other
contexts: the objective is to reach energy self-sufficiency.
Among the new features which
Coop will make available to visitors
of the Future Food District, there is a
special shopping cart, made of recycled
and recyclable materials which, if consented to, can be tagged and traced,
and which will be able to offer marketing/promotion activities according to
the functions of the visited areas.
In Bologna, a relay
with the Expo is being
prepared
FiCo, Fabbrica Italiana Contadina-Eataly World will be a great centre for
celebrating the beauty of the Italian
food and agriculture sector. Covering
an area of 80,000 square metres, the
area now occupied by Caab (the fruit
and vegetable market of Bologna), it
will be an intelligent land of plenty,
a food Disneyworld, a unique Park
worldwide dedicated to the pleasure
of food and knowledge of Italian food
and agricultural products. In a unique
place – this is its peculiarity – with
vegetable gardens, orchards, animal
farms, mills, restaurants and shops, it
will be possible to experience the main
food production chains. Just to give an
example, here you will be able to walk
among olive trees, visit an oil mill, enjoy garlic bread, purchase some excellent oil and receive all the information
about the organoleptic and nutritional
properties of a product and its story.
FiCo, which will be opened in 2015,
right on time for the Expo, an event
with a shared basis, was conceived by
Andrea Segrè, President of Caab, and
Oscar Farinetti, founder of Eataly, the
chain of stores specialized in sales of
high-quality Italian food products.
“An idea which could only be born in
Bologna”, says Andrea Segrè “Because
in this town there is a strong cultural
and farming tradition – Bologna the
learned, the fat – a very tight connection between the Studium, that
is its University, with over 900 years
of history, students, teachers and the
countryside, abundance, food. Therefore, here there had to be something
important in the agricultural and food
sector. In addition to this, there was
a wasted area, because it was too big
for its requirements, also due to the
crisis in the fruit and vegetable sector,
competition of the hubs of large-scale
distribution. I had been thinking about a
type of promotion for a long time, such
as to include all that I have studied and
tried to apply in these years. This is how
the idea of a food and agriculture park
came to my mind. In this way, it will be
possible to promote a public property,
this area where we will see and taste
the excellencies of the local territory
and, at the same time, we will displace
the fruit and vegetable market 150 metres from here, in a new, more efficient
and sustainable platform. With this project, it will be possible to keep here the
approximately 2,000 jobs of the many
enterprises selling fruit and vegetables
and, at the same time, considering FiCo
and its allied activities, we will create
5,000 new jobs. And in this period of
crisis, especially among young people,
this is oxygen for your lungs”.
FiCo, established by Caab with the
Municipality of Bologna, without using
any public money and involving private
businesspeople, starting from Oscar
Farinetti who made the Eataly brand
available, has already collected funds
for 40 million Euros, which make it
possible to start the project. Works will
be starting in July.
p. 12
Center of attraction
by Giovanni Berti
V
Emilia-Romagna is already an
attractive territory. In reality as
well as in ideas.
In the perspective ideas drafted by
the law-makers and administrators in
the last few years. As early as in 2010
with the approval of PTR – the main
territorial planning tool of the Region,
which the Region used to outline the
future route of the “Emilia-Romagna system” – an emphasis was laid on sustaining excellence, creativity, investments
and innovation in each city and each
territory in order to make the whole regional system grow. As a symbol of this
objective, it is no coincidence, a magnet
was chosen, due to its electromagnetic
property to attract things.
In reality. Several investments have
been made by groups and multinational
companies in the last few years (and
months) along Via Emilia, and not only
there. And we should mention the German company Audi, which has bought
Ducati and Lamborghini.
The large companies which intend to
invest in our region are not an interlude.
Over five years after the beginning of the
crisis, some still believe that enlarging
the existing plants in Emilia-Romagna,
establishing new ones and planning
investments and recruitment of further
personnel is better than delocalization.
Even in the areas of Emilia damaged
by the earthquake in 2012. This is well
shown by B. Braun, which immediately
re-invested, Sorin and Bellco which
enlarged their headquarters, whereas
Gambro is building a new factory and
Haemotronic is taking into consideration the idea of moving from Medolla.
Even the German healthcare colossus
Fresenius is betting on the Mirandola
biomedical centre, in order to make it
the world production centre of filters
for transfusions. Furthermore, in the
Mirandola biomedical district, a programme has been started to carry out
research in laboratories on innovative
materials, which envisages the use of
twenty researchers who will be working
under the scientific coordination of the
University of Modena and Reggio Emilia,
in collaboration with other laboratories
of the network and with two hospital
units of Modena and Bologna.
And let us also mention the case of
Philip Morris International, which at the
gates of Bologna made an announced
investment of 500 million Euros for
manufacturing “reduced potential risk
products”. In a territory of over 300 thousand square metres, a new factory will
be made, which will produce a new generation electronic cigarette, on which
Philip Morris has invested the last fifteen
years of research and development. And
the fact that they chose Emilia-Romagna
for the first European pilot plant, which
is expected to create up to 600 new jobs,
is no coincidence.
