TEATRO SOCIALE IL PROGETTO Il Teatro della Società, questo era il nome originario del Teatro Sociale, nacque sull’onda di una competizione tra città alta e città bassa. Per il folto gruppo di nobili bergamaschi che ne promossero l’edificazione, il nuovo teatro avrebbe dovuto rivaleggiare con il Teatro Riccardi (l’attuale teatro Donizetti) per restituire alla città alta quella supremazia che il nuovo teatro di città bassa le insidiava. Del progetto per il nuovo teatro fu incaricato Leopoldo Pollack, allievo del Piermarini. Pollack decise per un teatro all’italiana con più ordini di palchi, che realizzava l’esigenza di visibilità pubblica delle classi aristocratiche e dei loro rapporti gerarchici. Pollack, però, poté solo in parte adottare le nuove strategie che si andavano diffondendo in quegli anni: impossibilitato dalle dimensioni assai anguste di via Corsarola a corredare l’edificio di una facciata monumentale che avrebbe permesso di identificare un teatro a colpo d’occhio, dovette accontentarsi di una facciata elegante sì, ma senza soluzione di continuità con i palazzi limitrofi. Solo gli elementi decorativi, attinenti al mondo delle arti teatrali, attestavano la sua natura di luogo deputato a pubblici spettacoli. Quanto all’impianto della platea, Pollack scelse di non ripetere la pianta a forma di ferro di cavallo dominante a quel tempo, optando invece per una più ricercata ed elegante forma ovale di stampo francesizzante. L’abbinamento di questa forma con lo sviluppo verticale dei palchi costituisce forse l’aspetto più originale del progetto. Gli 86 palchi sono distribuiti su tre ordini sovrapposti, sui quali insiste un quarto ordine di loggione. Pollack progettò i parapetti lignei secondo una linea continua, come Piermarini aveva fatto per la Scala; essa dà risalto alla dimensione orizzontale degli ordini di palchi (rispetto a quella verticale evidente invece nella sezionatura a balconcino derivata dal modello del Bibiena), e conferisce alla forma complessiva della sala una armoniosa uniformità di impronta classica. I parapetti lignei, decorati originariamente da Vincenzo Bonomini, furono, nel 1829, nuovamente dipinti da Alessandro Sanquirico, allora famoso scenografo milanese, che ne arricchì le fasce con decorazioni policrome, spesso sgargianti, come i colori delle pareti interne dei palchi, ornate talvolta anche con finti marmi, e in evidente contrasto con i materiali poveri della pavimentazioni e delle volte a calce. LE ORIGINI Il Teatro della Società, poi Teatro Sociale, aprì i battenti nella stagione di Carnevale del 1809, e nella fase di slancio iniziale contese al Riccardi la palma di primo teatro cittadino. Dall’anno della sua apertura fino al 1860, il Sociale ospitò opere di Pavesi, Mayr, Generali, Rossini, Mercadante, Bellini e Donizetti. Dei numerosi titoli che venivano dati ogni anno, molti erano nuove commissioni, il che dà la misura della vitalità di Città alta in quel lungo periodo. Al Sociale videro la loro prima rappresentazione numerose opere di Giovanni Simone Mayr, che incise sulla vita del teatro anche alimentandone i ranghi professionali con colleghi e allievi della sua scuola di musica, le Lezioni caritatevoli. Lavorarono infatti al Sociale Antonio Gonzales e Antonio Dolci come ‘maestri al cembalo’, Antonio Capuzzi, Marco Bonesi come ‘primi violini direttori’, e anche Donizetti, che vi cantò ancora ragazzo. I CAMBIAMENTI La progressiva riduzione di attività a partire dagli anni Sessanta, fu un riflesso del declino di Città alta come centro propulsore della vita sociale e culturale di Bergamo. Già durante gli anni austriaci la costruzione dei propilei di Porta Nuova e della strada Ferdinandea, ma soprattutto della stazione e del relativo collegamento ferroviario con Milano (1857), costituirono altrettante tappe dell’emancipazione della Città Bassa, coronate nel 1872 col trasferimento del Municipio in Città bassa. L’apertura della funicolare, nel 1887, migliorerà i rapporti tra le due parti della città, ma le fortune del Sociale tenderanno ugualmente a declinare. Una spia significativa di quel declino fu la sostanziale marginalità del Sociale alle celebrazioni donizettiane del 1897, che ebbero invece nel Riccardi e in Città Bassa centro e sfondo. Attorno al 1900 e nel primo decennio del secolo il Sociale aprirà anche a generi nuovi come l’operetta o addirittura a esibizioni di moderna tecnologia quali il grammofono (1898) e il cinematografo (dal 1908) che, se in altre condizioni potrebbero essere segnali d’apertura alle novità, in quel contesto di vita sempre più difficoltosa appaiono piuttosto come ripieghi su repertori meno impegnativi. Buone stagioni si ebbero ancora nel 1915 e meno sporadicamente nei primi anni Venti (1921, 1922 e 1924), e ciononostante per il teatro era iniziata una lunga stagione di decadenza. IL RESTAURO Gli ultimi spettacoli risalgono al 1932. La storia successiva è segnata soltanto da progetti di demolizione, avventuristiche intenzioni di riuso e continui passaggi di proprietà, fino all’acquisizione dell’immobile da parte del Comune di Bergamo (1974) e ai lavori di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza compiuti tra il 1978 e il 1981. Da allora, lo spazio ha ospitato soprattutto mostre d’arte ed esposizioni, fino all’imponente restauro ultimato nel 2009. Questo ambizioso progetto ha mantenuto le promesse iniziali. Gli interventi di restauro hanno infatti comportato la restituzione dell’intero edificio alla sua destinazione originale, con il recupero di tutti gli spazi dell’edificio alla funzione teatrale originariamente immaginata dai suoi fondatori e realizzata da Pollack. L’intero progetto ha realizzato una sapiente integrazione tra le esigenze strutturali, le più moderne risorse tecnologiche e il rispetto dell’identità storica del complesso. L’attitudine conservativa dell’intero restauro è ampiamente riscontrabile nella permanenza delle strutture originali del teatro: sono ancora pienamente visibili i parapetti lignei, e le decorazioni di Sanquirico, e il sistema di travi del tetto. Sotto questa struttura che conserva tutto il sapore degli anni della nascita e della giovinezza del Sociale, si sono realizzati tutti i dispositivi di sicurezza e di consolidamento statico: nuova impiantistica, trattamento ignifugo delle pareti in legno, sistemi antincendio, creazione di un nuovo palcoscenico e sottopalco con le medesime dimensioni di quello progettato da Pollack. Il restauro e il recupero del teatro alla destinazione originaria attestano oggi una nuova centralità di Città alta, e l’ormai raggiunta integrazione di entrambe le entità cittadine: la città antica e i borghi cresciuti alle sue falde.
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