L’EVOLUZIONE DEI SISTEMI PRODUTTIVI NEL SETTORE MECCANICO DEL NOVECENTO. DEFINIZIONE DEL ROBOT INDUSTRIALE MORFOLOGIA DEL ROBOT INDUSTRIALE Confronto tra giunti GRADI DI LIBERTA’ DEL ROBOT Si definiscono Gradi di libertà della struttura i gradi di mobilità che questa possiede, corrispondente al numero di giunti, e quindi di attuatori, corrispondenti alle movimentazioni. LE STRUTTURE CINEMATICHE FONDAMENTALI Volume di lavoro (vista laterale). PRESTAZIONI DELLE STRUTTURE CINEMATICHE FONDAMENTALI Struttura TTT: i robot cartesiani si costruiscono nei tipi a montante (orizzontale e verticale) ed a portale. Nella figura sottostante sono riportati degli esempi di robot cartesiani: a) a montante orizzontale; b) a montante verticale; c) a portale. Esempio di dimensioni del campo operativo di un robot cartesiano Struttura TRT: Struttura RRR: molto diffusi, i robot con questa struttura sono detti anche antropomorfi perché riproducono abbastanza fedelmente le possibilità di movimento del braccio umano. I suoi segmenti e articolazioni sono identificati opportunamente come riportato nella figura 1. In pratica, tale nomenclatura viene spesso estesa anche ad altri tipi. il volume di lavoro può essere considerato. in prima approssimazione, come una porzione di sfera. La sua conformazione reale è in realtà più complessa, essendo influenzata dalle effettive possibilità di movimento dei giunti. A parità di ingombro in pianta, i robot antropomorfi consentono un maggior volume di lavoro rispetto alle altre strutture, ciò che li rende ideali per applicazioni quali la verniciatura a spruzzo e la saldatura ad arco. Nelle applicazioni di montaggio il loro posto preminente viene sempre più minacciato dai robot SCARA. Inoltre, uno stesso punto del campo operativo può essere raggiunto con diverse configurazioni della struttura, come si vede nella figura 2. L’aumento delle possibilità operative è anche dovuto al fatto che è possibile raggiungere pezzi posti al di sotto del basamento. La possibilità di fissaggio a soffitto permette di annullare il già ridotto ingombro in pianta. Il punto debole è costituito dal costo elevato, superiore anche a quello della struttura cartesiana. La struttura è infatti completamente a sbalzo e deve essere accuratamente progettata. Una soluzione generalmente adottata è quella di confinare i motori dei vari giunti sulla base, ciò che richiede opportune trasmissioni meccaniche le quali, implicando giochi e vibrazioni, fanno cadere le prestazioni dinamiche. figura 1 figura 2 a) vista dall’alto b) vista laterale Esempio di robot articolato antropomorfo Struttura RRT: il volume di lavoro è un settore di sfera. Come il robot cilindrico, è facilmente adattabile all’ambiente di lavoro perché la zona operativa viene raggiunta con lo sfilo (asse T), mentre il grosso della struttura può essere lontano. Attualmente questa struttura (la prima sul mercato, prodotta dalla statunitense Unimation, nel 1960) è limitata ad applicazioni gravose, come la saldatura a punti o la manipolazione pesante, nelle quali non è richiesta grande precisione di posizionamento o elevata ripetibilità. Struttura SCARA: il volume di lavoro può essere considerato in prima approssimazione come una porzione di cilindro. La compattezza è ottimale, in rapporto al volume di lavoro ricoperto. Questo robot presenta ottime prestazioni statiche (precisione e ripetibilità) e dinamiche, per cui le applicazioni tipiche sono quelle del montaggio. la maggioranza degli SCARA sono semplici ed economici, in quanto realizzati prevalentemente con 4 gradi di libertà, configurazione con la quale si possono coprire l’80% delle operazioni di montaggio. Il limite maggiore è la difficoltà ad operare in spazi angusti, ciò che rende problematico ad esempio l’asservimento di macchine utensili. IL CONTROLLORE ROBOTICO NORMATIVA RELATIVA AI ROBOT ONDUSTRIALI Definizione di robot industriale (UNI 9919): si definisce robot industriale una macchina che può essere programmata per svolgere compiti che comportano azioni di manipolazione e/o di locomozione sotto comando automatico. Definizione dei robot industriali (JIRA): la classificazione è impostata su cinque livelli che seguono un ordine verso sempre