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La gara
La partita
La prima
discesa libera
al norvegese
Jansrud
Il Lugano
da capolista
pareggia
a Sciaffusa
A PAGINA 28
A PAGINA 29
Anno XVII • Numero 45
SportMagazine
Un vero
e proprio
giornale
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45
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Reuters
Domenica
30 novembre 2014
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
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Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
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L’EDITORIALE
COL RISCHIO
DEL FAMILISMO
AMORALE
LILLO ALAIMO
Impasticcati
È
Rocco
Cattaneo
si scaglia
contro il bonus
per le vetture
ecologiche:
è Agip-prop?
Lo si è fatto con il burqa. Il divieto, voluto dalla maggioranza dei
ticinesi, di dissimulare il volto in
pubblico. È stato di fatto un voto
contro tutto ciò che non è dentro
gli stretti confini di questo cantone. Ma ora, ora che si tratta di ragionare sull’applicazione concreta
di quel divieto, anche chi lo ha invocato alza la mano per fare dei distinguo. Nelle località turistiche
ormai gli ospiti musulmani, in genere facili a ricchi acquisti, sono
una presenza costante. E irrinunciabile. E allora..., allora anche la
destra politica del Paese chiede di
riflettere, di pensare a qualche eccezione prima di applicare quel divieto. Perché il mondo, checché
appunto ne dica la politica pop e
populista, gira, cresce, si muove.
Nel 2100, così sarà la Terra studiata e prevista dall’Onu, gli africani
saranno quattro volte di più. Sorpasseranno cinesi e indiani. Gli europei saranno una minoranza. Eppure, c’è qualche politico, di spicco da queste parti, che gigioneggiando sui social network si bea
nel vedere che il proprio cognome
non si trova negli elenchi telefonici
italiani. Dna non inquinato!
È questa la “cultura” che ha pesantemente contaminato la politica degli ultimi due-tre anni. Una
politica che ha semplificato alla ricerca di un misero per cento di
consenso elettorale. Una politica
che ha mistificato la realtà, anche
sul fronte del mercato del lavoro,
raccontando che il guaio d’ogni cosa sta solo nella presenza dei frontalieri e non anche e soprattutto in
un tessuto produttivo debole (debole per sua natura e fragile per la
crisi che ha attraversato il mondo).
Passando mesi a inventare idee bislacche per penalizzare i lavoratori
d’oltre confine.
segue a pagina 2
Un Paese dolorante e depresso. Sembra questa la fotograia della Svizzera
ripresa dagli ultimi e allarmanti dati sul consumo di medicinali.
Una nazione farmacodipendente. E una fattura sanitaria sempre più cara
GUENZI e RAVANI A PAGINA 4
La polemica Così l’immagine del cantone si macchia di volgarità
La storia
“Prima puntavo
molto sul look,
oggi soltanto
sulla mia testa”
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GIORNA
Fotomontaggio Il Caffè
Il pizzino
incredibile con quale e quanta facilità (e c’è pure chi domanda di abbassare la quantità di firme richieste e i tempi imposti per la raccolta) si chiede ai
cittadini di votare su temi particolarmente complessi. Semplificando il tutto ai minimi termini, si fa
leva sulle sensazioni e l’emotività
del momento, mettendo all’angolo
le vere ragioni di un sì o di un no
perché troppo complicate. Com’è
possibile portare alle urne gli elettori, come accaduto in questo fine
settimana, per decidere sulle riserve d’oro della Banca nazionale!?
Com’è possibile pensare che la
gran massa dei cittadini possa
comprendere appieno il significato
di un argomento con tali e tante
conseguenze, dirette e indirette,
per la politica monetaria del Paese!? Si vota con la pancia, per simpatia, per rabbia verso una parte o
l’altra... Si vota, talvolta, senza conoscere e poter considerare le
complesse (e magari irreversibili)
conseguenze di un sì o di un no.
Dal mite “Ticino Sonnenstube”
al caldo Ticino alla puttanesca
MAZZETTA, PIANCA e SCHIRA ALLE PAGINE 2 e 3
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A PAGINA 15
MANNO
BARBENGO
BIASCA
CADENAZZO
LUGANO-PREGASSONA
LOSONE
MENDRISIO
MENDRISIO-EX FERRAZZINI
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
2 PRIMO PIANO
3
Il mercato del sesso
Hard senza regole,da Ticino Sonnenstube aTicino allaputtanesca
Manifesti espliciti,rassegne a luci rosse, night, pubblicità porno... così l’immagine del Paese si macchia di volgarità
Quello del sesso
è un mercato
sviluppatosi
negli anni
nell’ assenza
di reazioni dalla
società civile
CLEMENTE MAZZETTA
D
alle fiere erotiche,
ai locali a luci rosse,
dai siti dell’hard on
line agli annunci
porno. Il Ticino è
sempre più un territorio del sesso “facile”. Zona franca della
prostituzione. Fama rafforzata
dalla prossima edizione di Extasia a Lugano, una fiera dell’erotismo che il sito web ufficiale
della città propaganda come
“evento che richiama un vasto
pubblico svizzero e straniero”.
Manifestazione che ha suscitato
la protesta di una Chiesa evangelica e un’alzata di spalle del
municipale “al turismo” il leghi-
La scelta
Si deve decidere
se si vuole
essere cantone
giardino o
cantone ‘casino’
sta Lorenzo Quadri: “Extasia è
perversa come una puntata dei
Barbapapà”. Date queste premesse, la petizione lanciata dei
pastori evangelici per vietare la
fiera del sesso (“La salute sessuale, psicologica, fisica e morale della nostra popolazione non
può essere barattata con un introito economico”) pare destinata a finire in un nulla di fatto. E
la città continuerà ad essere, come disse con una perifrasi “misurata” il paparazzo italiano, Fabrizio Corona, “il troiaio d’Europa”, la capitale delle prostitute.
“Senza cadere in forme di
proibizionismo e senza demonizzare questi aspetti, prima o
poi il cantone dovrà decidere co-
seminuda che invitava a “scoprirla”. Succede ora con i cartelloni affissi a Como, proprio davanti alla casa del sindaco che
pubblicizzano SweetTicino con
lo slogan: “A Natale fatti un regalo”. Una deriva “hard” del
cantone a cui non si è fatto fronte, per ora. “Con la mia proposta
questi annunci che reclamizzano siti internet, o luoghi dediti
alla prostituzione, sarebbero
proibiti”, sostiene Giorgio Galusero, deputato plrt che ha presentato un’iniziativa parlamentare per proibirne la pubblicità.
Spiega: “La prostituzione ha
avuto in questi ultimi anni
un’escalation eccezionale, nonostante la nostra gente la consi-
sa vorrà diventare - avverte Pepita Vera Conforti, presidente
della Commissione per le pari
opportunità fra i sessi -. Se cantone giardino o cantone ‘casino’.
Se puntare sulle capacità, l’intelligenza o ripiegare su questo
mercato a luci rosse”.