Just a few weeks ago, in the province
of Ferrara, an investment of 3.5 million
Euros creating 100 new jobs starting from
next April until 2016 was made. It is the
development and growth plan of Lte (Lift
Truck Equipment Spa) of Ostellato, which
in 2005 was purchased by Cesab carrelli
elevator Spa, and both companies will
be included in the Tico, Toyota Industries
Corporation group, the Japanese brand
which is world leader in the production of
forklifts. The investment in the Ostellato
plant – in its turn with a turnover of 42
million Euros last year and with 240 employees – is mostly due to collaboration
with the Region Emilia-Romagna and
the Province of Ferrara for professional
training.
Last year, again in the province of
Ferrara, an investment of about 12 million
Euros was made to build a new plant,
which at full regime will employ almost
300 workers in the 8,000 covered metres
of Manifattura Berluti, belonging to
the LVMH group. Also in this case, the
main incentive was neither a reduction
of salaries, nor financial support: it is a
professional training centre which makes
it possible to have highly qualified staff
to enter the highest category of the shoe
production sector. Training becomes an
explicit industrial policy tool: going back
to high-quality manufacturing is the only
way to achieve sustainable growth in
time. The high school for the shoe sector
of Vuitton is created thanks to the financial support of the European Social Fund,
thus proving not to be just a social buffer
in a declining country, but a real tool for
growth for those who intend to count on
their own manufacturing skills for a new
development.
In March 2014, the multinational
company Manz AG reached a rental
agreement for its company branch, a
necessary passage for acquisition of
part of the old Arcotronics, the historical
Bolognaise company of Sasso Marconi
which in 2007 was acquired by American
company Kemet. The German group
has bought the mechanical workshop
which employs 83 workers. In this way,
Manz integrates its portfolio into the
battery sector with the know-how in the
winding technology for the production
of lithium ion batteries.
In order to have an idea of who thinks
it is worth investing in the Emilia-Romagna territory, you just have to go
through the list of about fifty companies
which took part in the tender announced
by the Region Emilia-Romagna, which
made available 20 million Euros to support “Research and development projects
affecting the production line and
envisaging recruitments”. The projects
– which are currently being assessed
– only make available resources for
companies really interested in betting on
research, development and recruitment.
The financial support may be as high as
4 million Euros for projects envisaging
“a strong hiring impact” (at least 30
new recruitments). The brands which
submitted their applications range from
the biomedical to the mechanical sector,
from fashion to ceramics. Among those
waiting for an answer there are Bellco
(specialised in products for dialysis) and
Sorin Group (specialised in cardio-surgical products and products for anomalies
in the cardiovascular system), both
based in Mirandola. Among the mechanical companies interested in investing,
we should mention Trattori Spa of Carpi,
Vm Motori of Cento (Ferrara), specialised
in diesel engines, as well as Lamborghini
of Sant’Agata Bolognese, which might
produce the new sport utility car in its
historical Toro plant. Some applications
were also received from ceramic companies like Panaria-Group of Finale Emilia
and Liu Jo, the Carpi fashion company,
now a worldwide brand.
p. 17
A journey through
flavours in 42 museums
by Angela Simeoni
I
f you travel through the food production chain with a curious mind, you
constantly dive into our history. Our
well-being plunges its roots in a situation
in which, less than one century ago,
over 60% of the population worked in
agriculture, whereas at the moment the
figure is less than 5-10%. That situation
was based on an inescapable alliance
between human and animal work, in a
harmonic relationship with nature, whose
resources were fundamental for living
and, as such, they were treated and cared
for. Among farmers, even before the
establishment of Mutual Aid associations,
there were silently shared mutual help
principles. Earth workers sympathized
with each other and were ready to help
their neighbours, especially if they were
affected by problems, but very often just
in their hard daily work. A world which,
before industrialization, remained the
same for centuries.
We invite you to plunge deep into this
world, made up of sharecroppers, rice
weeders, carters, peasants, mansions,
dairies, mills, oil mills, by travelling in
time between Piacenza and Rimini. And
if you feel like taking this trip, the route
has already been defined: it runs along
the Rural Museums network and the
Taste Museums one, which pleasantly
intertwine on the Wines and flavours
routes, which with maps, baskets full
of products and wines, besides detailed
information on what to taste and visit,
offer ideas for trips based on the taste
and the living culture of a territory.
Daily life items, tools used to work on
the fields, bearing witness of jobs and
traditions, are the heart of the 18 Rural
Museums of the region Emilia-Romagna, characterized by the “Quality Museums” brand. The historic and ethnographic patrimony collected in these museums
make it possible, even for those not too
experienced, to appreciate the great
cultural and social capital accumulated by
agriculture in Emilia-Romagna through
the centuries, a capital we can still enjoy
through food excellencies and a rich and
sustainable food and agriculture system.
