In edicola Fr. 2.– / € 1,35 Le prove Le partite VINCE MAJKA, MA COMANDA ANCORA NIBALI PER ROSBERG IL GP DI CASA PARTE IN POLE UN PUNTICINO ALL’ESORDIO PER LE TICINESI SCHIRA A PAGINA 14 Reuters La corsa Reuters Losport 9 771660 968900 GAA 6600 LOCARNO –– N. 28 28 Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35) MORO A PAGINA 15 A PAGINA 15 Il revival Domenica 20 luglio 2014 Settimanale di attualità, politica, sport e cultura Anno XVI • Numero 28 Le bibite vintage riconquistano mercati e palati www.caffe.ch [email protected] A PAGINA 23 TORREFAZIONE DI CAFFÈ TEL 091 791 22 26 FAX 091 791 01 90 www.caffe-carlito.com [email protected] L’analisi/1 Dall’Ucraina a Gaza troppe crisi aperte dall’ignavia politica LUIGI BONANATE D el Boeing malese, caduto nei pressi di Donetsk (Ukraina dell’est), causando la morte di 298 persone, non sappiamo, con certezza, nulla di più. Così come stanno le cose, in questa nostra comprensibile ansia di capire, non abbiamo che una strada: quella classica e storica del cosiddetto “cui prodest?”. Ma diciamoci prima di tutto, ancora una volta, che uccidere o far morire non è mai giovato a nessuno, perché si sono sempre attirate altre morti. segue a pagina 5 L’analisi/2 Pensione a 67 anni una scelta solidale CHANTAL TAUXE D Il pizzino i che cosa vivremo quando saremo vecchi? Di Avs? Di secondo pilastro? Molti esperti temono che questo non basterà. Paradossalmente, la speranza di vita non fa che aumentare, ma questa performance legata all’elevata qualità del nostro sistema sanitario ci sta spingendo oltre i nostri mezzi. Il “Think tank” Avenir Suisse ha riproposto l’idea di creare un’assicurazione per finanziare la presa a carico in un istituto medicosociale: a partire da 55 anni, 285 franchi al mese per costituire un capitale capace di coprire i costi dei nostri ultimi anni d’esistenza, la sistemazione in un istituto e le cure mediche. segue a pagina 11 L’analisi/3 L’allarme Paura sulla Piazza dopo la trasmissione dei dati agli Usa La strategia cinese per il business estero Ti-Press L’ economia cinese è ormai seconda solo a quella statunitense e cresce più rapidamente di qualsiasi altra all’interno del G20. I fondi sovrani del primo esportatore al mondo sono i più ricchi del pianeta e dispongono di oltre un milione di miliardi di dollari. Ciò significa che la Cina ha a disposizione ingenti somme di denaro per investire all’estero. Ed infatti dal 2005, quando è stata lanciata la politica di incoraggiamento delle imprese statali cinesi per gli investimenti all’estero questi sono passati da 17 miliardi di dollari a 130 miliardi nel 2013. In percentuale, rispetto al Pil, l’investimento estero cinese però rimane basso rispetto a quello degli Stati Uniti e di molti altri altri Paesi occidentali. segue a pagina 13 La cronaca “Ho amato un sacerdote e da lui ho avuto due bambini” LORETTA NAPOLEONI Perche la Lega entra nella Massoneria? Troppi, “muratori”, evidentemente frontalieri. La storia “Io, bancario, rischio il posto per aver aperto conti americani” L’erba in valle ora la tagliano i profughi eritrei GUENZI A PAGINA 8 SPIGNESI A PAGINA 6 RAVANI A PAGINA 9 IL CAFFÈ 20 luglio 2014 3 LA SALA RIUNIONE L’interno della Loggia Il Dovere con al centro il logo della massoneria. Nell’elaborazione del Caffè, le cinque Logge ticinesi Le analisi Politica&segreti “La segretezza della congiura sostituita da interessi di lobby” La svolta di un movimento che insegue gli altri partiti pure tra i “ Fratelli muratori” Uno storico e un politologo tracciano l’evoluzione delle Logge MASSIMO SCHIRA Q Alla nuova Lega piace corteggiare la Massoneria Dopo plr, ppd e ps anche Monte Boglia punta ad avere “Squadra e Compasso” LIBERO D’AGOSTINO LA RICHIESTA DEL MINISTRO Era l’agosto del 2011 quando il Caffè rivelò che il neo ministro delle Istituzioni, Norman Gobbi, aveva presentato mesi prima la sua candidatura alla Massoneria C i aveva già provato Norman Gobbi qualche anno fa, ma la domanda di adesione del ministro delle Istituzioni era andata a buca. Ora ci provano leghisti di calibro minore ad entrare nella Massoneria, con tre candidature, tra cui due deputati, che certamente faranno discutere i “Fratelli muratori”. Molti di essi sono, infatti, convinti che gli ideali dell’Ordine mal si conciliano con le posizioni politiche della Lega. “Fratellanza, tolleranza, uguaglianza e libertà”, sostengono, non hanno niente a che vedere con il leghismo. Ma da via Monte Boglia, in cerca di nuova “Luce”, si punta sulle Logge, come del resto hanno fatto in passato Plrt, Ppd e Ps. A presentare la loro candidatura in due Logge diverse del Ticino, sono stati due gran consiglieri, uno dei quali molto noto, e un terzo leghista, figura meno conosciuta ma in cerca di visibilità nel movimento. I loro nomi sono noti alla redazione, ma trattandosi di candidature, e non occupando i tre, a differenza di Gobbi, alti incarichi istituzionali, giusto riconoscere loro la tutela della riservatezza privata. Ma la vera novità è che “Squadra e Compasso”, i simboli di un potere contro cui si scagliava in passato il presidente a vita Giuliano Bignasca, oggi piacciono anche alla Lega. Piacciono né più e né meno degli altri partiti, come il Plrt, in particolare, Ppd e Ps che da anni hanno loro uomini ben piazzati nelle cinque Logge ticinesi. Per la famigerata legge del contrapasso tutti e tre i candidati al “grembiulino bianco” fanno parte della pattuglia acrobatica di via Monte Boglia, l’ala del movimento più spericolata, quella “pura e dura” che si richiama al “ Nano” e che oggi gioca la carta dell’operazione Massoneria. Dei due deputati, uno da qualche anno sta emergendo sulla scena politica e, sebbene non faccia ancora parte del cerchio magico dei colonnelli leghisti, sono in molti a quotarlo tra i futuri leader di un movimento che sta cercando di darsi un nuovo assetto dopo la morte del presidente. Ma a che pro, viene da chiedersi, questo interesse della Lega per la Massone- La curiosità Il caso di Mauro Antonini, capo delle Guardie di confine, in corsa per il governo Prima il no a Norman Gobbi, ora altre tre candidature, tra cui due deputati, chiedono l’ingresso nel Tempio ria? Si sa l’Ordine, pur non essendo più una potente associazione segreta, resta un formidabile e ramificato centro di relazioni personali, conoscenze, scambi di favore e di sodale “fratellanza”, che si possono tradurre in affari, carriere professionali e per i politici anche in appoggi elettorali. Tant’è che qualcuno equipara la Massoneria di oggi ad una moderna, per quanto anomala, lobby d’interessi (vedi articolo nella pagina accanto). Dunque, mettendo un primo piede nelle Logge, anche la Lega avrebbe un suo tornaconto. Tuttavia, il “massoleghismo” rap- presenta una svolta radicale per un movimento che era nato per combattere ogni forma di Potere, pubblico o occulto, che fosse. Un salto carpiato con un arrischiato avvitamento in una storia ventennale di trasgressione e opposizione anche fuori le righe, che sicuramente non mancherà di far discutere, e magari storcere il naso, il popolo leghista. Ma siamo già in campagna elettorale e con l’aiuto della Massoneria i risultati delle urne potrebbero acquistare una “nuova luce”. Sul fatto che sarebbe molto meglio se la politica, nel nome Il comandante neo candidato l’Ordine se l’è legato al... dito N L’ANELLO Mauro Antonini, comandante delle Guardie di confine, sfoggia sull’anulare della mano destra, l’anello con “Squadra e Compasso”, il simbolo dell’Ordine massonico on passa inosservato, neanche ad un occhio poco attento. A prima vista sembrerebbe un semplice anello di famiglia, di quelli che di generazione in generazione si tramandano di padre in figlio. Invece, è un anello con i simboli dell’Ordine massonico: “Squadra e compasso”. A sfoggiarlo con disinvoltura è il comandante delle Guardie di confine Mauro Antonini che è anche uno dei candidati di punta del Plrt per il Consiglio di Stato alle prossime elezioni cantonali. A conferma che la politica in Ticino non si fa nessun problema per l’adesione alla Massoneria. Tutt’altro. Del resto da un secolo e mezzo la storia del cantone è anche legata a quella dell’Ordine che ha avuto tra le sue file politici di primo piano. E di ogni partito. Se tra i “Fratelli massoni” si sono contati, e si contano, soprattutto liberali radicali, anche per la forte assonanza dell’ideologia originaria del partito, con i principi laici e universalistici della Massoneria, non mancano di certo aderenti o simpatizzanti tra i popolari democratici e i socialisti. C’è chi questa adesione ha cercato di tenerla segreta - per quanto la Massoneria non sia più un’associazione segreta - o quantomeno riservata, e chi, invece, non l’ha mai nascosta. Anzi. Un esempio su tutti, quello dell’ex sindaco di Lugano, Giorgio Giudici, che non ha fatto mai mistero della sua appartenenza alla Loggia “Il Dovere” la più importante e la più antica del Ticino. L’altra Loggia luganese, porta addirittura il nome di Brenno Bertoni, magistrato, docente universitario ma soprattutto uno dei padri politici del Ticino contemporaneo. Insomma, il comandante Antonini è perfettamente in linea con le tradizioni liberali radicali. E di quell’anello al dito non si dà pensiero. Semmai oggi i problemi sono altri. In tempi in cui alla politica si chiede sempre più trasparenza, soprattutto per un candidato al governo s’invoca la più totale indipendenza da ogni possibile vincolo associativo che ne potrebbe condizionare l’autonomia. Ma c’è pure un altro problema per Antonini. Molti altri “fratelli” ritengono non di buon gusto sfoggiare l’anello con i simboli della Massoneria. Per loro l’appartenza all’Ordine non andrebbe così ostentata, ma vissuta con più discrezione. Soprattutto in tempi di campagna elettorale. l.d.a. della trasparenza e dell’indipendenza, si tenesse alla larga da vincoli associativi che possono sfociare anche in conflitti d’interesse, in Ticino si discute da anni. Senza però cavare un ragno dal buco. Per cui la presenza di politici anche nella Massoneria pare del tutto normale. Anormale e fuori luogo appare invece a una buona fetta dei “fratelli” ticinesi, la possibile adesione all’Ordine massonico dei leghisti. Le “Tavole del Tempio” che impongono tra i valori cardine, oltre la libertà, anche la fratellanza, la tolleranza e l’uguaglianza, non sarebbero difatti in sintonia con la prassi politica leghista, intrisa di xenofobia, se non di vero e proprio razzismo, di graffiante intolleranza verso gli oppositori e da una chiusura identitaria distante anni luce dall’universalismo massonico. Si tratta di quei principi cui ci si è appellati nella Loggia luganese “ Il dovere” per sbarrare la strada, nel 2011, alla candidatura di Gobbi, anche se poi il ministro delle Istituzioni, da poco in carica, si era affrettato a precisare che era stato lui stesso, una volta eletto in governo, a ritirare la sua domanda di adesione. Ma tra i “liberi muratori” c’è pure un altro e più insidioso timore. Per un’ associazione che ha fatto della riservatezza e del silenzio una regola di comportamento, la Lega resta, sempre e comunque, un movimento incontrollabile, tanto più oggi priva com’è di una leadership sicura e sempre in preda ad imprevedibili giravolte. Si teme, quindi, che quel capitale di relazioni e conoscenze che fa da trama all’esistenza stessa dell’Ordine finisca nelle mani sbagliate, e che si usi come un’arma impropria l’appartenenza alla Massoneria. Magari, finendo sulle pagine del Mattino on line. [email protected] Q@LiberoDAgostino Il reportage Un viaggio virtuale nelle stanze segrete de “ Il Dovere” I l reportage virtuale “Il palazzo massonico nel cuore di Lugano” porta all’interno dei segreti del Tempio luganese della Loggia “Il Dovere”, la più importante delle cinque presenti sul suolo ticinese. Grazie ad un link, cui rimanda il sito del Caffè, ecco un viaggio alla scoperta su come si struttura una Loggia, attraverso una visita “guidata” ai locali che accolgono gli adepti. Fino ad entrare nel Tempio, vero e proprio, il centro nevralgico dei riti massonici, un luogo spesso vietato ai non aderenti all’Ordine. Un interessante spaccato di questa sorta di società parallela che storicamente accompagna l’attività politica e sociale del cantone. Un reportage con immagini esclusive e una ricostruzione minuziosa degli spazi occupati dalla Loggia “Il Dovere”. CAFFE.CH Guarda il viaggio virtuale nella Loggia uello tra politica e Massoneria è un rapporto che nasce già con le prime riunioni segrete dei congiurati nel Settecento inglese. Una relazione che si è evoluta con il passare degli anni, con il mutare delle esigenze sociopolitiche dell’Europa e, di conseguenza, della Svizzera, Paese che vide eletto a primo presidente della Confederazione, nel 1848, proprio un massone: Jonas Furrer. Una relazione che affonda quindi saldamente le radici nel passato continentale, nazionale e anche cantonale per il Ticino. “La nascita della Massoneria europea risale agli anni a cavallo tra Seicento e Settecento in Inghilterra - spiega lo storico Emilio Papa, autore di un libro ormai famoso sulla storia della Svizzera -, mentre la contaminazione nella Confederazione è degli anni Trenta del Settecento, dopo che le Logge si erano già formate in Germania e in Francia. Il grande sviluppo in Ticino risale invece agli anni Ottanta dell’Ottocento. Passata l’epoca d’oro del liberalismo di Franscini, al governo c’erano i conservatori e i liberali si schierarono contro il regime vigente costituendo quella che sarebbe poi diventata la Loggia ‘Il Dovere’. Che richiama già nel nome chiari accenti mazziniani. La Massoneria in molti Paesi è stata spesso una forma d’opposizione al regime dominante”. In una società che pretende però dalla politica sempre maggiore trasparenza, sapere di rappresentanti eletti dal popolo che aderiscono ad una Loggia massonica solleva legittimi interrogativi. “C’è, difatti, una pressione crescente per maggiore trasparenza e chiarezza per quanto riguarda gli interessi extra politici, ad esempio, dei parlamentari osserva il politologo Oscar Mazzoleni -. D’altro canto non va nascosto il fatto che la trasparenza porta con sé anche più vulnerabilità. Il politico cerca quindi una sorta di riparo esterno in questo delicato equilibrio tra pesi e contrappesi. Un appoggio necessario per svolgere la propria attività, che può andare dal sostegno del sindacato, fino a quello della Massoneria”. Il parallelo tra le moderne associazioni di categoria, le lobby, che fanno pressione, ad esempio, sul parlamento federale durante votazioni, referendum o il varo di nuove leg- LE SEDI SVIZZERE Nel tempio di ZurigoLindenhof si svolgono le cerimonie di una delle più importanti Logge svizzere. In basso, Jonas Furrer gi, e la massoneria è particolarmente interessante. “È forse eccessivo definire la lobby moderna come la dimensione di ‘mercato’ della Massoneria nota Papa -, ma il sistema è piuttosto simile. Ed è legato agli interessi specifici di una categoria. Senza però nulla voler togliere alle motivazioni anche altruistiche che spingono a far parte di una Loggia La storia Dal Settecento ginevrino alla presidenza del Paese L a Massoneria in Ticino ha trovato terreno piuttosto fertile fin dalle sue origini tardo ottocentesche. La prima Loggia in Svizzera è stata fondata nel 1736 a Ginevra e anche se ci sono voluti oltre cent’anni per veder nascere la “Loggia Ticinese” (nel 1877), lo sviluppo del numero degli aderenti è stato continuo. Oggi, le cinque Logge del cantone, contano 300-400 membri, e fanno del Ticino il terzo cantone per ordine di importanza massonica nella Confederazione dopo Ginevra e Zurigo. In totale, in Svizzera sono presenti una settantina di Logge, che raggruppano oltre 4mila membri, tutti sotto il mantello della La prima presenza in Svizzera è del 1736, mentre in Ticino risale al 1877 e in mezzo Jonas Furrer, primo “Bundespräsident” Grande Loggia Svizzera Alpina, fondata nel 1844, proprio agli albori del moderno Stato federale. Non è un caso se il primo Presidente della Confederazione (nel 1848) fu Jonas Furrer, uno dei massimi esponenti nazionali della Massoneria. Le più importanti Logge cantonali si trovano a Lugano, con “Il Dovere” - che ha preso il posto della Loggia Ticinese - e la “Brenno Bertoni”. Vere e proprie istituzioni, che hanno accolto anche personalità di spicco della politica cantonale, su tutti Giorgio Giudici, per anni sindaco di Lugano. Le Logge, per quanto discrete e riservate come da tradizione, hanno anche nell’attività filantropica uno dei loro settori prediletti. Ad esempio, attraverso il sostegno ad enti di pubblica utilità come quelli dedicati ai non vedenti, oppure con l’istituzione di borse di studio per giovani con difficoltà economiche per potersi pagare gli studi. m.s. A LUGANO La Loggia più importante in Ticino è “Il Dovere”, che ha la sua sede a Lugano massonica”. Un concetto di “lobby moderna” che trova conferma anche nell’analisi del politologo. “I partiti sono stati il riferimento politico durante il Novecento, attraverso le ideologie come quella cristiano democratica, socialista o liberale - spiega Mazzoleni -. Si è però poi assistito ad una riduzione della capacità di canalizzazione degli interessi da parte dei partiti stessi, il che ha aperto spazi occupati dai gruppi di interessi. Non necessariamente società segrete. Che mettono al riparo il politico dall'aleatorietà degli effetti dell'essere sempre presente nella sfera pubblica”. Un’evoluzione della politica che trova riscontri anche nel susseguirsi degli eventi storici che hanno contribuito alla formazione dell’Europa di oggi. E che la Massoneria non ha certo ignorato. “In realtà il concetto politico, con forti accenti ideologici, è piuttosto lontano nel tempo - sottolinea Papa -. Oggi la Massoneria è più che altro un’associazione, più o meno segreta, che si basa sui forti legami reciproci tra i suoi membri, che spesso hanno interessi comuni. Di categoria. La segretezza aveva un senso nel 1700 o nel 1800, quando le riunioni erano rivolte a contrastare i tiranni. Oggi lo sono certamente molto meno. L’aspetto della cospirazione, salvo in rari casi come la P2 di Gelli in Italia, non è certamente più d’attualità per la Massoneria”. C’è, insomma, una ricerca diversa del proprio gruppo d’interesse. Ciò che un tempo si trovava nel partito, ora si cerca soprattutto altrove: “Il partito è frammentato, diviso e il collante ideologico di certo non riesce più da solo a mantenere unito il gruppo - precisa Mazzoleni -. L’appoggio e il sostegno necessari all’azione politica sono dunque ricercati altrove. Anche nella Massoneria sebbene il suo ruolo sia parecchio cambiato nel corso del Novecento”. Cambiamento sottoscritto dallo storico: “La decadenza della missione strettamente politica ed ideologica della Massoneria subentra tra fine Ottocento ed inizio Novecento - aggiunge Papa, che nella sua storia della Svizzera dedica interessanti passaggi ai ‘Fratelli muratori’ -. Il motivo è semplice, in Europa è difatti il periodo della nascita degli Stati nazionali. Le costituzioni basate sui principi laici e liberali hanno portato il continente in un certo senso oltre la Massoneria. Che è diventata un’associazione d’interesse. Una lobby se si vuole, anche se con aspetti diversi dalla lobby tradizionale”. [email protected] Q@MassimoSchira <wm>10CAsNsjY0MDQx0TUšNTE3NAcAPTRdew8AAAA=</wm> <wm>10CFXMMQ4CMQxE0RM5mvHamQSXaLsVBaJPg6i5f8VCR_G7p38clQš_rvvtsd©LYIRtGaJquDeEih5qHgWx©wkulDv7GPjzBignsL7GIGNfTHNYasšJuZšb9_P1AasvClFšAAAA</wm> Tutto per questa e altre 99 idee per l’estate. 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Deflagrano così tragedie come quella del Boeing abbattutto e il dramma del Medio Oriente DA DOVE VENGONO I RAZZI DI HAMAS LE MAPPE Qassam 1 QASSAM 1, 2 E 3 (gittata max. 40 km) Palestina Qassam 2 LUIGI BONANATE Qassam 3 J-80 (rielaborazione dei Fajr 5) Palestina Troppe crisi alimentate dall’ignavia della politica 5m M-302 KHAIBAR (gittata 160 km) Siria (via Sudan ed Egitto) FAJR 8 E FAJR 3 (gittata 80 km) Iran 7m DA DOVE ARRIVANO I SOLDI DI HAMAS In parte Hamas si finanzia tramite organizzazioni di beneficenza in tutto il mondo (tra cui Usa, Regno Unito, Giordania, Australia, Sudafrica). Ripresi dopo un anno i flussi di denaro dall’Iran (circa 50 milioni di dollari al mese) Regno Unito Turchia Iran Egitto Usa Qatar Siria Giordania Australia Reuters Sudafrica Fonte: La Repubblica Usa e Russia alla guerra delle armi La sfida sul mercato militare semina la morte dall’Ucraina a Gaza Un missile terra-aria che colpisce e abbatte, al confine tra Ucraina e Russia, un Boeing 777 della Malaysia Airline in volo da Amsterdam a Kuala Lumpur; altri missili lanciati da due navi da guerra che colpiscono e uccidono quattro bambini palestinesi sulla spiaggia del porto di Gaza; un colono israeliano centrato da un razzo in un insediamento di Neghev. Tre immagini, tre simboli di una settimana ad altissima tensione, dove le armi pesanti hanno incendiato la notte tra il Medio Oriente e l’Ucraina. Il bilancio dell’aereo abbattuto è di 298 morti, mentre quello della guerra nella Striscia di Gaza ha ormai superato complessivamente le 320 vittime, alle quali bisogna aggiungere oltre 2.500 feriti e 55 mila sfollati dai centri vicino al confine con Israele. E se la corsa alle armi e ai rifornimenti militari procede spedita, in queste due “zone calde” del mondo la situazione si fa ogni giorno più drammatica. In Ucraina, la tensione non si allenta e continua il balletto di responsabilità tra indipendentisti e truppe di Kiev per l’abbattimento del Boeing . Secondo la Bbc, poi, i ribelli separatisti starebbero impedendo agli ispettori dell’Ocse di lavorare nella zona in cui si è schiantato l’aereo. Fonti del governo ucraino sostengono che i filorussi starebbero portando via i corpi delle vittime. Un modo per nascondere le prove, è stato fatto notare. La situazione è tesa per la presenza di uomini armati ostili agli esperti internazionali, ha spiegato Michael Bociurkiw, portavoce del gruppo di ispettori dell’Osce alla Cnn. Bociurkiw e il suo team sono rimasti solo circa 70 minuti vicino ai resti dell’aereo prima di essere costretti a lasciare la zona. Ma il leader dei ribelli, Aleksander Borodai, da Donetsk, ha ribattuto sostenendo che l’unica preoccupazione è che i cadaveri si decompon“I corpi di LA gano. innocenti sono diSETTIM stesi a terra, al calCi riserviamo ANA do. il diritto, se i ritardi continuano, di portarli via”. Nel frattempo la cancelliera tedesca Angela Merkel e il leader russo Vladimir Putin si sono detti d’accordo per una “inchiesta internazionale”. Intanto sull’altro versante caldo, il Medio Oriente, la fragile tregua non ha retto. E ieri, sabato, si registravano sconfinamenti sia da parte di truppe israeliane che di quelle di Hamas. Turchia ed Egitto stanno cercando inutilmente di mediare. Ma i razzi continuano ad attraversare il cielo della Striscia di Gaza. Non si ferma neanche la guerriglia in un’altra “zona calda”, la Siria. Nelle ultime 24 ore, 270 persone - secondo fonti di una organizzazione non governativa con base a Londra - sono state uccise durante un attacco a un giacimento di gas di Al Shaer ad Homs. A sparare e uccidere gruppi jihadisti dello Stato Islamico. In Siria, nel frattempo, prosegue la fuga della popolazione. E l’effetto immediato è l’arrivo di nuovi profughi nel canale di Sicilia. Almeno 400 sono stati soccorsi nelle ultime 48 ore. Dietro questi conflitti, dietro tanti morti c’è un unico e oscuro fondale di scena: il grande affare del commercio internazionale di armi che dall’Ucraina al Medio Oriente alimenta nuove tragedie. LORETTA NAPOLEONI Il Medio Oriente è in fiamme non solo per motivi politici, ma anche grazie ad un’offerta pressoché illimitata di armi che guarda caso provengono principalmente dalla Russia e dagli Stati Uniti, le due superpotenze militari, e che vengono acquistate dagli sponsor. Armi russe finiscono in mano a ribelli e jihadisti siriani attraverso la Libia. Gli sponsor, il Qatar e l’Arabia Saudita, non solo le acquistano ma si occupano anche della spedizione, che spesso transita per la Turchia o la Giordania prima di approdare in Siria. Armi americane, humvees e persino un elicottero, abbandonati dall’esercito iracheno in fuga davanti all’avanzata di quello del Califfato dello Stato Islamico finiscono anch’esse in Siria, da dove vengono smerciate nel resto del Medio Oriente. E questo succede mentre la Russia arma il regime di Damasco e gli Stati Uniti inviano ‘consulenti militari’ ed armi a quello di Baghdad. Dalla Libia e dall’Iraq, i due principali mercati di esportazione, le armi arrivano in Siria, dunque, e si tratta di grossi quantitativi. Il colonnello Gheddafi aveva ammassato un arsenale reputato grande quasi tanto quanto quello di Saddam Hussein. Paradossalmente quando questo deposito fu saccheggiato, subito dopo la caduta di Saddam, le armi irachene arrivarono in mano ai ribelli libici grazie all’intervento degli stessi Reuters sponsor arabi che oggi armano quelli siriani. Da qualsiasi angolo si studia la situazione si finisce prigionieri di una ragnatela di sponsor coinvolti in guerre per procura per rovesciare regimi loro ostili. Sponsor il cui compito principale è finanziare gruppi armati o eserciti da loro manipolati. Impossibile trovare una demarcazione ideologica tra chi finanzia una fazione o un’altra, come succedeva ai tempi della guerra fredda, persino la distinzione tra sciiti e sunniti non funziona più perché gli Hezbollah libanesi, a loro volta una filiale del terrore di Teheran, procurano le armi ad Hamas ed ai pale- stinesi che sono principalmente sunniti. I droni usati da Hamas negli ultimi giorni contro Israele, infatti, assomigliano molto a quelli prodotti in Iran ed è assai improbabile che sia vero quello che afferma Hamas, e cioè che sono stati costruiti a Gaza. I paradossi non mancano. Il più grosso sponsor palestinese è da sempre l’Arabia Saudita che oggi sostiene, insieme al Qatar ed al Kuwait, la caduta del regime di Assad fondamentalmente perche è filo iraniano. Questa guerra per procura, dunque, si combatte tra il regime di Teheran e quello Saudita, fiancheggiato dal Qatar e dal Kuwait. Ma in Palestina queste due nazioni sono schierate dalla stessa parte, con i palestinesi e contro Israele. Il conflitto siriano vede coinvolte due altre potenze, anch’esse ingaggiate in una loro guerra per procura: da una parte la Russia che arma Assad perché gli offre un importantissimo sbocco sul Mediterraneo attraverso la base di Tarsus, dove la marina Russia può ancorare a suo piacimento, e dall’altra gli Stati Uniti che di nascosto armano i ribelli perche’ vogliono esportare la democrazia anche in Siria. Forse l’unico filo conduttore per capire il fiorente commercio delle armi in medio oriente è il denaro. Che certo agli sponsor non manca. Le tribù libiche vendono le armi non ai ribelli ma agli sponsor. Il Califfato dello Stato Islamico si comporta in modo identico, ha già venduto in Siria il bottino di Mosul, l’attrezzatura made in Usa di un esercito di 200 mila soldati ed ha intascato un lauto profitto. Tutto il traffico di armi ormai ruota intorno al mercato siriano e questo rende il lavoro degli sponsor più facile. Da lì provengono i missili a lungo raggio che Hamas lancia contro Israele. Una sorpresa inaspettata per l’esercito israeliano. I missili hanno una gettata di 160 chilometri che permette loro di raggiungere la cittadina di Haifa. Chi li ha pagati? L’Iran o l’Arabia Saudita? Impossibile trovare una risposta. Naturalmente come in tutte le guerre per procura i risultati sono imprevedibili e spesso paradossali. Il Qatar, il Kuwait e l’Arabia Saudita hanno anche finanziato l’Isis, oggi ribattezzato il Califfato dello Stato Islamico, quando faceva parte dei gruppi di ribelli in Siria. L’Isis, invece di combattere una guerra per procura, ha usato i finanziamenti per armare un esercito formidabile che ha conquistato grosse fette di territorio fino a fondare il Califfato, uno Stato che minaccia la legittimità dei vecchi sponsor che adesso gli sono nemici. Sarebbe stato saggio far tesoro dell’antico detto: chi gioca con il fuoco prima o poi finisce per bruciarsi. Del Boeing malese, caduto nei pressi di Donetsk (Ukraina dell’est), causando la morte di 298 persone, non sappiamo, con certezza, nulla di più. Così come stanno le cose, in questa nostra comprensibile ansia di capire, non abbiamo che una strada: quella classica e storica del cosiddetto “cui prodest?”. Ma diciamoci prima di tutto, ancora una volta, che uccidere o far morire non è mai giovato a nessuno, perché si sono sempre attirate altre morti. Ma in questo nuovo caso è difficile persino attribuirne la responsabilità a chicchessia: alla nuova Ucraina, che ha perso qualche pezzo del suo territorio, ma stava riaggiustando i cocci? Ai secessionisti di Crimea e Ucraina dell’est, che già disponevano della benevolenza di Putin, che potrebbero perdere se lo coinvolgessero nella loro follia? A un gruppo dissidente dell’una o dell’altra parte che, vedendo declinare la centralità del conflitto, lo vuole rinfocolare, per non perdere peso politico? Ma perché prendersela con un aereo di linea malese, uno dei tanti che volano lungo un corridoio giudicato sicuro dalle organizazioni internazionali di volo? Perché non mirare su uno degli Stati della zona? Potrebbe persino essersi trattato di un incidente: in volo, il missile è attirato dalle fonti di calore, e se ne fosse partito uno inavvertitamente, intercettando la rotta dell’aereo malese potrebbe averlo colpito. Chissa? Nel mondo dell’informazione totale, delle intercettazioni e dello spionaggio planetario, verremo mai a sapere la verità? Ma una verità l’abbiamo sotto mano, ed è tutt’altro che piacevole. Nello stesso istante in cui il Boeing esplodeva, Israele entrava a Gaza, e non siamo ancora in grado di contabilizzare le vittime che farà. Ma tre giorni fa, in un solo attentato a Orgun, nell’Afghanistan del nord, sono morte 89 persone! Intanto, paradossalmente (e vergognosamente), Assad si è nuovamente insediato (per la terza volta) come presidente eletto in Siria: quanto democratiche saranno state quelle elezioni svolte tra le macerie? Non è un bel momento per la salute della politica mondiale, che si è risvegliata dai Mondiali di calcio piena di acciacchi e di preoccupazioni. L’Ucraina sembrava assopita, credevamo che il Papa avesse ben ispirato palestinesi e israeliani e che avevamo nascosto sotto il tappeto la tragedia siriana... Ma la politica internazionale è troppo importante per occuparsene solo ogni tanto, quando scoppia una crisi, che non è mai spontanea o casuale. Si dovrebbe fare il contrario: occuparsene per evitare che le crisi scoppino. 6 IL CAFFÈ 20 luglio 2014 L’AVVISO Sempre più difficile il lavoro in banca; sotto, la lettera ricevuta da un bancario dopo l’accordo con gli Usa attualità La denuncia S ì, confesso che ho paura”. Il funzionario di un’importante banca della piazza finanziaria luganese si aggiusta il nodo della cravatta seduto su una poltrona dello studio del suo avvocato e mostra la lettera che ha ricevuto dall’ufficio legale del suo istituto: “Da quando mi è arrivata dice - ho capito che era finita. Ora mi attendo solo un’altra lettera, quella di licenziamento”. M. B. ha 52 anni, e il suo è un caso simbolo, uguale a quello che stanno vivendo in questo momento tanti quadri intermedi: “Sono centinaia nelle banche ticinesi quelli che sono stati “avvisati”. La direzione li ha informati che il loro nominativo sta per essere trasmesso al Dipartimento di giustizia Usa perché hanno avuto a che fare con clienti statunitensi, sospettati di aver evaso il fisco. E ha concesso 30 giorni, che scadono a fine a luglio, per inoltrare eventuali contestazioni. “Io e tanti altri colleghi spiega il funzionario - abbiamo detto no. Anzi, io mi sono rivolto al mio avvocato e ho fatto inviare alla banca una formale diffida. Sono cresciuto sulla piazza luganese, qui i problemi sono stati risolti sempre internamente. Se qualcuno sbagliava un investimento e il cliente si lamentava, si veniva chiamati in direzione per chia- “Per un conto Usa rischio di perdere il posto in banca” Paura tra i funzionari per una lettera sull’intesa con Washington L’accordo LA FIRMA Nell’agosto 2013 l’ambasciatore svizzero a Washington Manuel Sager ha firmato l’accordo con gli Usa su banche e fisco rire. Tutto alla fine si aggiustava, e nessuno mai ci aveva chiamato a rispondere di una responsabilità individuale”. Invece oggi con l’accordo tra Confederazione e Dipartimento di giustizia americano la situazione è cambiata. Oltre cento banche elvetiche si sono autodenunciate per evitare guai più grossi e stanno aderendo al LA BOCCIATURA Mesi prima un altro accordo, la Lex Usa, era stato bocciato dal Nazionale poiché ritenuto troppo rigido e penalizzante per le banche L’ADESIONE Il nuovo accordo prevede l’adesione volontaria degli istituti, eccetto quelli che sono già finiti sotto inchiesta “joint statement” inviando i dati richiesti. Cioè tutte le informazioni sui clienti americani, compresi quelli “schermati” nei paradisi fiscali. Gli Usa hanno imposto di spiegare anche come gli istituti sono entrati in contatto con i clienti americani e di fornire i nomi dei dipendenti, compresi quelli ora in pensione, e degli operatori finanziari indipendenti che hanno “procacciato” i depositi. Teoricamente le autorità americane hanno spiegato durante le trattative con Berna che ai nomi e cognomi non seguirà automaticamente un’accusa penale. Ma questo particolare non è scritto nelle lettere inviate dagli uffici legali. “Dal 2008 - riprende M. B. - * 6 < 6 % ? 2 ? + 0 = 7 / < $7 " # ! ( + , 8 2 ; 8 ( 5 48( ( &>299 ,3,.; 5584.;;(;,3, 9=)2;4 !- D<<> @KT3> (R 6 3>MFDB>/>@4 -B0=4 0DA4 4@4<-BQ4 AD34@@D MF40>-@4 )Q-LQ1 0DB ,4BDB F@TM2 M>MQ4A- 3> -TM>@>D -@ F-L0=4<<>D FDMQ4L>DL42 0@>A-Q>ZZ-QDL4 -TQDA-Q>0D 0DA9DLQ2 M43>@> -BQ4L>DL> L>M0-@3-/>@>2 L4<D@-QDL4 3> Y4@D0>Q. 4 AD@QD -@QLD -B0DL-I %KT3> (R )Q-LQ 6 FLD3DQQ- >B 3>Y4LM4 Y-L>-BQ> 3> ADQDL>ZZ-Z>DB4 4 0-A/>DI &-<<>DL> >B9DLA-Z>DB> JT> 3- BD>I T3> (R )Q-LQ EI; *")$2 E:[ +2 #" R:K;[[I8 -BZ>0=5 #" ;[K7;[I8I &D34@@D L-X<TL-QD #" RNKS7[I8 >B0@I 4JT>F-<<>-A4BQ> -<<>TBQ>Y> GLDMMD &>M-BD 4W4QQD F4L@-2 04L0=> >B -@@TA>B>D 0DB 34M><B : L-ZZ4HI DBMTAD BDLA-@>ZZ-QD 0DA/>B-QD1 :2C @OE[[ ?A2 ERN < ’VO?A GA43>- 3> QTQQ4 @4 Y4QQTL4 BTDY4 0DAA4L0>-@>ZZ-Q41 E;7 <O?AH2 0-Q4<DL>- 3K4X0>4BZ- 4B4L<4Q>0-1 !I ’413,;;2 =;4 "+# #- /66#2&/% 4(.4 /2&/,# !’,1 :.0 37( 04 .:% 99916/)-’66+#86/1$* I DATI Nel protocollo le banche svizzere si impegnano a fornire agli Usa i dati dei conti di clienti americani e dei funzionari tanti di noi evitano di andare in vacanza negli Usa. Si rischia, come è già successo, l’arresto. Ma, ed è questo il timore più grande, se questa linea dovesse passare anche con i clienti europei, per noi sarebbe la fine. Non si potrebbe più uscire dalla Svizzera”. Dopo aver ricevuto la lettera, buona parte dei funzionari ticinesi non ha risposto. E vale il silenzio-assenso. “Tutti hanno paura di perdere il posto di lavoro - aggiunge - in un momento difficile per la piazza. Io ho detto no per una questione di principio, nel mio caso si trattava di un vecchio conto di una società americana con una sede in Svizzera. Prima di cominciare il rapporto con questa società ho raccolto le informazioni e le ho trasmesse ai miei superiori, che le hanno passate all’ufficio di valutazione rischio e a quello legale (compliance), poi mi hanno dato il via libera controfirmando il contratto. Solo allora ho aperto il conto. Oggi invece mi ritrovo ad essere io l’unico responsabile”. E, poi, si chiedono oggi in tanti nelle banche, come si faceva a sapere se quel cliente con cui avevi rapporti aveva frodato il fisco o nascosto qualcosa? “Nessuno, onestamente, lo può sapere. Soltanto da poco - ricorda il funzionario - alcune banche, compresa la mia, pretendono certe garanzie sui pagamenti delle imposte”. m.sp. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 ROSA & CACTUS OFFERTI DA attualità Piazza Muraccio, Locarno Tel. 091 751 72 31 Fax 091 751 15 73 una rosa a... un cactus a... Aron Piezzi Adriano Venuti Dopo aver sollevato qualche perplessità iniziale tra la popolazione, la disponibilità del Comune di Maggia ad ospitare i richiedenti l’asilo si è rivelata un esempio di ottima gestione e di civiltà. Merito anche del sindaco. Sul suo caso il municipio di Lugano ha aperto un’inchiesta amministrativa per i toni offensivi sui social network verso alcuni leghisti. Decisione sacrosanta. Non si attacca la Lega usando lo stesso squadrismo verbale. 7 Se la Giustizia non funziona paga il conto L’analisi Un colpevole ideale, senza prove MICHEL VENTURELLI criminologo U MAURO SPIGNESI Chissà cosa è successo davvero quella mattina del 27 maggio di undici anni fa, quando Marisa Donati fu colpita più volte alla testa con un sasso lungo l’argine della Melezza e ritrovata poi agonizzante. Il “giallo” di Tegna è rimasto sempre aperto ed ritornato sulle pagine della cronaca con la recente scomparsa di Riccardo Donati, medico, figlio della donna aggredita, unico accusato, ma poi scagionato. Il caso Donati è emblematico, perché è la sintesi di due fenomeni che a volte viaggiano paralleli: i casi irrisolti e gli errori giudiziari. Vicende che si ripetono negli anni con penosi strascichi di rabbia e delusione. Sentimenti che aveva provato Riccardo Donati dopo cinque mesi di carcere con l’accusa di mancato omicidio della madre. Accusa che sfumò otto mesi dopo, quando la procuratrice Fiorenza Bergomi firmò un decreto d’abbandono per insufficienza di prove. Il medico, morto la settimana scorsa a 49 anni, ottenne 800 mila franchi di risarcimento dal Cantone. E un indennizzo, come ha stabilito il Tribunale federale senza tuttavia indicare l’ammontare esatto, dovrà essere versato anche all’avvocato Aldo Ferrini, coinvolto nell’inchiesta su una truffa milionaria legata alla Stm di Ginevra con sede a Manno. Ferrini aveva passato 52 giorni in carcere preventivo, per essere poi assolto in secondo grado, ma era uscito “devastato” da quella vicenda giudiziaria e aveva chiesto 10 milioni di risarcimento. Un milione e UNA VICENDA CLAMOROSA Esiti clamorosi anche nel procedimento contro l’avvocato Aldo Ferrini, poi assolto René Bossi © ilcaffè Gli errori giudiziari e i gialli irrisolti da Donati al negoziante di Taverne mezzo, invece, era stata la richiesta di un imprenditore ticinese avanzata anni fa, dopo cinque mesi di ingiusta detenzione, ma ha ricevuto 125 mila franchi, 50mila per danno morale e 75mila per le spese legali. Una vicenda tuttavia significativa, visto che l’ iter giudiziario durò quasi dieci anni. Tanti. Meno comunque di quelli che hanno portato a scrivere la parola fine nel caso del medico Sandro Pelloni: oltre 15 anni. Un tormentato percorso giudiziario cominciato nel 1995 con le accuse di violenza da parte di due pazienti, due processi e una assoluzione, e terminato nel marzo scorso, dopo I “calvari” legali in cerca di autore si arenano tra indennizzi e ritardi che la Camera dei ricorsi penali aveva riconosciuto a Pelloni poco più di un milione di franchi, interessi compresi: il risarcimento, per ora, più alto mai pagato in Ticino. Ci si avvicina, però, all’indennizzo saldato anni fa a un dirigente bancario prosciolto dallo scandalo Russiagate: circa 700 mila franchi. Ma accanto ai casi clamorosi ci sono anche quelli meno impegnativi per le casse dello Stato (che comunque ha una sua assicurazione). Come l’indennizzo ottenuto recentemente da un tifoso di hockey, inizialmente accusato di sommossa dopo un derby ticinese e poi prosciolto. Al giudice della pretura penale di Bellinzona il giovane aveva chiesto 10 mila franchi di danni, ne ha ottenuti 3.700. Ma se la morte di Riccardo Donati fa affiorare alla memoria la lista degli errori giudiziari, resta tuttavia, a oltre 10 anni di distanza, un caso ancora aperto. Che si aggiunge a quattro storici “misteri” ticinesi. Il primo, quello di Natale Marùca, ritrovato legato e con il cranio fracassato, risale addirittura al 1969. Il secondo alla notte fra il 16 e il 17 ottobre del 1990 e ha come scenario il parcheggio di un hotel: qui venne ucciso un pregiudicato siciliano, Alessandro Troja. Un “cold case”, un caso freddo, come quello di Irene Schlums, insegnante in pensione uccisa nel 2002 nella sua casa di Orselina. Simile invece al “giallo” Donati è quello di Max Benz, 53 anni, ammazzato con un colpo alla nuca nel retrobottega del suo negozio di Taverne. Sette anni fa il ministero pubblico aveva firmato un decreto di abbandono per un ex dipendente, che aveva passato anche qualche mese in carcere. Anche lui ha poi annunciato di voler chiedere un risarcimento allo Stato. Non è più un caso irrisolto, grazie ai tabulati telefonici e al Dna rilevato sul luogo del delitto, invece, il “giallo” di Vernate. Quattro anni fa in un attico, venne ritrovato ucciso un informatico di 43 anni, Mauro Giuseppe Vitale. L’omicida, un rumeno di 38 anni, è già in carcere e reo confesso. Era stato identificato in Italia durante un controllo dopo un incidente stradale [email protected] Q@maurospignesi LA SCENA DEL DELITTO I reperti sulla scena del delitto sono fondamentali per avviare bene una indagine; nell’immagine sotto, il dottor Riccardo Donati recentemente scomparso I misteri 1 NATALE MARÙCA Un calabrese gettato nel Ticino con la testa fracassata e legato. Allora, era il 1969, si parlò di un delitto passionale. 2 L’inchiesta ALESSANDRO TROJA Un pregiudicato siciliano ucciso nella sua auto nel parcheggio di un hotel. Siamo nel 1990. Si parlò di un regolamento di conti. 3 IRENE SCHLUMS Una insegnante tedesca in pensione trovata uccisa nella sua abitazione di Orselina. Era il gennaio 2002. È uno dei casi irrisolti. 4 MAX BENZ Un colpo, un solo colpo in testa nel suo negozio di Taverne. Un ex dipendente accusato del delitto è stato poi scagionato. n sostanzioso risarcimento per errore giudiziario e una caso irrisolto per la Procura. La vicenda del dottor Riccardo Donati, scomparso pochi giorni fa, racchiude i due estremi che a volte inceppano la giustizia. Donati l’ho conosciuto in carcere, detenuto alla Stampa, con l’accusa di aver tentato di uccidere sua madre, vittima il 27 maggio 2003 di una selvaggia aggressione a Verscio, tra le 7 e le 8 del mattino, sull’argine del fiume Melezza. La stampa si occupò a lungo del caso sino a che il ministero pubblico decretò l’abbandono del procedimento contro il dottore Donati per insufficienza di prove. “Insufficienza di prove”, espressione che per alcuni (media in particolare) sembra significare che non ce n’erano abbastanza di prove. Conosco bene questa terribile vicenda perché all’epoca ho collaborato con la difesa coordinata dall’avvocato Marco Broggini. La qualità della prova, ci spiegava nelle sue lezioni il professor Margot, allora direttore dell’Istituto di polizia scientifica e criminologia dell’Università di Losanna, non è a geometria variabile. Se non c’è certezza non è una prova. Potrebbe essere un indizio. Ce ne vogliono parecchi di indizi per fare una prova. Nel caso Donati - uno dei troppi Vietnam della giustizia ticinese - le prove erano le grandi assenti dell’impianto accusatorio. E l’unico indizio, per di più indiretto, si frantumava di fronte alle prove, quelle sì, che dimostravano la totale estraneità di Riccardo Donati. Partendo da quell’unico indizio il Ministero pubblico aveva trovato in Donati il colpevole ideale. Inoltre Donati era o non era affetto da una sindrome bipolare che faceva di lui il matto ideale? Pardon!, il colpevole ideale. Innamoratisi della propria tesi, gli inquirenti non hanno mai preso seriamente in considerazione l’ipotesi che il vero colpevole fosse qualcun altro; di conseguenza il caso è tutt’oggi irrisolto. Ed è probabile che lo resterà. Come si dice nei film: “Se non sei capace di trovare il colpevole nelle prime 24 ore, le possibilità di trovarlo poi diminuiscono drasticamente”; in questo caso sono passati oltre 11 anni… e ingiustizia è stata fatta. Le complicità ticinesi di Davide Enderlin Il fiduciario (non fiduciario) del caso Carige ora è agli arresti domiciliari stro di commercio come “consulenza”. Ad ampio spettro. Enderlin non è avvocato, difatti non ha conseguito il relativo brevetto, per cui non è soggetto alle relative norme federali sul riciclaggio; e non è nemmeno un fiduciario, categoria a cui la legge impone precisi obblighi d’informazione (del suo nome non c’è traccia nell’Ordine professionale), però agiva di fatto come un fiduciario, gestendo un centinaio di società. Tant’è che è stato coin- Un’indagine che ha messo in luce dei vuoti nei controlli istituzionali sulle attività finanziarie volto nel crac dell’impresa edile Edim Suisse e in quello più clamoroso della Pramac di Riazzino, per il quale è accusato di amministrazione infedele, bancarotta fraudolenta e altri reati. Per il caso Carige, ha sostenuto che lui era solo “un intermediario”. Un intermediario che in questo come in altri Ti-Press Scarcerato Davide Enderlin. La Procura di Genova ha concesso gli arresti domiciliari al consulente luganese, in carcere dal 22 maggio scorso, con l’accusa di complicità nella truffa di 22 milioni di euro ai danni della banca Carige. Arresti domiciliari sì, ma in Italia, per Enderlin, che nell’ interrogatorio di giovedì scorso ha dovuto ancora rispondere agli inquirenti sulla gestione dei flussi di denaro per l’acquisto dell’hotel Holiday Inn di Lugano da parte di Giovanni Berneschi, ex presidente della Carige. Scarcerato Enderlin, che è anche consigliere comunale del Plrt a Lugano, sulla piazza restano gli interrogativi sul suo ruolo in un’operazione illegale che ancora una volta ha avuto come terminale il Ticino, ma soprattutto per l’efficacia della vigilanza sulle attività finanziarie. Enderlin si è sempre difeso sostenendo che non sapeva della provenienza illecita dei soldi per l’aquisto dell’Holiday Inn. E, forse, non sapeva perchè non ha mai domandato da dove arrivasse quel denaro. E qui entra in gioco la sua attività professionale che ufficialmente è qualificata sul Regi- DAVIDE ENDERLIN Il consulente e consigliere comunale plr a Lugano, si trova agli arresti domiciliari in Italia casi gestiva paccate di milioni. “Senza sentirsi in dovere di chiedere chiarimenti sulla provenienza dei soldi. Senza che nessuno sapesse o controllasse la sua attività”, chiosa ironico un fiduciario luganese. Ma, soprattutto, senza che nessuna autorità istituzionale vigilasse, come ha sottolineato con un’interrogazione la deputata Verde Michela Delcò Petralli. Né la Finma, organo di controllo sui mercati finanziari, né il Consiglio di vigilanza del Cantone sulla professione di fiduciario, che è presieduto dall’avvocato Luca Marcellini che, peraltro, è anche legale di Enderlin in Ticino per l’inchiesta Carige. Sino ad oggi né la Finma né il Consiglio sono intervenuti sul suo caso. “Insomma, il vuoto. Una mancanza di controlli in cui lievita quel sottobosco finanziario che continua ad attirare sulla piazza luganese capitali sporchi, malaffare ed evasori - afferma un avvocato ticinese che sta seguendo da vicino la vicenda -. Vanificando di fatto quella strategia del denaro pulito che dovrebbe rilanciare l’immagine della piazza finanziaria”. L’inchiesta Carige in Italia continua e non è detto non porti a qualche altro anello ticinese della catena di intermediazione finanziaria. Intanto, Enderlin resta ancora consigliere comunale di Lugano, per quanto impedito nelle sue funzioni “da forza maggiore”. l.d.a. I FIGLI PRIMA DI TUTTO Akwassi ha chiesto di non essere riconoscibile nelle foto per tutelare i suoi figli; vive nel Jura bernese, lavora come ausiliaria di cura in un ospedale e nel tempo libero si impegna per la parrocchia locale 8 La storia IL CAFFÈ 20 luglio 2014 attualità Era fuggita dalla Costa d’Avorio. Akwassi, oggi 34enne, a Ginevra incontra padre Gilles. I due si innamorano. Lui promette di sposarla. Nascono due bambini. Oggi non si frequentano più. Ma Akwassi si è rivolta alla giustizia per il riconoscimento di paternità: “Lo faccio anche per il mio onore” “Ho amato un prete, abbiamo convissuto e ho avuto due figli” È Jean-Guy Python La fede l’aiuta ad andare avanti Akwassi entra spesso nella parrocchia del villaggio dove oggi vive, nel Jura bernese. È sempre stata molto religiosa, la fede la sostiene nei momenti dolorosi e le dà la forza per andare avanti. E durante la settimana insegna catechismo ai ragazzi Jean-Guy Python PATRIZIA GUENZI una storia sofferta. Dolorosa. E le ferite si vedono ancora tutte. “Ho amato un prete, abbiamo convissuto a Ginevra e ho avuto due figli”. Così riassume la sua devastante esperienza Akwassi, ivoriana, oggi 34enne; il suo è stato il calvario di un amore impossibile. Proibito. Tuttora ne sta pagando le conseguenze. S’è raccontata al Caffè e a Le Matin (chiedendo l’anonimato), nella speranza di mettere in guardia altre donne, per evitare loro lo stesso dolore. Akwassi, il nome è di fantasia, non rimpiange nulla, se non fosse per la sofferenza dei figli di non poter crescere con il padre e, soprattutto, di non portare il suo cognome. Ecco perché ha avviato la procedura legale per il riconoscimento di paternità. Il test del dna è già stato fatto. La compatibilità è risultata del 99%. “Ma lui si ostina a dire che sono i figli di suo fratello”, dice con le lacrime agli occhi. In tono fermo aggiunge: “ Nella mia cultura il padre deve riconoscere i figli, anche se poi non li alleva. Ma lo faccio pure per il mio onore, per la mia dignità”. Quelli vissuti da Akwassi sono stati quattro anni che credeva di vero amore, ma anche di tante promesse, illusioni, lacrime e frustrazioni. Una vicenda simile a quella di tante altre donne. Solo in Svizzera se ne contano circa mezzo migliaio, stando alle cifre fornite da ZöFra, l’ associazione diretta da Gabriella Loser, che offre consulenza e aiuto alle donne che vivono un legame sentimentale con un prete. Ogni mese sono almeno un paio le richieste di assistenza. In Italia, 26 donne protagoniste di analoghe situazioni hanno scritto recentemente una lettera a Papa Francesco, affinché rimetta si arrivi ad abolire il celibato dei preti. Per Akwassi tutto inizia nel Le tappe La fuga L’incontro La coppia La delusione LA SVIZZERA L’AMORE LE PROMESSE LA SEPARAZIONE IL TRIBUNALE Akwassi è nata in Costa d’Avorio. Fugge per la guerra civile che le stermina la famiglia, arriva a Ginevra nel gennaio 2005. Ad sostenere la donna nella sua domanda d’asilo c’è padre Gilles, bello e affascinante. Presto i due diventano amanti. All’inizio padre Gilles promette ad Akwassi di lasciare la tonaca e di sposarla. Intanto la donna dà alla luce il primo figlio. Nel 2009, il secondo figlio di Akwassi ha 2 anni. Improvvisamente il padre non va più a trovarla e diventa irreperibile. I figli devono avere il cognome del padre. Il tribunale ha già ordinato il test del dna: compatibilità al 99 per cento. 2005. La giovane, appena 25enne, scappa dalla Costa d’Avorio. Tutta la sua famiglia è stata sterminata dalla guerra civile e lei si ritrova sola e senza più nulla. Arriva a Ginevra nel mese di gennaio. Non conosce nessuno, non sa cosa fare, dove andare. Incontra padre Gilles (nome di fantasia), di otto anni più grande, che immediatamente si offre di aiutarla per presentare la domanda d’asilo. È alto, bello, gentile e affascinante. In poco tempo i due si innamorano, diventano amanti. “Non provavo sensi di colpa ricorda Akwassi -, solo tanta paura che qualcuno potesse scoprirci. In Gilles io non vedevo né il prete, né l’uomo proibito, ma solo e semplicemente l’uomo”. Ini- zialmente la coppia convive in una parrocchia ginevrina. Lui, sin da subito, la rassicura che avrebbe fatto il possibile per lasciare al più presto l’abito talare e sposarla. Diceva che gli servi- “Quando gli ho detto della seconda gravidanza mi aveva imposto di abortire. Ma io non l’ho fatto” va però un po’ di tempo. Una speranza, quella di poter finalmente vivere alla luce del sole la loro storia d’amore, che accomuna tutte le donne che hanno chiesto aiuto a Zö- La battaglia Fra. Akwassi ben presto si rende conto che alle parole non seguono i fatti. L’uomo, di origini modeste, grazie alla Chiesa ha raggiunto uno status sociale che gli permette di aiutare la sua famiglia. Difficile, quindi, per lui, trovare la forza di rinunciare a tutto. Nel settembre del 2005 Akwassi dà alla luce il primo figlio. Vive sola, padre Gilles nel frattempo è stato trasferito a Friborgo, anche se ancora si frequentano. “Veniva da me di tanto in tanto, per avere dell’affetto e fare sesso”, racconta. Quando si rende conto di aspettare un altro figlio e glielo dice, lui la spinge ad abortire: “Ancora oggi ricordo la scena e mi fa male. È stata una …E LA LETTURA CONTINUA CON GLI EBOOK DEL CAFFÉ ONLINE. ADESSO. GRATIS. SU APP STORE E AMAZON 341/BIS Anonymous IL RACCONTO DELLA REALTÀ Anonymous COME FU CHE UN TUNISINO SPOSÒ UNA TICINESE Andrea Vitali LE PAROLE DEL 2013 Autori vari SAPORI E MITI Cenni Moro ferita profonda che continua a sanguinare”. Nel 2009, il secondo figlio che Akwassi ha voluto a tutti i costi tenere, ha ormai due anni. Improvvisamente Gilles non si fa più vivo con lei, non va più a trovarla, è irreperibile. “Ha tagliato i ponti di colpo, senza darmi alcuna spiegazione”, si rammarica Akwassi, che ricorda ancora le tante sere trascorse in solitudine a piangere, disperarsi e pregare. Tutto inutile. Di padre Gilles non avrà mai più notizie: “Sino ad oggi non l’ho più visto, né ha mai cercato di contattarmi”, dice. Eppure, malgrado la delusione, la sofferenza e le tante promesse a cui, in fondo, non aveva mai smesso di aggrapparsi, Akwassi è convinta che se padre Gilles non avesse avuto paura di perdere tutto si sarebbe seriamente impegnato con lei, che l’avrebbe sposata. “Se non esistesse l’obbligo del celibato- sostiene convinta-, donne come me avrebbero una possibilità di poter vivere la propria relazione d’amore alla luce del sole, senza doversi nascondere o vergognare”. Purtroppo, sarà difficile spiegare ai due ragazzi perché un padre in casa non c’è: “Sino a pochi mesi fa i bambini mi continuavano a chiedere chi è e dove abita il loro papà”. Oggi Akwassi vive sola con i suoi due figli. Ha trovato aiuto e conforto in ZöFra. Si è trasferita in un villaggio del Jura bernese, dove lavora come ausiliaria di cura in un ospedale e insegna ai corsi di catechismo della parrocchia locale. “Penso solo ai miei figli sospira -. Faccio fatica a fidarmi di un altro uomo, la mia esperienza è stata tremenda. Ma ho una fede infinita, molto più forte di prima e so che questo mi aiuterà ad affrontare il futuro e a crescere i miei ragazzi”. Una fede, Akwassi ne è certa, che in qualche modo le darà l’energia necessaria per combattere la sua battaglia più importante: “I miei bambini hanno tutto il diritto di portare il cognome del loro padre - afferma -. Sono frutto di un rapporto d’amore, io non faccio figli con chiunque, sia chiaro. Voglio che sui loro documenti, dove oggi al posto del padre non c’è scritto nulla, ci sia l’identità di chi li ha procreati. Sono sicura che il tribunale deciderà la cosa giusta”. [email protected] Q@PatriziaGuenzi A GRUPPI SUI PRATI Uno dei gruppi di rifugiati all’opera in un campo di Lodano; sotto, a sinistra, Iseyas Yemane con la salopette da giardiniere davanti al campetto che ha appena falciato; in basso, Abraham Yacob e Habthu Araya, durante una pausa IL CAFFÈ 20 luglio 2014 attualità I precedenti L’accoglienza 1 2 3 4 Quaranta asilanti arrivati dall’Africa in Valle Maggia. Lavorano e convivono senza problemi con gli abitanti OMAR RAVANI F alciano l’erba, ripuliscono sentieri, tengono pulite le strade. Sono una quarantina di richiedenti d’asilo che da una settimana alloggiano nel rifugio della protezione civile. Si sono lasciati alle spalle storie drammatiche. A cominciare dalla fuga disperata dal loro Paese, l’Eritrea. Per il viaggio della speranza hanno attraversato Sudan e Libia, prima di affrontare il Mediterraneo, sino alle coste dell’Italia e, infine, l’arrivo alla frontiera svizzere. Capolinea Lodano, Valle Maggia, qui fanno lavori di pubblica utilità . “Dopo mesi passati nei centri di raccolta libici in condizioni bestiali - racconta al Caffè Abraham Yacob, giunto in Ticino qualche giorno fa - siamo stati spinti a bordo dei barconi che partono in direzione del Canale di Sicilia”. Un viaggio lungo e rischioso, assieme ad altre centinaia di persone, tutte stipate sui barconi scos- 9 CHIASSO KREUZLINGEN Più di 12.600 ore di lavoro di pubblica utilità dall’inizio del 2012 ad oggi. Muntenzione delle aree verdi, pulizia di strade, posa di strutture e sgombero di neve. Ecco i compiti dei rifugiati. Due volte alla settimana alcuni ospiti della struttura del canton Turgovia sono impiegati come spazzini. Nella cittadina sul Lago Bodanico sono alloggiati poco meno di 300 richiedenti l’asilo. AMBRÌ TENERO CONTRA Nell’estate del 2013 un gruppo di rifugiati ha lavorato alla Valascia, alla pista di hockey, ridipingendo balaustre e ringhiere e ripulendo le lastre di plexiglas che circondano il ghiaccio. Nel novembre del 2012 cinque richiedenti l’asilo di Ciad, Afghanistan ed Eritrea danno vita al primo gruppo di lavoro autonomo, pulendo un sentiero sull’argine del fiume Verzasca. Lavoro, sorrisi e voglia di fare così i profughi si sono integrati si dalle onde. “È stato tremendo ricorda Habthu Araya, arrivato anche lui da pochi giorni in valle -. Abbiamo fatto un viaggio lungo e terribile, molti stavano male. Siamo stati fortunati, la polizia marittima non ci ha trovati e se Dio vuole oggi abbiamo trovato la pace”. Dall’Eritrea la fuga continua da quasi 10 anni, in seguito alla guerra con l’Etiopia e al terrore imposto dal regime militare dell’ex leader indipendentista Isaias Afewerki. “È diventato impossibile vivere nel nostro Paese- continua triste Abraham -. Non c’è più nulla, lo Stato è assente e non c’è da mangiare. Nelle strade c’è una totale anarchia. Io sono dovuto scappare per non essere sopraffatto”. La stessa scelta fatta da due amici che hanno deciso di partire assieme. “Ho 18 anni e stavo cercando di finire le scuole dell’obbligo - dice Iseyas Yemane -, ma non è stato possibile perché l’istituto dove studiavo è stato chiuso”. Allora la decisione di fuggire verso il nord. “All’inizio senza una meta precisa - raccon- ta Kidane Chebroyanns, militare di professione, che aveva una vaga idea di rimanere in Africa-. Poi, visto che la situazione in Libia era pessima, siamo saltati su uno di quei barconi diretti in Sicilia”. Quindi, eccoli a Lodano dove, dicono, di trovarsi molto bene. “Siamo contentissimi - aggiunge Iseyas -. Qui ci trattano tutti bene e possiamo lavorare, da noi era impossibile. Vorremmo restare se fosse possibile, la Svizzera è davvero bella”. La voglia di darsi da fare, di lavorare di questi rifugiati è confermata da chi sta con loro tutto il giorno. “Sono grandi lavoratori dice Matteo Falcioni, operaio comunale che si occupa di coordinare il lavoro di uno dei gruppi di profughi -. Anzi, spesso devo fermarli, invitarli a fare una pausa, altrimenti loro andrebbero avanti per ore. Sono anche molto attenti. Malgrado la barriera linguistica hanno subito capito come usare gli attrezzi. Il decespugliatore, ad esempio, che non avevano mai usato, per loro non ha già più segreti”. C’è anche chi ha un contatto privilegiato con i ragazzi eritrei nei momenti di relax. “Preparo due piatti al giorno, più la colazione - dice Wiliam Cortenova cuoco nel rifugio della protezione civile -. Non lasciano una sola briciola sul tavolo e mangiano di tutto, compatibilmente alle loro credenze religiose. Una volta finito sparecchiano e mi aiutano a pulire i pentoloni. E sono sempre col sorriso sulle labbra”. Un bel calcio ai pregiudizi. A quei timori iniziali che stanno via via scomparendo. “Sono molto gentili ed educati - osserva contenta una donna -. E, poi, sono favolosi con i bambini, si fermano a giocare. Ci hanno anche invitato alle feste di compleanno. È vero che molti qui non li vedevano di buon occhio, ma grazie a loro la situazione sta cambiando. Tutto questo è molto bello, sembra quasi uno spot contro il razzismo”. [email protected] Q@OmarRavani 3B3* 5(*4 !+3@376 ’90<(+, @7 )5(*4 1 &9735,< =A5 97<@,5576, 1 %,@<7B3=7<3 ,=@,<63 1 $3630766, (6@,<37<3 1 $3630766, 5(@,<(53 1 ,<*23 36 5,0( +( 8-;; ’3*-B-@- 35 7A8B8 9(*4 ,<(**->>8=3 !3B3* 5(*4 #,3@387 ,-5 B(58=- ,3 #" >8/D:. 55<(*;A3>@8 ,3 A7( !3B3*+ %87,( B3 8//=- 35 9(*4 ,<(**->>8=3 5(*4 #,3@387: "3 *858=- 7-=8 - )=355(7@-+ 5- 63730877- (7@-=38=3 - 5(@-=(53+ 5- 93(>@=- ,3 9=8@-C38798>@-=38=- - 58 >9835-= >A5 98=@-5587- >8@@8537-(78 35 *(=(@@-=- (A,(*- ,-55( !3B3*: &5 5808 5(*4 #,3@387 >*37@355( >A5 )(,0- 37 (55A63738+ 6-7@=- 5- *(58@@- 9-=/-@@(6-7@37@-0=(@- 9-= 3 =-@=8B3>8=3 ->@-=73 - 35 *89-=*238 9-= 35 @(998 ,-5 >-=)(@838 *8695-@(78 ;A->@8 5884 37*87/87,3)35-: $ (==3B(@8 35 686-7@8 ,3 9(>>(=- (5 7-=8. CCC:276+(:*2 $: ?+-9 5 &!% #"$)$(’6 0 .8B?=<8,8:/ 2<= + /B+EA8;/<D= B-=AD/ (;;F()EP9HM? ,9 P=( 9Q9) =P?Q(+ -))-MM? ;- Q-GH9?=9 7%8D #; <?=M(559? . )?<AG-H?D !8F8- >@3 87*)#! !=;1=AD 5 :+-9 #.8D8=<6+ 3 A?GM-+ IN :’K@SS &+ @NN> )<N* AG-RR? ,9 )(M(;?5? 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Questo per evitare di essere oscurato della contrapposizione fra Lega e liberali-radicali che a Lugano ha stritolato il Ppd cittadino. Uno degli ultimi ad essere sentito sarà Marco Romano, consigliere nazionale, che però dichiara al Caffè di trovarsi benissimo a Berna, dove intende ricandidarsi nell’autunno del prossimo anno: “Sarò disponibile, se sarà necessario, per il L’imbarazzo dei “pipidini”, troppi nomi per soli 4 posti Consiglio comunale di Mendrisio”. Salvo ripensamenti, non ci sarà lui, né il consigliere agli Stati Filippo Lombardi che ha smentito subito le voci circolate su una sua presenza in lista, né tanto meno il presidente Jelmini. Sorpresi dalla discesa in campo anticipata del Plrt, i popolari democratici stanno preparando la lista per il governo con tutta calma. Il gruppo di lavoro, presieduto da Jelmini, con Filippo Gabaglio, Emilio Taiana, Giovanni Albertini, Simonetta Biaggio Simona, Consuelo Allidi, Stefano Imelli, era partito lo scorso mese di aprile ragionan- do su una rosa di 35 nomi. Con l’obiettivo di rispettare i vari distretti regionali, le diverse anime del Ppd, la componente di genere, ha via via sfoltito i nomi. Che restano ancora troppi, visti che i posti disponibili sono soltanto quattro. Fra questi dovrebbe esserci sicuramente una donna, per la quale si è fatto il nome dell’avvocato Luisa Vassalli Zorzi, municipale di Riva San Vitale e presidente del Cda del settimanale Popolo e Libertà, già candidata al Gran Consiglio nel 2007. Ma anche dell’avvocato Lorenza Pedrazzini, di Locarno, figlia dell’ex consigliere di Stato, Luigi. Fra i possibili candidati si è menzionato l’avvocato Maurizio Agustoni di Vacallo, deputato, ex presidente di Generazioni Giovani. Ma anche Giorgio Fonio, giovane sindacalista Ocst di Chiasso. Per la Valle Maggia si parla di Fiorenzo Dadò, capogruppo parlamentare. Per il Locarnese del deputato Claudio Franscella e dell’avvocato Giuseppe Cotti. Dadò è in pole position, guadagnata anche a furia di polemiche a muso duro con la Lega, e potrebbe rappresentare la Valle Maggia e il Locarnese. Per il Sottoceneri “in conto Ocst” si è ventilata pure la candidatura di Lorenzo Jelmini, capogruppo consigliare a Lugano. Nel Bellinzonese il più accreditato è invece il medico Paolo Peduzzi. La lista dopo un ultimo giro di consultazioni sarà definita entro la fine del mese. Non ci saranno strascichi né primarie: solo 4 candidati più Beltraminelli, che saranno presentati a ottobre. Ma qualcosa in più si saprà il 24 agosto durante la festa del Ppd all’alpe Feudo sopra Airolo. c.m. 5 Fabio Confidenze estive tra politica e attualità Merlini “La volgarità di certi linguaggi è insopportabile” FILOSODO E DIRETTORE Il filosofo Fabio Merlini è direttore della sede della Svizzera italiana dell’Istituto universitario federale per la formazione (Iuffp). L’elaborazione fotografica è di Marco Scuto Il rimpianto per dei politici autentici capaci di coerenza, visioni e serietà La sovranità Riferirsi in modo ottuso al concetto di sovranità nazionale è semplicemente una sciocchezza Non si fa certo pregare il filosofo Fabio Merlini, direttore della sede della Svizzera italiana dell'Istituto universitario federale per la formazione professionale, a confidare le sue impressioni su politica e attualità. A cominciare da ciò che nella politica ticinese lo scandalizza o in qualche modo l’ha infastidito. “Diciamo che più che scandalizzarmi, quello che davvero mi ha indignato, e continua a indignarmi, è l’irresponsabile volgarità di un certo linguaggio che non chiamerei neppure ‘politico’ - premette senza esitazioni -. Intendo il linguaggio con cui si esprime domenica dopo domenica l’organo del partito di maggioranza relativa (Il Mattino, settimanale della Lega ndr.). Gli attacchi violenti, infamanti e per lo più mendaci con i quali viene colpito chi non è gradito, senza mai entrare sul terreno dell’argomentazione. Quel che più è sconcertante, però, è l’accondiscendenza con cui il mondo politico ha accolto il fenomeno sin dalla sua nascita”. Ma c’è un politico svizzero che, negli ultimi anni, in qualche modo le è piaciuto? “Se posso andare oltre ‘gli ultimi anni’ vorrei ricordare tre figure in particolare: Hans Peter Tschudi, con la sua battaglia per l’introduzione dell’Avs; Kurt Furgler per il suo stile politico al contempo coerente, rigoroso e determinato, e Jean Pascal Delamuraz, per la sua immensa cultura e simpatia, un ottimo esempio di come sia possibile essere intelligentemente comunicativi, vicino ai cittadini, senza cedere ai trucchetti demagogici”. Politici esemplari? “Tre esempi di che cosa significhi una politica capace di sognare e combattere per una società più equa, di impegnarsi con serietà per il proprio Paese, tirando dritto senza troppi opportunismi, senza preoccuparsi di compiacere tutti. Infine una politica capace di alimentare la visione del presente e del futuro con una conoscenza solida e, soprattutto, di saperla trasmettere con uno stile che, se confrontato con le pagliacciate moleste di cui siamo testimoni oggi, non possiamo non chiederci che cosa abbiamo fatto per meritarci tanta ignoranza”. Come giudica le posizioni della Confederazione e degli svizzeri verso l’Europa e, più in generale, verso gli stranieri? “Se per Svizzera intendiamo le istituzioni che ci rappresentano, direi che si tratta di una posizione improntata al pragmatismo e alla responsabilità. È facile fare gli spacconi quando si vive in una reggia, ma se devi cercare di mediare tra interessi per nulla convergenti è importante negoziare soluzioni ragionevoli, coscienti che per ottenere qualcosa occorre essere disposti a dare qualcosa”. Salvaguardando, però, la sovranità nazionale... “Riferirsi in modo ottuso al concetto di sovranità nazionale è semplicemente una fesseria. In questo senso, l’atteggiamento delle nostre istituzioni mi sembra ragguardevole nel suo tentativo di non isolare il Paese, nonostante i venti contrari. Non siamo indipendenti dall’Europa, non siamo autosufficienti, anzi la nostra ricchezza dipende in gran parte dal credito di cui godiamo presso gli altri Paesi. O lo capiamo o ne pagheremo le conseguenze. Credere di potercela fare da soli chiudendosi all’Europa e agli stranieri è un atto di arroganza e di smemoratezza che ci costerà caro. Intendiamoci, l’Unione europea per come si è configurata ha deluso tutti e lo scetticismo è giustificato”. Lei ha scritto e pubblicato in francese, Schizotopies”, un saggio sullo spazio della mobilità totale e sull’esposizione totale. Ammesso che usi i social network, può dire come li usa e cosa ne pensa? “Non ne faccio uso, per varie ragioni fra cui anche il fatto di stare già tutto il giorno dinanzi a uno schermo. Osservo con interesse come attraverso i social si trasformi il nostro rapporto e la percezione con lo spazio, come si ridefiniscano le forme di comunicazione e come una feroce solitudine cerchi di socializzarsi tramite la rete”. Si ricorda per quale motivo ha pianto l’ultima volta ? “Per la scomparsa di Flavio Cassinari, un filosofo strepitoso, geniale, al quale mi legava una amicizia profonda: se ne è andato in un modo terribile, forse il più terribile, scivolando da una scarpata sotto gli occhi atterriti del figlioletto, durante una passeggiata in montagna”. e.r.b. (5 - continua) L’Europa L’Ue ha deluso tutti e lo scetticismo è giustificato, ma credere di potercela fare da soli è un atto di smemoratezza IL CAFFÈ 20 luglio 2014 11 politica IL PUNTO CHANTAL TAUXE 4 La pensione a 67 anni è una scelta più solidale Ripensiamo il Paese Anche gli eventi e i musei sono una risorsa preziosa per rilanciare il Ticino del 2020 “Il prodotto cultura si vende bene” Managerialità, offerta e nuove strategie segnano l’ora della svolta Sanità, formazione, turismo, ambiente. Tra le tante opzioni, le tante sfide, pubbliche e private, per ripensare il Ticino del 2020, è rimasta sotto traccia la cultura, e più in generale l’offerta di manifestazioni ed eventi. Un’offerta già tradizionalmente ricca, ma che per essere competitiva, ovvero un “prodotto da esportazione”, richiede un nuovo concetto di managerialità, nuovi indirizzi e strategie. Obiettivi che, in questa quarta puntata dell’inchiesta del Caffè sul futuro del cantone, risultano non solo raggiungibili, ma già pianificati nel “business plan” della cultura. Uno scenario che, come ricordano il sindaco di Locarno Carla Speziali e il vicesindaco luganese Giovanna Masoni, potrà avvalersi di due poli principali, il Festival del film e il Lac, per fare sistema, network. Ma in un cantone che ha deciso di virare in modo significativo verso la cultura e il turismo culturale, servono non solo idee originali, ma anche nuovi profili professionali. “È così, la complessità e la rapidità dei cambiamenti in atto nel mondo culturale richiedono capacità crescenti di interpretazione del contesto - sottolinea Roberto Valtàncoli, responsabile del Master in Cultural Management alla Supsi -. Un manager culturale deve avere padronanza di metodi e strumenti per attivare strategie di gestione che garantiscano la sostenibilità dei Le proposte 1 2 3 45 6 CATTANEO: PIÙ FORMAZIONE JELMINI: METTIAMOCI IN RETE CAVERZASIO: UN OSPEDALE Rocco Cattaneo, Plrt: “Occorre puntare sulla formazione, dalla scuola media alla professionale, fino al master di medicina agganciato all’Istituto di ricerca biomedica (Irb) di Bellinzona”. Giovanni Jelmini, Ppd: “Occorre mettere in rete le migliori risorse con un nuovo concetto di promovimento economico dove lo Stato è coordinatore”. Daniele Caverzasio, Lega: “Sì a un progetto organico per un ospedale di valenza nazionale; dove inserire il master di medicina dell’Università della Svizzera” italiana”. KANDEMIR: UN TICINO SOCIALE DELCÒ-PETRALLI: PIÙ ISTRUZIONE CHIESA: UN POLO SANITARIO Pelin Kandemir, Ps: “Occorre preservare il territorio e l’ambiente; puntare su una sanità attenta alle regioni