n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE E se la WebTax Crescita record per LG, contrazione all’ungherese arrivasse da noi? per Samsung? 10 In Ungheria ci hanno provato a varare la WebTax. Una piazza fatta da centinaia di migliaia di smartphone – fortunatamente – ha respinto l’attacco e ha costretto un governo non propriamente tra i più liberali al mondo a tornare sui propri passi: per adesso non se ne fa nulla. Ma il proposito del governo ungherese di fare cassa tassando il traffico su Internet è solo rinviato alla prossima primavera. La notizia ha avuto grande riscontro sui mezzi d’informazione e fra l’opinione pubblica. E questo non accade certo a tutte le proposte di tasse che vengono formulate negli altri Paesi. La “benzina” che in questo frangente ha infiammato gli animi riguarda il fatto che il governo ungherese aveva pensato di tassare il traffico internet un tot al gigabyte. E non serve neppure capire a quanti euro corrisponde questo tot: per indignarsi basta sapere che questo tot esista. Non c’è alcuna ragione per la quale il traffico Internet possa essere legittimamente tassato. Tutti d’accordo. Così d’accordo che nel nostro Paese il coro di critiche verso il premier ungherese Orban, anti-europeista convinto, si è alzato unanime. In fondo Orban ha dichiarato: “Noi dobbiamo capire dove vanno gli enormi profitti generati online e vedere se esiste un modo per trattenerne una parte in Ungheria per alimentare il nostro bilancio”. Cambiate Ungheria con Italia e vengono fuori, occhio e croce, le parole con le quali l’on. Francesco Boccia promuoveva qualche mese fa la sua inapplicabile WebTax all’italiana, prima approvata e poi disinnescata all’ultimo dal governo Renzi. L’On. Boccia, almeno a parole, con i soldi ricavati dalla sua WebTax voleva ridurre la tassazione sul lavoro e il cuneo fiscale; una tassa per abbassarne un’altra, in poche parole. Ma la WebTax all’italiana avrebbero dovuto pagarla - secondo le dichiarazioni dei promotori - le multinazionali, Google e compagni. Guarda un po’, le stesse multinazionali che dovrebbero pagare il compenso per copia privata. Che invece grava, ovviamente, sui consumatori. E allora, forse, ci si rende conto che l’Ungheria non è così lontana dall’Italia. Italia dove già si sente serpeggiare in alcuni ambienti il proposito di tariffare (non tassare, tariffare) lo spazio cloud gravandolo di compensi per copia privata; l’Italia dove il clamore e l’indignazione per gli aumenti delle tariffe SIAE voluti dal ministro Franceschini sono già evaporati, lasciando spazio alla serena rassegnazione dei cittadini, che facilmente dimenticano e ancora più facilmente si abituano a pagare anche le cose ingiuste. E allora sorge spontanea la domanda: ma se la tassa su internet l’avesse proposta il nostro premier Renzi, in quanti sarebbero scesi in piazza a manifestare? Sarebbe riuscita la piazza a dissuadere il nostro governo? Forse no, un po’ per “sordità” del premier e un po’ per evanescenza della piazza. E mentre i giornali sono pieni di nuove tasse che servono per cercare di ridurre le tasse, ci risulta più chiaro che qualcuno tenterà anche qui da noi ad introdurre una tassa su Internet. E non potendo imporre alcunché ad aziende che operano dall’estero, a pagare dovranno essere, ancora una volta, i cittadini. In fondo – altra assurdità – in Italia si paga una tassa sugli abbonamenti al cellulare: il modello è fin troppo chiaro; stanno solo aspettando il momento politicamente più propizio (o meno sbagliato) per il colpo di mano. È solo questione di tempo. Gianfranco GIARDINA Accordo tra SIAE e i rivenditori di elettronica 12 Il plasma è morto, anche LG stacca la spina 13 Microsoft ha pronto il suo smartwatch 02 Voci insistenti danno per imminente il lancio, potrebbe arrivare per Natale In attesa di Apple Pay vediamo come pagare con NFC e Android in Italia IN PROVA 24 Facciamo il punto della situazione con gli operatori TIM, Vodafone e PosteMobile Sony Z3 Compact potere ai piccoli 31 05 Panasonic: tutta la verità su OLED, plasma e TV curvi Intervista esclusiva a Mr. Kusumi, Director of Television Business Division di Panasonic 14 Chrome OS può sostituire Windows? 35 Kia Soul Eco-Electric guidare nel silenzio n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Voci insistenti danno per imminente il lancio di un device indossabile targato Microsoft Lo smartwatch Microsoft arriverà a Natale? Un po’ smartwatch e un po’ fitness band, da Redmond puntano al colpaccio per Natale S di Massimiliano ZOCCHI ono mesi che circolano voci su un possibile device indossabile di Microsoft. Dapprima una sorta di “Lumia da polso”, poi una smart band con bracciali intercambiabili, ma di fatto notizie certe non ce ne sono mai state. Ora fonti vicine all’azienda hanno assicurato a Forbes e a The Verge che il prodotto è finalmente in arrivo, addirittura questione di poche settimane e in tempo per le festività natalizie. Non è chiaro se il prodotto assomiglierà effettivamente alle immagini circolate tempo fa riguardanti un brevetto depositato, ma pare che la scelta sia ricaduta su una sorta di “ibrido”. Notizie da prendere con le pinze, ma la fonte parla di un dispositivo che avrà funzioni di smartwatch, sebbene sia molto simile anche a una fitness band, con misurazione del battito cardiaco costante, rilevazione contapassi e calorie bruciate, grazie a diversi sensori integrati. Non è tutto: le voci parlano anche di autonomia che può arrivare fino a due giorni, il che lo renderebbe molto appetibile, e anche il fatto che possa interfacciarsi sia con terminali Windows Phone che Android. Se le voci si confermassero attendibili non sarebbe il primo wearable proposto da Big M. Nel lontano 2004 venne presentato SPOT, un antenato dei moderni smartwatch dotato di schermo mono- cromatico e che era in grado di inviare via FM dei segnali tramite Messenger; il progetto fu un flop e dichiarato defunto già nel 2009. Ora i tempi sembrano più maturi e Microsoft è l’unica grande azienda che manca all’appello. Non è ancora chiaro se verrà sviluppata un’app per supportare anche iOS: di sicuro, però, con questa mossa Redmond potrebbe “rubare” potenziali clienti a Apple Watch. Oregon Scientific Dynamo 2, lo smartwatch low-cost Il braccialetto tiene d’occhio lo stato di salute e informa di messaggi e telefonate in arrivo L di Roberto FAGGIANO torna al sommario Oppo ha presentato ben due smartphone Il top di gamma N3 con fotocamera ruotabile e motorizzata e l’R5, uno degli smartphone più sottili in assoluto di Paolo CENTOFANTI MOBILE Oregon Scientific ha pensato a uno strumento semplice ma con molte funzioni utili o smartwatch è di moda ed è bello poterlo indossare per usufruire delle sue tante funzioni. Però chi possiede uno smartphone “normale” non può pensare di comprare uno strumento che costa più del telefono stesso. Così Oregon Scientific ha pensato di creare uno strumento più semplice ma comunque con molte funzioni utili, offerto a un prezzo abbordabile. I braccialetti Dynamo 2 e Dynamo 2+ costano rispettivamente 80 e 100 euro, si abbinano tramite Bluetooth a qualsiasi smartphone, mentre l’applicazione dedicata è disponibile per Android o iOS. Entrambi i modelli hanno un pratico display OLED per visualizzare l’ora, sveglia e allarmi, le chiamate in arrivo e il nome di chi ci sta mandando un Oppo annuncia gli smartphone N3 e R5 messaggio, anche dai Social Network. Inoltre è disponibile il doppio servizio di avviso sonoro e con vibrazione quando il Dynamo 2 si allontana dal suo smartphone e viceversa, un mezzo utile per ricordarci dove abbiamo lasciato il braccialetto dopo averlo tolto oppure per avvisarci che stiamo dimenticando lo smartphone in qualche luogo. Le applicazioni fitness e salute sono controllabili dall’apposita app gratuita, realizzata con una grafica semplice e già predisposta per condividere sui social network i propri risultati di allenamento. Si può anche impostare un programma di allenamento e verificare se lo stiamo portando a termine oppure quanta attività fisica ancora ci manca. Sono proprio le funzioni fitness a distinguere i due modelli: su entrambi i Dynamo 2 troviamo il contapassi, il misuratore distanza percorsa, il consumo di calorie e la qualità del riposo notturno. Solo sul Dinamo 2+ troviamo inoltre il sensore ECG per determinare la frequenza cardiaca. In ogni momento è possibile visualizzare l’ora semplicemente scuotendo il bracciale per due volte. Il Dynamo 2 è disponibile con il bracciale in silicone nero, il 2+ è invece disponibile in colore fucsia oppure blu. Sono due i prodotti annunciati dal produttore all’evento Oppo di Singapore: l’N3 e l’R5. Dopo tutti i teaser delle scorse settimane, qualcuno poteva aspettarsi qualcosa di rivoluzionario e invece l’N3 è alla fine “solo” un buon top di gamma, con un design originale e materiali di qualità. La caratteristica di punta del dispositivo è la fotocamera motorizzata da 16 Megapixel che può ruotare di 206 gradi funzionando così sia da fotocamera frontale che posteriore e di fatto rendendo l’N3 lo smartphone con la risoluzione più alta per i selfie. Le altre caratteristiche tecniche sono processore Qualcomm Snapdragon 801, schermo da 5,5” Full HD, 2 GB di RAM, batteria da 3000 mAh e Android 4.4. Ci sono però ancora il lettore di impronte digitali sul retro, il telaio in lega di alluminio “industriale” e il telecomando Bluetooth O-Click 2.0 (in dotazione) per controllare alcune funzioni come l’orientamento della fotocamera. L’N3 sarà disponibile da dicembre a 649 dollari. L’altra novità è lo smartphone R5, con processore Snapdragon 615, forse il più sottile smartphone sul mercato, con uno spessore di soli 4,85 mm. Lo schermo è un OLED da 5,2” Full HD e l’R5 è dotato sempre di 2 GB di RAM, fotocamera posteriore da 13 MP e frontale da 5 MP e uscirà con Android 4.4 e interfaccia personalizzata ColorOS 2.0 a 499 dollari. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Il braccialetto Band si collega al servizio Microsoft Health e costa 199 dollari Microsoft Band, smartwatch e fitness band Microsoft lancia Band, il suo primo wearable, braccialetto intelligente con 10 sensori e GPS M di Roberto PEZZALI icrosoft lancia un nuovo prodotto dedicato a fitness, salute e movimento: è il nuovo Band, riempito di sensori di ogni tipo, ben 10, per riuscire a dare una mappa abbastanza precisa della salute di chi lo indossa. Il prodotto Microsoft è un mix tra uno sportband e uno smartwatch: con uno schermo da 310x102 pixel ricorda molto il Gear Fit di Samsung, un bracciale snello e leggero che funziona come fitness tracker ma si sincronizza con lo smartphone per fornire aggiornamenti e notifiche. Oltre ad avere Cortana come assistente vocale. Sensore UV, battito cardiaco, accelerometro, sensore per lo stress e pure GPS sono alcuni dei moduli che Microsoft ha usato. Tanti sensori vuole anche dire autonomia non certo egregia: Band si ferma a 2 giorni, ma non essendo un orologio e funzionando anche senza smartphone associato l’obiettivo è raggiunto: non è un oggetto da tenere ogni giorno e ogni ora al polso come viene invece richiesto a uno smartwatch. Per sincronizzare i dati di Band, Microsoft ha realizzato un nuovo framework simile a Healtkit e a Google Fit: si chiama Health e raccoglie i dati dei sensori, li analizza e li formatta in un modo leggibile e chiaro per la visualizzazione tramite l’app dedicata. Nell’idea di Microsoft, Band non è un dispositivo legato al suo mondo, ma un device cross-platform: l’idea è che possa funzionare anche con Apple Healtkit e Android Fit, e allo stesso modo Microsoft vorrebbe che produttori terzi come Nike e Fitbit rendano i loro prodotti Health compatibili. Alcuni produttori di hardware e app, come Jawbone, MapMyFitness, MyFitnessPal e RunKeeper hanno già aderito al programma. Tra le funzionalità di Health, oltre alla raccolta dati, la possibilità di condividere con il medico o personal trainer il proprio profilo personale e un “Intelligent Engine” che offre suggerimenti mirati in base ai risultati degli esercizi. Alcuni giorni fa, a poche ore dal lancio in USA a 199$, Band era già esaurito sia negli store fisici sia sul Microsoft Store Online. testimonianza di una scommessa vinta da parte di Microsoft e della vitalità di un segmento che può fare la differenza. Fitbit si fa in tre, per la gioia di tutti gli sportivi I tre prodotti Fitbit, Charge, Charge HR e Surge, sono dedicati principalmente al fitness F itbit, che mantiene una posizione dominante nel mercato degli Activity Tracker, rinnova la gamma dei suoi prodotti, che nel 2015 sarà composta da tre modelli: Charge, Charge HR e The Surge. Il primo è il modello base e l’unico che uscirà in tempo per le festività natalizie: ha un look simile al modello dello scorso anno, un piccolo display per le informazioni essenziali e per la funzionalità di notifica delle chiamate dello smartphone collegato. Il materiale è una plastica anallergica, ha una settimana di autonomia e, tra le nuove funzionalità, il riconoscimento automatico del sonno; il prezzo è di 130 dollari. Charge HR, che costerà 20 dollari in più, sarà identico a Charge ma con in più un sensore di battito cardiaco da usare per tutti gli scopi di fitness permessi dall’app; rispetto al modello base l’autonomia passa da 7 a torna al sommario 5 giorni. Surge è, invece, pensato non tanto come tracker dell’attività quotidiana ma per il fitness e l’attività sportiva in senso stretto. È più grande, più spesso, ha funzionalità di orologio, un sensore di battito cardiaco e un modulo GPS per la corsa e tutte le attività all’aperto. Si propone come soluzione “tutto in uno” dedicata allo sport, che non necessita di uno smartphone di controllo sempre in tasca né di una fascia cardio supplementare, sebbene si stimi che le rilevazioni non siano parimenti precise. Un display touch, può controllare la riproduzione musicale del dispositivo connesso e la notifica delle chiamate, tutto per 250 dollari, con uscita nel 2015. A proposito di Surge, James Park, CEO dell’azienda, ha comuni- Un trolley pieno di sensori, sempre connesso e con molte funzionalità È in crowdfunding su Indiegogo di Paolo CENTOFANTI GADGET I braccialetti usciranno da qui al 2015 e avranno prezzi dai 130 ai 250 dollari di Emanuele VILLA Con Bluesmart bagaglio a mano smart cato a Mashable che non solo il proprio dispositivo non è uno smartwatch, ma anche che l’azienda non ha nessun piano di ingresso in questo segmento. interessante la sua spiegazione: gli smartwatch non hanno una reale utilità, e per questo l’adozione da parte degli utenti è piuttosto lenta. In pratica, gli smartwatch non sono utili, non hanno una collocazione ben definita a differenza degli strumenti dedicati al fitness, sui quali continuerà a concentrarsi l’attenzione dell’azienda. Il trolley di Bluesmart in crowdfunding su Indiegogo è un bagaglio controllabile da smartphone tramite app, una valigia da bagaglio a mano che integra un modulo GPS e connettività cellulare per sapere sempre dove si trova. Sensori di prossimità permettono di ricevere notifiche se ci stiamo allontanando dalla valigia, con mappa di prossimità sull’app per rintracciarla. C’è una chiusura di sicurezza elettronica, approvata dalle autorità aeroportuali, per chiudere la valigia dallo smartphone; la maniglia integra una bilancia che comunica allo smartphone il peso del bagaglio e c’è una batteria integrata per ricaricare smartphone e tablet riposti nel bagaglio. La valigia è rivestita da tre strati di policarbonato e da uno strato in poliuretano per rendere l’esterno resistente e impermeabile. Uno scompartimento frontale è studiato per alloggiare laptop, tablet e smartphone. La maniglia è in alluminio anodizzato per resistenza e leggerezza e per una migliore trasportabilità la parte inferiore è dotata di quattro rotelle. Il costo previsto una volta iniziata la produzione è di circa 450 dollari, ma per gli early adopter che parteciperanno alla campagna di finanziamento c’è un prezzo speciale di 235 dollari per le prime unità. Il progetto ha già raccolto 144.000 dollari contro i 50.000 richiesti. Per vedere i primi esemplari uscire dalle fabbriche occorrerà aspettare la prossima estate. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE La svizzera Dwiss ha in cantiere un progetto di cover e cinturini davvero niente male Sono di Dwiss i primi accessori Apple Watch Non si sa nemmeno quando uscirà, ma c’è chi già pensa agli accessori per Apple Watch N di Emanuele VILLA on sappiamo ancora quando lo smartwatch Apple vedrà la luce ma qualcuno si sta già muovendo per “costruirci” i migliori accessori possibili. Nella fattispecie, quello che Dwiss SA (azienda di orologeria svizzera con base a Lugano) sta progettando, e per il quale chiede l’intervento di finanziatori privati via Indiegogo, è LG G Watch R arriverà in Italia a inizio novembre Lo smartwatch di LG, il G Watch R, arriverà nei negozi italiani agli inizi di novembre. Lo ha ufficialmente confermato LG, in un comunicato che annuncia l’arrivo sul mercato internazionale del secondo smartwatch Android Wear di LG, in leggero ritardo rispetto a quanto preventivato. Se il primo G Watch era per lo più un prodotto pensato per accompagnare il lancio del sistema operativo di Google, il G Watch R è un prodotto più elaborato e originale, a cominciare dal suo caratteristico display P-OLED circolare da 1,3 pollici. Lo smartwatch è dotato di cassa in alluminio e acciaio inossidabile con certificazione di impermeabilizzazione IP67 e integra il processore Snapdragon 400 di Qualcomm, accelerometro, giroscopio, bussola digitale, barometro e un misuratore di battito cardiaco. Avevamo già avuto modo di vedere il nuovo smartwatch in azione all’IFA di Berlino lo scorso settembre e ci aveva piacevolmente colpito. Il prezzo di listino per l’Italia sarà di 269,90 euro. torna al sommario un set completo di cover e di cinturini tali da permettere un livello di personalizzazione infinito al primo smartwatch della mela. Al momento in cui si scrive, il progetto ha raccolto circa 2.000 dollari americani dei 30.000 richiesti per entrare in produzione, ma c’è ancora più di un mese per raggiungere l’obiettivo. Niente di particolare da dire sulle cover: il principio è precisamente lo stesso di qualsiasi smartphone attuale, ovvero fornire massima protezione senza (per quanto possibile) sacrificare il design, e saranno disponibili in svariati colori per assecondare il look del dispositivo Apple. Decisamente più elaborati e belli da vedere, con look che va dallo sportivo all’elegante, sono i cinturini: abbiamo senz’altro una predilezione per il design colorato e sportivo, con cinturini in silicone pensati per abbinarsi alle “faces” che l’orologio mostrerà ai propri utenti, ma troviamo anche degli ottimi cinturini metallici in acciaio (albatross black e albatross silver) e anche una versione in pelle. Per ulteriori informazioni, questa è la pagina del progetto. MOBILE L’atteso smartwatch Android Wear subisce ancora ritardi Rinvio Moto 360: in Italia nel 2015 di Emanuele VILLA na buona notizia per Motorola, una meno buona per gli appassionati: causa forti richieste a livello mondiale, il Moto 360 viene ulteriormente rinviato in Italia e in alcuni altri stati europei. Una mossa sicuramente non prevista da parte dell’azienda, che mai come nel perido Natalizio dovrebbe presentarsi in forze su tutti i mercati, ma si vede che la domanda è stata inizialmente sottostimata e e ora ne paga le conseguenze chi lo sta aspettando da un po’. Ricordiamo infatti che l’uscita del prodotto era inizialmente prevista per ottobre, poi novembre, ora dobbiamo attendere altri 2 mesi. Moto 360 è lo smartwatch Android Wear più atteso in assoluto, e questo non tanto per le peculiarità del sistema operativo, ma per il look al tempo stesso moderno e raffinato dell’orologio, che assomiglia in tutto e per tutto a un bel modello tradizionale (giustamente preso a modello per le versioni 2.0). Chi non potesse proprio farne a meno non avrà comunque difficoltà a trovarne un’esemplare all’estero, considerando tra l’altro che in alcuni Stati europei l’orologio è (o sarà) correttamente distribuito. U Galaxy S5 si rinnova e diventa Plus Potenza senza compromessi Samsung rinnova Galaxy S5 e lo fa diventare Plus Non cambia nulla esteticamente, ma il processore è uno Snapdragon 805 “simile” a quello del Note 4 di Emanuele VILLA Con una mossa a sorpresa, Samsung ha aggiornato il suo terminale di punta alle ultime soluzioni tecnologiche. E così il Galaxy S5 diventa Galaxy S5 Plus, resta immutato sotto il profilo estetico ma raggiunge nuove vette prestazionali. Tra l’altro la notizia ha particolare rilevanza perché il lancio di S5 Plus dovrebbe essere imminente e riguardare anche l’Europa: prezzo tutt’altro che confermato, ma si parla di 699 euro di listino; l’attuale Galaxy S5 dovrebbe restare in gamma, semplicemente verrà riposizionato più in basso. Nessuna novità estetica, resta l’ottimo display da 5,1’’ Full HD Amoled, stessa RAM, stessa fotocamera, stesso tutto ad eccezione del cuore del sistema, il SoC: si passa da un già “performante” processore snapdragon 801 allo snapdragon 805 da 2,5GHz; non è precisamente lo stesso SoC montato sul Galaxy Note 4 (che è da 2,7 GHz) ma poco ci manca e supponiamo che, complice il display Full HD contro il Quad HD del Note 4, le prestazioni di Galaxy S5 Plus siano davvero prive di ogni compromesso. Attendiamo nuove indicazioni da parte di Samsung Italia. