34 © MERIDIANA IMMAGINI, FOTO DI PAOLO RIGHI 10 30 società — Saverio Malaspina 32 Ricostruzione anno I territorio Viaggio nel gusto in 42 musei — Angela Simeoni 34 Letture — Piera Raimondi Cominesi Emilia, interno/ esterno 32 ™ translation at page 46 38 media rubriche — Leonetta Corsi 12/20/43 Regione e Notizie Radio E-R new look 40 storie Album vittoriano — Claudio Bacilieri 44 Profili Una luce di libertà — Claudio Bacilieri 40 editoriale di Roberto Franchini Raccontare il territorio Un passaggio epocale come quello che stiamo attraversando ci chiede quotidianamente di fare i conti con i nostri modelli di esistenza e di valutarli con uno sguardo lungo, globale. 2 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 C ari lettori, raccontare la nostra regione è il compito che ci siamo dati e, pur nell’ambito stretto di due numeri l’anno, cerchiamo di farlo restituendovi uno spaccato multiforme delle energie innovative che qui si muovono, ma anche dei problemi che stiamo affrontando, la crisi economica e i drammatici eventi naturali che ci hanno colpito: il terremoto, e poi un’alluvione e una tromba d’aria nelle zone già provate dal sisma. Ogni società è prima di tutto un insieme di valori condivisi e un sistema di relazioni – sociali, economiche, culturali – che dà corpo a questi principi e permette ai suoi membri di riconoscersi come parte di una comunità. Anche in tempi di società liquide, perché da queste parti la concretezza continua a essere un valore. Anche in un passaggio epocale come quello che stiamo attraversando, che ci chiede quotidianamente di fare i conti con i nostri modelli di esistenza e di valutarli con uno sguardo lungo, globale. Nelle pagine di questo numero della rivista troverete dunque le nostre preoccupazioni per il lavoro, giovanile soprattutto, la crisi, ma anche le risposte che si stanno costruendo per rilanciare il sistema economico di una zona tra le tra i più operose d’Europa. Con la Legge regionale per l’attrattività, in ambito istituzionale, e attraverso progetti di imprenditori lungimiranti, come la cittadella per la cultura industriale Mast di cui vi raccontiamo nel Portfolio. Vi diamo conto anche della ricostruzione nell’area del sisma, dove si sta lavorando perché alla fine del percorso i centri storici e urbani siano ancora il cuore vivo delle comunità e le imprese, con nuovi sedi e macchinari, siano più innovative e competitive di prima. In apertura vi parliamo della nostra partecipazione a Expo 2015. Nei due secoli scorsi le grandi Esposizioni erano vetrine internazionali per le innovazioni tecniche e le meraviglie tecnologiche, occasioni nelle quali i Paesi ospitanti realizzavano opere monumentali. Oggi le informazioni viaggiano in modo diverso e più veloce ed Expo 2015, che nasce intorno a un tema di capitale importanza, è pensato invece come un viaggio esperienziale e valoriale per diffondere e scambiare pratiche, idee e saperi scientifici per affrontare la più grande sfida globale dell’umanità. Non a caso il nostro programma si chiama Valori e idee per nutrire la terra, porteremo a Expo l’esperienza del nostro sistema agro-alimentare e quella del nostro sistema educativo, con Reggio Children, partner ufficiale della manifestazione. E i nostri prodotti migliori, frutto di una civiltà contadina che vi invitiamo a riscoprire con un viaggio nei 42 Musei del Mondo Rurale e del Gusto o rivedendo Novecento, il film di Bernardo Bertolucci – il regista ne parla nell’intervista che pubblichiamo – atto d’amore per quel mondo, fotografato nell’attimo in cui stava cambiando per sempre. Describing a territory D ear Readers, Describing our region is the task we have set ourselves and, although we just have two issues a year to do so, we do our best to provide you with a multi-faceted description of the innovative energies in the region, as well as the problems we have been tackling, the economic crisis and the horrible natural phenomena which have affected us: the earthquake, then a flood and a tornado in the same areas which had already suffered from the earthquake. Every society is, first of all, a set of shared values and a system of – social, economic, cultural – relations, which embodies those principles and enables its members to identify as part of a community. Even in times of liquid societies, because in our land, concreteness is still a value. Even in an epoch-making passage like the one we are living through, in which we are expected daily to evaluate our models of living and assess them from a wide, global angle. In the pages of this issue of our magazine, you will find our concerns for employment, especially among young people, but also the answers which are being designed in order to boost the economy in one of the most hard-working areas in Europe. By means of a regional law of attractiveness, from an institutional point of view, and through projects designed by far-seeing businesspeople, like the Mast industrial culture citadel which we describe in the Portfolio. We also inform you about the reconstruction in the area affected by the earthquake, where there is work in progress in order to restore the historical town centres to their role of the living heart of communities, and about enterprises, with new venues and machines in order to be more innovative and competitive than they were before. At the beginning, we tell you about our participation in Expo 2015. In the last two centuries great Exhibitions were international windows for technical innovation and technological marvels, opportunities for which the host country would construct monumental works. Now information travels differently and more quickly, and Expo 2015, dealing with an issue of paramount importance, has been conceived as a journey through experiences and values meant to spread and share scientific practices, ideas and knowledge and to tackle the great global challenge for humankind. It is no coincidence that our programme is called Values and ideas to feed the earth, and we will contribute to the Expo with the experience of our agriculture and food system and with that of our educational system, with Reggio Children, an official partner of the event. And our best products, stemming from a farming civilization which we invite you to rediscover in a journey through the 42 Museums of the Rural World or Flavour Museums, or by re-watching Novecento, a film by Bernardo Bertolucci – the film director speaks about it in an interview we publish here – an act of love for that world, portrayed in the moment when it was about to change once and forever. An epoch-making passage like the one we are living through, requires us daily to evaluate our models of living and assess them from a wide, global angle. Sotto 1. il mast, manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia; 2. Un’opera della mostra “capitale umano” al mast: Sebastião Salgado, “Brasil”, Gold Mines, Serra Pelada, 1986 (© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto); 3. inaugurazione del mercato di mezzo, bologna; 4. Il chiostro di casa artusi, forlimpopoli (fc). e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 3 primo piano Nutrire la Terra Feed the Earth Expo 2015. L’Emilia-Romagna si racconta: qualità e benessere, conoscenza e innovazione, con al centro la comunità. Expo 2015. Emilia-Romagna describes itself: quality and wellbeing, knowledge and innovation, focusing on the community. di Giovanna Antinori ™ translation at page 46 M ancano pochi mesi alla chiamata a raccolta di competenze e intelligenze da tutto il mondo, pronte a scambiare idee ed esperienze sul grande tema dell’alimentazione. 147 nazioni, rappresentate da istituzioni, società civile e imprese, saranno a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, consapevoli della immensa sfida che il nostro tempo ci impone: assicurare a tutti gli esseri umani – nel 2050 saremo 9 miliardi – un’alimentazione sana, garantendo la sostenibilità ambientale, sociale ed economica della filiera alimentare. Salvaguardando il piacere del gusto e la cultura territoriale del cibo. Un’occasione per ribadire l’autenticità del Made in Italy in un settore grazie al quale siamo conosciuti e amati in tutto il mondo. L’Emilia-Romagna in questo ambito ha tanto da raccontare e da testimoniare, i suoi tanti prodotti Dop e Igp, ma soprattutto un sistema agro-alimentare orientato da tempo alla sostenibilità, per garantire un’alimentazione sana e tracciabile. Sistema ricco di asset strategici quali ricerca, innovazione (dal nutrizionismo ai functional food), riutilizzo e scarti energetici, risorse naturali e sviluppo integrato dei territori. Con imprese all’avanguardia nell’impiantistica alimentare, nella catena del freddo, nel packaging e nel food design. Senza perdere mai di vista la trasmissione di valori e la rappresentazione culturale del cibo, delle sue tradizioni e significati profondi, grazie a realtà come i Musei Rurali e i Musei del Gusto, di cui vi racconteremo nelle prossime pagine, o a nuovi progetti come FiCo e Last Minute Market. “Ci stiamo preparando a Expo nella consapevolezza che l’Emilia-Romagna è un grandissimo valore per il Paese, di peso internazionale per l’agro-alimentare, l’agro-industria, la manifattura e con valori sociali importanti”, ha sottolineato il presidente Vasco Errani al forum 400 giorni a Expo, che si è tenuto a Bologna. Affermare l’Emilia-Romagna quale “capitale” mondiale del cibo sarà il compito del World Food Forum, progetto di punta incentrato sulle migliori produzioni ed esperienze regionali che coinvolgerà esperti, ricercatori, grandi imprese e policy maker di fama internazionale. continua a pag. 9 e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 5 primo piano pagina 4 Illustrazione di giovanni battistini. pagina 6 a destra: Il più grande impianto fotovoltaico d’Europa è a Bologna, sul tetto del Caab, il Centro Agro-alimentare. L’edificio nel 2015 ospiterà Fico, la Fabbrica Italiana Contadina (vedi box a p. 8). sotto: Andrea Segrè, preside del Dipartimento di Agraria dell’Università di Bologna, presidente del CAAb e motore primo di tanti progetti legati al cibo, come Last minute Market e Waste Watcher, il primo Osservatorio nazionale sugli Sprechi. Sua l’idea di Fico. pagina 7 rendering degli spazi del children park e del future food district per expo 2015. 6 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 Il futuro a Expo è firmato Emilia-Romagna Sono cinque le aree tematiche di Expo destinate a sviluppare il tema Nutrire il pianeta, energia per la vita, attraverso percorsi espositivi, installazioni artistiche ed elementi attrattivi. Tra queste, due in particolare, che immaginano un futuro possibile, sono l’esito di partnership tra Expo ed esperienze made in Emilia-Romagna. Children Park L’ideazione e la progettazione dell’area dedicata ai bambini è stata affidata dal Comitato Expo all’Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia e a Reggio Children. Si tratta di un progetto ispirato ai valori umani ed educativi dell’asilo più famoso del mondo, che riuscirà a interessare e a divertire i produttori e consumatori del futuro. Reggio Children è stata scelta per la sua riconosciuta capacità di progettare percorsi lineari di esperienza che hanno al centro l’immaginazione, l’apprendimento e la relazione tra gli esseri, umani e non. L’esplorazione del tema della vita e della sostenibilità del Pianeta, con approcci e linguaggi diversi e in un contesto simbolicamente ed emotivamente significativo, si svilupperà in otto grandi installazioni interattive. I bambini e le loro famiglie avranno a disposizione molteplici situazioni e modalità di accesso a un mondo polisensoriale e caleidoscopico, come ad esempio le Campane aromatiche e l’Orto gigante. FOTO DI ROBERTO SERRA / IGUANA PRESS Il Supermercato del Futuro L’area Future Food District, 2.500 mq espositivi e una piazza di 4.500 mq, è pensata come un distretto urbano ideale dove rappresentare come evolveranno gli scenari futuri della filiera alimentare grazie all’applicazione dell’Information Technology alla conservazione, distribuzione, acquisto e consumo di cibo. Per questo spazio, Coop, il “Food Distribution Partner” di Expo 2015, ha il compito di progettare con il Mit (Massachusetts Institute of Technology) il supermercato del futuro. Acquisto tramite portali e videowall, display che tracciano la provenienza di ogni prodotto, schermi tattili e flessibilità nei pagamenti sono alcune delle soluzioni che Coop svilupperà per rendere tecnologica e personalizzata l’esperienza della spesa per i visitatori di Expo. L’azienda di distribuzione, che è una cooperativa di consumatori, promuoverà iniziative (degustazioni, servizi di consulenza e corsi) per sostenere corrette abitudini alimentari e un consumo consapevole. Grazie a questa partnership, del valore di circa 13 milioni di euro cui si aggiunge l’accordo per la vendita del primo milione di biglietti di ingresso all’Esposizione Universale, il supermercato del futuro di Expo Milano 2015 diventerà un modello di sostenibilità sociale e ambientale da replicare in altri contesti: l’obiettivo è raggiungere l’autosufficienza energetica. Tra le novità che Coop metterà a disposizione dei visitatori del Future Food District anche uno speciale carrello per la spesa, realizzato in materiali riciclati e riciclabili che, dietro consenso, potrà essere oggetto di taggatura e relativa tracciabilità, e potrà offrire specifiche attività di marketing/ promozione in funzione delle aree visitate. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 7 primo piano “Valori e idee per nutrire la terra”, il programma dell’Emilia-Romagna a Expo, metterà radici anche nel nostro territorio regionale e darà frutti oltre la durata dell’esposizione. A Bologna si prepara la staffetta con Expo FiCo, la Fabbrica Italiana Contadina-Eataly World sarà un grande centro per la celebrazione della bellezza dell’agro-alimentare italiano. In 80.000 mq, l’area ora occupata da Caab (il mercato ortofrutticolo di Bologna), sorgerà una sorta di paese di Bengodi intelligente, una Disneyworld del cibo, un Parco unico al mondo dedicato al piacere del cibo e alla conoscenza dell’agroalimentare italiano. In un unico luogo – ed è questa la sua peculiarità – con orti, frutteti, allevamenti, mulini, ristoranti e negozi sarà possibile fare esperienza delle principali filiere produttive alimentari. Per fare un esempio, qui si potrà passeggiare tra gli ulivi, visitare un frantoio, gustare una bruschetta, acquistare ottimo olio e avere tutte le informazioni sulle qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto e sulla sua storia. FiCo, che aprirà nel 2015, afferrando in corsa il testimone da Expo, evento con il quale condivide il tema di fondo, nasce da un’idea di Andrea Segrè, Presidente del Caab, e Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, la catena specializzata nella vendita di generi alimentari italiani di qualità. “Un’idea che poteva nascere solo a Bologna” dice Andrea Segrè “perché la città ha nella sua tradizione culturale e colturale – Bologna la dotta, la grassa – un legame molto forte tra lo Studium, l’Università, i suoi 900 anni di storia, gli studenti, i docenti e la campagna, l’abbondanza, il cibo. Quindi qualcosa di importante a livello agroalimentare qui doveva esserci. Poi c’era uno spazio sprecato, perché eccessivo, troppo grande rispetto ai bisogni, alla crisi del settore ortofrutticolo, alla concorrenza degli hub della grande distribuzione. Avevo da tempo in mente una valorizzazione che passasse per tutto ciò che ho studiato e provato ad applicare in questi anni. Così è nata l’idea di fare un Parco agro-alimentare. Sarà così possibile la valorizzazione di un bene pubblico, questo spazio dove vedremo e assagge- 8 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 remo le eccellenze del territorio e contemporaneamente sposteremo a 150 metri da qui il mercato ortofrutticolo, in una nuova piattaforma molto più efficiente e sostenibile. Con questo progetto sarà possibile mantenere qui i circa 2000 posti di lavoro delle tante imprese che vendono ortofrutta, e nello stesso tempo, tra Fico e l’indotto, creare 5000 nuovi posti. E in questo momento di crisi, soprattutto giovanile, è ossigeno”. Fico, voluto dal Caab con il Comune di Bologna, senza servirsi di denaro pubblico e coinvolgendo imprenditori privati, primo fra tutti Oscar Farinetti che ha messo a disposizione il marchio Eataly, ha già raccolto fondi per 40 milioni di euro che consentono l’avvio del progetto. Il via ai lavori in luglio. Gli spazi dedicati all’Emilia-Romagna nell’area dell’Esposizione, oltre la presenza permanente alla Mostra delle Regioni, saranno la Piazzetta, circa 80 mq per tre mesi di eventi (agosto-ottobre 2015) e una settimana da protagonista assoluta, dal 18 al 24 settembre, a Palazzo Italia, con uno spazio espositivo di 200 mq. Valori e idee per nutrire la terra, il programma con cui l’Emilia-Romagna si presenta ad Expo, metterà radici anche sul nostro territorio regionale e darà frutti anche oltre la durata dell’evento espositivo. La narrazione del sistema agro-alimentare punterà infatti sulla valorizzazione internazionale del territorio e dei suoi prodotti, sul marketing territoriale internazionale e sull’attrarre visitatori e operatori professionali, soprattutto esteri. Saranno realizzati – in collaborazione con Apt e in collegamento con Expo – pacchetti turistici per la costa e le città d’arte, percorsi enogastronomici e visite a imprese rurali, ma anche un calendario di eventi culturali e fieristici 2014-2016. In particolare sono state selezionate le principali fiere internazionali regionali attinenti al tema di Expo – Macfrut, Sana, Cibus, Cibus Tec, Sigep, Fieravicola, Eima, Ecomondo, Rimini Wellness, TTG, Remtech, H2O – e sarà lanciato un vasto programma di incoming destinato a imprese, buyer, importatori, chef e stampa internazionale. pagina 8 sopra: mappa di expo milano 2015. sotto: rendering del progetto Fico. sotto altri rendering del supermercato del futuro per l’area del future food district. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 9 cultura La fabbrica della cucina La fama di Bologna la Grassa, città del cibo, ha radici antiche. E si sviluppa, fin dal Medioevo, tra mercati cittadini e studenti provenienti da tutto il mondo. The cuisine factory. The fame of Bologna the Fat, city of food, has ancient roots. And since the Middle Ages, it has developed through town marketplaces and students coming from all over the world. di Massimo Montanari* L a vocazione di Bologna è quella di una città-mercato. Fin dall’antichità, mettendo a frutto una posizione geografica a dir poco strategica, essa si delinea come centro di traffici fra il nord e il sud, l’est e l’ovest della penisola, cardine (grazie alla via Emilia e ai corsi d’acqua che le fanno corona) di una rete di scambi attivi su circuiti regionali ed extraregionali. Soprattutto nel Medioevo questa vocazione esplode, prendendo forme inedite. Soprattutto la fondazione della più antica università d’Europa, nella seconda metà del secolo XI, fa di Bologna un centro di confluenza di merci, di uomini, di culture. Attorno allo Studio si moltiplicano le presenze di studenti e professori, gli affittacamere prosperano, l’ospitalità si precisa come principale industria cittadina. A sostenerla c’è un mercato vivace e ben fornito, che rende possibile e piacevole la residenza a Bologna di tanti stranieri. Anche a loro – soprattutto a loro – pensano gli amministratori locali quando emanano norme sull’approvvigionamento alimentare, le regole del mercato, il modo di tenere ostelli e locande provvedendo al mantenimento di viaggiatori e ospiti. Bandi del XVI secolo fissano con precisione la tipologia dei cibi che ogni oste degno di questo nome deve aver sempre disponibili: piccioni, pollastri, capponi, capretti, agnelli, castrato, vitella “o altro selvaticume, secondo la stagione de’ tempi” nei giorni di grasso. Obbligatoriamente due qualità di arrosto e due di lesso, “con qualche antipasto”. E “frutte con formaggio” dopo pasto. Con pane “buono, e 10 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 bello” e vino di almeno due qualità. Nei giorni di magro, invece, gli osti dovranno servire uova, frittate, minestra, ravioli “o cose di pasta” condite col burro, e pesci freschi o salati; con gli immancabili “frutti, e formaggio”. Quanti non daranno “vivande a sufficienza” saranno soggetti a un’ammenda di mezzo scudo per ciascun ospite non adeguatamente soddisfatto. Norme come questa, contenute in una provisione sugli obblighi di postieri et hosti del 1566, “per il mangiare così della sera, come della mattina”, sono piuttosto insolite nel panorama documentario italiano. Esse svelano l’attitudine principale dei bolognesi, definitasi nei secoli tra Medioevo e Rinascimento: garantire cibo a tutti. Ai bolognesi, ovviamente: le magistrature annonarie (addette al vettovagliamento di cereali, carne, pesci, verdure) sono in ogni città il perno di ogni buona politica, il primo e più efficace baluardo contro il disordine sociale. Ma ciò che appare specifico di Bologna è la particolarissima attenzione agli stranieri, sentiti come principale risorsa della città. Lo osserva, nel XIV secolo, molto lucidamente Bonvesin da la Riva, quando polemicamente contrappone il modello di crescita della sua città, Milano, fattasi grande in virtù dei suoi cittadini e delle sue proprie forze, a quello di Bologna o di Parigi, le grandi città universitarie “che di per sé non sarebbero molto celebri, ma lo sono diventate grazie all’afflusso di genti straniere, tolte le quali, sarebbero ben poca cosa”. Ma non vi sarebbero stranieri, non vi sarebbero studenti né professori se il cibo non bastasse a tutti. “Senza mangiare e bere le arti deperiscono”, scrive uno studente di Oxford nel XIV secolo. Dunque, Bologna “dotta” può esistere solo grazie alla “grassa” – come le fonti europee cominciano, fin dal XIII secolo, a chiamare questa città. “Grassa” nel senso pienamente positivo che la parola poteva avere in un’epoca in cui la possibilità di mangiare era meno scontata di oggi. “Grassa” nel senso dell’abbondanza, della floridezza, della felicità. “Grassa” nel senso di una cucina esuberante e allegra, saporita e divertente. Una cucina mai autoreferenziale, mai chiusa in sé stessa: il gran nome di Bologna capitale gastronomica non si alimenta solo dei prodotti del territorio e di ricette autoctone – in questo caso, molte altre città avrebbero potuto rivendicarlo – ma soprattutto nasce dalla capacità, tipica (ancorché non esclusiva) dei bolognesi, di accogliere e integrare nella propria dimensione altre culture, arricchendosi e arricchendole, rielaborandosi e rielaborandole di continuo. Una città che vantava al suo interno decine di collegi universitari, ciascuno legato a una “nazione” europea (tedeschi, spagnoli, ungheresi, francesi, fiamminghi, eccetera), non poteva non offrire un panorama gastronomico di assoluta eccellenza e di straordinaria varietà. Sappiamo dalle note di un viaggiatore, Johann Caspar Goethe, di passaggio a Bologna nel 1740, che in città era possibile mangiare “alla tedesca” o “alla francese”, oltre che, ovviamente, “alla italiana”, sicché “ognuno potrà scegliere quello che più gradisce”. Difficile trovare esempi del genere in Europa: ed è questa vocazione internazionale di Bologna, questa capacità di mescolare esperienze diverse, a garantire la sua fama straordinaria e duratura, tuttora inossidabile in Italia e nel mondo. Dietro tutto ciò vi era un mercato di grandi potenzialità, che offriva i prodotti del territorio con una varietà e una ricchezza che i documenti medievali e moderni non si stancano di ricordare, e che ancora oggi possiamo ammirare nelle viuzze del quadrilatero; a essi si aggiungevano le specialità artigianali, le rinomate conserve (celebre la cotognata) e i salumi celebrati da testi di ogni genere: “salcicciotti i migliori che mai si mangiassero” che nel 1548 suscitano la commozione di Ortensio Lando, “mortadelle d’esquisita bontà, che sono famose per tutta l’Italia” decantate da Bartolomeo Stefani a metà del Seicento. E poi prodotti importati da altre regioni e paesi, che arricchivano il patrimonio locale di ulteriori offerte, per un pubblico esigente e diversificato. Tutti avranno apprezzato la cucina bolognese: lasagne e tortellini, mortadelle e salsicce, e poi i finocchi e i cardi, l’uva e i fichi magnificati dai testi del XVI-XVII secolo (che, forse inaspettatamente, ci danno di Bologna un’immagine assai più “mediterranea” di quanto penseremmo). Ma la natura straordinaria di questo mercato era, senza dubbio, la sua apertura al “diverso”, che si celebrava anche in cucina. Non solo le trattorie per stranieri, ma anche la tavola dei magistrati bolognesi faceva posto a prodotti e ricette esotiche: “suppa alla polacca” e “starne arrosto lardate alla francese” furono servite nel 1639 ai tribuni della plebe; pasticcio “all’inglese” e pollastrini “cotti alla catalana” furono offerti nel 1673 dal conte Orsi alla scadenza del suo mandato di gonfaloniere; “macharoni alla francese” e “ciambelete alla portoghese” furono serviti nel 1688 al senatore Foscherari; analoghe specialità e preparazioni comparivano regolarmente sulla tavola degli Anziani. Ciò evidentemente non escludeva che si potessero servire tortellini o tagliatelle, ma tutti i resoconti documentari, al pari dei libri di cucina, attestano una scelta di fondo in favore di una cucina intercittadina, interregionale, internazionale. È questo il modello storico bolognese, questa la sua arma vincente. Fin dall’epoca medievale il centro di Bologna si definisce come un grande emporio commerciale. I principali mercati cittadini prendono posto nella piazza di porta Ravegnana e nella piazza Maggiore; ben presto essi sono uniti dal cosiddetto Mercato di Mezzo, mentre a nord-est del centro si svilupperà il Campo del Mercato, oggi piazza Otto Agosto. In tutti questi mercati lo spazio occupato dai mestieri del cibo è preponderante rispetto alle altre categorie professionali. Nonostante i momenti di crisi, nonostante l’instabilità istituzionale che in alcuni periodi connota la vita cittadina, nonostante l’affievolimento del prestigio dello Studio nei secoli post-medievali Bologna resta legata al suo modello di sviluppo, a un’economia vivace aperta agli scambi. Grandi mutamenti avverranno nel corso dell’Ottocento, accompagnati da accesi dibattiti – a cui partecipano scrittori, architetti, giornalisti – sull’importanza di modernizzare la città, e sul modo di farlo. Le innovazioni decisive si configurano subito dopo l’Unità: il primo mercato coperto è inaugurato nel 1877 nell’area di via Pescherie-Clavature; il secondo, quello “delle erbe” di via Ugo Bassi, apre agli inizi del Novecento. I lavori di sventramento di via Rizzoli e delle altre vie del Mercato di Mezzo, iniziati nel 1910, si concludono nel 1927-28. Nel corso di tali vicende ciò che maggiormente si ricollega all’identità storica della città, conservandone la memoria, è la sensibilità fortissima per la cultura dell’ospitalità, pensata e realizzata non solo per gli studenti – che rimangono protagonisti della vita cittadina – e per quanti vi soggiornano periodicamente per fiere e congressi. Questa cultura dell’ospitalità affonda le radici nella storia di Bologna e ne costituisce il più forte e duraturo elemento identitario. Le botteghe coinvolte nel mercato quotidiano dei generi alimentari e i luoghi destinati al consumo, gli empori, i caffè, i ristoranti, le osterie perpetuano l’immagine medievale della città “grassa”. Il Mercato di Mezzo ne resta il cuore. È stato questo, per secoli, il luogo chiave per il confronto di prodotti e sapori, per lo scambio di saperi e pratiche. È questa la fabbrica della cucina bolognese – o forse dovremmo dire, al plurale: delle cucine bolognesi. il mercato di mezzo *Il testo di Massimo Montanari, docente di Storia medievale e di Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna e direttore del Master europeo in Storia e Cultura dell’Alimentazione, introduce un volume distribuito da Coop Adriatica in occasione della recente riapertura del Mercato di Mezzo, il più antico mercato coperto di Bologna, chiuso da molti anni e trasformato in chiave innovativa a inizio aprile (vedi foto sopra). Il volumetto, a cura di Massimo Montanari con la collaborazione di Laura Fenelli e Francesca Pucci Donati, ripercorre le vicende e l’atmosfera dei mercati bolognesi, e del Quadrilatero in particolare, raccontando storia e curiosità, personaggi e immagini del forum medii e delle merci che lo hanno animato nei secoli, anche grazie a un ricco apparato fotografico. La ricerca è stata realizzata con il patrocinio del Comune di Bologna. in alto a sinistra G. M. Mitelli, Venditore di formaggio, Proprietà Collezione Carisbo. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 11 economia Polo d’attrazione Attraente, per legge e di fatto, la regione Emilia-Romagna catalizza importanti investimenti internazionali. Ecco i principali. Center of attraction. Attractive by law and by facts, the region EmiliaRomagna catalyses some important international investments. Here are the main ones. ™ translation at page 47 di Giovanni Berti L’ Emilia-Romagna è già un territorio attraente. Nei fatti come nell’idee. Nelle idee prospettiche disegnate da legislatori e amministratori negli ultimi anni. Già nel 2010 con l’approvazione del Ptr – il principale strumento di programmazione territoriale della Regione con cui questa tracciava la rotta di quello che dovrà essere il 12 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 “sistema Emilia-Romagna” del futuro – si puntava a sostenere le eccellenze, la creatività, gli investimenti e l’innovazione in ogni città e ogni territorio per far crescere tutto il sistema regionale. E a simbolo di questo obiettivo, non a caso, fu scelta una calamita con la sua caratteristica elettromagnetica di attrarre. Nei fatti. Sono diversi gli investimenti di gruppi e multinazionali realizzati negli ultimi anni (e mesi) lungo la Via Emilia, e non solo. E subito occorre ricordare la tedesca Audi che ha acquisito la Ducati e la Lamborghini. Non sono, infatti, una parentesi le grandi aziende intenzionate a investire da queste parti. Anzi. A più di cinque anni dall’esplosione della crisi c’è ancora chi ritiene che allargare gli stabilimenti esistenti in Emilia-Romagna, aprirne di nuovi e programmare Alcuni numeri: gli investimenti diretti esteri (IDE) Nel periodo 2008-2012 gli investimenti fissi lordi in Italia sono calati del 20,3%: in Emilia-Romagna sono scesi del 21,8%. L’Italia conferma la propria debolezza in materia di investimenti diretti esteri: il flusso di capitali internazionali investiti nel 2012 nel Paese è stato di circa 7 miliardi di euro, rispetto agli oltre 30 del 2007. Nel periodo 2005-2011 gli investimenti in entrata sono stati in media il 4,8% del PIL nel Regno Unito, il 2,4% in Francia, l’1,3% in Germania, il 3% in Spagna e l’1% in Italia. Nel 2012 gli stock di IDE in uscita sul PIL valevano per l’Italia il 28,0%, a fronte di una media mondiale del 33,1% e del 59,4% dell’Unione Europea. Gli stock di IDE in entrata valevano il 17,7%, contro il 32% del mondo e il 47,1% dell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, fra il 2007 e il 2011 le consistenze degli IDE in uscita sono aumentate del 5,8 per cento in media all’anno, a fronte del 9,1 a livello nazionale. Nello stesso periodo sembra essere aumentata l’attrattività della regione per gli investitori stranieri: a fronte di un lieve aumento medio nazionale dello 0,6 per cento, lo stock degli IDE in entrata in regione è cresciuto del 13,4 in media all’anno, grazie a un sensibile incremento nel 2011. Alla fine del 2011 il valore degli investimenti diretti in uscita era di poco superiore a 17 miliardi di euro, il 12,2 per cento del PIL regionale e il 4,3 per cento di quello degli IDE in uscita totali del Paese; il valore degli investimenti in entrata in regione sfiorava i 19,5 miliardi (corrispondenti al 13,8 per cento del PIL e al 7,4 degli IDE in entrata effettuati in Italia). investimenti e ulteriori assunzioni sia meglio che delocalizzare. Anche nelle zone dell’Emilia stravolte dalle scosse del sisma del 2012. Come dimostrano B.Braun che ha subito reinvestito, Sorin e Bellco che hanno ampliato la sede mentre Gambro sta realizzando la nuova fabbrica e Haemotronic sta pensando di trasferirsi da Medolla. Anche il colosso tedesco dell’healthcare Fresenius scommette sul polo biomedicale di Mirandola per farne il centro di produzione mondiale di filtri per trasfusione. Inoltre è stato avviato, nel distretto biomedicale di Mirandola, il programma di ricerca nel laboratorio sui materiali innovativi che prevede l’impiego di venti ricercatori che opereranno sotto il coordinamento scientifico dell’Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con altri laboratori della rete e con due unità ospedaliere di Modena e Bologna. E poi il caso Philip Morris International, che alle porte di Bologna ha annunciato un investimento fino a 500 milioni di euro per la produzione di “prodotti a potenziale rischio ridotto”. Su un terreno di oltre 300 mila metri quadri si realizzerà la nuova fabbrica Tutti i dati e le indagini dimostrano una relazione positiva fra investimenti in uscita e in entrata, nel senso che ai maggiori stock corrispondono anche i maggiori flussi annui e che all’alto livello di investimenti all’estero corrispondono anche alti livelli di investimenti dall’estero. da cui uscirà una sigaretta elettronica di nuova generazione per cui Philip Morris ha investito i suoi ultimi tre lustri di ricerca e sviluppo. E non è casuale l’aver scelto l’Emilia-Romagna per il primo stabilimento pilota a livello europeo che, si stima, potrà offrire fino a 600 nuovi posti di lavoro. Solo alcune settimane fa, nel ferrarese, ha preso il via un investimento da 3,5 milioni di euro e cento posti di lavoro nuovi di zecca a partire da aprile prossimo fino al 2016. È il piano di sviluppo e crescita messo in campo da Lte (Lift Truck Equipment Spa) di Ostellato che, nel 2005 è stata acquisita da Cesab carrelli elevatori Spa, finché entrambe entrano a far parte di Tico, Toyota Industries Corporation, il gruppo del marchio nipponico primo costruttore mondiale di carrelli elevatori. L’investimento nello stabilimento ad Ostellato – forte a sua volta di un volume d’affari di 42 milioni nell’ul- timo anno e con 240 dipendenti al proprio attivo – è frutto soprattutto di una collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e con la Provincia di Ferrara sul versante della formazione professionale. Lo scorso anno è partito, sempre nel ferrarese, un investimento di circa 12 milioni di euro soltanto per la costruzione di un nuovo impianto, in cui a regime lavoreranno quasi 300 addetti negli 8000 metri quadri coperti della Manifattura Berluti del gruppo LVMH. Anche in questo caso, l’incentivo principale non è stato né una riduzione dei salari, né un sostegno finanziario: è un centro di formazione professionale che permette di disporre di personale talmente qualificato da sostenere la sua entrata nella fascia più alta del settore e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 13 economia La formazione diviene in maniera esplicita uno strumento di politica industriale e tornare alla manifattura di elevata qualità un’importante via per una crescita sostenibile nel tempo. calzaturiero. La formazione diviene in maniera esplicita uno strumento di politica industriale: tornare alla manifattura di elevata qualità diviene un’importante via per una crescita sostenibile nel tempo. L’alta scuola aziendale per la manifattura calzaturiera della Vuitton viene realizzata con il contributo del Fondo Sociale Europeo dimostrando di non essere solo ammortizzatore sociale di un paese in declino, ma vero strumento per la crescita per chi vuole ritrovare nelle proprie competenze manifatturiere la leva per un nuovo sviluppo. A marzo 2014, la multinazionale Manz AG ha perfezionato l’affitto del ramo d’azienda, passaggio propedeutico all’acquisizione di una parte della vecchia Arcotronics, la storica azienda bolognese di Sasso Marconi che nel 2007 passò all’americana Kemet. Il gruppo tedesco ha rilevato l’officina meccanica dove sono occupati 83 lavoratori. Così la Manz inte- 14 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 gra il proprio portafoglio nel settore battery con il know-how nell’ambito della tecnologia di bobinatura per la produzione di batterie agli ioni di litio. Per farsi un’idea di chi pensa che valga la pena investire nel territorio emiliano romagnolo, basta scorrere la lista della cinquantina di aziende che hanno partecipato al bando della Regione Emilia-Romagna che ha messo a disposizione 20 milioni di euro per sostenere Progetti di ricerca e sviluppo con impatto di filiera e previsioni di crescita occupazionale. I progetti – di cui è in corso la valutazione – rendono disponibili risorse solo per le aziende che siano seriamente interessate a puntare su ricerca, sviluppo e nuove assunzioni. Il contributo può infatti arrivare fino a 4 milioni di euro per progetti che prevedano “un forte impatto occupazionale” (almeno 30 assunzioni). I marchi che hanno presentato domanda vanno dal biomedicale alla meccanica, dalla moda alle ceramiche. In attesa di responso ci sono Bellco (specializzata in prodotti per la dialisi) e Sorin Group (specializzato nei dispositivi