Per ora la scelta sembra essere quella di “Sweet Ticino”,
dolce Ticino”. Non per il clima, i
paesaggi, ma per l’eros. Sweet
Ticino è un sito internet di
escort suddivise per città, Lugano, Locarno, Chiasso, Bellinzona... Ancora una volta il cantone è propagandato come terra
dei locali hard. Succedeva due
anni fa con i cartelloni nei comuni di confine, con una ragazza
deri
un’attività
molesta”.
Un’economia del sesso a pagamento dai risvolti preoccupanti.
“Che lascia soli i Comuni che
cercano di circoscrivere il fenomeno, con ordinanze, norme
edilizie - aggiunge Galusero-.
Dobbiamo evitare, in un contesto europeo dove si fanno sempre più strada atteggiamenti
proibizionistici, di trasformare il
Ticino nel bordello d’Europa”.
Ticino “sonnenstube” per i
tedeschi, Ticino alla “puttanesca” per gli italiani. “Senza fare
moralismi, purtroppo si rischia
di comunicare il Ticino solo con
questo tipo di immagine - nota
Isabella Medici, docente esperta
di educazione sessuale - ma
LE OPINIONI
Isabella
Medici, 50
anni e, nella
pagina
accanto,
Giorgio
Galusero, 68,
e Pepita
Conforti, 52
Il futuro
Senza moralismi
dobbiamo
chiederci cosa
proponiamo
ai nostri ragazzi
dobbiamo chiederci che tipo di
società vogliamo e cosa proponiamo ai nostri ragazzi”. Una
domanda che interroga un cantone che sul fenomeno ha mostrato deficit culturali e connivenze politiche. “Il mercato del
sesso si è sviluppato in assenza
di reazioni della società civile.
Le proteste che in altri Paesi sarebbero state lette come difesa
della dignità delle donne, qui sono state viste come moralismi conclude Conforti -. Ma c’è pure
stata una politica che ha accettato qualsiasi tipo di sviluppo
economico, sdoganando l’economia della prostituzione”.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
“L’accettazione
di qualsiasi tipo
di sviluppo e
la connivenza
della politica
hanno sdoganato
la prostituzione”
L’EDITORIALE
Le inchieste
COL RISCHIO
DEL FAMILISMO
AMORALE
La risacca
di“Domino”
e le nuove
emergenze
LILLO ALAIMO
segue dalla prima pagina
T
M
Fotomontaggio Il Caffè
ralasciando, perché
troppo difficile, l’analisi delle vere cause di
un mercato non sufficientemente robusto e, lo si voglia o no, confrontato con
una globalizzazione che impone approcci diversi ai
meccanismi contrattuali e
di controllo fin qui conosciuti. E ci voleva Berna,
proprio l’altro giorno, per
ricordare che ogni lavoratore in Svizzera va tassato
nello stesso modo, che sia
frontaliere o domiciliato.
Perché già oggi - senza la
recente trovata ticinese di
tassare i frontalieri con un
moltiplicatore cantonale al
100% - i confinanti sono
“leggermente” penalizzati.
E ciò non ha nulla a che vedere con la legittima richiesta di rinegoziare con l’Italia il modello di tassazione e
l’accordo sui ristorni.
La rabbia e il furore nazionalista di una parte politica
derivano da una concezione
di sé e della realtà distorta.
Ci si concepisce come l’unica “parte” buona del “tutto”. Capace di poter fare a
meno d’ogni cosa oggi
esterna a questa regione e
a questa nazione. Col rischio - come ad esempio è
accaduto con i due bimbi
ecuadoriani invitati a lasciare il Ticino - di scivolare
in un pericoloso familismo
amorale, con ciò pensando
ad un interesse di parte
che, miope, cerca di prevalere su quello generale. E
succede, o rischia d’accadere ogni qualvolta ci son di
mezzo i denari, il guadagno, la ricchezza. Non c’è
deontologia professionale
che tenga, se in ballo ci sono milioni (si veda più
avanti il servizio sugli avvocati d’affari) o anche solo
una fetta di economia come
quella legata alla prostituzione. Non c’è etica a frenare gli affari... Sebbene, si
noti il paradosso, per il divieto del burqa i fautori facciano appello alla difesa
della dignità della donna
costretta all’umiliazione del
capo coperto, mentre per la
prostituzione..., beh!, in
questo caso la dignità della
donna può attendere.
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La polemica
Masoni: “Extasia?
Lugano si merita
ben altre iniziative”
L
Nei cantoni I centri dell’erotismo a Nord delle Alpi si pubblicizzano anche nella Svizzera italiana e sono “meta turistica”
La vicesindaco della città sul Ceresio boccia la controversa kermesse, ma gli esempi di cattivo gusto si moltiplicano
a madre dei professionisti del
cattivo gusto è sempre incinta.
Negli scorsi giorni a Como si
sono indignati per i manifesti del sito
erotico www.sweetticino.ch, che
pubblicizza oltreconfine la propria
“merce”. Una protesta vibrante, anche se lo slogan “A Natale fatti un regalo”, accompagnato da una boccia
di vetro rosso, è solo l’ultimo esempio di una lunga sfilza di iniziative
pubblicitarie francamente discutibili.
Maestro del filone, una sorta di
Tinto Brass dei poveri, è stato negli
scorsi anni l’ormai ex patron dell’Oceano, Ulisse Albertalli. I suoi cartelloni, con un assaggio delle grazie
presenti nel bordello di Pazzallo, era-
no finiti nel 2010 addirittura sotto la
lente della Procura comasca per istigazione della prostituzione. Dalla
versione hard di un lato B parzialmente fasciato dalla bandiera rossocrociata (ma ci aveva già provato nel
2008 col vessillo brasiliano), si era
passati nel 2011 a un gigantesco
cuore rosso sormontato dal nome del
locale. Un rigurgito di morale, sebbene l’amore niente avesse a che vedere con la prestazione offerta.
Come nulla c’entrava con lo sci il
manifesto lesbo ideato nel 2007 da
Michel Ferrise per promuovere la
stagione invernale ad Airolo. L’immagine del bacio saffico tra due belle
sciatrici, e l’allusione al “fascino di
andare in bianco”, fece calare il gelo
tra Ticino Turismo e i promotori della
campagna che poi si scusarono per la
pensata. Successivamente Ferrise ci
ricascò coi ratti, ma questa è un’altra
storia. Come pure ci ricadde lo stesso
Albertalli, che nel 2011 inaugurò,
sempre all’Oceano, la moda delle sexy lotterie con prestazione sessuale
in palio. Anche in quel caso sulla riffa (poi imitata da altri bordelli) piovvero critiche e interrogazioni.
Ma la “mercificazione” della donna continua, anzi celebrerà la sua
messa cantata a Lugano con Extasia,
la fiera del sesso che torna a fine
gennaio al Conza. Apprezzatissima
dal pubblico, certo, ma questo non
basta per scacciare dalle narici
quell’odore che avvolge le fiere del
bestiame. Nel frattempo la petizione
contro, lanciata dalla Pastorale Ticino, sembra aver preso in contropiede il municipio, “ormai è tardi per fare marcia indietro”, ha detto il sindaco leghista Marco Borradori. Ma perplessità sull’evento sono espresse
anche dalla vicesindaco plrt Giovanna Masoni Brenni: “Io non sostengo
(e non ho votato) Extasia, oltretutto
a distanza di solo un anno. Il motivo
- spiega la municipale - è che non ritengo che questa fiera porti a Lugano
lo sviluppo di qualità cui la nostra
città può ambire, e che merita. Eros
e erotismo non devono essere un ta-
bù, pensiamo al ruolo che hanno
avuto ed hanno nell’arte (ne abbiamo anche fatto delle esposizioni) e a
quello che possono avere nella vita,
è anzi un tema interessante, ma su
un altro piano. Non così. Che modello ci propone, che sviluppo lascia ai
luganesi Extasia? Non lo sviluppo
che vorrei e che penso in molti vorremmo e vogliamo”.