If you are a technological traveller, you
can access the Musei Mondo Rurale
ER App from any smartphone or tablet.
This app, with a sheet for each museum,
provides you with details about the three
things you should not miss, opening
times and practical information. More-
e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 47
english version
over, there is information about all the
events, festivals, exhibitions dedicated to
the rural civilization and a geo-referenced
map of the sites, with suggestions on
what to visit in the surrounding territory:
churches, castles, monuments and Wines
and flavours routes.
From the land to the table, this is
how you can summarise your route in
the 24 Tastes Museums, scattered
throughout the territory. They tell you
about concrete things and imagination:
how to grow grapes and the meanings of
wine in our civilization; how to produce
a certain cheese and the social values
these techniques have developed among
the people; how to make oil or make a
fruit tree graft; how to make delicious
salamis, wines and balsamic vinegars.
A map of food and wine treasures of Emilia-Romagna, a patrimony with certified
quality, with its 39 DOP (Protected
Designation of Origin) and IGP (Protected
Geographical Indication) brands and
over 300 products listed as “traditional”,
taste experiences and priceless economic
treasures which make our region the land
of good living.
And if you want to take back home
a bit of cuisine knowledge, you cannot
miss Artusi House, the first active
cuisine museum open to experts as well
as curious people, housewives and househusbands, professionals and those who
want to know more about the culture and
practice of home cooking. In Forlimpopoli, in a suitably restructured ancient
convent, courses are held, at all levels, in
a didactic room with 20 well-equipped
stations, in the name of the father of the
Italian cuisine. The museum also includes
the Casa Artusi restaurant, where you
can taste Emilia-Romagna traditional
recipes, and a wine cellar with a very
large number of brands, including the
most important ones in the region, in
collaboration with the Emilia-Romagna
Regional Wine-Cellar.
p. 40
Victorian album
by Claudio Bacilieri
M
emories are always preserved
by women. Mimily Wilmot
Caldesi, in the late 1860s,
collected her photographs in a precious
album, all in the carte de visite format,
which was very fashionable in the
Victorian Age. After 1854, thanks to the
improvements of the photographic technique, wealthy people started exchanging
not just simple visit cards, but small-size
copies of their portraits. The cartes de
visite were the first serial production of
images. In daguerreotypes were unique
pieces, like the calotypes and ambrotypes
which paved the way to printing on paper,
by means of the collodion procedure
invented by F.S. Archer in 1851 and with
the negative on glass technique it became
possible to reproduce several positive
images. Three years later, Parisian A.A.E.
Disdéri patented the method to obtain,
with a single photographic session, eight
different images with a single plate. In this
way photographs, which used to be hung
and framed like paintings when they were
single pieces, could not circulate and, like
Mimily Wilmot Caldesi’s cartes de visite,
end un being collected in an album with
little windows. The album of this lady from
London was found in a wooden chest with
lion paws, in a villa of Bologna surrounded
by a large park, just outside the historical
centre. The photographs, printed on albumin paper and stuck on cardboard, were
made by Mimily Wilmot’s husband, photographer Leonida Caldesi, who bought
that villa in 1871 after coming back from
London once and forever. In that chest
there is also another, smaller album, full
of pictures on albumin paper, which also
belonged to the same photographer.
As we leaf through this family album,
we are surprised to recognize, among the
numerous portraits of unknown wealthy
people who lived in Victorian London and
the most famous men and women of
Bologna, those of Queen Victoria, the Royal
Family, Garibaldi, Mazzini, Napoleon III. We
asked the descendants of Leonida Caldesi,
who died in this large mansion at the foot
of the hills in 1891, to tell us their ancestor’s
story. A story which intertwines with that of
his more famous brother, Vincenzo Caldesi,
one of the protagonists of the Risorgimento, whose red shirt of Garibaldi’s colonel is
stored, along with his hat and sword, at the
Museum of the Risorgimento of Bologna.
The Caldesis were a family of landowners from Faenza. The two brothers’ grandfather, whose name was also Vincenzo,
was a Jacobin and staunch anticlericalist.