per la cardiochirurgia e le anomalie del sistema cardiovascolare) entrambe di Mirandola. Tra le aziende del settore meccanico interessate a investire ci sono la Trattori Spa di Carpi, la Vm Motori di Cento (Ferrara), specializzata nei motori diesel, nonché la Lamborghini di Sant’Agata Bolognese che potrebbe produrre proprio nello storico stabilimento del Toro il nuovo Suv. Richieste sono arrivate anche dalle industrie ceramiche come Panaria-Group di Finale Emilia e da Liu Jo, la griffe d’abbigliamento di Carpi, oggi marchio mondiale. Attrattiva e competitiva Un progetto di legge per promuovere gli investimenti economici in Emilia-Romagna. Attractive and competitive. A draft law to promote economic investments in EmiliaRomagna. di Giovanni Berti L a stipula di accordi per l’insediamento e lo sviluppo di nuove imprese. La riduzione del carico burocratico. Ma anche agevolazioni fiscali per chi innova, sostegno all’aggregazione e al rafforzamento dei Consorzi fidi per il credito. Ancora, un premio regionale per la responsabilità sociale d’impresa, misure di contrasto delle delocalizzazioni produttive, nonché la promozione degli investimenti nel quadro delle programmazioni settoriali della Regione. Sono queste le linee principali del progetto di legge della Giunta su Attrattività e competitività e promozione degli investimenti in Emilia-Romagna, oggi in approvazione da parte dell’Assemblea legislativa. Con un obiettivo preciso: il rilancio degli investimenti pubblici e privati, una leva fondamentale per far riparti- re la domanda interna, per aumentare le esportazioni e per creare nuova occupazione, stabile e qualificata. La proposta di legge risponde infatti alla duplice esigenza di contribuire alla ripresa economica e rafforzare la competitività e la capacità di innovazione del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna. In sintesi, la norma punta a rendere i sistemi – locali e regionale – ancora più “attraenti” per gli investimenti delle imprese, proiettando ulteriormente l’economia emiliano-romagnola nel mondo. Tutto questo senza perdere le radici ma, anzi, rafforzando i suoi tratti di forza: dinamismo e capacità di fare innovazione, diversificazione produttiva, pluralismo delle forme imprenditoriali. Le politiche regionali e la legge intendono favorire e accompagnare in Emilia-Romagna la promozione degli investimenti produttivi ad alta intensità tecnologica ed ecologica per rafforzare l’innovazione dell’asse del sapere, del made in Italy e della green economy che comunque poggiano sull’autonoma capacità e iniziativa delle imprese e degli imprenditori presenti sul territorio. La proposta della Giunta si muove nel solco della politica nazionale, con l’intenzione di accrescerne l’efficacia attraverso misure proprie e in collaborazione con lo Stato e tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti. L’architrave della legge è l’individuazione degli “investimenti e interventi di interesse regionale” promossi da imprese o aggregazioni di imprese, che si caratterizzano per il valore degli investimenti, la qualità e la quantità dell’occupazione, le ricadute sul territorio, la ricerca e l’innovazione, l’internazionalizzazione e la specializzazione delle singole unità, delle filiere e dei distretti. Per favorire investimenti e interventi di interesse per il territorio la Regione, anche per mezzo delle sue società, sviluppa una politica di marketing territoriale per la ricerca di investitori nazionali ed esteri e per la promozione della propria immagine. Concretamente, la realizzazione degli investimenti e degli interventi avviene attraverso la stipula di “Accordi per l’insediamento e lo sviluppo” sottoscritti dalla Regione, dalle imprese o aggregazioni di imprese, dagli enti locali e dagli altri soggetti che concorrono all’attuazione. Gli “Accordi” contengono gli impegni reciproci dei contraenti, ovvero gli investimenti a carico rispettivamente delle imprese e delle parti pubbliche, le agevolazioni che possono essere concesse e i termini per l’autorizzazione e la realizzazione degli interventi. La Regione si assume in particolare il compito di collaborare con tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte per assicurare uno svolgimento efficace e tempestivo dei procedimenti. La proposta di legge indica le principali azioni che possono essere attivate per favorire gli investimenti e l’attuazione degli accordi: l’accesso alla rete per la ricerca e il trasferimento tecnologico, la formazione delle risorse umane, la disponibilità delle reti di telecomunicazione e di servizi telematici, nonché di altre infrastrut- ture, sostegni per la riqualificazione energetica, contributi per la ricerca e l’innovazione, servizi alla persona. Viene evidenziato, inoltre, il ruolo che possono svolgere le attività terziarie per la specializzazione intelligente del sistema produttivo e la promozione e l’attrazione di investimenti. Vengono anche individuate le procedure urbanistiche da applicare introducendo meccanismi di riduzione o aumento degli oneri a carico dell’investitore in relazione rispettivamente alle aree già classificate o quelle di nuova classificazione. La proposta contiene, infine, ulteriori misure a sostegno delle imprese, che si possono attivare anche al di fuori degli “Accordi per l’insediamento e lo sviluppo”: meritano di essere sottolineate le agevolazioni fiscali Irap per le nuove imprese innovative, il sostegno alla aggregazione e al rafforzamento dei Consorzi fidi per il credito, il premio regionale per la responsabilità sociale d’impresa e le misure di contrasto delle delocalizzazioni produttive. pagina 12 Un’audi e una ducati a confronto. pagina 13 MEDOLLA (MODENA), NUOVO STABILIMENTO DELL’AZIENDA GAMBRO RICOSTRUITO DOPO I DANNI SUBITI DAL TERREMOTO DEL 2012. Cento (Ferrara), STABILIMENTI MECCANICI VM MOTORI. AZIENDA SPECIALIZZATA IN PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DI MOTORI DIESEL. (per entrambe © Meridiana Immagini, foto di Andrea Samaritani). a sinistra stabilimento lamborghini a sant’agatra bolognese (© Meridiana Immagini, foto di andrea samariTANI). sopra MIRANDOLA (MODENA), AZIENDA SETTORE BIOMEDICALE “DIDIECO SPA” - SORIN GROUP. ASSEMBLAGGIO APPARECCHIATURE PER IL TRATTAMENTO DEL SANGUE. (© Meridiana Immagini, foto di Paolo Righi). e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 15 rubriche Regione & notizie INTERnazionalizzazione La meccanica italiana in Messico Le Regioni Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto si sono unite sul progetto Mecamex – Meccanica italiana in Messico, pensato per rafforzare il posizionamento competitivo dell’industria italiana dei macchinari nel Paese Americano. Gli Stati Uniti del Messico si sono recentemente trasformati in una delle principali piattaforme manifatturiere del mondo e presentano importanti opportunità per le imprese della meccanica in tutti i comparti produttivi. Integrato nel Nafta, l’accordo nord-americano sulla libera circolazione, con un’ampia popolazione, alti livelli di formazione, un tasso di crescita costante, il Messico ha recentemente varato importanti riforme strutturali, mentre la leadership italiana in alcuni comparti (meccanica utensile, macchine per la ceramica, linee di imbottigliamento, tecnologie per il packaging alimentare, macchine per l’agroindustria, tecnologie della plastica, macchinari per l’edilizia) determina significativi flussi commerciali dall’Italia verso il Messico e rafforza ulteriormente l’immagine positiva del nostro paese come fornitore di tecnologie, design, attenzione alle esigenze dell’operatore industriale. L’Italia è al terzo posto come fornitore del Messico, insidiata da Stati Uniti (con il Texas che guida le esportazioni), Germania e paesi emergenti, Cina in testa. Da qui il progetto Mecamex, che struttura una presenza costante sul mercato locale con la partecipazione a fiere di settore, l’attivazione di flussi promozionali, la gestione di centri servizi in grado di garantire la personalizzazione del prodotto in linea con le esigenze del cliente, servizi di post-vendita e di formazione per l’utilizzo delle macchine. Servizi che costituiscono per i macchinari l’elemento cruciale di competitività. investimenti Amazon fa base a Piacenza Amazon Italia ha inaugurato un nuovo magazzino di 60mila metri quadrati nel piacentino. Si tratta di un centro logistico in un capannone industriale grande come sei campi di calcio e posizionato in uno snodo strategico, a cavallo tra la rete autostradale A1-A21 e la linea ferroviaria Milano-Bologna. 16 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 Il centro si occuperà di smistare e distribuire i prodotti di Amazon.it oltre che dello stoccaggio e dell’inventario dei venditori esterni che operano sulla piattaforma. Qui i tir di mezza Europa arrivano, scaricano e ripartono con i prodotti distribuiti dalla multinazionale americana del commercio online, che lo scorso anno ha fatturato 61,09 miliardi di dollari. Sbarcata in Italia nell’ottobre 2011, Amazon conta di espandersi presto su altri 75 mila metri quadrati per arrivare a occupare entro i primi tre anni di attività, fino a 1000 addetti (oggi sono circa 400). banche dati Ricercatori industriali online ll consorzio Aster, il consorzio pubblico-privato dell’Emilia-Romagna per la ricerca e il trasferimento tecnologico alle aziende, ha realizzato uno strumento che permette alla imprese, ai centri di ricerca e agli enti di consultare i profili professionali dei giovani ricercatori industriali. Si tratta della banca dati RIcE-Rcami, finanziata dalla Regione Emilia-Romagna. Lo strumento nasce come punto di incontro tra i ricercatori industriali interessati a uno sbocco professionale qualificato, e le imprese e le altre tipologie di organizzazioni interessate a identificare le competenze migliori per i propri scopi produttivi e istituzionali. Iscrivendosi alla banca dati, i ricercatori possono creare una scheda professionale e collegarla al proprio profilo Linkedin, di modo che le imprese, i centri di ricerca e gli enti possano fare riferimento anche a questo social network per effettuare ricerche il più possibile esaustive e aggiornate. I primi iscritti sono 70 giovani ricercatori formati nei laboratori universitari e nei centri appartenenti alla Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna, ma la banca dati è stata pensata per allargare il proprio bacino di utenza a tutti i ricercatori industriali del territorio regionale, e quindi all’insieme di quelli attivi in ambito nazionale. Contestualmente alla realizzazione dello strumento, Aster ha pubblicato il Technology Report, un catalogo online che raccoglie e presenta oltre 50 esperienze ed eccellenze nate dalle partnership tra le imprese dell’Emilia-Romagna e i laboratori di ricerca della Rete Alta Tecnologia. regione impresa e notizie Come una Perla Il marchio bolognese di lingerie haute couture cambia proprietà e rilancia in tutto il mondo. A partire anche da uno spettacolo davvero speciale. Like a pearl. The Bologna haute couture lingerie brand changes ownership and is re-launched worldwide. Starting from a really special show. di Piera Raimondi Cominesi È il 1954 quando Ada Masotti, bustaia ricca di talenti e iniziativa, apre a Bologna un laboratorio di corsetteria. Le sue prime creazioni in seta soutache, impreziosite da pizzi macramé o lavorate con l’antica tecnica del pizzo a frastaglio, viaggiavano in voluttuose valigette foderate di velluto rosso, invenzione del marito. La sapienza artigianale di quei primi manufatti rimane un tratto distintivo anche quando l’azienda si ingrandisce e diventa leader mondiale nel settore underware e beachware. Nel 2007, dopo decenni di successi commerciali ma già con la crisi che incombe, il gruppo La Perla viene ceduto da Alberto Masotti al fondo americano Jh Partners. Iniziano anni di esuberi e cassa integrazione, lotte sindacali e contrattazioni. Nel 2010 si ipotizza anche di trasferire la produzione e il progressivo piano di ridimensionamento dell’organico sfocia nei primi tentativi di vendita. Nel giugno scorso l’azienda va all’asta. Dopo tre quarti d’ora di rilanci tra Silvio Scaglia, patron di Fastweb, quello di Calzedonia, Sandro Veronesi, e il gruppo industriale israeliano Delta Galil, la spunta Scaglia mettendo sul piatto 69 milioni di euro e il reintegro in azienda dei lavoratori in cassa integrazione. Queste le cifre, ma dietro le vicende alterne di questo marchio grandioso ci sono anche i lavoratori. Come è andata hanno voluto raccontarlo salendo su un palcoscenico, ora che finalmente hanno tirato un insperato sospiro di sollievo. Con cinque mesi di prove, sotto la guida dei registi Nicola e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 17 imprese Per il rientro a pieno titolo nel fashion di alta gamma Pacific managment group, la holding di Scaglia, ha prospettato un investimento di 110 milioni di euro. 18 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 Bonazzi e Lea Ciranni, è andato in scena, il 1° maggio, Come una perla. La crisi non è uno spettacolo… ma può diventarlo! un racconto che ha messo a nudo le dinamiche personali e interpersonali che si creano nel momento in cui si paventa di perdere il posto di lavoro. Paura, rabbia, sconforto, competizione, solidarietà, senso di appartenenza all’azienda, orgoglio di fare cose belle, racconto di un mondo aziendale che negli anni felici è un posto dove si va volentieri, si mescolano perfettamente in un’ora di show vero e proprio, con tanto di coreografie e canzoni. “Abbiamo iniziato un po’ inconsape- volmente questo percorso – racconta una dei sedici protagonisti, Patrizia Palermo – e subito, sia Nicola che Lea, ci hanno chiesto di raccontarci attraverso l’improvvisazione, con i racconti scritti, di parlare di questa vicenda. È stato come fare il punto della situazione, prendere il carico di emozioni che avevamo accumulato in questi anni e tirare le somme. Mettere in scena questa storia ha avuto un ruolo catartico, siamo riusciti a elaborare una situazione che per molti è stata pesante e guardarla a distanza, prendere le distanze e avere la forza e il coraggio di raccontare come sono andate veramente le cose”. Un reset emotivo dunque, uno contabile e di managment e La Perla, con le sue creazioni, è pronta a incantare nuovamente le donne di tutto il mondo. Per il rientro a pieno titolo nel fashion di alta gamma Pacific managment group, la holding di Scaglia ha prospettato un investimento di 110 milioni di euro e conta di arrivare a un giro di affari di 250 milioni in tre anni. La strategia della nuova immagine e della comunicazione è stata affidata a una giovane donna, Stefania Valenti. La sua prima campagna è già su tutti i giornali, l’immagine femminile proposta è raffinata e sensuale e mette in primo piano le lavorazioni sottili e i dettagli preziosi di questo made in Emilia-Romagna. Le luci, i materiali e le forme delle nuove boutique La Perla, disegnate da Roberto Baciocchi, ricordano più degli atelier che dei negozi, pronte a regalare l’emozione di un acquisto importante, così come avveniva un tempo alle signore che aprivano quel cofanetto foderato di velluto rosso. pagina 17 dettaglio di una lavorazione di lingerie. in queste pagine immagini delle campagne stampa del gruppo e il nuovo negozio la perla di via Monte napoleone a milano. e-r magazine n. 1 | giugno 2013 | 19 rubriche Regione & notizie cultura alimentare Green&Young, ovvero l’impegno contro lo spreco spiegato ai giovani, sarà il leitmotiv dell’edizione 2014 della campagna europea di sensibilizzazione Un anno contro lo spreco, promossa da Last Minute Market, lo spin-off dell’Università di Bologna divenuto eccellenza europea nel recupero degli sprechi alimentari, diretta dal fondatore e presidente di Lmm, l’agroeconomista Andrea Segrè. Un anno contro lo spreco ha già inciso realmente nella sensibilizzazione del Paese e dell’Europa sul tema spreco, come dimostrano i dati dell’Osservatorio Waste Watcher, la Risoluzione di Strasburgo del 19 gennaio 2012 approvata dal Parlamento Europeo per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025 e la proclamazione dell’Anno europeo contro lo spreco alimentare per il 2016. Obiettivi ripresi dalla Dichiarazione congiunta che la campagna di Last Minute Market aveva portato all’attenzione del Parlamento Europeo sin dall’ottobre 2010. F.T. Altan, logo per la campagna “Un anno contro lo spreco”, 2014. Agro-alimentare Da eccedenza a risorsa Grazie a una piattaforma informatica messa a punto dalla Regione Emilia-Romagna, unica in Europa, le eccedenze agroalimentari diventano una risorsa per le associazioni caritatevoli. La piattaforma incrocia, in tempo reale, l’offerta delle organizzazioni dei produttori con la domanda degli enti no profit, che ridistribuiscono gratuitamente frutta e verdura alle persone bisognose. Il risultato è doppio: un reddito minimo ma garantito per i produttori e approvvigionamenti di alta qualità a costo zero per le Onlus. L’opportunità è offerta dall’Unione europea che finanzia il 100% del prodotto che non viene assorbito dal mercato, purché indirizzato alle persone indigenti. Nel progetto sono impegnate 14 organizzazioni di produttori ortofrutticoli, sono attivi 39 centri di ritiro di organizzazioni caritatevoli, più di 40 i punti di smistamento dei prodotti ortofrutticoli. Nel 2012, primo anno di attività, sono stati veicolati attraverso questo canale oltre 100 mila quintali di prodotti ortofrutticoli. È una quota pari al 74% dell’intera produzione ortofrutticola ritirata dal mercato con destinazione persone indigenti secondo i programmi UE. Nel 2013 il valore complessivo dell’operazione è stato di circa 4 milioni di euro. 20 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 e-vaso, progetto di make in bo. Un anno non sprecato laboratori Make in Bo stampa in 3D La stampa 3D è un fenomeno che, pur essendo ancora oggi di nicchia e molto legato al mondo degli appassionati di informatica, è destinato ad avere, in un futuro vicino, un forte impatto nella nostra quotidianità. La nuova tecnica permette, a seconda del tipo di stampante utilizzata, di produrre oggetti con materiali tra i più disparati: differenti tipi di plastica, sostanze a base vegetale, argilla e nuovi materiali sempre più resistenti che sono oggi in sperimentazione. Il fenomeno è in piena espansione sperimentale e a Bologna è nata Make in Bo, l’associazione degli stampatori 3D o makers, come preferiscono essere chiamati. In piena sintonia con la filosofia del web il lavoro dei makers è il più possibile condiviso, software e hardware vengono implementati su base opensource, ovvero lasciando la possibilità a tutti di aggiornare i propri modelli e di condividere le migliorie che si è riusciti ad apportare rendendo tutto disponibile in Rete. formazione & lavoro Garanzia giovani Li chiamano Neet, “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. A loro è dedicato Garanzia giovani, il progetto dell’Unione europea che intende assicurare nuove opportunità per acquisire competenze ed entrare nel mercato del lavoro. Il 1° maggio, Garanzia Giovani è partito anche in Emilia-Romagna, tra le prime Regioni a sottoscrivere la convenzione con il Ministero del lavoro. A disposizione oltre 74 milioni di euro, risorse provenienti dal Fondo sociale europeo, per integrare e qualificare le diverse opportunità della formazione regionale, in continuità con le scelte effettuate nel 2012 con il “Piano per l’accesso dei giovani al lavoro, la continuità dei rapporti di lavoro, il sostegno e la promozione del fare impresa”. La Regione, con azioni di comunicazione orientativa e di servizio, vuole favorire la partecipazione e il coinvolgimento attivo di giovani e imprese. Colloqui di orientamento, reinserimento in un percorso formativo, tirocini - da svolgere anche in mobilità geografica e transnazionale e retribuiti - sono alcune delle opportunità offerte. Come anche il sostegno all’inserimento lavorativo, in particolare attraverso contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, apprendistato per l’alta formazione e la ricerca. portfolio MASTerpiece! A Bologna un nuovo luogo per la cultura d’impresa: MAST, Manifattura di Arti Sperimentazione e Tecnologia. In Bologna there is a new place for enterprise culture: MAST, Manufacturing of Arts, Experimentation and Technology. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 21 portfolio 22 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 pagina 21 facciata principale di Mast. In primo piano la scultura, alta quanto l’edificio, Old Grey Beam, opera di Mark di Severo, uno dei più celebri artisti contemporanei. in queste pagine Lo scalone monumentale a tutta altezza. rappresenta una sorta di cuore simbolico che mette in relazione, in modo continuo e naturale, l’auditorium e la gallery con la Caffetteria e il Ristorante aziendale. il ristorante e la caffetteria. in sospensione al centro dello scalone, Collective Movement Sphere di Olafur Eliasson. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 23 portfolio un abbraccio con la città ingresso principale con le rampe d’accesso pedonali, che si estendono dal centro del complesso all’accesso principale e simboleggiano la relazione tra l’edificio e la città. di seguito: sale didattiche, auditorium, foyer. nel foyer L’accesso all’auditorium è arricchito dalla presenza della scultura Shine di Anish Kapoor. 24 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 25 portfolio 26 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 effetti di luce il Mast è un complesso leggero, traslucido e mutevole. Il rivestimento in vetro serigrafato che corre lungo la struttura, passando anche davanti alle pareti opache, associato a lamelle di alluminio, restituisce un corpo architettonico vibrante e in trasformazione. Di notte l’edificio diventa un oggetto luminoso. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 27 portfolio Mast, acronimo di Manifattura Arti Sperimentazione Tecnologia è una cittadella della cultura industriale, voluta con spirito visionario e lungimirante dall’imprenditrice bolognese Isabella Seragnoli, presidente di Coesia Group. L’edificio che ospita la Fondazione Mast, una sorta di Beaubourg per presenza architettonica e impatto nel tessuto urbano e culturale della città, sorge a Bologna in un’area industriale dismessa, in via Speranza. La Fondazione, no-profit, è nata per promuovere progetti di innovazione sociale e offrire servizi di welfare aziendale che possono essere messi a disposizione della comunità e del territorio, attraverso un processo di osmosi tra impresa e città. Con questa importante realizzazione e con le iniziative che qui saranno ospitate, la Fondazione Mast vuole favorire un processo culturale di cambiamento delle nuove generazioni, offrendo nuove motivazioni e spinte all’innovazione e all’imprenditorialità. il progetto Lo studio Labics, vincitore del concorso per la progettazione del complesso, concorso voluto da Isabella Seragnoli, ha ideato una costruzione di grande impatto formale in cui si mescolano spazi destinati ad usi molto diversi. Al piano terreno, un ristorante aziendale, una sala espositiva, il Nido aziendale con il suo giardino e un centro wellness. Al piano superiore due gallerie dove vengono ospitate le mostre, una caffetteria e, all’ultimo piano, un Auditorium con 400 posti. sopra: l’ingresso alla gallery. 28 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 Capitale umano nell’industria a cura di Urs Stahel mast, 23 aprile - 30 agosto 2014 La storia dell’industria non può prescindere dal racconto dell’evoluzione dei rapporti tra lavoratori e imprese. Attraverso le immagini delle persone nei luoghi di lavoro, la mostra, al Mast fino al 30 agosto, punta l’attenzione sul ruolo determinante che il capitale umano ha sempre svolto nello sviluppo dell’economia e della società. Se da un lato l’industria ha radicalmente cambiato la vita delle persone, dall’altro la sua stessa esistenza è impensabile senza i lavoratori. Soprattutto fino a che, in un passato non troppo lontano, la produzione non si è trasformata in un processo affidato in gran parte alla tecnologia. L’esposizione presenta la terza selezione tratta dalla collezione della Fondazione MAST, curata da Urs Stahel. Si tratta di 229 fotografie sul rapporto tra industria e lavoratori di 41 artisti di grande notorietà come Anselm Adams, Max Alpert, Robert Doisneau, Emanuel Evzeikhin, David Goldblatt, Brian Griffin, Jacqueline Hassink, Erich Lessing, Jery Lewczyński, Ugo Mulas, Sebastião Salgado, August Sander, Larry Sultan and Mike Mandel, Jakob Tuggener. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 29 società Ricostruzione anno I Il bilancio a due anni dal sisma. Il 20 maggio 2012 la prima scossa, seguita pochi giorni dopo, il 29 maggio, da una seconda ancora devastante: 29 i morti, 45mila le persone coinvolte, 58 i comuni interessati in un’area dove si produce il 2% del Pil nazionale. Reconstruction, year 1. The situation two years after the earthquake. On 20th May 2012 the first quake took place, followed some days later, on 29th May, by a second one, even more devastating: 29 casualties, 45,000 people and 58 municipalities involved, in an area which accounts for 2% of the GDP of Italy. di Saverio Malaspina O gni giorno si aggiunge una tessera al mosaico della ricostruzione di questa parte di Emilia, un’opera collettiva per la quale sono stati messi in campo oltre 4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 726 milioni di prestiti senza interessi concessi alle imprese, per affrontare l’emergenza, l’avvio della ricostruzione e il rilancio dell’economia. Ora la sfida più grande riguarda i centri storici, perché ciò che si vuole non è una semplice ricostruzione, ma una vera e propria rigenerazione, per accompagnare la ripresa economica e sociale dei luoghi identitari delle città, i più severamente colpiti. Già all’indomani del sisma si era lavorato, con primi interventi provvisori e di somma urgenza, per riaprire le “zone rosse”, i cuori delle città, con circa 2.000 interventi per oltre 200 milioni di euro. “Il percorso è robusto - ha sottolineato il Commissario delegato alla ricostruzione, Vasco Errani - e va avanti grazie all’impegno di tutti: istituzioni, volontari e gli stessi cittadini che dal primo giorno hanno lavorato insieme per ripartire. Non abbiamo promesso e non promettiamo miracoli. Problemi da affrontare ce ne sono ancora, e li affronteremo fino all’ultimo giorno”. I primi di questa lunga serie di problemi, lo ricordiamo, sono stati un’emergenza abitativa, sanitaria e 30 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 scolastica senza precedenti in Italia, la necessità di mettere in sicurezza gli edifici pericolanti, togliere 595mila tonnellate di macerie, censire le situazioni, in un vuoto normativo che ha imposto una rapida e complessa ricostruzione di norme primarie, per lavorare con efficacia, guardando oltre che all’immediato anche al lungo periodo, nel rispetto pieno delle regole. Solo nel febbraio 2013 è arrivato il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che riconosceva il 100% del danno. Possiamo considerare questa dunque la data di inizio della ricostruzione vera e propria, a partire da una situazione con numeri impressionanti: dopo le due scosse principali erano 19mila le famiglie che avevano dovuto abbandonare le proprie abitazioni; 14mila edifici residenziali danneggiati, 13mila attività economiche danneggiate e 1.500 edifici pubblici e strutture socio-sanitarie lesionati, oltre 40mila i lavoratori costretti alla cassa integrazione. Oggi 7 famiglie su 10 sono rientrate a casa, i lavoratori ancora in cassa integrazione sono solo 215, le opere idrauliche, i servizi scolastici e sanitari sono stati riattivati in condizioni migliorative rispetto a prima. Le imprese sono tutte rimaste sul territorio, comprese le multinazionali, e hanno avviato ristrutturazioni e processi di innovazione tecnologica. L’apparato produttivo di questa zona di produzione operosa sarà in grado di 7 famiglie su 10 sono rientrate a casa, i lavoratori in cassa integrazione in deroga sono solo 215, le opere idrauliche, i servizi scolastici e sanitari sono stati riattivati in condizioni migliorative rispetto a prima. affrontare i mercati meglio di prima.. Le pratiche presentate per ricostruire abitazioni e imprese sono state 6.345 per un totale di 1,9 miliardi di euro, di cui 960 milioni per 5312 abitazioni e 934 milioni per 1.033 imprese. Ognuna con le sue specifiche problematiche. Tutto il percorso fatto finora, ed è questa la sua cifra eccezionale, è stato il frutto di decisioni assembleari e condivise con 110 enti pubblici e con il coinvolgimento di 2.400 professionisti e di 1600 imprese esecutrici di lavori. Nel rispetto delle regole e della legalità. foto di Fabrizio Dell’Aquila – Diateca Agricoltura Regione Emilia-Romagna “Per completare la ricostruzione, rispetto alle necessità finanziarie ed economiche, manca ancora un miliardo che contiamo di ottenere nei prossimi mesi, unitamente alla fiscalità di vantaggio. Sarà un percorso difficile per il quale, però, ci impegneremo fino in fondo” ha sottolineato il presidente Errani. Per i centri storici intanto sono stati stanziati 549 milioni di euro per 664 interventi di ricostruzione o recupero. Si tratta della prima attuazione del “Programma per la riparazione e il ripristino delle opere pubbliche e dei beni culturali” che prevede complessivamente 1.540 interventi per un importo di 1 miliardo e 354 milioni di euro. In maggio, inoltre, il Commissario ha varato due ordinanze per favorire il ripristino delle condizioni di vita, la ripresa delle attività economiche e la riduzione della vulnerabilità nei centri storici e urbani. Si tratta di strumenti flessibili grazie ai quali i Comuni si possono dotare di un proprio Piano organico e possono recuperare anche gli immobili di proprietari che non intendono ristrutturarli, attraverso l’acquisto e successiva destinazione all’affitto, in modo da raggiungere il duplice risultato di ricostruire e aumentare l’offerta di alloggi in locazione nei centri storici. Anche questi interventi fanno parte del sistema di norme primarie che si è dovuto formulare e che si affina ogni giorno di più. Si tratta di una grande sperimentazione che ha fatto dire al ministro per i beni culturali, Dario Franceschini, nel corso della visita in Regione: “La gestione del terremoto in Emilia-Romagna è un’esperienza di cui tenere conto per la legge quadro sulle calamità naturali che a breve presenterò al Consiglio dei ministri e che consentirà in situazioni di emergenza di operare in un unico ambito normativo definito”. Tanta sperimentazione si è fatta anche nel campo delle tecniche di restauro, “non soltanto nell’emergenza e nella messa in sicurezza, che ha riguardato il primo anno di lavoro, ma adesso, finalmente, anche nel trasferimento di tecnologia nel recupero e restauro del patrimonio.” – dice il professor Balzani a capo del Laboratorio Teknehub – “L’Emilia-Romagna e in particolare questa zona dell’Emilia intersecata dal terremoto è un cantiere-laboratorio che mostrerà nei prossimi anni modelli di partecipazione integrata con cui si stanno sperimentando soluzioni a problemi che poi saranno diffuse anche in altri territori della nostra nazione, perché la problematica non è solo di questa regione. L’Emilia ha scoperto una condizione particolare, in un contesto fragile che non si pensava potesse dare questo tipo di problemi. E adesso invece stiamo lavorando anche per mettere a disposizione di tutti soluzioni innovative”. In alto Lavori di consolidamento del museo ettore guatelli sopra Il sito www.donazionisisma.it rendiconta una per una le donazioni ricevute dalla Regione, 31,1 milioni di euro. Se siete uno dei novemila che hanno versato il loro contributo direttamente sul conto intestato alla Regione, digitate il vostro nome sulla home del sito e saprete che destinazione ha avuto la somma che avete versato, a quale dei 67 progetti di ricostruzione è stata attribuita, con tutti i dettagli per ciascuna opera finanziata compreso lo stato di avanzamento dei lavori. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 31 territorio Viaggio nel gusto in 42 Musei Da Piacenza a Rimini, un percorso tra piacere e memoria, alla scoperta dei prodotti migliori del territorio e della nostra storia. A journey through flavours in 42 museums. From Piacenza to Rimini, an itinerary through tastes and memories, discovering the best products of our territory and our history. ™ translation at page 47 di Angela Simeoni L a filiera del cibo, a volerla percorrere con curiosità, ci spinge a continue incursioni nella nostra storia. Il nostro benessere affonda le radici in una realtà agricola che meno di un secolo fa contava oltre il 60% della popolazione addetta all’agricoltura, mentre oggi è meno del 5-10%. Realtà basata su una alleanza imprescindibile tra lavoro umano e animale, in un rapporto armonico con la natura, le cui risorse erano fondamentali per l’esistenza e come tali trattate e curate. Tra i contadini, ancor prima della nascita delle società di Mutuo Soccorso, vigevano principi mutualistici tacitamente condivisi. I lavoratori della terra solidarizzavano tra loro ed erano pronti ad aiutare il vicino, specie se colpito dalle avversità, ma spesso anche nel duro lavoro quotidiano. Un mondo che, prima 32 | e-r magazine n. 2 | dicembre 2013 dell’industrializzazione, rimane simile a se stesso per secoli. Un’immersione in questo universo popolato di mezzadri, filarine, mondine, scarriolanti, bifolchi, poderi, caseifici, mulini, frantoi, è quella cui vi invitiamo, viaggiando nel tempo tra Piacenza a Rimini. E se avete voglia di incamminarvi, l’itinerario è già pronto: si snoda tra la rete dei Musei del mondo rulale e quella dei Musei del Gusto che si intersecano piacevolmente alle Strade dei vini e dei sapori, che con mappe, panieri di prodotti e vini, oltre a dettagliate informazioni su cosa assaggiare e visitare, offrono spunti per viaggi all’insegna di gola e cultura viva del territorio. Oggetti della vita quotidiana, attrezzi per il lavoro nei campi, testimonianze di mestieri e tradizioni, sono il cuore dei 18 Musei del Mondo Rurale dell’Emi- lia-Romagna, quasi tutti contraddistinti dal marchio “Musei di Qualità”. Il patrimonio storico ed etnografico raccolto nei musei mette a disposizione, anche ai non addetti ai lavori, il grande capitale culturale e sociale accumulato dall’agricoltura emiliano-romagnola nel corso dei secoli, capitale di cui oggi godiamo attraverso le eccellenze alimentari e un sistema agroalimentare ricco e sostenibile. Se siete viaggiatori tecnologici per voi c’è la app I Musei del Mondo Rurale in Emilia-Romagna, accessibile da qualsiasi smartphone o tablet. L’app, con una scheda per ogni museo, fornisce indicazioni sulle tre cose da non perdere, orari e informazioni di servizio. E poi informazioni su tutti gli eventi, sagre, mostre dedicate alla civiltà contadina e una mappa geo-referenziata dei siti con suggerimenti su cosa visitare nel territorio 15 PIACENZA 16 FIORENZUOLA D’ARDA 06 01 SORAGNA RO FERRARESE SAN PARMA GATTATICO MARTINO FERRARA 03 IN RIO SAN BARTOLOMEO 12 REGGIO BASTIGLIA 19 EMILIA 17 IN BOSCO 23 11 SALA 09 COMACCHIO 12 COLLECCHIO 14 ARGENTA SALA 16 MONTECCHIO 10 CAMPOGALLIANO BOLOGNESE BAGANZA BENTIVOGLIO 04 FELINO EMILIA 06 18 MODENA 07 LANGHIRANO 03 ANZOLA EMILIA 18 BUDRIO 02 13 14 20 MASSA SPILAMBERTO NEVIANO BAGNACAVALLO 21 LOMBARDA BOLOGNA DEGLI ARDUINI CASTELNUOVO 15 24 22 05 RANGONE RAVENNA MONTERENZIO COLLECCHIO GUIGLIA 13 DOZZA 05 CERVIA 07 CESENATICO BRISIGHELLA 04 17 03 CASTEL DEL RIO FORLÌ 09 10 08 CASOLA SANTARCANGELO FORLIMPOPOLI VALSENIO 08 DI ROMAGNA CESENA 02 PORRETTA TERME RIMINI SOGLIANO 11 SUL RUBICONE 01 una app per i musei del mondo rurale MONTESCUDO la web app è attiva all’indirizzo www.museirurali.it sotto da sinistra museo ettore guatelli, museo del prosciutto, casa artusi. circostante: chiese, castelli, monumenti e Strade dei Vini e dei Sapori. Dalla terra alla tavola, si può invece sintetizzare così il percorso nei 24 Musei del Gusto che, capillarmente diffusi sul territorio, parlano di materiale e immaginario: di come si coltiva un vigneto e dei significati che il vino ha nella nostra civiltà; di come si produce un formaggio e dei valori di socialità che queste pratiche hanno sviluppato tra gli uomini; di come si fa l’olio o si innesta un albero da frutto; di come si fanno squisiti salumi, vini e aceti balsamici. Una mappa dei tesori enogastronomici dell’Emilia-Romagna, un patrimonio a qualità certificata con le 39 DOP e IGP e gli oltre 300 prodotti censiti come “tradizionali”, esperienze del gusto e tesori economici inestimabili che fanno della nostra regione la terra del buon vivere. E se tornando a casa volete portare con voi anche un po’ di sapienza culinaria, non potete mancare Casa Artusi, il primo museo vivo della cucina aperto ad appassionati e curiosi, donne e uomini di casa, professionisti e cultori che vogliano approfondire la cultura e la pratica della cucina domestica. A Forlimpopoli, in un antico convento sapientemente ristrutturato, sono offerti corsi a tutti i livelli in una sala didattica con 20 postazioni attrezzate, nel nome del padre della cucina italiana. Il museo comprende anche il Ristorante di Casa Artusi, dove si gustano ricette della tradizione emiliano-romagnola e la Cantina che ospita moltissime etichette, tra cui tutte quelle più importanti della