Del resto la responsabile dell’Area cultura ricorda bene le critiche al procace décolleté che due anni
fa lanciava la stagione teatrale luganese: “Io non avrei scelto quell’immagine, per mio gusto, e perché ritengo che il corpo femminile sia veramente abusato nella pubblicità. Nella
cultura penso si possa e si
debba dare di meglio.
Penso che proprio la cultura deve darci la forza di
non accettare passivamente e tantomeno ripetere modelli e stereotipi
che non contribuiscono
ad alzare il livello sociale.
Ma non ritenni di intervenire, dato
che era la locandina di uno spettacolo, ne ritraeva il costume, non era, ritengo, volgare, e rientrava ancora
nella autonomia del direttore. Ripeto
però, io non l’avrei scelta”.
s.pi.
History, Zeus,A2...
i“sex club”elvetici
sono famosi a Sud
S
UN RITORNO
CONTESTATO
Contro il
ritorno di
Extasia è
stata lanciata
una petizione.
Ti-Press
i chiamano History Club, Zeus,
Aphrodite, Fkk Basel, Blauer
Aff, A2 Club,… E non hanno
certo bisogno di molta pubblicità per
farsi conoscere, perché sono famosissimi centri di prostituzione sparsi
per la Svizzera. Dove il mestiere più
vecchio del mondo viene esercitato,
in pratica, alla luce del sole (e delle
autorità). Qualche pubblicità di questi locali della Svizzera tedesca e romanda, in realtà, si incontra, soprattutto nei pressi delle autostrade. Ma
anche in Ticino, ogni tanto, da oltre
Gottardo arriva qualche “invito” con
la cartellonistica. Come se un pomeriggio allo Zeus di Küssnacht am Rigi
avesse sostituito il più tradizionale
pranzo domenicale con il classico
pollo al cestello di Attinghausen.
I locali elvetici in cui si esercita la
prostituzione sono spesso veri e propri supermercati del sesso, con un
numero di ragazze molto elevato e
un’ offerta è molto ampia. Comprese
le zone benessere, con saune, idromassaggi, piscine e quant’altro. Così
come le tariffe, che sono spesso a
tempo e “all inclusive”, con tanto di
periodi di promozione e sconti. Alla
pari di qualsiasi altro commercio. O
quasi. E per farsi pubblicità, questi
club puntano su diversi canali - giornali, cartelloni, siti internet -, ma
quasi sempre su un logo molto riconoscibile, anche se raramente volgare nel senso stretto del termine. A
caratterizzare questa presenza sul
suolo elvetico, poi, c’è il posizionamento. Quasi sempre si tratta di locali in zone commerciali, se non addirittura industriali. In modo, insomma, da non scontrarsi con troppe
proteste o polemiche tra la popolazione.
Una strategia
che sembra pagare,
soprattutto considerando le poche polemiche sorte attorno
ai club negli ultimi
anni. Se all’inizio
dell’attività qualche
perplessità era sorta, uno stretto controllo di quanto succede nei locali sta
evitando ulteriori
malumori. Anche
perché la gestione
del fenomeno prostituzione è demandata ai Cantoni e le
soluzioni sono molto diverse tra le singole realtà.
Soprattutto nella Svizzera tedesca, infatti, molti modelli si rifanno
all’esperienza della Germania, dove i
centri dedicati al sesso sono conosciuti ormai da parecchi anni.
L’esempio più lampante è probabil-
mente quello del Pascha di Colonia,
autentico “supermercato” della prostituzione a cui sono stati dedicati
anche documentari e reportage sulla
stampa di mezzo mondo a causa delle dimensioni spropositate e del suo
ruolo per l’ “appeal”
turistico.
Un
aspetto,
quello della capacità
di attirare ospiti
provenienti da “fuori porta”, che non è
da sottovalutare neanche in rapporto al
Ticino e alla Svizzera. Perché se è vero
come è vero che i locali hard ticinesi sono spesso visitati da
persone che arrivanoda oltre confine, è
altrettanto innegabile che - per scrupolo di discrezione diversi ticinesi varcano il Gottardo
proprio per “visitare” uno dei numerosi club”specializzati” in Svizzera
tedesca. Un turismo interno che conferma come il fenomeno della prostituzione per quanto risenta certamente della crisi economica, non si
ferma. Tutt’altro.
m.s.
L’OFFERTA
Soprattutto
nella Svizzera
tedesca, i sex
club con area
wellness sono
molto famosi
entre per la nuova legge
sulla prostituzione in
Ticino continuano le polemiche, controproposte e mancanza di unità di vedute, col fenomeno non si è certo tirato il
freno. Anzi. A segnare una sorta
di spartiacque, finora, vi è stata
soprattutto l’operazione Domino
- ordinata dal Ministero pubblico
circa due anni fa contro la tratta
di esseri umani e contro i club irregolari -, che ha portato alla
chiusura di 12 locali da parte
della magistratura e alla rinuncia di altri 11 club a proseguire
la propria attività. Alcuni locali,
comunque, hanno deciso di richiedere regolare autorizzazione, scatenando ulteriori polemiche tra Cantone e Comuni per la
concessione dei permessi, per
l’ubicazione e per la gestione
dei piani regolatori (che determinano in che zone è potenzialmente possibile svolgere queste
attività).
Domino è stata un’operazione che ha portato ad aprire un
totale di 110 procedimenti da
parte della magistratura, che
hanno coinvolto in tutto 230
persone, di cui 96 tra ticinesi e
residenti in Ticino. Altro aspetto
interessante sottolineato dalle
autorità è il sequestro di beni
immobili per una trentina di milioni di franchi, a conferma - secondo il Ministero pubblico - del
fatto che il valore degli immobili
in cui si esercita la prostituzione
rappresenta un affare per i gestori. In totale, oltre ai locali, in
Ticino sono stati recensiti oltre
60 appartamenti in cui le prostitute esercitano.
Si calcola, poi, che nel cantone si trovino costantemente un
migliaio di prostitute, suddivise
tra i locali ancora aperti e gli appartamenti in cui ricevono i
clienti. Nel 2011, prima dell’operazione Domino, le ragazze
che avevano sfruttato la possibilità di regolarizzare la propria
attività erano 245. Una cifra
raddoppiata dopo l’intervento
della magistratura, visto che nel
2012, il numero delle prostitute
registrate era salito a 500. Anche se i problemi legati alla prostituzione sono ben lontani
dall’essere risolti, Domino ha
senz’altro contribuito a fare
maggiore luce su un mondo
spesso a contatto con la criminalità.
m.s.
rosa
&
cactus
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
4
Attualità
OFFERTI DA
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Vincenzo
Mozzini
Tiziano
Cavalli
Bella iniziativa del municipio
di Camorino, che il 26
dicembre ha invitato gli
asilanti eritrei ospitati nel
comune ad una cerimonia di
scambio di auguri con la
popolazione locale.Un
plauso al sindaco
Togliamo le panchine agli
asilanti. È la proposta del
consigliere comunale plrt di
Losone che punta il dito
contro degli asilanti che
bevono birra e poi fanno
la pipì sulle piante vicine
alle scuole
Un Paese impasticcato. Lo certifica
un allarmante rapporto di Helsana.