periferiche e facendo crescere centri legati a specializzazioni”. Michela Delcò-Petralli, Verdi: “Il Ticino deve puntare sull’istruzione, sulla formazione a tutti i livelli, iniziando dalla scuola elementare e arrivando all’università”. Marco Chiesa, Udc. “Partendo dall’ottimo sistema sanitario abbinandolo alla ricerca e all’università si può realizzare un centro d’eccellenza”. progetti. Alle nuove sfide si risponde con passione sì, ma senza dilettantismo o incarichi burocratici. Per questo formiamo dei manager capaci di coniugare le conoscenze artistico-culturali con capacità e know-how che permettano loro di progettare, gestire e promuovere tutta la filiera culturale”. Una filiera consapevole dei vantaggi economici, dell’indotto turistico e del ritorno d’immagine offerti dagli eventi culturali, ma che nello stesso tempo non dimentica l’esiguità della massa critica locale. Un’offerta profes- tà del ‘prodotto’, e così valorizzare pure un’offerta culturale di qualità ma di nicchia - dice lo storico Andrea a Marca del Centro di dialettologia e di etnografia -. Un buon modello, vincente, lo hanno offerto i dieci musei etnografici della regione che, costituendo un network, hanno puntato su un target e una proposta più mirata, evidenziando il loro piccolo patrimonio culturale, evitando sprechi di risorse e focalizzando gli sforzi su una sorta di ‘specializzazione’. Non dico che il modello possa essere applicato a tutti i musei del canto- sionalmente mirata, ovviamente non limitata al “consumo interno”, ma indirizzata a stimolare una domanda esterna, dagli altri cantoni al nord Italia. Come hanno constatato, guardando sia a nord che a sud con una proprosta di qualità i musei luganesi che, secondo gli ultimi rilevamenti, accolgono il 40% dei visitatori dall’Italia. “È importante avere progetti finalizzati, funzionali con l’omogeni- Qui Locarno Qui Lugano “Il Lac saprà produrre spettacoli, arte, musica” Ti-Press “Un polo d’eccellenza che vada oltre l’estate” I POLI CULTURALI Carla Speziali, sindaco di Locarno; sotto, Giovanna Masoni, vicesindaco di Lugano Ti-Press “Io già la immagino questa mia città nel 2020. E spero che davvero sia viva, colorata, con la sua Casa del cinema e con una proposta di eventi sempre più ricca e articolata”, afferma convinta Carla Speziali, sindaco di Locarno. Quanto conterà in futuro la Casa del cinema? “Direi che, mattone dopo mattone, è già il nostro futuro. In questa struttura vogliamo raggruppare tutte le esperienze maturate con il Festival, realizzare un centro di eccellenza per l’audiovisivo e un istituto universitario formativo”. Locarno si rilancia come vero polo culturale? “Già oggi abbiamo il Festival che è qualcosa di unico. E poi gli eventi musicali. Ora è arrivato il momento di capitalizzare queste esperienze con un salto di qualità, con strutture permamenti e attività che durano tutto l’anno e non soltanto un’estate”. La cultura può diventare una forza attrattiva? “È la nostra scommessa. Articolare l’offerta per avere una città poliedrica, capace di far incontrare le intelligenze, dunque le persone, in spazi sempre più qualificati, non solo di rilevanza cantonale ma federale, è importante per il nostro futuro. Che spero sia incentrato sempre più sul turismo culturale”. m.sp. ne, ma è evidente che quando si lavora, con professionalità, a progetti mirati e coordinati si evita di banalizzare l’offerta e si pongono le basi per un vero e proprio circuito culturale”. Tutti gli operatori culturali del cantone sembrano finalmente convinti del fatto che la cultura sia una risorsa economica. Un atout che il Ticino del 2020 potrebbe giocare. “Che deve giocare, confidando sul sostegno della politica, ma anche sulle risorse economiche pubbliche e private - aggiunge Dino Balestra, che per vent’anni è stato al timone dell’ “industria” culturale più importante del cantone, la Rsi -. Ci sono voluti anni, ma adesso ho la sensazione che la svolta ci sia stata, che si siano abbandonati quei ‘bunker’ dove ognuno coltivava il suo orticello, faceva i suoi programmi anche se si accavallavano con gli altri. Si è assistito a una specie di ricambio generazionale, si è capito che è giusto parlare di ‘prodotto’ da gestire professionalmente anche quando si tratta di cultura”. La svolta c’è stata soprattutto nella mentalità, nell’esigenza di managerialità, sottolinea Balestra: “Con la nuova legge sulla cultura, il Lac e la Casa del cinema in cantiere sembra che il famoso network, il ‘sistema Ticino’ rivolto a nord e a sud si trasformerà in realtà”. e.r.b. 4-continua “Nel 2020 il Lac sarà già a regime. E ospiterà le produzioni di spettacoli e le mostre d’arte”. Giovanna Masoni, vice sindaco e municipale responsabile dell’Area cultura e istruzione di Lugano, crede in un futuro legato al nuovo Centro culturale. Il vostro sarà un polo legato al territorio o guarderà anche oltre? “Intanto spero diventi una realtà nazionale, capace di dialogare anche con le altre componenti presenti in Ticino. Ad esempio, Locarno e la sua Casa del cinema e le attività legate all’audiovisivo”. Da tempo state andando oltre la “stagionalità”; la nuova struttura sarà uno strumento in più? “Sicuramente. Il Lac diventerà un luogo di produzione e di creatività per declinare la cultura a 360 gradi. La nostra stagione musicale come quella teatrale non saranno più una parentesi, ma si potranno anche allestire produzioni. Poi, ed è giusto cogliere questa possibilità, troverà casa la Compagnia Finzi Pasca”. Dal profilo dell’arte cosa offrirà il Lac? “Punteremo sul ‘900 e l’arte contemporanea. Poi apriremo ai privati, ma saranno importanti anche il lavoro sulla mediazione culturale, la trasmissione e divulgazione dell’arte, la rete sul territorio”. m.sp. Di che cosa vivremo quando saremo vecchi? Di Avs? Di secondo pilastro? Molti esperti temono che questo non basterà. Paradossalmente, la speranza di vita non fa che aumentare, ma questa performance legata all’elevata qualità del nostro sistema sanitario ci sta spingendo oltre i nostri mezzi. Il “Think tank” Avenir Suisse ha riproposto l’idea di creare un’assicurazione per finanziare la presa a carico in un istituto medico-sociale: a partire da 55 anni, 285 franchi al mese per costituire un capitale capace di coprire i costi dei nostri ultimi anni d’esistenza, la sistemazione in un istituto e le cure mediche... Di principio, l’idea di un secondo pilastro “bis” raccoglie il 58% dei consensi secondo un sondaggio Sophia, pubblicato lo scorso mese di maggio dall’istituto Mis-Trend. E la soluzione è più popolare tra i latini rispetto agli svizzero tedeschi. A raffreddare un po’ gli ardori, il montante totale dell’eventuale assicurazione proposta da Avenir Suisse: 285 franchi al mese, per avere a disposizione un capitale di 134mila franchi all’età di 80 anni, quando già i premi di cassa malati galoppano verso una media di 400 franchi al mese. Sembra un peso eccessivo, un lusso un po’ troppo teorico per molti cittadini. Al momento, o in seguito, alla votazione del 9 febbraio sull’immigrazione di massa, si proclama urbi et orbi che il mercato del lavoro dovrà sollecitare maggiormente cinquantenni e sessantenni per dover fare meno ricorso alla manodopera straniera, presto contingentata. In quest’ottica un fardello finanziario supplementare non pare opportuno, perché spingerebbe gli impiegati a rivendicare salari più alti per far fronte a questa ulteriore spesa. L’introduzione di questa misura, poi, toccherebbe in primo luogo la generazione che ha contribuito a piene mani al secondo pilastro da quando è stato reso obbligatorio nel 1985. Più o meno al momento stesso in cui quella generazione è approdata sul mercato del lavoro. È un po’ tardi per dire a questi lavoratori che il sistema costruito allora non manterrà le sue promesse, dopo oltre tre decenni di leale pagamento. Altra ingiustizia, la generazione che arriverà alla pensione nell’orizzonte 20252030 è anche quella in cui le donne sono state molto più attive professionalmente rispetto a quelle precedenti, sempre senza dimenticare gli obblighi familiari. Allora, cosa fare? La sinistra si barrica sull’età pensionabile a 65 anni. E ha torto. Bisogna tornare alla proposta di Pascal Couchepin che tanto scandalo aveva fatto nel 2003: portare l’età pensionabile a 67 anni. È una questione di buon senso. La formazione è più lunga rispetto al passato, la speranza di vita si è allungata e quindi si può lavorare un po’ più a lungo per alleviare il compito degli istituti di previdenza vecchiaia. Innalzare l’età della pensione è anche una soluzione più solidale rispetto all’imporre costi supplementari alle classi medie, senza che queste abbiano veramente i mezzi per coprirli. LA MAPPA DELLE FERROVIE AD ALTA VELOCITÀ 12 IL CAFFÈ 20 luglio 2014 Alta velocità operativa Alta velocità in costruzione Conversione in alta velocità Altre linee economia 5.000 km di alta velocità verranno creati in Europa prima del 2020 Oulo Seinajoki OSLO Glasgow Edinburgh STOCCOLMA Gothenburg Amburgo BERLINO BRUXELLES Hannover Colonia LUXEMBOURG Francoforte PRAGA PARIGI I trasporti Corunna Le tappe 1 I COSTI Alptransit, come annunciato dall’Ufficio federale dei trasporti, alla fine costerà circa 18,5 miliardi. Nel tempo sono stati fatti “tagli” per 185 milioni in meno rispetto al preventivo originario. 2 I LAVORI La galleria di base del San Gottardo, dove sono state già fatte alcune prove, entrerà in servizio come previsto nel dicembre 2016, mentre quella del Ceneri nel dicembre 2019. Ti-Press 3 LA LUNGHEZZA La galleria di base del San Gottardo ha due canne a binario unico lunghe 57 km. Contando cunicoli di collegamento e pozzi, la lunghezza complessiva del sistema di gallerie è di 152 km 4 LA CONCORRENZA Nel dicembre 2013 su un totale di 230 chilometri su cui intervenire per il tracciato del Brennero ne erano stati realizzati 28, altri 43 chilometri sono stati già dati in appalto “I l tunnel del Brennero sarà ultimato nel 2025, nel pieno rispetto dei tempi’’. Matteo Renzi, presidente del Consiglio italiano, lo ha assicurato, il 4 luglio scorso con la visita al cantiere della nuova galleria ferroviaria. “Il governo intende garantire il proprio impegno per il futuro - aveva ribadito Renzi -. Si tratta di un’opera fondamentale. Da parte nostra c’è la garanzia di finanziare l’opera, perché l’Italia e l’Europa hanno bisogno di infrastrutture all’avanguardia”. All’incontro era presente anche il ministro dei Trasporti, il lombardo Lupi, che non ha fatto cenno al complesso delle opere di collegamento col Nord Europa, a cominciare da Alptransit. Nel 2006, Angela Merkel, durante una vacanza sulle Dolomiti, confidò all’amico Reinhold Messner, il celebre alpinista, il suo favore per il nuovo traforo: “Sì, abbiamo parlato anche del traforo disse Messner ad un giornalista - Ha riconosciuto che si tratta di un’arteria necessaria, per tutta Europa”. E qui si ritorna all’entusiasmo di Renzi verso il tunnel, che pare dettato da interessi geopolitici più vasti: con il semestre europeo a presidenza italiana, il giovane leader ha interesse a stringere un patto di ferro con Merkel. Ma Brennero e Alptransit sono in competizione? Il 4 maggio scorso in un convegno a Milano, Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, ha affermato quanto molti anche in Italia sospettano: “I governi italiani hanno assicurato miliardi di euro di finanziamenti, in parte europei, per lo sviluppo del Brennero e della Torino-Lione, la cui utilità viene messa sempre più in discussione. Per la linea del Gottardo silenzio, tanto che si teme un tacito abbandono del progetto, almeno per i prossimi anni. Nonostante il 26% del commercio estero italiano, pari a 186 miliardi riguardi scambi con quat- tro Paesi lungo quest’asse, Belgio, Germania, Olanda e Svizzera”. La contesa dei tracciati alpini, insomma, può riservare sorprese. “Indubbiamente la Svizzera si trova in un gioco europeo e d’intese politiche ed economiche che la isola - spiega l’economista Remigio Ratti (vedi intervista a fianco) - a meno che, come dalle ultime decisioni ‘sblocca Italia’ del governo Renzi, si ricuperino i criteri di efficienza, di selezione delle opere prioritarie, - e non sarebbe il caso per la Lione-Torino - e di trasparenza e rispetto dei tempi di realizzazione”. Alptransit insomma potrebbe pagare sul lungo periodo un caro prezzo alle logiche d’interesse eurocentriche. La valutazione sui volumi di traffico merci-persone sulle direttive Svizzera-Italia e Germania-Austria-Italia porterebbe a dire che non vi sarebbe concorrenza, essendo diverse le due direttrici di traffico, i cosiddetti Corridoi europei. Altri esperti sostengono che la direttrice del Brennero, invece, potrebbe rivelarsi in futuro più conveniente di Alptransit. Eppoi: la Lombardia crede veramente ad Alptransit? Il 7 marzo scorso a Luino si è parlato dei lavori per la trasversale alpina in territorio italiano, lavori in forte ritardo. I sindaci della sponda orientale del Verbano, hanno manifestato le loro preoccupazioni: molti stranieri, proprietari di seconde case, sono intenzionati a vendere le loro abitazioni di vacanza a causa delle poche risorse che offre il territorio, ma anche per il rischio di cantieri invasivi, destinati all’allargamento della sede ferroviaria, che freneranno il turismo. L’assessore alle Infrastrutture della Regione Lombardia, Maurizio Del Tenno, rassicura: “Gli aspetti positivi di questo progetto non sono attribuibili solo al miglioramento del trasporto merci, ma anche alla garanzia di maggiore sicurezza, sia per la viabilità che per la diminuzione dell’inquinamento”. Intanto a gennaio il ministro Doris Leuthard ha staccato a beneficio dell’Italia un assegno da 120 milioni di euro per la riqualifica della ferrovia Luino-Gallarate. I Comuni italiani però non trovano un accordo e ostacolano un tracciato definito da tempo. Il Brennero, invece, viaggia spedito. [email protected] Monaco ZURIGO Lione VIENNA LJUBLJANA VARSAVIA Krakow KIEW BRATISLAVA BUDAPEST Marrakech Fonte: International Union of Railways (2013), Amadeus Quella grande “ragnatela” che avvolgerà l’intera Europa Lo scenario del prossimo futuro dei trasporti è una grande ragnatela che avvolgerà l’Europa. Piccoli e grandi tracciati capaci di far viaggiare merci e persone con tempi sino a oggi impossibili. In questo scenario giocano un importante ruolo Alptransit e Brennero, in una corsa per chiudere il più in fretta possibile i lavori e diventare dunque operativi per poter È già “gara” fra Alptransit e Brennero GIORGIO CARRION Strasburgo MINSK Milano Torino Venezia ZAGABRIA Porto BUCAREST Toulouse BELGRADO Genova Bologna Marsiglia Nizza MADRID Saragossa Firenze LISBON SOFIA Barcellona SKOPJE ROMA Istanbul Sivas Valencia ANKARA Seville Napoli Bari Alicante Bursa TIRANA Salerno Thessaloniki Kayseri Malaga Tangier Konya RABAT Taza Izmir Casablanca ATENE Oujda Meknes Vigo La sfida europea delle linee alpine va ad alta velocità Bordeaux Vitoria MOSCA VILNIUS AMSTERDAM LONDRA Nantes Saint Petersburg RIGA COPENHAGEN DUBLINO Bristol HELSINKI TALLIN raccogliere il maggior numero di clienti. Nel 2020, tra appena sei anni, in Europa ci saranno oltre 5000 tracciati ad alta velocità. Attualmente è la Spagna, con 2.665 chilometri, ad avere a disposizione la rete più diffusa. Pure la Francia in questi ultimi anni ha puntato molto sull’alta velocità e sugli accordi con la Gran Bretagna. Ma anche la Svizzera sta andando avanti a grandi passi in attesa che diventi operativo l’intero tracciato dell’Alptransit, che avrà importanti ricadute pure in Ticino. L’Italia, infine, si è giocata le sue prime carte sulla direttrice che da Napoli arriva sino a Milano, dopo aver collaudato quella di oltre 200 chilometri con i treni Eurostar sulla tratta Firenze-Roma. L’intervista/1 L’intervista/2 L’analisi dell’economista Remigio Ratti Il futuro secondo Riccardo De Gottardi “La concorrenza “Rischio limitato sarà sulla qualità” per il San Gottardo” “G REMIGIO RATTI Economista ed esperto di politica dei trasporti ottardo e LoetschbergSempione, occupano una forte posizione centrale nei traffici dell’arco alpino. Il Brennero esercita la sua attrazione sulla regione di Monaco di Baviera e beneficerà sempre più dell’espansione verso Berlino e l’Est”, spiega l’economista Remigio Ratti. Ci sarà la guerra dei trafori? “Se i bacini rimarranno stabili, i mercati saranno caratterizzati da tendenze oligopolistiche, che tuttavia non escludono una concorrenza giocata sulla qualità delle prestazioni e sui prezzi”. Alcuni sostengono che la direttrice del Brennero potrebbe rivelarsi più conveniente di Alp Transit. È così? “La solidità storica degli itinerari svizzeri, rilanciata con Alptransit, e la loro penetrazione in un mercato lombardo che pesa nella misura del 40% nell’export terrestre italiano, sono un dato di fatto. È evidente anche la priorità – malgrado i ritardi – data al grande asse verticale del Brennero, tutto all’interno dell’Ue: da Berlino giù fino a percorrere tutto lo stivale. Già oggi la vecchia linea del Brennero permette ai traffici intermodali un profilo di 4 metri, mentre noi lo avremo fra 6-8 anni”. Berna ha finanziato l’Italia per ben 280 milioni di franchi, ma Roma ha assicurato miliardi di euro per lo sviluppo del Brennero e della Torino-Lione. Che ne pensa? “Il finanziamento svizzero serve a dare ossigeno fino all’orizzonte del 2025. Ma, come da decenni annunciato, occorrono i quattro binari dalla galleria di Monte Olimpino II a Monza e l’aggiramento ad est (Seregno-Bergamo) della metropoli milanese. Senza un segnale decisivo della Svizzera per la linea a sud di Lugano anche gli investimenti italiani si faranno ulteriormente attendere”. Come finirà? “Lo scenario futuro, quello del famoso corridoio Rotterdam-Anversa- Genova, vedrà un’inversione di rotta: meno traffici transalpini da nord, e nuove correnti da sud, verso la Svizzera e la Germania”. “I n linea di massima le aree di mercato del San Gottardo e del Brennero sono complementari, e quindi non concorrenziali - afferma Riccardo De Gottardi, capo della divisione cantonale dello Sviluppo territoriale- . L’una copre il corridoio Scandinavia-Europa centrale-Italia, l’altra il corridoio Europa centro-orientale-Italia. Il rischio per il San Gottardo di avere un concorrente è quindi limitato”. L’Italia è in ritardo sulle opere di supporto alla nuova direttrice alpina… “La Confederazione ha approvato il principio del finanziamento per l’adattamento del profilo delle gallerie per consentire il transito dei semirimorchi con altezza laterale fino a 4 metri sulla linea di Luino. L’Italia si è impegnata a realizzare questo tipo di lavori sulla tratta Chiasso-Milano. La decisione del parlamento federale risale a fine 2013. Nel gennaio 2014 il Consiglio federale ha poi sottoscritto con il governo italiano l’accordo per lo sviluppo delle infrastrutture della rete ferroviaria di collegamento tra la Svizzera e l’Italia”. A che punto sono i lavori? “A nostra conoscenza, sono in RICCARDO DE GOTTARDI corso al momento lavori di progettazione per concretizzare questo indiCapo rizzo con l’obiettivo di realizzare gli Divisione interventi per l’orizzonte 2020”. sviluppo Il “collo di bottiglia” Milanoterritoriale Varese-Como creerà difficoltà agli impianti ferroviari e d’interscambio sul territorio ticinese? “Eventuali carenze sulle tratte italiane possono impedire di sfruttare al meglio le potenzialità delle nuove infrastrutture costruite in Svizzera. La Confederazione ha ipotizzato, come ultima ratio, l’idea di realizzare in Ticino un impianto per il trasbordo strada-ferrovia se non fossero disponibili adeguate capacità per i terminali in Lombardia. Questa ipotesi è per il Cantone insostenibile sia nel principio – il traffico di transito va trattato vicino ai luoghi di origine e destinazione – sia dal profilo realizzativo a causa dell’impatto sul traffico stradale e sul territorio”. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 13 economia Gli affari I NUMERI LORETTA NAPOLEONI La concorrenza arriverà dal Sud senza più l’Iva La strategia di Pechino è investire in altri Paesi GIORGIO CARRION l’economia ticinese potrebbero essere molto serie. L’annullamento dell’Iva potrebbe agevolare gli acquisti in Italia: i consumatori ticinesi potrebbero trovare più conveniente comprare prodotti detassati di una quota dell’Iva. La pratica, insomma, del Tax Free e della richiesta di rimborso Iva potrebbe diminuire drasticamente. Ma l’operazione Zona franca a Milano non vede però tutti d’accordo. C’è chi fa notare che il disavanzo fiscale per le casse pubbliche sarebbe di ben 1,2 miliardi di euro, che Maroni non ha spiegato come “Mi auguro che il Parlamento dia il suo via libera all'istituzione della Zona franca ad economia speciale- ha ribadito Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia -. Una misura che favorisce le imprese che si trovano vicino alle aree di confine e che sono penalizzate dal fatto che oltre la dogana ci sono condizioni più favorevoli al tessuto produttivo”. In Ticino, appunto. Benzina sul fuoco per i rapporti già non idilliaci tra i due Stati? L’8 luglio scorso l’Ente regionale lombardo ha dato il via libera alla costituzione di una Zona ad economia speciale (Zes), che tradotto vuol dire agevolazioni fiscali a partire dall’esenzione dell’Iva. I prodotti acquistati nella fascia ‘protetta’ sotto confine potrebbero, quindi, essere di fatto scontati dal 10% (alimentari) al 22%, aliquota massima dell’Iva in Italia su beni come Carlo Pozzoni Una “Zona franca” in Lombardia preoccupa il commercio ticinese intende ripianare. L’intento di far ripartire consumi e produzioni in Lombardia è, infatti, difficilmente misurabile in ter- della Camera di Commercio, Luca Albertoni, che si è mostrato scettico sulla praticabilità e sui tempi dell’operazione. Da notare il risvolto politico dell’iniziativa, promossa principalmente da quella Lega Nord che ha sempre manifestato amicizia per la Lega dei Ticinesi, sin dai patti ‘storici’ tra Bossi e Bignasca. Ora la parola passa al governo del presidente Matteo Renzi: il suo Partito Democratico in Lombardia ha votato contro la proposta leghista giudicandola inattuabile. [email protected] I prodotti acquistati nella fascia ‘protetta’ sotto il confine potrebbero essere scontati dal 10 al 22% mini di ripianamento fiscale potenziale. Sulla proposta di Zona franca si nota un rumoroso silenzio. Sul tema in Ticino è intervenuto il direttore L’impiego Carlo Pozzoni Ti-Press Scenari di sviluppo per il trading di acciaio, metalli e gas sulla piazza luganese. Ma manca il personale elettrodomestici, arredamento, abbigliamento e per altri articoli. Il provvedimento riguarderà il 65% dei Comuni delle province di Varese, Como e Sondrio, con un’incidenza del 10% sulla stima delle entrate tributarie. Le imprese operanti nella Zes godranno di incentivi alla realizzazione degli investimenti iniziali, di agevolazioni fiscali sulle imposte dei redditi (esenzione/riduzione di imposte) o sulle tasse locali sulla proprietà, per le imposte doganali sulle attività import/export e della riduzione degli oneri sociali sulle retribuzioni, oltre allo sgravio dell’Iva. “Da tempo stiamo assistendo al fenomeno della delocalizzazione delle imprese, che colpisce soprattutto i territori di confine e in generale la Lombardia. La fuga delle imprese impoverisce il territorio e aumenta il numero dei frontalieri che, per trovare lavoro, devono varcare il confine”, ha aggiunto, in conferenza stampa, la consigliera leghista Francesca Brianza. Le conseguenze per il commercio e Le materie prime per un posto di lavoro ad elevata qualità Dall’acciaio e dal gas potrebbe venire un impulso importante per l’economia ticinese. Già oggi nel cantone sono una novantina le società che si occupano del commercio internazionale di materie prime, con circa 1.500 posti di lavoro in totale per un settore in cui gli impieghi richiedono competenze molto specifiche. Ma sulla piazza mancano oggi adeguati profili professionali. Proprio per questo motivo è stato creato un corso accademico di formazione all’Università di Lucerna promosso tra gli altri da “Lugano Commodity Trading Association” (Lcta). “A conferma dell’interesse attorno alle professioni di questo settore, abbiamo avuto circa 150 richieste d’iscrizione al programma formativo promosso con i colleghi di Zugo, piazza molto importante per le materie prime in Svizzera - spiega Marco Passalia, vice direttore della Camera di commercio e segretario di Lcta -. Alla fine abbiamo potuto accettare soli 26 partecipanti, che arrivano un po’ da tutto il mondo. Ai cinque ticinesi si aggiungono 9 svizzeri, 3 o 4 italiani, 4 o 5 tedeschi, un indiano, un canadese, un arabo. Insomma, la nostra formazione accademica ha acquisito subito una dimensione internazionale, che del resto è propria del settore”. Quello del “trader” di materie prime, infatti, è una professione che richiede competenze particolari e che si basa sulla collaborazione di altre società, come banche, fiduciarie o assicurazioni. Quindi “muove” parecchi attori economici. “Bisogna però sottolineare che non MARCO PASSALIA Vice direttore della Camera di commercio stiamo parlando di speculazione finanziaria osserva Passalia -. Perché in questa attività le merci vengono acquistate, smistate e vendute fisicamente. Intendo dire che, ad esempio, è acciaio reale quello che si commercia, si fa viaggiare in nave e si fornisce al cliente. È chiaro che i profili professionali che si occupano di materie prime devono necessariamente essere di alto livello”. Un settore che potrebbe avere interessanti sviluppi in un periodo in cui la piazza bancaria non sta certo attraversando un buon momento. Basti pensare che Ginevra e l’arco lemanico hanno visto nascere negli ultimi anni oltre 400 aziende di “trading”, per circa 6.000 posti di lavoro e un fatturato totale attorno agli 800 milioni di franchi. “I presupposti per il Ticino sono certamente positivi - nota Passalia -. C’è già una presenza importante di società per l’acciaio, i metalli di base, il gas e l’energia in generale. Per questo nel 2010 è nata l’associazione Lcta, perché è importante garantire sostegno e servizi a queste società”. Non da ultimo promuovendo la formazione del personale, perché ci sono difficoltà nel reperire i profili giusti proprio a causa delle competenze molto specifiche della professione. “Competenze che vanno dalla conoscenza dei noli marittimi per le spedizioni alla logistica dei trasporti - precisa il vice direttore della Camera di commercio-. E, naturalmente, serve una solida preparazione economica per gestire acquisti, vendite e stock”. m.s. L’intervista Enzo Lucibello, presidente della “Grande distribuzione” “Saremmo danneggiati così come con gli orari” “Ci sarà una diminuzione degli affari e non è certo un atto di amicizia verso il Ticino”. Enzo Lucibello, direttore di Media Markt e presidente della Disti, l’associazione della grande distribuzione commerciale, è preoccupato dalle notizie che arrivano da Milano. Timori per la Zona franca annunciata dalla Lombardia? “Il cliente svizzero già si fa rimborsare l’Iva, ma è evidente che una zona commerciale ed economica protetta in Lombardia finirà col danneggiare il commercio e le attività economiche in Ticino”. L’ipotesi è che le misure di sgravio fiscale siano applicate nel perimetro attuale degli sconti sulla benzina… “Più ampia o uguale, la Zona franca avrebbe comunque effetti deleteri. Viene meno la pratica del tax-free anche perchè vengono meno i problemi burocratici”. Come deve reagire il cantone a questa minaccia? “Il vero problema non è e non sarà solo la Zona franca, che dobbiamo vedere se poi si realizzerà davvero, ma la paralisi in cui versa il commercio ticinese, stretto tra orari di apertura, ormai improponibili e fuori dal tempo, e ipotesi restrittive e suicide, come la tassa sui parcheggi”. Quali sono le scelte più urgenti per difendere il settore? “Anzitutto un piano quadro di ammodernamento burocratico delle norme. Ho già detto degli orari. La Lombardia, per capirci, è una delle regioni europee a più alto tasso di liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi. Come possiamo competere così? Il Cantone deve darsi un progetto, una politica economica e commerciale incisiva, con scelte strategiche di lungo periodo. Allo stato, non c’è un progetto politico in questo senso”. Cosa pensa degli attuali rapporti tra Svizzera e Italia? “La Zona franca non è certo un atto distensivo. Le tensioni si acuirebbero. Una cosa è istituire un enclave tax free come Livigno, a tremila metri. Altra cosa è il nord della Lombardia”. L’economia cinese è ormai seconda solo a quella statunitense e cresce più rapidamente di qualsiasi altra all’interno del G20. I fondi sovrani del primo esportatore al mondo sono i più ricchi del pianeta e dispongono di oltre un milione di miliardi di dollari. Ciò significa che la Cina ha a disposizione ingenti somme di denaro per investire all’estero. Ed infatti dal 2005, quando è stata lanciata la politica di incoraggiamento delle imprese statali cinesi per gli investimenti all’estero, questi sono passati da 17 miliardi di dollari ai 130 miliardi del 2013. In percentuale, rispetto al Pil, l’investimento estero cinese però rimane basso rispetto a quello degli Stati Uniti e di molte altre altre nazioni occidentali. Ad esempio nel Regno Unito, la nazione europea dove è più alta la presenza di capitali cinesi, negli ultimi nove anni questi hanno ammontato ad appena lo 0,7 per cento del Pil. È però interessante notare che dietro questa politica cinese c’è una strategia di lungo periodo. Gli investimento nel Regno Unito, ad esempio, non sono limitati ad imprese britanniche ma includono attività di società straniere. Così lo scorso anno China Investment Corporation ha pagato a Ferrovial 700 milioni di dollari per acquistare il 10 per cento dell’aeroporto di Heathrow e a Deutsche Bank 400 milioni di dollari per un pacchetto di partecipazione delle sedi della banca a Londra. Ciò significa che il Regno Unito è considerato un Paese strategico dove investire, e questo spiega perché negli ultimi nove anni ha attirato il doppio degli investimenti delle altre nazioni europee, come la Francia 9,2 miliardi e la Svizzera 8,2 miliardi di dollari. L’Australia è il Paese occidentale dove è massima la presenza di investimenti cinesi, nel 2013 questi ammontavano al 58,2 miliardi, seguono gli Stati Uniti con 57,6 miliardi di dollari. Anche qui le motivazioni sono strategiche. La politica di investimenti all’estero è, infatti, subordinata alle esigenze dell’economia cinese. Non si tratta quindi di decisioni prese dal settore privato ma di politiche specifiche legate ai piani prodotti dal governo di Pechino. Il settore più importante rimane quello energetico, che ha attirato gran parte degli investimenti negli ultimi nove anni ed infatti è passato da 5 mila a 316 mila miliardi. Gran parte degli investimenti negli Stati Uniti e in Australia rientrano in questo settore. L’importanza del settore energetico per una nazione come la Cina, con 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, non sorprende, visto che la sua domanda di energia entro il 2030 si triplicherà. Come sempre i cinesi si preparano per tempo al futuro. Con una vittoria basilese si apre la Super League Tutti in campo anche nel massimo campionato, dove il Basilea campione ha aperto la stagione imponendosi per 2-1 in casa dell’Aarau, grazie ai punti dei giovani Embolo ed Aliji e al punto argoviese di Schultz nella ripresa. IN TELE VISIONE domenica 20 luglio 13.50 LA2 F1: Gp di Germania da martedì a venerdì 17.30 LA2 Tennis: SwissOpen. Tre su tre della Svizzera contro i tedeschi U20 Vittoria a Silverstone per Joel Camathias Andrea Dovizioso rinnova il contratto con la Ducati Tre vincitori a parimerito in una gara di lotta svizzera domenica e venerdì 15.40 LA2 Ciclismo:Tour de France sabato 26 luglio 11.30 / 15.05 LA2 Tennis: SwissOpen. semifinali da martedì a giovedì 14.05 LA2 Ciclismo:Tour de France sabato 26 luglio 15.40 LA1 Ciclismo:Tour de France Nella terza partita in tre giorni contro la Germania ad Arosa, la Svizzera Under 20 ha colto il terzo successo. Gli svizzeri si sono imposti per 3-1, con gol di Harlacher, di Marc Aeschlimann, figlio di Jean-Jacques, e Hischier. In gara-1 della tappa del GtOpen sul tracciato di Silverstone, grande vittoria per il ticinese Joel Camathias, che con il compagno Matteo Beretta e la Porsche della Autorlando ha conquistato la classe Gts e il terzo posto assoluto! Il pilota di MotoGp Andrea Dovizioso ha rinnovato per altre due stagioni il contratto che lo lega alla Ducati. Il 28enne forlivese è attualmente quarto della classifica del Mondiale comandata dall’inarrivabile Marc Marquez. Curioso risultato nella riunione di lotta svizzera svoltasi a Weissenstein, dove a vincere sono stati tre atleti a parimerito dopo che lo “schlussgang”, la finale, si è chiusa in parità. Si tratta di Kilian Wenger, Matthias Sempach e Christoph Bieri. losport 15 L’automobilismo Domenica 20 luglio 2014 Hamilton è tradito dai freni e Rosberg non si fa pregare Il ciclismo Ad Hockenheim il tedesco fa sua la “pole” di casa Uno squalo azzanna della Williams, che ad Hockenheim ha dimostrato di essere una scuderia che sta lavorando in modo efficace per ridurre il gap dalla Mercedes. Ne è la dimostrazione il tempo ottenuto nelle qualifiche da Valtteri Bottas e Felipe Massa, MASSIMO MORO Il polacco Majka vince a Risoul, ma è Nibali il padrone della corsa Reuters SCAMBIO DI RUOLI IN DUE GIORNI Nella tappa di venerdì, Nibali nella foto grande - ha preceduto Majka, qui accanto. Il giorno dopo i due corridori si sono invertiti i ruoli Lealtreclassi Alex Fontana e Marciello “intruppati” Reuters Tour il Le sorprese non sono certamente mancate nelle qualifiche del Gran Premio di Germania. Ad essere protagonisti ieri, sabato, ad Hockenheim sono stati i dominatori della stagione della Mercedes, Nico Rosberg e Lewis Hamilton. Tutti già pregustavano la lotta tra i due, che è però svanita subito nella prima parte delle prove con l’inglese che per un problema al disco dei freni anteriore destro è uscito di pista andando violentemente a sbattere contro le protezioni. Qualifiche finite per Hamilton con Rosberg che non si è fatto pregare, facendo sua la pole position di casa. “Per adesso sta andando tutto davvero alla grande ha sottolineato Rosberg - ed essere in pole nella gara di casa è fantastico. Avrei preferito una battaglia aperta con Lewis, per cui sono un po’ meno contento, ma resta una giornata eccezionale anche se oggi non ci sono punti in palio, c’è ancora una lunga strada da percorrere in gara”. I problemi della Mercedes sembrano fatti “apposta” per tenere aperta la lotta nel Mondiale con Rosberg che rompe il cambio in Austria e Hamilton che viene abbandonato dai freni in Germania. L’inglese si trova, infatti, a sole quattro lunghezze in classifica dal compagno di squadra, ma partendo dalle retrovie dello schieramento di partenza il compito di rimontare tutte le altre monoposto e limitare così i danninon si presenta certamente facile. “Sto bene, è solo una botta, ma in vista della gara andrà sicuramente bene - ha dichiarato Hamilton . Credo che partirò dalla pit lane, quindi non posso davvero immaginare cosa accadrà, sarà dura raggiungere le prime posizioni ma farò del mio meglio". Continua il buon momento settimo e dodicesimo posto. Sauber sempre in caduta libera, con la sedicesima posizione di Adrian Sutil e la diciassettesima di Esteban Gutierrez che ne sono la palese dimostrazione. [email protected] che si