regione, in collaborazione con l’Enoteca Regionale Emilia-Romagna. musei del gusto 01Museo del Parmigiano-Reggiano 02Museo dell’aceto balsamico tradizionale 03Museo del prosciutto di parma 04Museo del salame di Felino 05Museo della tigella e laboratorio del borlengo 06Museo del pane “Mulino sul Po” 07Museo del sale di Cervia 08Museo Casa Artusi 09Museo del castagno 10Museo all’aperto dell’olio di Brisighella 11Museo del formaggio di Fossa “Fossa Pellegrini” 12Museo dell’anguilla “Manifattura dei Marinati” 13Enoteca regionale Emilia-Romagna 14Istituto nazionale di apicoltura 15Museo della frutticoltura “A. Bonvicini” 16Museo del vino 17Giardino delle erbe 18Museo della patata 19Museo del pomodoro 20Museo del gelato 21Museo della Salumeria 22Museo della Pasta 23Museo Cantina dei vini di Parma 24Parco delle api e del miele musei del mondo rurale 01Museo etnografico di Valliano 02Museo degli usi e costumi della gente di Romagna 03Museo della marineria 04Museo etnografico romagnolo Benedetto Pergoli 05Ecomuseo della civiltà palustre 06Museo della bonifica 07Museo della civiltà contadina “Istituzione Villa Smeraldi” 08Museo etnografico Laborantes 09Museo della civiltà contadina di Bastiglia 10Museo della bilancia 11Museo dell’agricoltura e del mondo rurale 12Museo Cervi di Gattatico 13Museo uomo ambiente 14Museo Ettore Guatelli 15Museo della civiltà contadina dell’ITAS G. Raineri 16Casa della memoria 17Museo del mondo agricolo ferrarese 18Ecomuseo dell’acqua e-r magazine n. 2 | dicembre 2013 | 33 letture Emilia, interno/esterno Nell’intervista, Bernardo Bertolucci ripercorre il suo rapporto con la terra d’origine – l’Emilia, Parma, la campagna – che si rivela specchio del rapporto con il padre Attilio. Emilia, within and outside. In an interview, Bernardo Bertolucci describes his relationship with his homeland – Emilia, Parma, the countryside – which mirrors his relationship with his father Attilio. di Piera Raimondi Cominesi C’ è una foto scattata sul set di Novecento dove lei, con un occhio bendato, è accanto a suo padre. In quell’immagine, patrimonio della storia del cinema, mi è parso di leggere sul volto di Attilio Bertolucci un riservato e divertito piacere per quel figlio corsaro, che tante volte l’ha “ucciso senza mai finire in galera”, ritrovando sempre un modo per indagare quel rapporto. Come è stata la vita, da ragazzi, nella casa del poeta? È durata tantissimo. Mio padre era riuscito a creare una specie di bollapoetica che proteggeva questa famiglia da tutto quello che c’era fuori.Verso i vent’anni ho scoperto che esistevano cose come l’aggressività, laviolenza di certi sentimenti. Tutte cose che c’erano state risparmiate. Poisi cresce e ci si ritrova nel mondo un po’ disarmati, impreparati, perché siesce da quella bolla, da quella cupola. D’altra parte non sono qui per rinnegareil privilegio straordinario che ho avuto. Quando vedo persone che,diversamente da me, sono cresciute in contesti meno ricchi di cultura e piùdifficili, sono così ammirato. Ad esempio Pasolini, figlio di un sottufficialee di una maestrina di Casarsa, ed è venuto fuori questa specie di esserestraordinario, così colto, in tutti i formati si direbbe oggi. Ci sono tantemie interviste che parlano di quando mio padre inizia a farci leggere poesie. Forse avete visto il programma di Fazio. La poesia che ho letto lì è famosa in casa nostra. Tutti prendevamo in giro mia madre che era molto distratta e in quella poe sia, scritta da mio padre a diciotto, di- 34 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 ciannove anni, la rosa bianca è lei. La poesia finisce dicendo: “la rosa bianca sarà un po’ smemorata come tu sarai a trent’anni”. La poesia era quindi una sorta di particolare ma tranquilla presenza nella quotidianità, non era tra virgolette. La rosa bianca in fondo al giardino c’era veramente. Vederla nella realtà e scritta su una pagina, riusciva a rendere la letteratura meno mitica, più presente. — La sua famiglia si trasferisce a Roma quando lei è adolescente, come ha vissuto questo spostamento? Ho vissuto in campagna, vicino a Parma, fino agli undici, dodici anni. E poi ci hanno traslocati a Roma e così dalla campagna ci siamo trovati a Monteverde Vecchio degli anni Cinquanta. Era bello poter avere nostalgia di un luogo dove si era stati fino a quell’età, essere a Roma e tornare ogni volta che le scuole chiudevano. E ogni volta vedere come i paesaggi un po’ incantati e mitici dell’infanzia, anno dopo anno, si rimpicciolivano assumendo dimensioni deludenti. — A ventitré anni torna in Emilia da regista e filma una Parma in bianco e “quasi bianco”, irreale e ripulita dalla contemporaneità. Perché questa scelta? Sì, era un po’ sparata... Un modo per andare a riprendermi qualcosa che nell’infanzia mi era sembrato straordinario, perché per un bambino di campagna Parma era la città che rappresentava il Cinema. Al cinema si andava a Parma, mio padre era critico cinematografico per la “Gazzetta di Parma”, in una sua raccolta parla anche di me. Sono voluto tornarci con Prima della rivoluzione, il mio secondo film, per andare a vedere se mi ritrovavo in quella città. Mio padre mi aveva parlato molto della Petite Capitale d’autrefois, di questa Parma un po’ francese. C’era un rapporto con l’Emilia che i dodici anni a Roma tendevano molto a ridimensionare. Così sono voluto andare là. Non so se anche nel film c’è una Parma ideale, che apparteneva più ai miei sogni. Però ho continuato perché dopo è arrivato Strategia del ragno. — Un film dedicato esplicitamente all’Emilia-Romagna, fotografata in una luce blu e abitata dalle bestie feroci di Ligabue. Un omaggio a una natura vista attraverso inquadrature totali e in campo lungo, dove viene voglia di entrare. Perché c’è molta pittura. L’ho dichiarato all’inizio, nei titoli di testa. A Storaro, che lavorava con me per la prima volta, avevo fatto vedere molta pittura di Ligabue e Magritte, che avevo scoperto in quel momento. Giocavamo con questi riferimenti, senza voler fare delle vere e proprie citazioni tra virgolette. E lì è tornata ancora quella campagna. Poi c’è stata la parentesi del Conformista e Ultimo tango e poi finalmente sono tornato per fare Novecento, un’idea che avevo da tantissimo tempo. Nei miei primi film c’erano spesso tentazioni schizofreniche, personaggi che erano due o si dividevano in due, come accade in Partner. In Novecento l’idea prima è stata quella di due bambini che nascono lo stesso giorno nel 1900 e che poi camminano attraverso metà del secolo, insieme. Poi amandosi, poi odiandosi. — Novecento, che si apre con l’annuncio della morte di Verdi, con la fine di un mondo, è dedicato ai contadini, ai corpi e alle facce emiliane. Un paesaggio e un passato diventati memoria emotiva di molti, anche grazie a questo film. Lì c’era un omaggio a mio padre. Ci sono capitoli di La camera da letto che hanno molto ispirato Novecento. Uno in particolare, pubblicato prima del poema intero, dedicato a uno sciopero di braccianti del 1908 che durò molto tempo. Durante lo sciopero, questo viene detto in un testo di Massimo Gorki, i bambini di Parma arrivarono a Genova in treno con le bandiere rosse, per essere ospitati da alcune famiglie genovesi. Ne La camera da letto si parla delle mucche che piangono nelle stalle durante lo sciopero, perché nessuno le munge, e dei padroni che giocano a fare i contadini. Giocano a mietere il grano. Trasformano il lavoro della terra in un picnic, una specie di partie de campagne. Novecento è stato una specie di grande abbuffata di quello che amavo in quegli anni, di quello che sentivo molto fortemente, lo straordinario tesoro della cultura dei contadini emiliani in cui avevamo voluto calarci e nello stesso tempo anche l’immagine della borghesia agraria, dei grandi possidenti. Ho voluto allargare ancora una volta quel sentimento che era già in Prima della Rivoluzione. Uno sguardo su un’Emilia mitologica, per cui il Po era il Mississippi di Tom Sawyer. Il finale del film, il 25 aprile, era, più che la fine della guerra e del fascismo, la gioia di un attimo rivoluzionario. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 35 letture Novecento è stato una specie di grande abbuffata di quello che amavo in quegli anni, lo straordinario tesoro della cultura dei contadini emiliani. Questa la ragione per cui il partito a cui, non tanto segretamente, volevo dedicare il film, lo rifiutò. Meno però i giovani della Fgci. — Novecento ha portato con sé altri tradimenti. Ad esempio, la vicenda della produzione/distribuzione come andò? Novecento era una realizzazione dentro il mio sogno di onnipotenza. Perché dopo Ultimo tango a Parigi potevo fare tutto quello che volevo. La prima scommessa è stata far fare a tre grandi distribuzioni hollywoodiane, Paramount, United Artists e Fox, un film comunista. Per fare uscire il film in America arrivai a un compromesso: accorciare il film di un’ora. Da cinque ore e dieci è diventato di quattro ore e qualcosa nella versione americana. E lì sono uscito con le ossa rotte, come se mi avessero date un bel po’ di legnate. Però sono andato avanti. Quando Giuseppe, nel 2006, mi chiamò da Bologna e mi disse che la Cineteca aveva deciso di festeggiare i trent’anni di Novecento, fui molto felice. Iniziò così una seconda vita per il film che, con me, andò a una proiezione a Roma all’Auditorium. Con Depardieu alla fine della proiezione parlammo del film. Non mi dispiaceva vedere che erano passati trent’anni, era molto strano. In attesa di vedere il film passavano sullo schermo dei materiali, tagli del film, tutti su questo treno con le bandiere rosse che girava per la Bassa. Dissi in quell’occasione: “Nel ’77 quando uscì il film c’erano tante bandiere rosse e oggi ci sono molti tappeti rossi”. — A significare il grande amore che il pubblico ha avuto per Novecento, grazie a lei, al mondo ci sono tanti Olmo in più, 36 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 tanto che anche l’attore di Io e te si chiama Olmo. Jacopo Olmo, ho trovato un ragazzino che si chiama Olmo. Si chiamano tutti Olmo. Una volta un Olmo spagnolo mi scrisse da Madrid che lui si chiamava così per via di Novecento, i genitori erano di sinistra. Lui aveva scoperto l’esistenza di un altro Olmo, in Andalusia, che non aveva visto mai Novecento e voleva fare un documentario su me che guardavo l’Olmo andaluso. Forse questi Olmo sentono di avere una sorta di figura paterna che li accomuna. Il figlio di Gianni Amico, il regista, fu concepito ai tempi di Novecento e fu chiamato Olmo. Lui dice che è Olmo I. — Dopo Novecento torna in Emilia con La luna, con un discorso più intimo. Nell’indifferenziato di quel rapporto madre-figlio guidato dal linguaggio dell’inconscio, dove tutto si confonde, i due tornano in Emilia per trovare quasi un principio maschile, regolatore, nel vecchio maestro di canto, nella casa di Verdi, sulla scena di Novecento. Il processo analitico sembra dominare la narrazione più che mai in questo film, anche nel modo di guardare ai luoghi. Nel film sono voluto tornare per un passaggio in macchina nella corte dove avevamo girato tutta la parte dei contadini di Novecento. Quando nel 1969 ho iniziato l’analisi, ed era proprio prima che girassi La strategia del ragno, come tutti i neofiti, avevo un grandissimo entusiasmo perché era come se, segretamente, avessi avvitato alla mia macchina da presa un obiettivo speciale. Era un modo per arrivare ai personaggi diverso da quello che avevo usato fino ad allora. Il racconto di Borges da cui è tratto Strategia, Tema del traditore e dell’eroe, racconta di un giovane che torna in Irlanda per indagare sulla sua famiglia. La prima cosa che l’analisi mi ha portato a fare, nel momento in cui ho iniziato a pensare al film, è stata trasformare il rapporto tra il giovane e la famiglia in un rapporto padre/ figlio ambientato in Emilia. Mi sono trovato a filmare un edipo storico e di fantasia. Quando il protagonista, alla fine del film, sta per andarsene da questo paesino della Bassa, aspettando un treno annunciato sempre più in ritardo, guarda i binari e vede che su quei binari è cresciuta l’erba. Non è passato nessun treno da molti anni. Questo svela il mio rapporto con Parma e la campagna: l’essere andato via e esserci tornato e avere paura che cresca l’erba sui binari. L’analisi mi ha molto influenzato, molto arricchito, non so come sarebbe stato il mio cinema senza questo obbiettivo in più. Sono diventato una specie di caso monster, perché ho fatto trentacinque anni di analisi con vari analisti, prima più vecchi, che sono morti, poi con altri più giovani. Gli analisti mi hanno dato il “Premio Cesare Musatti”. L’anno scorso, in Messico, c’è stato un grande congresso internazionale di psicoanalisi dove mi hanno dato un altro premio. Come se io avessi (e secondo il mondo dell’analisi l’ho fatto) aiutato a diffondere e approfondire la psicanalisi attraverso il cinema. Spero di non averlo fatto, ovviamente. — Nei film ambientati in Emilia, Verdi e il melodramma ci sono sempre… Ho iniziato subito con Prima della rivoluzione a usare Verdi facendo un Macbeth molto montato, usando la musica e stravolgendo anche l’ordine cronologico di certi pezzi musicali. — La danza è un altro dispositivo narrativo molto potente nei suoi film. Come lo ha utilizzato? Non sono mai stato capace di ballare. Era come vincere una mia impossibilità. Poi c’era Casarola sull’Appennino, a mille metri, dove d’estate alcune domeniche c’erano dei balli accompagnati dalla fisarmonica. Avevo sempre paura di vedere che mia madre stava ballando con qualcuno e questa specie di attrazione/repulsione mi ha portato a contare molto sulle sequenze musicali. Questa cosa non l’avevo mai detta. Ballava sotto i castagni. Nel momento della danza tutto diventa possibile, come in una favola. Forse grazie al grande amore per il musical americano, sento, ho sempre sentito che potevo mettere della musica, meglio ancora far ballare qualcuno, perché in quel momento sarebbe accaduto qualcosa al di fuori delle regole narrative, qualcosa che in quel momento avrebbe avuto un suo acme, un suo picco nella danza. Mi è accaduto nell’ultimo film. Nei film emiliani c’è sempre un gruppo musicale di ottoni. Per la prima volta in Strategia, in un ballo in Novecento e poi ne La tragedia di un uomo ridicolo. Era la banda dei Cantoni. Mio padre mi raccontava che suonavano nei paesini, nelle balere. C’erano due bande: i Tinazzi e i Cantoni, che si sfidavano e che prima della festa, con la tromba, andavano a fare l’invito per il ballo. Quelli hanno resistito da Strategia fino a La tragedia di un uomo ridicolo. — L’ultimo atto in Emilia è La tragedia di un uomo ridicolo. La realtà emerge aspra e Maria Luigia è solo il nome di un maiale. Il ballo finale non è più al Teatro Regio, ma in una balera di periferia. Cosa è accaduto? Mi sembrava di essermi ripagato di quello che mio padre mi aveva tolto, che io ho tolto a lui, che poi c’eravamo scambiati l’un l’altro. Alla presentazione, a Parma, de La camera da letto, Cesare Garboli disse che alcune sequenze del poema erano cinematografiche ed erano in qualche modo influenzate dal mio cinema, influenzato a sua volta dalla poesia. Dal 1981 il suo cinema non ha più abitato l’Emilia-Romagna, se dovesse raccontarla adesso come lo farebbe? In realtà una parte de L’ultimo imperatore l’ho girata a Salsomaggiore. Nessuno lo sa. C’è una scena in un grande salone con tanta gente, una specie di casa da tè, girata in quei luoghi dove avevo ambientato una parte di Novecento. A Salsomaggiore abitava un grande decoratore che aveva creato la “sala rossa” e decorato il Palazzo Reale del Re in Thailandia, negli anni Venti. Evidentemente il sovrano era andato a fare le terme a Salsomaggiore, aveva visto l’opera e gli era piaciuta. Anche Sakamoto ne è rimasto attratto. Ricordo la sequenza con John Lone e Joan Chen, tutti questi cinesi a Salsomaggiore. Mi piacciono i paradossi che a volte il cinema sa creare. Potrebbe accadere di raccontare ancora l’Emilia. Quello che è chiaro è che conosco i paletti, quali sono le possibilità e fino a dove posso spingermi, in serenità. Intanto c’è stata questa specie di ferita che ho sentito molto forte: il terremoto in luoghi dove veramente non ci si aspettava che potesse accadere, in pianura. Ci sono stati molti terremoti sull’Appennino, la casa di pietra di Casarola ha delle chiavi di ferro cui si legano catene che la tengono su. Però in pianura non si era mai sentito. È stata una ferita. La ferita di un paesaggio un pochino figé per me. Non avendolo più vissuto, quel paesaggio piano piano diventa un po’ immobile, fuori dal tempo. La mia specie di sogno dei contadini emiliani come modello per tutto il mondo si è un po’ affievolito. Ho paura che diventino dei santini. E allo stesso tempo ho sempre provato emozioni diverse nei confronti di Parma, della campagna di quelle parti, perché certo, a vent’anni, se ero lì e mi dicevo “ecco, vivo qui”, immediatamente volevo fuggire. pagina 34 bernardo bertolucci al festival del cinema di venezia nel 2013. pagina 35 e in alto fotogrammi del film novecento. sopra copertina del libro “bernardo bertolucci - una regione piena di cinema”, a cura di Piera raimondi cominesi e davide zanza, edizioni falsopiano regione emilia-romagna, 2014. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 37 media Radio E-R new look La web radio della Regione ha compiuto otto anni l’8 marzo. Si è rinnovata nei contenuti e nell’immagine ed è diventata più social. The radio of our Region celebrated its birthday on 8th March. It has renewed its contents and image and has become more social. di Leonetta Corsi È stata la prima radio in podcast di una Regione italiana e dopo otto anni di trasmissioni RadioEmiliaRomagna si conferma una voce di qualità per offrire le principali notizie della Regione, promuovere la cultura nei suoi molteplici aspetti, valorizzare i nuovi talenti musicali e le produzioni del nostro territorio. E in generale per ascoltare buona musica. Ogni anno 300.000 ascoltatori seguono i servizi trasmessi, tra questi ci sono 40.000 fidelizzati, termine tecnico che sta a indicare chi ci ascolta frequentemente. L’archivio conta 6.450 servizi (dal marzo 2006 al marzo 2014) e 1.500 interviste, tutte ancora scaricabili e ascoltabili. Nella redazione, guidata da Cinzia Leoni, lavorano, non a tempo pieno, sette giornalisti che curano 27 rubriche raggruppate ora in 4 canali tematici: News, Musica, Cultura & Gusto, Economia & Società, secondo una logica che facilita l’accesso a contenuti diversi e rende più razionale la divulgazione dei canali sul web. In particolare, il canale Musica oltre a comprendere tutte le rubriche musicali, contiene anche il racconto 38 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 del paesaggio attraverso la musica (rubrica Paesaggio dell’anima), mentre tutto ciò che riguarda la cultura, dai musei agli spettacoli, è abbinato alle tradizioni enogastronomiche, ai sapori e agli itinerari del gusto. E per chi non vuole scegliere una notizia specifica da ascoltare, lo streaming, 24 ore su 24, offre una programmazione varia e sempre aggiornata. È stato realizzato anche il restyling del logo che riprende il carattere dei siti regionali e rende quindi più evidente il collegamento tra Radio e Regione. Il nuovo sito si presenta con un’interfaccia molto usabile, grazie a icone chiare e semplici. Il linguaggio cromatico delle 4 macro-categorie accompagna in modo leggero la lettura dei contenuti. Ogni contenuto presente in home page è direttamente ascoltabile e condivisibile attraverso i social network (facebook, twitter, pinterest) con un’interazione resa più agevole e diretta. Nella nuova versione ampio spazio hanno guadagnato le immagini che arricchiscono i servizi proposti, accompagnati, per lo scaricamento e l’ascolto del file, da icone più facilmente intuibili e da maggiori informazioni, come ad esempio la durata del servizio. Il sito è stato ridisegnato da Aicod in modalità responsive per essere correttamente fruibile anche su Smartphone, ciò significa che i vari contenuti si adatteranno alla dimensione di ogni schermo. Alla voce Programmi si sono aggiunte in questi ultimi giorni due rubriche: Made in Emilia-Romagna, che racconta l’innovazione e l’ingegno in tutti i settori, con interviste ai protagonisti, e Mani di questa Terra, in collaborazione con l’assessorato all’Agricoltura, che parla dei prodotti di qualità e di chi li usa e li interpreta, come i piccoli e grandi chef della regione, che ci regaleranno le loro ricette. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 39 storie Album vittoriano Leonida Caldesi, esule a Londra con il fratello Vincenzo, avviò un laboratorio fotografico in cui vennero immortalate gran parte delle celebrities dell’epoca vittoriana. Victorian album. Leonida Caldesi, exiled to London with his brother Vincenzo, set up a photographer’s studio among the most important in the Victorian Age. In the photo album of his English wife, kept in Bologna, you can see pictures of the Royal Family, Mazzini, Garibaldi, Napoleon III and other famous people of the Nineteenth century. di Claudio Bacilieri S ono sempre le donne ad accudire le memorie. Mimily Wilmot Caldesi alla fine degli anni Sessanta dell’Ottocento raccolse in un prezioso album le sue fotografie nel formato carte de visite che in epoca vittoriana andava molto di moda. Dopo il 1854, grazie all’affinamento della tecnica fotografica, le persone delle classi abbienti cominciarono a scambiarsi, in sostituzione o in aggiunta ai semplici biglietti da visita, copie dei propri ritratti in piccolo formato. Le cartes de visite sono state la prima produzione seriale di immagini. Mentre i dagherrotipi erano pezzi unici, come i calotipi e gli ambrotipi che spianarono la strada alla stampa su carta, con il procedimento al collodio inventato da F. S. Archer nel 1851 e con la tecnica del negativo su vetro diventò possibile riprodurre in positivo più immagini. Tre anni dopo il parigino A.A.E. Disdéri brevettò il metodo per ottenere, con una sola seduta fotografica, otto diverse immagini su una sola lastra. Così le fotografie, che quando erano pezzi singoli venivano appese e incorniciate come quadri, ora potevano circolare e, come le cartes de visite di Mimily Wilmot Caldesi, finire dentro album con pagine a finestrella. L’album di questa signora londinese è stato trovato in un baule di legno con zampe di leone, in una villa di Bologna immersa in un grande parco, appena fuori dal centro storico. Le fotografie, stampate su carta all’albu- 40 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 ™ translation at page 48 mina e montate su cartoncino, sono state realizzate dal marito di Mimily Wilmot, il fotografo Leonida Caldesi, che quella villa comprò nel 1871 dopo essere definitivamente rientrato da Londra. Nel baule c’è un altro album più piccolo, pieno di immagini su carta all’albumina, appartenuto allo stesso fotografo. Sfogliando questo atlante familiare, si resta sorpresi di riconoscere, tra i numerosi ritratti di sconosciuti benestanti della Londra vittoriana e degli uomini e donne più in vista di Bologna, anche quelli della Regina Vittoria, della Royal Family, di Garibaldi, Mazzini, Napoleone III. Ci facciamo allora raccontare dai discendenti di Leonida Caldesi, che morì proprio in questa grande dimora affacciata sui colli nel 1891, la storia del loro avo. Una storia che s’intreccia con quella del suo più famoso fratello, Vincenzo Caldesi, uno dei protagonisti del Risorgimento, la cui casacca rossa di colonnello garibaldino è conservata, con il berretto e lo spadino, presso il Museo del Risorgimento di Bologna. I Caldesi erano una famiglia di possidenti terrieri di Faenza. Il nonno dei due fratelli, pure lui di nome Vincenzo, era un giacobino mangiapreti. Il 20 giugno 1796 partì in delegazione da Faenza per rendere omaggio a Napoleone Bonaparte che faceva il suo trionfale ingresso a Bologna. L’avversione per il regime papalino, molto diffusa in Romagna, contagiò, più che suo figlio Clemente, scenografo di orientamento liberale, i due figli di questi, Vincenzo, nato nel 1817, e Leonida, nato nel 1822. Come il nonno, di cui portava il nome, Vincenzo fu, dei due fratelli, quello con la vocazione politica più forte. Anticlericale e repubblicano, mazziniano convinto, cominciò giovanissimo a partecipare alle cospirazioni patriottiche. Nel 1849 Vincenzo Caldesi è deputato all’Assemblea costituente romana e membro della Commissione delle barricate durante la difesa di Roma. Fallita l’esperienza della Repubblica Romana, i patrioti prendono la via dell’esilio. I fratelli Caldesi raggiungono Genova via piroscafo; da lì proseguono, insieme con il romano Mattia Montecchi e altri, per la Svizzera, dove si ricongiungono con Mazzini e Saffi. Nel dicembre 1851 Vincenzo e Leonida combattono sulle barricate a Parigi per protestare contro il colpo di Stato di Napoleone III. Nei primi mesi del 1852 riparano a Londra, dove già si trovava Mazzini. Nella capitale inglese bisogna inventarsi qualcosa per sbarcare il lunario. Benché provvisti di mezzi, diversamente dagli altri patrioti in esilio, i due Caldesi aprono, in collaborazione con Montecchi, un atelier di fotografia, che a Vincenzo serve probabilmente come copertura alla sua attività politica. La molla dell’iniziativa sembra sia stato il dono a Leonida di un apparec- chio fotografico da parte del famoso tenore Mario De Candia, che voleva contribuire alla causa patriottica e già ospitava Montecchi. A quel tempo, la fotografia era quasi ancora un prodigio chimico su cui si concentrava la ricerca tecnologica. Con il passaggio dal dagherrotipo alla stampa dell’immagine su carta, si diffonde la moda del ritratto. Nascono numerosi gabinetti fotografici che impiegano personale: chi prepara le lastre, chi le porta al fotografo, chi le sviluppa, chi mette in posa i clienti. Lo studio L. Caldesi & Co. (o Caldesi & Montecchi, come appare nel 1858-59, o Caldesi, Blandford & Co. nel 186162) diventa uno dei più importanti di Londra. Fa profitti con i ritratti per le cartes de visite, ha rapporti con la Royal Family e – grazie alla sua specializzazione nella riproduzione fotografica delle opere d’arte - con le tre maggiori collezioni d’arte pubbliche, la National Gallery, il British Museum e il South Kensington Museum. Nell’atelier di Leonida Caldesi situato in Porchester Terrace, Bayswater, attivo già dal 1855, trovano lavoro diversi esuli italiani. Oltre a Mattia Montecchi, che per un po’ è anche socio, ricordiamo il romagnolo di Faenza Domenico Lama, il fotografo preferito da Mazzini, poi fondatore della Association of Mutual Progress dei lavoratori italiani a Londra, e il giovanissimo riminese Amilcare Cipriani, noto per aver rimproverato la regina Vittoria e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 41 perché non stava ferma durante una posa. Parte dei proventi del gabinetto fotografico è utilizzata per sostenere gli emigrati italiani e la causa nazionale, nonostante già dal 1853 i rapporti tra Mazzini e i Caldesi si siano incrinati. Questi, infatti, 42 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 si rifiutano di partecipare alla raccolta fondi sollecitata da Mazzini, che accusano di “avventurismo”, e preferiscono radunare intorno al loro atelier patrioti e artisti, soprattutto di teatro, meno intransigenti rispetto all’ortodossia mazziniana. Un grande aiuto all’atelier viene da un altro esule illustre, il reggiano Antonio Panizzi, patriota della prima ora e cittadino inglese dal 1832. Nominato direttore nel 1856 della British Museum Library, che sotto la sua guida diventerà la più grande biblioteca del mondo, Panizzi procura a Caldesi & Montecchi l’incarico di fotografare i celebri cartoni di Raffaello in Hampton Court. Le fotografie sono esposte in mostra alla Photographic Society nel 1858 e pubblicate dal più importante editore e mercante d’arte di Londra, P & D Colnaghi, di origine italiana, che già aveva pubblicato le fotografie dei dipinti della Art Treasures Exhibition, la grande mostra tenutasi a Manchester nel 1857. Caldesi si specializza nella riproduzione delle opere d’arte e Colnaghi, che vanta tra i suoi clienti la famiglia reale, gli affitta nella centralissima Pall Mall i locali per una succursale del laboratorio fotografico. Quando scoppia la moda dell’album fotografico, dove prendono posto i ritratti di famiglia, a Londra cominciano a circolare i ritratti ufficiali dei reali e dei personaggi famosi. La ditta Caldesi & Co. non si fa trovare impreparata. Nelle collezioni della National Portrait Gallery, visibili anche sul sito www.npg.org.uk, sono conservate 52 fotografie di Leonida Caldesi stampate su carta all’albumina che ritraggono nei primi anni Sessanta i vip del periodo vittoriano, da Sir Charles Lock Eastlake, direttore della National Gallery, alla baronessa Susan North, vecchia e – sembra – affaticata dalla durata della seduta di posa, dallo scrittore ed esteta John Ruskin che guarda nel vuoto, al vice cancelliere dell’Alta Corte di giustizia Sir Richard Malins, che posa tutto soddisfatto di sé. L’apice del successo è raggiunto da Leonida nel 1857, quando lui e il suo socio Montecchi sono convocati sull’isola di Wight per fotografare la Royal Family. Sulla terrazza di Osborne House, la regina Vittoria e il principe consorte Alberto esibiscono i loro nove figli in un sereno quadretto familiare. Nel 1859 la granduchessa Maria di Russia commissiona a Caldesi la riproduzione fotografica dei marmi del Partenone nel British Museum. Nel 1860, sempre grazie ai buoni auspici di Panizzi, viene realizzata una campagna fotografica nella National Gallery. Ne seguirà un’altra per conto del direttore Sir William Boxall. Caldesi lavora anche per collezioni d’arte private come Farnley Hall: nel 1864 Colnaghi pubblica le sue riproduzioni dei disegni di Turner. Nello stesso anno escono in formato carta da visita i ritratti di Garibaldi e Mazzini. Sempre per Colnaghi fa duecento stampe in albumina dei ritratti dei Tudor. Vincenzo Caldesi, intanto, se n’è già andato da Londra, richiamato in Italia, come Montecchi, dalle vicende della seconda guerra d’Indipendenza nel 1859. In quell’anno parte anche Mazzini, come la maggior parte degli esuli. Mentre Vincenzo combatte come colonnello garibaldino le battaglie per l’indipendenza d’Italia, Leonida a Londra cura gli affari per il suo atelier. Nel 1863 sposa Mimily Wilmot e solo intorno al 1867 torna a Bologna, dove nel 1871 acquista la villa ai piedi della collina di San Michele in Bosco in cui morirà nel 1891. In questa dimora ottocentesca, sfogliamo l’album di Mimily con le foto del padre di lei, Charles Foley Wilmot, della madre francese, Joséphine Pasteur, delle due figlie avute da Leonida, Maria Beatrice, morta a 18 anni, e Giulia detta Lina. Da quest’ultima ha inizio il ramo familiare che porta fino alla signora Arabella Franchi, che custodisce nella sua casa un pezzo di storia del Risorgimento e della Londra del periodo vittoriano. pagina 40 leonida caldesi e la moglie mimily. in alto, ritratto del principe arthur. in questa pagina alcuni esempi di “carte de visite”: la regina vittoria con in braccio la principessa beatrice, giuseppe garibaldi, L’imperatore Napoleone iii e famiglia. rubriche Regione & notizie kermesse Il gran Circo del cibo Sarà un vero e proprio tendone da circo felliniano lo spazio voluto dallo chef modenese Massimo Bottura per promuovere il cibo e l’artigianato made in Italy. Il 21 e il 22 giugno, Rimini ospiterà la prima edizione di Al mèni, la kermesse che valorizza le cose buone e belle fatte con le mani, “al mèni” in romagnolo. Davanti al Grand Hotel sarà allestito il tendone di 1500 metri quadri dove gustare la cucina di chef italiani e internazionali, capitanati da Bottura. Perlopiù giovani cuochi da tutto il mondo, che si metteranno all’opera usando i prodotti tipici della regione. Perché, dice Bottura, i cuochi del futuro devono conoscere il lavoro dei contadini. Il cuore della manifestazione è infatti dedicato alle eccellenze enogastronomiche emiliano-romagnole, alle produzioni di artigiani e contadini che hanno tutte le carte in tavola per portare la regione ai grandi livelli internazionali. Domenica 22 giugno, il giardino del Grand Hotel sarà teatro di un evento speciale, il pic nic Déjeuner sur l’herbe, a conclusione dell’iniziativa organizzata in collaborazione con Slow Food e Chef to Chef. musei Il capodoglio cambia casa esposta per un anno, fino al prossimo importante appuntamento di Expo 2015. Nella galleria ha trovato anche una nuova collocazione lo storico capodoglio, oggetto particolarmente caro alla città e simbolo per eccellenza del Museo. percorsi naturalistici Itinerando Il programma della XXI edizione di Itinerando si estende fino a marzo 2015 con un programma fittissimo: 114 iniziative, tra escursioni a piedi, in moto o in bicicletta, ciaspolate, safari notturni alla ricerca del lupo, trekking, campeggi nella natura. Con un occhio di riguardo alla gastronomia tipica e ai turisti stranieri che cominciano ad affezionarsi alla nostra montagna. Un calendario lungo un anno per gli appassionati della natura e delle escursioni alla scoperta delle meraviglie della montagna dell’Emilia Romagna, voluto da PromAppennino, e realizzato con la collaborazione della Regione Emilia-Romagna e dell’Unione Appennino e Verde. Le escursioni, ce ne sono di tutti i tipi, per bambini e per sportivi allenati, sono proposte su tutto il territorio regionale e sempre accompagnate da una delle 24 Guide Ambientali Escursionistiche, sportivi affermati e istruttori federali, che vi guideranno nei percorsi, ma sapranno illustrarvi anche la flora, la fauna, le tradizione e la storia dei luoghi che, di volta in volta, saranno le mete degli itinerari. Dallo scorso anno Itinerando Emilia Romagna si rivolge anche ai turisti stranieri con il marchio Trekking Italy. Per loro 20 trekking e viaggi in bici in tutto il territorio regionale. Tra le iniziative: “La via Francigena tra Emilia Romagna e Toscana”, uno splendido itinerario storico nel percorso che portava i pellegrini da Canterbury a Roma, immersi in un paesaggio suggestivo tra antiche pievi, ostelli e castelli. Tappe da circa 20 km giornalieri con 8 ore di cammino. Ancora, pacchetti di una settimana lungo la linea Gotica, tour in bicicletta sulle strade dove si allenava Pantani, pacchetti relax nelle spa e giri in mountain bike, con corso di lingua italiana, nelle Foreste Casentinesi, corsi di lingua italiana nel cuore del parco e ancora trekking sulle tracce degli Etruschi. Tutto il programma su www.escursioniemiliaromagna.com, per essere sempre aggiornati e ricevere la newsletter scrivete invece a [email protected]. © ARCHIVIO FOTOGRAFICO APT SERVIZI, FOTO DI STEFANO CALAMELLI È stato inaugurato il nuovo palazzo dei Musei di Reggio Emilia. Ideato da Italo Rota, architetto progettista del museo del Novecento di Milano, l’edificio nasce dalla ristrutturazione dell’intero palazzo San Francesco, il cui nucleo originale è la famosa collezione di Lazzaro Spallanzani, il grande naturalista nato a Scandiano nel 1729. Mirabilia, animali imbalsmati, misteriosi oggetti e stranezze della natura sono stati collocati in nuovo allestimento di forte impatto emotivo. Milleottocento metri quadrati nei quali, oltre alla parte espositiva, sono stati pensati i servizi museali, laboratori e uno spazio Agorà. Per l’occasione è stata allestita l’installazione di Rota, For inspiration only: oltre trecento oggetti inediti che giacevano nei depositi del Museo, per i quali l’architetto propone una rilettura, non solo in termini espositivi ma soprattutto in termini di narrazione e partecipazione. Pezzi di storia e di memoria, custoditi in archivi e cassetti, tornano alla luce e raccontano ai visitatori la storia della città offrendo punti di vista alternativi ai rigidi ordinamenti di carattere cronologico, geografico o tipologico, spaziando dalle scienze naturali all’arte, dalla storia all’archeologia, dalla tecnica alla tecnologia. L’installazione temporanea, allestita nella grande navata dell’ultimo piano, sarà e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 43 profili Una Luce di libertà La vita di un’anarchica bolognese in Uruguay, Luce Fabbri, tra esilio ed emigrazione. A Light of Freedom. The life of an anarchic woman from Bologna, Luce Fabbri, in Uruguay, between exile and emigration. ™ translation at page 49 di Claudio Bacilieri “H o nel cuore, Bologna, il tuo sorriso / di quando il sol riposa / sui muri rossi delle case antiche,/ o sfavilla indeciso / sulla neve recente e vaporosa,/ vergine spuma sulle strade amiche”. Gennaio 1929: una ragazza di vent’anni scrive questi versi in rima da un infimo alberghetto di Parigi, preda della nostalgia della città in cui ha studiato, si è laureata e dalla quale il padre Luigi Fabbri, esponente di primo piano del movimento anarchico, ha dovuto andarsene per essersi rifiutato, come insegnante, di giurare fedeltà al Re e al Duce. Come il padre, anche Luce Fabbri ha posto la sua vita sotto il segno malinconico dell’esilio. Un amico anarchico l’aiuta a varcare la frontiera in treno grazie a un passaporto falso che la 44 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 identifica come sua moglie. Così Luce si ricongiunge al padre e alla madre lasciando un fratello in Italia, ma nel marzo 1929 anche Parigi non è più sicura per la famiglia Fabbri. Luigi, che vi aveva fondato e diretto il quindicinale “La Lotta Umana”, è espulso insieme