OSSERVAZIONI SULLA SITUAZIONE DEL TEATRO ITALIANO E’ indubbio che il Teatro Italiano si trovi in una situazione a dir poco disastrosa: manca una legge, che disciplini lo spettacolo dal vivo, in quanto i numerosi progetti di legge presentati negli ultimi 15 anni si sono arenati prima di giungere all’esame del Parlamento; la situazione è peggiorata, a causa della crisi economica del paese e dalla drastica e continua diminuzione del FUS; il Contratto Collettivo Nazionale per attori e tecnici è scaduto ormai da cinque anni, ma non si vede, al momento, una via d’uscita, per un accordo tra le parti contraenti. Intanto, il vecchio contratto è disatteso: le prove non sono praticamente più pagate, la diaria è ormai diventata un problema, molte altre norme sono ormai desuete, come l’obbligo da parte dei teatri di curare la pubblicità. Si è arrivati persino a chiedere agli attori più giovani di lavorare gratis.. D’altro canto, anche i Produttori sono in crisi, in quanto, a loro volta, incontrano gravissime difficoltà nell’essere retribuiti da Enti Pubblici, quali Regioni, Provincie, Circuiti. Sarebbe auspicabile che, nella redazione di un nuovo C.C.N.L, si adottasse una maggiore flessibilità, da entrambe le parti: si dovrebbe in primo luogo affermare la natura subordinata del rapporto di lavoro, togliendo ai produttori la facoltà di esigere, quando ciò è a loro vantaggio, la partita IVA con conseguente emissione di fattura da parte del lavoratore che, dal canto suo, non dovrebbe rimanere ancorato alla situazione precedente: la situazione generale è mutata, ed è necessario tenersi ancorati alla realtà. Altra situazione aberrante è scaturita dalla fusione dell’ Enpals con l’INPS: nel passaggio, non si sa dove sia finito un “tesoretto” dell’Enpals, costituito per la maggior parte dai versamenti di artisti che hanno poi cambiato lavoro, prima di raggiungere il minimo della pensione: sarebbe necessario fare luce su questa situazione, sia rivolgendosi direttamente- e in maniera risoluta- all’INPS, che finora non ha fornito alcuna spiegazione, sia chiedendo l’intervento della Corte dei Conti. Particolare rilievo, al momento, è il problema dell’elargizione del FUS. Vi è una novità, rappresentata dal Decreto Ministeriale del 1 Luglio 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19 Agosto 2014. La sensazione che si prova leggendo il testo del decreto ministeriale è quella di essere difronte- finalmente a una riforma, la riforma, che, mantenendo una promessa ormai annosa, metterà ordine nel caos delle sovvenzioni, delle programmazioni, dei teatri. Poi, ci si rende rapidamente conto che qualcosa è senz’altro in corso, ma la strada è ancora lunga e non tutto è innovazione, in quanto sono state riproposte regole abolite da alcuni anni. Il criterio di assegnazione delle risorse MIBAC è quindi ancora ben lungi dall’essere determinato. Di seguito, una sintesi sulle innovazioni presenti nel decreto: maggiori dettagli si possono avere tramite una lettura dettagliata del testo integrale. Il percorso è iniziato nel dicembre 2013, con un primo decreto ministeriale, e contiene il programma della riforma, suddivisa in due fasi: la prima si riferisce al 2014, con l’introduzione delle riforme inerenti i criteri di erogazione dei contributi, la seconda si realizzerà dal 2015 al 2017, con l’entrata delle riforme a regime e la valutazione dell’attività svolta. Un cambiamento, che altro non è se non un ritorno all’antico, è il ripristino dell’obbligo dichiarativo delle prestazioni per un triennio, anziché per un solo anno. L’accesso al finanziamento è possibile dopo un solo anno di attività; per la valutazione qualitativa, (fase 2), il decreto introduce obiettivi strategici e operativi: una particolare attenzione è rivolta all’età degli aspiranti al contributo, con particolare riguardo ai minori di 30 anni. Un’altra innovazione, che costituisce, di fatto, un ritorno all’antico, è rappresentata dalle Commissioni, organismo particolarmente importante, perché istituite per valutare sotto il profilo della sovvenzione, l’attività di ogni impresa teatrale. Le Commissioni sono formate da 5 membri, di cui due nominati dalla Conferenza Unificata, gli altri 3 dal Ministero. La scelta di questi ultimi sarà effettuata con criteri più severi di quelli adottati in precedenza. Le Commissioni rimarranno in carica 3 anni, salvo la prima nomina, che avrà la durata di 4 anni: nel primo anno, verranno valutate, con i nuovi parametri, le istanze per il riconoscimento delle attività svolte nel 2014. Nel 2015 , valuteranno le richieste pervenute, riguardo all’attività triennale, secondo i nuovi criteri di calcolo. Nel 2016, valuteranno l’andamento dei progetti finanziati, e pronunceranno eventuali decadenze per inottemperanza ai requisiti richiesti dalla nuova normativa. Con riguardo alla PRODUZIONE, il decreto in oggetto,prevedendo i minimi di attività recitativa e produttiva per ogni categoria, distingue i Teatri in: -Nazionali -Di interesse pubblico -Imprese di produzione teatrale: le suddette imprese di nuova istanza, possono avere requisiti inferiori alle imprese che vantano maggiore anzianità, ma solamente per il primo anno: una sorta di incentivo per spingere il lavoro -imprese di produzione teatrale under 30 Sotto il profilo della PROGRAMMAZIONE, il decreto distingue tra: -Organismi di distribuzione e ospitalità -Circuiti regionali -Organismi privati di ospitalità -Festival e Teatro di strada Elemento rilevante è il nuovo METODO DI CALCOLO per l’elargizione del contributo: questo non può essere inferiore a 25 punti, assegnati in base a tre elementi: 1) Quantità: in relazione alla dimensione del progetto (giornate lavorative+oneri sociali+titoli, giornate recitative, spettacoli, spettatori, incassi.) 