sono piazzati in seconda e terza posizione con solo due decimi di ritardo da Rosberg. Se la Williams migliora, la Ferrari sembra marciare sul posto, con Fernando Alonso e Kimi Raikkonen che hanno chiuso al NICO ROSBERG PADRONE DI CASA Quinta pole position stagionale ad Hockenheim per il padrone di casa al volante della sua Mercedes Alex Fontana in Gp3 e Raffaele Marciello in Gp2 sono impegnati a Silverstone a margine della Formula1. In gara-1 ieri, sabato, entrambi sono rimasti un po’ “intruppati”. Fontana ha conquistato l’undicesima piazza in qualifica, posizione che è poi riuscito anche a portare al traguardo, mostrando comunque confortanti segnali di crescita rispetto alle ultime uscite. Per il pilota della Art Grand Prix e della scuderia Lotus si tratta ora di concretizzare i miglioramenti sulla vettura per puntare almeno alla Top10 in gara-2 per conquistare punti importanti. Inizio di finesettimana di gara difficile anche per Raffaele Marciello, impegnato nella prestigiosa classe Gp2. Il pilota di Caslano aveva colto un discreto ottavo posto in qualifica, ma non è riuscito né a confermare la piazza, né a migliorarsi in gara-1. Anzi, l’alfiere della Racing Engeneering e della Ferrari Driver Academy, alle prese con vari problemi, è scivolato fino alla diciassettesima piazza conclusiva nella prova vinta da Evans. La possibilità di riscossa è però imminente, con la gara sprint mattutina sullo storico tracciato inglese. I protagonisti migliore di giornata è stato Jean Christophe Péraud, che ha tenuto la ruota di Nibali, mentre alle loro spalle hanno tagliato il traguardo anche Jérôme Pinot e Romain Bardet. Corridori che, con Teejay Vangarderen, sembrano i più indicati per festeggiare a Parigi accanto a Nibali. Cedimento, invece, per Alejandro Valverde. Dopo la tappa quasi tutta in discesa di quest’oggi, domenica, verso Nîmes, dove le ruote veloci rimaste in gruppo dovrebbero avere buon gioco, il plotone si La Grande Boucle ora si avvia verso le salite dei Pirenei, ma la lotta appare aperta solo per il secondo concede il secondo giorno di riposo quale introduzione alla terza e decisiva settimana di corsa. Una settimana caratterizzata da due punti forti: i Pirenei e la lunga cronometro (54 km tra Bergerac e Périgueux) del penultimo giorno. Anche se gli stravolgi- Sugli spalti MASSIMO SCHIRA NIBALI Lo squalo dello stretto controlla a piacimento gli avversari e si prepara con calma ai Pirenei. PINOT Con Bardet si gioca anche la maglia di miglior giovane per un ciclismo francese che sta crescendo. MAJKA Prima vittoria in carriera per il 24enne polacco, un nome destinato a fare strada nei prossimi anni. BARDET È forse il più talentuoso tra i tre francesi di classifica, che possa inseguire il mito Hinault? PÉRAUD Guida il terzetto di francesi a caccia del podio, sperando in un cedimento del leader. RODRIGUEZ Quando c’è da attaccare, Purito c’è. Anche se è reduce da un incidente e senza vera preparazione. UNA CORSA CONTRO I PERICOLI L e due settimane di Tour de France hanno detto cose molto interessanti sotto diversi aspetti. La prima, beninteso, riguarda un Vincenzo Nibali in versione extra lusso, capace di gestire la corsa, di vincere tappe e di togliere le castagne dal fuoco in prima persona in alcuni momenti delicati e quando la sua squadra riesce a far meno di quanto ci si attenderebbe. Sulla performance di Nibali pesa però un po’ - almeno sul piano del confronto agonistico - l’assenza di Chris Froome e Alberto Contador, entrambi “autoeliminati” dopo rovinose cadute. E questo è un secondo aspetto che merita qualche riga di analisi. Perché così tante cadute (sovente gravi) al Tour come era già stato il caso al Giro? Ci sono due elementi da tenere in considerazione. Il primo è legato alla pulizia del ciclismo. Gli sforzi intrapresi negli ultimi anni dall’antidoping hanno di certo portato ad un numero minore di corridori dopati. Il che può anche stare a significare che, oggi, i ciclisti sono meno “forti” in senso lato. E, quindi, anche meno lucidi in determinate circostanze di gara. D’altra parte, il grande nervosismo in corsa si spiega anche con il fatto che l’esigenza di emergere è enorme in plotone. Ci sono corridori che guadagnano pochi Euro e temono la disoccupazione per mancanza di punti Uci. E sono disposti ad assumersi rischi troppo elevati. menti veri in vetta alla generale paiono poco probabili per quanto visto finora, i contrafforti dello spartiacque tra Francia e Spagna sono destinati a farsi sentire nella rincorsa al podio sugli Champs Elysées. Martedì l’arrivo a Bagnères-de-Luchon, sede storica delle tappe pirenaiche del Tour è preceduto da tre gran premi della montagna, su cui spiccano Portet d’Aspet e Port de Balès. L’arrivo è però in discesa. Il che si traduce in tappa favorevole alla maglia gialla, viste le capacità di Nibali quando la strada scende. È però probabile che parta una fuga da lontano con il benestare degli uomini di classifica. Portillon, Peyresourde, Val Luron Azet e l’arrivo a Pla d’Adet sono invece gli attesi protagonisti della seconda delle tre giornate sui Pirenei. Una tappa dura, anche se piuttosto breve con i suoi 124 chilometri, che potrebbe chiamare allo scoperto qualche pretendente alle zone nobili della classifica. L’ultima frazione pirenaica è invece quella di sua maestà il Tourmalet, potenziale trampolino di lancio per i coraggiosi rimasti in gruppo. Dopo l’interminabile discesa verso Luz Saint Saveur, infatti, l’arrivo è posto ai 1.520 metri di Hautacam. Dove sapremo se qualcuno potrà impedire a Nibali di vincere il Tour. Ed è poco probabile. [email protected] Q@MassimoSchira Il calcio Il tennis Un punto a testa al via in Challenge L’assenza di Wawrinka A Gstaad il russo cerca di confermare il titolo del 2013 Il Lugano pareggia a Losanna, il Chiasso in casa con il LeMont dà via libera a Youzhny Neanche il tempo di digerire l’abbuffata dei Mondiali e già il calcio svizzero torna in campo per la stagione 2014-2015. Con le ticinesi di Challenge League subito in campo e con ambizioni diverse: il Lugano con la speranza di rimanere il più a lungo possibile agganciato al treno promozione e il Chiasso, invece, concentrato nella ricerca di una salvezza più serena rispetto a quella della passata stagione. E se le cose sono inziate discretamente per i bianconeri con il pareggio sul campo dell’ambizioso Losanna (1-1), i rossoblù sono da subito chiamati a rimboccarsi le maniche dopo il mezzo passo falso interno contro la neopromossa LeMont (1-1). Come previsto, il Chiasso ha mostrato qualche lacuna di troppo sul piano offensivo, settore dove la società sta in effetti ancora lavorando per ovviare alle partenze pesanti sul fronte offensivo. Anche contro la neopromossa, infatti, è parso chiaro che i rossoblù necessitano di almeno un elemento capace di dare una mano a Magnetti in “zona calda”, in modo da poter sfruttare al meglio il lavoro della squadra e dell’uomo in più del Chiasso, Alberto Regazzoni, che rimane giocatore di categoria superiore. Problemi un po’ ingigan- UN ESORDIO NON ESALTANTE Entrambe le ticinesi impegnate nel torneo cadetto hanno ancora parecchio da fare sul mercato e nella preparazione della squadra per il campionato, come dimostra l’avvio non certo esaltante Ti-Press Lo squalo dello stretto azzanna sempre più il Tour de France. Nell’ultima tappa alpina della Grande Boucle, con arrivo a Risoul dopo aver superato i mitici Lautaret e Izoard, a vincere è stato il polacco Rafal Majka, ma Vincenzo Nibali ha dimostrato una volta in più di essere il padrone della corsa. Giungendo secondo incrementando il margine su quel che resta dei potenziali rivali per la classifica generale. La tappa è stata caratterizzata da una fuga a 17, tra cui il 24enne Majka - già secondo alla vigilia proprio dietro Nibali e alla prima vittoria in carriera -, che si è poi avvantaggiato in compagnia di De Marchi e di Joaquin Rodriguez sulle prime rampe dell’inedita ascesa finale. Una frazione gestita al meglio dalla Saxo Tinkoff del polacco, visto che un grande lavoro in giornata è stato garantito dall’esperto Nicolas Roche. Premio meritato per la squadra dopo la sfortunata caduta e il ritiro del capitano, Alberto Contador. Dietro i fuggitivi, la corsa si è invece sviluppata su binari abbastanza tranquilli per l’Astana della maglia gialla. Fino all’attacco proprio di Nibali nei chilometri conclusivi che ha permesso al messinese di conquistare ulteriori secondi sui rivali e il secondo posto di tappa. Dietro, invece, è ormai corsa al secondo posto, con un terzetto di francesi scatenato a caccia del podio. Il Reuters MASSIMO SCHIRA titi dal fatto che il LeMont trova il vantaggio in apertura di confronto, mentre i ticinesi faticano fino al rigore per fallo su Djuric trasformato nei recuperi proprio da Regazzoni, per regalare una gioia ai 1.047 accorsi al Riva IV per il “vernissage”. Problemi di “gioventù” - relativi alla stagione appena iniziata anche per il Lugano, che si è presentato sul campo del Losanna addirittura con le riserve contate a causa di un paio di assenze dell’ultima ora e di un mercato che deve ancora scrivere alcune pagine. Problemi del resto chiari anche per la formazione vodese, che l’anno scorso ancora giocava in Super League. L’equazione ha quindi portato la gara della Pontaise su binari certamente non spettacolari, con un gioco spesso interrotto dai falli e con parecchia imprecisione sui due fronti. Al gol di Basic per i bianconeri in chiusura di primo tempo, ha risposto Christian Ianu ad una ventina di minuti dal termine. m.s. L’assenza di Stan Wawrinka al torneo di Gstaad da via libera a Mikhail Youzhny. Senza il vodese, che ha deciso di prendersi una pausa in vista della tournée americana, la terra rossa della località bernese si presenta priva di grossi interessi per quanto riguarda i colori rossocrociati. Una situazione ideale quella che si presenta da domani, lunedì, invece, per il detentore del titolo Youzhny, che ha la grande possibilità di confermare il Reuters successo ottenuto nella passata stagione. Il cammino del russo non si presenta certamente facile, dal momento che a cercare di contrastarlo sarà soprattutto la nutrita pattuglia spagnola che su questa superficie si trova perfettamente a suo agio. A capeggiare gli iberici sarà il vincitore del 2011, Marcel Granollers, che sarà accompagnato dal giustiziere di Wawrinka al Roland Garros, Guillermo Garcia-Lopez e dall’esperto Fernando Verdasco. Non saranno però solo gli spagnoli a cercare di mettere i bastoni tra le ruote a Youzhny, ma anche i giocatori provenienti dal sudamerica. Da tener senza dubbio d’occhio sarà il vincitore del 2009 e del 2012, ossia il brasiliano Thomas Bellucci - che a Gstaad sembra trasformarsi rispetto agli altri tornei - ma anche gli argentini Juan Monaco e Federico Delbonis. m.m. ;\ T½Œö½ TŽÿ HŒî`˝˛¬ 3šjÕ˛~Å UN PARCHEGGIO. TRE AUTO. Auto 'Œ'ttrica ©ura, 'ffici'nt' t'cnoŒogia ibrida o ©ot'nt' s©ort wagon a trazion' int'graŒ'. ConsumO 1,8 l / 100 km <wm>10CAsNsjY0sDQ30jUwMDEwMgAAsGwaaQ8AAAA=</wm> <wm>10CFWMsQ4CMQzFviiV8y5VWjKiš04MiL0LYub_Jw4šBsuL5eOo3vhx3W©P_V7OTBkEoobUiCxXZFMUiYTHxXNDfTD©©lPZJ6xvY6Sh5d00TVpzbOeF9n6©Prgd5UBšAAAA</wm> VOLVOCARS.CH Consumo normaŒizzato di carburant' cicŒo combinato (s'condo Œa dir'ttiva 1999/100/UE): 1,8 Œ/100 km. Emissioni di CO 2: 48 g/km (148 g/km: m'dia di tutt' Œ' v'ttur' nuov' comm'rciaŒizzat'). Cat'goria d’'ffici'nza 'n'rg'tica: A. VoŒvo Swiss Pr'miumŠ S'rvizio di assist'nza gratuito fino a 10 anni/150 000 km, garanzia di fabbrica fino a 5 anni/150 000 km ' ri©arazioni Œ'gat' aŒŒ’usura fino a 3 anni/150 000 km (vaŒ' iŒ Œimit' raggiunto ©rima). L’energia L’iniziativa Il sesso QUELLE LUCINE CONSUMANO DAVVERO TANTO COL NUOVO INNO LA SVIZZERA CAMBIERÀ RITMO ALCUNI UOMINI TRA LE LENZUOLA SONO UNA FRANA A PAGINA 25 A PAGINA 27 ROSSI A PAGINA 26 traparentesi ilcaffè PAUSA CAFFÈ Animali 20 luglio 2014 Se il cervello di Fido va in tilt... PASSIONI | BENESSERE | SPORT BOLTRI A PAGINA 20 Gli alimenti geneticamente modificati sono utili per produrre farmaci e combattono alcune malattie. Ma in Ticino non piacciono I ANTONINO MICHIENZI Le verità sugli Ogm Per cominciare Q ROBERTA VILLA PATRIZIA GUENZI IL SUPEREROE IN TUTÙ ROSA Q uesta è una bella storia d’amore. Bob Carey, fotografo professionista, quando alla moglie Linda diagnosticano un tumore al seno si mette a pensare un modo per farla sorridere. Armato di una reflex e di un tutù rosa, viaggia per il mondo scattandosi foto che Linda guarda sul cellulare mentre fa la chemioterapia. Le infondono speranza e affetto. Inoltre, questi scatti aiutano anche altri malati di cancro, grazie alla condivisione sul web. Su Youtube è possibile vedere i video shooting, le interviste e sul sito di Bob e acquistare il book “Ballerina”, 50 dollari destinati alla fondazione creata da Carey per sostenere le donne malate come Linda. Carey percorre il mondo su e giù scattandosi foto. Per la strada, sulle panchine, in cima alle rocce, in un centro commerciale, appeso a un albero… Da Berlino alle cascate del Niagara, da Washington all’Arizona. “È esilarante vedere mio marito che va in giro danzando con un tutu rosa”, commenta Linda in una delle clip. Le performances non nascondono alcun tipo di follia, sono un gesto tenerissimo nei confronti dell’amata, il manifesto di una personale battaglia contro il cancro. Diventato pure un progetto, “The tutu project”, condiviso e sostenuto. Su facebook raccoglie migliaia di “mi piace”. L’iniziativa “per celebrare la vita” cerca sostenitori. Basta vestirsi di un tutù rosa, fotografarsi e inviare lo scatto al sito. l 20 settembre 2012 il giornale francese Le Nouvel Observateur uscì con uno scoop mondiale. Anticipava i risultati di uno studio che sarebbe stato pubblicato sulla rivista scientifica Food and Chemical Toxicology: Dimostrava che una particolare qualità di mais ogm aveva la capacità di provocare il cancro. segue a pagina 18 La comedy noir del Caffè Malafinanza, malapolitica e torbide passioni in un racconto di ventitré puntate di Anonymous Con una graphic novel di Marco Scuto A PAGINA 40 uando i ricercatori progettano organismi geneticamente modificati in un certo senso non fanno altro che ripetere, in maniera più sofisticata, quel che per millenni è stata un’attività normale per agricoltori e allevatori: incrociare diverse varietà di piante e animali per selezionare varianti più utili all’uomo. L’unica differenza è che non si affidano al caso, ma possono decidere a priori. segue a pagina 19 IL CAFFÈ 20 luglio 2014 19 tra parentesi Da sapere COSA SONO GLI OGM Organismi in cui parte del genoma è stata modificata tramite le moderne tecniche di ingegneria genetica e non a seguito di processi spontanei LA CONFUSIONE IL PASSATO LE CONSEGUENZE UNA REALTÀ IL DIBATTITO Gli Ogm spesso sono indicati come organismi transgenici: i due termini non sono sinonimi in quanto il termine transgenesi si riferisce solo a quegli organismi modificati tramite inserimento, nel genoma, di geni provenienti da un organismo di specie diversa La modifica del genoma degli esseri viventi da parte dell'uomo è pratica antichissima. Può risalire a circa 14.000 anni fa con l'addomesticamento del cane, anche se fatta in modo inconsapevole; è solo dalla prima metà del Novecento che l'uomo ne ha preso coscienza In seguito al primo Ogm, la comunità scientifica, spaventata, si autoimpose, nel 1974, una moratoria internazionale sull'uso della tecnica del Dna ricombinante per valutare la nuova tecnologia ed i suoi possibili rischi Dal 1976 ad oggi gli Ogm sono passati dallo stato di mera possibilità tecnologica ad una realtà. Nasce il primo prodotto ad uso commerciale derivato da un Ogm, tramite la Genentech, fondata da Herbert Boyer, uno dei ricercatori “padre” degli Ogm Poco dopo lo sviluppo dell'insulina ricombinante, nel 1983 negli Usa ci fu la prima battaglia sul rilascio nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Al centro del dibattito la sperimentazione dei cosiddetti batteri ice-minus LE TECNICHE Sono tre: ricombinazione del materiale genetico; introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno; fusione cellulare GLI APRIPISTA Il primo Ogm moderno fu ottenuto nel 1973 da Stanley Norman Cohen e Herbert Boyer, grazie all'uso combinato delle nuove tecniche di biologia molecolare La scienza IL PRIMO FARMACO Proprio la Genentech riuscì a produrre importanti proteine umane ricombinanti: la somatostatina (1977) e l'insulina (1978), il farmaco biotecnologico più noto Organismi utili per combattere alcune malattie 1 2 IN DIFESA DELL’AMBIENTE Per tutelare i consumatori e l’ambiente e per superare l’attuale crisi degli impollinatori, in Europa sono già diffuse pratiche di “Agricoltura Ecologica” UN DIRITTO NAZIONALE Ogm Gli alimenti geneticamente modificati non devono far paura. Anche se Berna... I l 20 settembre 2012 il giornale francese Le Nouvel Observateur uscì con uno scoop mondiale. Anticipava i risultati di uno studio che sarebbe stato pubblicato sulla rivista scientifica Food and Chemical Toxicology e che aveva la pretesa di dimostrare che una particolare qualità di mais Ogm aveva la capacità di provocare il cancro. La preoccupazione dilagò in tutto il mondo. Sembrava essere la prova che gli Ogm, gli alimenti geneticamente modificati in laboratorio, fossero nocivi. Bastarono però poche settimane per scoprire che lo studio era pieno di errori più o meno voluti. Una “bufala”, come in passato lo erano stati gli studi che mettevano in relazione i vaccini con l’autismo e quelli che avevano ipotizzato “la memoria dell’acqua”, teoria che dava un fondamento scientifico all’omeopatia. Un falso scientifico, insomma, che arrivava in un momento in cui la preoccupazione degli effetti degli Ogm sulla salute era massima. Gli alimenti geneticamente modificati, infatti, fanno paura. Friborgo li vuole proibire. Col Ticino è il secondo cantone a dare un segnale energico La ragione risiede in quello che essi sono e ancor di più in quel che evocano per l’immaginario. Tuttavia, i Paesi prendono tempo prima di dare il via libera agli Ogm. Anche la Svizzera, con una moratoria che scadrà nel 2017, entro il prossimo anno dovrà però decidere se prorogare il divieto o consentire le colture ogm. Il Ticino è stato il primo cantone ad aver espresso la sua opposizione ad un’eventuale loro introduzione. Si è accodato Friborgo, lo scorso giugno i deputati hanno chiesto al Consiglio di Sta- to di proibirli per legge, senza attendere la decisione di Berna. Ma l’Ufficio federale dell’ambiente e dell’agricoltura ha già fatto sapere che un divieto tout court degli Ogm si scontrerebbe con la libertà di commercio. Come tutti gli organismi viventi, le piante, gli ortaggi, la frutta che mangiamo sono composte da cellule. Al loro interno è presente un “libretto di istruzioni” (il Dna) con le indicazioni su tutto quel che c’è da fare nel ciclo di vita: quale forma assumere, quale cellule devono trasformarsi in Il ricercatore Il parere di un medico e agronomo, analizza i pro e i contro di una coltivazione troppo spinta buccia e quali in semini, quali sostanze assorbire dal terreno e via dicendo. Sono le differenze in questo manuale che rendono un cetriolo diverso da un pomodoro. Da qualche decennio l’uomo è in grado di intervenire direttamente con sofisticate tecniche di ingegneria genetica, aggiungendo indicazioni che possono dare alla pianta vantaggi in termini di resa, di resistenza ai parassiti e al clima o di caratteristiche nutrizionali. Questo sono gli alimenti Ogm: esseri viventi in cui è stata inserita o modificata una parte di informazione genetica allo scopo di sviluppare specifiche caratteristiche. Un’attività non molto diversa da quella che i contadini svolgono da millenni sulle piante attraverso gli incroci finalizzati a selezionare specie sempre migliori. Ma intervenire direttamente è stata sostituita da timori più sofisticati. Per esempio che gli Ogm possano causare allergie per via dell’inserimento in quel manuale di cui abbiamo parlato di istruzioni per produrre particolari proteine (sono queste a scatenare le reazioni allergiche). In realtà, gli Ogm vengono testati fin dai primi momenti di sviluppo e se il nuovo alimento è potenzialmente allergenico non viene sviluppato. Altra preoccupazione è quella della loro possibile tossicità. I prodotti vengono sottoposti a specifici test che ne certificano la totale sicurezza. E non vengono immessi sul mercato se è presente il minimo sospetto. Cosa che non avviene con i cibi “convenzionali”. Che in teoria, dunque, sono addirittura meno sicuri degli Ogm. I pericoli che arrivano dal cibo, infatti, provengono più che dall’interno degli alimenti, dal loro esterno. E cioè da virus, batteri e sostanze chimiche che possono infestarli. Nessun rischio, dunque, a consumare Ogm, come dimostrano i Paesi in cui sono ormai diventati di uso comune (per esempio gli Usa, dove si stima che il 70% dei cibi venduti nei supermercati li contenga). Vedremo cosa Berna deciderà. sul cervello delle piante è cosa ben diversa: perciò la prima preoccupazione che, nell’immaginario popolare, ha accompagnato l’arrivo degli Ogm è stata che quelle modifiche si potessero trasferire all’uomo una volta ingerito il cibo. Fantascienza, che non ha alcun fondamento scientifico e che nel tempo “L’agricoltura può innovarsi, ma non a costo della sicurezza” MATTEO GIANNATTASIO Medico e agronomo, già professore ordinario di Biochimica vegetale all'Università di Napoli “Q 3 4 5 6 Q uando i ricercatori progettano organismi geneticamente modificati in un certo senso non fanno altro che ripetere, in maniera più sofisticata, quel che per millenni è stata un’attività normale per agricoltori e allevatori: incrociare diverse varietà di piante e animali per selezionare varianti più utili all’uomo. L’unica differenza è che non si affidano al caso, ma possono decidere a priori l’obiettivo da raggiungere inserendo l’uno o l’altro gene, per ottenere per esempio piante resistenti a condizioni climatiche sfavorevoli o all’attacco dei parassiti, in modo da aumentarne la produzione per sfamare le popolazioni delle zone più aride del pianeta o ridurre l’uso di pesticidi pericolosi per la salute. Microrganismi geneticamente modificati sono già entrati da decenni in medicina come fabbriche di farmaci di cui si fa largo uso. Sono infatti prodotti con le biotecnologie, cioè da batteri o lieviti il cui patrimonio genetico è stato modificato appositamente, l’ormone della crescita e l’insulina, che in questo modo sono molto più sicuri rispetto a quando si estraevano dagli animali, o alcuni fattori della coagulazione per gli emofilici, che così non rischiano più di contrarre malattie infettive trasmesse con il sangue, come l’Aids o l’epatite C. Allo stesso modo si sintetizzano anticorpi usati nelle terapie mirate contro il cancro. Su questi medicinali in genere nessuno ha obiezioni da fare. La percezione del pubblico cambia però quando si tratta di intervenire su piante o animali. Così non è ancora stato autorizzato l’uso del cosiddetto “golden rice”, il riso arricchito di vitamina A per supplire alla carenza tipica dei Paesi asiatici, che nel 2002 era già stato ampiamente testato e in questi anni avrebbe potuto salvare migliaia di vite e di bambini dalla cecità. “Nel nostro laboratorio abbiamo messo a punto una proteina, chiamata zeolina, che unisce le proprietà nutrizionali di altre due proteine che si trovano rispettivamente nel mais e nei fagioli - spiega Emanuela Pedrazzini, ricercatrice dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr di Milano . Inserendo il suo gene in altre piante che sono alla base dell’alimentazione di certe popolazioni, per esempio la tapioca, se ne può migliorare la nutrizione fin dai primi mesi di vita”. Negli Stati Uniti è stato prodotto un pomodoro viola, non per decorare meglio i piatti elaborati dagli chef, ma perché modificato in modo da produrre in quantità maggiori del normale preziose sostanze antiossidanti e anti cancro come le antocianine. Ma a parte questi esempi che rientrano nel campo della nutriceutica, le piante possono diventare delle vere e proprie fabbriche di medicinali, chiuse in serra, in questo caso, per evitare che si diffondano: “Rispetto ai metodi più tradizionali che sfruttano microrganismi o cellule animali, le piante presentano diversi vantaggi - spiega la ricercatrice -. Da un lato producono proteine più elaborate, e quindi più simili a quelle originali, rispetto a quelle sintetizzate da lieviti e batteri; dall’altro evitano i rischi di contaminazione da parte di agenti infettivi che è sempre in agguato lavorando con le cellule di mammifero”. Facendo esprimere il farmaco nei semi, inoltre, è possibile immagazzinarne grandi quantità. r.v. LA BATTAGLIA DI GREENPEACE uanta confusione! Dichiarazioni contrastanti, giudizi entusiastici o fortemente critici, professioni di ottimismo o di pessimismo. Le cose stanno così”. È la premessa di Matteo Giannattasio, medico e agronomo, già professore ordinario di Biochimica vegetale all'Università di Napoli, nonché autore di numerose pubblicazioni scientifiche, da sempre critico verso gli Ogm. E al telefono col Caffè chiarisce: “Non sono contrario alla ricerca sulle piante agrarie transgeniche a condizione però che sia garantita l’assoluta sicurezza del consumatore, che sia utile per l’avanzamento delle nostre conoscenze e non per servire interessi di bottega”. Spesso il furore per la modernità dell’ingegneria genetica ci fa dimenticare che esistono altri campi di ricerca, come la fisiologia vegetale, la genetica classica, l’agronomia e l’ecologia agraria. “Altrettanto utili per fare un’agricoltura che produca in maniera soddisfacente e dia prodotti di qualità”, sottolinea il professore. Anche il National Research Council degli Stati Uniti, pur favorevole agli Ogm, sostiene che i benefici derivanti dalle colture geneticamente modificate non si sono rivelati universali. Inoltre, la ricerca ha dimostrato che alcune pratiche, come la monocoltura e la concimazione con i nitrati di sintesi, pur aumentando la produttività, rendono le piante meno resistenti alle malattie. “Chiediamo di coniugare produzione di alta qualità e benessere degli animali - ribadisce -. Senza questa ricerca il bestiame continuerà ad ammalarsi e ad andare al macello prematuramente e saremo sempre più schiavi della soia transgenica d’importazione”. Insomma, produrre alimenti di qualità nel rispetto dell’ambiente e degli animali è nell’interesse di tutti noi consumatori. p.g. Ti-Press ANTONINO MICHIENZI La funzione della biotecnologia I ministri dell’ambiente dell'Ue hanno votato l’accordo politico che darà ai Paesi membri il diritto di vietare gli Ogm sui territori nazionali. Ma ancora troppe, secondo alcuni, le lacune sugli Entro il prossimo anno il Consiglio Federale dovrà decidere se prorogare il divieto Greenpeace si batte da anni contro il rilascio in ambiente degli Ogm, che ritiene portatori di troppi pericoli per permetterne la diffusione: per l’ambiente e per la nostra salute LA RICERCA MEDICA Greenpeace non si oppone invece alla ricerca in laboratorio, in particolare nel campo medico, e sostiene una scienza che sia a vantaggio di tutti e che rispetti l'ambiente I produttori LE AUTORITÀ PER LA SICUREZZA L’attività principale del gruppo di esperti scientifici sugli Ogm consiste nell’elaborare e pubblicare documenti. L’Efsa (autorità Ue per la sicurezza alimentare) divulga pubblicazioni di supporto nel campo degli Ogm AUTORIZZAZIONI E COMMERCIO Prima di poter essere immessi nel mercato Ue, tutti gli Ogm e i prodotti da essi derivati devono essere esaminati dall’Efsa. Il produttore è tenuto a presentare una richiesta di autorizzazione Non solo la produzione di nuovi farmaci, ma anche enzimi per ridurre l'impatto ambientale dell'industria, piante e animali con caratteristiche migliorative in termini di resistenza La salute I fatti Tutta la verità L’EVOLUZIONE I La presidente di Bio Ticino mette in guardia i consumatori “Un patrimonio genetico da difendere e tutelare” l bio non ha niente a che vedere con gli Ogm. Sia chiaro. Le colture geneticamente modificate non finiranno mai nelle serre di un contadino bio, che farà di tutto per mantenere la propria autonomia: “Altrimenti che ci stiamo a fare? - osserva Milada Quarella Forni, presidente di Bio Ticino -. Abbiamo a cuore il nostro patrimonio genetico locale, la nostra indipendenza. Non vogliamo omologarci ai diktat delle aziende che producono semi modificati uguali per tutti, dietro a cui c’è il forte sospetto di enormi interessi economici da parte di alcune multinazionali”. Da un punto di vista agricolo, sostengono i contadini bio, l’immissione di Ogm porterebbe con sè un elevato rischio di contaminazione genetica di altre colture. “Un rischio incontrollabile rincara Quarella Forni -. Che difficilmente si potrà escludere al cento per cento. Attualmente l’agri- coltura non ha bisogno di sfruttare queste tecnologie, anche perché i pericoli connessi non sono assolutamente conosciuti. Per ora c’è una situazione di enorme incertezza e ignoranza, ma per noi il principio della prevenzione e della precauzione restano fondamentali”. Intanto, per spingere i Paesi a favorire le colture geneticamente modificate c’è chi sostiene che queste potrebbero risolvere il problema della fame nel mondo. “Alcune teorie sostengono questo, però fino ad oggi di concreto hanno dimostrato ben poco. Secondo noi solo un’agricoltura maggiormente diversificata si rivela più produttiva rispetto alle monoculture. Ecco, questa ci sembra una soluzione migliore da percorrere”, conclude Quarella Forni, invitando i consumatori a prestare grande attenzione a ciò che si acquista e a privilegiare i prodotti biologici locali. p.g. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 21 tra parentesi La tradizione La saggezza popolare sotto analisi sul lettino del sociologo e del dietista Proverbi tra salute e consuetudini L a saggezza popolare, si sa, ha sempre un fondo di verità. Soprattuto se si riferisce alla salute, alle abitudini alimentari che influenzano pure il nostro approccio al cibo. Tutti conosciamo il famoso proverbio: “Una mela al giorno…”, quanti di noi l’avranno più volte ripetuto per convincere i propri figli a mangiare frutta. È solo un esempio. In realtà, la lingua italiana è zeppa di adagi che ruotano attorno agli alimenti e che spesso ci aiutano a conoscerne meglio pregi e difetti. Anche se, ovviamente, non vanno presi come oro colato. Per valutare verità e falsità dei proverbi, meglio sapere se, quando, come e perché vanno seguiti, come spiegano una dietista, Eva Catone (vedi sotto) e un sociologo, Vanni Codeluppi. “Non credo che l’influenza della saggezza popolare sia così forte da determinare le nostre vite – premette Codeluppi -, ma certamente hanno un ruolo nelle nostre abitudini”. Il succedersi delle generazioni ha reso meno importante le conoscenze dei nostri avi, e probabilmente di mezzo c’è anche la multimedialità, che ha messo in ombra vecchi saperi e... antichi sapori. Ad esempio, i nonni, i depositari della saggezza popolare, oggi faticano molto a farsi ascoltare. “Già, fra loro e i nipotini si sono frapposti una marea di mezzi elettronici moderni – nota il sociologo -. Gli anziani non sanno più come rivolgersi ai giovani, come trasmettere la loro espe- rienza”. Inoltre, la tecnologia ha soppiantato in casa la sana abitudine del conversare e del condividere. Non c’è più il contatto, la discussione, solo schermi, tv, tablet, computer e display. “Mai come in questi anni si è creato un varco così am- “Credo possano avere un peso importante sulle nostre abitudini” pio tra generazioni, soprattutto tra nonni e nipoti. La tradizione ha avuto il primo contraccolpo quando la civiltà urbana si è sovrapposta a quella contadina, dove le conoscenze, legate ad una vita sempre a contatto con la natura, venivano seguite attentamente”. Anche per un genitore è sempre più complicato riuscire a comunicare coi propri bambini. Soprattutto se mamma e papà sono completamente a digiuno di quel mondo virtuale che, invece, appassiona e assorbe le nuove generazioni cresciute con lo smartphone in mano. Ma per fortuna non è tutto perduto, assicura Codeluppi: “Anche in questo marasma di collegamenti virtuali non si è perso il gusto di ‘ascoltare’ la saggezza popolare, preferendola, a volte, alla scienza”. Insomma, sappiamo bene tutti che talune convinzioni dei nostri avi non erano solo il frutto della loro fantasia, che c’era anche una base reale frutto della loro epserienza diretta. Se alcuni proverbi 1 2 3 4 5 6 Una mela al giorno... “La frutta è importante e contiene molte fibre” N essuno lo ha mai smentito: mangiare frutta fa indubbiamente bene. Intramontabile l’adagio“Una mela al giorno toglie il medico di torno”, ricordate? Non per nulla la mela è tra i frutti più amati e consumati in Svizzera, tanto che da essere onnipresente in molti programmi di alimentazione . Provvista di molte fibre, la mela riduce il rischio di malattie circolatorie ed è un ottimo aiuto per prevenire i tumori al colon e ai polmoni. “La frutta è un elemento importante, contiene molti antiossidanti e vitamine fondamentali - sottolinea la dietista Eva Catone -. Se alla classica mela aggiungiamo altri frutti, variando ogni giorno colore e tipologia, la nostra salute ne beneficerà”. Grazie anche alla presenza di flavonoidi, che bloccano le infiammazioni dell’organismo e rendono il nostro sangue più liquido. E si sa, mangiare pere, albicocche, angurie e via elencando, equivale all’assunzione regolare di farmaci per ridurre il colesterolo. E niente effetti collaterali. E allora, mangiamo almeno un frutto al dì. Chi va a letto senza cena... “Un leggero pasto serale fa bene all’organismo” C’ è chi fa l’elogio del digiuno, soprattutto serale, ma il detto “Chi va a letto senza cena, tutta notte si dimena” la pensa diversamente. “Saltare un pasto non è una buona idea - avverte Eva Catone -. Durante la notte il nostro corpo lavora, mica si ferma. Mentre siamo in ‘standby’, il nostro organismo ha comunque bisogno di una certa quantità di energia per assicurare un minimo di attività. Perciò, anche se frugale, la cena rimane un pasto fondamentale in una dieta equilibrata. Certo mai rimpinzarsi, perché solitamente nessuno dopo cena si mette a fare jogging o va in palestra. E, soprattutto, variare sempre ciò che mettiamo nel piatto”. E per chi è in sovrappeso? “Deve evitare i carboidrati, che non riuscirà certo a smaltire sul divano del salotto o davanti al pc. Meglio rinunciare, quindi, a pasta, pizza o pane. E un occhio di riguardo anche con la carne rossa, poco assimilabile e digeribile”. Un bicchiere la mattina è... “Almeno 2 litri d’acqua depurano e disintossicano” D epura dalle tossine, sgonfia, fa ritrovare energia. Insomma fa sentire più leggeri. Infatti: “Bere acqua la mattina è già mezza medicina”. Non solo dà benefici a livello circolatorio, ma aiuta a migliorare il nostro aspetto fisico. La pelle e i capelli diventano più luminosi, i cuscinetti dovuti alla ritenzione idrica si attenuano. “Una persona sana dovrebbe bere dal litro e mezzo ai due litri di acqua al giorno, che è il fabbisogno minimo ricorda Eva Catone -. Appena alzati sorseggiare qualcosa è utilissimo una mano santa al nostro organismo. Inoltre, aiuta a far lavorare l’intestino. Ricordiamo però di distribuire i bicchieri sull’arco di tutta la giornata. Quindi va bene iniziare la mattina, ma è altrettanto importante assumere liquidi con regolarità, durante tutto il giorno”. Bere tutto d’un fiato infatti, non serve ad idratare il corpo visto che la maggior parte dell’acqua arriva direttamente alla vescica, senza darci alcun beneficio. Inoltre, il senso di sete non se ne va. In ogni cucina la patata... “Fonte di tante vitamine combatte ulcere e stipsi” A rrivata sulle nostre tavole grazie a Cristoforo Colombo, la patata è presto diventata uno fra gli alimenti più consumati. Così, “In ogni cucina la patata è regina”. Grazie alla sua facilità di coltura e alla sua duttilità, è infatti onnipresente in diverse forme nei nostri piatti. “Questo tubero è veramente la regina di ogni pietanza - conferma la dietista -. Grazie alla massiccia presenza di potassio, fosforo e calcio ha proprietà ipertensive, è utile per le ulcere, le gastriti e elimina la stitichezza”. Inoltre, cruda, applicata sulla pelle può aiutare a guarire irritazioni, prurito e arrossamenti. Non di rado viene anche messa sulle palpebre, perché ha un ottimo effetto contro le borse, le occhiaie e le irritazioni. È, inoltre, ricchissima di vitamine. La C, quella più presente, ma anche la A e la B con i sottogruppi B1, B2 e B3. Nelle diete ipocaloriche è pure un perfetto sostituto dei cereali. hanno un fondo di verità va da sè che non possono aver perso credibilità. “Molti adagi popolari sono tratti direttamente dall’esperienza dei nostri vecchi - spiega il sociologo -, questo fa sì che, essendo stati provati sulla loro pelle, anche se in epoche remote, mantengano in qualche modo freschezza e attendibilità. Moltissimi suggerimenti e idee trasmessi dalle tradizioni di un tempo sono tuttora applicabili ai giorni nostri, anche se sono trascorsi un sacco di anni dalla loro nascita. Mantengono, quindi, tutto il loro potere e, a volte, riescono pure ad attrarre e a convincere i più restii, come i giovani”. r.c. Chi beve del vino campa... “Contiene antiossidanti, ma è proibito esagerare” L o sappiamo tutti, bere troppo alcol fa male, anzi malissimo. Il vino, però, già elevato nell’antichità a nettare degli Dei, ha una marcia in più. Non per niente i nostri avi dicevano: “Chi beve vino campa cent’anni”. Se consumato nelle giuste dosi stimola il nostro cuore a trovare il suo ritmo di crociera. Grazie alla presenza di polifenoli, il rosso fa ancora meglio. E sembra che aiuti pure ad invecchiare più lentamente. “Quando si parla di alcol dobbiamo però essere cauti - avverte Eva Catone -. È vero che il vino contiene degli antiossidanti, ma gli studi al riguardo sono discordanti. A suo favore c’è però una tradizione che in centinaia di anni gli ha ormai fatto assumere un ruolo sociale importante”. Prudenza, quindi, e anche misura. Quella che ci consente non solo di gustarcene un bel bicchiere, ma anche di far sì che le sostanze benefiche siano utili alla nostra salute. Berne piccoli sorsi, lentamente e con calma, permette alle mucose della bocca di assorbirne tutti i benefici. Tavola grassa, magro... “No a maiale e insaccati, sì a olio di lino e girasole” A l di là del testo, che fa chiaro riferimento a chi spende esageratamente per mangiare, nutrirsi di troppi grassi nuoce a tutto l’organismo: “Grassa cucina porta a magro testamento”. Si sa, il sovrappeso è uno dei grandi mali della nostra epoca. “Quando si mangiano troppi grassi ‘cattivi’ si sottopone il nostro corpo ad un pericoloso stress che può anche avere gravi conseguenze, come diabete e ipertensione - avverte la dietologa -. Dei grassi positivi, invece, contenuti, ad esempio, in certi oli o nei frutti a guscio come noci, nocciole o mandorle, ci possiamo fidare”. In poche parole sono da mettere al bando le saporose carni di maiale, gli insaccati e i formaggi più grassi, perché intasano di scorie l’organismo e rallentano la digestione. Stessa ragione per cui andrebbero ridotti al minimo il burro, la margarina e il lardo “Per cucinare e condire scegliete l’olio di lino, di girasole, di sesamo o di canapa”, consiglia la dietologa Catone. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 22 tra parentesi leauto Novità anche nel design e nell’appplicazione di alcune tecnologie per la versione C4 di Citroën. Una vettura davvero singolare Un “Cactus” irto di idee dallo stile unico e originale STEFANO PESCIA U n po’ crossover e un po’ familiare, tanta tecnologia e design creativo. In casa Citroën le nuove idee risvegliano l’animato segmento C proponendo una nuova quattro porte. È lunga 4,16 m, con un passo di 2,60 m e un generoso bagagliaio, offre un volume di carico di 358 litri. Un veicolo che finalmente riesce ad attirare l’attenzione per la sua l’originalità e, nel contempo, garantire un valore aggiunto a tutta la gamma della casa francese. La Cactus è simpatica e diversa, ad iniziare da alcuni elementi che distinguono il suo aspetto estetico. Una primizia è rappresentata dagli Airbump, integrati nelle fiancate e nei paraurti. Si tratta di un morbido rivestimento realizzato in poliuretano termoplastico, integra delle piccole capsule d’aria in Ampi sono sedili anteriori e posteriori, tutti ispirati al mondo dei sofà per garantire un confort ed una sensazione di benessere apprezzabili. Curioso anche l’abitacolo, ad iniziare dal quadro strumenti tradizionale sostituito da un display digitale. Interessante la capacità di carico, che rende la Cactus un veicolo adatto ai viaggi e alle famiglie. Il volume disponibile è di 358 litri ed ospita almeno tre valigie senza troppi problemi. Gliinterni Ildisplay Lospazio grado di attutire gli urti. Elementi che non richiedono manutenzione particolare e contribuiscono alla riduzione dei costi di riparazione della vettura. Sono disponibili in quattro tinte e moltiplicano le possibilità di personalizzazione dell’ auto, grazie anche ai 10 colori di carrozzeria e ai 3 universi. Un modello a trazione anteriore che si propone curioso, anche nel suo abitacolo ad iniziare del quadro strumenti tradizionale che è stato sostituito da un display digitale. Innovativo è pure lo schermo tattile da 7 pollici, di serie, abbinato a 7 pulsanti a sfioramento, che permettono di accedere alle principali funzioni dell’auto. Ampi sedili anteriori ispirati ai sofà per garantire un confort ed una sensazione di benessere apprezzabili. Un’esclusività mondiale è rappresentata dall’airbag lato passeggero che non si trova nel cruscotto di fronte al sedile ma integrato nel padiglione per offrire al passeggero anteriore maggiore spazio e volume di carico. Per facilitare la guida la C4 Cactus dispone su richiesta del sistema Park Assist, che aiuta nella ricerca del parcheggio ed effettua una manovra automatica dopo averlo individuato. Pratico anche il sistema Hill assist che tiene automaticamente il veicolo fermo per 2 secondi, permettendo di ripartire facilmente su pendenze superiori al 3%, senza rischio di retrocedere se si rilascia il pedale del freno. Sempre all’insegna del comfort di guida, il tergicristalli con tecnologia “Smart Wash”, un’innovazione semplice che permette di eli- Quella “lunga e compatta” che da trent’anni sida 1984 le automobili tradizionali LA PRIMA Nel 1984 dalla collaborazione tra Renault e Matra nasce Espace 1 IL SUCCESSO Il grande successo che con milioni di vendite, porta ad Espace2 La mitica Espace alla quinta generazione I PROTOTIPI Nel 1994 per celebrare i 20 anni di Espace, ecco il prototipo F1 da oltre 800 cavalli. A sinistra, la concept presentata al salone di Parigi 2013 1991 LA CONTINUITÀ Il boom prosegue negli anni Novanta, ed ecco Espace 3 1996 LA CONFERMA Migliorano qualità e tecnica per Espace 4, tuttora prodotta nel 2014 2002 I prodotti che hanno accompagnato la storia di Renault continuano a vivere attraverso una collezione di oltre 660 modelli, tutti sottoposti a una regolare manutenzione e perfettamente funzionanti. Tra questi un veicolo che ha sfatato tutte le teorie di marketing legate alle aspettative delle vendite grazie alla visione di Louis Dreyfus. L’allora Ceo della casa francese aveva le idee chiare. La sua richiesta era quella di poter realizzare una vettura che non fosse più legata al concetto dei quattro sedili e un baule, ma a quello del volume, che permettesse di sfruttare con maggiore facilità e comodità lo spazio disponibile. L’ispirazione era legata ai monovolumi già realizzati negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Il loro unico difetto era che i van Usa erano troppo grandi per l’Europa. L’idea di Dreyfus, di un’automobile pratica ma non un camioncino, era nel cassetto del piccolo costruttore di modelli sportivi Matra che lo aveva già proposto senza successo a Peugeot e Citroën. Dopo alcuni anni il destino di realizzare l’auto di domani con il passaporto francese ha bussato da Renault. Una proposta stimolante che si è concretizzata con Renault che ha posto delle chiare linee direttive. Il modello doveva disporre di un pianale assolutamente piatto, un interno polivalente con dei sedili adattabili e con un motore due litri per poter entrare anche nel segmento di alta gamma. Con questi presupposti inizia la collaborazione tra Matra e Renault per realizzare il sogno di viaggiare in sette su tre file di sedili, mobili e girevoli, di poter utilizzare una vettura polivalente in grado di sedurre le famiglie e soddisfare il loro bisogno di potersi muovere 365 giorni all’anno in una nuova dimensione. Nel 1984 la polivalente l’Espace 1 sfida l’automobile tradizionale con una lunghezza compatta di 4,25 metri. Un prodotto che decolla rincorrendo il successo. Solo 9 esemplari nel primo mese ma poi, la soglia delle 54000 unità pianificate su un periodo di 5 anni viene superata dopo soli tre anni! L’Espace, ha affermato lo storico Jean Louis Loubet, è un’automobile che ha permesso a tutti, uomini e donne, di apprezzare il piacere di poter guidare grandi automobili. Una storia iniziata trent’anni fa e che superato la soglia del milione e duecentomila unità vendute. Al prossimo Salone autunnale dell’automobile di Parigi si presenterà il fascino del monovolume firmato Renault, nella sua quinta generazione. s.p. minare il disturbo visivo nel lavaggio del parabrezza. I diffusori del liquido lavacristalli sono integrati nelle estremità delle spazzole tergicristallo, in modo da erogare solo un sottile strato di liquido. I propulsori offrono delle buone prestazioni. Tre le versioni dei motori a tre cilindri di 1199 cm3, disponibili a 75, 82 e 110 cavalli, un ulteriore benzina quattro cilindri di 1.560 cc da 92 cv e un turbodiesel quattro cilindri di 1560 cm3 da 100 cv. Per le versioni con cambio pilotato Etg (82 e 92 cv), la leva del cambio tradizionale è stata sostituita del sistema “easy push”. Permette la gestione del cambio pilotato tramite tre pulsanti “D,N,R” posti nella parte bassa della plancia, consentendo inoltre di cambiare rapporto manualmente tramite le palette al volante. Citroën C4 Cactus è in vendita a partire da 18’150 franchi. [email protected] In breve La VW L’ottava generazione della Passat sarà pronta a fine novembre da 33’300 franchi (berlina) e 35’400 franchi (Variant). Tutto è nuovo: design, tecnologie e motori. Per la prima volta sarà disponibile con propulsione ibrida plug-in. La Volvo La nuova XC90 sarà il Suv più potente e più ecologico al mondo. 4x4, sette posti, emissioni ultra-ridotte a circa 60g/km e motore a benzina e elettrico, che insieme arrivano a sviluppare circa 400 cv. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 23 tra parentesi Il revival Dalla Romanette al Tendron. Il gusto classico dei vecchi marchi riconquista mercati e palati A e volte ritornano. Anche le bibite. Più precisamente le gazose. È il caso della Romanette. Vera e propria istituzione romanda, la limonata, nata alla vigilia della seconda guerra mondiale, sembrava destinata a morte certa. Recentemente Nestlé ne ha riacquistato il marchio e la rilancia sul mercato: stessa bottiglia, stessa ricetta e persino identica pubblicità. Cavallo vincente non si cambia! Stesso discorso per la “famosa” gazosa ticinese, al limone, mandarino, lampone, che continua a dissetare generazioni di svizzeri. La bevanda dal gusto inconfondibile e soprattutto rigorosamente confezionata in una bottiglia dal vago sentore “vintage”, quella col tappo a molla che tanto piace a chi è affezionato alle tradizioni. Ma le bibite artigianali non sono solo le gazose, di ogni tipo e gusto, pure lo sciroppo, tra novità e tradizione, tiene bene il confronto con la concorrenza. Dal “Tendron” (con gemme di pino) allo sciroppo di sambuco. E poi c’è la birra. Forse non tutti sanno che il principale birrificio artigianale del cantone ha aperto a Stabio nel 2009 e lo scorso anno è balzato agli onori vincendo il primo premio al concorso di Rimini “Birra dell'Anno 2013”. Ma per produrre la “bionda” e avere successo in un mercato dominato dalle multinazionali, bisogna essere innovativi, offrendo al consumatore quel qualcosa in più rispetto alle grandi industrie. A cominciare dal gusto. Ne sa qualcosa Richy Bozzini, produttore della Birra Bozz, al cento per cento artigianale. Ventuno i gusti a disposizione, dalla castagna al caffè, dal miele alla... canapa. “Sono il risultato di esperimenti e prove che ci hanno impegnato per anni – spiega -. Abbiamo iniziato con mezzi di fortuna nel 2011, poi nel 2012 abbiamo potuto contare su un macchinario un po’ più moderno”. Insomma, il settore delle bibite non è per niente facile per i piccoli produttori artigianali. Quello della birra, poi, è inflazionato da etichette provenienti da tutto il mondo. “Il segreto sta nel trovare una clientela di nicchia, che apprezzi Le nostrane Riecco le bibite vintage gazose, birre e sciroppi la tradizione si rinnova il prodotto particolare – dice Bozzini-. Il modello di produzione della nostra birra è molto lontano da quello industriale, sulla quantità privilegiamo la qualità”. Qualità che significa un processo di produzione particolare. “Per poter avere un prodotto il più naturale possibile, ad esempio, non facciamo né filtraggio né pastorizzazione – spiega Bozzini -. La birra risulta leggermente torbida, ma decisamente più gustosa e saporita”. Un po’ un ritorno al passato. Come è il caso della Romanette, che prende il nome dal comune di Romanel-surLausanne. Dopo un breve passaggio sotto l’ala produttrice della Henniez, infatti, sparisce. Rieccola, grazie alla Nestlé. E la clientela ha già dimostrato Benefici elisir dai cassetti dei nostri avi P ELIO MORO Docente, col pallino delle erbe, Moro è autore di libri e di bevande curative finale - osserva -. Per le preparazioni ci vogliono dai 15 giorni ai 6 mesi, a dipendenza della ricetta. A volte devo lavorare di fantasia, poiché ci sono degli adattamenti da fare. Oppure, le erbe non sono sotto mano e allora le vado a cercare, magari inerpicandomi sulle montagne, ovviamente evitando di raccogliere le specie protette”. Un lavoro certosino. E Moro, alla costante ricerca di vecchie ricette, lancia un appello. “Chiunque trovi qualcosa di utile mi può contattare. In questo momento, ad esempio, nel mio studio di Ascona sto provando a preparare una bevanda che ho trovato in uno scritto del 1820. Una meravigliosa scoperta”. Come lo è anche la ricetta dell’aceto tradizionale alle erbe, sempre di Moro: “Lavorare con le erbe è una continua sorpresa, ogni volta il risultato è diverso. Quasi mai come te l’aspetti, ma sempre unico, questo è garantito”. o.r. DOMENICA D’ESTATE... Una gita a Carona Grancia Ai piedi del San Salvatore 5 Carona è un pittoresco villaggio situato ai piedi del Monte San Salvatore, su una collina sopra Lugano. Vanta un eccezionale patrimonio storico e artistico: alla ricchezza di edifici religiosi di pregio si affianca infatti la qualità di molte dimore del passato. Si tratta di testimonianze del lavoro di maestranze locali (architetti, decoratori, pittori e scultori), che tra il XV e il XVIII secolo lavorarono in tutta Europa, lasciando ovunque tracce della loro abilità, e che una volta tornati in patria abbellirono il loro villaggio con costruzioni accurate e decori di prestigio. Carona ha una storia che affonda le radici in un passato lontano e già nel Medioevo aveva una certa importanza, come dimostra l’edificazione della chiesa di Torello da parte di un vescovo di Como. Una passeggiata nel villaggio permette di ammirare parte di questo patrimonio storico. All’entrata nord di Carona si incontra la chiesa parrocchiale dedicata ai SS. Giorgio e Andrea, una costruzione rinascimentale che custodisce affreschi di pregio. Accanto alla chiesa si trova la bella loggia comunale cinquecentesca. Passeggiando per le viuzze si ammirano diversi edifici e case signorili che conservano graffiti, stucchi e affreschi. Appena fuori dal nucleo sorge la chiesa di S. Marta (solitamente chiusa), che apparteneva all’omonima confraternita. Da qui un sentiero porta al santuario barocco della Madonna d'Ongero, situato in posizione tranquilla tra i boschi. Ancora oggi meta di pellegrinaggio, la chiesa è riccamente decorata. Lungo il viale d’accesso una serie di cappelle della Via Crucis accoglie il visitatore. Seguendo il sentiero segnalato, in una ventina di minuti si può raggiungere la chiesa romanica di Santa Maria di Torello, edificata per volere del vescovo di Como Guglielmo della Torre nel 1217, a cui era annesso un convento. La proprietà, trasformata in masseria, è ora privata e non è visitabile, ma il luogo è di grande bellezza e si possono comunque ammirare l’imponente costruzione e qualche pregevole dettaglio, come il portale e resti di affreschi. In estate Carona offre anche una piacevole piscina pubblica immersa nei verdi boschi della collina. Per chi ama camminare si consiglia una gradevole passeggiata che da Carona porta all’Alpe Vicania, passando dal Parco San Grato e offrendo splendidi panorami sul golfo di Lugano. Carona 2 LA RIVELLA La bevanda al siero di latte nasce nel 1952 da un’idea di Robert Barth. È venduta in Svizzera, Francia, Austria, Germania e Lussemburgo 3 L’ELMER CITRO È la gazzosa più famosa della Confederazione. Prodotta a Elm, nel canton Glarona, è in vendita dal 1927 4 LA PASSAIA La bevanda al gusto del frutto della passione, è stata ideata nel 1960 dallo stesso “papà” della Rivella, l’argoviese Robert Barth di apprezzarla. Il revival della Romanette la dice lunga sul potere della tradizione. La stessa cui deve la sua sopravvivenza l’Elmer Citro: strappata a morte sicura è tornata ad essere un’icona con il rilancio operato dalla casa madre, una ditta che produce tra l’altro anche il succo di mele, altra bibita simbolo della Confederazione. r.c. La curiosità rodurre digestivi ed elisir come si faceva una volta, andando a cercare nei cassetti polverosi di nonni e bisnonni. Riscoprire le proprietà delle erbe e trasmetterle alle nuove generazioni. C’è chi lo fa. Come Elio Moro, docente e ricercatore col pallino delle erbe. “E mi diverto pure - dice -. È una passione che mi porto dietro da anni. I miei prodotti sono il risultato di una ricerca lunga e minuziosa, fatta casa per casa, cassetto per cassetto”. Con una consapevolezza che è anche un’amara presa di coscienza. “Purtroppo la saggezza e il saper fare popolare stanno sparendo - constata Moro -. Se nessuno si prende la briga di ‘rubare’ i segreti dei nostri anziani, tante utili nozioni andranno perse, più nessuno se le ricorderà. Un gran peccato”. Nel tempo di internet, Moro lavora come si faceva 200 anni fa, con pazienza e impegno. “Non utilizzo macchinari, rovinerei il prodotto 1 LA SINALCO Nasce nel 1902 dalle mani dello pisicoterapeuta tedesco Friedrich Eduard Bilz. Dal 1937 bottiglia e etichetta sono le stesse Melide Torello ALTRE INFORMAZIONI SU T I C I N O | T O P | T E N. C H Pagina a cura di AutoPostale Svizzera SA LEGUIDE &GLIITINERARI Informazioni e prenotazioni: AutoPostale Svizzera SA Regione Ticino Viaggi e Vacanze 6501 Bellinzona Tel. +41 (0)58 448 53 53 fax +41 (0)58 667 69 24 [email protected] www.autopostale.ch Barcellona e Valencia perle di Spagna Il programma Spagna Data: 6 -14 settembre 2014 Prezzo: CHF 1’880.– per persona in camera doppia Partenza: 06.00 Biasca Ffs, 06.00 Locarno Ffs, 06.30 Bellinzona Ffs, 07.00 Lugano Ffs (lato buffet), 07.20 Mendrisio Ffs, 07.30 Chiasso Ffs La Spagna come mai ve la sareste immaginata nel viaggio di AutoPostale dal 6 al 14 settembre. La magia dei colori in questo periodo dell’anno si mescola con un programma che accoppia cultura ed evasione: il modo migliore per conoscere tutto di una terra che emoziona. Le tappe servono per spezzare il ritmo. A Nimes c’è il primo stop che permette di conoscere questa che è stata un’importante città romana, quindi conserva testimonianze straordinarie di quell’epoca. Proseguendo nel tragitto che conduce a Barcellona, ecco Figueres, la città di quel genio che risponde al nome di Salvador Dalì. Qui dove nacque e mori l’artista spagnolo, è conservata la più grande collezione delle sue opere che si potranno ammirare con la visita guidata dell’omonimo museo il cui cuore è costituito dall’edificio che ha ospitato il teatro cittadino e dove sono state organizzate già le prime esposizioni del giovane Dalì. Figueres è in Catalogna, la regione di Barcellona, città che colpisce per la ricchezza della sua urbanistica e per il mix tra edifici ultra-moderni e opere antiche. Fra queste ultime c’è la cattedrale di Sant’Eulalia che si presenta con il suo volto più suggestivo, tra le guglie e la facciata in stile neo-gotico. Barcellona abbraccia il turista con le sue Ramblas, cioè con gli immensi viali che arrivano fino alla celebre piazza Catalunya. Si possono così ammirare gli esterni delle famose case dell’architetto Antoni Gaudì, La Pedrera e la Casa Battlò, splendidi esempi del suo modo di concepire l’arte accoppiata all’urbanistica. Non può mancare, poi, la visita alla Sagrada Familia, opera incompiuta ma capace di trasmette una forza evocativa che non ha eguali, tanto che è diventata il simbolo stesso di Barcellona. Per comprendere fino in fondo la città bisogna però scoprire gli altri suoi tesori, come i giardini del Mirador dell’Alcalde o il Montjuic, dominato dall’omonimo castello. Sulla collina, che è il polmone verde della città, si trovano la Fundaciò Joan Mirò, che conserva alcune delle opere più rappresentative del pittore catala- no, e il museo Poble Espanyol. Per scendere si usa la teleferica che permette di godere il panorama su tutta la città. L’impianto è stato costruito per l’esposizione universale del 1929 e collega il Mirador de Miramar al quartiere di Barceloneta. Il pomeriggio è libero per visite individuali. È questa l’ultima bellezza da vedere in città perché la tappa successiva è a Valencia, sul fiume Turia. Spiccano, allora, i monumenti più importanti come la Stazione Nord, le Torri di Sarranos e quelle del Quart (tra le fortificazioni più conosciute al mondo), il mercato centrale, la Lonja (borsa della seta), piazza Rotonda e della Vergine con il palazzo della Generalitat, di origine quattrocentesca, sede del governo valenzano. L’occasione è ghiotta, allora, per una visita guidata e per gustare in serata la tipica paella valenciana. Da non perdere poi, nel tempo libero a disposizione, è la Città delle Arti e delle Scienze creata dall’architetto Santiago Calatrava, una delle firme più famose in tutto il mondo. Esso ospita uno dei maggiori acquari d’Europa in cui sono rappresentati tutti i diversi habitat marini attraverso più di 40mila specie diverse. Da Valencia si rientra facendo tappa a Tarragona, situata su un’altura rocciosa. La città è caratterizzata dalle sue possenti mura edificate tra il 217 e il 197 a.C., l’anfiteatro eretto in riva al mare e il Circo Romano. Altra località che merita di essere vista sulla via del ritorno è Girona, anch’essa di fondazione romanica. Immergersi nell’atmosfera del Barri Vell, il centro storico, è come entrare dentro un libro di storia, in larga parte racchiuso all’interno di una vasta cinta muraria costruita in epoca romana e ancora oggi percorribile a piedi per avere un’affascinante panoramica della città. All’interno delle stradine medievali si trova il ghetto Giudeo El Call, molto interessante da visitare. Girona si trova non molto distante dal confine della Francia in cui si entra fermandosi a Montpellier per poi proseguire, il giorno seguente, fino in Ticino con arrivo in serata. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 25 ON Significa che l’apparecchio è collegato alla rete elettrica ed è attivo, svolge la sua funzione. La quantità di energia aumenta con le funzioni svolte S STANDBY E se spegnessimo quelle lucine rosse... che gran risparmio Lo standby brucia oltre 70 miliardi di franchi calcoli dell’Iae, in termini energetici, si potrebbero chiudere 133 centrali a carbone da 500 Megawatt cadauna. “La proliferazione dei dispositivi connessi porta indubbiamente molti vantaggi, ma in questo momento il costo è di gran lunga superiore a quello che dovrebbe essere - ri- bruciato l’equivalente di 616 Terawattora di elettricità. Non solo: due terzi di questa energia sono pure imputabili a tecnologie inefficienti. Uno spreco non da poco se consideriamo che corrisponde all’elettricità che consumano in un anno Svizzera, Gran Bretagna e Norvegia messi insie- me. Oltre alla bolletta da 80 miliardi di dollari, non si può sorvolare sul contributo all’effetto serra, perchè mantenere accesa quella lucina e scaricare nell’atmosfera 600 milioni di tonnellate di anidride carbonica sono la stessa cosa. Sempre secondo i I consumatori I suggerimenti dell’Acsi per un consumo consapevole “Stacchiamo la spina ogni sera” L a migliore energia è quella che non viene consumata”. Utilizza un motto, Laura Bottani-Villa, redattrice della Borsa della spesa, il periodico dell’Associazione dei consumatori della Svizzera Italiana (Acsi), per far capire l’importanza di un semplice gesto. “Spegnere tutte le sere gli apparecchi di casa nostra è fondamentale per risparmiare energia - osserva -. Non ci vuole molto, basta un po’ di volontà e di consapevolezza di quanto sia fondamentale per il nostro benessere futuro togliere la spina”. Sull’importanza di questo gesto ormai tutti siamo più che informati. Da anni campagne di sensibilizzazione ci bombardano sui pericoli di un esagerato spreco di energia. A latitare è la volontà, l’impegno del singolo. Forse anche un po’ di pigrizia. “È probabile - ammette Bottani-Villa -, io mi ritengo fortunata, mi capita di dimenticare, lo ammetto, ma c’è mio marito IN SVIZZERA 10% L’energia elettrica sprecata in standby in Svizzera parentesi OFF L’energia e tutti gli svizzeri, andando in vacanza, spegnessero completamente tutti gli apparecchi elettrici della casa il risparmio energetico corrisponderebbe al consumo annuale di ben 15mila famiglie. L’invito parte da EnergieSuisse, che ha calcolato 65 Gigawattora in meno da produrre se riuscissimo a fare a meno della lucina rossa o verde dello standby per almeno quattro settimane all’anno. E lo spreco d’energia rossocrociato è poca cosa rispetto ai 14 miliardi di dispositivi costantemente attivi nel mondo - proprio mentre state leggendo questo articolo - secondo lo studio appena pubblicato dalla International Energy Agency (Iea). L’organizzazione autonoma che lavora per assicurare energia affidabile, nata in risposta alla crisi petrolifera del 1974, è oggi al centro del dialogo globale in materia energetica. Per quanto singolarmente irrisorio, il consumo di tutti questi “devices” apparentemente spenti, ma in standby (ovvero sempre pronti ad entrare in azione) ci viene a costare, franco più, franco meno, oltre settanta miliardi all’anno. Per far funzionare questi dispositivi, che restano perennemente accesi anche se per essere utilizzati pochi minuti al giorno, gli abitanti del pianeta sprecano una quantità spaventosa di energia elettrica. Secondo i calcoli della Iea, nel 2013 la “lucina rossa” ha tra che non perde un colpo. Ligio e attento, stacca ogni cosa dalla corrente”. Sul sito dell’Acsi sono numerosi i suggerimenti per un consumo consapevole. Ad esempio, nel caso in cui un apparecchio non sia dotato di un vero tasto on-off, meglio allacciarlo alla rete attraverso una presa munita di interruttore e, la sera, spegnere quello. “Qualsiasi oggetto elettrico ha un consumo nullo solo se è completamente spento”, insiste Bottani-Villa che, tanto per fare due conti, riporta l’esempio del videoregistratore. “In un anno il consumo della fase stand-by può essere anche dieci volte più grande che durante l’uso. Un paragone che calza a pennello è quello di un rubinetto che perde poche gocce al minuto, che però in un anno spreca centinaia di litri d’acqua”. Benvenga un’educazione al consumo, sin da piccoli. Nelle scuole, quindi. “L’Acsi è già presente, attraverso le associazione dei genitori, con informazioni anche capillari per quanto riguarda il settore alimentare - sottolinea -. Veniamo invitati a giornate autogestite, o organizzate in 4a media e nelle scuole superiori , ma i discorsi da far passare sono tantissimi. Anche se questo dell’energia è sicuramente uno dei più importanti. Sarà un nostro impegno per il futuro”. p.g. L’apparecchio è collegato alla rete elettrica ma spento: ma il nuovo “off” non è più a consumo zero, ora tutte le apparecchiature consumano sempre energia Il termine copre un ventaglio ampio e tutti i punti necessitano di energia. Lo standby è passivo (apparecchio collegato e pronto a svegliarsi) e attivo (è sveglio ma non svolge funzioni); nella funzione Network un appareccchio appare spento, ma manda e riceve informazioni o controlla il collegamento a una rete NEL MONDO 14 miliardi corda Maria van der Hoeven, direttore esecutivo dell’Aie -. Tutti i consumatori stanno perdendo soldi sotto forma di energia sprecata, che sta portando a centrali più costose, più infrastrutture di distribuzione rispetto a quanto sarebbe necessario. Eppure, se adottassimo le migliori tecnologie disponibili, potremmo minimizzare il costo e soddisfare comunque la domanda”. Il guaio, però, è che ogni famiglia svizzera - come ogni altra del mondo occidentale - dispone di almeno cinque, sei dispositivi sempre connessi. Avere sempre “pronti all’uso” i vari gadget elettronici, dalla tv al modem, dalla stampante alla console di gioco, fino ai caricabatterie di smartphone e tablet, si stima che costi circa 97 franchi per famiglia. E il numero dei devices elettronici crescerà esponenzialmente, così come lo spreco di energia. Di questo passo, avverte il rapporto Iae, se non si prenderanno contromisure, nel 2020 la bolletta dello spreco energetico ammonterà a 120 miliardi di dollari, oltre cento miliardi di franchi. Eppure basterebbe migliorare l’efficienza con soluzioni già disponibili (e senza modificare le prestazioni) per ridurre lo spreco di almeno il 65%. Naturalmente tutto sta a volerlo fare sul serio. I produttori di tv e decoder, ad esempio, potrebbero costruirli in “formato risparmio”. Ma non lo fanno. Perché faticare e spendere di più per eliminare una lucina di cui nessuno più s’accorge. e.r.b. I dispositivi oggi presenti nel mondo che non si spengono mai 2,73 miliardi Le persone nel mondo connesse a Internet nel 2013 (saranno 5 miliardi nel 2020) 50 miliardi Apparecchi connessi nel mondo nel 2020 750 milioni Le case nel mondo dotate di accesso a Internet 55% Televisori “smart” (connessi alla Rete) nel mondo nel 2015 65% Energia consumata dagli apparecchi elettronici che verrà usata solo per mantenere le connessioni di rete 1’000Chf La spesa media annuale della famiglia svizzera in elettricità IL RISPARMIO Il grafico indica il consumo mondiale di energia elettrica per uso domestico o professionale. Il potenziale di risparmio è calcolato in base alla differenza tra la migliore tecnologia sul mercato e la media dei dispositivi disponibili. 