Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶9 dicembre 2014¶N. 50 41 Cultura e Spettacoli Chi disse donna disse dono Mostre A Rancate i preziosi regali d’amore del Rinascimento Alessia Brughera Un proficuo fidanzamento, una fastosa cerimonia nuziale e il concepimento di tanti eredi belli e robusti, possibilmente maschi: era questo il percorso che in epoca rinascimentale dovevano seguire le fanciulle di rango elevato quando non erano destinate alla vita monastica. Spettava ai padri trovare loro il cosiddetto «buon partito», ossia un marito capace di garantire un vincolo di parentela prestigioso. Le unioni diventavano così un abile gioco di coalizioni politiche e di contrattazioni finanziarie con lo scopo di rafforzare patrimoni e perpetuare il lignaggio dei casati abbienti. Inutile dire che in tutto ciò il coinvolgimento sentimentale passava in secondo piano, tanto che i promessi sposi si incontravano solo dopo che il papabile consorte e il padre della donna concludevano vantaggiosamente le loro trattative. A questo punto la fanciulla si preparava a entrare a far parte della famiglia del futuro marito, portando con sé una rilevante porzione delle ricchezze paterne in forma di dote e augurandosi di avere la fortuna di riuscire a generare una folta e sana progenie. Il fidanzamento, il matrimonio e la nascita di un erede erano dunque circostanze particolarmente importanti per una donna, e venivano perciò degnamente celebrate dai doni dell’amato e delle persone care. La Pinacoteca Züst di Rancate dedica una mostra proprio agli oggetti che tra tardo Medioevo e Rinascimento venivano offerti alle fanciulle di ceto nobile in queste occasioni, facendo emergere così la storia della figura femminile e dei rituali che portavano la donna a essere moglie e madre, cerimonie spesso pompose che costituivano per le famiglie un’opportunità per esibire la propria agiatezza. I numerosi manufatti esposti non hanno solo una valenza artistica, ma danno conto di un quadro più ampio toccando la storia e il costume del periodo. Così ogni oggetto, oltre a svelarci il suo pregio, e quindi il potere economico di chi lo ha commissionato, ci Paolo di Stefano Badaloni, detto Schiavo. Interno di coperchio di cassone con «Venere e Amore», circa 1440-1445. (Firenze, collezione privata Bellini) racconta anche il valore simbolico che la società del tempo gli assegnava nel contesto in cui veniva realizzato: il materiale di cui era fatto, ad esempio, alludeva non di rado a significati nascosti, richiami erotici e messaggi benauguranti, mentre le iconografie scelte come decorazione, tratte perlopiù dalla storia antica, esaltavano virtù femminili quali purezza e fedeltà o inneggiavano al trionfo dell’amore, forse anche per cercare di dare una parvenza di sentimento al bieco opportunismo che stava dietro agli accordi matrimoniali. La prima delle tre sezioni in cui è suddivisa la mostra è dedicata al fidanzamento, che trovava compimento nel cosiddetto «giorno delle giure». Tra questo giorno e la cerimonia nuziale vera e propria, i futuri mariti erano tenuti a offrire alla fanciulla regali pregiati. La spesa per questi omaggi raggiungeva talvolta cifre da capogiro, tanto che nel XIV secolo vennero emanate delle leggi per disciplinarne il valore massimo concesso, così da arginare lo sperpero dei patrimoni familiari. Gli oggetti presenti a Rancate sono i tipici doni per questa circostanza: eleganti cofanetti in avorio che servivano per custodire gioielli e che nel candore del materiale richiamavano l’incarnato muliebre, preziose cinture che evocavano la castità, arazzi con coppie di innamorati effigiati con sguardi ammiccanti in prati fioriti, pettini eburnei con raffigurazioni di storie di donne virtuose e custodie di specchio, come quella proveniente dal Museo del Bargello di Firenze, su cui venivano intagliate scene allusive al desiderio sessuale e alla conquista della verginità della moglie. La seconda sezione è consacrata al «giorno dell’anello». Il rito nuziale era piuttosto complesso e prevedeva una prima ristretta cerimonia a cui seguiva una sfarzosa celebrazione pubblica. La sposa