On 20th June 1796 he left Faenza with a
delegation heading to Bologna to honour
Napoleon Bonaparte, who was making his
triumphal entrance into the city. Animosity
against the Papal regime, very widespread
in Romagna, did not so much affect his
son Clemente, a stage designer with
liberal views, but rather his two grandsons,
Vincenzo, born in 1817, and Leonida, born
in 1822. Like his grandfather, who bore
the same name, Vincenzo was the brother
with the stronger political inclination. Anticlerical and republican, a strong supporter
of Mazzini, at a very young age he started
taking part in patriotic conspiracies. In 1849
Vincenzo Caldesi was a deputy in the Con-
48 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014
stituent Assembly of Rome and a member
of the Barricade Commission during the
defense of Rome. After the failure of the
Roman republic, patriots went to exile. The
Caldesi brothers reached Genoa by steamship; from there, together with Rome-born
Mattia Montecchi and other people, they
made for Switzerland, where they met
Mazzini and Saffi. In December 1851, Vincenzo and Leonida fought on the barricades
in Paris to protest against Napoleon III’s
coup d’état. In the first few months of 1852,
they fled to London, where Mazzini had
already moved.
In the British capital, they had to come
up with an idea to earn a living. Although
they had some financial resources, unlike
the other exiled patriots, the two Caldesis
set up, in collaboration with Montecchi,
a photography atelier, which Vincenzo
probably used to cover his political activity.
Apparently, the idea came to Leonida when
he was given a photographic camera by the
famous tenor Mario De Candia, who wanted to give a contribution to the patriots’
cause and was already hosting Montecchi.
In that age, photography was still
almost a chemical miracle, on which technological research was focusing. With the
passage from the daguerreotype to printing
images on paper, portraits became fashionable. Many photographic workshops were
established, which employed several people: some prepared the plates, some took
them to the photographer, some developed
them, some arranged clients in the right
poses. The L. Caldesi & Co. study (or Caldesi
& Montecchi, as it was in 1858-59, or
Caldesi, Blandford & Co., as it was in 186162) became one of the most important in
London. It made a fortune with portraits for
the cartes de visite, had contacts with the
Royal Family and – thanks to their specialization in photographic reproductions of
works of art – with the three main public
art collections, namely the National Gallery,
the British Museum and the South Kensington Museum.
In Leonida Caldesi’s atelier, located in
Porchester Terrace, Bayswater, active as
early as in 1855, several Italian immigrants
worked. Besides Mattia Montecchi, who
was also a member for a short time, we
would like to mention Faenza-born Domenico Lama, Mazzini’s favourite photographer,
later the founder of the Association of Mutual Progress of Italian workers in London,
and a very young Amilcare Cipriani, famous
for blaming queen Victoria for not standing
still while posing. Part of the profit of the
photographic workshop was used to support Italian immigrants and the national
cause, although as early as in 1853 relations
between Mazzini and the Caldesi brothers
had already degenerated. The latter, in fact,
refused to take part in the fund collection
prompted by Mazzini, whom they accused
of being an “adventurer”, and preferred to
gather patriots and artists, especially those
working in the theatre, less demanding
than Mazzini hardcore supporters, around
their atelier.
A great supporter of the atelier was
another famous immigrant, Reggio Emilia-born Antonio Panizzi, an early patriot
and British citizen since 1832. Appointed
director of the British Museum Library in
1956, which would become the largest
library in the world under his management,
Panizzi entrusted Caldesi & Montecchi with
the task of photographing the famous
Raphael’s cardboard drawings in Hampton
Court. These photographs were shown at an
exhibition organized by the Photographic
Society in 1858 and published by the most
important art publisher and merchant of
London. P & D Colnaghi, of Italian origin,
who had already published the photographs
of the paintings of the Art Treasures Exhibition, a large exhibition which had taken
place in Manchester in 1857. Caldesi specialized in the reproduction of works of art,
and Conlaghi, who boasted the Royal Family
among his customers, rented him a place on
Pall Mall, in the very centre, where an affiliated photographic laboratory was set up.
When it became popular to have a
photographic album, containing family
portraits, in London official portraits of the
Royal Family and famous people started
spreading. The company Caldesi & Co. was
not unprepared for that. In the collections
of the National Portrait Gallery, also visible
in the website www.npg.org.uk, there are
52 photographs by Leonida Caldesi, printed
on albumin paper, which portray the
Victorian famous people in the early 1860s,
from Sir Charles Lock Eastlake, director of
the National Gallery, to Baroness Susan
North, old and apparently tired due to the
posing session, from writer and aesthete
John Ruskin who stares into nothing to
Vice-Chancellor of the High Court of Justice
Sir Richard Malins, who poses clearly satisfied with himself. The heyday of Leonida’s
success was reached in 1857, when he and
his partner Montecchi were summoned to
the Isle of Wight to photograph the Royal
Family. On the terrace of Osborne House,
Queen Victoria and her husband Prince
Albert showed their nine children in a calm
family scene.
In 1859 Grand Duchess Maria of Russia
entrusted Caldesi with the photographic
reproduction of the marble elements from
the Parthenon in the British Museum. In
1860, again thanks to Panizzi’s involvement, a photographic campaign was set
up in the National Gallery. Another one
was later carried out on behalf of Director
Sir William Boxall. Caldesi also worked for
private art collections, like Farnley Hall: In