E la fattura sanità è sempre più cara
Doloranti e depressi,
aumenta il consumo
di farmaci in Svizzera
PATRIZIA GUENZI
U
LE TERAPIE PIÙ COSTOSE
I 10 farmaci che nel 2013 hanno causato il
costo maggiore. Prezzo per un trattamento
annuale moltiplicato per il numero di pazienti
Costi (in mio. di fr.)
N° pazienti
HUMIRA
6.948
Malattie autoimmuni,
come gravi
reumatismi, Morbo
di Crohn
106.2
REMICADE
5.500
Malattie autoimmuni,
come gravi
reumatismi, Morbo
di Crohn
100.9
LUCENTIS
Proliferazioni
vascolari
dell’occhio
15.523
75.3
2.625
HERCEPTIN
Cancro
al seno
74.2
2.873
GILENYA
Sclerosi
multipla
ENBREL
Reumatismi
infiammatori,
psoriasi
64.0
5.133
62.9
6.652
TRUVADA
Infezione Hiv
61.4
145.210
CIPRALEX
Depressione, ansia
e altri disturbi
59.0
1.789.154
DAFALGAN
Dolori
57.5
MABTHERA
Leucemia,
reumatismi
infiammatori
4.263
55.1
Fonte: Helsana Arzneimittelreport 2014
sanitario elvetico e che pesa
per quasi un quarto sui premi
dell’assicurazione malattia di
base (23%). Certo, alla base di
un accresciuto consumo di pa-
n Paese dolorante e
depresso. Parrebbe
questa la fotografia
della Svizzera stando agli ultimi, inIl dibattito
quietanti, dati sul consumo di
Vogliamo stimolare
farmaci. Emerge da un rapporto
il dibattito sui costi
della più grande assicurazione
svizzera, Helsana, in collaborae i benefici di alcuni
zione con l’ospedale universitatrattamenti e fornire
rio di Basilea e l’Istituto di medati più trasparenti
dicina farmaceutica dell’Unie più chiari
versità della città, che ha tenuto
conto dei dati dell’Ufficio di statistica federale per avere un
quadro il più possibile realistico. Duecento pagine, che sotto- Pubblicità
lineano, con allarme, il crescente ricorso della popolazione ad
antidolorifici e antidepressivi.
L’anno scorso, sono stati
comperati quasi 100 milioni di
medicinali per una spesa di 6.1
miliardi di franchi. Oltre un milione coloro che hanno ingerito
almeno una pasticca contro la
depressione, l’ansia e altri disturbi psichici. Quasi 8 milioni
le scatole di antidolorifici vendute, consumate da 2,4 milioni
di persone. Un costo, per l’assicurazione sanitaria, di 219 milioni di franchi. Il più utilizzato
è il Dafalgan, anche il meno caro, ma l’avvento di nuovi farmaci biotecnologici molto costosi, come Humira, che agiscono sul sistema immunitario e
che danno sollievo a quasi 7mila pazienti, pesano sempre più
sulle tasche della sanità.
Dati preoccupanti, a cui va
aggiunto il consumo, quotidiano, di pillole per l’ipertensione,
il colesterolo, il cuore, il diabete e l’insonnia. Ma anche di
tutti quei farmaci e preparati
che alleviano dolori insopportabili e patologie croniche. Insomma, un Paese impasticcato.
L’obiettivo di Helsana è anche
quello di stimolare un dibattito
sui costi/benefici di alcuni trattamenti. Un discorso non sempre facile. Soprattutto per i farmaci antitumorali, che costano
migliaia di franchi a fronte, magari, di neanche qualche mese
di sopravvivenza per il paziente
(vedi articolo a destra). I medicinali per il cancro e il sistema
immunitario generano i costi
più alti e rappresentano oltre il
21% della spesa totale, ma a
beneficiarne è solo l’1,5% dei
pazienti. “Vogliamo cambiare
prospettiva, non solo limitarci a
sottolineare gli interessi economici delle case farmaceutiche”,
hanno spiegato i vertici di Helsana nel rapporto.
Interessi che, comunque,
non possono essere dimenticati
e che pesano non poco sulle tasche dei cittadini-pazienti. Il
costo totale del consumo di farmaci, esclusi quelli utilizzati
negli ospedali durante un ricovero, negli ultimi quattro anni
(2010-2013) sono lievitati del
17%, raggiungendo la cifra di
6,1 milioni di franchi. Un importo che rappresenta il 9,2%
della spesa dell’intero settore
sticche c’è l’età media della popolazione vieppiù alta. E con
l’avanzare dell‘età aumentano
anche le patologie croniche per
cui è necessario un costante
Le prescrizioni
Come medici
dobbiamo
assolutamente porci
anche la questione
dei costi dei
medicinali
consumo di medicinali. In generale, le persone che fanno
uso di farmaci, dai 5,5 milioni
nel 2010 sono aumentate a 6
milioni nel 2013.
I produttori
Se le case
farmaceutiche
unissero i loro
sforzi si arriverebbe
a una diminuzione
dei costi
A giocare un ruolo sempre
più importante in Svizzera, i
farmaci antivirali contro l’Hiv.
Molto efficaci, allungano la vita
dei pazienti. Il loro costo elevatissimo, incide in maniera
enorme su tutta la spesa sanitaria. Ma Helsana insiste e conclude il rapporto sottolineando
che in Svizzera manca una solida base per valutare adeguatamente i benefici di alcuni farmaci.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
Lo specialista
L’oncologo Francesco Zappa
“Così i medici
contribuiscono
a ridurre i costi”
I
farmaci oncologici sono
fra i più cari in commercio. Considerato il loro
peso sui costi della salute, i
medici devono essere in
grado di scegliere la migliore soluzione, valutando costi
e benefici”, dice Francesco
Zappa, responsabile del reparto oncologia alla Clinica
Luganese. “Il nostro contributo è fondamentale per
cercare di frenare l’esplosione dei costi, anche se non è
certo facile - precisa -. Ad
esempio, per la cura del tumore alla prostata, ci sono
farmaci che sono usciti dal
mercato ma che costerebbero solo 30-40 franchi al mese”. Un prezzo irrisorio, confrontato ai principali farmaci, anche cento volte più cari. “Si tratta di un discorso
logico oltre che legato ad un
problema di coscienza professionale - continua -. Non
mi sentirei a mio agio se
ignorassi che posso curare
una malattia spendendo
molto molto meno”.
Anche se non va dimenticato il problema della concorrenza tra produttori. “Sono le leggi del mercato che
pesano soprattutto in casi
particolari - nota il medico-.