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Abbiamo cercato di fare il punto della situazione italiana sui pagamenti NFC con TIM, Vodafone e PosteMobile Ecco come pagare via NFC in Italia con Android I modelli che integrano il sistema di comunicazione contactless sono sempre di più ma quali sono e dove si possono utilizzare? di Paolo CENTOFANTI omplice l’ingresso nell’arena dei pagamenti contactless da parte di Apple con la sua soluzione Apple Pay, si torna a parlare di NFC e pagamenti tramite lo smartphone. Perché di NFC scriviamo ormai da anni, e la tecnologia è già disponibile su tantissimi smartphone Android e Windows Phone, ma a conti fatti sono pochissimi coloro che hanno avuto modo di provare questa funzione, anche perché le banche che offrono servizi di pagamento contactless via smartphone sono ancora poche e sembrano far di tutto per non pubblicizzare la cosa. Eppure qualcosa negli ultimi mesi in realtà si è mosso, soprattutto grazie agli operatori telefonici, a cominciare da Vodafone e TIM, e oggi utilizzare lo smartphone al posto della carta di credito o del bancomat è possibile. Vediamo come. C Il ruolo degli operatori telefonici e le SIM NFC Prima di vedere come poter pagare con lo smartphone e NFC, facciamo un passo indietro per capire come funziona il sistema. Al momento la maggior parte delle soluzioni di pagamento via smartphone e NFC in Italia coinvolgono gli operatori telefonici, questo perché viene dato un ruolo molto importante per quanto riguarda la sicurezza alla SIM del nostro telefono. Per abilitare lo smartphone ad effettuare pagamenti, infatti, occorre in primo luogo “virtualizzare” una carta di pagamento rilasciata da una banca o un istituto di carte di credito all’interno di un’app sullo smartphone, il digital wallet o portafoglio digitale. Per custodire in modo sicuro i dati della carta e impedire che questi vengano sottratti via software da eventuali malware o via hardware manomettendo il terminale, viene infatti utilizzato quello che è chiamato Secure Element, un’area di memoria cifrata della SIM in cui vengono memorizzate le chiavi univoche necessarie per effettuare le transazioni. È per questo motivo che per abilitare questi servizi occorrono delle SIM NFC specifiche. In sostanza le banche affidano la sicurezza alla SIM dell’operatore, che in cambio riceve una fetta della commissione applicata alla transazione (non a carico dell’utente finale). Google, Apple e a breve CartaSì scavalcano la SIM Un’altra soluzione svincolata dagli operatori telefonici, relativamente più recente, è quella definita HCE (Host Card Emulation), che consiste in una totale emulazione via software e servizi cloud delle carte di pagamento. Questo secondo metodo di gestione della sicurezza ha avuto un grosso impulso con il supporto da parte di Google a cominciare da Android KitKat, ed è la tecnica utilizzata dal Google Wallet per i pagamenti NFC nei trial negli Stati Uniti. MasterCard e VISA hanno annunciato circa un anno fa l’adozione dell’HCE e la realizzazione della relativa infrastruttura cloud e c’è da credere che sarà la soluzione prediletta da tutti gli operatori cosiddetti over-the-top torna al sommario (come PayPal per intenderci). In Italia, questo sistema debutterà con CartaSì che ha annunciato la prossima introduzione di MySi, digital wallet per Android KitKat che potrà essere utilizzato da tutti i possessori di una carta di credito CartaSì VISA. Per il suo servizio di pagamento Apple Pay, invece, Apple ha sfruttato il suo controllo totale sia sull’hardware che sul software per scavalcare a suo modo il bisogno di utilizzare la SIM, integrando il secure element nel chip apposito già all’interno dei nuovi iPhone e iPad con Touch ID. In questo caso la sicurezza della transazione è affidata principalmente ad Apple che stringerà direttamente gli accordi con le varie banche come sta facendo in questa fase iniziale negli Stati Uniti. I servizi disponibili in Italia Si paga solo con Android Come abbiamo visto, attualmente il modello che ha preso piede in Italia è quello che si appoggia alla SIM NFC grazie alla spinta data dagli operatori telefonici. Le banche che hanno dato il loro appoggio ai pagamenti via smartphone sono però ancora poche, mentre tra le carte di credito troviamo sia i circuiti MasterCard che VISA. Le soluzioni oggi offerte sono principalmente quelle delle carte prepagate, segno che le banche stanno ancora più che altro tastando il terreno. I servizi disponibili hanno tutti dei requisiti comuni: uno smartphone Android compatibile - non solo NFC ma anche con il servizio offerto dall’operatore/banca -, l’app dell’operatore, l’app della banca o della carta di credito e naturalmente un esercizio commerciale con un POS compatibile. Per quanto riguarda quest’ultimo punto tutte le soluzioni sono compatibili con i metodi di pagamento VISA PayWave e MasterCard PayPass. Il funzionamento, infatti, non è poi diverso proprio da quello delle normali carte di credito abilitate ai pagamenti contactless: al posto della carta si appoggia al POS lo smartphone e anche in questo caso per i pa- gamenti fino a 25 euro non è necessario inserire il PIN. In caso di furto dello smartphone basta bloccare la SIM per disattivare anche il digital wallet e quindi le funzioni di pagamento. TIM Wallet con Intesa Sanpaolo e Banca Mediolanum TIM ha lanciato la scorsa estate il TIM Wallet per Android, portafoglio digitale compatibile con due carte di pagamento rilasciate rispettivamente da Banca Mediolanum e a breve Intesa Sanpaolo. La prima ad essere stata resa disponibile è quella di Mediolanum, la Freedom Easy Card, realizzata in collaborazione con CartaSì. Si tratta di una carta prepagata che funziona come carta di credito del circuito MasterCard e può essere utilizzata quindi presso i negozi che offrono la possibilità di pagare con MasterCard PayPass. Per richiederla occorre aprire un conto corrente con Banca Mediolanum e per utilizzarla ci vuole uno smartphone Android compatibile e oltre all’app TIM Wallet anche il Mediolanum Wallet sempre disponibile su Play Store. TIM SmartPAY, che appartiene al segue a pagina 06 n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Molti esemplari sono rimasti sugli scaffali e diversi i fornitori da pagare. Le aspettative non sono state rispettate Il flop di Fire Phone costa ad Amazon 170 milioni di dollari Trimestre finanziario infelice per l’azienda di Bezos, soprattutto per lo smartphone. Prodotto sbagliato o troppa attesa? D di Massimiliano ZOCCHI opo il successo dei tablet Amazon Fire, forse gli unici con numeri di vendita importanti oltre ai soliti noti, ci si aspettava molto dal primo smartphone prodotto dall’azienda “sorridente”. Promesse che purtroppo per Jeff Bezos sono state completamente disattese. Amazon ha, infatti, dichiarato pessimi risultati per l’ultimo trimestre, e il solo Fire Phone ha generato un buco di 170 milioni di dollari. Troppi sono rimasti nei magazzini e sugli scaffali, per un valore di 83 milioni, e il restante è il dovuto ai fornitori che (giustamente) vanno pagati. Tanta pubblicità con effet- to WOW alzò l’asticella, e malgrado una buona qualità generica, le aspettative non sono state rispettate. Difficile dire di preciso cosa sia andato storto, anche perché Amazon ci ha provato davvero a proporre qualcosa di innovativo, come ad esempio il sistema di tracciamento 3D con diverse fotocamere sul perimetro. Forse l’attesa è stata troppa, e Fire Phone è stato lanciato nella mischia quando i concorrenti erano ormai troppi e a un livello qualitativo elevatissimo. Lo stesso CFO Tom Szkutak lo ha definito “un buon terminale in un mercato molto competitivo”, andando un po’ contro alle dichiarazioni del suo stesso CEO. Il sistema operativo poi, nonostante sia basato su Android, è pesantemente personalizzato e non ha incontrato i favori del pubblico, che amano sentirsi rassicurati in determinati ecosistemi. Inoltre, la paura di AT&T di trovarsi con numerose scorte invendute non ha di certo aiutato. Sbattere in prima pagina il telefono di Bezos a solo 99 centesimi ha avuto un effetto boomerang, alimentando la cattiva pubblicità anziché le vendite. Di sicuro il programma Amazon Prime, incluso per un anno con ogni Fire Phone venduto, aiuterà a recuperare parte degli introiti persi, si spera tramite l’acqui- sto di contenuti e software come accaduto con i tablet della stessa famiglia. Questi, però, vengono visti più come un centro multimediale anche per la famiglia, mentre in un telefono il cliente desidera più un uso diretto e difficilmente lo identifica in un mezzo d’acquisto. MOBILE NFC in Italia con Android circuito VISA, è la carta prepagata rilasciata da Intesa Sanpaolo. Si tratta di una carta prepagata sottoscrivibile dai clienti TIM e senza necessità di aprire un conto corrente con Intesa Sanpaolo. L’attivazione della carta, che ha un costo di 4,90 euro, può essere effettuata completamente online e, per chi attiverà la carta entro il 30 aprile 2015, le ricariche saranno gratuite per tutto il 2015. Inoltre, ogni 50 euro spesi con SmartPAY si tradiranno in un bonus di 1 euro sul proprio conto telefonico. Da gennaio 2015, inoltre, tutte le carte di pagamento di Intesa Sanpaolo saranno importabili all’interno del TIM Wallet e quindi utilizzabili per pagare via NFC con il proprio smartphone. Il TIM Wallet è compatibile con quasi tutti gli smartphone Android NFC e la lista completa è disponibile sul sito di TIM. smartphone. Il Vodafone Wallet è già abilitato non solo ai pagamenti ma anche ad ospitare un gran numero di carte fedeltà, tessere carburante e carte miglia di alcune compagnie aeree. In più è possibile utilizzare il Wallet per l’acquisto di biglietti per i mezzi pubblici di un buon numero di città italiane. Queste carte non fanno però ancora uso dell’NFC, ma vengono semplicemente memorizzate sul Wallet per essere mostrate sul display. L’unica eccezione è una sperimentazione al momento in atto in alcuni supermercati della catena Bennet. Più avanti, anche Vodafone Wallet supporterà la carta prepagata di Banca Mediolanum Freedom Easy Card, anche se non è ancora stata annunciata la data di lancio del servizio. Vodafone è, inoltre, in trattativa con altre banche per i pagamenti NFC ma non ci sono ancora annunci in proposito. Il Vodafone Wallet è compatibile con molti smartphone Android con NFC e la lista completa è disponibile qui. Vodafone Wallet per SmartPass e tante carte fedeltà PosteMobile ha l’NFC per Postepay e Postamat Vodafone offre una soluzione molto simile a quella che abbiamo appena visto con TIM, il Vodafone Wallet lanciato per Android insieme alla carta prepagata Vodafone SmartPass lo scorso aprile. La carta, dedicata ai clienti Vodafone, è in questo caso rilasciata direttamente dall’operatore telefonico in collaborazione con CartaSì, non si appoggia a una banca specifica e appartiene al circuito MasterCard. Può essere quindi richiesta direttamente a Vodafone e richiede una SIM Vodafone 4G NFC per poter essere utilizzata sul proprio L’operatore PosteMobile ha da pochissimo lanciato la nuova SIM NFC per supportare le carte di pagamento del gruppo Poste e quindi Postepay e Postamat. Anche in questo caso sono supportati solo i telefoni Android - tra l’altro con una lista di compatibilità che non include ancora terminali come LG G3 o HTC One (la lista completa è qui). Il servizio richiede la nuova Super SIM NFC e supporta una lunga lista di carte di pagamento di BancoPosta. In più è possibile generare dall’app per Android di PosteMobile, che funziona anche da digital wallet, una carta virtuale e-Postepay. L’NFC di PosteMobile funziona sia con MasterCard che VISA a seconda della carta BancoPosta che viene importata nel wallet. Il servizio sfrutta la sinergia tra le varie divisioni del gruppo Poste ed è, se vogliamo, una soluzione verticale per i clienti BancoPosta. Poste ha annunciato anche la futura possibilità di utilizzare il wallet e l’NFC anche per l’acquisto di biglietti sui mezzi pubblici di alcune segue Da pagina 05 torna al sommario città, ma al momento non sono ancora stati annunciati i dettagli di chi aderirà al servizio e con quali modalità. Non c’è ancora la soluzione per tutti ma qualcosa si muove Quello che emerge da questa panoramica è che siamo ancora in una fase embrionale per i pagamenti via NFC. Le offerte ci sono ma per la maggior parte delle persone il ridotto numero di soluzioni richiede oggi o il cambio di operatore o l’apertura di un nuovo rapporto con una nuova banca, a meno ovviamente di non essere già clienti della giusta combinazione. In questo senso, in attesa di sapere come sarà la soluzione di TIM, se si è clienti Vodafone, la carta prepagata SmartPass è forse il modo più semplice per provare l’ebrezza di utilizzare il proprio smartphone NFC. E qui viene l’altra nota dolente. Al momento i pagamenti NFC sono disponibili solo per piattaforma Android e solo su alcuni modelli. Tagliati fuori dunque i possessori di Windows Phone e naturalmente gli utenti iPhone, visto che Apple ha integrato l’NFC solo sui nuovissimi iPhone 6 e iPhone 6 Plus e Apple Pay al momento è ancora lungi dall’arrivare in Europa. Tutto ciò è dovuto anche all’attuale ecosistema che prevede un po’ troppi attori: le banche, le carte di credito, gli operatori telefonici e i produttori hardware. L’avvento dell’HCE potrebbe semplificare le cose mettendo in comunicazione diretta le carte di credito con le app per smartphone e l’arrivo del wallet di CartaSì per le carte VISA sarà un’interessante banco di prova. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE TIM, insieme a Intesa Sanpaolo e VISA, ha lanciato la carta prepagata SmartPAY Con TIM SmartPAY paghi con lo smartphone NFC Tutti gli utenti TIM possono acquistare con smartphone NFC su tutti i POS contactless di VISA di Paolo CENTOFANTI ggi tutti i clienti TIM possono chiedere gratuitamente la sostituzione della propria SIM con una SIM NFC e quindi sottoscrivere la nuova carta di pagamento prepagata TIM SmartPAY. Si tratta di una carta rilasciata da Intesa Sanpaolo e VISA e che consente di utilizzare lo smartphone NFC (oggi Android a breve anche Windows Phone) per effettuare pagamenti nei sempre più diffusi punti vendita con POS contactless. La carta permette di pagare tramite il circuito VISA presso tutti i POS compatibili VISA PayWave e può essere richieste direttamente online, senza dover passare in filiale e soprattutto senza dover aprire un nuovo conto con Intesa Sanpaolo. Il costo di attivazione di TIM SmartPAY è di appena 4,90 euro per la versione solo “virtuale” NFC e, per chi l’attiva entro il 30 aprile 2015, i costi di ricarica saranno gratuiti fino al 2016, e per sempre per le ricariche effettuate via bonifico bancario. Inoltre per ogni 50 euro spesi con TIM SmartPAY, l’utente riceverà un bonus di 1 euro sul traffico telefonico. La carta è disponibile anche in versione di plastica, ma con un costo di attivazione di 9,90 euro e ha dei massimali di spesa di 999 euro, con una ricarica O massima annuale di 2500 euro. Se si è anche clienti Intesa Sanpaolo, allora è possibile richiedere, sempre a 9,90 euro, anche la versione nominativa della carta, con il vantaggio di avere un massimale di 5000 euro. Qualunque sia il formato scelto, la carta TIM SmartPAY viene virtualizzata all’interno dell’app TIM Wallet per Android, operazione che abilita quindi i pagamenti NFC tramite il proprio smartphone. Il wallet di TIM per Windows Phone è in avanzata via di sviluppo e dovrebbe invece venire rilasciato entro fine anno. Come per le carte contactless, fino a 25 euro di spesa non è richiesto il PIN della carta quando si effettua un acquisto e in caso di furto o smarrimento dello smartphone, basta disattivare la SIM per bloccare anche la funzione di pagamento. La collaborazione tra TIM e Intesa Sanpaolo non si esaurisce però solo con la nuova SmartPAY: entro fine gennaio 2015, infatti, il gruppo bancario ha annunciato che tutte le carte di pagamento Intesa Sanpaolo saranno virtualizzabili all’interno del TIM Wallet, cosa che potenzialmente potrebbe dare un notevole impulso alla diffusione dell’utilizzo dell’NFC. TIM oggi ha annunciato anche altre iniziative legate al TIM Wallet come la futura PosteMobile lancia la nuova SIM NFC che permette di caricare sul propio digital wallet carte Postepay e Postamat e pagare così con lo smartphone ovunque c’è un POS contactless La carta potrà essere richiesta anche direttamente dall’app TIM Wallet. Il portafoglio digitale di TIM può contenere anche carte fedeltà, coupon, biglietti dei mezzi pubblici e, il prossimo anno i biglietti di ingresso di Expo 2015. possibilità di virtualizzate anche carte fedeltà, coupon e titoli di viaggio dei trasporti pubblici. A questo proposito, Sergio Cozzolino di Telecom Italia, ci ha confermato che entro febbraio 2015 partirà la possibilità di utilizzare smartphone NFC per accedere alla rete dei trasporti milanesi di ATM. MOBILE La soluzione software Google dedicata al fitness è disponibile nello store Android Google Fit disponibile per tutti: semplice e completo Grafica molto “asciutta” e senza tante opzioni, ma con grandi possibilità di espansione D di Emanuele VILLA opo averlo annunciato mesi fa, Google ha pubblicato sul proprio store il tool “definitivo” per la gestione dell’attività fisica via Android, Google Fit. Il principio è lo stesso di healthkit di Apple, anzi il tool di Google rappresenta l’ovvia risposta dell’azienda all’agguerrito competitor. L’idea è quella di fornire una piattaforma stabile per il fitness e la salute in ambiente Android, piattaforma da “ampliare” nelle funzionalità con app e dispositivi di terze parti. Google Fit quindi non ha intenzione di eliminare le app già disponibili proponendosi come alternativa “ufficiale”, ma vuole diventare la base condivisa per il torna al sommario mondo fitness Android, sulla quale costruire nuove funzionalità, apparecchi e via dicendo. Inoltre, è l’app “ufficiale” per il fitness ottimizzata per i dispositivi Android Wear, sui quali offre notifiche, aggiornamenti e permette anche l’interazione diretta con l’utente. L’app è gratuita, disponibile per smartphone e tablet Android e semplicissima da usare, al punto che apparentemente può sembrare un po’ scarna. Ci abbiamo giocato qualche minuto: si impostano i dati personali, il tipo di attività e basta, dopo di che l’app in background “forma” il database dell’attività fisica e dello stato di forma dell’utente. Carina la Con la SIM NFC Postepay e BancoPosta si usano con lo smartphone possibilità di studiare l’andamento mediante grafici, creare routine personalizzate e, appunto, estendere l’esperienza mediante smartwatch Android Wear e svariati apparecchi ad hoc. Merita sicuramente una prova, quanto meno per metterlo in relazione con il concorrente più agguerrito. Questo il link diretto. di Paolo CENTOFANTI I pagamenti via NFC stanno cominciando lentamente a prendere piede. L’ultima novità arriva da PosteMobile che ha annunciato la disponibilità della nuova Super SIM NFC. Rispetto alla versione precedente, la nuova SIM consente di caricare sul digital wallet dell’app di PosteMobile per smartphone anche le carte Postepay e Postemat del proprio conto BancoPosta, senza necessità di creare una carta virtuale apposita. Con questa funzionalità diventa così possibile pagare con uno smartphone con NFC invece della carta tradizionale in tutti gli esercizi commerciali dotato di POS contactless compatibile con VISA PayWave e MasterCard PayPass. Oltre ai pagamenti, l’app di PosteMobile e la Super SIM NFC supporteranno a breve anche carte fedeltà, coupon ma PosteMobile parla anche di mezzi pubblici, anche se al momento non sono stati comunicati altri dettagli. Per utilizzare il servizio occorre uno smartphone Android compatibile e la lista include soprattutto modelli Samsung ed LG. Per quanto riguarda la sicurezza, i pagamenti NFC funzionano in modo simile alle carte contactless, per cui per pagamenti fino a 25 euro non è richiesta la digitazione del PIN, mentre in caso di perdita o furto dello smartphone basta bloccare la SIM per disattivare anche tutte le funzioni di pagamento. La nuova Super SIM NFC è acquistabile online sul sito di PosteMobile, oppure presso gli uffici postali. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Nuove soluzioni per chi trova gli smartphone di oggi troppo difficili da utilizzare Da Doro lo smartphone e il PC per la “terza età” L’azienda svedese ha presentato dei dispositivi facili da usare dedicati agli utenti senior I Google dichiara che lo smartphone componibile Project Ara avrà il suo store componenti Sarà una piattaforma “free and open” e chiunque potrà vendere i suoi prodotti Il modello è Play Store di Paolo CENTOFANTI l progresso tecnologico avanza, ma la semplicità di utilizzo spesso non va di pari passo, almeno non per tutti. Doro è un’azienda svedese specializzata in prodotti semplificati per utenti senior o comunque che hanno bisogno magari di qualche aiutino e ha presentato nuove soluzioni che puntano a mettere a disposizione le più moderne forme di comunicazioni anche a chi è un po’ più avanti con gli anni. Liberto 820 ad esempio è un nuovo smartphone Android con molte caratteristiche pensate appositamente per semplificarne il più possibile l’utilizzo. L’interfaccia, ad esempio, basata su An- cazione Android, ma l’aspetto più interessante è il Doro Manager. Sul Liberto 820 l’app offre guide e accesso rapido a funzionalità base, ma LAPTOP DORO EASY PC permette anche di controllare il cellulare anche in remoto da qualsiasi altro smartphone Android. Con Doro Manager è possibile controllare a distanza la ricezione del segnale, la luminosità dello schermo, il livello della suoneria e così via dello smartphone dato in uso ad esempio a un anziano che vive da solo: in questo modo è possibile magari accertarsi che se non risponde al telefono è perché ha per sbaglio disattivato la suoneria. Sempre tramite Doro Manager è possibile inviare foto, droid 4.4 KitKat, offre una home screen file e persino applicazioni da scaricare con icone grandi e ben distinguibili in modo molto semplice per chi li deve per tutte le funzionalità principali dello ricevere. smartphone: chiamate, messaggi, con- Anche l’hardware è stato studiato per tatti e così via. Un sistema di training in- chi magari non è abituato a uno smarsegna all’utente passo per passo come tphone tradizionale. Il vetro frontale, ad effettuare le operazioni più comuni e le esempio, è protetto da un bordo più applicazioni delle funzioni base sono alto del solito del guscio del telefono, state ottimizzate per una migliore leg- così da essere meno suscettibile a gibilità e semplicità d’uso. Non manca graffi quando appoggiato senza tropcomunque il Google Play Store e la pe attenzioni. Per la ricarica invece è possibilità di utilizzare qualsiasi appli- prevista un’apposita basetta che sostituisce la classica ricarica tramite connessione micro USB, spinotto decisamente poco pratico. Inoltre, come su altri prodotti Doro, sul retro del Liberto 820 troviamo il tasto di allarme che permette a un anziano in difficoltà di lanciare un allarme chiamando dei numeri di telefono predefiniti. Il sistema permette di impostarne fino My Doro Manager, l’app che consente di controllare a cinque, che verranno in remoto il Liberto 820. chiamati in sequenza fino torna al sommario Project Ara avrà il suo store di componenti di Emanuele VILLA EASYPHONE 508 a quando uno di questi non risponde, scartando i risponditori automatici. Lo smartphone è dotato di schermo da 4,5 pollici con risoluzione di 940 x 560 pixel, processore quad core, fotocamera da 8 Megapixel con tasto di scatto dedicato, altoparlante ad alto volume, supporto a codifica HD Voice per una migliore qualità delle conversazioni telefoniche, Bluetooth 4.0 e ha un prezzo di listino di 259 euro. Oltre a Liberto 820, già disponibile, Doro lancerà a gennaio anche un portatile semplificato basato su un modello Acer con display da 15,6 pollici. Il laptop Doro Easy PC è caratterizzato da una cover per tastiera che offre tasti più grandi e meglio leggibili e un’interfaccia grafica molto semplice che dà agevolmente accesso a funzioni come la posta elettronica, contatti, lettore multimediale e browser web. I dati tecnici parlano di processore Intel Celeron 2955U, 4GB di RAM, hard disk da 500 GB e webcam da 1,3 Megapixel. Sarà disponibile a un prezzo di 699 euro. Doro ha presentato anche nuovi telefoni tradizionali semplificati, tutti dotati di tasto di allarme, i nuovi EasyPhone 613 e 508 (sopra) e ha annunciato la prossima introduzione anche di un tablet Android, sempre con interfaccia semplificata in stile Easy PC, che verrà presentato in tempo per il Mobile World Congress. Ancora nessuna notizia circa il debutto di Project Ara, lo smartphone componibile realizzato sotto l’ala protettiva di Google, ma si intensificano le informazioni (questa volta, ufficiali) sul suo ecosistema. Oggi Paul Eremenko di Google ha dichiarato, in un’intervista alla Purdue University, che Google ha intenzione di seguire il modello di Android dotando Project Ara di un suo store centralizzato per la vendita di moduli “certificati” per lo smartphone componibile. Seguendo le orme di Play Store, Google intende creare una piattaforma “free and open” e disponibile a chiunque, di modo tale che chiunque possa creare, realizzare e vendere moduli per Project Ara. Tutto ciò rappresenta senz’altro un’ottima notizia per startupper e sviluppatori di tutto il mondo, nonostante Google debba fornire al più presto specifiche e dettagli in merito, soprattutto per quanto concerne i test di verifica cui i moduli verranno sottoposti prima di essere commercializzati. In ogni caso, si prospetta una nuova opportunità di business per molti: probabilmente ne sapremo di più al CES di Las Vegas. Musica & Luce. Insieme. LSX-170 Lighting Audio System Riproduzione di musica wireless // Ingresso Aux // Luce a LED (regolabile) // Funzione sleep e riproduzione con timer per luce e musica // Controllo via Smart App (iOS/Android) // Telecomando sottile Per maggiori informazioni visita it.yamaha.com LSX-700 LSX-70 Yamaha App Navi n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MERCATO l bilancio della divisione smartphone di LG segna un attivo a doppia cifra, +39% Crescita record per LG, Samsung invece... Samsung mette le mani avanti e annuncia una probabile contrazione a -60% rispetto al 2013 di Michele LEPORI L’uomo che ha dedicato gli ultimi dieci anni a far diventare grande Android si dedicherà alle start up hardware Ma i motivi dell’addio non sono chiari I l cielo sopra Seoul non è mai stato così diviso. L’annuncio dei dati finanziari relativi alle performance della divisione smartphone di LG vede, rispetto al 2013, una crescita pari a +39% con 16,8 milioni di smartphone venduti, che portano il fatturato a 4,14 miliardi di dollari con un utile netto di 163,16 milioni di dollari. Si tratta semplicemente del miglior quarto degli ultimi 5 anni, a detta del direttivo coreano. Il successo di questi numeri è figlio delle vendite di G3, uno dei migliori terminali Android disponibili sul mercato, ma anche e soprattutto del consolidamento del gigante biancorosso nella fascia media del mercato, dove i terminali di serie L stanno facendo sempre più presa sul pubblico desideroso di avere gli ultimi ritrovati della tecnologia ma ad un prezzo più contenuto dei top di gamma. Se allarghiamo l’angolo visuale a tutta LG Electronics, i dati continuano ad essere positivi con un +7,4% di crescita sul di Roberto PEZZALI 2013, ricavi per 14,54 miliardi di dollari ed utili per 449,61 milioni. Sull’altra sponda del fiume Han, invece, Samsung non sembra navigare nelle stesse tranquille acque. Anzi: i numeri del trimestre non sono ancora stati ufficializzati ma il colosso biancazzurro mette le mani avanti per cercare di contenere lo scossone che arriverà in borsa e sul mercato, annunciando previsioni non ottimistiche e un forte segno meno, attorno al -60% per quello che riguarda gli utili YoY (year-over-year). L’inarrestabile successo di iPhone al vertice e la spinta dal basso delle varie Xiaomi, Lenovo e la stessa LG sono le ragioni individuate da Samsung a giustificazione delle perdite: c’è bisogno di una nuova strategia, visto che stiamo per entrare nel periodo più importante dell’anno e la sfida non è mai stata così accesa. MERCATO Xiaomi snocciola numeri i molto incoraggianti: crescita di +25,2% su base annuale Xiaomi entra nell’Olimpo degli smartphone Il colosso di Pechino guadagna il gradino basso del podio alle spalle di Samsung ed Apple di Michele LEPORI n un mercato globalizzato come quello di oggi può anche capitare che dominare un solo mercato sia sufficiente per entrare nel novero delle Grandi: è quello che succede a Xiaomi, l’astro più splendente del firmamento Android che oggi è il leader indiscusso del “solo” mercato cinese, ma tanto basta per piazzarsi alle spalle di Samsung e della storica rivale Apple, che con i due nuovi iPhone sta turbando più di un dirigente biancazzurro. Secondo IDC, infatti, Xiaomi è attualmente il terzo produttore di smartphone al mondo. I numeri di Xiaomi parlano chiaro: Bloomberg e Strategy Analytics fissano a 327,6 milioni di pezzi venduti (+25,2% YoY e +8,7% sul Q2) il successo della realtà fondata da Jun Lei. Il faro delle vendite è senza dubbio MI4, il flagship che mette nel mirino S5 ed iPhone 6 e 6 Plus, senza dimenticare che l’aggressiva politica dei prezzi Xiaomi, che I torna al sommario Andy Rubin via da Google Android perde il suo papà tramite la vendita diretta dello store online, permette una riduzione dei costi al minimo indispensabile. La nuova sfida sono ora i giovani e rampanti mercati del sudest asiatico e non, quali Singapore, HK, Vietnam, Malaysia, Indonesia, Thailandia, Filippine, Turchia, Messico, India, Russia e Brasile, dove la giovane realtà di Pechino tenterà l’espansione territoriale e finanziaria. Di contro troviamo Samsung, che dopo l’annuncio dell’ottima trimestrale di LG, ha messo le mani avanti su risultati che saranno annunciati in profondo rosso, secondo Strategy Analytics in ribasso non solo finanziariamente ma anche in termini di quote-mercato: dal 35% di un anno fa al 24,7% stimato ad oggi. La competizione serrata nel mercato smartphone viene analizzata così da Ryan Reith, program director di IDC: “…oggi la sfida è diventata quella di riuscire a guadagnare su prodotti che stanno diventando alla stregua dei beni di prima necessità ad una velocità incredibile”. Non ci resta che aspettare i dati ufficiali di Samsung per confermare o smentire le previsioni degli analisti. Andy Rubin se ne va: dopo Hugo Barra, che è passato in Xiaomi e sta davvero facendo bene nel suo nuovo ruolo, Android (e Google) perdono un altro pezzo da novanta. Andy Rubin è uno dei creatori di Android, 10 anni sul progetto prima della decisione, maturata qualche anno fa, di lasciare il timone di Android a Sundar Pichai. Andy Rubin era una delle figure forti in Google e nell’ultimo anno aveva ricoperto una carica abbastanza importante, ovvero la direzione della divisione robotica dei Google X Labs, i laboratori segreti dove sono nati i Glasses e dove vengono progettati i prodotti del futuro di Android. I motivi dell’addio non sono noti: secondo il Wall Street Journal si è trattato semplicemente della necessità di trovare nuovi stimoli, non a caso Rubin si occuperà di start up hardware, ma circolano anche indiscrezioni che spingono l’ipotesi della rottura con i vertici aziendali. Nel suo ruolo in Google, e con un budget praticamente infinito, Rubin poteva infatti soddisfare ogni suo stimolo creativo, quindi un abbandono non ha molto senso. Il suo posto in ogni caso verrà ricoperto ora James Kuffner, mentre per quanto riguarda Android Rubin ormai aveva ben poca voce in capitolo. Sintetico il commento di Larry Page, il CEO del motore di ricerca, che ha ringraziato Rubin per aver “realizzato qualcosa di davvero incredibile con Android, il sistema operativo per smartphone più diffuso al mondo”. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MERCATO Come previsto inizia la fase finale di passaggio dal brand Nokia a quello Microsoft Benvenuti Microsoft Lumia, addio Nokia Imminente il lancio del primo prodotto targato Redmond, le pagine social ufficiali si adeguano di Massimiliano ZOCCHI S e dovessimo usare un’espressione popolare potremmo dire “il Re è morto, viva il Re!”. Che sta più o meno a significare che tutto cambia restando sempre uguale. Dopo l’acquisizione da parte di Microsoft della divisione mobile di Nokia è iniziato un processo graduale per l’abbandono del brand finlandese in favore di quello americano. Processo già iniziato con piccoli cambiamenti di marketing e di comunicazione, che pare ora arrivato alla fase definitiva. È quanto emerge da un’intervista rilasciata da Tuula Rytilä, Vice Presidente per il marketing, sul blog ufficiale Nokia Conversation. Le sue parole appaiono subito chiare: dopo i primi timidi cambiamenti, nei prossimi giorni assisteremo a interventi più consistenti, a partire dalle pagine ufficiali sui social network (Facebook, Twitter e Instagram) che adotteranno la denominazione “Microsoft Lumia”. Lo stesso blog dove troviamo le dichiarazioni di Tuula migrerà presto abbandonando il dominio Nokia.com. Sempre secondo la Vice Presidente, ci saranno altri cambiamenti per quanto riguarda il packaging dei prodotti e per il settore retail, con il probabile adeguamento del materiale pubblicitario ed espositivo. Tutto come precedentemente pianificato e perfettamente nei tempi della tabella di marcia predefinita. Nei giorni scorsi ci sono stati diversi rumor riguardanti la possibile presentazione di nuovi dispositivi della gamma Lumia, oltre che di un possibile device indossabile. Tuula Rytilä non si è certo lasciata sfuggire informazioni preziose, ma ha comunque rivelato che effettivamente è previsto il lancio a breve del primo dispositivo denominato Microsoft Lumia e che l’azienda, sotto la guida di Satya Nadella, spingerà molto per l’integrazione dei propri servizi, Office, OneDrive, Skype e Bing. Al termine del botta e risposta con Nokia Conversation, l’esperta di marketing ha rassicurato tutti i possessori di modelli precendenti, chiarendo che non verranno affatto considerati obsoleti, e citando direttamente i recenti Lumia 730/735 e 830, facendo presagire che molto probabilmente si tratta degli ultimi terminali sui quali vedremo il logo Nokia. Logo che tuttavia non sparirà, dato che tramite licenza ufficiale Microsoft produrrà telefoni cellulari dalla caratteristiche entry level. Anche per andare incontro alle abitudini di una certa fascia di clientela, questi feature phone continueranno a mostrare il glorioso marchio finlandese. MERCATO Secondo Sonos, gli speaker Heos di Denon sono troppo simili ai propri modelli Sonos e Denon: va in scena la guerra dei brevetti Per far valere le sue idee, la casa di Santa Barbara non ha paura di andare in tribunale di Michele LEPORI e guerre di brevetti e licenze vanno veramente di moda negli ultimi anni: senza andare a ripescare i contenziosi fra Apple e Samsung che hanno segnato a loro modo la storia delle due aziende, stavolta sotto gli occhi della giuria ci sono due importanti nomi dell’audio quali D&M Holdings (più conosciuta come Denon) e Sonos. Oggetto del contendere, il design dei brevetti della neonata linea Heos di Denon che secondo il co-fondatore di Sonos Craig Shelburne condivide ben più di qualche spunto d’ispirazione. Anche la stampa specializzata americana e non si è interrogata sulle similitudini fra i prodotti e proprio questi articoli sono ad oggi parte integrante del documento con cui Sonos L torna al sommario presenta il caso all’attenzione delle aule di giustizia statunitensi, sottolineando come i rivali abbiano infranto almeno quattro brevetti fra cui Multi-Channel Pairing in a Media System, Method and Apparatus for Controlling Multimedia Players in a MultiZone system, Method and Apparatus for Adjusting Volume Levels in a Multi-Zone System e Control Strip for Electronic Appliances: al di là degli aspetti tecnici e di design, Sonos contesta anche il marketing della casa giapponese fin dal nome e dalla pubblicità dei prodotti; Denon, per pubblicizzare Heos, recita un “Fill every room with music” troppo simile all’originale “Fill your home with music”. Dal 2002, anno in cui Sonos è entrata nel mercato cominciando a dettar legge, tutte le grandi hanno cercato di mettere i bastoni fra le ruote alla nuova arrivata ma questo sarebbe il primo caso - qualora i giudici avvalorassero le tesi portate in aula - di questo tipo. Sonos giura di non volere rimborsi economici ma solo la protezione delle sue idee e dei suoi valori. 4G Vodafone in oltre 2.400 comuni La rete 4G di Vodafone continua a crescere arrivando in 2.400 comuni e circa il 72% della popolazione Vodafone promette entro il 2016 la crescita anche della rete 3G HSPA+ e della rete fissa in fibra ottica di Massimiliano ZOCCHI Prosegue l’estensione della rete 4G di Vodafone Italia. L’azienda comunica che sono circa 2.400 i comuni raggiunti, pari a circa il 72% della popolazione. Lo sviluppo della rete resta una priorità e oltre al 4G con il piano denominato Spring verranno investiti altri 3,6 miliardi di euro per raggiungere quota 90% entro il 2016, traguardo entro il quale verrà potenziata anche la rete 3G HSPA+ e la rete fissa con fibra ottica FTTC. Diverse sono le iniziative di Vodafone che gravitano attorno al 4G, a partire dal roaming internazionale. Vodafone offre ai propri clienti la possibilità di navigare in 4G in 18 paesi in tutto il mondo senza spese aggiuntive. Per sfruttare la banda disponibile poi ci sono diversi servizi associati al 4G: audio e video in streaming, musica, film ed eventi sportivi. Da segnalare, in particolare, la collaborazione con Spotify (sei mesi di musica illimitata), le serie TV con Infinity e le dirette del campionato di calcio e coppe europee in HD con Vodafone Calcio. Tutto questo a partire da 5 euro al mese per il piano con 1 GB di dati. Dallo scorso febbraio, inoltre, Vodafone ha iniziato a Napoli la sperimentazione pubblica della tecnologia LTE Advanced, che consente di raggiungere la velocità di 250 Mbps su rete mobile. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MERCATO I nemici di ieri, adesso si stringono la mano per realizzare un protocollo di intesa Accordo tra SIAE e i rivenditori di elettronica Firmato un accordo tra SIAE, AIRES e ANCRA per il monitoraggio dei compensi per copia privata di Gianfranco GIARDINA IAE ha siglato un protocollo di intesa con AIRES (Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati) e ANCRA (Associazione Nazionale Commercianti Radio Televisione Elettrodomestici Dischi e Affini) al fine di costituire un gruppo di lavoro congiunto sul tema del compenso per copia privata (nella foto a destra Gino Paoli, presidente di SIAE, e Alessandro Butali, presidente di AIRES) . L’intento dichiarato è quello di monitorare il mercato dei prodotti soggetti al compenso per copia privata - come recita il comunicato stampa - al fine di “di contrastare azioni scorrette che possano compromettere la giusta raccolta e la conseguente distribuzione dei diritti d’autore ai titolari e, al tempo stesso, creare forme di concorrenza sleale a discapito degli operatori commerciali onesti”. Il gruppo di lavoro sarà composto da quattro componenti, due per SIAE e uno ciascuno per le due associazioni dei rivenditori, che presteranno la loro opera a titolo gratuito. Da quanto si arguisce dal comunicato stampa, si direbbe che il neocostituito gruppo di lavoro debba identificare, ovviamente facendo leva sulla conoscenza del mercato di AIRES e ANCRA, eventuali comportamenti di possibile evasione del compenso per copia privata; sarà poi SIAE, a cui spetta per legge l’attività ispettiva su questo tema, a fare le opportune verifiche e ad esigere gli eventuali versamenti mancanti. In questo modo si vorrebbe evitare che rivenditori “fuorilegge” si avvantaggino dal mancato pagamento dei compensi per copia privata, mettendo così in difficoltà i rivenditori onesti. S Voci di corridoio prevedono l’integrazione del servizio di streaming Beats Music all’interno di iTunes Questo gruppo di lavoro si affianca a quello appena costituito e nato da un altro protocollo di intesa di fresca firma tra SIAE e Federconsumatori, che si è recentemente arricchito di un nuovo membro, Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Postali e Assicurativi): il tema è simile, lo schema di accordo anche, ma il tavolo, purtroppo, diverso. In pratica SIAE sta ricostruendo, ma fuori dalle sedi istituzionali, il cosiddetto tavolo tecnico sulla copia privata istituito dal Ministero dei Beni Culturali e mai convocato; lo sta facendo, però, creando una serie di interlocuzioni “private” e asincrone in cui assume il ruolo di “centro stella”. Eppure, tanto per fare un esempio, a questo tavolo tra SIAE e i rivenditori, i consumatori (magari anche oltre la sola Federconsumatori) sarebbero stati graditi garanti. Siamo riusciti a entrare in possesso del protocollo di intesa SIAE-AIRESANCRA scaricabile integralmente da questo link. Dal documento emergono più chiaramente gli obiettivi del tavolo SIAE continua la sua campagna acquisti: Gino Paoli, presidente di SIAE, stringe la mano a Elio Lannutti, presidente Adusbef. torna al sommario L’idea di Apple Beats Music in iTunes a 5$ al mese congiunto tra SIAE e rivenditori. In particolare l’attività che il comitato dovrebbe svolgere riguarda l’individuazione di situazioni di possibile evasione del compenso da parte di rivenditori poco trasparenti per permettere a SIAE, in raccordo con le Forze dell’Ordine, di intervenire con l’attività ispettiva. Emerge anche che il gruppo di lavoro dovrebbe redigere semestralmente una relazione sul lavoro svolto e sulle problematiche emerse. Resta apertissima la questione relativa ai siti esteri che vendono a consumatori italiani (ovviamente senza compensi SIAE) e alla quale difficilmente questo gruppo di lavoro riuscirà a dare concrete risposte e il cui effetto di competizione anomala è in alcuni ambiti dirompente. Di certo alcuni aspetti dell’accordo stupiscono: le posizioni tra SIAE e rivenditori erano molto distanti solo tre mesi fa, proprio sul tema copia privata. AIRES e ANCRA partecipavano alle conferenze sull’argomento schierandosi tra i più agguerriti detrattori dell’intera disciplina e degli atteggiamenti della stessa SIAE. Per contro SIAE, proprio durante l’estate, era entrata in evidente conflitto con i rivenditori italiani insegnando ai consumatori a comprare all’estero con l’ormai celebre “scivolone” dell’acquisto degli iPhone in Francia e prima ancora con la dichiarazione-provocazione di voler diventare essa stessa un rivenditore di smartphone. La vicinanza del Natale e una certa dose di sano realismo devono aver placato gli animi. In ogni caso, al di là ogni considerazione preliminare, gli unici elementi sulla base dei quali potrà essere valutata questa iniziativa sono le azioni che il gruppo di lavoro porrà in essere nei prossimi mesi. Non resta che attendere. di Massimiliano ZOCCHI Da quando Apple ha rilevato Beats Music non passa settimana senza un rumor o una notizia sulla nuova unione. Questa volta non si tratta di problemi di brevetti o simili, ma delle modalità con cui Cupertino fonderà Beats Music (attualmente disponibile solo in USA) nel suo ecosistema. Fonti vicine al Wall Street Journal parlano di 2015 come traguardo in cui vedremo il servizio di streaming musicale Beats Music integrato all’interno di iTunes. Sempre secondo il Journal, nell’ultimo anno c’è stato un calo nelle vendite musicali all’interno di iTunes Store, con un ribasso del 13%. Difficoltà già emerse nel 2013 ma con diminuzioni in singola cifra. Sicuramente una parte significativa di questo calo è da attribuirsi al proliferare di servizi di streaming musicale, spesso con modalità gratuite e dalla buona qualità, oltre che on demand su PC e tablet. I vari Spotify, Deezer, la stessa iTunes Radio, sono visti ovviamente di buon occhio dagli utenti poco propensi alla spesa, o che non vogliono spendere affatto. Nulla di certo su quelle che potrebbero essere le modalità di abbonamento, ma alcuni rumor vedono Apple costantemente al tavolo con le major per negoziare accordi che permetterebbero l’ascolto illimitato su tutti i dispositivi per 5 dollari mensili, la metà di tutti i servizi concorrenti. In questo modo Apple, che arriva nello streaming musicale in ritardo, potrebbe davvero rientrare in partita. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TV E VIDEO LG alla fine del mese di novembre interromperà la produzione dei TV al plasma Il plasma è morto: anche LG stacca la spina A dare l’annuncio è un dirigente di LG. Il plasma ormai non era più un business interessante di Roberto PEZZALI I l plasma ora è morto per davvero. Panasonic ha scavato la buca, Samsung ha comprato la bara e LG si prepara a celebrare il funerale. Un dirigente di LG Electronics, infatti, ha dichiarato che a fine novembre LG dismetterà il reparto plasma, una nicchia di mercato che valeva solo il 2.4% del fatturato annuale. I plasma LG non sono mai stati nel cuori dagli appassionati, ma l’azienda coreana aveva costruito attorno al plasma di grosso formato a basso costo un enorme business, soprattutto nei paesi emergenti. “Abbiamo tenuto fino a quando abbiamo potuto”, ha dichiarato il portavoce di LG Ken Hong alla Reuters, “il plasma non è più un business”. A fine novembre anche Samsung SDI, Il regista di Avatar non è impressionato dalla realtà virtuale e non la vede come un nuovo schermo per il cinema E per il mancato “sfondamento” del 3D nella case dice: se Apple facesse un iPad con schermo 3D... l’azienda che realizzava i pannelli per Samsung Electronics, cesserà la produzione e si concentrerà su altri segmenti di mercato. L’addio al plasma di LG è comunque il meno sofferto, non tanto per i prodotti ma più che altro perché LG, con i suoi investimenti sull’OLED, è l’unica azienda che al momento può far ben sperare quella nicchia di appassionati che amava il nero super che solo un plasma, prima dell’OLED, poteva offrire. ENTERTAINMENT Secondo la società di analisi Bernstein sarebbe un vantaggio per entrambe Mediaset Premium ceduta a Sky: solo fantasie? Mediaset si libera di un asset in perdita, Sky diventa il deux ex machina della pay TV U di Roberto PEZZALI na cessione della pay TV Premium da Mediaset a Sky sarebbe sensata e darebbe vantaggi a tutti, sia alle aziende sia ai consumatori. Sono queste le conclusioni a cui è giunta una analisi di Bernstein in seguito alle indiscrezioni che parlavano di una trattativa tra Sky e Mediaset per mettere le mani sul pacchetto pay del Biscione. Secondo la società di analisi le indiscrezioni erano in realtà pilotate da Sky che voleva in qualche modo recapitare un messaggio chiaro a Mediaset: siamo disposti a valutare l’acquisizione, anche perché la scelta di altre vie potrebbe essere davvero rischiosa per Mediaset. Una operazione, quella della cessione di Mediaset Premium a Sky, che “farebbe nascere di fatto un unica grande pay TV italiana, con diversi benefici per i consumatori. Prima di tutto Sky avrebbe a disposizione anche tutte le frequenze del digitale terrestre e potrebbe diversificare la sua offerta, e in secondo luogo l’assenza di concorrenza abbasserebbe i prezzi dei pacchetti più delicati, soprattutto del calcio dove torna al sommario Secondo James Cameron Oculus Rift è noioso negli ultimi anni si è registrato un rialzo dei costi.” Secondo Bernstein, l’antitrust potrebbe addirittura accettare una acquisizione così clamorosa, soprattutto se c’è il benestare di Silvio Berlusconi. Mediaset Premium, dopo i primi anni in difficoltà, sta registrando un sostanziale pareggio tuttavia per restare in questa situazione dovrebbe incrementare nei prossimi anni i suoi abbonati del 25%, operazione tutt’altro che facile: la pay TV infatti deve trovare il modo di bilanciare con le entrate le spese per i diritti della Champions, acquisiti in esclusiva. Secondo la società di analisi quindi tenere Premium da sola nei prossimi anni vuol dire anche rischiare di aggiungere un segno meno al bilancio Mediaset, mentre la cessione a Sky con la possibilità di inserire pubblicità e magari qualche prodotto Mediaset potrebbe portare più introiti. Da escludere la terza strada, quella della fusione di Mediaset Premium con Telecom: in assoluto è la più pericolosa. di Paolo CENTOFANTI I primi commenti pubblici di James Cameron sull’ultima novità in fatto di realtà virtuale, l’Oculus Rift, sono piuttosto tiepidi, fino a definire il prodotto tutto sommato noioso. In Strange Dyas, scritto e prodotto da Cameron, la realtà virtuale è una droga usata per rivivere esperienze passate di altri. Di certo per Cameron non rappresenta qualcosa di nuovo, né il futuro del cinema: “Vuoi muoverti in un ambiente di realtà virtuale? Si chiama video gioco”, sottolineando come l’Oculus sia un buono schermo per sperimentare qualcosa che già c’è. Piuttosto, ha detto Cameron nell’intervista alla conferenza WSJ.D Live del Wall Street Journal, sarebbe interessante esplorare una nuova forma di narrativa interattiva, che mischi elementi del cinema e dei video giochi. Sul tema del 3D, invece, Cameron ammette che sulla diffusione nelle case si è sbagliato e la colpa è sicuramente degli occhialini, qualcosa che le persone sono disposte a indossare al cinema e non nel proprio salotto. L’unica speranza, dice Cameron, sarebbe nelle TV 3D senza occhiali, ma “ci vorrebbe qualcosa come un iPad 3D per farlo entrare davvero nelle vite delle persone”. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TV E VIDEO Abbiamo intervistato Yuki Kusumi, Director of Television Business Division Panasonic Panasonic: tutta la verità su OLED e plasma Ci ha parlato di OLED, di TV curvi e dei plasma sostituiti dall’arrivo di un prodotto migliore I di Roberto PEZZALI l capo della divisione TV, audio e home audio di Panasonic è Mr. Kusumi e la sua parola conta quando si tratta di decidere se continuare con I plasma, di realizzare un TV curvo o di partire con gli OLED. Lo abbiamo incontrato e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di fargli qualche domanda... DDay: Cosa è successo al plasma? Yuki Kusumi: “E’ stata una decisione davvero dura. Dal nostro punto di vista abbiamo il dovere di dare ai nostri consumatori il miglior prodotto. È chiaro che Panasonic era ed è tutt’ora tifosa del plasma, ma i tempi per cambiare erano maturi. Il plasma aveva grandi vantaggi, come le performance nella riproduzione dei colori e il suo essere “self emitting”, tuttavia abbiamo capito che oltre non si poteva andare. Quando abbiamo visto che con il nostro ultimo pannello, quello usato sulla serie AX900, siamo riusciti a ottenere prestazioni analoghe abbiamo maturato la decisione di proseguire sulla strada che aveva più ampi margini di miglioramento. E’ stata un lavoro durissimo, ma grazie ad un color management system completo e ad un sistema di retro-illuminazione veloce siamo riusciti ad ottenere da un pannello LED quello che prima ci aspettavamo da un plasma”. DDay: Il plasma tuttavia fa parte della storia di Panasonic, il LED invece è una pietra miliare della storia di Samsung. I consumatori forse si aspettavano, al posto del plasma, qualcosa che potesse non essere equivalente al plasma ma migliore. L’OLED, che sembrava imminente che fine ha fatto? YK: “L’OLED è una tecnologia ancora molto costosa. Il pannello è costoso, troppo costoso. I pannelli OLED che esponiamo alle fiere sono solo “sondaggi” per capire se ci sono margini per realizzare sample da dare ai rivenditori e a tutti i nostri potenziali clienti. L’idea attuale è il LED e forse dobbiamo migliorare nella comunicazione: il nostro obiettivo non è realizzare il miglior LCD LED, ma realizzare un pannello che sia meglio del plasma. Quello che vogliamo far capire è che abbiamo abbandonato il plasma solo per dare qualcosa di migliore”. torna al sommario B&O PlayA2 Il diffusore portatile a 360° La creatura della famiglia B&O Play non ha fronte-retro e sopra-sotto, ha una batteria da 24 ore di autonomia e una finitura molto elegante Costa 349 euro di Roberto FAGGIANO DDay: Cosa ne pensa Panasonic dei TV curvi? YK: “La nostra forza è sempre stata la qualità di visione. Da un punto di vista della qualità di visione ci sentiremmo in imbarazzo ad affermare che i TV curvi hanno una qualità d’immagine migliore”. DDay: Quindi secondo Panasonic i TV curvi sono peggio di quelli piatti? YK: “No, semplicemente pensiamo che non ci siano miglioramenti. L’angolo di visione diventa molto più stretto ad esempio, e l’unico vero motivo per scegliere un TV curvo è estetico, un TV curvo arreda da solo”. DDay: Tutti però stanno facendo TV curvi... YK: “Certo. Tutti i rivenditori ci stanno chiedendo di realizzare TV curvi, perché alla fine è quello che la gente chiede quando entra nei negozi. Anche i nostri rivenditori all’inizio erano un po’ dubbiosi, poi si sono convinti che il curvo era qualcosa che dovevano avere: sono i frutti della pubblicità massiccia di Samsung”. DDay: Capitolo Smart TV, dopo 5 anni possiamo definirlo un fallimento? YK: “Noi stiamo cercando di migliorare anno dopo anno. Ci rendiamo conto che tante cose ormai si possono fare anche con il tablet, ma il nostro approccio è quello di dare qualcosa in più e soprattutto su uno schermo più grande. Sono tentativi, ovviamente, e ogni anno ne aggiungiamo di nuovi: non tutto quello che facciamo può andare a buon fine, ma riusciremo a trovare la giusta ricetta”. DDay: Avete detto che voi siete per la qualità. Perché non togliete tutto quello che è in più e non ridate alla gente un TV semplice, solo tuner e ingressi, con un media player ben fatto e con una grandissima qualità di visione? YK: “Nella nostra visione di TV del futuro il TV non è più quella classica di oggi. Non è solo uno schermo, ma un display integrato nella casa che può divertire e essere anche utile. Resta sempre uno schermo, è vero, ma i canali, le app e molto di quello che definiamo oggi TV andrà a sparire, per tornare sotto una nuova forma. Non vogliamo chiamarlo TV: quella che abbiamo in mente è qualcosa che va oltre il TV, è entertainment a 360° che esce dal classico concetto di TV. Per farlo ovviamente abbiamo bisogno ora di studiare nuove idee e la Smart TV ci aiuta”. Panasonic VIERA AX902 Il nuovo AX900: secondo Panasonic è meglio del plasma Il nuovo BeoPlay A2 è un diffusore portatile per diffondere musica da smartphone e tablet, la sua particolarità è la diffusione sonora a 360°, ottenuta tramite la collocazione di altoparlanti anche sul lato posteriore. In particolare sul diffusore sono montati due larga banda da 7 cm, due radiatori passivi rettangolari e due tweeter da 2 cm. Questa specularità sui due lati è chiamata True360 sound experience e diffonde la musica in modo più ampio rispetto al solito, una soluzione utile nell’uso portatile. La potenza disponibile è di 180 watt con amplificazione in classe D. Fuori dal comune anche la durata della batteria ricaricabile integrata, ben 24 ore con 3 ore di tempo di ricarica. Il collegamento a smartphone e tablet avviene tramite Bluetooth con aptX, disponibile comunque anche un ingresso minijack stereo universale. Le dimensioni del Play A2 non sono proprio microscopiche: le misure precise sono di 256 x 142 x 44 mm (L x A x P) con un peso contenuto a 1,1 kg grazie al telaio in alluminio. Per il trasporto si può utilizzare l’elegante cinghietta in pelle, con colore coordinato alle tre versioni disponibili: nero, verde chiaro e grigio/crema. Concludiamo con il prezzo, quasi contenuto per il marchio, pari a 349 euro. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TV E VIDEO Visita alla fabbrica dove Delta produce e sviluppa apparecchi per decine di brand Siamo stati in Cina alla scoperta di Delta Qui nascono (quasi) tutti i videoproiettori Pochi conoscono Delta Electronics, ma molti hanno in casa qualcosa prodotto da loro di Roberto PEZZALI elta Electronics è una azienda di Taiwan che fattura oltre 7 miliardi di dollari all’anno: apparentemente il nome Delta non dice molto, ma siamo abbastanza certi che ognuno in casa ha almeno un dispositivo prodotto da Delta. Delta infatti produce oltre il 50% di tutti gli alimentatori, fissi e portatili, dei dispositivi che vengono utilizzati ogni giorno: l’alimentatore interno di PS3 e PS4 è prodotto da Delta, e prodotti da Delta sono anche gli alimentatori esterni di quasi tutti i portatili, MacBook inclusi. Negli ultimi anni la produzione si è spostata poi sui piccoli alimentatori per smartphone e tablet, un business enorme. Creata nel 1971 da Bruce Cheng, Delta Electronics è cresciuta anno dopo anno, investendo il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo e ampliando i suoi settori di interesse dalla pura alimentazione ai componenti industriali, all’illuminazione e al consumer. L’impatto di Delta sul mondo in cui viviamo è incredibile: l’ottimizzazione dell’efficienza dei suoi alimentatori dal 2010 al 2012 hanno permesso di ridurre Fire TV Stick è una chiavetta HDMI con 8 GB di memoria e la logica Fire TV per accedere ai contenuti di Amazon D In Delta vengono prodotti tantissimi modelli di proiettore: gli operai studiano il manuale di assemblaggio prima di mettersi all’opera. Il cuore di un proiettore a 3 chip DMD: la costruzione è complessa così come la taratura. torna al sommario Amazon lancia Fire TV Stick L’ennesimo tentativo di cambiare la TV di Roberto PEZZALI le emissioni di CO2 di 5 tonnellate. La storia di Delta Electronics è affascinante e lunga: il suo fondatore, Bruce Cheng, ha scritto una autobiografica dal titolo “Solid Power” interessante e allo stesso tempo piena di aneddoti: vale la pena di leggerla. Vi stiamo raccontando questo perché siamo stati a visitare una delle aziende di Delta a Suhzou, in Cina, per la precisione la fabbrica di videoproiettori. Quello che non vi abbiamo ancora detto di Delta, infatti, è l’esistenza di un ramo d’azienda dedicato al video e noto come Vivitek. Vivitek è un marchio decisamente giovane, è stato creato nel 2008 e presentato all’IFA il settembre successivo, e della famiglia Delta / Vivitek fa parte anche il brand Qumi, proiettori piccolissimi a LED dedicati all’installazione portatile e pratica. Il perché una azienda come Delta si sia messa a fare videoproiettori con il suo marchio lo abbiamo scoperto proprio a Suzhou, nelle sue fabbriche: Delta da anni produce e sviluppa proiettori DLP di ogni tipo per quasi tutti i brand del mercato. E’ bene soffermarsi sulle parole “sviluppa” e “produce” perché il ruolo di Delta non è uguale a quello di altre aziende cinesi che assemblano: Delta ha centri di sviluppo e ingegneri che sono in grado di realizzare proiettori partendo dal chip DMD, e questo vale per proiettori di tutti i tagli e di tutte le dimensioni inclusi anche i grossi e delicati 3 chip DLP. Per tutelare i suoi clienti durante la nostra visita Delta non ci ha ovviamente permesso di fotografare la catena produttiva di Nec, Barco, Optoma e di altri brand, ma abbiamo visto con i nostri occhi le scatole, le schede e i prodotti che venivano montati e provati da un numero praticamente infinito di impiegate. In Delta, a Suzhou, lavora- no infatti circa 30000 persone e 25000 sono donne tra i 18 e i 30 anni: sono loro a mettere insieme i pezzi dei prodotti e a collaudarli, mentre lo sviluppo delle varie piattaforme avviene a Taipei e negli altri centri di ricerca dell’azienda. Il modo di lavoro di Delta in qualche modo stupisce: ogni anno Delta crea una serie di proiettori con specifiche e caratteristiche differenti e i vari produttori acquistano il “progetto” per metterlo in produzione con un loro design. Semplici economie di scala, ma anche la consapevolezza che nel mondo della proiezione due prodotti che possono anche sembrare diversi sotto la scocca potrebbero anche essere identici (e non sono nel mondo della videoproiezione). Delta è in grado di offrire una personalizzazione a diversi livelli, dal solo percorso ottico al proiettore completo: in qualche caso, soprattutto per i proiettori più costosi, alla produzione partecipa anche il committente e il progetto ovviamente non viene poi condiviso con altri produttori. Un know how, questo, che è sfociato nella produzione di proiettori con il proprio brand, Vivitek, proiettori dal design unico che sono il frutto proprio delle conoscenze di Delta raccolte producendo proiettori per terzi. Fatta eccezione per il chip DMD, prodotto da Texas Instrument, e per la lampada, che può arrivare da diversi fornitori, tutti i componenti sono prodotti direttamente da Delta, inclusi i filtri della ruota colore e tutti gli elementi ottici. urtroppo la maggior parte delle sezioni che abbiamo visitato sono coperte da rigide politiche di sicurezza e non è stato possibile fare foto. Ci riferiamo ad esempio ai laboratori chimici per l’analisi dei materiali, a quelli per le emissioni elettromagnetiche e alla divisione lenti e ottiche. Ad Amazon non basta Fire TV: dopo aver lanciato il suo set top box per la TV interattiva il colosso dell’ecommerce replica con una chiavetta, la Fire TV Stick. Si collega in HDMI alla TV, ha un telecomando e permette di accedere via internet a tutti i contenuti presenti su Amazon Prime, ad alcune app selezionate e a video e foto e nell’account Amazon Cloud Drive. Non arriverà in Italia, almeno per ora: la sezione contenuti video è attualmente inesistente e un prodotto simile non avrebbe senso per Amazon. La nuova Fire TV Stick, in vendita a soli 39 dollari, è una piccola chiavetta con processore dual core, 1 GB di RAM, 8 GB di memoria e una doppia antenna per il WI-FI: si collega alla rete e mette in mostra una interfaccia semplice e pratica. Amazon Fire TV Stick non è comunque Chromecast: la chiavetta di Google, infatti, è un adattatore privo di interfaccia che serve a riprodurre contenuti selezionati su uno smartphone che funziona come telecomando, mentre la Fire TV Stick ha una sua interfaccia e una sua logica di gestione. Ben venga il nuovo hardware, tuttavia è bene non dimenticare che sono i servizi a fare la differenza. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE HI-FI E HOME CINEMA Bowers & Wilkins ha presentato il suo primo diffusore portatile, costa 349€ B&W T7 è il diffusore Bluetooth a nido d’ape Dimensioni e peso sono contenuti, la tecnologia deriva dai prestigiosi diffusori domestici E di Roberto FAGGIANO cco il diffusore che mancava in casa B&W. Il nuovo T7 si candida a diventare il riferimento tra i piccoli diffusori portatili per smartphone con connessione Bluetooth e aptX. Dal punto di vista estetico il nuovo diffusore mette subito in luce una sua caratteristica esclusiva, la struttura a nido d’ape Micro Matrix che circonda il diffusore vero e proprio, creando una barriera contro le vibrazioni in ogni situazione. All’interno del T7 troviamo poi un sistema di altoparlanti stereo con doppio altoparlante in fibra di vetro da 5 cm e un radiatore passivo centrale per le frequenze più basse. Entrambi sono realizzati specificatamente per questo modello, per fornire le migliori prestazioni anche con un cabinet così piccolo. L’amplificazione è del tipo digitale in classe D con potenza di 12 watt e circuito di elaborazione DSP. La batteria Costa ben 20 dollari al mese ma offre streaming audio FLAC e videoclip musicali in alta definizione Con un database di 25 milioni di brani è la scelta ideale per l’audiofilo ricaricabile integrata ha un’autonomia di circa 18 ore. Oltre al Bluetooth è presente un ingresso minijack per collegare direttamente qualsiasi sorgente. I controlli diretti per il volume sono sul lato superiore. Le dimensioni del T7 sono di 210 x 114 x 54 mm (L x A x P) mentre di Emanuele VILLA il peso è di 940 grammi. Il prezzo del nuovo diffusore è di 349 euro. la disponibilità è immediata. HI-FI E HOME CINEMA Tante funzioni e riproduzione Bluetooth per l’ultimo arrivo da Tivoli Audio Tivoli Music System Three: radio e Bluetooth portatile Può essere facilmente trasportato e funziona anche a batteria. Prezzo a partire da 299 euro di Roberto FAGGIANO L a famiglia di radio Tivoli Audio è sempre più ampia. L’ultimo arrivato è il Music System Three, un modello portatile che funziona con batteria ricaricabile e si rifà nell’estetica alla recente radio Albergo. Il nuovo modello è in versione stereo con doppio altoparlante e accordo reflex posteriore. Oltre alla radio in versione FM oppure DAB+, il Three riceve segnali anche via Bluetooth da qualsiasi dispositivo compatibile; inoltre è disponibile un ingresso minijack per qualsiasi sorgente e l’uscita cuffia. Potete usare il System Three anche come sveglia grazie al doppio orario impostabile. Nonostante le dimensioni non proprio contenute, pari a 29 x 11 x 11 cm (Lx A x P) e al peso di circa 1,8 kg, il nuovo modello Tivoli ha un pratico incavo sul retro per facilitare il trasporto. La batteria integrata ha un’autonomia dichiarata di 20 ore. Oltre al telecomando in dotazione c’è torna al sommario Tidal è lo streaming musicale per audiofili anche un’applicazione per il controllo a distanza da smartphone Android e iOS. Per migliorare la resa sonora dai due larga banda da 7,5 cm, è stato integrato un circuito “Analog wide” per ampliare il fronte stereofonico; disponibili anche i controlli di tono su bassi e acuti. Il display centrale può mostrare l’orologio, la sveglia, la frequenza FM, il nome della stazione radio, tutte le informazioni del DAB+ e altri dati sulla musica trasmessa senza fili. Il Music System Three è già disponibile in colore bianco o nero; i prezzi di listino sono di 299 euro per la versione con radio FM e 349 euro per la versione DAB+. Curiosamente il prezzo è identico a quelli delle analoghe versioni Albergo, per le quali è quindi prevedibile una diminuzione. Diciamolo subito, onde evitare fraintendimenti: il servizio offerto da Tidal è al momento disponibile solo negli Stati Uniti e in UK ma, stante l’origine europea dell’azienda, non c’è dubbio che a breve arriverà un po’ ovunque nel vecchio continente. Quello che Tidal soffre agli amanti della qualità musicale un’alternativa “hi-end” ai vari Spotify, Deezer, Rdio e affini: potrebbe sembrare un servizio di nicchia per pochi appassionati e, soprattutto, dotato di pochi brani, ma in realtà il database da 25 milioni di brani FLAC a 16 bit (vera e propria “qualità CD”, essendo FLAC un codec lossless) lo rendono adatto a tutti, a patto di voler ascoltare con la medesima qualità della sorgente originale. L’azienda, la svedese Aspiro AB, è convinta che una piattaforma di streaming di elevata qualità sia comunque sostenibile, a patto di far pagare agli utenti un abbonamento premium da 20 dollari mensili. Oltre alla musica l’abbonamento a Tidal permette l’accesso a migliaia di videoclip musicali, anche qui con qualità HD di alto livello, e a svariati contenuti editoriali a tema musicale, come biografie, articoli e approfondimenti a tema. Il servizio è attualmente disponibile via Web ma anche tramite app iOS e Android. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE PC Un tool permette eliminare da Chrome le estensioni e i moduli installati da altri programmi Google rimuove le “schifezze” da Chrome In pochi secondi è possibile ripulire il PC senza necessariamente reinstallare Windows L di Roberto PEZZALI a maggior parte dei software o programmi disponibili su internet spesso installa anche estensioni e programmi di terze parti non desiderati. L’installazione “standard” di molti freeware, infatti, nasconde anche l’aggiunta di componenti dei browser o estensioni come le barre di ricerca che sono difficili da debellare se non si è un esperti.Non sono virus, sia chiaro, ma semplicemente programmi invasivi denominati “creeepware” che creano solo fastidio e spesso anche rallentamenti o situazioni indesiderate, come ad esempio l’impostazione di altri motori di ricerca al posto di quello preselezionato. Google ha realizzato un tool denominato Software Removal Tool che promette l’eliminazione di tutti i componenti e le estensioni che in qualche modo hanno PC Windows 10 ama l’MKV Windows 10 strizza l’occhio al formato MKV: il noto container per file video, infatti, viene riprodotto dalla build 9860 senza bisogno di installare codec o player. Una scelta che farà piacere a molti e che solleverà qualche polemica tra gli addetti ai lavori nel segmento “Cinema e Entertainment”, che non vedono di buon occhio il formato MKV, container preferito per veicolare contenuti pirata in HD. Se è vero che non è il formato ad essere illegale, ma l’uso che se ne fa, è anche vero che i contenuti legali compressi MKV si contano sulle dita di una mano. Chi ha installato l’ultima build di Windows può fare una prova molto semplice, scaricando dal sito di DIVX un breve trailer del cortometraggio Sintel compresso appunto in MKV: Windows Media Player avverte l’utente che il formato potrebbe non essere supportato, ma dopo aver confermato la propria decisione il video parte senza problemi. E’ una prima integrazione molto povera, senza sottotitoli e con supporto ai vari formati audio molto limitato, ma c’è tempo per migliorare, o per fare marcia indietro. torna al sommario Con 49 euro puoi usare Kinect di Xbox su Windows Con un accessorio i sensori Kinect per Xbox One si potranno utilizzare anche su Windows: Microsoft per stimolare l’uso di Kinect anche sul PC ha aperto una sezione dedicata sul Windows Store cambiato il comportamento di Chrome, ripristinando il sistema al suo stato originale. Il tool funziona bene: abbiamo provato a lanciarlo su alcuni computer e in un caso ha rilevato una minaccia che ha prontamente eliminato. Purtroppo Google non ci dice qual’era la minaccia e cosa comportava, l’ha sem- plicemente debellata. Una buona cosa, anche perché spesso sono elementi che non si eliminano disinstallando e reinstallando il browser ma richiedono una pulizia più profonda e a volte la reinstallazione del sistema operativo. Purtroppo la “pulizia” di Google è efficace solo in ambito Chrome. PC L’accesso a Gmail diventa più sicuro con la Security Key In Gmail si entra con la chiavetta di Emanuele VILLA oogle ha annunciato il supporto per Security Key, uno standard aperto il cui fine è quello di permettere l’accesso ad account web usando uno strumento fisico, ovvero una chiavetta USB. Per Google si tratta dell’ennesimo tentativo di rafforzare la security del proprio sistema, che già prevede (a richiesta) un sistema di autenticazione a due passaggi mediante l’uso della password e di un codice generato dinamicamente, anche tramite un’app per Android e iOS. Il sistema non è nulla di rivoluzionario, sistemi basati sull’autenticazione fisica esistono da decenni, ma questa è la prima volta che viene impiegato in una piattaforma consumer così diffusa come Gmail. Google non rinuncia all’uso della password, che dovrà comunque essere inserita al momento del log in per evitare che chiunque possa accedere alla posta altrui solo con la chiavetta. Essendo un prodotto consumer deve essere anche molto economico e in effetti i vari OEM propongono chiavette anche a 6 dollari di prezzo. Inoltre, si ipotizza che la chiavetta sia solo il primo passo e che nelle intenzioni di Google ci sia già l’autenticazione sicura via sensori biometrici, NFC e via dicendo. G di Roberto PEZZALI Chi ha una Xbox con Kinect ma ha deciso che alla fine di Kinect non sa proprio cosa farsene ora può riciclarlo a basso costo sfruttandolo con Windows. Microsoft ha infatti annunciato un adattatore che permette di usare Kinect di Xbox One anche su Windows, evitando così di dover comprare la versione che Microsoft ha appositamente preparato per i PC. Microsoft vuole spingere l’adozione di Kinect sui desktop e per farlo ha anche rilasciato gratuitamente il nuovo SDK Kinect 2.0, per permettere lo sviluppo di app dedicate al sensore 3D. Una ulteriore spinta alla creazione di applicazioni che sfruttano il riconoscimento vocale e gestuale arriverà anche dalla possibilità di creare e vendere queste app sul Microsoft Store: per la prima volta gli sviluppatori potranno monetizzare sulle app create per Kinect e gli utenti avranno una sezione dello Store dedicata a questo tipo di applicazioni. Una scelta che potrebbe spingere anche la stampa 3D in ambito casalingo: tra le app gratuite rilasciate da Microsoft e utilizzabili con Kinect su PC c’è infatti 3D Builder, un software che permette di scansionare persone e oggetti realizzando un modello 3D da replicare o modificare. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE PC HP Sprout e un PC desktop con pad, proiettore e camera 3D al posto di mouse e tastiera HP ha presentato il PC desktop del futuro Dedicato a un pubblico creativo, è disponibile negli Stati Uniti al prezzo di 1899 dollari di Emanuele VILLA I n un periodo in cui l’innovazione latita un po’ su tutti i fronti, l’idea di rivoluzionare il concetto di desktop computer va accolta positivamente, anche se non possiamo sapere quanto ciò avrà successo. HP Sprout è, in sostanza, un PC desktop basato su Windows, un po’ come tutti gli altri. Ha il suo bel display ampio, il suo storage da 1 TB e il processore Core i7 per garantire prestazioni di alto livello: in più il display è touch, il che lo rende un “all in one” di nuova concezione. Ma quello che lo rende il PC del futuro (disponibile da questo mese, ndr) è il fatto che non ha nessun mouse nè tastiera: al loro posto un pad di ampie dimensioni abilitato al multitouch e, soprattutto, un evoluto sistema posto sulla cornice superiore e dotato di proiettore DLP e lampada LED, camera RealSense 3D e modulo fotografico da 14,6 Mpixel. Il motivo di tutto ciò è presto detto, anche se poi le applicazioni saranno infinite: mentre il proiettore “disegna” l’immagine sul pad touch, con il quale l’utente YouTube finalmente gestisce i video a 48p e 60p in modalità nativa, ne beneficiano le sequenze di gioco i video girati con le action cam, i timelapse e gli slow motion Prossimo passo HEVC può interagire (da un banale uso come tastiera fino alla manipolazione avanzata di oggetti), la fotocamera esegue la scansione, anche 3D, degli oggetti posti sul pad e che possono essere poi utilizzati da app ad hoc. È dunque evidente la destinazione di HP Sprout verso un pubblico di utenti creativi e di tutti coloro che vogliono realizzare contenuti in maniera più evoluta rispetto ad oggi. Non per niente HP ha lavorato insieme a un team di aziende per realizzare questo prodotto: da Microsoft e 3M, da Intel di Roberto PEZZALI HP Sprout a Texas Instrument; il prodotto vedrà la luce a novembre negli Stati Uniti per un prezzo indicativo di 1899 dollari. SCIENZA E FUTURO Dall’Inghilterra arriva un incredibile concept di aereo privo dei finestrini OLED al posto dei finestrini: l’aereo consuma meno L’interno della fusoliera è ricoperto con un immenso display OLED flessibile e interattivo di Paolo CENTOFANTI aereo del futuro potrebbe essere più sicuro, più leggero e consumare di meno, a patto di eliminare completamente i finestrini. È un concept proposto dal Centre for Process Innovation o CPI, istituto di ricerca britannico secondo il quale rinunciando ai finestrini, è possibile diminuire sensibilmente spessore e peso della fusoliera e allo stesso tempo aumentarne la robustezza. Ciò permetterebbe di avere più spazio per i sedili in cabina e soprattutto di ridurre sensibilmente i consumi di carburante, rendendo più efficienti i velivoli e meno costosi da far volare. Nessuno, crediamo, vorrebbe però volare in un tubo senza nemmeno una vista sull’esterno, e per questo il CPI ha trovato una soluzione alternativa: tappezzare l’interno dell’aereo con un immenso schermo interattivo composto da più pannelli OLED fles- L’ torna al sommario YouTube a 60 fps Una goduria per giochi e action cam sibili che circonda completamente i passeggeri. Lo schermo, composto idealmente da pannelli OLED da 50 cm di altezza con risoluzione di 150 ppi, può mostrare l’esterno del velivolo come se la fusoliera fosse completamente trasparente, e allo stesso tempo dare accesso ai servizi di bordo con funzionalità touch. L’area dello schermo vicina al passeggero, sempre nel concept di CPI, po- trebbe essere anche personalizzabile con sfondi a piacere durante il volo notturno. Un’idea certamente estrema, ma chissà che qualche costruttore di aerei di linea non decida di provare a metterla in pratica. Anche perché quella di CPI non è solo un’idea capata per aria e c’è già una roadmap per arrivare nel giro di cinque anni alla produzione dei componenti, tramite lo sviluppo di tecniche di stampa di pannelli e circuiti elettronici. YouTube passa all’high frame rate: ora supporta la riproduzione nativa a 60p dei video caricati sulla piattaforma dagli utenti. Il privilegio dei 60p, infatti, era concesso solo ad alcuni account, ma ora tutti possono caricare video di giochi, timelapse e spettacolari riprese sportive fatte con una GoPro e ottenere un video a 1080@60p di ottimo impatto scenico. La funzionalità al momento è compatibile solo con il player HTML5 e sia con Chrome che con Safari non abbiamo avuto problemi di sorta. Visualizzando un contenuto rapido e definito, quale può essere un videogioco la differenza è abissale: il video di Super Mario Cart, mostra quale siano i benefici dei 60 fpos rispetto ai tradizionali 30 dei classici video HD di YouTube. L’uso del 1080p a 60 fps, ovviamente, richiede anche più banda: per poterli visualizza correttamente i video in real time servono 14 Mbps, altrimenti ci si deve appoggiare al buffer. Un ottimo passo avanti, anche se l’esigenza in termini di banda tra video in HD e 60p inizia a essere un po’ alta: il prossimo step per YouTube sarà il passaggio ad un altro codec, o il suo VP9 oppure il più flessibile HEVC. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE GAMING Il sito giapponese Pocketnews ha smontato il nuovo modello CUH-1100 Cosa cambia tra la prima PS4 e la nuova Solo un’antenna Wi-Fi più efficiente, per il resto migliorie per ridurre i costi di produzione di Roberto PEZZALI N elle scorse settimane Sony ha iniziato a immettere sul mercato, in alcuni bundle e in soluzioni stand alone, un nuovo modello di console PS4. La nuova versione di hardware, denominata CUH-1100, sostituisce il modello di lancio CUH-1000 e porta con sé qualche piccola novità. Il sito giapponese Pocketnews ha smontato interamente due console per evidenziare ogni piccola differenza, e alla fine si è capito che il nuovo modello non è altro che una versione leggermente più semplice da produrre e con qualche componente meno costoso, come il dissipatore. Una cosa questa normale nel mondo delle console, con modifiche hardware e cambi di componenti mirati proprio ad abbassare i costi e a migliorare l’efficienza. La nuova console è leggermente più leggera GAMING (50 grammi) del primo modello e sfrutta un sistema di alimentazione diverso per CPU e GPU, cosa che comporta un leggero risparmio in termini di consumi con la console in stand-by. Cambia anche il trasformatore, più leggero di qualche grammo, e il dissipatore: il vecchio modello era ottimizzato per gestire la dissipazione a seconda della zona con alette orientabili, il nuovo è invece più economico e ha una disposizione delle lamelle standard su tutta la superficie. Rivisto anche il design dell’antenna Wi-Fi: riduce i disturbi ed è leggermente più efficace. GAMING Disponibilità in Italia del tuner opzionale per Xbox One Digital TV Tuner per Xbox One La TV si guarda anche sul tablet Activision aveva assoldato per la difesa niente meno che l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, ma alla fine il processo non ci sarà. Il giudice del tribunale di Los Angeles ha respinto la causa che l’ex dittatore di Panama, Manuel Noriega, aveva intentato contro Activision, per l’inclusione di un personaggio dalle fattezze (e background) simili all’interno della campagna singolo giocatore di Call of Duty: Black Ops II. “Era una causa legale assurda sin dall’inizio” ha commentato Giuliani, “la decisione è un’importante vittoria per la difesa della libertà di espressione”. In caso di processo e sentenza a favore di Noriega si sarebbe infatti creato un precedente che avrebbe messo in discussione l’utilizzo di personaggi storici in tutte le opere di finzione. Per Activision è stata senza dubbio una doppia vittoria, vista la pubblicità gratuita che tutta la faccenda ha prodotto per la saga videoludica. di Paolo CENTOFANTI i è voluto un po’ di tempo, ma il piccolo tuner opzionale per Xbox One, il Digital TV Tuner, è ora disponibile in Italia. L’accessorio, che aggiunge il decoder DVB-T/DVB-T2 alla console Microsoft, era stato annunciato lo scorso agosto, con funzionalità come la guida interattiva ai programmi OneGuide e la modalità di visione snap, cioè ridotta in una tile per tenere la TV in sottofondo mentre si utilizzano giochi o app sulla console. Ora però arriva anche un’ulteriore benvenuta funzionalità, l’integrazione tramite SmartGlass delle nuove funzioni TV con uno smartphone o un tablet iOS o Windows. Clicca qui per il video. In particolare sarà possibile controllare il tuner da tablet visualizzando sul suo schermo OneGuide, oppure ancora riprodurre in streaming dalla console al tablet i canali TV sintonizzati dal tuner, indipendentemente da quello che stiamo facendo sulla console. Sempre OneGuide visualizzerà anche quali programmi TV sono disponibili on demand su eventuali app installate sul proprio dispositivo. SmartGlass per Android sarà lanciato in un secondo tempo. Come si vede nel video, il Digital TV Tuner supporta anche la funzionalità Pause Live TV che utilizza essenzialmente il disco della console per effettuare il time shifting, con la registrazione che continua in background anche mentre stiamo giocando. Xbox One Digital TV Tuner è disponibile sullo store online a un prezzo di 29,99 euro. M. Noriega e Call of Duty No al processo torna al sommario C Xbox One a 349 $: e in Italia? Microsoft gioca d’anticipo e propone in Usa un grosso sconto per i nuovi bundle per Xbox One: 349 dollari con Assassin Creed Unity Call of Duty Advanced Warfare e Sunset Overdrive di Roberto PEZZALI Xbox One inizia a a recuperare terreno su PS4: dopo l’inizio un po’ traballante la console Microsoft ha recuperato il gap da PS4 grazie al taglio di prezzo, e già il mese scorso è risultata essere la console più venduta in molti Paesi. Ora Microsoft si prepara al sorpasso con un’offerta interessante: dal 2 novembre infatti è possibile acquistare Xbox One in Usa a 50$ in meno, a partire da 349$. Un prezzo interessantissimo, soprattutto se si calcola che a 349$ si potranno acquistare il bundle con Assassin Creed Unity e quello con Sunset Overdrive. Tra i bundle scontati ci sarà anche quello con Call of Duty Advanced Warfare, edizione speciale con console e controller in edizione limitata e hard disk da 1 TB disponibile a 449 $. L’offerta durerà fino a gennaio, poi il prezzo tornerà quello standard. Microsoft ha dichiarato che la stessa promozione potrà essere adottata anche in altri Paesi al di fuori degli Stati Uniti, con modalità che potrebbero variare da Paese a Paese. A momento Microsoft Italia non ha confermato nulla, ma visti gli ultimi volantini delle grosse catene siamo abbastanza certi che sia PS4 sia Xbox One a Natale si potranno acquistare a meno, anche a 299 euro. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE SMARTHOME Il lancio del piccolo dispositivo è previsto per giugno 2015 a 149 dollari Comfort massimo in casa con Ambi Climate Rendere i condizionatori domestici ancora più smart non solo è possibile ma anche facile O di Emanuele VILLA rmai moltissime persone non possono più fare a meno del condizionatore: d’estate, senz’altro, ma anche durante l’inverno. Il problema è che, nella maggior parte dei casi, si possono giusto regolare temperatura e velocità della ventola, il che li rende tanto utili quanto poco smart. Ambi Climate vuole dare una marcia in più ai comuni condizionatori, e il fatto che se ne senta l’esigenza è confermato da una campagna di crowdfunding che, a 22 giorni dalla chiusura, ha già raggiunto 86.000 dollari contro i 25.000 richiesti per il finanziamento. Il meccanismo di funzionamento è ingegnoso: il piccolo dispositivo si installa dove si vuole nell’ambiente da climatizzare, si scarica l’apposita app che comunica con il dispositivo e a sua volta con il climatizzatore per applicare il profilo più corretto sulla base delle sue rilevazioni. Da notare che l’apparecchio comunica via IR con il climatizzatore, per cui lo si può usare praticamente con tutti i clima esistenti in commercio. Dyson ha presentato a Tokyo il suo umidificatore che diffonde in ambiente acqua sterilizzata con raggi UV: si chiama Hygienic Mist e costa circa 450 euro di Emanuele VILLA Per stabilire le impostazioni da “inviare” al climatizzatore, Ambi Climate è dotato di svariati sensori e mescola un’infinità di dati: alcuni provenienti dai suoi sensori, altri dall’app, altri ancora dal Cloud e da Internet (è dotato di Wi-Fi); parlando solo dei suoi sensori, Ambi Climate rileva umidità, temperatura, livello di attività nella stanza e calore solare incidente, oltre al fatto che, tramite l’app, è in grado di imparare le abitudini dell’utente e “replicarle” nelle varie stanze in cui viene installato. Ovviamente è possibile regolare manualmente le impostazioni da remoto, di modo tale da ottimizzare il clima per i nostri animali domestici o semplicemente per arrivare a casa e trovare già un clima ottimale. Alcune unità beta vedranno la luce alla fine di novembre, mentre il lancio finale è previsto per giugno del prossimo anno a 149 dollari. Clicca qui per il video. SMARTHOME Fa parte della linea Chef Collection, il forno con piano a induzione da 3699 $ Samsung lancia il piano a induzione con le fiamme Piano a induzione con un fuoco virtuale che aiuta lo chef: più è alto più la pentola è calda di Massimiliano ZOCCHI amsung lancia per la sua serie premium Chef Collection il modello NE58H9970WS/AA, forno con piano cottura a induzione dalle caratteristiche al top. Al top anche il prezzo, per un prodotto di alta gamma come questo dovrete sborsare 3.699 dollari. Ma cosa lo rende così diverso da altri prodotti simili? La caratteristica più curiosa è senza dubbio la possibilità di proiettare tramite dei LED delle fiamme virtuali sulle nostre pentole. Non solo estetica, però: i vantaggi dei piani cottura a induzione in quanto a consumi ridotti sono noti, ma spesso è più difficile cucinare, poiché ci sono poche indicazioni delle temperature raggiunte, dato che è solo ed esclusivamente la pentola a scaldarsi. Queste S torna al sommario Dyson umidifica l’aria e uccide i batteri con i raggi UV finte fiamme oltre a richiamare il passato, cambiano di dimensione in base alla temperatura raggiunta, dando così un’indicazione per facilitare il vostro lavoro ai fornelli. Le particolarità non finiscono qui. Il forno, definito Flex Duo, tramite l’accessorio Smart Divider può essere separato in due parti, e tramite due controlli separati lavorare a temperature diverse, promettendo inoltre di non mescolare gli aromi differenti tra loro. Il pannello che controlla tutte le funzioni è intuitivo e permette di selezionare le proprie ricette preferite in breve tempo, selezionando temperatura e durata di cottura. Come in tutta la gamma Chef Collection il design la fa da padrone. Dyson entra nel settore degli umidificatori d’aria con Hygienic Mist, un prodotto che punta sul doppio concetto di umidificazione e di igiene. Lo stesso James Dyson ha dichiarato che nonostante gli umidificatori siano spesso utilizzati come rimedio contro raffreddori e influenze, rischiano di causare l’effetto opposto mettendo in circolo un’infinità di batteri presenti nell’acqua. Ecco perché il Hygienic Mist tratta con raggi UV l’acqua presente nel contenitore ed elimina il 99,9% dei batteri presenti prima di nebulizzarla nell’ambiente circostante, creando appunto un effetto-nebbia. Per la diffusione in ambiente l’apparecchio usa la collaudata tecnologia di “amplificazione d’aria” già usata da Dyson sull’attuale linea di ventilatori e termoventilatori, e anche il design ricorda fortemente quello dei prodotti già in commercio. L’apparecchio è realizzato in policarbonato e ha un’autonomia operativa di 18 ore, con tanto di telecomando e svariati profili d’utilizzo: al momento il prodotto è stato presentato in Giappone ed è dedicato al mercato domestico, ma ovviamente si diffonderà a macchia d’olio a partire dalla seconda metà del 2015. Come prezzi, siamo sui 450 euro. Clicca qui per il video. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE AUTOMOTIVE Disponibile dai primi mesi del 2015 con prezzo a partire da 35.600 euro Land Rover, in Italia il SUV Discovery Sport Auto da 5 più 2 posti con soluzioni tecnologiche per guida, sicurezza e intrattenimento L La macchina volante è realtà di Paolo CENTOFANTI and Rover ha ufficialmente presentato il 30 ottobre anche in Italia il nuovo SUV Discovery Sport, la prima auto della nuova gamma Discovery, che in futuro si arricchirà di un nuovo modello dalle tecnologie avveniristiche. Non che questa prima vettura non sia dotata di tecnologie all’avanguardia in fatto di comfort di guida e sicurezza. Land Rover lo definisce un SUV compatto e sicuramente rispetto alla “ordinaria” Range Rover la nuova Discovery ha una linea più snella e con un carattere più giovane, ma resta comunque una 4x4 (anche in versione 4x2) da 5 più 2 posti. Per quanto riguarda le caratteristiche di base, l’auto sarà disponibile in diverse configurazioni con motore a benzina o diesel a partire da 35.600 euro, con ulteriore versione Turbodiesel ED4 prevista più avanti caratterizzata da appena 119 g/km di emissioni CO2, praticamente come una FIAT Panda diesel. Parlando di tecnologia, la caratteristica che più di ogni altra salta all’occhio è il sistema di frenata d’emergenza Autonomous Emergency Braking, progettato per ridurre il rischio di collisioni a velocità inferiori agli 50 km/h e di ridurre l’entità degli impatti sotto gli 80 km/h. Il sistema funziona utilizzando due telecamere installate vicino allo specchietto retrovisore per riconoscere ostacoli o altre vetture che potrebbero rappresentare un rischio. Segnalatori acustici avvisano il guidatore di eventuali situazioni pericolose e nel caso di rischio di incidente, se la nostra reazione non è sufficientemente veloce, viene attivata una frenata automatica con la massima forza disponibile per arrestare la vettura. Il sistema è pensato soprattutto per il traffico cittadino, oppure per la marcia in colonna ad esempio in autostrada. Un’altra soluzione all’avanguardia per quanto riguarda la sicurezza, questa volta dei pedoni, è l’airbag esterno alla base del parabrezza, che si attiva in meno di 60 millisecondi quando il veicolo ha un velocità tra i 15 e i 30 km/h, per ridurre il più possibile la pericolosità di eventuali incidenti. Innumerevoli le soluzioni sviluppate da Land Rover per quanto riguarda il comfort di guida, pensate per adattare dinamicamente assetto e trazione a qualsiasi terreno. Vale la pena citare il Terrain Response, che regola risposta dell’acceleratore, trasmissione, giunto centrale, sterzo e sistemi di stabilità e frenata in base al tipo di terreno. Il guidatore può selezionare sulla console il tipo di programma più adatto scegliendo tra guida generica, erba/ghiaia/neve, fango e sabbia. Inoltre sulla Discovery Sport debutta il nuovo Head Up Display, un piccolo proiettore LASER che visualizza su un’area parabrezza dati di guida come velocità, indicazioni del navigatore e il riconoscimento automatico dei segnali stradali per la visualizzazione di divieti, segni di pericolo e limiti di velocità. Infine, c’è il nuovo sistema di infotainment, opzionalmente disponibile con sistema audio targato Meridian composto da 17 diffusori, subwoofer e amplificatore per una potenza complessiva da 825 Watt. Il sistema è basato su un display touchscreen da 8’’ con risoluzione di 800x480 pixel, navigatore con controlli vocali, Bluetooth per il collegamento di sorgente audio esterne, ingressi USB con supporto nativo per iPod e iPhone, lettore DVD con opzione per display sui poggiatesta per i sedili posteriori con riproduzione svincolata dallo schermo principale. Con la funzionalità Land Rover InControl è possibile visualizzare alcune funzionalità e app di smartphone Android e iOS (collegati via USB) direttamente sul display del sistema di bordo, installando sul telefono l’apposita app. L’app InControl remote permette anche di visualizzare sullo smartphone parametri della vettura come il livello del carburante e lo stato della chiusura di portiere e finestrini, e di individuare la posizione della vettura. Infine, InControl Secure è il servizio per inviare richieste di soccorso automatiche in caso di incidente. La nuova Discovery Sport sarà in consegna nei primi mesi del 2015. Aeromobil, azienda slovacca con un background nella costruzione di aerei ultraleggeri, ha iniziato a sperimentare, con voli reali, il suo ultimo prototipo di macchina volante. La particolare struttura e le soluzioni tecniche utilizzate hanno permesso di immatricolare questa macchina come un aereo ultraleggero e il prototipo di Aeromobil 3.0, questo il nome, ha già percorso diversi chilometri nei cieli di Bratislava. Unisce la sicurezza di un ultraleggero alla praticità di un’automobile: le ali si piegano e in modalità “terrain” si può muovere a una velocità discreta usando ruote tradizionali. Il movimento a terra è un “accessorio”: l’obiettivo è volare e facilitare la guida anche a chi non ha mai avuto esperienza di volo. Aeromobil usa normale gasolio, fa il pieno dal benzinaio e può essere parcheggiata: la larghezza è ridotta, la lunghezza quella di una piccola limousine. Se i test si concluderanno nel migliore dei modi, il velivolo verrà fatto certificare anche dall’Unione Europea e secondo Juraj Vaculik, CEO e co-fondatore dell’azienda, si potrebbe aprire una nuova era della mobilità. Nessuna idea del prezzo. MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] torna al sommario n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST A fronte di uno chassis ridotto lo Z3 Compact offre prestazioni di alto livello, analoghe al fratello maggiore Xperia Z3 Sony Xperia Z3 Compact: la rivincita dei piccoli Rispetto all’Xperia Z3 cambiano leggermente il design e alcune caratteristiche tecniche, ma la sostanza rimane la stessa D di Emanuele VILLA opo la prova di Xperia Z3, il nuovo flagship di casa Sony, estendiamo la conoscenza della gamma con il fratello minore, Z3 Compact. Nel rapporto tra il telefono top di gamma e la sua versione “ridotta”, Sony adotta una strategia diversa rispetto a competitor come HTC, Samsung e LG: mentre per tutti gli altri, il telefono “Mini” è una versione più piccola e meno performante del telefono di base, qui si tratta proprio di uno Z3 in scala, con la stessa fotocamera, lo stesso processore, un look analogo (ma non identico) e stesse personalizzazioni software. In pratica, Z3 Compact è la versione piccola di Z3, ma senza rinunce sotto nessun punto di vista. Che poi questa strategia paghi sui grandi numeri è tutto da dimostrare: l’appassionato sa come stanno le cose, ma l’utente comune che cerca un telefono sotto i 5’’ si trova di fronte a nomi altisonanti che costano tutti meno. Sony propone infatti Xperia Z3 Compact a 499 euro, mentre HTC One Mini 2 costa (sempre parlando di listino) 50 euro in meno ma ha un look completamente d’alluminio, G3 S costa 100 euro in meno e Galaxy S5 Mini, pur partendo da un listino analogo, si trova in giro a un prezzo abbondantemente inferiore. Se invece non ci fermiamo al nome ma andiamo a spulciare le caratteristiche tecniche, ci rendiamo conto che Z3 Compact offre il meglio che si può pretendere da un terminale di questa fascia: il display è un 4,6’’ HD Triluminos, inferiore come dati di targa al Full HD del modello superiore ma equilibrato in virtù delle dimensioni del display (i pixel-perinch sono 319, praticamente gli stessi dell’iPhone 6 da 4,7’’), il processore è lo stesso Snapdragon 801 da 2,5 GHz e anche la fotocamera è lo stesso modulo G da 1/2.3’’ e 20,7 Mpixel capace di raggiungere i 12.800 ISO e riprendere in 4K, cosa che il modello precedente non faceva. Sony investe sui Compact ma salta una generazione Tra l’altro, a differenza di Xperia Z3, Sony ha saltato una generazione di dispositivi Compact: se gli appassionati si erano (giustamente) lamentati dello scarso tempo intercorso tra il lancio di Xperia Z2 e Xperia Z3 (sei mesi, più o meno), qui il confronto va fatto direttamente con Xperia Z1 Compact, uscito un annetto fa. Le differenze sulla carta ci sono, ma ovviamente non sono rivoluzionarie: Xperia Z1 Compact resta in gamma, viene riposizionato a 379 euro di listino e offre un display HD leggermente più piccolo (4,3’’), uno Snapdragon 800 da 2.2 GHz, un design leggermente più spesso (9,5 mm contro gli 8,6 mm) e più pesante (137 grammi contro 129), certifiche di protezione meno evolute e una batteria meno capiente, da 2.300 mAh contro i 2.600 mAh del modello in questione. Non abbiamo disponibilità di entrambi i modelli per fare un raffronto, ma sulla carta le differenze danno torna al sommario video Sony Xperia Z3 Compact lab 499,00 € NULLA DA INVIDIARE AI PIÙ GRANDI, LOOK ESCLUSO Xperia Z3 Compact ha confermato l’ottima impressione del modello precedente, con cui Sony ha inaugurato la famiglia dei Compact. È uno Z3 “in piccolo” ma con prestazioni allineate, hardware di alta gamma e prezzo bilanciato: molti lo riterranno un telefono molto caro, ma c’è da dire che in virtù dell’hardware utilizzato, il rapporto qualità/prezzo resta molto elevato. Peccato solo che il look del fratello maggiore, con tanto di cornice in alluminio, non sia stato replicato completamente sul fratello minore, che in questo modo si mostra piuttosto “rigido” e squadrato nell’impostazione, oltre che un po’ più spesso di Xperia Z3. Niente di grave, il telefono è bello da vedere e coloratissimo, solo non dà quella sensazione di prodotto “premium” che invece Xperia Z3 suggerisce. Le prestazioni sono di alta gamma sotto ogni profilo e la risoluzione del display “solo HD” è un problema più teorico che pratico, a meno che non vi piaccia usare le app in piccole finestrelle. Completano il quadro una buona autonomia e le solite infinite personalizzazioni Sony, piuttosto aggressive nei confronti di Android stock ma alcune delle quali (come la “Modalità Stamina”) anche molto utili. In sostanza, uno smartphone che vale i 499 euro di listino e che merita di essere considerato da chi vuole un prodotto potente, longevo, waterproof e dall’autonomia apprezzabile. 8.7 Qualità 9 Longevità 9 Design Maneggevole, robusto e waterproof COSA CI PIACE Prestazioni generali Autonomia e display 8 Semplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 9 Meno bello di Xperia Z3 COSA NON CI PIACE Batteria non removibile sì a Z3 Compact una marcia in più e sicuramente più longevità rispetto a un modello dello scorso anno, ma non sono tali da suggerire una sostituzione di uno con l’altro, a meno che non si sia appassionati e si voglia avere sempre il massimo. Difficilmente, infatti, Z3 Compact si rivolge agli utenti di Z1 Compact, ma offre un telefono hi-end e di piccole dimensioni (per modo di dire, è come iPhone 6) per chi ha un modello più anziano o dalle prestazioni ormai vacillanti: in questo caso, e a patto di non preferire un phablet (o qualcosa di simile), la scelta è vincente. Da notare, tra l’altro, che Z3 Compact è più grande del predecessore: 4,6’’ contro i 4,3’’ di Z1 Compact, ma la risoluzione del display è la stessa, il che porta il conto dei ppi a favore del modello dello scorso anno, 341 contro 319. Ottimo da tenere in tasca ma il fratellone è più bello Ai fini della portabilità, le dimensioni sui 4,5’’ - 5’’ sono davvero ottimali: il display è abbastanza ampio ma Sony ha lavorato molto per ridurre davvero al minimo la cornice, che sui due lati è di qualche millimetro appena e poco di più sulle due basi; il risultato è un telefono che “tutto schermo” e che si porta in segue a pagina 25 n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Sony Xperia Z3 Compact segue Da pagina 24 giro senza difficoltà sia nella tasca dei jeans, sia in una borsetta. Anzi, le dimensioni ideali di schermo gli danno una marcia in più rispetto a Z3 per quanto concerne il possibile successo commerciale, ma questo ce lo dirà solo il tempo. Il design, pur molto simile, non è lo stesso di Xperia Z3: mentre il fratello maggiore propone una cornice in alluminio molto morbida e smussata sia sugli angoli che sul profilo interno, Z3 Compact prosegue la tradizione dei predecessori con un approccio piuttosto rigido e squadrato, con cornice laterale in plastica semitrasparente che nasconde i classici “sportellini” della serie: questi ci sono sia nella versione regolare che in quella Compact, ma nella prima seguono il profilo morbido del telefono, qui sono leggermente più voluminosi e ricordano più Z2 che l’attuale versione. Non per niente Z3 è spesso 7,4 mm e Z3 Compact 8,6: niente di cui preoccuparsi, ovvio, ma non sarebbe stato male veder replicato 1:1 il design di Z3 anche nella versione compatta. Per il resto, Z3 Compact ripropone l’impostazione classica di tutta la serie Z: è impermeabile ed ermetico alla polvere con certifiche IP65 e IP68, esattamente come il fratello maggiore, e può dunque essere immerso in acqua fino a 1,5 metri per 30 minuti. Da notare che, mentre gli sportellini dominano un lato della cornice, l’altra ne è completamente sprovvista, e il jack per le cuffie è scoperto nonostante l’impermeabilità dell’apparecchio. Tutto ciò ci fa supporre che, di qui a qualche generazione, anche per gli altri slot si potrebbero trovare soluzioni di design che superino quella degli sportellini, che per quanto non sia brutta sotto il profilo estetico, in un telefono del genere sa un po’ di approssimativo. Per il resto, la solita dotazione: tasto dedicato per la fotocamera, bilanciere del volume, tasto fisico di standby, micro USB, micro SD e nano SIM. Ovviamente la batteria non è sostituibile: a chi non dovessero bastare i 2.600 mAh di quella in dotazione (e bastano, ve lo assicuriamo), resta la carta Battery Pack. Un display luminoso e “coloratissimo” Com’è noto, il display rappresenta uno degli aspetti più importanti degli smartphone Sony di alta gamma, e Z3 Compact non è di sicuro l’eccezione alla regola. Z3 Compact sfoggia un display LCD da 4,6’’ HD con tecnologia IPS e Live Color LED, il cui fine (grazie all’impiego di LED blu che “stimolano” i fosfori rossi e verdi) è rendere i colori molto brillanti e vividi senza andare a condizionare negativamente il risalto del dettaglio. Anche qui, come negli altri esponenti della serie Xperia, le caratteristiche regolabili del display vanno ben oltre la generica “luminosità” che contraddistingue molti terminali Android di fascia media: possiamo gestire il processing d’immagine attivando l’X-Reality for Mobile o la modalità Super Vivid, il cui intervento estende ulteriormente la vividezza cromatica e dà un tocco di Edge Enhancement (lo si nota soprattutto sulle foto, anche quelle precaricate) rispetto alla modalità di base, che a sua volta offre un’immagine cromaticamente equilibrata. L’impatto risente molto di queste caratteristiche e non vi è dubbio che, per quanto concerne l’intensita e la brillantezza dei colori, siamo ad un livello lontano dalla media: non parliamo volutamente di naturalezza ma di impatto, che si traduce in immagini “coloratissime”, molto contrastate e che, soprattutto nelle foto e nei video, coinvolgono e catturano l’attenzione. Per chi vuole gestire i parametri del display, c’è anche la possibilità di regolare il punto di bianco. A sinistra la schermata Home, a destra il multitasking con le app attive in finestra Ai fini della prova d’uso, la torna al sommario luminosità e la sensibilità ai riflessi ci sono parse nella norma, ma con un avvertibile passo avanti rispetto alla generazione precedente, soprattutto nel primo parametro: il telefono è utilizzabile tranquillamente in esterni in giornate soleggiate, eventualmente possiamo muovere un piccolo appunto alla regolazione automatica che non sempre è così precisa e reattiva. Si è parlato molto, inoltre, di presunti limiti di definizione considerando che Sony ha mantenuto in Z3 la stessa risoluzione del pannello di Z1 (che era da 4,3’’), ma a conti fatti i limiti sono più teorici che pratici: qualche contorno non perfettamente armonico è rilevabile dall’occhio clinico, ma nulla che disturbi l’attività quotidiana; la leggibilità dei testi resta ottima in ogni circostanza. Tenendo conto dei limiti dell’LCD, la profondità del nero è apprezzabile: anche alzando la luminosità al massimo, nelle schermate nere lo scarto col bordo del telefono è visibile ma limitato e per nulla fastidioso; si nota invece un discreto abbattimento della luminosità allo spostamento dal punto di visione ottimale (sia in orizzontale che in verticale), ma in questo caso non si nota la presenza di dominanti cromatiche di alcun genere. Le “personalizzazioni” Sony e tanta buona musica Sony è nota per operare una personalizzazione importante su Android stock (qui in versione 4.4.4), e la versione Z3 Compact propone le medesime soluzioni software e di interfaccia del fratello maggiore. Troviamo così una home letteralmente dominata dal widget What’s new di Sony, che raggruppa in un solo ambiente e nella stessa schermata i contenuti “top” del momento provenienti dai vari servizi proprietari come i vari Music Unlimited, Video Unlimited e Playstation Store, ma anche app dedicate ai terminali Xperia e presenti nel Play Store e via dicendo. Per la riproduzione dei contenuti multimediali si fa sempre riferimento a Walkman, Album e Film a seconda che si tratti di musica, foto o video, ma qui in più c’è PlayStation che attiva una delle funzioni più interessanti di questa generazione di dispositivi ovvero Remote Play, per il quale sarà comunque necessario lo scaricamento e l’utilizzo di un’app aggiuntiva (Riproduzione remota PS4): non l’abbiamo testata poichè il lancio della tecnologia e dell’app relativa sono previsti per novembre, ma l’interesse c’è segue a pagina 26 n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Sony Xperia Z3 Compact segue Da pagina 25 tutto. La funzionalità in questione permette di giocare con PS4 usando il proprio terminale Z3 (normale, Compact o Tablet Compact) come display, il tutto via Wi-Fi e collegando all’apparecchio un controller DualShock 4: è anche possibile iniziare la partita sul TV e proseguirla sul display dello smartphone, senza doverla riprendere da zero. Personalizzazioni Sony, dicevamo. Sì, c’è un po’ di tutto, compresa la possibilità (che ci ricorda Galaxy Note 4, nonostante le evidenti differenze di stazza) di usare diverse app in finestra tramite multitasking multiwindow: ovviamente questa possibilità ha più sbocchi pratici su Z3 “normale”, poichè i 4,6’’ della versione compact rendono il tutto molto limitato in termini di spazio. C’è da dire, però, che rispetto al multiwindow di Note 4, le app utilizzabili sono minori in numero e che riducendole in finestra i limiti di risoluzione del display emergono tutti: se leggere un sito non ottimizzato “mobile” in condizioni normali è tutt’altro che un problema, qui lo diventa senz’altro. C’è da dire che, in generale, i prodotti della linea Xperia si pongono come scelta d’elezione per chi vuole usare lo smartphone Android anche come riproduttore musicale, visto l’expertise dell’azienda nel settore e le svariate tecnologie di cui sono dotati i propri terminali mobili. Siamo soliti ascoltare molta musica al di fuori delle mura domestiche e abbiamo colto l’occasione di questa prova per testare l’efficacia delle soluzioni Sony, partendo dal ClearAudio+ fino ai DSP più avanzati. Rimandiamo invece a un momento successivo il test degli auricolari a eliminazione del rumore proposti da Sony in bundle col telefono poiché assenti nel kit dedicato ai test. Quanto segue si riferisce dunque solo al telefono, per l’occasione dotato di auricolari Pioneer SE-CL541. Piacevole il fatto che, oltre all’equalizzatore personalizzabile a 5 bande con ClearBass, possiamo anche selezionare le cuffie, con tanto di preset audio personalizzato per diversi modelli Sony. È poi presente una serie di modalità surround (Studio, Club, Sala Concerti) che però, data la finalità di supporto audio/video, vediamo (molto) meglio sullo Z3 o sul Tablet Z3 Compact della medesima serie: onestamente, per quanto avvolgente possa essere il suono riprodotto da Z3 Compact, un display da 4,6’’ non è pensato per vederci film interi. Invece la qualità torna al sommario audio in cuffia è fortemente personalizzabile e rappresenta sicuramente un passo avanti rispetto alla media degli smartphone Android: abbiamo trovato i vari preset di equalizzazione abbastanza aggressivi e, per i migliori risultati, è meglio procedere con una regolazione personalizzata usando Clear Bass per compensare eventuali limiti di dinamica; in ogni caso la qualità sonora resta appagante anche con cuffie “generiche” e alti regimi laddove, complice l’utilizzo di auricolari di qualità, non si avvertono distorsioni e il quadro sonoro si mantiene bilanciato. Ovviamente non bisogna esagerare con le regolazioni, oppure si può sempre aggiungere un “normalizzatore di dinamica” che appiattisce un po’ i vari brani ma impedisce scarti eccessivi tra uno e l’altro. E poi c’è il ClearAudio+, la tecnologia Sony che disattiva tutti gli altri effetti sonori e propone un’equalizzazione custom basata sul tipo di sorgente: abbiamo potuto constatare che il risultato varia a seconda degli auricolari e della sorgente; ascoltando brani rock in mp3 parecchio compressi si ottiene un’espansione delle gamme alta e bassa con una leggera riduzione dell’intelligibilità del cantato a fronte di più dinamica e coinvolgimento. In generale, considerando le mille variabili in gioco, risultati migliori si ottengono con equalizzazioni personalizzate: il ClearAudio+ è però un buon compromesso tra qualità d’ascolto e rapidità di esecuzione. Per chi ama la qualità senza compromessi c’è anche la funzione Hi-res audio tramite USB, che consente la connessione digitale di Xperia Z3 Compact a un DAC esterno per l’ascolto a qualità di livello superiore e, unicamente tramite l’app Walkman, il DSEE HX, che funge da upscaler di file compressi “avvicinandone” la qualità a quella dei brani hi-res. Avere tante opzioni è una bella cosa, ma muoviamo a Sony l’appunto di aver complicato un po’ la gestione tra menu, sottomenu, opzioni presenti solo nell’area Walkman, altre che se attivate ne disattivano di secondarie e via dicendo. Una piccola revisione dell’interfaccia utente sarebbe gradita. Prestazioni al di sopra di ogni sospetto Qui entriamo in un’area già esplorata durante la recensione di Xperia Z3: quella delle prestazioni. La situazione, infatti, se non identica non può essere troppo diversa: il SoC è il medesimo Snapdragon 801 da 2.5 Ghz, con tanto di GPU Adreno 330, la RAM è un po’ inferiore (2GB contro 3GB) ma anche la risoluzione del display è inferiore, HD contro Full HD. Le prestazioni, appunto, non saranno mai identiche ma ci andiamo vicino. Ecco perchè nella routine quotidiana Xperia Z3 Compact non solo non ci ha dato problemi neppure nei momenti più “concitati”, ma ha gestito ogni task con la massima disinvoltura: routine lavorativa, svago videoludico (ottime prestazioni su segue a pagina 27 n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Sony Xperia Z3 Compact segue Da pagina 26 Asphalt 8, con ben oltre 30 fps), video, foto, scatti con la fotocamera, GPS per la corsetta serale e via dicendo. Non abbiamo mai avvertito quella lag o quelle indecisioni nel ritorno alla Home che si avvertono frequentemente con telefoni di gamma media: qui va tutto fluido. Non mettiamo in dubbio che un uso “compulsivo” di app (magari in finestra), funzionalità e sensori possa causare qualche rallentamento, ma se dobbiamo giudicare dall’esperienza fatta, il problema proprio non si è posto. Ripubblichiamo in questa sede i grafici già inseriti nella prova di Galaxy Note 4 (con snapdragon 805) e ottenuti con Geekbench e GFX Bench. Nel primo, Xperia Z3 Compact è ottimo in single core e vince il confronto con l’altro Snapdragon 801 del confronto (LG G3) anche in multicore, pur restando un po’ sotto Galaxy Alpha (basato su Exynos Octa Core) e iPhone 6 Plus. Anche in ambito grafico, facendo una media dei valori di FPS riportati qui sotto, Xperia Z3 Compact si comporta bene, in alcuni casi addirittura meglio rispetto allo snapdragon 805 di Galaxy Note 4, che compensa la maggior potenza con un numero infinitamente maggiore di pixel da “muovere”. In ogni caso, abbandonando un attimo numeri e barrette colorate, al momento è pressochè impossibile metterlo in difficoltà con un gioco. E questo è più che sufficiente per la stragrande maggioranza degli utenti. Il discorso dell’autonomia si compatta rapidamente, e ci troviamo a scrivere cose analoghe a quelle di Xperia Z3: anche qui Sony annuncia 2 giorni di utilizzo, facendo perno sulla batteria da 2.600 mAh integrata (e non sostituibile) e su un’infinità di tecno- logie proprietarie di risparmio energetico. In questi casi, e