59.3 miliardi chilowatt/ora 13 Il consumo medio annuale della famiglia svizzera in elettricità % 9 % Consumi rimanenti Elettronica di consumo, Home office Ventilazione, climatizzazione 22 1.000 % 17 % Cottura, lavastoviglie Altri apparecchi 800 TWh (Tera Watt/ora) 600 ovvero 1 miliardo di kilowatt/ora 400 GLI APPARECCHI 17 Ogni famiglia possiede dai 50 ai 100 apparecchi elettrici o elettronici. Adottando dei semplici accorgimenti, una famiglia tipo può risparmiare fino al 50 per cento di energia elettrica senza dover rinunciare al comfort. Potenziale risparmio 1.200 % Frigorifero, congelatore 200 9 % Lavatrice, asciugatrice 13 % Illuminazione 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025 Fonte: Bio Intelligence Service, 2013 IL CAFFÈ 20 luglio 2014 26 QUANDO OPERARE tra parentesi Forte dolore e gonfiore Rigidità articolare e ridotta mobilità del ginocchio BenEssere In un terzo dei casi l’operazione di artroprotesi non risponde a nessuna indicazione scientifica. È inutile Qualità della vita compromessa LA GIUNTURA Articolazione deteriorata del ginocchio; a destra un ginocchio sano Non sempre il bisturi salva il ginocchio, anzi a volte fa danni ANTONINO MICHIENZI L a durata della vita sempre più lunga, gli acciacchi come l’artrosi e l’artrite - che si porta dietro la terza età, il peso che tende a salire, la sempre maggiore tendenza alla sedentarietà. Così l’articolazione del ginocchio, la più grande e una delle più complesse del corpo umano, tende a deteriorarsi: causa dolore, fa fatica a piegarsi arrivando a compromettere notevolmente la capacità di autonomia. Quando si arriva a un alto livello di gravità poco possono fare i farmaci e la fisioterapia. Negli ultimi anni, per fortuna, la chirurgia ha fatto passi da gigante. Complice anche la disponibilità di protesi strutture meccaniche in grado di sostituire le parti funzionali del ginocchio - sempre più avveniristiche è oggi possibile recuperare quasi del tutto la mobilità. E l’intervento di artroprotesi è diventato sempre più diffuso in tutto il mondo occidentale. Per esempio, si stima che negli Stati Uniti un americano ogni 500 ogni anno si sottoponga a un intervento di protesi del ginocchio. Significa qualcosa come 600 mila interventi l’anno: un’enormità. L’intervento è tutto sommato semplice: un taglietto di 10 centimetri sul ginocchio attraverso cui non si asporta l’articolazione, ma si rivestono le superfici articolari com- Questo amore nostro La lettera A 50 anni non ho capito perché alcuni uomini a letto sono un disastro H Difficoltà a svolgere le più comuni attività o superato i cinquant’anni. Ho letto con interesse l’articolo di domenica scorsa (13 luglio) dove una lettrice le chiedeva se è solo la donna a dovere imparare le abilità erotiche e sessuali. Nella sua risposta lei ha spiegato perché è la donna a dover effettuare più apprendimenti rispetto all’uomo e che spesso le è capitato di favorire Scrivi a LINDA ROSSI indirettamente progressi per psicoterapeuta e sessuologa il partner della paziente senza mai averlo visto. Mi è parso Posta: Linda Rossi – Il Caffè Via Luini 19 - 6600 Locarno che nella domanda di chi le ha scritto ci fosse anche il de- E-mail: siderio di capire come mai ci [email protected] sono uomini più bravi di altri nell’arte amatoria. Andrei oltre dicendo che ci sono uomini che a letto sono meravigliosi mentre altri sono un disastro o quasi. Sarei molto interessata al suo parere su questo tema perché è una constatazione che ho fatto anch’io nel corso della mia vita relazionale e sessuale e non mi sono mai sentita di esprimere all’uomo in questione quello che non mi andava bene. Anche perché a volte era proprio tutto che non funzionava. promesse. In pratica, la protesi sostituisce la cartilagine consumata e favorisce la ripresa dei movimenti e la scomparsa del dolore. Il paziente rimane in ospedale per non più di quattro-cinque giorni e già il giorno dell’intervento, con cautela, può cominciare a muovere il ginocchio. Dopo alcuni mesi di riabilitazione recupera quasi del tutto il movimento. Sembra dunque la soluzione perfetta: poco invasiva, veloce, poco A volte basta prospettare ai pazienti altre soluzioni, non invasive, come perdere peso rischiosa ed efficace. Ora, però, c’è qualcuno che comincia a chiedersi se tutti questi benefici dell’intervento non abbiano portato a un suo abuso e se non si sia ceduto alla tendenza di effettuarlo anche in quei casi in cui è inefficace o in cui si potrebbe optare per altre strade meno invasive prima di mettere il paziente sotto i ferri. Per questo, un gruppo di ricercatori della Virginia Commonwealth University di Richmond (Usa), si è messo a fare i conti andando a vedere quanti degli interventi di protesi del ginocchio fossero conformi alle indicazioni scientifiche. Lo ha fatto analizzando le cartelle cliniche di 175 pazienti, un campione troppo piccolo per trarre conclusioni definitive, ma sufficiente a fotografare una tendenza. Ebbene, dallo studio, pubblicato sulla rivista Arthritis & Rheumatology, è emerso che soltanto 34 per cento degli interventi era appropriato (era cioè il trattamento giusto per quel tipo di paziente), il 22 per cento degli interventi si è dimostrato inefficace (valeva la pena provarci, ma è stato inutile), mentre il 34 per cento era completamente inappropriato: non andava cioè proprio fatto e occorreva prospettare al paziente altre opzioni, per esempio di perdere peso. Il problema non è da tecnici. Effettuare interventi non necessari non è di certo un bene per il paziente, che si sottopone ai rischi della chirurgia (bassi in questo caso) senza però ottenerne in cambio alcun beneficio. Ma non è un bene nemmeno per i servizi sanitari alle prese con popolazioni sempre più anziane e quindi maggiormente soggette ai problemi articolari e relative spese. Negli Stati Uniti, per esempio, negli ultimi 15 anni gli interventi di protesi del ginocchio sono cresciuti del 162%. E con essi, i costi che a lungo andare rischiano di diventare insostenibili. La risposta di Linda Rossi Ecco che cosa rende i maschi degli amanti unici e favolosi L a sua richiesta mi permette di sostenere che anche il maschio deve effettuare le sue acquisizioni in campo sessuale, a livello fisiologico e psicologico. Una prima importante acquisizione è quella di riuscire a prolungare la sua salita eccitatoria per il tempo desiderato, potendo quindi decidere il momento della sua scarica orgastica. Per il giovane è normale arrivare rapidamente al finale, poiché l’eccitazione è una tensione (tensione sessuale) che richiede di essere scaricata. Questo funziona fin quando vive la sessualità individuale. Ma quando si appresta a vivere la sessualità relazionale, è bene che sappia come far durare la sua eccitazione durante la penetrazione (almeno cinque minuti) alfine di permettere alla donna di raggiungere l’orgasmo. Un altro apprendimento è quello di riuscire a erotizzare i preliminari dove porta il suo tocco sul corpo della donna per permetterle di far crescere l’eccitazione facilitando la penetrazione grazie alla lubrificazione. Molte donne si lamentano del boicottaggio maschile sui preliminari, quindi mi ritrovo spesso a sollecitare i signori uomini, giovani e meno giovani, a non trascurare questa fase (andando anche oltre la zona genitale) e a farsela piacere grazie alla reazione che riscontrano nella donna, come fosse un applauso al loro gesto. Certo, la donna deve essere sufficientemente trasparente nella sua espressione di piacere. Questo permette all’uomo di capire se quella zona del corpo è più sensibile ed eccitabile di un’altra: come in un dialogo corporeo che comunica all’uno e all’altro quello che provoca sensazioni e piacere. Ci sono altri aspetti che l’uomo deve imparare. Mi riferisco all’arte della seduzione che alcuni uomini sono incapaci di usare fin dal momento della conquista della donna che li attira, mentre altri nella fase iniziale hanno saputo ricorrervi con successo, ma poi vi hanno rinunciato appena sicuri che la donna fosse caduta nella loro rete o l’hanno dimenticata con il passare del tempo. Ecco di che pasta sono fatti gli amanti favolosi, mentre gli altri mancano di uno o più apprendimenti che però possono sempre acquisire: la sessualità è un processo di sviluppo che può sempre migliorarsi. X£smz{ Xms{ p»U¡q{ Yuxmz{ IL CAFFÈ 20 luglio 2014 27 tra parentesi L’iniziativa Il musicista “Difficile pensare ora a un testo più moderno” “Orecchiabile, senza parole, ma soprattutto multiculturale” L’ U “Una melodia coinvolgente” perché la Svizzera cambi ritmo Q ualche anno fa il complesso italiano “Elio e le Storie Tese” conobbe un grande successo conquistando il secondo posto al Festival di Sanremo con il brano “La Terra dei Cachi”, del quale è rimasto celebre il tormentone “Italia sì, Italia no”. Parafrasando si potrebbe dire “Salmo sì, salmo no”. E, su proposta della della Società svizzera di utilità pubblica (Ssup), si è aperto un concorso per cambiare l’inno svizzero. “Il vecchio non fa presa - spiega al Caffè Patrizia Pesenti, membro dell’Ufficio presidenziale Ssup che valuterà tutte le proposte -. Pochi, purtroppo, ne conoscono il testo. Abbiamo pensato a una melodia più coinvolgente”. Una giuria sceglierà tra 208 proposte, 129 in lingua tedesca, 60 in francese, 7 in italiano e 10 in romancio. Ma l’ultima parola spetterà a Berna.Intanto, tra i giurati bocche cucite. Tra loro anche Franco Lurà, direttore del Centro di dialettologia che si appella al “silenzio stampa”. L’attuale salmo è stato introdotto nel 1961 per sostituire il “Ci chiami o Patria”, musicalmente identico all’inglese “Dio salvi la Regina”. “Per innovarlo, abbiamo pensato ad una Ti-Press inno è in generale uno degli strumenti fondamentali che lo Stato ha utilizzato negli ultimi due secoli per la costruzione di un’identità nazionale. Forse non è il momento adatto per cambiarlo, visto che il periodo storico non lo suggerisce”. È perplesso lo storico Maurizio Binaghi sull’eventualità di riscrivere il salmo nazionale. “Quando, ad esempio, fu adottato il ‘Ci chiami o Patria’, le esigenze erano quelle di costruire una nazione, mentre quando si fu costretti a passare all’attuale si volle andare sul sicuro, riprendendo un tema tradizionale e conservativo, legando patriottismo e religiosità”. Il concetto vero di nazione in Svizzera si afferma solo dopo il 1848, con l’elaborazione della Costituzione federale. “Siamo attorno al 1860-1870, quando il fenomeno ha origine in tutta l’Europa – riprende Binaghi -, la Svizzera subisce le influenze dei Paesi vicini, Italia e Germania in particolare, che si trovano, dopo aver creato gli Stati nazionali, a infondere un forte legame patrio nei loro cittadini. Più che avere delle belle parole, un inno è tradizionalmente un mezzo per veicolare simboli e tradizioni che si vogliono condivisi”. Se l’inno svizzero non è più tanto attuale, secondo lo storico bisogna stare però attenti alle innovazioni: “Cercare un nuovo brano che unisca tutti gli svizzeri, magari con una musica e un testo più moderni, vuol dire proporsi di costruire e inventare nuovi riti e tradizioni. Obiettivamente, in questo momento appare difficile, vista l’attuale fragilità e insicurezza dell’identità svizzera. Comunque, può essere un’occasione per porci il problema di un’identità condivisa”. o.r. Keystone Lo storico Si selezionerà il nuovo inno tra 208 idee. Berna deciderà se adottarlo formula che potesse essere la più vicina possibile al cittadino - continua Pesenti -. Entro fine anno la giuria ne sceglierà una decina che verranno poi pubblicati su internet”. E da lì, un voto online decreterà quali saranno i brani finalisti che si scontreranno in occasione della Festa federale di musica popolare che si terrà nel settembre 2015 ad Aarau. “Così toccherà al pubblico eleggere il vincitore. Si potrà votare tramite internet, telefono o sms” spiega l’ex consigliera di Stato ticinese. Nell’autunno del 2015 quindi il popolo svizzero potrebbe avere un nuovo inno nazionale. Il condizionale è d’obbligo, non essendo un’iniziativa politica quella della Ssup, bensì solo una proposta, a cui il Consiglio federale deciderà se dare seguito o meno. “Non esiste nessun obbligo di accettare per il governo e ci mancherebbe - precisa Pesenti -. Noi ci limitiamo a proporre, ma come sempre toccherà alle autorità politiche disporre”. In poche parole se a Berna riterranno non sia giunto il momento di cambiare, non si farà altro che cestinare la proposta. Precisazione d’obbligo, viste le critiche e le levate di scudi, soprattutto da parte dei giovani Udc, che hanno minacciato di lanciare un referendum qualora il Consiglio federale accettasse la proposta. “L’unica cosa che possono fare è... lanciare delle note - conclude scherzosamente Pesenti -, in fondo chiunque è libero di proporre qualcosa alle istituzioni”. o.r. n nuovo inno, che finalmente rispecchi la multiculturalità di un Paese mutato, diverso, più aperto. È il desiderio di Marco Zappa, cantautore ticinese, uno dei più rappresentativi e prolifici della scena musicale svizzera contemporanea. “Soprattutto un inno che sia fischiettabile da tutti, quindi facile e orecchiabile”, sottolinea. E, ovviamente, lui saprebbe bene cosa inventarsi, come ha confidato al Caffè. “Innanzittutto, dovrebbe essere solo strumentale, senza testo, per ovviare ai problemi di lingua e non essere legato a particolari concetti, storici o religiosi”. Cantabile da tutti, quindi, dallo svizzero doc allo straniero che vive in Svizzera, si riconosce in questo Paese e ne apprezza abitudini e storia”. E allora, facile, orecchiabile, moderno e senza testo. Magari suonato da strumenti particolari. Come quelli che maneggiano i musicisti del gruppo di Zappa, una ventina, provenienti da ogni dove, come bouzouki, tsouras, mountain dulcimer, bercandeon…. “Immagino un inno che, a dipendenza del contesto, cambi gli strumenti - spiega -. Se ad esempio si tratta dell’esercito, allora andrà bene una banda militare, ma se si vuole coinvolgere i giovani deve poter essere adattato alla strumentazione elettronica di oggi. E, ancora, se l’ambiente è tradizionale andrà bene un gruppo acustico di strumenti popolari. Insomma, quando hai la melodia poi la arrangi alle diverse situazioni. Ecco perché senza testo un inno diventa molto più duttile, adattabile ad ogni situazione e sempre moderno. Ma soprattutto unico e cantabile da tutti”. p.g. Guai in famiglia per il gioco d'azzardo? tutti i giovedì da aprile 2014 dopo il successo dello scorso anno, tornano le serate dedicate alle donne. Vinci un weekend VIP a St. Moritz! evento sponsorizzato da: Novità N ovità sstagio tagioone ne 22014 014 ✴✴✴✴ Aperti A per ti ttutti utti i g giorni iorni anche an che lla a sse era ✴✴✴ contatti Via Stauffacher 1 6901 Lugano T. +41 91 973 7111 Per chi cena al ristorante funicolare a soli Fr. 9.Musica dal vivo! 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M= Prezzo CHF 130'000.- Uno degli eventi più drammatici della recente storia tedesca, la caduta del muro di Berlino situato tra i due Stati tedeschi, quest’anno segna il suo 25° anniversario. Per commemorare questo anniversario le vogliamo mostrare dei luoghi simbolo della capitale tedesca collegati alla Ddr, alla divisione della Germania, alla caduta del muro e alla rivoluzione pacifica. Si unisca a noi per esplorare una delle città più popolari d’Europa e scopra con noi sia le sue attrazioni più famose che i luoghi più sconosciuti e nascosti. Più canone di rete fissa ticino.com VoIP, CHF 25.-/mese La previdenza Il fenomeno L’incontro RICOMINCIO DAL SECONDO PILASTRO L’INDIFFERENZA NON FERMERÀ LA MIGRAZIONE GAMBAROTTA: “HO ASCOLTATO IL PAPA DI NASCOSTO” ALLE PAGINE 30 e 31 ALAJMO A PAGINA 33 COMAZZI A PAGINA 38 travirgolette ilcaffè RIFLESSIONI D’AUTORE Oltre il cibo 20 luglio 2014 Effetti speciali serviti in tavola col food design SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI UNA SETTIMANA UNA PAROLA MORO A PAGINA 32 Reuters Merkel Odiata e amata. Nessun politico in Europa incarna la teoria dei “due corpi del re” meglio della “Kanzlerin”. Ha festeggiato il 17 luglio i 60 anni ed è sempre lei a guidare la Germania e la carovana-Ue STEFANO VASTANO I l corpo del sovrano, e la sua Immagine. Ossia il simbolo, persino l’aura che oggi avvolge Angela Merkel. E poi il potere, un pò appannato invero, che oggi la cancelliera detiene in Germania. Nessun altro politico in Europa incarna la teoria dei “due corpi del re” meglio di Angela Merkel, che il 17 luglio scorso ha compiuto 60 anni. I primi 34 nell’altra Germania, al di là della politica e a studiare la fisica dei Quanti. Poi, dall’aprile del 2000, eccola presidente della Cdu; e, dal novembre 2005, Kanzlerin. Il partito che fu di Kohl l’ha omaggiata, per il suo compleanno, con una “Fest” alla Konrad-AdenauerHaus, la centrale a Berlino della Cdu. Il discorso d’auguri l’ha tenuto Jürgen Osterhammel, docente di storia. Per il suo 50° fu un neurologo, Peter Singer, a spiegare agli ospiti le analogie tra le reazioni umane e le “Siamo riusciti a presentare il miglior bilancio da decenni”, ha detto lo scorso fine giugno lumache. Anni-luce insomma tra le due “Feste” per la Merkel; né è un caso che sia toccato ora a uno storico cantarne le lodi. Oggi è lei “Frau Europa”, la donna alla guida della carovana-Ue. E la Germania per crescita (nel primo trimestre il Pil è cresciuto del 2,5 per cento), consumo ed occupazione, è il motore del Vecchio Continente. “Siamo riusciti a presentare il miglior bilancio da decenni”, ha detto Merkel a fine giugno al Bundestag. Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze, ha ricordato che dal 1969 un ministro del Tesoro non presentava un bilancio in pareggio. E al ministero dell’Economia prevedono quest’anno una crescita dell’1,8 per cento; del 2 per cento nel 2015. Occorre tener presente queste prestazioni (la Germania, tra l’altro, è il Paese con la disoccupazione giovanile più bassa nell’Ue) quando Merkel esalta il rigore. “Solo i conti in ordine, ha ribadito lei al Bundestag, sono il presupposto per la crescita”. E la ragione di quei “due volti” - ideale e reale - con cui oggi si percepisce Angela Merkel: la Grande cancelliera di un Paese-modello; e l’arcigna Kanzlerin che detta all’ Unione la sua “Spar-politik”, la politica del risparmio. Dalle piazze di Atene, Roma o Madrid sino alle cordate tra Matteo Renzi, François Hollande ed i sindacati, è un unico fronte contro l’“Austerity”, la disciplina di bilancio osannata dalla Merkel. Un incubo questo profilo rigido della Kanzlerin per l’intera sinistra europea. Che poi, però, stima la stessa cancelliera quando interviene sulla crisi in Crimea, criticando senza peli sulla lingua il neoimperialismo di Putin. “L’annessione della Crimea è una chiara violazione del diritto dei popoli”, ribadisce Merkel dall’inizio della crisi ucraina. Più che il mix di lodi e critiche con cui il mondo la giudica, stupisce il linguaggio così uniforme con cui lei articola la sua politica. La retorica non è tra le sue doti: le frecce a Putin le scaglia con lo stesso volto, fermo e pacato, con cui al Bundestag ha presentato il bilancio in pareggio. “Una politica senza euforie né slanci teorici”, così lo storico Paul Nolte ha definito lo stile freddo, pragmatico della Merkel. Un “merkelismo” che non suscita entusiasmi, ma è giunto - dopo 4 anni con i liberali della Fdp - alla seconda “Grosse Koalition” con la Spd, e non proprio a vantaggio della Cdu. Peter Tauber, segretario generale del partito (uno dei rari 40enni al servizio della Kanzlerin) è nervoso per l’emorragia di iscritti. “Abbiamo bisogno di più giovani”, lamenta. Oltre alle nuove generazioni, la Cdu sta perdendo il contatto con le realtà metropolitane: Monaco e Amburgo, Colonia e Berlino, le grandi città sono governate dai socialdemocratici o dai Verdi. Di fatto, solo Dresda è in mano alla Cdu. Sì, sulle copertine c’è l’Immagine della “First Lady” del Vecchio Continente. Ma in Germania non sono questi titoli ad interessare la Merkel. Quanto una agenda del governo a Berlino dettata per lo più da Sigmar Gabriel e dagli altri potenti della Spd. La riforma delle energie alternative? È stato Gabriel, presidente della Spd e ministro dell’Economia, a promuoverla in parlamento. E si deve ad Andrea Nahles, la socialdemocratica ministro del Lavoro, se il 3 luglio è passata la legge sul “salario minimo” (di 8,50 euro l’ora). Anche quando si tratta di andare sulle piazze di Kiew è Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri della Spd, a figurare la sera in Tv. I commentatori hanno l’impressione che “questa Grosse Koalition sia dominata dai matador della Spd”, dice l’opinionista Hajo Schumacher. E che la Cdu si limiti a seguire il carro socialdemocratico. O a infilarsi in progetti più o meno astrusi come “l’Autobahn-Vignette”, il pedaggio autostradale che Alexander Dobrindt, ministro dei Trasporti della Csu, vuole far pagare agli automobilisti stranieri. Anche per l’elezione di Jean-Claude Juncker al Accerchiata da Renzi a Roma, Hollande a Parigi e dalla Spd sia a Berlino che a Bruxelles trono della Commissione europea non è che la “Queen of Berlin” abbia fatto – con le sue titubanze – una bella figura. Accerchiata da Renzi a Roma, Hollande a Parigi e dalla Spd sia a Berlino che a Bruxelles, oggi la Merkel pare “una Regina sulle difensive”, ha titolato il quotidiano Die Welt. Ma l’apparenza inganna. Nel ranking dei politici più seguiti, stilato a fine giugno da Der Spiegel, la Kanzlerin risulta – con 77 punti - la più stimata dai tedeschi (al 2° posto, con 74 punti, Joachim Gauck, il presidente della Repubblica). E se domenica prossima dovessero votare, la Cdu raccoglierebbe il 39 o il 40 per cento dei voti. È l’1 per cento in meno di quanto Angela Merkel ha spuntato alle ultime politiche. Ma il 15 per cento in più di una Spd che fa oggi il bello e cattivo tempo a Berlino. Ma non si stacca dal 25 per cento in cui è crollata da oltre quattro anni. Domenica LIBERO D’AGOSTINO DA LUGANO SI GUARDA ALL’ITALIA D a Lugano si guarda a Milano per l’Expo 2015 e a Torino per una collaborazione tra le due città nel campo delle attività culturali, per l’università, lo sport e il turismo. Se n’è discusso nel recente incontro tra una delegazione del municipio cittadino con il sindaco del capoluogo piemontese Piero Fassino e alcuni assessori comunali. Una collaborazione orientata anche alla prossima apertura del Lac. Cultura e turismo vanno ormai di pari passo su un mercato dell’offerta sempre più internazionalizzato, in cui le singole città per contare, e attrarre, di più uniscono le forze. Nonostante la crisi che ha investito le finanze comunali, Lugano ha conservato e sta, anzi, incentivando, la capacità di guardare oltre i suoi confini e quelli del cantone. Anche per questo non ha voluto rinunciare alla partecipazione all’Expo. Il municipio, a parte qualche eccezione, sa che non è isolandosi che si assicura la rinascita economica della Città, ma aprendosi al mondo come in passato. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 31 virgolette tra Lavoro&Terza età L’assicurazione integrativa della pensione, da opportunità per finanziare altre scelte di vita a sogno infranto di una nuova esistenza L’intervista “Costruirsi una casa? È la soluzione migliore” Il consiglio dell’economista sulla previdenza I Domande&risposte Ricomincio dal Michele Blasucci “C’è un’importante riduzione delle libertà personali. Lo Stato continua a mettere dei paletti alle iniziative e alle scelte individuali” Alberto Montorfani “Il cittadino è di sicuro più accorto nel gestire i propri soldi dei vari fondi d’investimento in cui finiscono i capitali” “secondo pilastro” somma sopportabile poteva avviare un’attività. Senza finanziamenti, tra l’altro diventati difficilissimi da ottenere anche dalle banche, molti dovranno rinunciare”. Più che una proibizione sui prelievi, si dovrebbero trovare altre soluzioni, magari legate all’età. “Certo. Succede abbastanza spesso che ci siano persone vicine alla pensione che vogliono dei finanziamenti per cominciare delle nuove attività - nota Blasucci -. Ovvio che ci siano dubbi sulla durata o sull’intensità lavorativa che possono garantire”. Ad essere penalizzati sarebbero però coloro che hanno ancora una lunga vita professionale davanti. “L’età media di chi si mette in proprio è 39 anni - precisa Blasucci -. E molti hanno successo. Mi chiedo, perché coloro che gestiscono con attenzione i propri soldi devono pagare per pochi che non sanno far di conto? Mi pare una generalizzazione sbagliata e basata su casi isolati”. [email protected] Q@OmarRavani I timori I debiti per le ipoteche toccano cifre da record Ti-Press S iamo davanti ad una grave limitazione delle libertà personali – afferma Michele Blasucci, ceo di Startups.ch, la piattaforma svizzera di consulenza per la costituzione di nuove aziende -. Lo Stato deve finirla di mettere dei paletti alle scelte e all’iniziativa del singolo. Nessuno può impedire ad un cittadino con una situazione finanziaria stabile, anche se non florida, di avviare un’attività in proprio, di creare una piccola impresa”. Hanno lasciato uno strascico di polemiche le proposte del ministro dell’Interno Alain Berset, che vorrebbe impedire il prelievo del secondo pilastro per avviare un’attività imprenditoriale o acquistare una casa, scongiurando così il rischio che, poi, ritrovandosi con una pensione insufficiente, si debba ricorrere all’aiuto dello Stato e alle prestazioni complementari. Oltre che i neo imprenditori, Berset ha fatto sobbalzare anche il mercato immobiliare. “Il ministro va in controtendenza rispetto a quanto di buono si è fatto in questo campo negli ultimi decenni - afferma Alberto Montorfani, presidente della sezione ticinese dell’Associazione svizzera dell’economia immobiliare -. La politica adottata è stata lungimirante e ha permesso di far passare la percentuale di proprietari di abitazioni da poco meno del 30% a quasi il 50%”. Un sostegno al desiderio di tanti di costruire o acquistare casa, ma anche un grande impulso all’edilizia e all’economia nazionale. Un aiuto che col passare degli anni è stato corretto a più riprese. “All’inizio si poteva attingere senza limitazioni al secondo pilastro ricorda Montorfani -, poi si sono introdotti dei correttivi che non hanno però intaccato quel principio che vuole che il cittadino investa nella proprietà dell’abitazione, perché è un bene sicuro. Meglio in ogni caso di qualsiasi investimento fatto da un partner istituzionale”. Il pericolo dunque è che questi risparmi previdenziali vadano a foraggiare, ad esempio, fondi d’investimento e casse pensioni che non se la passano benissimo. “Proprio così conferma Montorfani -. Un proprietario accorto, la pensione se la crea da solo, senza bisogno d’intermediari. La distribuzione dei soldi attinti dai secondi pilastri è così capillare che il rischio di un crollo del mercato immobiliare, con i problemi che ne deriverebbero, è ridotto al minimo. Il cittadino è sicuramente più at- tento con i suoi soldi che non un fondo d’investimento a cui sarebbero altrimenti affidati”. Fin qui tutto bene. Ma i pensionati costretti a ricorrere alla pubblica assistenza perché non hanno più i soldi per pagare l’ipoteca? “Non c’è nessun legame provato - risponde Montorfani -. Il Consiglio federale spinge sul parlamento perché discuta le misure prima che lo studio sul collegamento fra i due fenomeni venga completato. Si vuole agitare questo nesso causale fasullo come spauracchio per far passare una proposta sbagliata”. Alla luce delle critiche, Berset ha ridimensionato il progetto, precisando che solo la parte obbligatoria del secondo pilastro sarebbe toccata dalla restrizione. Ma si tratterebbe in ogni caso dell’85-90% delle rendite. Una correzione che non rassicura Blasucci: “La situazione può diventare grave per le start up che non hanno un grande valore aggiunto. Penso, ad esempio, al piccolo imprenditore che con una 2 3 4 5 CI SONO GIÀ DELLE RESTRIZIONI? Sì. Attualmente ci sono parecchi limiti al prelievo del secondo pilastro. Ad esempio, non si può toccare la parte obbligatoria una volta compiuti i 50 anni. CHI RICORRE ALLE PRESTAZIONI COMPLEMENTARI DELL’AVS ACQUISTO DI UN IMMOBILE DEL VALORE DI 800’000 FRANCHI Percentuale dei beneficiari per cantone nel 2013 Situazione di partenza: averi propri (esclusi i fondi pensione) 125mila franchi, patrimonio 115mila franchi dai fondi pensione 7 - 9% (6 cantoni) 9 - 11% (9 cantoni) 11 - 15% (5 cantoni) 15 - 19% (6 cantoni) Averi "reali" propri (titoli, saldi contabili, 3° pilastro) Patrimonio del fondo pensione (obbligatorio) Patrimonio del fondo pensione (facoltativo) 1a ipoteca (fino al 65% del prezzo di acquisto) 2a Ipoteca (max 15% del prezzo di acquisto) SITUAZIONE ATTUALE U no dei timori che spingono la politica verso norme più restrittive per il ritiro del capitale depositato nel secondo pilastro è rappresentato dal volume dei crediti ipotecari. Un settore solo apparentemente slegato da quello pensionistico, ma che, in realtà, condiziona spesso in modo pesante il calcolo delle rendite dopo i 65 anni. Basti pensare che, in Svizzera, il volume di questi crediti supera i 689 miliardi di franchi. È, quindi, superiore al prodotto interno lordo del Paese. Su ogni singolo cittadino, dal bambino all’anziano, gravano oggi in media 86’100 franchi di debiti ipotecari. Da cosa sono condizionati? Semplice. In primo luogo dalla scelta di ritirare l’intero capitale pensionistico disponibile, nei limiti della legge, per l’acquisto di un immobile. Sia esso casa, oppure appartamento. E questo anche se in Svizzera il numero degli affittuari è sempre piuttosto elevato nel raffronto internazionale. Ad allarmare la politica, già negli scorsi anni, sono diversi aspetti legati al ritiro dei fondi del secondo pilastro. Il principale è il possibile aumento dei tassi ipotecari, che potrebbe mettere in seria difficoltà una fetta notevole di quanti si sono “indebitati” per la casa. Certo, il bene immobile è sempre commerciabile e ha un valore di mercato, ma in alcune situazioni particolari si è già assistito a pensionati sottoposti a forti pressioni per il pagamento di interessi ed ammortamenti. Un aumento rapido dei tassi d’interesse potrebbe insomma portare a situazioni difficilmente gestibili. Con un numero importante di debitori ipotecari che faticano a pagare. E, nel caso si tratti di pensionati, costretti a vere e proprie acrobazie per far quadrare i conti in assenza della rendita del secondo pilastro. Stessa situazione anche per chi ritira il capitale per mettersi in proprio. Basta un investimento sbagliato per ritrovarsi poi a carico delle prestazioni complementari. Situazioni che la politica, ora, vuole evitare. m.s. Solo la parte obbligatoria, ossia quella fissata dai minimi di legge. Il resto, quella “offerta” dal datore di lavoro e in media poco più del 10% non viene toccata dalla proposta Berset. Ti-Press OMAR RAVANI 1 COSA VIENE LIMITATO? l secondo pilastro ci sfugge dalle mani. O per lo meno è un po’ meno nostro. È quanto sembra trasparire dalla proposta fatta dal ministro Alain Berset. E secondo l’economista Paolo Pamini (nella foto) ci sarebbero in gioco anche dei diritti fondamentali. Ci troviamo davvero davanti ad un’intrusione pericolosa nelle scelte personali? “Io vedo prima di tutto un problema costituzionale. Ogni cittadino svizzero deve vedersi facilitato l’accesso alla proprietà dell’alloggio, con le misure proposte questo principio viene messo in pericolo. Ed è chiaro che c’è pure un’intromissione nelle libertà personali, anche se si tratta di soldi vincolati”. Berset cerca, però, di tutelare le casse pensioni. “Certo. Capisco la preoccupazione del ministro per quel che riguarda l’avvio di un’attività in proprio. Ci sono casi di persone che senza molta logica si lanciano nel commercio, utilizzando i soldi del secondo pilastro, col rischio di chiudere dopo poco tempo. Rispetto a ciò l’idea di Berset può essere capita, ma non di certo condivisa”. senso? Paolo Pamini In che “Mi pare si faccia di tutta l’ “La decisione giusta erba un fascio. Non si fa nessuna differenza fra chi preleva il per evitare che denaro per mettersi in proprio il denaro vada e chi lo fa per costruirsi una caIl mio giudizio negativo sula finire chissà dove” sa. la proposta deriva in gran parte da questo”. Ciò non toglie che la situazione nel settore immobiliare resti molto tesa. “Se nei prossimi anni ci dovesse essere un aumento di pochi punti percentuali dei tassi d’interesse sulle ipoteche, buona parte delle stesse non sarebbe più pagabile. D’altronde c’è anche un ventilato rischio di bolla, a cui io però non credo molto”. Considerando che l’Avs non se la passerà bene visti i trend demografici e che le casse pensioni non navigano nell’oro, molti oggi si affidano anche ai terzi pilastri. Una scelta comprensibile? “Assolutamente. Già oggi il primo pilastro in ef- 65% 520mila franchi 4% 35mila franchi 11% 85mila franchi 10% 80mila franchi 10% 80mila franchi Costi di finanziamento con tassi ipotecari del 5% e 2% 5% 2% Carico totale* 42’500 24’350 Reddito lordo minimo/anno 127’500 73’050 Reddito lordo minimo/mese 10’630 6’090 SCENARIO 1 Nuovo ammortamento 15 anni invece di 20 anni 65% 520mila franchi 4% 35mila franchi Percentuale dei beneficiari per età Donne Uomini 11% 85mila franchi 10% 80mila franchi 10% 80mila franchi Totale Costi di finanziamento con tassi ipotecari del 5% e 2% 5% 2% Carico totale* 43’917 25’767 Reddito lordo minimo/anno 131’750 77’300 Reddito lordo minimo/mese 10’980 6’440 40% * Interessi passivi del mutuo; costi aggiuntivi (1% del valore dell'immobile); ammortamento 2° mutuo 30% SCENARIO 2 Nuovo ammortamento 15 anni, senza ritiro averi cassa pensione 20% 65% 520mila franchi 10% 4% 35mila franchi 0% 64 66 68 70 72 74 76 78 80 82 84 86 88 90 92 15% 120mila franchi 16% 125mila franchi 94 Fonte: Confederazione svizzera Fonte: Credit Suisse, Meta-Sys Ag, Eidgenössische Steuerverwaltung, Geostat Costi di finanziamento con tassi ipotecari del 5% e 2% 5% 2% Carico totale* 48’000 28’800 Reddito lordo minimo/anno 144’000 86’400 Reddito lordo minimo/mese 12’000 7’200 A CHI VANNO LE COMPLEMENTARI? In particolare a tre categorie di pensionati: i ricoverati nelle case di riposo, a coloro che erano già in AI prima e chi ha versato troppo poco o per un breve periodo. QUALI SONO LE CONSEGUENZE? Secondo gli analisti la situazione delle casse pensioni sta migliorando, i problemi di gestione diminuiscono. Preoccupa invece il pagamento delle complementari. I CANTONI PIÙ SOLIDI? I cantoni che hanno meno pensionati al beneficio delle complementari sono sei, fra cui Zugo e Vallese. Il Ticino è in coda con Ginevra, Giura e Vaud. fetti è un’imposta che il cittadino paga per mantenere in vita il sistema attuale. L’Avs non sarà più sostenibile a medio-lungo termine e per questo molti giovani rischiano di non vedersi restituire i soldi che versano. E lo stesso purtroppo potrebbe accadere anche alle casse pensioni”. Cioè? “Prendiamo l’esempio dei dipendenti dello Stato. Chiunque abbia una certa età ed è vicino alla pensione, non può non guardare al suo futuro con molta preoccupazione. Basta infatti vedere le manovre varate di recente per il risanamento del fondo pensionistico. Fossi un dipendente cantonale, la prima cosa che farei con quei soldi sarebbe quella di costruirmi una casa”. Non è una scelta un po’ estrema? “Certo, la mia è anche una battuta. Ma la realtà è che al giorno d’oggi chi ha un secondo pilastro potrebbe correre il rischio di vedere usati i suoi soldi per manovre legate al riequilibrio economico della previdenza sociale. Un pericolo non molto lontano nella situazione attuale, purtroppo”. Quindi la soluzione ideale è quella di costruirsi una casa e togliere i soldi dalle casse pensioni? “Sì. È una delle soluzioni più pratiche per evitare che i soldi vadano persi in attività che hanno poco a spartire con il rendiconto personale. Perché anche se le cose dovessero andare male, l’abitazione rimane comunque come garanzia. Con l’incasso di una vendita si riappianerebbe l’ipoteca e il gioco sarebbe fatto”. Più in generale qual è il rischio maggiore che intravede nei prossimi anni? “Un rischio di tipo regolatorio. I soldi potrebbero essere destinati ad altro uso e recentemente ne abbiamo avuta la dimostrazione, con la proposta di Berset. E ci potremmo trovare, se la proposta superasse lo scoglio del parlamento, davanti a delle situazioni paradossali e gravi”. Quali ad esempio? “Facciamo il caso che qualcuno abbia deciso di prelevare i soldi della cassa pensione in questi ultimi mesi per comprare una casa. Se l’idea di Berset diventasse realtà, prima dei tre anni durante i quali bisogna attendere per ottenere il denaro, i soldi rimarrebbero di fatto congelati. Una situazione sgradevole, nella quale si troverebbero paradossalmente coloro che hanno agito nel migliore dei modi possibile, visto l’andamento attuale”. o.r. Le scelte La politica teme i possibili effetti “del ritorno” in patria di cittadini in difficoltà dopo qualche anno Partire all’estero con il capitale sarà ancora possibile, anche se... U na volta in pensione, lascio tutto e me ne vado all’estero. Magari dove vivere costa molto meno rispetto alla Svizzera. Una delle possibilità finora lasciate aperte dalla legge sul secondo pilastro per il ritiro del capitale previdenziale, è proprio quella del trasferimento definitivo in un Paese straniero. Scelta che rimarrà libera anche nel caso entri in vigore la riforma-Berset, ma che preoccupa la politica (in particolare Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati), visto che mancano statistiche precise al riguardo, soprattutto sull’impatto che la decisione di Non ci sono dati certi sui beneficiari di rendite pensionistiche fuori dai confini nazionali e l’Avs si inquieta trasfersi all’estero può avere sulle casse dell’Avs e delle assicurazioni complementari. Dati che la Camera alta ha espressamente chiesto al governo. Un cittadino svizzero, infatti, può tornare in patria in qualsiasi momento. E, nel caso in cui avesse esaurito i soldi del secondo pilastro, potrebbe richiedere la complementare. Pesando direttamente sulle casse dello Stato. Dalle statistiche oggi disponibili emerge qualche dato interessante. Principalmente dalle cifre relative ai 732.153 connazionali domiciliati fuori dai confini na- zionali ad inizio 2014. Ebbene, la cosiddetta “Quinta Svizzera” – che in patria avrebbe le dimensioni del Canton Vaud – è in realtà formata da soli 141.081 “over 65”, mentre ben più elevata è la percentuale di chi ha tra i 18 e i 65 anni, ossia si trova nella fascia d’età in cui si ancora lavora. Dati che si spiegano innanzitutto con la netta preponderanza di Paesi come Francia e Germania, dove vive oltre un terzo di questi svizzeri all’estero. Che diventano oltre la metà considerando l’insieme dell’Europa (438mila gli elvetici nei soli Paesi Ue). Ci sono poi delle eccezioni. In Stati come São Tomé e Principe, Micronesia o Kiribati c’è, ad esempio, un solo svizzero, ma – come sottolinea anche il dipartimento degli Affari esteri – ormai in quasi tutti i Paesi abita almeno un cittadino rossocrociato. Con comunità di un certo peso, ad esempio, in Paesi come Brasile, Thailandia o Nuova Zelanda, dove il numero dei “pensionabili” rispetto al totale sale maggiormente. Anche perché, almeno nei primi due casi, vivere con 2'500 franchi al mese di rendita significa già godersi un buon tenore di vita. Basti pensare che nel grande Paese sudamericano che ha appena ospitato i Mondiali, il salario minimo garantito è di circa 300 franchi svizzeri al mese, somma che normalmente viene anche chiesta per l’affitto di una casa nelle zone non troppo centrali delle città dove il turismo non la fa da padrone. m.s. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 32 tra virgolette Effetti speciali sulla tavola col food design L a pizza è il più grande oggetto di design della storia, assieme ai jeans. Ma dei jeans si può fare a meno. Lo ha detto Oliviero Toscani, fotografo geniale e autentico guru pubblicitario. Perfetta nel colore, nella forma e nell’immagine. Ed è questo che l’ha fatta diventare un’icona planetaria. In realtà per decretare il successo di un cibo il disegno è importante quanto il sapore. Non a caso si dice che anche l’occhio vuole la sua parte. E lo scrive a chiare lettere la storia della gastronomia. Prima di tutto la mitica cena di Trimalcione, raccontata nel primo secolo da Petronio nel Satiricon, dove uno zodiaco di gourmandise fa bella mostra di sé al centro della tavola imbandita tra cascatelle di vino. Da un lato viene posizionata una griglia d’argento ricoperta di salsicce sfrigolanti con sotto tanti chicchi di melagrane che imitano la brace sfavillante. Dall’altro sta un cinghiale arrostito con due canestri appesi al dorso ricolmi di datteri freschi e secchi. E quando un servo colpisce il fianco dell’animale con una lama di coltello dalla ferita esce volando uno stormo di tordi, catturati e cotti al momento dagli uccellatori. Millequattrocento anni dopo un altro geniale food designer stupisce con effetti speciali. È Giuseppe Arcimboldo, famosissimo per le sue teste composte, dei trompe-l’oeil di frutta e verdura a guisa di volti umani. Così il piatto si scompone e diventa personaggio. Ma è nella Francia del Re Sole che il cibo diventa opera d’arte grazie a un talento straordinario come quello di François Vatel - benemerito per aver inventato la deliziosa crema chantilly – nonché creativo imbanditore di banchetti divenuti leggendari. Nominato nel 1663 contrôleur général de la bouche del Grand Condé, il vincitore della celebre battaglia di Rocroi. Oggi il food design non ha più a disposizione le architetture favolose delle tavolate di corte, ma deve dare il meglio di sé nella monoporzione. Così gli chef fanno a gara per trasformare il piatto in un microcosmo di meraviglie. Bello da vedere e buono da mangiare. Per stuzzicare pupille e papille dell’individuo di massa. di CAROLINA Ingredienti per 4 persone - 300 g di farina per pane - 5 g di lievito secco da forno - 1 cucchiaio di zucchero - 1 cucchiaino da tè di sale - 40 g di burro a temperatura ambiente - 1 uovo - 175 ml di latte a temperatura ambiente Orsetti di pane ELISABETTA MORO LA RI ETTA oltreilcibo Per decretare il successo di un piatto l’immagine conta quanto il sapore. Fino a diventare un’opera d’arte Mescolare la farina e il lievito in una grande ciotola. Aggiungere lo zucchero e il sale e impastare bene. Aggiungere l'uovo e il latte e mescolare. Prendere l'impasto dalla ciotola e lavorarlo. Aggiungere il burro e impastare altri 5-10 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio, omogeneo e leggermente lucido. Fare una palla e metterla a riposare in una terrina leggermente infarinata e coperta con della pellicola alimentare. Dopo 1 ora e mezzo, l'impasto avrà raddoppiato il suo volume. Preriscaldare il forno a 200° gradi. Prendere l'impasto e cercando di manipolarlo il meno possibile, dividerlo in 16 porzioni. Formare una palla per ogni porzione, ad eccezione di una che verrà usata per le orecchie. Mettere le palline su una teglia foderata con carta da forno e modellare le orecchie facendo delle piccole palline con l'impasto rimanente. Per far attaccare le orecchie alla testa inumidire appena con un po’ d'acqua. Lasciar riposare 15 minuti. Cuocere gli orsi circa 10-15 minuti, fino a doratura a 200° gradi. Lasciar raffreddare e con una penna dall’inchiostro commestibile disegnare gli occhi e il naso. &’ /*)* ;QQE9 +, #2-2* ,#& + & 2 2 # + !,#"&.* D:EJQ +#, (#-# 03@>6C 63@ NQEQI 3@ DQEQ8ENQD; :BBE9 BBBE9 !CA 4OCAC )CL74CC? D:EJF $::Q’0=11M8:% FLD >S>NSN * %4>,3 !59, 2;10/6C( .245 ) ?86C #$B * - # ""’? ’& * "2:73)A $" 6?<<@;<- 72@,3 * "2:+5 .2::5 /CC # (&!,*-+*. 30FF0F=B4 I<8J4BC0:4 ?4B <=F41==9 FLD 0>>S>@ 0>D>S $&’&) "&!*. 0C4 :029 )=F41==97 06 >5@DA -F44: FLD 00>I>> M>D>4 (%’&$ ’*$&.#!% I38= +! -?4094B -KCF4; /5HG FLD 0IIHM5 &&’&) &’;9,? =.;;’ P?GLF’ 29;9’;. "=L.F,9G+?O=L ,’; NSDSHDNS@5 ’; @SDS0DNS@5D #?= +O<O;’*9;. +?= ’;LF9 *O?=9J’LL9P9L( ,9 G+?=L?D %?;? @ A.RR? A.F +;9.=L.D 9=? ’, .G’OF9<.=L? G+?FL.D # !"" DA >5@ !1%+.#4/ )./ #,,& /1& 56066 ’ $/.2&*.#4/ %/-#.+( $F,9=’F. O= ’FL9+?;? 3=? ’;;. ?F. NSDSS 9= O=’ 3;9’;. ? GO QQQD9=L.F,9G+?O=LD+8 . F9L9F’F. 9; 69?F=? 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Ripetute tante e tante volte - “Mediterraneopontefraorienteeoccidente”, “Mediterraneocrogiolodiculture” espressioni del genere sono diventate un ronzio indistinto, di quelli che magari un tempo avranno avuto un significato, ma di sicuro oggi l’hanno perso. Tu le ascolti, e ai tuoi centri nervosi arriva soltanto un suono familiare e conciliante, “Mediterraneopontefraorienteeoccidente”, che rassicura e provoca sonnolenza. Ancora un paio di volte, “Mediterraneocrogiolodiculture”, e il sonno è assicurato. Diciamo la verità: a forza di avercelo sempre nelle orecchie e sotto gli occhi, il Mediterraneo l’abbiamo perso di vista e non siamo più in grado di ascoltare la sua voce. L’intera Europa è diventata sorda e cieca. Pur trovandosi per gran parte in riva al Mediterraneo, ha deciso di voltargli le spalle. Non ne vogliamo più sapere, di questa massa d’acqua così ingombrante, che unisce e separa le genti - le unisce quando invece secondo noi sarebbe stata fatta per tenerle separate. Le notizie che provengono dal fronte Mediterraneo ci raccontano una guerra che non abbiamo voglia di combattere. Di vincerla, certo, sempre: ma di combatterla no. Almeno non a titolo personale. Per combatterla abbiamo delegato le apposite autorità, che hanno pieni poteri, mezzi e competenza per procedere in autonomia. Abbiamo fatto le leggi, e sono leggi che hanno consentito di voltare le spalle al Mediterraneo senza dovercene più preoccupare. Era nostra intenzione guardare altrove, in direzione Nord-Ovest, da dove ci aspettiamo provengano ancora e sempre grandi progressi per la civiltà. Da Sud-Est, invece, solo seccature. Per questo motivo ogni volta che arrivano notizie dal fronte del Mediterraneo, ci prende un infastidito scoramento che degenera spesso in insofferenza. Ma come? Ancora uno sbarco? Ancora un naufragio? Ancora tutti questi morti? Come è possibile? Avevamo dato disposizioni perché questi fatti non succedessero più e invece ecco che continuano a succedere. Questo interferisce e pesa molto sulla nostra coscienza. Sia sulla coscienza di chi vorrebbe che le persone sull’altra sponda restassero dove sono, sia di quelli che hanno il buon cuore di impietosirsene. Entrambe le categorie, per motivi diversi, sono accomunate da una medesima caratteristica: non vorrebbero sentire più parlare né di sbarchi, né di naufragi, né di migrazioni. Per noi abitanti del nord-occidente del mondo, in preda alla sonnolenza, ogni notizia in arrivo dal canale di Sicilia rappresenta uno schiamazzo che ci fa sussultare, disturba il nostro sonno civile. Le notizie, se sono sempre uguali, smettono presto di essere notizie e diventano prima ronzio e poi silenzio. Ma certe volte la sonnolenza viene scavalcata, se qualche evento supera il livello di assuefazione. Muoiono cinquanta, cento, duecento persone, e per forza il nostro quotidiano del mattino deve parlarne, venendo a turbare la quietezza del nostro breakfast continentale. Allora possiamo reagire in maniere diverse. Possiamo voltare la pagina del quotidiano che stiamo leggendo, passando ad altre disgrazie che avvengano magari un po’ oltre l’orizzonte della nostra finestra di casa. Oppure possiamo indignarci, gridare che è una vergogna, che mai più, mai più deve succedere una tragedia del genere. Possiamo scrivere la parola “vergogna” a caratteri cubitali sulla nostra pagina di facebook e metterci dieci punti esclamativi. Tutta questa indignazione, tutti questi punti esclamativi magari possono diventare massa critica e addirittura muovere i governanti a stringere nuovi accordi bilaterali, oppure a introdurre una nuova legge più restrittiva. Oppure a rafforzare i pattugliamenti, spostarne più a sud il raggio d’azione, di modo che il problema rimanga lontano dalle nostre coste. Qualcosa di asettico, insomma, che ci consenta di concentrarci sulle cose che ci interessano veramente. Forse, ecco: la miopia del mondo nord-occidentale consiste nel vedere la questione sotto il mero profilo della cronaca, e non della storia. Quel che succede fra una sponda e l’altra del Mediterraneo non è materia da quotidiani o settimanali. È materia da libri di storia. Non è con una semplice legge nazionale, magari dettata dalla contingente convenienza elettorale, che si può affrontare un problema di portata storica, anche se si declina con uno stillicidio quotidiano. Una legge nazionale è un cucchiaino adoperato per raccogliere e travasare tutta l’acqua contenuta nel Mediterraneo. Mentre noi cerchiamo di liquidarla con insofferenza, cronaca dopo cronaca, la storia si va sedimentando. Questi anni, per i nostri posteri, saranno quelli della Grande Migrazione. E noi quasi non ce ne accorgiamo. Procrastiniamo, facciamo finta di niente. Deleghiamo, pensiamo ad altro. Ma il problema rimane. Perché le migrazioni periodiche sono sempre esistite nella storia dell’umanità. Bisogna fare i conti con fattori economici, climatici e sociali che vanno molto oltre il raggio di competenza di uno Stato nazionale, e che rendono le grandi migrazioni un fenomeno inevitabile. La razza umana è nata in Africa, e dall’Africa è partita per colonizzare il mondo, nel bene e nel male. Solo che la colonizzazione dei nostri remoti antenati avveniva in una maniera meno eroica di quanto ci fa comodo immaginare. Non partivano spinti dalla curiosità di sapere cosa c’era oltre il confine del loro mondo conosciuto. No, non era curiosità. Era fame. Anche allora: avvilentissima fame. Ci fa comodo pensare che si tratta di eventi avvenuti migliaia di anni fa, ma non è così. La storia non si è mai fermata. L’Africa è sempre stata una pentola lasciata sul fuoco, che si surriscalda periodicamente e, come fanno le pentole, se ne frega di qualsiasi coperchio. Quando gli ingredienti arrivano a ebollizione, il contenuto si rovescia dove capita. Ora noi questo fenomeno possiamo contenerlo, rinviarlo, rimuoverlo, persino rifiutarlo a priori. Ma ciò non toglie che è avvenuto, avviene. E avverrà anche in futuro. Mare Nostrum I SOCCORSI Qualche settimana fa solo in due giorni sono stati oltre 2.600 gli immigrati soccorsi nel mare di Sicilia LA MISSIONE La Marina militare italiana ha dedicato la missione “Mare Nostrum” al recupero degli immigrati IN GIUGNO I profughi recuperati dalla Marina militare italiana soltanto nel mese di giugno sono stati più di 22 mila LE VITTIME L’Onu stima che siano morti circa 500 migranti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno IN SALVO Un gommone carico di migranti uguale ai tanti che in queste settimane approdano sulle coste siciliane Corbis ROBERTO ALAJMO IL CAFFÈ 20 luglio 2014 34 tra Per molti le pellicole di sole immagini e didascalie sono il punto massimo dell’arte Il film muto che inebria lo snobismo culturale MARIAROSA MANCUSO Nel capolavoro di Thomas Bernhard, uno dei grandi maestri della prosa austriaca, l’intensità drammatica è condensata in un resoconto quasi cinico del caos I relitti di angoscia e dolore segnano il perturbamento MARCO BAZZI “R ecensore del caos”. Così Claudio Magris ha definito Thomas Bernhard, uno dei grandi maestri della prosa austriaca. “Perturbamento” è il suo capolavoro. Un libro di un’intensità drammatica straordinaria, anche se nel racconto non accade nulla di particolare: è semplicemente un resoconto, quasi cinico, protocollare, di relitti del dolore. Bernhard è uno di quei rari scrittori che hanno rivoluzionato il linguaggio. Il suo stile è inconfondibile. I periodi sono a volte interminabili, caratterizzati da lunghi incisi, da labirintici accavallamenti del discorso, che spesso è un monologo, recitato o riportato dal protagonista. La storia è semplice: un medico condotto della Stiria fa un giro di visite, accompagnato dal figlio, il narratore. “Il ventisei mio padre già alle due del mattino prese la macchina e andò a Salla, da un maestro che trovò morente e lasciò morto, e ripartì subito dopo per Hüllberg, per curarvi un bambino che in primavera era caduto in un mastello per maiali pieno di acqua bollente”. La sensazione di “perturbamento”, acuita dalla descrizione di una natura ostile, aleggia nel romanzo dall’inizio alla fine, con alcune punte estreme. Come nella scena degli uccelli uccisi, decine di uccelli esotici “dal piumaggio bellissimo”. Muore l’uomo che li allevava e suo fratello, il mugnaio, autorizza il figlio a sopprimerli: “Da tre settimane era morto, e da quel momento in poi erano cominciate le terribili strida degli uccelli”. Bernhard descrive il metodo R ecitazione da cinema muto. Lo diciamo quando un’attrice strabuzza gli occhi e si aggrappa alle tende, mentre l’attore fa i passi della pantera rosa sorprendendo la fedifraga con l’amante, batte i pugni sul petto, si sbraccia minacciando vendetta, tremenda vendetta. Le sfumature sono arrivate dopo, con l’arrivo del sonoro e la celebre frase che apriva “Il cantante di jazz”, anno 1927: “Aspettate un momento, aspettate un momento, non avete ancora sentito niente”. La trama, con gli occhi di oggi, brilla per scorrettezza politica: Jakie non vuole cantare in sinagoga, com’è tradizione per i maschi della famiglia Rabinowitz. Preferisce il jazz, quindi si dipinge la faccia di nerofumo nella tradizione dei “minstrels show”, gli spettacoli con i bianchi che si travestivano da neri per scimmiottarli. Ne parla Mark Twain nella sua autobiografia, e Spike Lee lancia le sue accuse in “Bamboozled”, pregevole soprattutto per la sua collezione di manifesti e giocattoli razzisti: inserisci la IL CANTANTE DI JAZZ Il film del 1927, diretto da Alan Crosland e nterpretato da Al Jolson, segna la nascita dell'era del cinema sonoro dell’esecuzione: “Prima si attorcigliava più volte con grande rapidità il collo dell’uccello al dito indice e poi gli si schiacciava la testa”. La prima parte di Perturbamento sembra costruita per aprire la porta sul castello di Hochgobernitz, dove vive il Principe Saurau. Una sorta di filosofo pazzo – “Ho sempre la febbre, dottore, ma la mia è una febbre che non si vede sul termometro” - che vive nella solitudine e nel ricordo dei passati splendori della sua stirpe. “E io giudico tutto il resto, tutto il mondo partendo da me, dal mio cervello, da questa specie di Hochgobernitz spirituale”. La storia e le riflessioni del Principe sono un romanzo nel romanzo. “Penso alla stupidità di tutti i modi di dire, dottore, alla stupidità, alla stupidità in cui l’uomo vive e pensa”. Ma il Principe è veramente pazzo o è solo un uomo che giudica il mondo con la lucidità di chi se n’è distanziato? Anche al castello tornano gli animali morti, questa volta a causa di un’alluvione. “Tutta la zona era investita da un odore non molto forte ma ‘perfido’ di cadaveri putrefatti – molti animali annegati erano ancora incastrati sulle due rive della Ache, bestiame squarciato, gonfio, in parte ‘tranciato dalla violenza dell’acqua’ (…) poi Saurau aveva continuato a gridare la parola decomposizione, la parola processo di putrefazione e la parola diluvismo, finché a un certo punto aveva parlato della devastazione presente nella sua testa a causa dei rumori dentro il suo cervello, una devastazione che era molto più grande di quella che si vedeva laggiù, sulle rive della Ache”. (5-continua) moneta e lo schiavetto mangerà l’anguria. Nella lista dei dilemmi mai risolti – fateci caso: celebriamo un’autobiografia dicendo che “si legge come un romanzo”, e poi nelle fascette dei romanzi scriviamo “tratto da una storia vera” – la “recitazione da cinema muto” si scontra con la teoria dei duri e puri. I critici e i cultori della materia convinti che le pellicole di sole immagini e didascalie fossero il punto massimo dell’arte. E che i dialoghi fossero una volgarità buona per gli spettatori pigri e privi di fantasia. Tra gli eroi della resistenza contro il sonoro spicca Luigi Pirandello, che per il cinematografo scriveva – quando aveva bisogno di soldi – ma sotto sotto se ne vergognava. Possiamo leggere la sua profezia di sven- lacinetecadelmondo lalibreriadelmondo virgolette tura a proposito delle pellicole parlanti, tra altri giudizi perentori e clamorosamente smentiti di lì a poco, nel libro di Gian Piero Brunetta “Spari nel buio”. Prove alla mano, dimostra la sua tesi: quando scrivono di cinema, gli intellettuali italiani sono miopi sempre, e ciechi nei casi più gravi. Una volta però si davano almeno la pena di vedere il film in questione. Oggi va molto la frase “Io, ovviamente, il film non l’ho visto”. Seguono articoloni, con richiamo in prima pagina, dove questo o quel titolo funge da pretesto per discettare sui pericoli di internet, sul precariato dei giovani, sulla comicità femminile, sulla crisi della politica, sulle smemoratezze dell’Alzheimer. “Che barba, che noia, che noia che barba!”, sbottava Sandra Mondaini in “Casa Vianello”. Quando François Truffaut diceva “che ognuno di noi ha due mestieri, il proprio e quello di critico cinematografico”, almeno i dilettanti capivano qualcosa di inquadrature, di regia, di trama e di recitazione. (5-continua) IL CAFFÈ 20 luglio 2014 35 tra virgolette L’intervista La società “Certi Paesi mantengono delle regole medievali” I René Bossi © ilcaffè Tra nuclei domestici ricomposti, unioni gay, figli adottati e poligamia, la legge rincorre a fatica la rivoluzione dei costumi sociali La nuova famiglia ha già anticipato tutti i suoi “diritti” C oppie di fatto, unioni omosessuali, famiglie ricomposte, figli naturali, acquisiti, adottati... La società non ha aspettato che la Confederazione adeguasse diritto di famiglia, si è praticamente “autoregolamentata”. Una realtà sotto gli occhi di tutti, ma che non ha evitato di arroventare il dibattito quando si è saputo che in futuro nel nuovo diritto di famiglia, potrebbero rientrare temi scabrosi quale l’incesto e persino la poligamia. Ipotesi come quelle indicate nella perizia commissionata da Berna a Ingeborg Schwenzer, docente di diritto privato all’università di Basilea. Anche se il Consiglio federale ha promesso il suo rapporto entro la fine del 2014, la sensazione è che sarà chiamato a decidere tenendo conto di una situazione già esistente. Sensazione condivisa sia dai sociologi che dagli esperti di politiche sociali, concordi anche nel ritenere superate dagli eventi le leggi in vigore. “Il dibattito è impegnativo, ma la priorità è tutelare tutte le situazioni famigliari che sono normalissime nella vita di tutti i giorni, ma che non hanno corrispondenza giuridica - sottolinea il sociologo Sandro Cattacin, docente all’università di Ginevra -. In Svizzera c’è, comunque, un’apertura nella relativizzazione dell’istituto famigliare, e non può che essere così, considerato che nel Paese più della metà delle famiglie è ‘ricomposta’, ricreata dopo separazioni e divorzi con figli di partner diversi”. L’adegua- mento per un diritto di famiglia più moderno e coerente, corrispondente al contesto sociale attuale e futuro, è dato per inevitabile da Giuliano Bonoli, docente di politiche sociali all’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica (Idheap) dell’università di Losanna: “La società è abbastanza pronta e tollerante verso le nuove forme di ‘famiglia’ ma le leggi seguono con una certa inerzia i cambiamenti già in atto - osserva Bonoli, che è anche membo della Commissione federale per il coordinamento delle questioni familiari (Coff) -. Tra l’altro il dibattito in corso è complicato più da questioni giuridico-amministrative come la valutazione dei costi sociali che comporterebbero le nuove norme”. Quando gli esperti discutono, l’ideologia passa in secondo piano, conferma Cattacin: “Bene ha fatto, quindi, l’Ufficio federale di giustizia a dare la priorità, anche nella giornata di studio che s’è tenuta da poco a Friborgo, alla tutela dei minori che sono la componente più importante della riforma. La parte normativa è sicuramente caotica, ma è anche vero che i modelli di ‘famiglia’, da quella tradizionale alle coppie di fatto, si sono moltiplicati diventando ormai una costellazione e affinché non si manifestino ingiustizie sarà inevitabile affrontare questioni giuridiche, non previste, anche in tribunale”. Questioni giuridiche e normative che non sarà comunque facile dirimere se, come sembra, il nuovo diritto di famiglia equiparerà tutte le convivenze di coppia, etero o omosessuali che siano, includendo magari le relazioni “poligame”, quelle con più persone, conviventi o amanti. “C’è già in seno alla Commissione un vivace dibattito sui conviventi che contribuiscono, economicamente, all’economia famigliare - ricorda Bonoli -. Del resto, la società evolve e i cambiamenti devono essere regolamentati; è raro che le leggi anticipino i mutamenti sociali e, per quelle forme d’inerzia che ho già ricordato, cambiare legge è sempre più difficile che non cambiarla. Fatto sta che, a differenza dell’Avs, molte casse pensioni già prevedono la reversibilità a favore del partner. E basta osservare i formulari degli asili nido per constatare modelli di famiglia diversificati, con caselle e ruoli impensabili anni fa”. e.r.b. LE FAMIGLIE IN SVIZZERA 2012, in migliaia con una persona 1220.9 con due persone 1136.0 con tre persone 463.9 con quattro persone 449.9 con cinque persone 155.6 con sei o più persone 62.4 LA POPOLAZIONE IN CIFRE 1.5 Il numero di figli, in media, per donna in Svizzera 2.6 Persone per economia domestica in Svizzera 2.19 Persone per economia domestica in Ticino Fonte: Statpop l diritto di famiglia è sotto revisione un po’ in tutti i Paesi del continente, come è in discussione il concetto stesso di famiglia. La sociologa Chiara Saraceno, esperta italiana nell’Osservatorio della Comunità europea sulle politiche per combattere l’esclusione sociale, è convinta che il dibattito debba comunque concludersi con alcune certezze. “Soprattutto nella definizione di famiglia, e già non è facile, con la diversificazione dei modelli esistenti, stabilire chi ha accesso a questo riconoscimento - spiega Saraceno -. Da un lato c’è il riconoscimento della consistenza sociale di queste realtà, con tutti gli effetti legali che comporta; dall’altro l’esigenza dell’estensione all’accesso al ‘matrimonio’ alle coppie cui finora era precluso”. Quindi un diritto di famiglia coerente e moderno non è solo un obiettivo della Svizzera? “Certo che no, tutta l’Europa è coinvolta in un dibattito con posizioni difficilmente conciliabili; alcuni Paesi sono fermi ancora al medioevo per quanto riguarda il diritto di famiglia”. Lo scoglio maggiore è sempre rappresentato dalle unioni omosessuali? “No, visto che sono molti i Paesi che ormai le prevedono; Francia e Regno Unito sono stati CHIARA SARACENO Sociologa, nell’Osservatorio Ue sulle politiche contro l’esclusione sociale gli ultimi in ordine di tempo. Il dibattito semmai si è spostato sul diritto genitoriale. C’è un moltiplicarsi di modelli tra l’avere, adottare o comunque ottenere un figlio”. Tra le novità allo studio ci sarebbe anche la valutazione della poligamia... “È un problema aperto, più per l’aspetto pratico, quello dei costi sociali, che per quello ideologico. In realtà la poligamia è molto praticata nei fatti, ma nessun Paese Ue, che io sappia, si sogna di legalizzarla. Penso che sia una soglia più intangibile dell’omosessualità; persino in Olanda, che ha praticamente permesso tutto sul concetto di famiglia, sulla poligamia non transige”. Sul tavolo c’è anche l’ipotesi di un allentamento del divieto all’incesto... “La cosa non mi scandalizza. È forse utile ricordare che anni fa era considerato incesto anche il rapporto tra cugini, zii, mentre ora è ridotto allo strettissimo rapporto familiare diretto. Ma oltre a questa asimmetria generazionale bisogna prendere in considerazione e pronunciarsi su altre forme di ‘incesto’. Come la mettiamo, ad esempio, con i figli adottivi o quelli di matrimoni precedenti del partner, riconosciuti come figli ma senza legame di sangue?”. Qual è il primo passo, il più importante nel nuovo diritto di famiglia per tutti i Paesi? “Se si vuole considerare ‘famiglia’ tutti i tipi d’unione e allargare anche il concetto di genitorialità, occorrerà stabilre un termine, una data, un periodo riconosciuto giuridicamente per questa comunità. Quindi, a mio parere, il periodo - che potrà essere di due, tre o più anni - non può che iniziare con i crismi dell’ufficialità dell’unione civile. Unione civile che, come ho detto, in molti Paesi non è ancora presa in considerazione”. Pagina a cura di GastroSuisse e GastroTicino Settimana dopo settimana l’analisi di tutti i temi, gli studi, gli argomenti, i problemi e le norme dell’offerta di ristoranti e alberghi. Una pagina indispensabile per gli operatori del settore LARISTORAZIONE & L’ALBERGHERIA & GastroNews Caccia al risotto, iscrizioni in chiusura I difetti relativi agli spazi locati QR-Code A Locarno per ristoranti, produttori e gruppi di carnevale Il 13 e 14 settembre avrà luogo a Locarno il primo “Festival del risotto”, organizzato da GastroLagoMaggiore e Valli e Ticino a Tavola. Sabato “Caccia al risotto” con il lancio dell’omonima rassegna gastronomica aperta a tutti i ristoranti del Locarnese che dal 13 al 21 settembre possono partecipare tenendo in carta almeno un piatto di risotto cucinato a discre- GastroDiritto zione dello chef. Per lanciare la rassegna, il sabato sera davanti ai ristoranti di Piazza Grande, chef locali e ospiti cucineranno risotti che i buongustai potranno assaporare, partecipando all’estrazione di ricchi premi. Domenica 14, invece, “1° Campionato ticinese del risotto” destinato a gruppi di carnevale e gruppi di enti, associazioni e simili. Non mancheranno mercatini di prodotti locali e animazioni. Ristoranti, gruppi, produttori si iscrivano inviando un mail a [email protected] entro il 27 luglio. L’inquilino deve segnalare il difetto al proprietario. Se il difetto è grave potrebbe anche recedere dal contratto. Altrimenti egli può pretendere di farlo eliminare a spese del proprietario dopo avergli fissato un termine ragionevole. Inoltre, se il difetto pregiudica l’uso dell’ente locato, è possibile pretendere una riduzione della pigione. Occorre però prima depositare la pigione (o parte di essa) all’ufficio di conciliazione ed entro 30 giorni dal deposito effettuare una istanza brevemente motivata al predetto ufficio, allegando pure il contratto di locazione. L’ufficio di conciliazione (che di regola non applica tasse e spese) cercherà di consigliare una soluzione equa: se le parti non si accordano, si andrà poi dal giudice. Non si può quindi decurtare a libero piacimento il versamento della pigione, ma va seguito un iter regolato nel Codice delle obbligazioni: altrimenti è l’inquilino a finire nel torto. m.g. Senza diploma esercenti sconfitti Iva che discrimina la ristorazione, Expo 2015, importanza della formazione e accoglienza sono stati al centro della recente consegna dei diplomi cantonali alla Scuola esercenti di GastroTicino. Dopo essersi complimentato con gli allievi per il loro impegno e aver assicurato ai futuri esercenti l’appoggio di GastroTicino, il segretario cantonale Gabriele Beltrami ha accennato a due importanti dossier, la votazione sull’Iva e l’Expo 2015 (vedi articolo in taglio basso). È toccato poi a Ermanno de Marchi, presidente della Commissione d’esame, salutare il Cancelliere dello Stato Giampiero Gianella che, con la sua presenza, “rafforza la volontà dell’Esecutivo, avvallata dal Legislativo, di mantenere la collaudata verifica delle competenze mirate per gestire un esercizio pubblico. Vedo male, e ne sento anche i riscontri negativi, la scelta di alcuni Cantoni di liberalizzare il settore ossia optando per nessuna verifica di idoneità e competenza di chi si accinge ad aprire un locale. Un vero autogol per non dire sconfitta”. De Marchi ha poi aggiunto che “la ristorazione è un settore ar- ticolato in cui il successo è frutto di passione, professionalità, impegno ma anche la capacità di sintonizzarsi con la continua evoluzione. L’impegno l’avete dimostrato come allievi e candidati agli esami; avete acquisito le nozioni fondamentali per impostare al meglio la vostra attività: mettetele in pratica. Ora il Michela Gamboni (miglior media) durante la consegna dei diplomi a GastroTicino successo è nelle vostre mani”. Ma in un periodo di difficoltà e di continui cambiamenti, il mettersi alla prova è diventato una tappa obbligata. “Lo è ancor più - ha detto Gianella - se l’attenzione è rivolta a un’attività, quella esercentesca, che della società avverte immediatamente gli umori, le sofferenze le Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo sistema di comunicazione. Scaricando con un qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei QR-code e facendo la scansione del QR-code che vedete in questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del QRcode e potrete cliccare sulla notizia per leggere questa settimana: > Il nuovo libro “In simbiosi con la natura“ > I vincitori de “Il grotto dei misteri 2014“ > “Clean Up Day“ anche a Lugano GrazieGastro! Un bel concorso con ricchi premi per i clienti Liberalizzare il settore della ristorazione? Un autogoal! Ecco perché la formazione è importante La ristorazione è un settore chiave per la Svizzera. Votare SÌ il 28 settembre sostenendo l’iniziativa popolare “Basta con l’Iva discriminatoria per la ristorazione”, è nell’interesse dell’industria ricettiva e quindi di tutti noi. La ristorazione svizzera fa molto per il nostro Paese. Perché? Scopritelo leggendo le sei motivazioni sul sito www.graziegastro.ch/di-cosa-si-tratta/ partecipando anche a un concorso con ricchi premi. Gli esercenti sono invitati a utilizzare tovagliette, volantini, locandine ed espositori da tavolo dove sono descritte le 6 ragioni più importanti che fanno della ristorazione uno dei settori chiave per la Svizzera. Chi vuole utilizzare i mezzi a disposizione può ordinarli gratis sul sito www.basta-discriminazione-iva.ch, ma si può anche telefonare a GastroTicino per verificare se il segretariato ha ancora materiale in deposito. Ecco la quarta ragione che ci spinge a votare un SÌ convinto. La ristorazione rappresenta un settore sociale di spicco poiché, come quasi nessun altro settore > crea posti di lavoro per gruppi che di norma hanno più difficoltà sul mercato del lavoro > rappresenta un punto di incontro sociale > offre la possibilità di stare in compagnia. La ristorazione contribuisce quindi in modo determinante all’elevato tasso di attività di tutta la Svizzera. speranze, la realtà quotidiana”. Il fatto di disporre di una formazione adeguata è, quindi, una condizione imprescindibile per assolvere con senso di responsabilità il proprio compito. Ma c’è di più. “Un paese a vocazione turistica come il Ticino deve pretendere da chi intende svolgere questa attività professionale, che la assolva con il giusto spirito e dedizione; oso dire che debba affrontare il proprio compito quasi come una missione”. Occorre immedesimarsi con il cliente, assicurando gentilezza, disponibilità e competenza. Molto è stato fatto e si sta facendo da parte di GastroTicino per migliorare il servizio ai clienti. “Ma non basta: chi si mette a disposizione per questa attività deve essere consapevole che non lo fa fine a sé stesso, ma in una realtà che vuole esprimere qualità ed eccellenza. Solo così il Ticino può prendere di competere alla pari con altre realtà in concorrenza con noi”. Si è quindi svolta la cerimonia di consegna dei diplomi con il premio Swica attribuito a Michela Gamboni di Vogorno con la media del 5.9. Complimenti. a.p. Ecco TicinoVino Wine estate, una rivista per gustare il Ticino La Federazione esercenti e albergatori è preoccupata per le conseguenze a livello economico e turistico Votazione Iva ed Expo 2015, dossier importanti 40% 20% 40% 30% 10% 10% 20% 15% 40% 30% 20% 25% 20% 10% 25% 20% 45% 10% 30% 40% 20% 40% 50% 20% 10% 30% 30%10% 40% 10% 40% 20% 30% 50% 20% 30%40% 20% 30%50% spiegato che GastroTicino sostiene la partecipazione ticinese a Expo 2015. “La vicinanza con Milano ci impone di fare il possibile per promuovere il nostro Cantone invitando i milioni di turisti che giungeranno da ogni parte del mondo, a visitare anche il Ticino. In questo senso GastroTicino ha partecipato alla raccolta fondi da parte dei privati, per sostenere gli sforzi delle autorità cantonali e ha già avviato alcune iniziative che contribuiranno a farci conoscere oltre confine”. Non sfruttare tale opportunità sarebbe un errore. 50% 40% 10% 20% 25% 15% 40% 30% 30% 50% 30% 20%10% 30% uno dei più importanti fiori all’occhiello con il quale il nostro Paese si presenta ai turisti svizzeri e stranieri. Questo 10% 20% settore e i suoi clienti sono tuttavia discriminati poiché per lo stesso prodotto i nostri clienti pagano l’8% mentre quelli dei take-away il 2.5%. Lo scopo è parificare l’Iva applicata alla gastronomia e ai take-away. In questo modo, ne risulterebbero rafforzati sia il settore alberghiero e della ristorazione, sia i posti di lavoro e di formazione”. Occorre quindi mobilitarci subito e sostenere in modo attivo la campagna lanciata da GastroSuisse. Approfittando della presenza del Cancelliere dello Stato, Beltrami ha poi 40% 15% Spesso la ristorazione è soggetta a provvedimenti dalle conseguenze molto negative. Un esempio? Quello fornito dal segretario cantonale di GastroTicino, Gabriele Beltrami, durante la cerimonia di consegna dei diplomi di esercente. “Il 28 settembre voteremo sull’iniziativa popolare lanciata da GastroSuisse Basta con l’Iva discriminatoria per la ristorazione. Vincere questa votazione è nell’interesse dell’industria ricettiva e di tutti i clienti! L’industria ricettiva è uno dei settori economici trainanti in Svizzera ed è anche noranco - Losone 35% 25% 30% 45% 20% 25% 50% 10% 40% 50% 40% 30% da 50 anni facciamo Quadrare i vostri conti www.ipppergros.ch Fresca di stampa, la rivista trimestrale TicinoVino Wein (Rezzonico Editore) giunge in questi giorni nelle case degli abbonati. Il numero estivo apre con un articolato servizio su un tema scottante, il rapporto tra paesaggio e viticoltura, e in seguito propone interviste ai viticoltori Daniel Huber di Monteggio e Paolo Hefti di Verscio, al presidente della Federviti Giuliano Maddalena, ai coniugi Lupi del Grotto Fossati di Meride (una Mecca per gli amanti del vino). Gustose ricette e abbinamenti cibo-vino sono suggeriti da chef e sommelier creativi (Yves Bussi, Peter Raith, Paolo Gabriele, Emilio Del Fante), ggio mentre il viaggio tra i sapori Paesa oltura ic e vit futuro? fa tappa per degustare la gazquale zosa, simbolo dell’estate ticinese, un buon gelato artigianale, il formaggio “bleu” prodotto quest’anno per la prima volta in Ticino. In sommario troviamo pure la storia di un’azienda (Mulino Maroggia), di un vigneto antichissimo (a Bigorio), i ricordi di un alpigiano che ha trascorso tutta la vita sulle montagne onsernonesi, le proposte stuzzicanti del Centro Pro Natura Lucomagno (un esempio? dormire in una tenda mongola con vista sul cielo stellato). Nelle news alcuni anniversari importanti (Tamborini e Zanini) e i risultati del Mondial du Merlot 2014. La rivista, edita da Rezzonico a Locarno, è bilingue (italiano e tedesco) e ampiamente illustrata. Solo su abbonamento (091 756 24 10). O2 NUMER 2014 ANNO GI E VINO FORMAG IO DEL CON EMIL IAMO DEGUST FANTE ESE ” TICIN O “BLU IL PRIM XIV ESTATE LA A TAVO ERI DELL TA DI LA RIVIS CHI AMA I PIAC GE HTEN WEINBER D USSIC NFTSACHAFT UN ZUKU DS FÜR LAN r s Hube e Jona i vini Daniel e buon passione , Capriasca ra Magica rio a Cond da Bigo Maroggia, dal 1888 Mulino ticinese farina bontà lgia one le A Semizienda Base dell’a GT09072014 Cedesi ben avviato Ristorante completo di inventario a Lugano, oltre 100 posti a CHF 140’000.