Un altro esempio: per combattere una rara mutazione
del cancro ai polmoni, sono
tre-quattro le case farmaceutiche che propongono
medicinali a prezzi esorbitanti. Se unissero gli sforzi,
si arriverebbe ad una diminuzione del prezzo”. D’altronde però quando si tratta
di curare un malato terminale, il discorso finanziario
non è certo prioritario.
“Nostro compito -conclude
Zappa- è alleviare le sofferenze, con qualsiasi mezzo,
fosse anche solo per poco
tempo”.
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
6 ATTUALITÀ
7
Automobilisti&regole
Provochi un incidente?
Anche se sei assicurato
dovrai pagare i danni
Con le nuove norme stradali in vigore dal 2015
arrivano pure“scatola nera”e“blocco motore”
La legge oggi
Alcol al volante
Ti-Press
Il pacchetto federale
di provvedimenti vieta
la guida sotto l’effetto
d’alcol pari o superiore
allo 0,50 per mille
L’ETILOMETRO
Il test con etilometro può essere
riconosciuto e utilizzato in sede
giudiziale anche in caso di valori
pari o superiori allo 0,80 per mille.
L’analisi del sangue verrà
effettuata solo in casi eccezionali
(come il sospetto uso di droghe).
LA “SCATOLA NERA”
A chi è stata revocata la licenza di
condurre a causa di velocità
eccessiva per almeno 12 mesi o a
tempo indeterminato, viene
restituita la patente a condizione
che, per i 5 anni successivi, usi
auto dotate di “scatola nera”.
IL “BLOCCA-MOTORE”
A chi è stata revocata a tempo
indeterminato la patente per guida
in stato di ebbrezza, viene
restituita la licenza al termine della
terapia a condizione che per i 5
anni successivi guidi veicoli con
etilometro blocca-motore.
È considerato “pirata
della strada” chi supera
a partire da 40 km
all’ora tratti di strada
con rigidi limiti
Ti-Press
C
hi beve paga, e i
danni sono suoi. Perché dal nuovo anno
se un automobilista
provoca un incidente
per “colpa grave” - se ad esempio è ubriaco - rischia di pagare
di tasca sua una buona parte dei
danni causati. In pratica scatta
obbligatoriamente il cosiddetto
regresso delle assicurazioni di
responsabilità civile, cioè il concorso nelle spese. La misura, insieme ad altre, è prevista nel
terzo “pacchetto” di norme per
“Via sicura”, scattato in Svizzera due anni fa. Quello, cioè, che
ha “parificato” l’automobilista
che viaggia troppo veloce a un
pirata della strada. E che, ancora oggi, suscita forti perplessità.
“Non tanto perché punta su un
insieme di sanzioni molto dure,
ma perché la normativa ha un
impianto troppo rigido, corre
sul filo della tolleranza zero”,
spiega Renato Gazzola portavoce del Touring Club Svizzero.
“Già oggi - aggiunge - un giudice non ha totalmente la possibilità di decidere in base alla gravità del reato stradale, perché la
pena è calcolata in partenza”.
E anche le nuove norme non
piacciono. “Tutti gli automobilisti vengono messi sullo stesso
piano”, ha rilevato su Le Matin
Christoph Muller, professore di
diritto della responsabilità civile
alla facoltà di legge dell’Università di Neuchâtel. “C’è - ha precisato- una tendenza generale
di “Via sicura” ad autorizzare
tutto”. L’Ustra, l’Ufficio federale
delle strade, invece, difende il
progetto: “L’obiettivo - ha spiegato il portavoce Guido Bielmann - è quello che ci siano
meno morti e feriti sulle strade
svizzere. In 20 anni il volume
del traffico è raddoppiato e oggi
un automobilista mette dunque
in pericolo la vita di molte più
persone”.
Il nuovo pacchetto che scatta a gennaio, oltre al regresso
delle assicurazioni, prevede anche l’utilizzo, in particolari condizioni, del test dell’etilometro
in sede giudiziale. E in più introduce l’uso di una scatola nera sull’auto di chi è stato sanzionato con la sospensione della
patente per almeno 12 mesi. È
previsto, infine, un etilometro
“blocca motore” per le persone
alle quali è stata revocata la licenza per guida in stato di ebbrezza. Ma è sul concetto di
“colpa grave” che non tutti sono
d’accordo. “Per la verità - spie-
Pirati della strada
Confisca del veicolo
Il Tribunale può
confiscare e mandare
all’asta il veicolo di chi
si rende responsabile
di gravi violazioni
Ti-Press
ga Osvaldo Aiello, presidente
dell’Associazione ticinese ispettori e agenti d’assicurazione questa misura non ha nulla di
nuovo in termini assicurativi.
Perché il regresso esisteva già
nelle polizze delle maggiori
compagnie d’assicurazione, bastava leggere attentamente le
condizioni generali dei contratti”. E questo anche quando l’assicurato pagava 50 franchi per
la copertura specifica. “Coper-
L’intervista
tura però - spiega ancora Aiello
- che non garantiva automaticamente alcun effetto nel caso, ad
esempio, di guida in stato ebbrezza o recidiva. Qui il regresso veniva applicato, proporzionalmente, dal 10 al 50 per cento. La differenza adesso è che la
compagnia deve applicare la
partecipazione alle spese obbligatoriamente: prima poteva valutare, in funzione del caso, ora
è obbligata a farlo”.
Aiello, tuttavia, considera le
norme di “Via sicura” piuttosto
rigide. “Personalmente mi pare
che a livello generale ci sia uno
squilibrio tra infrazioni e sanzioni. Non è giusto, ad esempio,
che chi supera i limiti di velocità
sia trattato come un criminale”.
La tolleranza zero, vera anima
del pacchetto voluto da Berna,
riemerge. “Noi del Tcs siamo
sempre stati piuttosto critici aggiunge Gazzola -, perché in
alcuni casi si è scelta una politica repressiva senza calcolare le
conseguenze. Penso, ad esempio, all’operaio ticinese che abita in valle e che per distrazione
si vede portare via la patente
per uno, due anni. Deve fare i
conti con contraccolpi finanziari
e personali. Se si vogliono ridurre gli incidenti si deve ripartire dall’educazione stradale”.
[email protected]
Q@maurospignesi
Con i fari o anche a gesti
segnalare i radar è illegale
La protesta:“Lampeggiare vuol dire fare prevenzione”
gli automobilisti vogliono trasparenza come a S.Gallo
1
LE MULTE
Nel 2013 in Ticino sono state
registrate dai radar, sia quelli
fissi che quelli mobili, in tutto
92.277 infrazioni per eccesso
di velocità
Quadri – tra gli automobilisti
scatta poi una sorta di solidarietà: si usano i lampeggianti. Una
abitudine che paradossalmente,
pur essendo vietata, è a sua volta una forma di prevenzione.