in assenza di un valore oggettivo che possa quantificare l’autonomia dell’apparecchio, valgono alcune considerazioni d’esperienza: il punto di partenza è che è praticamente impossibile lamentarsi dell’autonomia dell’apparecchio, anche considerando il panorama degli smartphone attuale. Per il resto valgono alcune considerazioni generiche: pur navigando in continuazione, usandolo tutto il giorno un po’ in Wi-Fi un po’ tramite rete cellulare, ascoltando musica in streaming per almeno un’oretta, giocando in pausa pranzo e continuando (quasi compulsivamente) a controllare e aggiornare i social network, a sera si arriva con la massima e assoluta serenità. Usandolo in questo modo, le 2 giornate dichiarate sono impegnative da raggiungere, ma riteniamo che di fronte a un uso più moderato e contenuto, il valore annunciato da Sony sia assolutamente alla portata. E lo è senz’altro se si usano le mille tecnologie di risparmio energetico previste dal produttore: a partire da Stamina (che sostanzialmente raddoppia la stima di autonomia residua), fino a Ultra Stamina che, in alcune circostanze, ci ha portato l’autonomia dichiarata anche a 15 giorni. Stime e possibilità a parte, resta il dato oggettivo: con Xperia Z3 Compact l’autonomia non è un problema e a sera ci si arriva sempre. video lab Sony Xperia Z3 Compact Funzione Timeshift Modalità totalmente automatica su un controluce: un buon livello di dettaglio, il bianco del cielo non troppo invadente, compressione discreta. Modalità automatica che per l’occasione si posiziona in macro: notevole il dettaglio, buono lo sfocato che è possibile solo in questi casi. 20 mpixel in manuale, con una semplice compensazione dell’esposizione. L’immagine è molto ben bilanciata e la dinamica è notevole. Bello scatto. Sotto un ponte, al buio: l’immagine è scattata in modalità Alta Sensibilità (ISO 1600), il rumore c’è e il dettaglio cala, ma il risultato è accettabile. Modalità notturna a 8 mpixel, il rumore è presente ma è più che tollerabile in virtù del tipo di prodotto; l’immagine rimane intelligibile. Scatto a 20 mpixel in versione “macro notturna”; l’immagine è chiaramente più morbida rispetto alla versione diurna, bello lo sfocato. Per quanto concerne gli aspetti puramente fotografici, ci troviamo a ripetere larga parte delle considerazioni di Xperia Z3, che a sua volta riproponeva buona parte (ma non 1:1) di quelle del predecessore. Sony ha l’esperienza, i componenti e le tecnologie per realizzare eccellenti camera-phone, e Z3 Compact non fa eccezione: non è rivoluzionario, ma si inserisce perfettamente nel filone dei camera-phone Sony ed è capace di buone performance. La cura si vede da tanti particolari: il pulsante dedicato per messa a fuoco/scatto, ormai una consuetudine in casa Sony, il sensore da 1/2.3’’ Exmor RS da 20,7 mpixel, le lenti Sony G da 25mm, l’apertura f/2.0, la capacità di raggiungere i 12.800 ISO in modalità “alta sensibilità”, lo stabilizzatore (digitale) SteadyShot e l’infinità di tecnologie e funzionalità integrate nell’app Camera di Sony. Queste spaziano da effetti creativi alla modalità SuperiorAuto+, da controlli manuali estesi e che abbracciano risoluzione di scatto, compensazione dell’esposizione, bilanciamento del bianco e via dicendo, fino alla ripresa video in 4K e in timeshift. Qui sopra un video che abbiamo realizzato con la funzione Timeshift: la macchina riprende a 720p e permette di regolare successivamente l’avvio dell’effetto slow motion, che in questo caso è stato impostato circa a metà filmato. Il video, pubblicato su YouTube, ha solo un valore di preview per valutare l’effetto rallentato: il video originale è scaricabile da questo indirizzo. Per il video 4K rimandiamo alla prova di Xperia Z3, con la solita raccomandazione che registrare a lungo determina surriscaldamenti notevoli del terminale. torna al sommario Una fotocamera versatile, anche in 4K n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Amazon lancia un nuovo Kindle Touch ad un prezzo irresistibile, 59 euro. Ha un processore più veloce, Wi-fi e più memoria Kindle Touch costa 59 euro. Ma non c’è la luce Amazon ha rinunciato a qualcosa: Kindle non è illuminato. Conviene davvero spendere di più per leggere a luci spente? di Roberto PEZZALI mazon ha lanciato un nuovo Kindle: costa 59 euro, ha un processore più potente ed è touch screen. Come già fatto con gli ultimi Fire, anche per il suo ebook reader Amazon ha percorso la strada del basso costo senza cercare di rinunciare però alle prestazioni: a 59 euro non esiste produttore che possa competere con Amazon. I 59 euro però sono un po’ fittizi: se si vuole proteggere al meglio lo schermo eink l’acquisto di una custodia aggiuntiva è d’obbligo, e come sempre gli accessori si psagano cari. Per mettere le mani su una delle colorate custodie realizzate ad hoc servono infatti altri 39 euro. Ma cosa cambia tra questo nuovo Kindle e il vecchio Kindle? Amazon ha rinunciato ovviamente a qualcosa offrire un prodotto comunque soddisfacente: la plastica usata, per esempio, è più “grezza” e allo stesso modo non presenta la finitura leggermente soft del modello precedente, cosa che lo rende anche scivoloso se appoggiato ad una superficie liscia. La stessa finitura, complice anche il colore nero, è abbastanza sensibile alle ditate: qui avremmo preferito colori più allegri come quelli dei nuovi tablet Fire. Le dimensioni sono bene o male quelle del vecchio Kindle, mentre il peso è superiore di 20 grammi: una differenza comunque minima. A Chi è disposto a perdere la luce? idSotto il profilo estetico non ci sono tasti fisici per il cambio di pagina e non c’è uscita audio per gli audio libri (ma anche sul Paperwhite era così): la ricarica avviene sempre tramite micro USB ma in dotazione troviamo solo il cavo e non il caricatore. Un ebook reader è fatto per leggere, e Amazon ha mantenuto invariato lo schermo e-ink Pearl da 6” e 167 ppi aggiungendo più memoria e un processore più veloce. Lo schermo non è illuminato come quello del Kindle Paperlite, e qui forse si gioca tutto il nocciolo della questione: è vero che costa solo 59 euro, ma chi ha provato un reader illuminato sa benissimo che video lab Amazon Kindle Touch (2014) PER INIZIARE VA BENE, MA IL PAPERWHITE È UN’ALTRA COSA Non esiste un ebook reader a 59 euro, e Amazon ha realizzato un prodotto comunque valido. Leggere però è una passione e, come si spendono anche 20 euro per un libro appena uscito, si possono spendere anche 130 euro per il prodotto che poi ci fa godere di questo libro. Non stiamo dicendo che Amazon abbia fatto male a realizzare un prodotto così costoso, ma riteniamo che la luce sia quella caratteristica dell’ebook reader che davvero può spingere anche il più sfegatato tifoso della carta al digitale. Il Kindle Touch è un invito a buttarsi nel mondo dei libri digitali, ma chi lo prova deve tener conto che il Paperwhite è tutta un’altra cosa. In ogni caso, a 59 euro, è un regalo perfetto. 7.6 Qualità 7 Longevità 7 Design 6 Simplicità 8 D-Factor 7 Prezzo 10 Prezzo bassissimo Assenza della luce COSA CI PIACE Velocità di cambio pagina COSA NON CI PIACE Si sporca facilmente Funzione Free Time dedicata ai più piccoli Reflow dei pdf imbarazzante mai tornerebbe indietro ad una versione classica. Effettivamente, anche in virtù della migliore autonomia e dello schermo più risoluto, a nostro parere il valore di poter leggere anche a letto al buio e con poca luce senza affaticare la vista vale più degli 80 euro che servono per acquistare il Kindle Paperwhite. minima. Schermo e processore velocissimi A sinistra un libro Kindle, a destra un PDF. 59,00 € Lo schermo del nuovo Kindle ha comunque una risoluzione più che buona per poter leggere impostando anche il carattere su una dimensione ridotta, e onestamente su un 6” non si sente la necessità di uno schermo più risoluto. Inoltre su questo modello la memoria interna è passata da 2 GB a 4 GB (solo 3 disponibili però), e per un prodotto che serve a contenere leggerissimi (in termini di spazio occupato) libri sono più che sufficienti. Il touch screen è sensibilissimo, forse troppo, e talvolta si rischia solamente tenendo il Kindle in mano non “bloccato” di avanzare inavvertitamente le pagine. La maggiore reattività arriva probabilmente dall’uso del touch capacitivo al posto di quello ottico, meno preciso e più lento. Velocissimo anche il processore da 1 Ghz: le pagine scorrono veloci, la reimpaginazione è istantanea e anche i menu sono sufficientemente rapidi. L’assenza di tasti hardware porta ad una revisione del modello di utilizzo: Amazon ha delineato diverse zone sensibili che ci permettono di intervenire sulle opzioni di lettura e sulle opzioni del dispositivo: la guida presente sul Kindle stesso, in italiano, spiega in modo facile e semplice come usare il proprio ebook reader. Preinstallati, come sempre, i due vocabolari italiano e inglese, ma per la traduzione serve una connessione wi-fi (il traduttore è Bing). A breve, grazie alla funzionalità Word Wise, le parole più difficili di un testo inglese verranno chiarite con brevi indicazioni intratestuali, una funzione utile per chi legge testi in inglese a scopo didattico. L’autonomia dichiarata è di un mese: ovviamente non abbiamo atteso un mese per vedere se Amazon dice segue a pagina 29 torna al sommario n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE MOBILE Huawei annuncia per il mercato cinese uno smartphone completo e con una batteria da primato: 72 ore in utilizzo Record Huawei: la batteria di Honor 4x dura 3 giorni Il sogno di uno smartphone senza “le ore contate” potrebbe essersi realizzato, ma sarà tutto oro quel che luccica? di Michele LEPORI lzi la mano chi arriva sempre tranquillamente a fine giornata con la batteria del proprio smartphone. Tolti i possessori di phablet, siamo sicuri che il problema sia abbastanza trasversale dato che i valori in mAh delle batterie per cellulari oscillano normalmente fra 1800 ed i 2200: valori compromesso fra esigenze di design, dimensioni della scocca e ottimizzazione software che incida il meno possibile su quello che - tra 4G, giochi dalla grafica sempre più realistica, localizzazione e sensori vari è un vero e proprio drenaggio di risorse che troppo spesso si conclude con una barra rossa lampeggiante. Oggi Huawei potrebbe aver trovato la quadratura del cerchio con Honor 4x, l’ultimo progetto della casa cinese per il proprio mercato casalingo che giura 3 giorni di autonomia. Senza se e senza ma. Che cos’ha in più Honor 4x della concorrenza? In termini di batteria sia- RAM, una fotocamera frontale da 5 MP ed una posteriore da 13 realizzata da Sony. La disponibilità mondiale per ora è un incognita tanto quanto le effettive 72 ore di autonomia: ad oggi Honor 4x è disponibile solo su Vmall, lo store online di Huawei, ad una cifra che al netto del cambio fissa il cartellino del prezzo a 130 dollari. A mo a 3000 mAh, un valore più alto della media che però da solo non basta a spiegare queste 72 ore di vita lontano dalla presa di corrente: il display HD da 5,5” permette dimensioni generose alla fonte di alimentazione e certamente troviamo funzioni software di ottimizzazione del consumo, oltre a uno Snapdra- gon 410 a 64bit con quattro core A53 capaci di contenere al minimo le risorse energetiche necessarie. Huawei dal canto suo si limita a sbandierare il numero 72 ed assicurare che non è pubblicità ma solo la realtà dei fatti. Sempre per restare in tema di numeri, Honor 4x vanta 2 GB di memoria TEST Amazon Kindle Touch segue Da pagina 28 il vero, ma stimando il consumo in queste settimane di lettura possiamo dire che l’indicazione è corretta. Sotto il profilo del sistema operativo Amazon ha aggiunto tante piccole cose, ma altre devono ancora arrivare: una delle novità che più ci è piaciuta è la nuova sezione Free Time, un’area destinata ai bambini che unisce la facilità di lettura ai principi della gamification: leggendo si sbloccano traguardi e badge. Free Time è un piccolo ambiente chiuso e sicuro, una sorta di “angolo del bambino” dal quale si esce solo con parental control. torna al sommario Se scarichi i libri pirata non fa per te L’ultimo punto da affrontare è quello dei contenuti: chi compra i libri su Amazon non ha problemi, perché sono ottimizzati nel formato Amazon e scalano alla perfezione. Chi però vuole caricare i suoi libri (ovviamente acquistati regolarmente e non scaricati) deve prima convertirli se sono in formato Epub, perché il Kindle legge solo due formati, il Mobi e l’Azw. Per farlo esistono moltissimi strumenti online (a breve facciamo una guida) e i risultati sono davvero buoni. Per i PDF invece è più complesso: i file vengono ovviamente letti, ma il “reflow”, ovvero la procedura per riadattare il pdf ad uno schermo più piccolo, è da sempre abbastanza disastrosa sul Kindle. In questo caso è consigliabile una conversione esterna. Per caricare i file invece sul Kindle la soluzione migliore resta la mail: Amazon associa ad ogni prodotto Kindle un indirizzo email al quale mandare i file da caricare sul cloud. I file vengono resi così disponibili a tutti i dispositivi registrati, senza la necessità di software esterni; ci sono anche altre soluzioni magari più complete (Calibre) ma anche leggermente più complesse. Come sempre per chi agisce nella legalità le soluzioni sono semplici: i libri acquistati si leggono benissimo, mentre i problemi sussistono con i PDF. È anche vero che esistono tanti PDF scaricati legalmente (vedi DDAy. it Magazine), tuttavia in questi casi un tablet è preferibile all’ebook. Una nota finale per quanto riguarda la parte delle “offerte”: Kindle costa 59 euro nella versio- La parte gamification per i più piccoli. ne con “offerte speciali”, quindi quella con la pubblicità, altrimenti bisogna pagare 20 euro in più. Questa pubblicità non è assolutamente invasiva, e a tratti è pure utile perché suggerisce offerte contestualizzate ai propri gusti di lettura. La questione va comunque considerata: 20 euro è il prezzo per non avere la pubblicità, ma in entrambi i casi Amazon saprà comunque quello che leggete e quanti libri leggete al mese. Nuovo Loewe Connect. Una sorprendente gamma di TV Ultra HD. Loewe Connect. Immagini nitide e ultra-definite unite ad una eccezionale qualità audio grazie all’avanzata tecnologia degli altoparlanti SOEN©. Un vero talento multimediale, con hard disk integrato da 1 TB e tutta la comodità di programmare le registrazioni anche da remoto. Disponibile in vari colori, nei formati 40‘‘ e 55‘‘. Rigorosamente Made in Germany. www.loewe.it n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Abbiamo provato l’Acer C730 con Chrome OS a bordo: facile da usare e molto sicuro, ma ci si può fare davvero poco Chrome OS può davvero sostituire Windows? Chrome OS è una buona idea ma non è adatto a tutti: chi è abituato ad utilizzare un computer lo troverà troppo limitato di Roberto PEZZALI I Chromebook sono finalmente arrivati in Italia. Da tempo si sente parlare del fenomeno Chromebook e di come questi portatili a basso costo stiano facendo benissimo oltre oceano, ma nessuno, soprattutto in Italia, ha mai avuto la percezione di cosa volesse dire quel “benissimo”. Google non ha mai rilasciato ufficialmente numeri e nessuno ad oggi è in grado di dire effettivamente quanti Chromebook sono stati venduti e qual è la reale penetrazione sul mercato di questo particolare sistema operativo. Il basso costo, che implica anche un hardware al risparmio, rievoca un po’ il fenomeno “netbook”, una bolla durata qualche anno e poi scoppiata. L’arrivo di Chrome OS in Italia ci ha permesso di provare uno dei primi Chromebook che sono disponibili nei negozi, un Acer C730 con a bordo l’ultima versione di Chrome OS a 64 bit, la 38.0.2125.110 a 64 bit. video lab Acer C730 Un modesto 11.6” con Bay Trail Il Chromebook che abbiamo provato è l’Acer C730, un onesto portatile Acer con schermo da 11.6” e un processore della famiglia Bay Trail di Intel. Per la precisione l’unità demo adotta un Celeron Quadcore N2940 a 22 nanometri, 2 GB di DDR3 come memoria, un disco eMMC basato su memoria da 32 GB e una batteria al litio da 3 celle. Non è ovviamente un portatile di fascia media, è proprio un entry level: lo schermo da 11.6”, ad esempio, usa un pannello TN con risoluzione 1366 x 768, angolo di visione molto ridotto e resa cromatica non proprio eccelsa. Anche i materiali non sono da primo della classe: l’Acer C730 è costruito per costare poco e non fa nulla per nasconderlo. Sotto il profilo della connettività troviamo solo due porte USB, un’uscita HDMI e un ingresso SD Card, ma alla fine quello che offre basta e avanza per il sistema operativo Chrome OS. Ricordiamo infatti che non è possibile, ad esempio, collegare una stampante USB a Chrome OS: la stampa dei documenti può avvenire solo tramite Cloud Print e non con connessione diretta. Per quanto riguarda l’autonomia, l’Acer C730 offre circa 7 ore di utilizzo, inoltre, si apprezzano un boot decisamente rapido e una tastiera ben dimensionata con un trackpad ampio. Purtroppo questo modello che Acer ci ha fornito non è al momento in vendita in Italia, motivo per il quale non abbiamo approfondito l’aspetto hardware: nei negozi si può trovare il modello C720 a 269 euro di listino. Chrome OS: Chrome con qualcosa in più Chrome OS è una versione molto particolare di Chrome, una versione “potenziata” con l’aggiunta di qualche elemento che lo rende di fatto più completo del browser che siamo tutti abituati ad usare. Google ha spinto molto sulla facilità d’uso e se all’inizio Chrome OS era pensato per un utilizzo esclusivamente online, nel corso del suo sviluppo ha cambiato rotta abbracciando anche una serie di funzionalità che non richiedono la connessione, soluzione questa che lo ha reso decisamente più appetibile. Chrome OS lavora quasi esclusivamente all’interno di una finestra del browser ed è il browser a lanciare le applicazioni come webapp: le uniche eccezioni in questo caso sono rappresentate dall’applicazione per la gestione dei file e da quella della videocamera frontale, app che Goo- gle ha inserito a livello di sistema. Chi ha usato Chrome si accorgerà che le differenze tra il Chrome browser e Chrome OS sono minime: Google ha aggiunto solo una splashscreen per autenticare l’utente, una barra di comando “simil Windows” e un desktop. La barra di comando sembra proprio quella del sistema Microsoft: un tasto start mostra le app installate, una quick launch bar integra le app più usate e un parte notifiche / sistema mostra informazioni su audio, rete, ora e livello della batteria, oltre a integrare le notifiche di Google Now. Il desktop è solo di supporto: non possiamo metterci né app né files e, sorprendentemente, mancano anche eventuali widget come in Android. Il desktop c’è, ma serve solo a mostrarci la bella foto di sfondo e a supportare le finestre. Tutti i limiti di Chrome OS Prima di parlarvi di quello che può fare Chrome OS vogliamo mettere subito in chiaro alcuni limiti del segue a pagina 32 torna al sommario n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Acer C730 con Chrome OS segue Da pagina 31 sistema: non si pensi di fare con Chrome OS quello che viene fatto con Windows o OSX. Un Chromebook non è in grado di gestire in alcun modo la rete locale, non vede server di rete e non può accedere a file su NAS. Allo stesso modo non ci sono drivers per stampanti, e se si vuole stampare si deve usare o una stampante compatibile Google Cloud Print, oppure ci si deve appoggiare ad un PC o ad un Mac collegato ad una stampante “non cloud” e opportunamente configurati per ricevere stampe da altri Chrome. Allo stesso modo non c’è un media player completo, il visualizzatore pdf interno è limitato e moltissime cose che siamo abituati a fare con un computer non possono essere fatte. Banalità, come ad esempio copiare una foto da uno smartphone collegato via USB, sono state aggiunte solo con il supporto MTP nell’ultimo update. App anche offline, ma sono poche Dopo aver visto quello che non si può fare con Chromecast vediamo quello che invece si può fare: oltre a navigare il web con Chrome si possono sfruttare tutta una serie di webapp che si appoggiano a Chrome, da Google Docs a Google Mail. Google di fatto ha integrato ogni suo servizio all’interno di Chrome OS, e tutte le estensioni che già sono disponibili per Chrome lo sono anche per Chrome OS. La maggior parte di queste richiede un computer connesso, ma alcune, raccolte sotto un reparto “offline”, funzionano anche in assenza di rete. Si può quindi comporre una mail o un testo offline, aspettando una connessione per sincronizzare tutto con il cloud. Il fatto che siano applicazioni “web” rappresenta un limite enorme: sono tutte app che non possono essere troppo esigenti in termini di memoria di sistema e neppure troppo complesse. Basta navigare un po’ sullo store delle app per Chrome OS per capire che non troveremo mai app del calibro di Photoshop o Pixelmator, ma editor di foto molto più semplici. Chrome OS è perfetto per chi non ha particolari esigenze, usa il computer solo per navigare online, leggere la posta e fare piccole cose a livello di produttività. Un recinto un po’ piccolo, ma che si adatta a persone che non hanno mai avuto a che torna al sommario Menu, quick launcher e area di sistema di Chrome OS asssomigliano davvero molto a Windows fare con un computer e che hanno esigenze davvero base. Chrome OS offre anche una migliore sicurezza: malware e altri elementi che spesso vengono inviati in mail non trovano su Chrome OS terreno fertile per una installazione, quindi Chrome OS è perfetto per utenti sprovveduti e alle prime armi. Perché Chrome OS e non Android? Chrome OS è nato per essere un sistema desktop, Android invece per essere un sistema mobile, eppure Google sta cercando di farli convergere in qualche modo. L’ultima build di Chrome, infatti, grazie al modulo ARC permette di eseguire applicazioni Android su Chrome, anche se al momento la compatibilità è limitata solo ad alcune app come Evernote e Vine. Una mossa interessante, che in futuro permetterà di avere su Chrome OS un numero decisamente più ampio di applicazione di quelle attuali, oltre ad applicazioni offline più complesse.Questo ci porta però a farci una domanda: perché Google non ha dismesso Chrome OS in favore di Android? Android L è multipiattaforma e ha diverse declinazioni tra cui Auto e TV: nulla avrebbe vietato a Google di pensare anche a una versione “computer” realizzata per essere utilizzata sui Chromebook, con accesso a tutte le app e supporto di tastiera e mouse. Non è per tutti, anzi, è per pochi. Chrome OS è una buona idea ma non è un sistema operativo per tutti. Chi sa come usare un computer rischia di trovarsi di fronte ad un sistema davvero limitato e limitante, che gli permette di fare davvero poche cose. Paradossalmente Chrome OS permette di fare meno cose di quelle che si possono fare con un tablet, anche se dobbiamo considerare che un buon tablet con tastiera aggiuntiva costa quasi il doppio. Chrome OS è perfetto per il segmento “educational”: ha browser, mail e strumenti di base per comporre testi e grafici, è immune ai problemi di sicurezza ed è allineato con Google Drive, permettendo così ad uno studente di continuare a lavorare o accedere ai dati in remoto. E’ forse in questo settore che Google sta avendo molto successo, perché i Chromebook sono la perfetta risposta a situazioni dove serve hardware economico, ben funzionante e con pochi problemi di manutenzione. Ripristinare un Chromebook infatti porta via pochi minuti, molti meno di quelli che servono per riportare un notebook Windows ad uno stato operativo. Resta il fatto che Chrome OS, così come è pensato ora, non può far paura a Windows: certo, il prezzo basso potrebbe attirare un po’ di utenti ma come abbiamo detto la bilancia pende di più dal piatto dei limiti che da quello dei benefici. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Sony MDR-10RC è una cuffia che offre qualità e tanta versatilità, si può utilizzare comodamente in viaggio o a casa Sony MDR-10RC, ascolto di classe in movimento È perfetta chi non si accontenta di ascoltare musica compressa ma cerca la qualità, anche con musica ad alta risoluzione di Roberto FAGGIANO impegno Sony nel campo della musica in alta risoluzione Flac e DSD si è articolato su diverse tipologie di prodotti e tra queste non potevano mancare le cuffie. Proprio come questa MDR-10RC (119 euro), un modello di fascia medio alta, per poter ascoltare adeguatamente la musica in movimento, senza penalizzare chi non si accontenta dei soliti MP3. Questa cuffia si fregia anche dell’indicazione Hi-res Audio, come i più prestigiosi prodotti Sony dedicati alla riproduzione di musica in alta risoluzione. Il collegamento alla sorgente è del tipo classico via cavo, separabile e ben realizzato, con terminale angolato per ridurre l’ingombro. I padiglioni hanno una struttura Bass Reflex per migliorare la resa in gamma bassa pur utilizzando un trasduttore da 40 mm, un buon compromesso tra prestazioni e ingombro. Le articolazioni dei padiglioni appaiono robuste e permettono di ripiegare la cuffia per occupare meno spazio durante il trasporto. Una piccola pochette in tessuto viene fornita in dotazione a tale scopo. Il peso è contenuto in 165 grammi, grazie all’utilizzo di materiali plastici di alta qualità. La finitura bianca dell’esemplare in prova è molto elegante, ma anche estremamente delicata e soggetta a sporcarsi facilmente, chi teme le conseguenze del tempo potrà scegliere più opportunamente la versione nera oppure quella con archetto nero e rivestimento padiglioni in rosso metallizzato. Anche il cavo di collegamento è bianco, anzi per la precisione i cavi in dotazione sono due, uno classico e uno con microfono e tastiera per gestire musica e conversazioni da smartphone di ogni sistema operativo. Per chi possiede uno smartphone Xperia c’è la possibilità di utilizzare un’app dedicata, la Smart Key, che permette di configurare il tasto di chiamata per gestire svariate funzionalità, come saltare traccia, avviare la radio FM, attivare i controlli vocali, alzare e abbassare il volume e via dicendo. L’ Ascolto rilassante Al primo contatto la cuffia Sony appare molto comoda, con padiglioni morbidi che poggiano sull’orecchio senza esercitare troppa pressione, con ascolti prolungati però arriva il disagio sui padiglioni auricolari. Ben calibrabile e morbido anche l’archetto, che ha comunque una robusta anima metallica pronta a sfidare il tempo. Sin dai primi brani la sensibilità si rivela piuttosto ele- torna al sommario video lab Sony MDR-10RC 119,00 € FEDELE COMPAGNA DI VIAGGIO La cuffia Sony MDR-10RC è ideale per chi desidera ascoltare musica in alta risoluzione durante un viaggio, un buon compromesso tra prestazioni, prezzo e ingombro. Riesce a creare un’atmosfera rilassante ma dinamica e dettagliata, non gradisce invece i livelli eccessivi perché l’elevata sensibilità la può mettere facilmente in crisi con brani musicali troppo compressi. L’indubbia eleganza nella versione bianca si abbina a una costruzione robusta e durevole. Per il prezzo però ci saremmo aspettati ancora qualcosa in più. 7.8 Qualità 8 Longevità 8 Finitura e costruzione curate COSA CI PIACE Prestazioni sonore Sensibilità elevata Design 8 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE vata mentre l’isolamento dai rumori esterni è limitato, ma in molte circostanze questo non è un difetto. Dall’ascolto si apprezza una buona tridimensionalità, sempre difficile da ricreare su una cuffia, anche di alto livello; i suoni quindi non si concentrano dentro la testa ma spaziano attorno con una gradevole sensazione di profondità. I bassi non sono molto profondi ma sembrano privilegiare il medio basso come accade in molti brani musicali recenti, tuttavia la dinamica non manca e non si possono sollevare particolari recriminazioni. Però questa cuffia sembra destinata a un utente che preferisce un ascolto rilassante piuttosto che musica martellante nelle orecchie. Infatti la MDR-10RC non gradisce il volume elevato e diventa fastidiosa oltre un certo livello. Con D-Factor 8 Prezzo 7 Non gradisce i volumi elevati Scarso isolamento dai rumori esterni alcuni brani Flac si nota invece la grande precisione nel restituire dettagli e atmosfere in gamma medio alta, degna quindi del marchio Hi-res Audio, anche se per la verità ci aspettavamo ancora di più considerato il prezzo di listino. IL PIÙ SEMPLICE IL PIÙ SMART *LG G2 vincitore del premio Best Phone 2013 di Cellulare Magazine. Now It’s All Possible Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*? La sua sorprendente evoluzione. Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Il nostro test drive della nuova Kia Soul Eco-Electric: che gusto poter guidare a emissioni zero e in totale silenzio Kia Soul elettrica, che bello dire addio alla benzina La Soul Eco-Electric offre 212 Km di autonomia e si ricarica in mezz’ora circa. Arriverà a marzo full optional, a 36mila euro È di Gianfranco GIARDINA ordinabile da subito e le prime saranno consegnate a marzo 2015: si tratta della nuovissima Kia Soul in versione totalmente elettrica, presentata a Milano. Si tratta della prima macchina elettrica Kia ad arrivare in Italia ma la casa coreana ha già una lunga esperienza su autoveicoli ibridi e completamente elettrici. Il risultato è una macchina molto competitiva con la concorrenza, soprattutto sul fronte della garanzia: viene confermata infatti la celebre garanzia di 7 anni di Kia anche su questo modello, batterie comprese, cosa davvero notevole. video Prestazioni molto interessanti Gli autoveicoli elettrici, almeno per ora, sono finalizzati principalmente alla mobilità cittadina: l’autonomia ancora non consente lunghi viaggi e la necessità di contenere i pesi sconsiglia l’utilizzo di pianali troppo grandi. Si tratta, tra l’altro, di un mercato che suscita molto interesse ma ancora pochissimi veri acquisti. Basti dire che nel 2014 sono state immatricolate in Italia solo 771 autovetture totalmente elettriche (598 nel 2013), con netta prevalenza della Nissan Leaf e della Smart ForTwo. Meglio le ibride, che comunque si fermano a circa 15mila immatricolazioni in Italia nel 2014. Già compresi in questi numeri anche i primi 10 esemplari della nuova Kia Soul Eco-Electric che sono stati immatricolati in Italia: abbiamo avuto la possibilità di utilizzarla per circa un’ora in giro per MIlano, con grande soddisfazione e comfort di guida. La prima cosa che ci piace segnalare è la scelta di distribuire le batterie lungo il pianale e non - come ci è capitato di vedere in altri modelli - semplicemente sistemate a “consumo” di parte del bagagliaio. Il vano di carico è infatti quasi completo e simile a quello del modello a motore termico. Questa scelta, quindi, non impatta sull’usabilità del veicolo, che conserva il proprio bagagliaio; ma non stravolge neppure l’assetto della vettura, che risulta uniformemente appesantita dai pacchi batterie e quindi resta ben piantata sulle ruote anche quando si prova a scaricare a terra tutta la coppia. Il pacco batterie ha una capienza di 27 KWh, valore notevole, è realizzato in tecnologia litio-polimero e consente un’autonomia che supera i 210 Km. Il motore elettrico ha una potenza di oltre 81 kW, una coppia di 285 Nm ed è in grado di portare la Soul fino alla velocità di 145 Km/h. La ricarica avviene attraverso uno sportello frontale motorizzato che lascia spazio a due prese: la Soul è già pronta per entrambi i formati di connessione previsti dai diversi tipi di colonnine. La ricarica può essere lenta, se si utilizza una linea di alimentazione “domestica” a 240 volt (ma da 6,6 kW, quindi dimensionata appositamente): in questo caso per un “pieno” ci vogliono circa 5 ore; tempo che ovviamente si allunga un po’ per una linea meno potente. Nel caso invece di ricarica presso una colonnina a corrente continua a 480V, bastano 25 minuti per riempire le batterie all’80% e 33 minuti per arrivare al 100%.In dotazione ci sono entrambi i cavi, pensati per essere alloggiati in un apposito vano nel bagagliaio sotto il piano di carico. Buoni accorgimenti per aumentare l’autonomia L’autonomia è la caratteristica chiave di un’auto elettrica: la Soul offre una buona autonomia unita a tempi di ricarica accettabili, soprattutto se si utilizza un punto di ricarica adeguato. Ma non è solo una questione di batterie: il risultato - a quanto ci spiegano - è stato raggiunto anche grazie ad alcuni accorgimenti sull’aerodinamica. Il più visibile riguarda i cerchi in lega, che sono molto diversi da quelli della Soul termica: appaiono più simili ai profili lenticolari delle ruote delle bici da cronometro. Sono stati fatti, poi, interventi sui paraurti e su altri dettagli per ottenere una penetrazione del- torna al sommario lab l’aria migliore. Ma, al di là dei dati di targa, che ovviamente sono ottenuti nelle migliori condizioni possibili (per esempio con fari e climatizzatore spenti), un buon lavoro è stato fatto sui consumi generali del veicolo. Per esempio, un intervento è stato fatto sul climatizzatore, che è uno degli apparati di servizio più voraci di energia: innanzitutto è un inverter a pompa di calore; poi sono stati implementati accorgimenti come la funzione che confina la ventilazione al solo guidatore, per evitare di disperdere energia nel caso in cui si viaggi da soli. Infine è molto interessante la possibilità di programmare la partenza automatica del climatizzatore mezz’ora prima dell’ora prevista di partenza, a macchina sotto carica: in questo modo, nel momento della partenza, la macchina è già fresca e si può evitare di utilizzare la preziosa energia delle batterie a questo scopo. E visto che di risparmio stiamo parlando, citiamo anche la possibilità di programmare l’inizio della carica in modo tale da prelevare l’energia elettrica dalla rete nelle ore in cui l’approvvigionamento costa meno. Il piacere del silenzio Come sempre capita con le auto elettriche, andare in giro è un piacere innanzitutto per le orecchie: solo con una vettura elettrica ci si rende conto veramente della rumorosità dei motori termici. Anche in questo caso, andare in giro per la città senza sentire altro che il rotolamento degli pneumatici è molto più riposante. Se ci si fa caso, non è solo questione di rumore ma anche di mancanza di vibrazioni; tanto che un passaggio segue a pagina 36 n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Kia Soul Eco-Electric segue Da pagina 35 su un pavè un po’ sconnesso si fa molto più notare di quanto non accada con una vettura tradizionale. Gli ingegneri Kia ci hanno spiegato anche che la Soul è stata ottimizzata sul fronte del contenimento del rumore: la base del pianale è stata ridisegnata per minimizzare il fruscio dell’aria e il motore elettrico ha subito un particolare isolamento in modo tale da non trasferire all’abitacolo i propri rumori. In effetti la guida avviene in maniera del tutto silenziosa, anche quando proviamo a premere l’acceleratore con più vigore. L’elettronica di bordo Buona ma da perfezionare Durante il nostro test drive abbiamo anche familiarizzato con i sistemi elettronici di bordo: l’impianto audio è molto buono, sia come prestazioni che come indennità dalle vibrazioni moleste. Il sistema audio è di progettazione Infinity è non fa nulla per nascondersi: i tweeter sono molto generosi e posti sul cruscotto, proprio sopra le bocchette dell’aria. I woofer sono nelle portiere, ben enfatizzati da un effetto luminoso circolare, che può essere modulato e impostato anche per seguire l’andamento della musica. Il cuore del sistema è un generoso touch screen nella parte centrale del cruscotto dal quale si comandano abbastanza agevolmente un po’ tutte le funzioni. Da segnalare la presenza del tuner DAB e un ottimo pannello di controllo della vettura, con autonomia e distanza dalla colonnina più vicina. Da segnalare anche la presenza di uno slot SD card, da quanto abbiamo capito, utilizzabile però solo per le mappe: un po’ troppo visibile, tanto da rischiare di essere una tentazione in più per eventuali malintenzionati. Interessante anche la disponibilità, nella parte bassa del cruscotto, sopra il ponte, di una doppia presa accendisigari, una da 120 watt e l’altra addirittura da 180 watt: ci risulta difficile pensare che su una vettura elettrica si vogliano alimentare apparecchi con un assorbimento così sensibile, ma se dovesse mai servire... A fianco, presa USB e un ingresso audio analogico di linea, in una posizione forse un po’ troppo in vista: sarebbe forse stato meglio utilizzare il vano sottostante al bracciolo centrale. Bocciati senza appello, invece, i comandi al volante: innanzitutto sono troppi, tanto da impedire un utilizzo veramente preciso a occhi sulla torna al sommario strada; la loro disposizione, poi, rende il volante molto poco elegante, anche per colpa di un design goffo e - dobbiamo dire - lontano dallo stile un po’ “hipster” di tutta la vettura. La cosa che ci è piaciuta meno è poi l’usabilità del menù di servizio: interfaccia grafica e fisica mal fatta e assolutamente da rivedere, non all’altezza del resto. Come la Ford T Niente optional (ma full optional) Di questa Kia Soul Eco-Electric esiste un solo modello. Intendiamo dire proprio solo uno: la dotazione è full optional, con tanto di retrocamera, cerchi in lega, fari LED e sensori di parcheggio anteriori e posteriori. E dato che gli optional ci sono già veramente tutti, non ce ne sono altri ordinabili a parte. Ma il modello disponibile è talmente “blindato” che non si può neppure scegliere la colorazione: la Soul elettrica è disponibile solo in versione bi-color bianca con tetto e profili azzurri. Insomma, un po’ come la celebre Ford T, ma questa volta con finiture molto buone e accessori completissimi. Il nostro test-drive Auto giovane e già matura La guida con questa Kia Soul elettrica è assolutamente piacevole: il feeling di guida è quello di un motore termico, pur senza i fastidi di quest’ultimo. Nella modalità Eco, il recupero in frenata è importante e quindi, non appena si lascia l’acceleratore, la vettura rallenta vistosamente, quasi fosse un po’ “legata”. Inoltre si capisce che è elettronicamente limitata sullo spunto: ripartendo da fermo premendo al massimo l’acceleratore, non si sente la spinta violenta e repentina tipica dei motori elettrici ma una progressione sicuramente rapida ma più simile a quella dei motori termici. Disattivando la modalità Eco, cambia tutto: l’accelerazione è notevole, anche se non ai livelli estremi di altri modelli provati. Ma quello che più ci è piaciuto è la tenuta di strada in accelerazione, malgrado non siano montati pneumatici propriamente sportivi (205/60 R16). Quando siamo saliti in macchina la vettura stimava un’autonomia di 162 Km; abbiamo guidato normalmente e senza strafare per circa 25-30 Km e la stima dell’autonomia è scesa di circa la metà di quelli percorsi, a 148; segno che, con una guida non eccessivamente nervosa si può facilmente estendere l’autonomia. Accendendo il climatizzatore, la stima di autonomia è scesa di circa 20 Km su un totale di 160: un limite accettabile, anche se le condizioni climatiche autunnali sicuramente non sono quelle estreme del periodo estivo. Certo, la linea della Soul è un po’ particolare e divide: a chi piace molto e a chi proprio non va giù. Noi siamo stati colpiti dalla cura degli interni, sia per quanto attiene alla selleria che alle giunzioni delle plastiche e alla qualità dei materiali: qualcosa che non verrebbe immediato attendersi da Kia. Ne esce quindi una macchina certo giovane - la prima esperienza totalmente elettrica di Kia in Italia - ma già matura: sia perché Soul è già alla seconda serie, sia perché il prodotto, nella sua caratteristica “elettrica” appare già molto ben calibrato. Il consiglio è quello di provare a farci un giro: parte in questi giorni un roadshow che dovrebbe portare le 10 vetture test presso i principali centri italiani. Prenotare un test drive è una buona idea, anche per chi, al momento, non ha una vera intenzione di acquistare un veicolo elettrico. Il prezzo e il confronto con la concorrenza Il prezzo è ancora una nota dolente, anche se proporzionato al valore della vettura: 36mila euro per questa Soul Eco-Electric. Non per tutti, soprattutto per un mezzo da città, ma non una pazzia se si pensa che la stessa Soul in versione a motore termico con una dotazione di accessori simili può arrivare anche a circa 30mila euro. Il confronto di prezzo con la concorrenza è accettabile, stante anche le interessanti prestazioni. Va detto a questo proposito che il prezzo della Zoe non comprende i pacchi batterie che sono a noleggio. Peraltro, tra le vetture prese in considerazione nella slide qui sopra, la Soul è quella probabilmente più grande e l’unica con di classe B-SUV. n.99 / 14 3 NOVEMBRE 2014 MAGAZINE TEST Music Beany di Archos non è solo un bel cappellino contro il freddo, ma anche una cuffia che si collega via Bluetooth Archos Music Beany: scalda e coccola le orecchie Il cappellino integra due altoparlanti per l’ascolto della musica e il vivacoce, è disponibile in quattro colori a meno di 30 euro di Roberto FAGGIANO L a brutta stagione si avvicina e il cappello diventerà un elemento fisso dell’abbigliamento maschile e femminile. Con questa visione Archos ha creato un cappellino che nasconde due altoparlanti e si trasforma in una cuffia per l’ascolto musicale, il Music Beany costa 29,99 euro ed è disponibile in quattro colori diversi – bianco, azzurro, nero e grigio. Il Music Beany non ha bisogno di cavi di collegamento perché prende la musica da qualsiasi smartphone o altra sorgente musicale “connessa” tramite Bluetooth, oltre a svolgere anche la funzione di vivavoce. La linea è unisex e molto sobria, adattabile quindi facilmente a ogni gusto anche se a dire il vero la scelta dei colori non è molto ampia. video lab Alla moda e ben realizzato Il cappellino Archos è realizzato con 50% poliestere e 50% acrilico con buona fattura, ha un peso medio per tenere al caldo la testa ma senza esagerare e consentendo la traspirazione. La classe di protezione è la IP55, cioè in grado di resistere alla polvere e ai getti d’acqua; in pratica non teme la pioggia e la neve. Gli altoparlanti si possono estrarre dai loro alloggiamenti per consentire il lavaggio del berretto, manca l’etichetta di manutenzione ma il costruttore consiglia il solo lavaggio a mano. I comandi per il funzionamento sono dissimulati sotto una fascetta in simil pelle che solo da vicino rivela i tasti per cambiare traccia e variare il volume, qualora non si volesse farlo direttamente dal telefono. Unico particolare migliorabile è il sottile cavo che collega internamente i due trasduttori. Per la ricarica c’è la solita presa micro USB accessibile da una fessura sul berretto, l’autonomia dichiarata è fino a 60 ore in stand-by e fino a 6 ore in conversazione/riproduzione. La taglia è universale perché il berretto ha una certa elasticità e si adatta bene alla testa. Stop al freddo, via libera alla musica Per la prova del berretto Archos non abbiamo avuto a disposizione una giornata invernale, però alcune ore sotto un potente vento non proprio caldo ci torna al sommario hanno permesso di testare le qualità protettive del Music Beany. Va fatta una prima considerazione sul prezzo di listino, perché già un normale berretto da solo può costare quanto il modello Archos (senza parlare di modelli firmati che possono costare ben altre cifre). Pertanto il rapporto qualità/prezzo è favorevole in partenza, anche considerando il costo di una cuffia molto economica. Ed eccoci alla prova vera e propria, partendo dalla procedura di abbinamento che richiede la pressione prolungata del tasto centrale dei comandi sul berretto; nella stessa zona c’è la spia colorata che segnala l’abbinamento Bluetooth (in blu), la ricarica (in rosso) e la batteria carica (in verde). Iniziamo l’ascolto facendo passare qualche brano dal nostro iPod e subito si manifesta una predilezione per un suono “giovane”, cioè piuttosto enfatizzato sugli estremi banda. Con brani recenti e troppo compressi il risultato non è proprio esaltante, bassi troppo esuberanti e acuti spesso esagerati. Però con brani più tranquilli e meglio registrati la situazione si fa più accettabile, specie se non si esagera con il volume. La gamma bassa diventa più equilibrata e meno invadente, in linea con cuffie e auricolari di prezzo contenuto; la gamma vocale ri- mane sbilanciata verso l’alto ma complessivamente il risultato non è disprezzabile e anzi dovrebbe piacere molto ai più giovani. Molto buono anche l’isolamento dai rumori esterni, sempre utile nei trasferimenti sui mezzi pubblici e durante le conversazioni telefoniche. Il berretto Archos quindi esce promosso dal nostro test, una buona unione tra protezione dal freddo e la riproduzione musicale con funzione vivavoce, riuniti in un piacevole accessorio di abbigliamento a un prezzo corretto.
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