maggiore complessità e potenzialità. L’ordine è pertanto cronologico, nel senso che i livelli più bassi sono stati i primi ad essere introdotti nel mondo industriale; inoltre viene evidenziato il ruolo dei sensori così come è stato descritto nel paragrafo relativo. Per tutti questi motivi la classificazione proposta pare meglio impostata di quelle basate sul ruolo che il robot deve assumere, spesso non ben definito a causa della flessibilità di queste macchine. Definizione dei robot industriali (SIRI): molto frequente è la classificazione funzionale, che assume a criterio la tipologia dei compiti svolti. In effetti, la tendenza iniziale (anni ’60) di costruire robot universali è stata ben presto sostituita dall’adozione di robot dedicati, atti a svolgere solo una classe ben definita di compiti. La SIRI distingue: 1) robot per alimentazione e scarico di macchine utensili; 2) robot per saldatura a punti e robot per saldatura continua; 3) robot per verniciatura; 4) robot per montaggio e assemblaggio; 5) robot per misura automatica; 6) robot per altre applicazioni. Citiamo altre due importanti classificazioni, utili per capire come i criteri di classificazione siano legati agli ambiti industriali in cui sono definiti: classificazione statunitense RIA (Robot Industries Association): un robot industriale è un manipolatore riprogrammabile multiscopo concepito per spostare materiali., pezzi, attrezzi od altri oggetti specifici, attraverso movimenti variamente programmabili, ed impiegato per una quantità di compiti diversi. La definizione americana è più restrittiva. Essa pone l’accento su due caratteristiche fondamentali: la flessibilità e la programmabilità. Tale definizione risulta non adeguata alla realtà in quanto non considera la possibilità di interfacciamento con l’ambiente di lavoro, alla capacità di controllare le apparecchiature o di sincronizzarsi con esse, ed infine di mutare, adeguandoli, i comportamenti in base ambiente esterno. Classificazione francese AFRI (Association Francaise de Robotique Industrielle): rispecchia quella giapponese, considerando quattro classi di appartenenza (A, B, C, D), non considerando la classe dei robot intelligenti. PROGRAMMAZIONE DEI ROBOT Il robot, a differenza di qualsiasi altra macchina operatrice programmabile, può anche apprendere il proprio compito operativo. L’istruzione diretta del robot è stato il primo metodo sviluppato per la programmazione dei robot industriali. Con tale metodo, chiamato teaching by showing, dopo aver preparato la stazione di lavoro ed aver selezionato il “modo apprendimento”, l’operatore guida il braccio lungo il percorso necessario per eseguire il compito, facendogli compiere una esecuzione campione delle diverse operazioni. Le successive posizioni del braccio sono memorizzate, in modo che la macchina possa essere in grado di ripetere esattamente le stesse operazioni, semplicemente passando alla modalità “automatico”. Cambia, rispetto alla normale programmazione, il modo in cui il controllore robotico produce gli ordini ai servoassi (tensioni elettriche): con l’auotapprendimento i segnali di comando agli attuatori sono ottenuti direttamente, elaborando le indicazioni dei sensori di posizione situati nelle articolazioni. Un linguaggio di programmazione fa invece di solito riferimento alle cosiddette coordinate del mondo di un punto di una pinza, cioè alle sue coordinate rispetto ad un sistema di riferimento (cartesiano, cilindrico, ecc.) con origine fissa in un punto opportuno della base del robot. Si pone perciò il problema della trasformazione dalle ccordinate-mondo alle coordinate-giunto, specificando per ciascun giunto l’entità dello spostamento. Programmazione in autoappredimento La traiettoria può essere memorizzata in due modi: punto a punto e continua. Nell’istruzione punto a punto si aziona il braccio tramite la teach-box (scatola d’insegnamento), che invia i comandi ai singoli assi, conducendo l’attuatore finale (endeffector) nei singoli punti di lavoro. Con la semplice pressione di un tasto vengono memorizzate le posizioni dei singoli link, ed eventuali operazioni (chiusura-apertura pinza, attesa, ecc.). La stessa procedura può essere effettuata con un joy-stick