Perché chi viene avvertito rallenta ed evita un pericolo”. Una
pratica quest’ultima sanzionata
per ora poche volte e che deve
trovare ancora una sua giurisprudenza. “Però - avverte Roth
2 3
GLI INCASSI
L’incasso totale delle multe
affibbiate attraverso i radar è
di 9.7 milioni di franchi, una
cifra ufficiale comunicata dal
Consiglio di Stato
- la legge dice che chi segnala
pubblicamente, o a pagamento,
un radar commette un’infrazione. Il foglio federale di ‘Via sicura’, tuttavia, precisa che non è
nell’ottica del legislatore far
rientrare la pratica dell’avvertimento con le luci dell’auto come
la segnalazione di un radar. Ma è
comunque un uso irregolare dei
fari, e dunque si è passibili di
una multa disciplinare di 40
GLI IMPIANTI
I soli radar delle 10 postazioni
fisse hanno generato 3.2
milioni di franchi di multe;
quasi il doppio, 6.5 milioni,
sono giunti da quelli mobili
franchi”. Radar o non radar resta il problema delle multe. Che
stanno aumentando ovunque
perché Cantoni e città hanno bisogno di soldi. “E si mettono sotto pressione gli agenti per raggiungere obiettivi sempre più
alti- dice Max Hofmann, segretario nazionale della Federazione svizzera dei funzionari di polizia-. E noi su questo non siamo
proprio d’accordo”.
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L’analisi di Riccardo Pfister, presidente dell’Associazione maestri conducenti
“Bene le sanzioni ma serve educazione”
Q
Ti-Press
IL REGRESSO
In caso di danni causati in stato di
ebbrezza, in condizioni di inabilità
alla guida, oppure in seguito a
reati di pirateria della strada, le
assicurazioni di responsabilità
civile di veicoli a motore sono
tenute a esercitare il regresso.
MAURO SPIGNESI
Ti-Press
LE NOV
ITÀ
Ti-Press
U
n colpo con le luci abbaglianti, un flash di solidarietà tra automobilisti.
Un’abitudine che resiste, soprattutto quando s’incrociano pattuglie della polizia o radar mobili.
Ma che, con le nuove norme sulla circolazione, che sono andate
a colmare un vuoto legislativo,
può costare caro. “Perché chi
esegue segnalazioni con i fari
commette una infrazione, su
questo non c’è alcun dubbio”,
spiega Giulio Pellandini responsabile del servizio multe dell’ufficio giuridico della Sezione circolazione di Camorino. “Chi
commette questo illecito va incontro all’apertura di una procedura ordinaria -precisa-. Non è,
per capirci, un’infrazione grave,
ma è pur sempre un’infrazione”.
Si viola la legge sulla circolazione stradale all’articolo 40, secondo cui l’uso degli “avvisatori” è proibito a scopo di richiamo. “Non solo, la legge specifica
– dice Pellandini - che commette
un illecito anche chi invece delle
luci fa segnalazioni con i gesti”.
Insomma, non si scappa. Così
come sbaglia chi segnala su internet, magari su un social network come Facebook, la presenza di un radar, come avviene
spesso in Ticino. Si rischia una
multa salata. “Anche se secondo
me siamo solo sul filo dell’illecito – osserva l’avvocato Andrea
Roth, di Assista, la protezione
giuridica del Tcs – perché se una
persona segnala sporadicamente un autovelox nella parte privata del proprio profilo Facebook, raggiungibile da meno di 30
utenti, ho dei dubbi che si possa
configurare come una segnalazione pubblica”.
Ma in Ticino, e non da oggi,
su questo fronte c’è parecchia
severità. I radar mobili non vanno segnalati in alcun modo.
Neppure come fa San Gallo che
proprio su Facebook indica i luoghi dove ha piazzato quelli semi-mobili. E questo per allontanare le accuse di voler “far cassetta”, ha spiegato Hans Peter
Krüsi, portavoce della locale polizia cantonale. “San Gallo fa bene. E io resto coerente con quanto detto anni fa: i radar vanno
segnalati, anche quelli mobili”,
afferma il consigliere nazionale
della Lega Lorenzo Quadri che
da granconsigliere aveva presentato più di un atto parlamentare per sollecitare maggiore
trasparenza. “Se non si segnalano gli apparecchi – aggiunge
A LEZIONE
Una lezione di scuola
guida. Dai corsi deve
partire l’educazione
stradale
uest’ultimo pacchetto di ‘Via Sicura’ segue la traccia già indicata
nelle precedenti misure. Ma accanto alla fase di repressione occorre curare bene quella dell’educazione stradale”, spiega Riccardo Pfister, presidente
dell’Associazione svizzera maestri conducenti, sezione Ticino.
In questi anni incidenti e tragedie
sulle strade sono diminuiti. “Via sicura”
funziona?
“Sui numeri non si discute. Chiarisco
il concetto: ‘Via sicura’ sta funzionando.
Ma oltre alle sanzioni dobbiamo pensare
a una nuova sensibilità. Chi si mette al
volante deve capire che quello trascorso
in auto non è tempo sprecato, che chi sta
alla guida spesso, purtroppo, decide i destini della sua e della nostra vita”.
In Ticino si è in ritardo sul fronte
dell’educazione?
“Dobbiamo ancora lavorare parecchio
su concetti come la responsabilità. Non si
può pensare che un tragitto, come ad
esempio tra casa e lavoro, debba essere
riempito con telefonate, musica, sms...”.
Perché poi, come dicono le statistiche, ci scappano gli incidenti?
“Sì. Ma la questione è ancora più ampia. Si pensa che guidare sia solo un fatto
meccanico. Falso. È un momento importante, visto che trascorriamo in media al
volante 10 anni della nostra vita, ovvero
circa 2 ore al giorno”
Si va troppo veloci?
“Il discorso è un altro e deve avere un
respiro europeo, visto che ci si muove
sempre di più. E allora la velocità media
europea è di 28 chilometri all’ora. Dunque bassa e non dovrebbe portare a incidenti. Invece ci si fa ancora male. Perché
succede?”.
Manca la consapevolezza dei rischi a
cui si va incontro?
“Bisogna prendere in mano la situazione prima che sfugga. Io mi occupo sia
di formazione di base, sia di formazione
‘guida sicura’ che è falcoltativa, ma anche
della nuova formazione in due fasi, e vedo purtroppo che siamo ancora indietro”.
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
8 ATTUALITÀ
9
La legge
ESEMPIO DI CALCOLO PER ALIMENTI, in franchi
“Lo Stato fa di tutto
per indebitare i padri
separati e divorziati”
Padre separato all’età di 45 anni, 2 figli di 7 e 10 anni che abitano con la madre. Madre senza attività.