2) Qualità indicizzabile: in relazione alla qualità del progetto e del soggetto, secondo indicatori quantitativi. Con la valorizzazione di alcuni indicatori, il punteggio viene attribuito in automatico. 3) Qualità non indicizzabile: si effettua in relazione alla qualità del progetto e del soggetto, ma sulla base delle valutazioni della Commissione, con riguardo ad alcuni elementi specifici, quali la qualità della direzione artistica, gli interventi di educazione e promozione presso il pubblico, ottenimento di premi e riconoscimenti nazionali e non, diffusione mediatica su reti nazionali e internazionali; Particolare rilevanza assume la parte del decreto che illustra i parametri di valutazione adottati per la qualità, distinguendo gli obbiettivi strategici e gli obbiettivi operativi: i primi riguardano sia il progetto, che deve favorire la diversificazione della domanda, gli impatti turistici, la promozione all’estero e l’internazionalizzazione, sia il soggetto, rispetto al quale ha rilevanza la capacità gestionale, la riconoscibilità, l’impatto mediatico, la capacità di operare in rete. Gli obbiettivi operativi valutano sia il modo di sostenere la qualità del personale artistico e del progetto artistico, sia quello di sostenere e qualificare diversamente la domanda, intercettando nuovo pubblico, avvicinandosi ai giovani, tenendo rapporti con scuole e università, ampliando e fidelizzando il pubblico, educandolo e facendo promozione presso lo stesso. L’ultima parte del decreto detta i principi generali per l’ammissibilità delle spese, che, per poter essere conteggiate ai fini dell’elargizione del contributo, devono essere pertinenti, cioè relative ad una specifica attività del soggetto, soggettive, cioè sostenute effettivamente dal soggetto che richiede il finanziamento, rispondenti alla tipologia che prevede un certo tipo di spesa in base a costi ammissibili per loro natura, effettive, cioè realmente sostenute, verificabili, vale a dire documentate, temporali, cioè sostenute nell’arco temporale del finanziamento richiesto, tracciabili. In sintesi: Dalla lettura del decreto si desume chiaramente il tentativo di dare un maggior rigore all’elargizione del contributo, sia sotto il profilo della quantità di attività prodotta, che della qualità. Molta rilevanza viene data ad elementi finora poco considerati, quali la formazione del pubblico, una particolare attenzione all’impiego di giovani sotto i trentanni, ai premi e riconoscimenti avuti, sia in Italia che all’estero, sia il rilievo mediatico che viene dato all’attività svolta. Tuttociò anche per uniformarsi ai dettami europei. Molto importante è anche, come già rilevato, il ritorno alla necessità di un programma triennale che, a parte l’anno in corso, deve essere presentato entro il 30 Gennaio di ogni anno. L’attuazione del decreto non è cosa da poco: in primo luogo, perché, così come concepita, corre il rischio di causare una fortissima selezione, a tuto scapito delle realtà teatrali più piccole, che non per questo sono le meno meritevoli; viene accentuato, inoltre, nonché reso obbligatorio, l’aspetto imprenditoriale delle compagnie di produzione, ricalcando quella tendenza che era emersa nelle varie proposte di legge sullo spettacolo dal vivo, peraltro mai pervenute all’esame parlamentare. Si nota inoltre che le Commissioni hanno un potere fortissimo e determinante, dovendo valutare la legittimità dei contributi soprattutto su un giudizio qualitativo, che molto spesso fa rima con soggettivo. Solo il tempo, e il primo triennio, potrà permettere di giudicare la validità del decreto e della sua attuazione. A conclusione di questo breve esame del decreto Ministeriale che modifica il sistema di elargizione del FUS, è opportuno evidenziare le critiche che, ictu oculi, emergono dal testo: 1) Nel complesso, si nota come tutte le regole dettate dal documento producono conseguenze a scapito esclusivo delle Compagnie minori, che non potranno mai – o molto raramente – disporre dei mezzi necessari per poter accedere al FUS: qualora raggiungano il risultato, saranno costrette, nel frattempo, a contrarre debiti così da vanificare, di fatto, i loro sforzi. 2) L’aspetto imprenditoriale è preponderante su quello artistico, difetto che si era già evidenziato nei progetti di legge sul Teatro, mai giunti ad essere una vera legge. 3) Gli estensori del decreto sembrano non aver ben chiaro il volume della domanda e dell’offerta, nell’attuale realtà: il numero richiesto delle giornate lavorative e retributive è infatti eccessivo, rispetto alla carenza di distribuzione degli spettacoli che incontrano sempre maggiori difficoltà presso Teatri, Circuiti e Festival. Marina Petronio Vice Presidente APTI
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