sfilava a cavallo per le vie della città accompagnata da un corteo di parenti, di musici e di domestici che trasportavano la coppia di cassoni nuziali da sistemare nella camera da letto dei coniugi. Questi cofani erano inizialmente commissionati dal padre della donna ed erano utilizzati per riporre il suo corredo. A Rancate ne sono esposti alcuni esemplari, come quello particolarmente sontuoso proveniente dal Museo di Castelvecchio a Verona. Interessante anche l’interno del coperchio di baule che raffigura una Venere nuda e languidamente sdraiata che attrae a sé Cupido attraverso una ghirlanda di fiori. Una scena, questa, destinata a essere ammirata nell’intimità dell’alcova. In mostra troviamo inoltre coppe in maiolica, capi di biancheria (tra cui un paio di rari calzoni femminili), anelli e, tra i numerosi dipinti, una bella tela cinquecentesca di Bernardino Licinio che illustra un’Allegoria dell’Amore. Per la donna, il passo successivo al matrimonio era partorire una nutrita discendenza in salute. Alla nascita è riservata l’ultima parte della rassegna; un evento, questo, non privo di reali pericoli sia per il bambino che per la madre, in un’epoca in cui la mortalità infantile era molto alta e le condizioni igieniche piuttosto scarse. Non stupisce allora che alla gestante venissero riservate attenzioni particolari e che la buona riuscita del parto fosse festeggiata con grande enfasi. Nel percorso espositivo ci sono maioliche con putti e amorini che fungevano da augurio per il concepimento di un erede maschio (l’arrivo di una femmina era considerato una vera e propria disgrazia) e deschi da parto su cui veniva servito il primo pasto dopo la nascita. Di particolare interesse sono una preziosa testa di zibellino in cristal- lo di rocca, ritenuta una sorta di amuleto per aumentare la fertilità, e uno strumento in ferro utilizzato per imprimere lo stemma del casato sulle cialde da offrire ai parenti e agli amici che venivano a congratularsi. Autentici sfoggi di ricchezza ammantati di valenze simboliche, questi oggetti rievocano il fascino di un’epoca densa di usanze suggestive, di rituali sociali in cui la donna, a dispetto della posizione marginale che solitamente le veniva riconosciuta, diventava la vera protagonista. Dove e quando Doni d’amore. Donne e rituali nel Rinascimento. Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate. Fino all’11 gennaio 2015. A cura di Patricia Lurati. Orari: da ma a ve 9.00-12.00/14.0018.00; sa-do e festivi 10.00-12.00/14.0018.00; lu chiuso. www.ti.ch/zuest In collaborazione con Comunque vada, morirai Arte Sotto la guida di Maurizio Cattelan a Torino non va in scena unicamente l’effimero, ciò che resta alla fine è infatti l’intramontabile verità della caducità di tutti noi Eliana Bernasconi Rimane aperta sino all’11 gennaio Shit and Die One Torino, l’esposizione allestita nel centro di Torino che fa parte della 21ma Edizione di Artissima, la Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea, durata 3 giorni e conclusasi poco tempo fa all’Oval Lingotto Fiera. Torino si riconferma città importante per l’arte, infatti è stata la prima in Italia a inaugurare un Museo d’arte contemporanea internazionale nel castello di Rivoli e a possedere una Galleria d’arte moderna. È noto come il mercato dell’arte viva il suo momento culminante nelle Fiere, basti citare Art Basel, Art Forum a Berlino, la nuova Frieze Art Fair a Londra, o la Fiera dell’arte a Bologna, mentre fiere minori si vanno moltiplicando. Ma Artissima, con 137 gallerie straniere e 57 italiane, con nomi noti del mercato internazionale provenienti da 34 Paesi, spicca per il suo carattere unico: alla dimensione commerciale unisce quella sperimentale, vuole essere una finestra aperta sul divenire dell’arte contemporanea, mettere in luce con una selezione severa nuovi protagonisti del mercato artistico. In apposite se- zioni, gallerie giovani hanno proposto originali punti di vista e progetti inediti, stand monografici dedicati ad artisti emergenti si sono affiancati a gallerie di artisti consolidati. La vera innovazione di quest’anno è stata la nascita di Per4M, una