Ex mogli e compagne contro una riforma
che impedisce ai papà di rifarsi una famiglia
Stipendio del padre
5’800.-
All’incirca lo stipendio medio
per gli uomini in Svizzera
Minimo vitale del padre
3’800.-
Alloggio appropriato per accogliere
i due figli nel weekend
Stipendio della madre
0.-
Minimo vitale della madre
3’800.-
Quota dell’affitto per i figli
600.-
Alloggio appropriato per vivere
insieme ai due figli
Tabella zurighese, inclusa nelle esigenze
di spesa per 2 bambini
Contributo presa a carico dei 2 figli
3’200.-
Minimo vitale della madre Parte dell’affitto dei figli
Liquidità necessaria per i 2 figli
2’600.-
Tabella zurighese
Contributo mantenimento dei 2 figli
5’800.-
Contributo per la presa a carico dei figli
+ liquidità necessaria
Contributo di mantenimento
2’000.-
Stipendio - minimo vitale del padre
Cifra mancante
(contributo di mantenimento)
3’800.-
Contributo di mantenimento
Obbligo di pagamento di contributi non
pagati durante gli ultimi 5 anni
228’000.-
Cifra mancante x 12 x 5
PATRIZIA GUENZI
A
ssociazioni e organizzazioni che raggruppano le famiglie ricostituite,
monoparentali e di donne che vivono
con un partner divorziato o separato
sono già sul piede di guerra. Pronte a
dare battaglia sulla riforma del diritto di famiglia
che prevede per i padri un aumento dei contributi di mantenimento da versare all’ex coniuge,
anche se non sposata, e al figlio. Un aggravio
che, come hanno scritto le associazioni in una
lettera spedita al Consiglio degli Stati, penalizzerebbe fortemente la disponibilità economica del
padre, impedendogli pure di ricostituire, a sua
volta, un nuovo nucleo familiare. “Lo Stato fa di
tutto per indebitare i padri - afferma Katherin
Säuberli, présidente Donna2, associazione che si
batte sia per la parità giuridica tra donne di primo e secondo letto, sia tra la vecchia e la nuova
famiglia -. Una situazione non solo fuori dal tem-
po, ma che indigna perché si scontra con gli interessi stessi dei bambini, ovvero quello di poter
godere della presenza paterna. I padri divorziati
con figli saranno costretti a lavorare giorno e
notte per far fronte a tutti gli obblighi finanziari.
Di conseguenza, non avendo un momento libero,
dovranno rinunciare alla custodia dei bambini”.
Eppure, sempre con la revisione del diritto di
famiglia, il cui scopo principale è di adattarlo al
mutamento sociale, ad esempio parificando i figli di partner sposati e partner conviventi, Berna
ha già migliorato il problema dell’autorità parentale congiunta, entrata in vigore lo scorso 1 luglio.
Le premesse, quindi, c’erano tutte per sperare che anche il capitolo “mantenimento figli” andasse nella direzione di un impegno più equo e
bilanciato tra madri e padri. “E invece no, siamo
molto delusi e preoccupati perché stando alla
proposta della Commissione degli affari giuridici
del senato i padri non sposati dovranno pagare
Ti-Press
Fonte: Donna 2
anche per la madre, non solo, e giustamente, per
il figlio - sottolinea Säuberli -. In questo modo,
invece di spingere le donne a riprendere il lavoro
il più presto possibile, contribuendo quindi pure
loro al mantenimento del figlio, il legislatore cerca in tutti i modi di tutelarle mettendo tutto il
fardello economico solo e soltanto sulle spalle
dei padri. Stando ai nostri calcoli, una madre non
sposata con due figli a carico, può arrivare a per-
cepire dal padre dei bimbi anche 5mila franchi al
mese per il loro mantenimento, e ancor di più
una madre divorziata”.
Insomma, vita grama per i padri separati.
Certo, più che legittimo l’intento del Consiglio
federale di tutelare l’infanzia anche rinforzando
il diritto del bambino al mantenimento, indipendentemente dallo stato civile dei genitori. Tuttavia, le conseguenze di un onere finanziario così
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pesante, per i più impossibile da sostenere, alla
fine si ripercuotono sulla società. Uomini sempre
più indebitati, che nel giro di pochi anni scivolano nell’indigenza, andando a carico delle casse
cantonali. Se pensiamo che il 60 per cento dei
matrimoni fallisce il quadro è a dir poco drammatico.
“Se la priorità dev’essere il bene del bambino
- insiste Säuberli -, e su questo le nostre associa-
zioni non hanno certo nulla da ridire, una riforma che allarga ulteriormente i fossato tra i due
genitori separati non va certo nella direzione
giusta. Nell’insieme, questa revisione rende la
situazione dei genitori separati e divorzati ancora più difficile, più conflittuale e molto meno trasparente rispetto alla legge attuale”.
Ma non è finita qua. La riforma prevede pure,
per i padri che non riescono a far fronte al loro
impegno economico, di contribuire attraverso il
secondo pilastro. In sostanza, la cassa pensione
potrà reclamare i contributi di mantenimento
non pagati dal padre negli ultimi cinque anni.
“Quanti saranno i genitori indebitati che in questo modo finiranno nella totale indigenza?”, si
chiede Säuberli. E conclude. “È spesso lo stesso
Stato, che dovrebbe tutelare i cittadini, a contribuire a creare pericolose sacche di povertà che
poi pesano su tutta la collettività”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
I NUM
ERI
5%
È la percentuale di famiglie
monoparentali in Svizzera.
Ovvero madri o padri soli
con figli da crescere
27%
La quota di povertà delle
famiglie monoparentali, che
rischiano più delle altre di
scivolare nell’indigenza
30%
Le madri sole che lavorano
a tempo pieno; 46% oltre il
50%. 15-30% se la madre
vive con un partner
86%
È la percentuale dei bambini
che vanno a vivere con la
madre dopo la separazione,
solo l’8% con il padre
7.5%
580.000 persone in Svizzera
(7,5%) vivono al di sotto
della soglia ufficiale di
povertà di 2'250 fr. al mese
Il parere dell’avvocato Jörg sulla revisione in discussione a Berna
“Se passa questa proposta
non ha più senso sposarsi”
C
erto, divorziare costa eccome! E tutti ci cascano.
Eppure io faccio prevenzione, proprio come i dentisti, ma la gente non mi ascolta e continua a sposarsi”. Così, con piglio un po’ ironico l’avvocato divorzista
Daniele Jörg, con studio a Bellinzona, commenta gli effetti di una riforma della legge che molto probabilmente penalizzerà ulteriormente i padri. “In realtà, con questa revisione - spiega -, si svuota di significato l’istituzione del
matrimonio. Se due coniugi sono sposati e hanno dei figli
è giusto che qualora divorziano il marito aiuti economicamente l’ex moglie. In fondo c’è un progetto di vita, c’è un
contratto che vengono meno ed è giusto che sia così. Meno giusto, invece, ciò che si intende fare ora, ovvero inserire nella legge l’obbligo per il padre non sposato di mantenimento non solo per il figlio, ma anche per la madre”.
A far stato per il calcolo dell’assegno di mantenimento sono le famose tabelle dell’Ufficio gioventù del canton
Zurigo. “Sono un punto di partenza e sono applicabili a famiglie con reddito medio basso - sottolinea l’avvocato -.
DANIELE
Poi alcuni anni fa il Tribunale federale ha indicato che in
JÖRG
caso di famiglie agiate non è giusto che si faccia capo a
Avvocato
queste tabelle, ma che queste siano soltanto un punto di
divorzista, partenza e possano venire aumentate anche del 25 per
59 anni,
cento. Ma ripeto, le tabelle hanno poco senso. Quando un
con studio padre non riesce a far fronte agli impegni di mantenia Bellinzona mento perché non ha entrate sufficienti che gli permettono a sua volta di vivere c’è poco da fare”. Ma non è tutto. “C’è la possibilità che questo principio venga meno,
ovvero che si obblighi il padre a pagare gli alimenti anche
se vanno ad intaccare il suo fabbisogno minimo vitale. La
conseguenza è evidente, questo padre andrà a finire dritto sulle spalle della collettività perché se non ha abbastanza soldi per vivere va aiutato”.