ai redattori: i gendarmi li accompagnano alla frontiera col Belgio minacciando di arrestarli se non l’avessero varcata. Riunita la famiglia a Bruxelles, Luigi Fabbri, stanco di vivere sotto l’incubo di un decreto di espulsione, prende la decisione di imbarcarsi al porto di Anversa con destinazione Montevideo. L’Uruguay era l’unico paese che accoglieva emigrati senza documenti, clandestini, come loro. Aiutati all’arrivo da amici e raggiunti di lì a poco da altri anarchici, tra i quali il reggiano Torquato Gobbi, i Fabbri conoscono subito le pene dell’esilio, come la povertà. All’inizio sono ospiti in casa di un compagno all’estrema periferia della città, verso la campagna. Per Luce è di nuovo nostalgia: nella poesia Neve di Primavera paragona Bologna e la città di approdo. “Montevideo, son belle le tue rose / che cadendo m’invitano a sognare” - scrive - “ma il mio cuore restò sotto la neve /gelida, che fa i semi germogliare”. Dunque è Bologna, il ricordo della neve “sotto il grigio cielo” d’Emilia che si fa struggente. E se Bologna rimane la “città del sogno”, se all’ombra dei suoi portici Luce Fabbri – come scrive nel poema L’Esilio – ha trovato gli affetti, la fantasia e “l’amore santo della libertà”, Montevideo è il porto che l’ha accolta a braccia aperte, è la “terra degli incontri, / cerulea terra della nostra attesa”. Nel 1932 Luce pubblica con l’editore Orsini Bertani il volume di poesia I Canti dell’Attesa. Orsini Bertani, la cui famiglia è originaria di Cavriago (Reggio Emilia), è l’editore de La Pluma, la più importante rivista culturale nell’Uruguay degli anni Trenta. Anarchico a Parigi, fuggì a Buenos Aires e quindi nel 1902 a Montevideo, dove aprì, oltre alla casa editrice, due librerie e un cinema. Da Buenos Aires si recava spesso a trovarlo il nipote Piero Ugo Fontana, in arte Hugo del Carril, che sarebbe diventato attore, sceneggiatore, regista di cinema e famosissimo cantante di tango, secondo solo a Gardel. Altro luogo di ritrovo per i fuorusciti italiani era la libreria in Calle Soriano gestita da Torquato Gobbi (morto suicida nel 1963 per debiti), l’unica ad offrire testi in italiano. Nonostante la solidarietà dei numerosi compagni e la forza che ancora conservava l’anarchismo in America Latina in quegli anni, i Fabbri soffrono di pressanti problemi economici. Luigi fonda la rivista antifascista Studi Sociali, i cui primi otto numeri sono pubblicati a Buenos Aires appoggiandosi alle strutture del quotidiano La Protesta. Ma il colpo di Stato in Argentina del settembre 1930 spazza via il quotidiano, e Luigi Fabbri, per fare uscire la rivista, può contare solo sul suo stipendio di maestro presso la Scuola Italiana. Presto perde anche quello perché le società italiane di Montevideo stanno aderendo al fascismo e il colpo di Stato di Gabriele Terra nel marzo 1933 instaura un regime illiberale mettendo fine al clima di tolleranza politica di cui godeva l’Uruguay anche dopo la svolta autoritaria della vicina Argentina. Proprio in quel mese Luce, che già aiutava la famiglia dando lezioni private di italiano e greco, vince il concorso pubblico che le consente di insegnare storia in un liceo. D’ora in avanti sarà lei il principale sostegno economico della famiglia perché il padre Luigi, già provato da disturbi di salute e dalla morte del carissimo maestro d’anarchia Errico Malatesta nel luglio 1932, si arrabatta come può vendendo libri. Si ripresenta per lui anche l’incubo dell’espulsione dal Paese, che per fortuna non si verifica. Tra tutte queste difficoltà, Studi Sociali continua a uscire, e uscirà anche dopo la morte di Luigi avvenuta nel giugno 1935. La rivista anarchica più importante dell’intero Sudamerica, giunta al numero 40, passa nelle mani di Luce, che la dirigerà con qualche interruzione per altri undici anni, fino al 1946, mantenendo così vivo il pensiero dell’amato padre. Tra il 1936 e il ’39 Luce appoggia con i suoi scritti gli anarchici spagnoli impegnati sul duplice fronte della rivoluzione e dell’antifascismo, e diventa un nome nel panorama del movimento libertario internazionale. Nel 1946, finita la guerra, si reca a Rio de Janeiro a trovare Nello Garavini e la moglie Emma Neri, una coppia di anarchici di Castelbolognese che gestisce la libreria Minha Livraria. Nello Garavini, prima di espatriare in Brasile nel 1926, frequentava la casa di Luigi Fabbri a Bologna. I Garavini nel 1947 torneranno definitivamente in Italia e anche per Luce, caduto il fascismo, s’impone la grande scelta: tornare o restare? Luce, che nel 1933 si era sposata con un muratore anarchico di origini friulane, ha una figlia di nazionalità uruguaiana, è in cattive condizioni di salute (nella proprietà dei Garavini in Amazzonia ha rischiato di morire di malaria), ha un lavoro che nell’Italia povera del dopoguerra farebbe fatica ad ottenere, diventando così un peso per il movimento libertario: per tutti questi motivi, decide di restare in Uruguay, e di passare dallo stato di esiliata a quello di emigrata. Nel 1949 Luce corona un sogno: ottiene la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Montevideo, che conserverà fino alla pensione nel 1991. Continua a scrivere su libertà, anarchia, utopia, socialismo e rivoluzione, ma nel tempo la riflessione politica lascia sempre più spazio ai saggi di storia e di critica letteraria. Comincia una sorta di esilio interiore, non più giustificato dalla persecuzione politica, ma da una scelta precisa di dislocamento, di spiazzamento. La linea di fuga, ora, prende la direzione della sua biblioteca. Questa scelta si accentua negli anni Settanta, quando per l’ennesima volta, con l’ascesa al potere dei militari in Uruguay nel 1973, i suoi ideali di libertà sbattono contro il muro della dittatura. Nel 1971 Luce pubblica il volume La poesìa de Leopardi, riconoscendo nel poeta di Recanati quella “desolazione metafisica” che ne fa un precursore dell’esistenzialismo, e che lei sente particolarmente vicina. La morte del marito, quella imminente della madre (nel 1972) e la sconfitta della sinistra e dei movimenti anarchici la spingono a condividere con Leopardi il pessimismo cosmico, “il senso intuitivo e profondo della caducità di tutte le cose”, l’impotenza dell’uomo di fronte al male e al dolore. Tuttavia, Luce sente ancora – ed è questo il messaggio de La Ginestra leopardiana – che contro il dolore e il destino gli uomini devono unirsi, devono farsi comunità solidale e costruire la loro libertà. Per questo, nel periodo finale della sua esistenza si dedica alla ricostruzione della vita e del pensiero politico del padre Luigi, della sua idea anarchica del mondo. Il libro Luigi Fabbri. Storia di un uomo libero, pubblicato in Italia nel 1996, termina con questo affettuoso ricordo: “M’avvicino ai novant’anni e penso a lui come se io fossi ancora l’adolescente che, ad ogni vento freddo, nelle nostre passeggiate, egli copriva ansiosamente con la sua giacca, per proteggerla dalla minaccia sempre incombente della bronchite. Quell’a- more era infinito e non era solo per me. Sentivo che il suo calmo ragionamento, la sua dignità di ribelle, la sua volontà rivoluzionaria avevano le loro radici in quell’amore che era per tutti”. Per Luigi Fabbri l’anarchia era “la rivoluzione dell’amore e non dell’odio”. La giovane italiana di cultura libertaria, fattasi nonna e bisnonna, vecchina dalla voce flebile e dalla chioma bianca, ha attraversato quasi per intero il Novecento. Riceveva i numerosi visitatori nello studio stracolmo di libri della sua modesta casa di Montevideo, e sempre ricordava come fosse ieri il giorno in cui, a cinque anni, Errico Malatesta le portò in regalo il meccano da Londra e giocò con lei. La decana dell’anarchismo, sempre libera e curiosa, imparò a usare Internet a novant’anni. E’ morta che ne aveva 92, il 19 agosto 2000, e queste sono le ultime righe che ha scritto: “Nel cielo e nella terra sta il futuro,/ L’ormai prossimo futuro / in cui io morirò./ Rendetelo luminoso tu e gli altri,/non lasciate che io muoia tra le tenebre /rannicchiata sotto l’orizzonte”. a sinistra luce fabbri. sopra luce nel 1946 a pan di zucchero, Rio de Janeiro, Brasile. e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 45 english version p. 04 Feed the Earth by Giovanna Antinori A few more months separate us from the time when skills and intelligence will gather from all over the world, in order to share ideas and experiences about the great issue of nourishment. One hundred and forty-seven countries, represented by institutions, civil society and enterprises, will be in Milan from 1st May to 31st October 2015, aware of the immense challenge of our time: making sure that all human beings – there will be 9 billion of us in 2050 – may enjoy a healthy diet, while guaranteeing the environmental, social and economic sustainability of the food production chain. All this while preserving the pleasure of flavours and the local culture of food. A chance to stress, once again, the authenticity of Made in Italy products in a sector in which we are well-known and appreciated all over the world. In this respect, Emilia-Romagna has a lot to say and explain, starting from its numerous DOC (Protected Designation of Origin) and IGP (Protected Geographical Indication) products, but more importantly a food and agricultural system which has been focusing on sustainability for a long time, in order to ensure a healthy and traceable diet. A system rich of strategic assets, such as research, innovation (from nutritionism to functional food), re-use and energy waste, natural resources and integrated development of territories. With up-to-date enterprises in the food plant sector, in the cold chain, packaging and food design. Without ever losing sight of the passing down of values and the cultural significance of food, its traditions and deep meanings, thanks to such institutions such as Rural Museums and Taste Museums, which you will be reading about in the next few pages, or new projects like FiCo and Last Minute Market. “We are getting ready for the Expo being aware that Emilia-Romagna is a very important value for our Country, playing an international role in the food and agriculture, industrial agriculture, food processing sectors, with important social values”, remarked president Vasco Errani at the 400 days to the Expo forum, which was held in Bologna. Stating that Emilia-Romagna is the a cura di Agata Bienna e Bruna De Luca – Benedict School food world’s “capital” will be the goal of the World Food Forum, a top project focusing on the best productions and experiences in the region, which will involve experts, researchers, large companies and world-known policy makers. The spaces dedicated to Emilia-Romagna in the Exhibition area, in addition to its permanent presence in the Exhibition of the Regions, will be the Piazzetta (“Little Square”), about 80 square metres on the Cardo (main longitudinal street) for three months full of events (August-October 2015) and one week as an absolute protagonist, from 18th to 24th September, at Palazzo Italia, with an exhibition area of 200 square metres. Values and ideas to feed the earth, the programme of Emilia-Romagna at the Expo, will also plunge its roots into our regional territory and bear fruits even after the duration of the exhibition events. As a matter of fact, the description of the food and agriculture system will focus on the international promotion of our territory and its products, the international marketing of the territory and attracting professional visitors and operators, especially foreign ones. In collaboration with Apt and in strict connection with the Expo, tourist packets will also be organized, to visit the coast and artistic towns, with food and wine roots and visits to farms, but also a 2014-2016 calendar full of cultural events and exhibitions. In particular, the main international exhibitions taking place in the region and relative to the Expo topics have been selected – Macfrut, Sana, Cibus, Cibus Tec, Sigep, Fieravicola, Eima, Ecomondo, Rimini Wellness, TTG, Remtech, H2O – and a large incoming programme will be launched, tailored to international companies, buyers, importers, chefs and press. The future at Expo bears the signature of Emilia-Romagna There are five areas at the Expo, within the framework of Feeding the planet, energy for life, through exhibition routes, art installations and attractive elements. Among them, two in particular, which foresee a possible future, are the result of the partnership between Expo and Emilia-Romagna companies. Children Park. The planning and designing of the area dedicated to chil- 46 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 dren were carried out by the Expo Committee for Schools and Kindergartens of the Municipality of Reggio Emilia and Reggio Children. It is a project inspired by the human and education values of the most famous kindergarten in the world, which will attract and amuse tomorrow’s producers and consumers. Reggio Children was chosen for its acknowledged capacity to design linear experience routes focusing on imagination, learning and relationships between human and non-human beings. The examination of the theme of life and sustainability of the Plant, with diverse approaches and languages and within a symbolically and emotionally meaningful framework will be shown in eight large-size interactive installation. Children and their families will have a chance to browse through numerous situations and ways to access a multisensory and kaleidoscopic world, such as, for instance, Aromatic Bells and the Giant Vegetable Garden. The Supermarket of the Future. The Future Food District area, 2500 square metres for exhibitions and a 4,500 square-metre square, has been conceived as an ideal urban district where it will be possible to show how the food chain will develop in the future, thanks to the implementation of information technology systems to food storage, distribution, purchase and consumption. For this space, Coop, the “Food Distribution Partner” of Expo 2015, is entrusted with the task of designing, in collaboration with the MIT (Massachusetts Institute of Technology) the supermarket of the future. Purchases through portals and videowalls, displays which trace the origin of each product, touch screens and flexible payments are some of the features which Coop will be developing in order to make shopping a technological and personalized experience for the Expo visitors. The distribution company, which is a cooperative of consumers, will promote events (tastings, consultancy services and courses) in order to spread information about proper food habits and create awareness about consumption. Thanks to this partnership, accounting for approximately 13 million Euros, in addition to the agreement for selling the first million tickets to visit the Universal Exposition, the Expo Milan 2015 supermarket of the future will become a social and environmental sustainability model to apply in other contexts: the objective is to reach energy self-sufficiency. Among the new features which Coop will make available to visitors of the Future Food District, there is a special shopping cart, made of recycled and recyclable materials which, if consented to, can be tagged and traced, and which will be able to offer marketing/promotion activities according to the functions of the visited areas. In Bologna, a relay with the Expo is being prepared FiCo, Fabbrica Italiana Contadina-Eataly World will be a great centre for celebrating the beauty of the Italian food and agriculture sector. Covering an area of 80,000 square metres, the area now occupied by Caab (the fruit and vegetable market of Bologna), it will be an intelligent land of plenty, a food Disneyworld, a unique Park worldwide dedicated to the pleasure of food and knowledge of Italian food and agricultural products. In a unique place – this is its peculiarity – with vegetable gardens, orchards, animal farms, mills, restaurants and shops, it will be possible to experience the main food production chains. Just to give an example, here you will be able to walk among olive trees, visit an oil mill, enjoy garlic bread, purchase some excellent oil and receive all the information about the organoleptic and nutritional properties of a product and its story. FiCo, which will be opened in 2015, right on time for the Expo, an event with a shared basis, was conceived by Andrea Segrè, President of Caab, and Oscar Farinetti, founder of Eataly, the chain of stores specialized in sales of high-quality Italian food products. “An idea which could only be born in Bologna”, says Andrea Segrè “Because in this town there is a strong cultural and farming tradition – Bologna the learned, the fat – a very tight connection between the Studium, that is its University, with over 900 years of history, students, teachers and the countryside, abundance, food. Therefore, here there had to be something important in the agricultural and food sector. In addition to this, there was a wasted area, because it was too big for its requirements, also due to the crisis in the fruit and vegetable sector, competition of the hubs of large-scale distribution. I had been thinking about a type of promotion for a long time, such as to include all that I have studied and tried to apply in these years. This is how the idea of a food and agriculture park came to my mind. In this way, it will be possible to promote a public property, this area where we will see and taste the excellencies of the local territory and, at the same time, we will displace the fruit and vegetable market 150 metres from here, in a new, more efficient and sustainable platform. With this project, it will be possible to keep here the approximately 2,000 jobs of the many enterprises selling fruit and vegetables and, at the same time, considering FiCo and its allied activities, we will create 5,000 new jobs. And in this period of crisis, especially among young people, this is oxygen for your lungs”. FiCo, established by Caab with the Municipality of Bologna, without using any public money and involving private businesspeople, starting from Oscar Farinetti who made the Eataly brand available, has already collected funds for 40 million Euros, which make it possible to start the project. Works will be starting in July. p. 12 Center of attraction by Giovanni Berti V Emilia-Romagna is already an attractive territory. In reality as well as in ideas. In the perspective ideas drafted by the law-makers and administrators in the last few years. As early as in 2010 with the approval of PTR – the main territorial planning tool of the Region, which the Region used to outline the future route of the “Emilia-Romagna system” – an emphasis was laid