- trattabili. Causa cessazione attività per meritata pensione. Interessati scrivere a cifra Eventuali interessati potranno contattarci al seguente indirizzo: GASTROTICINO -Via Gemmo 11 - 6900 Lugano Tel. 091 961 83 11 - Fax 091 961 83 25 www.gastroticino.ch OFFERTE SCRITTE CON INDICAZIONE DELLA CIFRA. NON SONO DATE INFORMAZIONI TELEFONICHE L’itinerario IL CAFFÈ 20 luglio 2014 1° giorno 4° e 5° giorno 9° giorno Ticino – Windhoek (via Johannesburg con pernottamento a bordo) I San, il Namib e le dune di Sossusvlei (320 km) Damaraland, Twyfelfontein e Etosha (320 km) 6° giorno 10° giorno Il deserto del Namib e Swakopmund (380 km) Etosha e il safari (300 km) 2° giorno Arrivo a Windhoek nel pomeriggio e tempo libero per scoprire il centro cittadino o per il relax 3° giorno Il deserto del Kalahari 7° giorno 11° giorno Escursione a Walvis Bay e Sandwich Harbour e rientro a Swakopmund Etosha, Okahandja (mercato del legno) e Windhoek (410 km) 8° giorno 12° giorno Cape Cross e la Costa degli Scheletri (350 km) Partenza per il Ticino (via Johannesburg) Le mete 37 tra virgolette IL PAESAGGIO Dead Vlei nel Namib Naukluft Park GIÒ REZZONICO T ra dune spettacolari, paesaggi lunari e incontaminati, deserti rossi, distese di lava e canyon maestosi prosegue il nostro itinerario in Namibia (per la puntata precedente vedi “il Caffè” di settimana scorsa a pagina 41). Dal deserto del Kalahari, che delimita il Paese ad est, ci spostiamo verso ovest per visitare il deserto del Namib, che dà il nome allo Stato e si estende per oltre 2000 chilometri lungo la costa oceanica. La strada che collega i due deserti attraversa un paesaggio lunare: le montagne hanno riflessi rossi e verdi e la terra del fondo della pista è violacea. UNA MAGIA FORGIATA DAL VENTO Le dune di Sussusvlei, le più alte al mondo, nel Namib Naukluft Park sono uno spettacolo indimenticabile. Si ergono attorno ai letti bianchissimi di antichi laghi prosciugati, che mettono in risalto lo straordinario color albicocca della sabbia del deserto. Le tonalità di colore mutano a seconda della posizione del sole, ma al tramonto la tavolozza dei rossi è indescrivibile. Anche le forme delle dune, forgiate dal vento, sono in perenne mutamento. Il luogo più magico del parco è certamente Dead Vlei, un lago prosciugato circondato da una corona di dune. Sulla distesa bianca dell’antico bacino si profilano spettrali gli scheletri di alcune piante morte 500 anni fa. Sculture e colori di cui è artefice la natura, il più grande artista al mondo! Gli studiosi ritengono che il deserto del Namib risalga a 80 milioni di anni fa e sia uno dei più antichi della Terra. Pare sia stato forgiato dalle sabbie del Kalahari, dello stesso colore, trasportate dal fiume Orange fino al mare, da lì spinte a nord dalle fredde correnti artiche del Benguela e infine trasportate lungo la costa dalle onde del mare. Le dune di Sussusvlei – la più alta raggiunge i 350 metri – si possono scalare con grande fatica, perché i piedi sprofondano nella sabbia e si avanza molto lentamente, come camminando nella neve fresca. Un altro luogo magico della regione è il Sesriem Canyon, profondo 30 metri e lungo 1 chilometro, scavato dal fiume Tsauchab. Lo si può percorrere a piedi lungo il letto del fiume ormai prosciugato, perché qui non piove da ben tre anni. N AMIBIA Sulle dune più alte al mondo LA Al tramonto lo straordinario color albicocca della sabbia si colora di rosso. In crociera sulla costa oceanica in compagnia di foche che saltano a bordo e delfini che sfrecciano tra le chiglie dei catamarani. E, per finire, il fotosafari all’Etosha National Park, uno dei più grandi e suggestivi dell’Africa VERSO LA NEBBIOSA COSTA OCEANICA Il deserto del Namib si addentra per 70-150 chilometri nell’entroterra ed è delimitato a ovest dall’Oceano e ad est da una catena montuosa, che dà accesso all’altipiano centrale: una sorta di spina dorsale molto abitata, che ospita anche la capitale della Namibia. Una strada sterrata corre ai limiti del deserto e lungo le montagne. Si attraversa dapprima uno scenariospettrale di dune pietrificate, quindi un profondo canyon. A Solitaire, uno dei rari villaggi che si incontrano lungo il tragitto, uno svizzero gestisce una pasticceria nota per produrre il miglior strudel di mele della Namibia. La tratta più spettacolare la si percorre però, prima di raggiungere la costa, fiancheggiando la Valle della Luna: come indica bene il nome, il paesaggio è davvero lunare e ricorda quello della celebre Dead Valley nel sud ovest degli Stati Uniti. Avvicinandosi al mare il clima cambia, diventa inaspettatamente fresco, a causa delle fredde correnti antartiche, e spesso anche nebbioso, soprattutto in mattinata. È un fenomeno che si verifica lungo tutta la costa oceanica della Namibia e non senza conseguenze per il deserto del Namib, definito dagli studiosi “un deserto che vive”. UN DESERTO CHE VIVE La costante presenza di nebbia, che si inoltra per una trentina di chilometri nell’entroterra desertico lungo la fascia costiera, favorisce la presenza di specie animali e vegetali che hanno saputo adattarsi alle esigenze dell’ambiente, ricavando da questo particolarissimo ecosistema l’acqua necessaria per sopravvivere. L’esempio più eclatante è quello della Weltschia, una delle piante più antiche al mondo. Nei pressi della Valle della Luna se ne possono ammirare vari esemplari, ma in particolare una che, secondo gli studiosi, ha addirittura 1600 anni di vita. Questo vegetale, con oltre due metri di diametro, non spicca per bellezza ed è curiosamente imparentato con le conifere. Trae i liquidi, di cui ha bisogno per sopravvivere, soprattutto dalla condensazione della nebbia e solo in quantità limitata dal sottosuolo. TRA OTARIE E PELLICANI La località più nota della costa è Swakopmund, una cittadina che ospita ancora diverse famiglie di origine tedesca, i cui antenati si sono stabiliti in Nami- LA NATURA Sopra, animali al pozzo nell’Etosha National Park; accanto, Sussusvlei, le dune più alte del mondo bia quando il Paese era una colonia dell’Impero germanico. La presenza di numerosi edifici di fine Ottocento e d’inizio Novecento, risalenti all’epoca coloniale, dà l’impressione al turista di trovarsi in una cittadina tedesca sulle rive del Mare del Nord o del Mar Baltico. La costa ed il suo mare ospitano numerosi animali: soprattutto fenicotteri rosa, che si radunano in grandi stormi attorno alle pozze, otarie (una specie di foca), presenti con una colonia di 100mila esemplari, pellicani e delfini. In partenza da Swakopmund o dalla vicina e più moderna Walvis Bay, che come molte altre cittadine attraversate durante il nostro viaggio ricorda l’edilizia dei villaggi americani, vengono orga- si insabbiò. Venne allora inviato un aeroplano, che sprofondò nella sabbia e non riuscì più a decollare. Infine, per mettere in salvo i naufraghi fu necessario Etosha inviare un convoglio di camion via terra. National Park La spettacolare terra del Damaraland è famosa per le incisioni rupestri e per i safari alla ricerca degli elefanti del deserto (una specie di diN mensioni ridotte), che è possibile incontraA re con un po’ di fortuna effettuando un’escursione in fuoristrada 4x4 attraverM so un territorio sensazionale. Damaraland I A Twyfelfontein, invece, si possono ammirare incisioni rupestri realizzate B alcuni millenni fa. Si tratta di 2500 imI magini rilevate su circa 200 lastre di A arenaria rossa, che rappresentano leoWindhoek Swakopmund ni, elefanti, rinoceronti, zebre, antilopi, giraffe e struzzi presentati in forma stilizzata, ma con precisione di dettagli. La datazione di queste opere d’arte, che Sossusvlei appartengono al Patrimonio mondiale Deserto dell’Unesco, è alquanto incerta, ma gli del Kalahari studiosi ritengono si possa collocare tra i 3 e 5mila anni fa. nizzate delle crociere per un incontro ravvicinato con questi simpatici animali. Le goffe foche, che raggiungono un peso medio di 200 chilogrammi, salgono a bordo dei catamarani come animali addomesticati e si lasciano carezzare mentre il capitano offre loro freschi pesciolini di cui sono golosissime: ne mangiano in medie 15 chili al giorno. I pellicani atterrano con eleganza sugli scafi e introducono il loro lungo becco arancione all’interno dei finestrini per ricevere pure loro i pesciolini. I delfini giocano con l’imbarcazione a due chiglie collocandosi nel bel mezzo del catamarano ed esibendosi in tuffi vertiginosi. Un’altra esperienza indimenticabile è la gita di 60 chilometri in fuoristrada 4x4 lungo un paesaggio incontaminato e incantevole, che si snoda sulla sabbia in riva al mare da Walvis Bay a Sandwich Harbour per poi inoltrarsi nelle dune. I piloti delle vetture 4x4 si sbizzarriscono in acrobazie che lasciano i turisti senza fiato. Ma poi, per farsi perdonare, apparecchiano una tavola imbandita in riva al mare con ostriche e champagne. LE ANTICHE INCISIONI RUPESTRI Il nostro itinerario prosegue verso il Damaraland, la terra del popolo damara, una regione arida e ricca di arenaria che colora le montagne di rosso. Ma prima di abbandonare la costa incontriamo uno dei tanti relitti di navi vittime dei fondali marini in perenne mutamento di questa insidiosa costa oceanica. A questo proposito si racconta la drammatica storia di una nave inglese che nel 1942 trasportava militari e passeggeri. Dopo essersi arenata chiamò in soccorso un’altra imbarcazione della flotta britannica, ma pure essa NELL’ OASI DEGLI ANIMALI SELVATICI Il nostro viaggio si conclude, prima di tornare nella capitale per il rientro in aereo, con la visita dell’Etosha National Park, uno dei parchi più grandi e più famosi di tutta l’Africa. Aree di savana, immense distese di cespugli spinosi, zone di fitta foresta, pianure sconfinate, un grande lago salato (per il momento prosciugato perché non piove da tre anni), e numerose pozze, costituiscono l’ambiente ideale per una moltitudine di animali selvatici. Il metodo più sicuro per avvistarli e fotografarli consiste nell’appostarsi nelle vicinanze di una pozza ed osservare il loro avvicendarsi nel rispetto della gerarchia che regola il mondo animale. In ordine di importanza ogni specie Per saperne di più Namibia Polaris, Firenze 2011 Namibia Dumont, Milano 2013 Namibia Lonely Planet, Torino 2010 aspetta pazientemente il suo turno: dapprima gli elefanti, poi i predatori, quindi gli erbivori e infine i volatili. In una sola giornata abbiamo avuto l’opportunità di vedere diversi gruppi di elefanti giocare con il fango nell’acqua, un leone che dormiva satollo davanti alla carcassa di una giraffa che aveva appena assalito e in parte divorato, una famiglia di leoni che si avventava sua una sventurata preda. Più da lontano abbiamo avvistato anche due ippopotami. Ma abbiamo avuto l’opportunità di ammirare anche molti altri animali: giraffe, zebre, gazzelle di ogni specie, gnu, sciacalli, una iena e due aquile. Una giornata davvero proficua se confrontata con quanto avviene in altri parchi, dove è difficile avvistare gli animali. 2-fine (La puntata precedente è stata pubblicata domenica 13 luglio) IL CAFFÈ 20 luglio 2014 38 tra l’incontro virgolette Chi è Agenzia Fotogramma Il 77enne scrittore, giornalista, attore, conduttore e produttore radiotelevisivo italiano. Ha anche scritto e recitato per il teatro cabaret, in dialetto piemontese “Ho ascoltato il papa di nascosto” P ALESSANDRA COMAZZI ersonaggio eclettico e colto, Bruno Gambarotta, nato ad Asti nel 1937, scrittore (il suo ultimo giallo, “Ombra di giraffa”, edito da Garzanti), presentatore, attore, ex cameramen, conduttore di quiz “laterali”. Come “Porca miseria”, in onda su Raitre negli anni ‘90, Un quiz “sociale” con Fabio Fazio, Patrizio Roversi e Gambarotta stesso, che voleva dimostrare come fosse (o non fosse) possibile per la cosiddetta famiglia media italiana - quella che guadagnava allora 2 milioni 560 mila lire il mese (circa duemila franchi) - sopravvivere, tenendo conto degli imprevisti e degli sgambetti della vita. Le domande erano di questo tipo: se le scale del vostro palazzo sono state insozzate con scritte antisemite, contribuite con 100 mila lire alla pulitura? Oppure: dovete spendere 200 mila lire per il vostro cane: le spendete o lo abbandonate? Ancora: avete l'occasione di sottrarre 300 mila lire a una vostra vicina di casa che non se ne accorgerebbe: le prendete o no? Fazio conduceva, Roversi controllava, Gambarotta detto B.G. (“che - chiosava - non vuol dire ‘Big Gim’: Big Gim è un culturista e i culturisti hanno un grissino bagnato in mezzo alle gambe”) faceva il notaio all'antica, provvisto di corredo con dodici pezzi di tutto lenzuola, federe, camicie, fazzoletti - e un po’ suonato. Gambarotta si impegna in molte cose: lavora, scrive, Bruno mangia, racconta aneddoti. Uno è quello del papa. Era il 1964, lui faceva il cameraman. Era andato, con tre squadre di ripresa Rai, al seguito di Paolo VI in Israele. La sera del 5 gennaio si trova nella legazione apostolica di Gerusalemme, dove c’è l’orto del Getsemani, per documentare lo storico incontro tra il papa cattolico e il patriarca ortodosso Atenagora. Non si parlavano da mille anni. “Io stavo su un trabattello per riprendere l’entrata della stanza dove si sarebbero incontrati - racconta -. Dovevano vedersi alle 17, invece tutto slittò alle 21. Noi avevamo molta fretta perché dovevamo andare a Betlemme, dove l’indomani il pontefice avrebbe celebrato la messa nella basilica della Natività. Consideriamo che allora non c’era il satellite, le riprese venivano registrate su Ampex, portate all’aeroporto, in questo caso di Amman, messe sull'aereo: raggiunto Ciampino, arrivavano alla Rai scortate dalla polizia. Andavano in onda qualche ora dopo, neanche tanto. Quindi eravamo di corsa, agitati. Il papa e Atenagora a un certo punto restano soli, parlano in francese, colloquio segreto. Ma i colleghi avevano dimenticato il microfono acceso. Io in cuffia sento tutto. Arriva un agitatissimo dirigente Rai che prima spera che io non capisca il francese; poi mi fa giurare che non ne parlerò con nessuno: e così è stato, quello che dissero me lo porterò nella tomba. Poi, mentre smontiamo tutto, resta un obiettivo nella stanza dell'incontro, dove intanto a Paolo VI le suore servono la cena, non Gambarotta c’era più tempo per andare da un’altra parte. Io entro, lui sta mangiando il risotto alla milanese. Mi vede, smette di mangiare, spalanca gli occhi, mi guarda stupito, io allargo le braccia e dico: ‘Santità, l’obiettivo’, e me ne vado arretrando”. Come davanti a Luigi XIV. Ogni tanto fa la tv personalmente, Gambarotta. Aveva affiancato Adriano Celentano in qualcuno dei suoi magici show, rari ma metodici, controversi e sempre seguitissimi. Gli fu accanto nel 1987, anche come autore, a “Fantastico 8”. Alla vigilia di un referendum sulla caccia, Celentano mostrò un filmato di Greenpeace sul massacro dei cuccioli di foca e invitò a scrivere sulla scheda elettorale “La caccia è contro l’amore”. Anzi, per l’esattezza scrisse “e” senza accento, e da lì si autodefinì “il re degli ignoranti”. Gli fu accanto in “Svalutation”, nel 1977, programma ma pure canzone, riproposta di recente da Raphael Gualazzi, sembra scritta ieri. Talvolta diventa poliziotto, come nella serie del “Commissario Manara”, con Guido Caprino: “Capelli lunghetti, basettoni, occhialoni, arriva col giubbotto di pelle, la moto e l’aria trasandata in questo commissariato di provincia. Io sono l’agente centralinista, emigrato dal Piemonte. Lo vedo e gli indico l’ufficio passaporti, penso sia un globetrotter perduto e sfaccendato. Invece è il nuovo capo”. Il passato di cameraman è una miniera. “Un doppio hurrà per Nonna sprint/ la vecchia che è più forte di un bicchiere di gin/ la sola sua vista fa venire uno shock/ e tutti i suoi nemici metterà kappaò”: era la sigla di “Giovanna, la nonna del Corsaro Nero”, mitico programma della tv dei ragazzi Anni ‘60. Il ricordo è inversamente proporzionale alla reale presenza, perché intorno alla “Giovanna” c’è mistero. C’è un giallo. È scomparsa, lei e tutto il girato. “La prima edizione dello sceneggiato per ragazzi, datata 1961, fu effettivamente trasmessa in tempi in cui non era possibile registrare - ricorda Gambarotta-. Ma poi si andò avanti fino al 1966, e le cose erano cambiate: con l’arrivo dell’Ampex si registrava su nastri magnetici. Eppure, di quel mitico sceneggiato non v’è traccia: essendo diventato intanto un vero oggetto di culto, la memoria lo mantiene vivo, la negazione di sé lo perpetua. E dunque, nella mostra al Vittoriano di Roma per i 60 anni della Rai, Giovanna la Nonna ha avuto una sezione tutta per sé”. Una rassegna viaggiante: dopo Roma alla Triennale di Milano, quindi in concomitanza con i 90 anni della radio, tappa a Torino. Gambarotta è certo: “Il ruolo dell’indomita Giovanna ha portato fortuna alla sua interprete, Anna Càmpori, che ha 97 anni, è lucidissima, solo ci sente poco. Accanto a lei c’erano il maggiordomo Battista (Giulio Marchetti, che ripeteva sempre ‘mi sia consentito il dire, signora contessa’) e il nostromo balbuziente Nicolino (Pietro De Vico), che aveva un indice di gradimento del 100 per cento: loro non ci sono più. Sono in forma, invece, la regista Alda Grimaldi, la costumista, autrice dei bozzetti regalati alla Rai, Rita Passeri, la coreografa Susanna Negri e io stesso, l’ex cameraman, non mi lamento”. Tutti di Torino perché a Torino si girava. Si è recuperato il copione della prima puntata, con la disposizione delle camere. Gambarotta non dimentica: “Io ero ancora provvisorio, sostituii un collega che aveva mollato la posizione, anche se lui ha sempre negato. E da lì continuai per tutta la durata della trasmissione. Si faceva una settimana di prove, di sala e in studio, e poi si girava, in diretta. Una volta che ci fu un errore importante alla fine di una puntata, si rifece tutto. Io ero stato appena assunto, ricordo che un bel giorno giravano sullo spiedo certi polli così invitanti. La tradizione vuole che, quando in scena c’è qualcosa di commestibile, una volta finito di girare, si mangia. E sui polli si avventarono le ballerine. Io non ebbi il coraggio di competere, ancora adesso ho dei rimpianti”. IL CAFFÈ 20 luglio 2014 39 leopinioni Un recente viaggio in Namibia mi ha fatto riflettere sulle difficoltà che le giovani democrazie africane incontrano per costruire un futuro e superare le sgradevoli eredità dell’epoca coloniale. E questo anche in un Paese come la Namibia, che ha enormi potenzialità economiche e non è dilaniato da lotte religiose (l’80 per cento della popolazione è cristiana). Iniziamo dalle potenzialità di questa giovane democrazia, nata nel 1990. Una prima opportunità è rappresentata da un territorio splendido e vastissimo (grande tre volte l’Italia), abitato da poco più di 2 milioni di abitanti, con una concentrazione media di 2 persone per chilometro quadrato. Grazie alla bellezza dei suoi paesaggi estremamente variegati la Namibia ha sviluppato un turismo di elevato livello e in continuo sviluppo: oggi rasenta il milione di visitatori all’anno. APPUNTI DI VIAGGIO GIÒ REZZONICO Un’altra ricchezza del Paese è rappresentata dalla presenza di minerali di ogni genere: oro, argento, stagno, rame, piombo, zinco, pirite, fluorite, eccetera, ma soprattutto diamanti e uranio. Dalle miniere di diamanti namibiane proven- gono le gemme più pure al mondo. E per quanto attiene all’uranio la Namibia ospita la miniera più ampia della terra. Grazie alle correnti fredde antartiche la costa oceanica della Namibia figura tra le dieci regioni più pescose al mondo. Molto importante è anche l’agricoltura, che direttamente o indirettamente offre tuttora da vivere al 70 per cento della popolazione ed è particolarmente orientata verso l’allevamento del bestiame (80 per cento del reddito del settore). Il sottosuolo namibiano sembra essere ricco anche di gas e di giaci- menti di petrolio: si sta procedendo a trivellazioni. Nonostante queste enormi potenzialità e sebbene il reddito medio pro capite sia il più alto del continente dopo il Sud Africa, il 50 per cento degli abitanti vive tuttora al di sotto del livello di povertà. Questo è dovuto al fatto che il 5 per cento della popolazione, in prevalenza bianca, controlla i tre quarti dell’economia. E sono proprio questi i difficili retaggi del periodo coloniale con cui deve confrontarsi la Namibia indipendente. Ripercorrendo le tappe prin- RENATO MARTINONI LIDO CONTEMORI Se è alle nostre porte che bussa la povertà I discorsi di Francesco e il potere dei cristiani CHERUBINO. Anche chi si era allontanato dalla chiesa, a capo chino, passando dalla finestra, per non dare troppo nell’occhio, sta rientrando a fronte alta dal portone. Ce n’è ben donde, del resto. Non ha peli sulla lingua, il Santo Padre! Mica come certi che, quando aprono la bocca, non si capisce se parlino arabo o cinese. Francesco dice pane al pane e vino al vino. Ha spiegato a chiare lettere che i mafiosi sono degli scomunicati, non gente che vive in comunione con Dio. Anche se tengono la lupara sulle pagine aperte della Bibbia. Anche se chiudono i loro pizzini invocando la Trinità. L’uomo arrivato dalla fine del mondo (come mi dispiace, io tifavo per l’Argentina e invece hanno vinto quei diavoli di tedeschi) incontra le vittime di coloro che alcuni, giù sulla terra, chiamano preti pedofili e scaglia il suo anatema contro quegli infami peccatori. Più di recente poi il pontefice ha urlato con un filo di rabbia, tenendosi la papalina che il vento, il bricconcello!, voleva portargli via: i religiosi sono religiosi, non uomini di potere. Pensino a pregare, non ad arraffare le torte o a spartirsi il marzapane. Che cosa avrà mai voluto insinuare? Volo a domandarlo all’arcangelo Gabriele. CARONTE. Le parole sono parole e i fatti sono fatti. Come la mettiamo con le processioni che sostano davanti alle ville dei mafiosi perché la Madonna si inchini ai mammasantissima? Come spieghi che certi monsignori proteggono i pedofili? È dura la guerra contro i demoni! E come godo quando trasbordo all’inferno le anime dei dannati. Franceschie’ sogna di mettermi in pensione? Guai a voi, anime prave! Mai sarà vuota la barca del vecchio Caronte! Che dire poi dell’ammonimento del papa: i religiosi sono religiosi, non uomini di potere. Che i credenti lascino dunque la borsa dei pilleri a noialtri poveri cristi. E che snocciolino invece il rosario. Tu dici che i religiosi non sono uomini di potere? Ma apri un po’ gli occhi, Cherubino, e vedi quante battaglie, ogni giorno, dietro le quinte, combatte chi parla di devozione e predica la spiritualità! Pur di tenere le mani sul lardo si mettono in combutta perfino con i massoni! E quanto sono abili, certe congregazioni che operano in Dio, e certe comunioni di fedeli, a disseminare i loro adepti nelle stanze dei bottoni. Per accaparrarsi il potere e per distribuirselo fra di loro! Rispondi che lo fanno a fin di bene? Ma dàlla da bere ai mamelucchi! A certe frottole possono credere soltanto i cherubini. Non certo i demoni. Siamo pratici della vita, e delle sue miserie, noialtri! E, visto come si comportano certe sue pecorelle, astute più delle volpi, non sarà certo un papa a farci cambiare idea. Caro Diario, è difficile immaginare fino in fondo la realtà e la fatica di vivere dei poveri. E il girone di chi è lambito da questa piaga, che allarga i cerchi della depressione, è purtroppo molto affollato, ovunque. Ogni povero è uno sfregio alla dignità della persona. Si fa alla svelta a liquidare il problema con i numeri. Le statistiche colpiscono per un attimo, talvolta ci impressionano, ma scivolano via veloci dalla memoria. PROPRIO in questi giorni sono state diffuse le cifre di quanti sono in affanno nello sbarcare il lunario in Svizzera: ben 590 mila persone. Positivo il fatto che la percentuale in questi ultimi anni sia rimasta stabile, ma crescono le zone a rischio e i fattori precipitanti. Attorno a noi è generalmente peggio. In Italia una persona su dieci è diventata povera: il numero di coloro che vivono al di sotto di standard di vita decorosi è raddoppiato in 6 anni, salendo da 3 a 6 milioni. Dati sottostimati parlano di 11 milioni di francesi lambiti dal tasso di povertà, che preoccupa la stessa florida Germania. SI FA ALLA SVELTA a scivolare nel baratro. A poco a poco perdiamo il ritmo o subiamo contraccolpi non previsti o immaginati e ci troviamo indietro, spazzati, in progressiva perdita di tenuta. La povertà è un’oppressione umiliante, è la negazione di ciò che l’uomo dovrebbe avere, casa, lavoro, scuola per i figli, una certa prospettiva di sicurezza e di serenità. PER FORTUNA ci sono sensibilità diffuse e braccia che si fanno carico di andare incontro alle fasce deboli, ai “feriti” dalla quotidianità, agli esclusi, agli ultimi degli ultimi, dentro le loro angosce, le loro disperate solitudini e le loro rabbie. Basti pensare nel Ticino all’opera benemerita, sull’arco di tutto il sacrosanto anno, da Fra’ Martino e tutto l’equipaggio dei 250 volontari che lo affiancano con il Tavolino Magico e alla Mensa della Resega: sono centinaia ogni giorno, da Chiasso a Biasca, a Grono, le persone aiutate. Poi ci sono le San Vincenzo, la Caritas, Emmaus, molte iniziative e molti gesti che sfuggono all’evidenza della cronaca: ma sono mani tese verso chi arranca e a volte non trova neppure la forza di bussare, magari frenato dalla discrezione, dalla compostezza, dalla vergogna (che dovrebbe essere, invece, di chi causa e di chi fa sprofondare nell’afflizione). DICEVA l’Abbé Pierre, che portò la sua rivoluzione dei cuori anche nel Ticino con una gemmazione di solidarietà: “Se tu soffri, io sto male. Vi sono momenti in cui tutto questo grida forte in me, perché il male degli altri diventa veramente il mio“. La speranza viene anche dall’attenzione agli altri. Addio alle lettere di una volta, prima di scriverle ci pensavi DOMENICA IN FAMIGLIA MONICA PIFFARETTI ilcaffè Settimanale di attualità, politica, sport e cultura cipali della sua storia si può ben capire come il processo di mutamento per giungere a una più equa distribuzione del reddito sarà lungo e difficile. Ventiquattro anni di indipendenza sono ben poca cosa di fronte a secoli di dominazioni estere: i boeri, i tedeschi, gli inglesi, i sudafricani. Non si dimentichi inoltre che il Paese deve ancora fare i conti con la scomoda eredità dell’apartheid, che di fatto ha diviso la Namibia tra bianchi e neri. Un’altra insidia è rappresentata dal fatto che la Namibia è uno stato multietnico, creato senza tener conto dei territori occupati in passato da queste differenti popolazioni. Lo strumento principale per affrontare tutte queste sfide è stato individuato nell’istruzione. Oggi l’84 per cento della popolazione è alfabetizzato. Sulla formazione si stanno investendo molti soldi e grandi energie, ma mancano gli insegnanti. FOGLI IN LIBERTÀ COLPI DI TESTA GIUSEPPE ZOIS la ribalta in una nuova forma anche per i bambini. Bambini che, non appena lasciati da parte pannolini e biberon, iniziano i primi contatti ravvicinati e personalizzati con il mondo delle nuove tecnologie. Non più carta e penna, colori, pastelli per disegnare i primi meravigliosi scarabocchi, ma già uno schermo per toccare, muovere, colorare, disegnare. Un incontro episodico non è la fine del mondo, ma, quando e se il digitale precoce diventa abitudine di gioco e sostituisce i vecchi arnesi, beh, ci si deve interrogare anche sulle conseguenze. Direttore responsabile Lillo Alaimo Vicedirettore virgolette Passato coloniale e apartheid, pesante eredità della Namibia IL DIARIO La calligrafia specchio dell’anima. Alcuni lo credono e alcuni provano persino a decodificarla. A scorgere fra le sue lettere e i suoi spazi il carattere, l’umore, l’anima di chi impugna penne, pennarelli, matite per magari tracciarne profili psicologici, o a svelarne segreti nascosti. Comunque sia, finora bastava preoccuparsi che tutti imparassero a scrivere. A, B, C…e via, una lettera dopo l’altra come è stato per ognuno di noi sui primi banchi di scuola. Oggi, invece, il problema dell’abilità alla scrittura potrebbe tornare al- tra Libero D’Agostino Caposervizio grafico Ricky Petrozzi Un foglio e una matita, che davvero li puoi toccare e giostrare fra le dita, aprono mondi di fantasia, danno gli stimoli necessari al cervello, ma per- Ripuliamo la posta elettronica come si svuota il secchio della spazzatura mettono anche al bambino di apprendere a muovere la mano, ad affinare, giocando, la sua micromotricità. E un giorno, oltrepassata la soglia Società editrice 2R Media Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser Direttore editoriale Giò Rezzonico DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE Centro Editoriale Rezzonico Editore Via B. Luini 19 - 6600 Locarno Tel. 091 756 24 40 - Fax 091 756 24 39 [email protected] - [email protected] PUBBLICITÀ Via Luini 19 - 6600 Locarno Tel. 091 756 24 12 Fax 091 756 24 19 [email protected] della scuola, anche ad avere una personale calligrafia, originale, unica, prolungamento di sè. Ma anche qui, una volta conquistata la propria calligrafia, in agguato ci sono alcune minacce. Le tastiere, veloci, standardizzate, sempre più performanti. “Pianoforti” che, se non si spinge all’uso della penna, soppiantano tutto, fino a rendere la scrittura su carta una vera e propria tortura per mani che la praticano rarissimamente, solo quando proprio non si può fare altrimenti. La scrittura, come qualcosa di desueto, che piano piano rischia di venir laRESPONSABILE MARKETING Maurizio Jolli Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97 DISTRIBUZIONE Maribel Arranz [email protected] Tel. 091 756 24 08 Fax 091 756 24 97 sciata in un cassetto, portandoci a dimenticarla. Già a favore delle e-mail e di una posta elettronica, che ogni tanto viene ripulita come si svuota il secchio della spazzatura, abbiamo pensionato le lettere di una volta: quelle che prima di scrivere pensavi, per davvero dire qualcosa. Quelle che poi risaltavano fuori all’improvviso e raccontavano tante cose dimenticate. Sarebbe un enorme peccato. Come perdere per strada senza accorgersene un pezzo di noi stessi. Per dirla con Dalla, ‘Caro amico (non) ti scrivo (più). STAMPA Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil 6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55 Tiratura (dati Remp ‘12) 56’545 Lettori (dati Mach ‘12-’13) 106’000 Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale) 20 luglio 2014 ilcaffè La finestra sul cortile Gli eBook del Caffè Il Paese tra cronaca e fantasia Dalla finestra semi aperta che dava verso il lago sentì arrivare e fermarsi un’auto... L’Arma’, con tanto di A maiuscola, ‘oggi’. Dopo l’indice, era la prima sezione della rivista. ‘L’Arma oggi’. La comedy noir del Caffè Tempo un minuto e il Remondini sentì il “carabiniere piantone”, il tappo all’ingresso cioè, scattare. 341/bis di ANONYMOUS, Illustrazioni di Marco Scuto per Il Caffè Una serie di colpi di scena settimana dopo settimana La storia “341bis” è un romanzo breve cui non è facile attribuire un genere. Fosse un film potrebbe essere definito una “comedy noir”. Elementi di giallo che si stemperano nella commedia, o meglio ancora, una commedia che assume involontariamente i tratti del giallo. Una serie di fortuite circostanze, che compongono un puzzle dai contorni inimmaginabili. Il riassunto Cittadino esemplare, il 55enne manager bancario luganese Franco Remondini si ritrova all’insaputa della moglie Iris - al Comando provinciale dei carabinieri di Intra, dove è stato convocato per motivi oscuri. Alla moglie ha raccontato che, come spesso avviene, la sua è una trasferta di lavoro. In realtà quella strada lungo il Verbano Remondini la percorre spesso... Il maresciallo l’aspetta caffe.ch/comedy Tutte le puntate oline L’ L’e-book Tutte le puntate di “341bis”, corredate dalle illustrazioni di Marco Scuto, possono essere lette online sul sito caffè.ch nelle pagine web dedicate alla serie. Come tutti i racconti pubblicati dal Caffè, anche “341bis” alla fine della serie diventerà un e-book gratuito (il primo pubblicato in Ticino con testo scritto e graphic novel d’autore). Arma’, con tanto di A maiuscola, ‘oggi’. Dopo l’indice, era la prima sezione della rivista. ‘L’Arma oggi’. ‘Paese che vai, Caserma che trovi’, era invece il titolo dell’articolo principale, quello sulla Compagnia dei carabinieri di Taormina. Iniziò a leggere: “Molto scalpore ha suscitato la notizia di una rapina ai danni di due coniugi, avvenuta a Letojanni. Indagini serrate da parte dell’Arma dei Carabinieri hanno portato...”. Erano trascorsi trenta minuti e altri quaranta sarebbero passati prima che... Questo era quel che passava... il tavolinetto della sala d’attesa. Prendere o lasciare. Anche perché, sino ad allora, ed erano trascorsi già trenta minuti, del maresciallo non s’era vista nemmeno l’ombra. E ne sarebbero passati altri quaranta prima che dalla finestra semi aperta che dava verso il lago sentisse arrivare e fermarsi un’auto. Poi, delle voci. “Lo Russo, puzzi di pesce che è una meraviglia”. “Maresciallo, lei mi ci portò al ristorante. E non è che lei profumi, eh!”. “Dai, muoviti che è tardi brigadiere”. Tempo una minuto e il Remondini sentì il “carabiniere piantone”, il tappo all’ingresso cioè, scattare. Sarà stato il colpo di tacchi per il saluto, pensò. “Maresciallo buon giorno”. “Buon giorno buon giorno”. Poi il rumore di una porta. Si aprì e si chiuse. Passarono ancora cinque minuti, giusto il tempo perché il Remondini mettesse in ordine nervosamente sul tavolinetto le vecchie annate del Carabiniere. “Giambòòò, vieni”, si sentì quasi urlare dall’interno di una stanza. Era il maresciallo che chiamava il piantone. In quel casermone giallo, oltre ai rumori del lago e della strada di fronte non si sentiva nulla. Sembrava non esserci anima viva oltre ai tre. Il maresciallo, che certamente doveva essere il Carletti, Lo Russo che puzzava di pesce, e quell’antipatico di Giambò, pensò il Remondini alzandosi e prendendo da terra la sua 24ore. “Remondini Franco?”, domandò Giambò dritto come un’i, minuscola, e immobile davanti alla porta della stanzetta dov’era in piedi il Remondini. Esitò a rispondere, quasi incredulo per la domanda. “Remondini Franco, lei è?”. “Ma se le ho fatto fatto vedere la convocazione prima quando sono arr...”. “Le ho chiesto: Remondini Franco, In quel casermone giallo, oltre ai rumori del lago, non si sentiva nulla lei è”. “Sì sì, sono io”, rispose un po’ seccato e un po’ allibito aggirando il tavolinetto e avvicinandosi alla porta. “Aspetti, stia qui!”. “Maresciallo, Remondini Franco è presente. Lo faccio entrare?”. “Giambò..., non ti rispondo nemmeno!”. “Remondini, il maresciallo l’aspetta”. 6 - continua
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