sezione dedicata alle Performance, non considerate eventi collaterali gratuiti, ma riconosciute come manifestazioni acquistabili da musei o gallerie. Questa corrente artistica, nata dagli happening degli anni 60, negli ultimi decenni ha avuto rinnovata popolarità e riconoscimento da collezioni pubbliche e private. È quasi impossibile descrivere una performance se non vi si assiste, vi si usa la fisicità dello spazio e la temporalità in modi sempre imprevedibili, si vuole coinvolgere, si parla un linguaggio che esprime la continua mutazione di un’epoca. Con la presenza di noti artisti che la praticano, come Tom Johnson, Marcello Maloberti, Prinz Gholam e altri, in Fiera a orari prestabiliti avevano luogo le performance: la parola era usata in forma di monologo, mentre i corpi dei performer si sono esibiti in scene tratte dai capolavori della storia dell’arte, mentre strani cortei di artisti improvvisamente sfilavano con poco decifrabili bandiere. Un’altra operazio- ne della Fiera è stata la rivalutazione di artisti innovatori degli anni 70-80 oggi poco considerati con una serie di conversazioni fra curatori internazionali e il pubblico: Daniel Baumann, nuovo direttore della Kunsthalle Zürich, ad esempio ha introdotto all’opera dell’americana Channa Horwitz, pioniera dell’arte minimal scomparsa ottantenne lo scorso anno, per la presentazione della sua opera, dove superfici di numeri da 1 a 8 e colori si corrispondono. Artissima è anche la sola Fiera a offrire una proposta culturale del tutto slegata dal contesto fieristico, sa essere internazionale ma nel contempo penetrare nel cuore della città e del territorio, come ha fatto con la manifestazione 2014 di One Torino, Shit and Die, a curare la quale è stato chiamato Maurizio Cattelan con le due giovani critiche Myriam Ben Salah e Marta Papini. Se Cattelan si è conquistato in passato una grande notorietà con interventi sorprendenti e provocatori che potevano anche far sospettare una componente di opportunistica furberia, quest’anno ha saputo stupire ma anche commuovere. La mostra, collocata nello storico palazzo barocco del centro di Torino dove Camillo Benso di Cavour pas- sò gran parte della sua vita, non segue un percorso cronologico ma viaggia di stanza in stanza raccogliendo le tracce dell’immaginario collettivo di varie epoche, nella storia di quella che fu la capitale di un regno. Dallo studio di Cavour dove i suoi mobili autentici sono avvolti nel cellophane e dalle pareti ti guarda la cugina contessa di Castiglione, bellissima protagonista di ottocenteschi intrighi politico-amorosi, si passa in una stanza dove è stata rimontata la forca, assolutamente autentica, in funzione al tempo dei Savoia, prestata dal Museo antropologico Cesare Lombroso. Per riflettere sulla morte trovi anche lo scheletro sotto teca del Professor Giacomini, che lui stesso volle lasciare ai suoi studenti, prestato dal Museo di Anatomia umana di cui fu fondatore. Gli oggetti evocativi in mostra si uniscono alle testimonianze di utopie architettoniche e urbane radicate nel contesto industriale e si accompagnano a opere create per l’occasione da 60 artisti dove la pittura riappare sempre nel percorso espositivo. Al termine della mostra una macchina accidentata sta vicina a dei metronomi che segnano e ricordano il tempo. L’androne di ingresso è tappezzato di 40’000 biglietti Un momento della mostra Shit and Die in corso a Torino. (Keystone) da un dollaro, che si giura siano veri. Shit and Die deve il titolo all’opera del videoartista statunitense, scultore, fotografo e studioso della funzione comunicativa del linguaggio artistico Bruce Nauman: One Hundred Live and Die dove una scritta al Neon allude ai cento modi possibili, banali o tragici ma comunque reali, di vivere e morire, riflette sull’impotenza di fronte alla mortalità, sui paradossi della universale condizione umana. Dove e quando Shit and Die, Torino, Palazzo Cavour (Via Camillo Benso Conte di Cavour, 8). Orari: ma-me-ve-sa-do, 11.0019.00; giovedì 15.00-21.00; lunedì chiuso. Fino all’11 gennaio 2015. www.artissima.it
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