o cloche che permette un risparmio del 25%, poiché l’operatore non deve preoccuparsi di quali assi muovere per raggiungere la posizione voluta. Per molte applicazioni, quali ad esempio la verniciatura, la sbavatura, l’incollaggio, la saldatura continua, ecc. è importante poter controllare con continuità la traiettoria e l’orientamento della mano, non solo in alcuni punti. L’operatore prende “per mano” il robot e lo guida nel movimento e nelle operazioni. Per limitare l’occupazione di memoria si utilizza il metodo dell’interpolazione, che approssima gli spostamenti mediante segmenti ed archi di circonferenza. Le modalità di insegnamento sono tre: insegnamento diretto: il robot è guidato direttamente dall’operatore; lo sforzo esercitato è medio leggero grazie ad un dispositivo integrato di assistenza muscolare; insegnamento mediante unità specifica: l’unità di insegnamento è la realizzazione in scala, ridotta del robot: l’operatore gli insegna il lavoro, che verrà ripetuto dal robot vero e proprio; insegnamento per telecomando: ora il robot è direttamente asservito all’unità di insegnamento, e riproduce esattamente, memorizzandoli nel modo spiegato, i gesti dell’operatore. Programmazione con linguaggi specifici La semplicità del metodo “teaching by showing” ne giustifica la larga diffusione in ambito industriale. D’altra parte, è evidente che la programmazione di compiti complessi risulta difficile. Si pensi alla programmazione delle operazioni di assemblaggio con molti pezzi o anche alla semplice programmazione di operazioni di pellettizzazione in cui si è costretti a definire tutte le posizioni degli oggetti. L’adattabilità del robot è poi pressoché nulla, dato che l’esecuzione del compito consiste nella semplice ripetizione di quanto appreso in fase di istruzione. L’impossibilità di servirsi delle informazioni dei sensori esterni e perciò di gestire situazioni anomale o impreviste (errori di posizionamento, caduta del pezzo dalla pinza ecc.) confina l’applicabilità di taler metodo ad applicazioni semplici e fortemente ripetitive. Ulteriore vantaggio è costituito dal fatto che durante le fasi di apprendimento il robot deve essere sospeso dalle attività produttive, con conseguente notevole danno economico. La programmazione con linguaggi evoluti specifici risolve le accennate difficoltà e favorisce l’integrazione del robot con altri robot e macchine (FMS, ecc.). Se si aggiunge anche un programma per la gestione delle informazioni esterne, il robot acquista una certa conoscenza del mondo esterno, risulta così in grado di operare in tempo reale. Nella programmazione del robot industriale sono importanti due problemi sulla cui possibilità di soluzione conviene soffermarci: da una qualunque configurazione della struttura, il che significa che sono noti i parametri di tutti i giunti di scorrimento e rotazione, risalire alla posizione dell’elemento terminale, questo viene definito problema cinematico diretto; da una qualunque posizione dell’elemento terminale risalire alla configurazione della struttura, questo viene problema cinematico inverso. ORGANI DI PRESA L’attutore finale, end effector o più semplicemente “mano” può essere realizzato in vari modi, per le operazioni che deve svolgere il robot, e con varie tecnologie identificate dall’energia impiegata per la movimentazione dell’organo finale: pneumatica idraulica magnetica ed elettromagnetica elettrica. ATTUATORI ROBOTICI Gli attuatori robotici sono gli stessi utilizzati nelle catene automatiche che realizzano il controllo dei movimenti, in particolare la posizione (servoazionamenti o servomeccanismi). Le tipologie si contraddistinguono per l’energia impiegata: pneumatica idraulica elettrica SENSORI Nei robot industriali i sensori (trasduttori) possono essere suddivisi, sulla base della loro funzione, in interni ed esterni: trasduttori interni: hanno lo scopo di rilevare i parametri relativi alla struttura robotica stessa (giunti, bracci, ecc.); trasduttori esterni: hanno lo scopo di rilevare parametri relativi al mondo esterno utili all’attività del robot (sistemi di visione, sensori di prossimità, ecc.). LA SCIENZA ROBOTICA
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