on sustaining excellence, creativity, investments and innovation in each city and each territory in order to make the whole regional system grow. As a symbol of this objective, it is no coincidence, a magnet was chosen, due to its electromagnetic property to attract things. In reality. Several investments have been made by groups and multinational companies in the last few years (and months) along Via Emilia, and not only there. And we should mention the German company Audi, which has bought Ducati and Lamborghini. The large companies which intend to invest in our region are not an interlude. Over five years after the beginning of the crisis, some still believe that enlarging the existing plants in Emilia-Romagna, establishing new ones and planning investments and recruitment of further personnel is better than delocalization. Even in the areas of Emilia damaged by the earthquake in 2012. This is well shown by B. Braun, which immediately re-invested, Sorin and Bellco which enlarged their headquarters, whereas Gambro is building a new factory and Haemotronic is taking into consideration the idea of moving from Medolla. Even the German healthcare colossus Fresenius is betting on the Mirandola biomedical centre, in order to make it the world production centre of filters for transfusions. Furthermore, in the Mirandola biomedical district, a programme has been started to carry out research in laboratories on innovative materials, which envisages the use of twenty researchers who will be working under the scientific coordination of the University of Modena and Reggio Emilia, in collaboration with other laboratories of the network and with two hospital units of Modena and Bologna. And let us also mention the case of Philip Morris International, which at the gates of Bologna made an announced investment of 500 million Euros for manufacturing “reduced potential risk products”. In a territory of over 300 thousand square metres, a new factory will be made, which will produce a new generation electronic cigarette, on which Philip Morris has invested the last fifteen years of research and development. And the fact that they chose Emilia-Romagna for the first European pilot plant, which is expected to create up to 600 new jobs, is no coincidence. Just a few weeks ago, in the province of Ferrara, an investment of 3.5 million Euros creating 100 new jobs starting from next April until 2016 was made. It is the development and growth plan of Lte (Lift Truck Equipment Spa) of Ostellato, which in 2005 was purchased by Cesab carrelli elevator Spa, and both companies will be included in the Tico, Toyota Industries Corporation group, the Japanese brand which is world leader in the production of forklifts. The investment in the Ostellato plant – in its turn with a turnover of 42 million Euros last year and with 240 employees – is mostly due to collaboration with the Region Emilia-Romagna and the Province of Ferrara for professional training. Last year, again in the province of Ferrara, an investment of about 12 million Euros was made to build a new plant, which at full regime will employ almost 300 workers in the 8,000 covered metres of Manifattura Berluti, belonging to the LVMH group. Also in this case, the main incentive was neither a reduction of salaries, nor financial support: it is a professional training centre which makes it possible to have highly qualified staff to enter the highest category of the shoe production sector. Training becomes an explicit industrial policy tool: going back to high-quality manufacturing is the only way to achieve sustainable growth in time. The high school for the shoe sector of Vuitton is created thanks to the financial support of the European Social Fund, thus proving not to be just a social buffer in a declining country, but a real tool for growth for those who intend to count on their own manufacturing skills for a new development. In March 2014, the multinational company Manz AG reached a rental agreement for its company branch, a necessary passage for acquisition of part of the old Arcotronics, the historical Bolognaise company of Sasso Marconi which in 2007 was acquired by American company Kemet. The German group has bought the mechanical workshop which employs 83 workers. In this way, Manz integrates its portfolio into the battery sector with the know-how in the winding technology for the production of lithium ion batteries. In order to have an idea of who thinks it is worth investing in the Emilia-Romagna territory, you just have to go through the list of about fifty companies which took part in the tender announced by the Region Emilia-Romagna, which made available 20 million Euros to support “Research and development projects affecting the production line and envisaging recruitments”. The projects – which are currently being assessed – only make available resources for companies really interested in betting on research, development and recruitment. The financial support may be as high as 4 million Euros for projects envisaging “a strong hiring impact” (at least 30 new recruitments). The brands which submitted their applications range from the biomedical to the mechanical sector, from fashion to ceramics. Among those waiting for an answer there are Bellco (specialised in products for dialysis) and Sorin Group (specialised in cardio-surgical products and products for anomalies in the cardiovascular system), both based in Mirandola. Among the mechanical companies interested in investing, we should mention Trattori Spa of Carpi, Vm Motori of Cento (Ferrara), specialised in diesel engines, as well as Lamborghini of Sant’Agata Bolognese, which might produce the new sport utility car in its historical Toro plant. Some applications were also received from ceramic companies like Panaria-Group of Finale Emilia and Liu Jo, the Carpi fashion company, now a worldwide brand. p. 17 A journey through flavours in 42 museums by Angela Simeoni I f you travel through the food production chain with a curious mind, you constantly dive into our history. Our well-being plunges its roots in a situation in which, less than one century ago, over 60% of the population worked in agriculture, whereas at the moment the figure is less than 5-10%. That situation was based on an inescapable alliance between human and animal work, in a harmonic relationship with nature, whose resources were fundamental for living and, as such, they were treated and cared for. Among farmers, even before the establishment of Mutual Aid associations, there were silently shared mutual help principles. Earth workers sympathized with each other and were ready to help their neighbours, especially if they were affected by problems, but very often just in their hard daily work. A world which, before industrialization, remained the same for centuries. We invite you to plunge deep into this world, made up of sharecroppers, rice weeders, carters, peasants, mansions, dairies, mills, oil mills, by travelling in time between Piacenza and Rimini. And if you feel like taking this trip, the route has already been defined: it runs along the Rural Museums network and the Taste Museums one, which pleasantly intertwine on the Wines and flavours routes, which with maps, baskets full of products and wines, besides detailed information on what to taste and visit, offer ideas for trips based on the taste and the living culture of a territory. Daily life items, tools used to work on the fields, bearing witness of jobs and traditions, are the heart of the 18 Rural Museums of the region Emilia-Romagna, characterized by the “Quality Museums” brand. The historic and ethnographic patrimony collected in these museums make it possible, even for those not too experienced, to appreciate the great cultural and social capital accumulated by agriculture in Emilia-Romagna through the centuries, a capital we can still enjoy through food excellencies and a rich and sustainable food and agriculture system. If you are a technological traveller, you can access the Musei Mondo Rurale ER App from any smartphone or tablet. This app, with a sheet for each museum, provides you with details about the three things you should not miss, opening times and practical information. More- e-r magazine n. 1 | giugno 2014 | 47 english version over, there is information about all the events, festivals, exhibitions dedicated to the rural civilization and a geo-referenced map of the sites, with suggestions on what to visit in the surrounding territory: churches, castles, monuments and Wines and flavours routes. From the land to the table, this is how you can summarise your route in the 24 Tastes Museums, scattered throughout the territory. They tell you about concrete things and imagination: how to grow grapes and the meanings of wine in our civilization; how to produce a certain cheese and the social values these techniques have developed among the people; how to make oil or make a fruit tree graft; how to make delicious salamis, wines and balsamic vinegars. A map of food and wine treasures of Emilia-Romagna, a patrimony with certified quality, with its 39 DOP (Protected Designation of Origin) and IGP (Protected Geographical Indication) brands and over 300 products listed as “traditional”, taste experiences and priceless economic treasures which make our region the land of good living. And if you want to take back home a bit of cuisine knowledge, you cannot miss Artusi House, the first active cuisine museum open to experts as well as curious people, housewives and househusbands, professionals and those who want to know more about the culture and practice of home cooking. In Forlimpopoli, in a suitably restructured ancient convent, courses are held, at all levels, in a didactic room with 20 well-equipped stations, in the name of the father of the Italian cuisine. The museum also includes the Casa Artusi restaurant, where you can taste Emilia-Romagna traditional recipes, and a wine cellar with a very large number of brands, including the most important ones in the region, in collaboration with the Emilia-Romagna Regional Wine-Cellar. p. 40 Victorian album by Claudio Bacilieri M emories are always preserved by women. Mimily Wilmot Caldesi, in the late 1860s, collected her photographs in a precious album, all in the carte de visite format, which was very fashionable in the Victorian Age. After 1854, thanks to the improvements of the photographic technique, wealthy people started exchanging not just simple visit cards, but small-size copies of their portraits. The cartes de visite were the first serial production of images. In daguerreotypes were unique pieces, like the calotypes and ambrotypes which paved the way to printing on paper, by means of the collodion procedure invented by F.S. Archer in 1851 and with the negative on glass technique it became possible to reproduce several positive images. Three years later, Parisian A.A.E. Disdéri patented the method to obtain, with a single photographic session, eight different images with a single plate. In this way photographs, which used to be hung and framed like paintings when they were single pieces, could not circulate and, like Mimily Wilmot Caldesi’s cartes de visite, end un being collected in an album with little windows. The album of this lady from London was found in a wooden chest with lion paws, in a villa of Bologna surrounded by a large park, just outside the historical centre. The photographs, printed on albumin paper and stuck on cardboard, were made by Mimily Wilmot’s husband, photographer Leonida Caldesi, who bought that villa in 1871 after coming back from London once and forever. In that chest there is also another, smaller album, full of pictures on albumin paper, which also belonged to the same photographer. As we leaf through this family album, we are surprised to recognize, among the numerous portraits of unknown wealthy people who lived in Victorian London and the most famous men and women of Bologna, those of Queen Victoria, the Royal Family, Garibaldi, Mazzini, Napoleon III. We asked the descendants of Leonida Caldesi, who died in this large mansion at the foot of the hills in 1891, to tell us their ancestor’s story. A story which intertwines with that of his more famous brother, Vincenzo Caldesi, one of the protagonists of the Risorgimento, whose red shirt of Garibaldi’s colonel is stored, along with his hat and sword, at the Museum of the Risorgimento of Bologna. The Caldesis were a family of landowners from Faenza. The two brothers’ grandfather, whose name was also Vincenzo, was a Jacobin and staunch anticlericalist. On 20th June 1796 he left Faenza with a delegation heading to Bologna to honour Napoleon Bonaparte, who was making his triumphal entrance into the city. Animosity against the Papal regime, very widespread in Romagna, did not so much affect his son Clemente, a stage designer with liberal views, but rather his two grandsons, Vincenzo, born in 1817, and Leonida, born in 1822. Like his grandfather, who bore the same name, Vincenzo was the brother with the stronger political inclination. Anticlerical and republican, a strong supporter of Mazzini, at a very young age he started taking part in patriotic conspiracies. In 1849 Vincenzo Caldesi was a deputy in the Con- 48 | e-r magazine n. 1 | giugno 2014 stituent Assembly of Rome and a member of the Barricade Commission during the defense of Rome. After the failure of the Roman republic, patriots went to exile. The Caldesi brothers reached Genoa by steamship; from there, together with Rome-born Mattia Montecchi and other people, they made for Switzerland, where they met Mazzini and Saffi. In December 1851, Vincenzo and Leonida fought on the barricades in Paris to protest against Napoleon III’s coup d’état. In the first few months of 1852, they fled to London, where Mazzini had already moved. In the British capital, they had to come up with an idea to earn a living. Although they had some financial resources, unlike the other exiled patriots, the two Caldesis set up, in collaboration with Montecchi, a photography atelier, which Vincenzo probably used to cover his political activity. Apparently, the idea came to Leonida when he was given a photographic camera by the famous tenor Mario De Candia, who wanted to give a contribution to the patriots’ cause and was already hosting Montecchi. In that age, photography was still almost a chemical miracle, on which technological research was focusing. With the passage from the daguerreotype to printing images on paper, portraits became fashionable. Many photographic workshops were established, which employed several people: some prepared the plates, some took them to the photographer, some developed them, some arranged clients in the right poses. The L. Caldesi & Co. study (or Caldesi & Montecchi, as it was in 1858-59, or Caldesi, Blandford & Co., as it was in 186162) became one of the most important in London. It made a fortune with portraits for the cartes de visite, had contacts with the Royal Family and – thanks to their specialization in photographic reproductions of works of art – with the three main public art collections, namely the National Gallery, the British Museum and the South Kensington Museum. In Leonida Caldesi’s atelier, located in Porchester Terrace, Bayswater, active as early as in 1855, several Italian immigrants worked. Besides Mattia Montecchi, who was also a member for a short time, we would like to mention Faenza-born Domenico Lama, Mazzini’s favourite photographer, later the founder of the Association of Mutual Progress of Italian workers in London, and a very young Amilcare Cipriani, famous for blaming queen Victoria for not standing still while posing. Part of the profit of the photographic workshop was used to support Italian immigrants and the national cause, although as early as in 1853 relations between Mazzini and the Caldesi brothers had already degenerated. The latter, in fact, refused to take part in the fund collection prompted by Mazzini, whom they accused of being an “adventurer”, and preferred to gather patriots and artists, especially those working in the theatre, less demanding than Mazzini hardcore supporters, around their atelier. A great supporter of the atelier was another famous immigrant, Reggio Emilia-born Antonio Panizzi, an early patriot and British citizen since 1832. Appointed director of the British Museum Library in 1956, which would become the largest library in the world under his management, Panizzi entrusted Caldesi & Montecchi with the task of photographing the famous Raphael’s cardboard drawings in Hampton Court. These photographs were shown at an exhibition organized by the Photographic Society in 1858 and published by the most important art publisher and merchant of London. P & D Colnaghi, of Italian origin, who had already published the photographs of the paintings of the Art Treasures Exhibition, a large exhibition which had taken place in Manchester in 1857. Caldesi specialized in the reproduction of works of art, and Conlaghi, who boasted the Royal Family among his customers, rented him a place on Pall Mall, in the very centre, where an affiliated photographic laboratory was set up. When it became popular to have a photographic album, containing family portraits, in London official portraits of the Royal Family and famous people started spreading. The company Caldesi & Co. was not unprepared for that. In the collections of the National Portrait Gallery, also visible in the website www.npg.org.uk, there are 52 photographs by Leonida Caldesi, printed on albumin paper, which portray the Victorian famous people in the early 1860s, from Sir Charles Lock Eastlake, director of the National Gallery, to Baroness Susan North, old and apparently tired due to the posing session, from writer and aesthete John Ruskin who stares into nothing to Vice-Chancellor of the High Court of Justice Sir Richard Malins, who poses clearly satisfied with himself. The heyday of Leonida’s success was reached in 1857, when he and his partner Montecchi were summoned to the Isle of Wight to photograph the Royal Family. On the terrace of Osborne House, Queen Victoria and her husband Prince Albert showed their nine children in a calm family scene. In 1859 Grand Duchess Maria of Russia entrusted Caldesi with the photographic reproduction of the marble elements from the Parthenon in the British Museum. In 1860, again thanks to Panizzi’s involvement, a photographic campaign was set up in the National Gallery. Another one was later carried out on behalf of Director Sir William Boxall. Caldesi also worked for private art collections, like Farnley Hall: In
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