Insomma, situazioni drammatiche con cui tutti i giorni l’avvocato Jörg fa i conti. Centinaia di coppie in procinto di lasciarsi, per cui bisogna trovare un compromesso
che non riduca uno dei due coniugi sul lastrico. “Io lo ripeto sempre, non “commettete” matrimonio, perché è
sempre un disastro - insiste Jörg -. Bisognerebbe fare
l’esame a tutti quelli che vogliono sposarsi, altro che andare dal prete, andate dall’avvocato prima”.
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ATTUALITÀ
11
L’allarme
Sempre più ricoveri di minorenni
per alcol.No dalle associazioni
alla riforma proposta da Berna
“Non si fa prevenzione
facendo pagare
le cure per le sbronze”
LE UBRIACATURE IN SVIZZERA
Frequenza di abuso di alcool (quattro bicchieri o più per le donne, cinque bicchieri o più per gli uomini),
negli ultimi 12 mesi. Campione di 10.986 persone (uomini: 5.395, donne: 5.591)
0
%
5
%
7.6
15-19 anni
15
%
9
9.6
4.5
25
%
4.2
2.5
30
%
35
%
40
%
12.4
13.1
25-34 anni
20
%
5.7
20-24 anni
35-44 anni
10
%
16.7
12.2
10.4
MAURO SPIGNESI
“S
i conciano da
buttar via”.
Per medici e
infermieri è
diventato ormai un appuntamento fisso.
Non passa fine settimana senza
che giovani e giovanissimi arrivino al pronto soccorso di qualche ospedale ticinese così
ubriachi da non reggersi in piedi. Alcuni anche in coma o in
pre-coma etilico. Tutta colpa
delle abbuffate alcoliche: liquori, birre, vino, mischiati e consumati in tempi brevi. Un fenomeno in rapidissima crescita,
che coinvolge un under 20 su
tre a livello nazionale, come rileva Espad, progetto europeo di
ricerca sul consumo di alcol e
droghe tra gli studenti. “Questo
dei fine settimana alcolici, finalizzati all’intossicazione, che
coinvolgono soprattutto i giovani, ma anche adulti, è un problema serio”, avverte Jann
Schumacher, psicologo, responsabile di Ticino Addiction e del
centro Ingrado di Cagiallo. Secondo il programma nazionale
di controllo dell’alcol quasi un
milione e mezzo di persone ha
un consumo a rischio. E negli
ultimi anni si è notato un aumento dei casi di ospedalizzazioni. Con protagonisti soprattutto giovani e giovanissimi.
“Persone che hanno bisogno di
assistenza - aggiunge Schumacher - e di cure. Per questo noi
come Ticino Addiction diciamo
che è sbagliato, come proposto
a Berna, far pagare il 100% dei
costi a chi viene ricoverato a
causa di un consumo eccessivo
di alcol”.
La proposta di far saldare le fatture delle cure è partita dall’udc Toni Bortoluzzi, che ha
chiesto la modifica della legge
sull’assicurazione malattia con
l’introduzione del principio di
colpa. Ed è stata subito bocciata
dalla sinistra nella sottocommissione che l’ha esaminata
preliminarmente. Ma è andata
avanti lo stesso. E dopo la consultazione, il disegno di legge
scaturito dal progetto originario
rientrerà, probabilmente già
nella sessione di febbraio, in
Commissione della sicurezza
sociale e della sanità pubblica
del Nazionale, ma modificato su
iniziativa del deputato plr Ignazio Cassis: “Va bene – spiega far pagare le cure a chi si sbronza per sballo, ma per un periodo
di 5 anni. In pratica è una sperimentazione, accompagnata
però da una valutazione scientifica finale, visto che nessuno
sa se questa misura porterà effettivamente risultati concreti”.
Cassis tiene a puntualizzare che
la fattura non arriverà a chi è
malato, “ma a chi si rende protagonista di comportamenti
sciocchi”.
Eppure anche così l’idea continua a dividere. “In questo modo - dice Schumacher - non si
affrontano le cause del problema, ma soltanto i sintomi. Bisogna invece puntare di più sulle
regole, evitare scappatoie come
la vendita notturna di alcol, e
insistere sulle misure di pre-
45-54 anni
5.5
2.3
55-64 anni
5.5
1.9
65-74 anni
75 anni e più
8.9
8.5
1.9
4.5
2.9
4.2
2.1
0.7
due volte a settimana o più
settimanalmente
mensilmente
Fonte: Gmel et al. (2012), Alcool, Monitorage suisse des addictions/Rapport annuel - données 2011
venzione strutturali”. Per molti
l’intervento dei medici del
pronto soccorso spesso diventa
il primo contatto di un percorso
che permette di uscire dalla dipendenza. “Qui è in ballo la vita
delle persone - aggiunge Schumacher - non esistono studi che
dimostrano che per paura delle
conseguenze economiche non
si beva alcol. Al contrario, chi si
risveglia in ospedale dopo una
sbornia tende a stare più attento”.
Che il problema sia serio lo dicono tutti. E che occorra arginarlo pure. Ultimamente oltre i
party alcolici, sta crescendo la
tendenza tra i giovani di mischiare vodka, rum, whisky,
gin, con bevande energetiche.
“Non ci si rende conto - dice
Schumacher – delle conseguenze. Gli energy drink se presi in
dosi eccessive possono creare
problemi all’organismo”. In alcuni casi provocano un’aritmia
cardiaca che porta, anche in
questo caso, in ospedale.
Tutto avviene all’interno di
contesti di festa e di divertimento. Per questo la prossima
campagna contro l’alcol dell’Ufficio federale della sanità in primavera punterà proprio sui
weekend alcolici. “Noi, con i
nostri mezzi, riusciamo ad aiutare 20, 30 persone non di più a
sera”, spiega Angelo Bellisoni,
presidente Nez Rouge Ticino:
“Tra loro certo che ci sono molti
giovani, che con le nuove norme sulla patente cominciano a
stare più attenti. Notiamo, inoltre, una certa consapevolezza:
oggi chi si sente brillo ci chiama”. Un segnale positivo. Anche c’è ancora molto, ma molto
da fare.
[email protected]
Q@maurospignesi
L’esperto Analisi e proposte di Ilario Lodi, direttore di Pro Juventute per il Ticino
“Ma dietro gli eccessi si nasconde
una disperata domanda d’aiuto”
“I
o credo che dietro ogni forma di abuso,
dietro ogni malessere, ci sia il tentativo,
alcune volte disperato, da parte dei giovani di chiedere aiuto”. Ilario Lodi, direttore di Pro
Juventute Ticino, ha ben presente il problema
delle sbronze giovanili, dei “binge drinking”, dei
ricoveri dei giovani. “Noi adulti - aggiunge - abbiamo precise responsabilità nei confronti dei ragazzi. Gli abusi non sono altro, io credo, che la ricerca di forme di benessere. Si beve, sbagliando
certo, per stare bene. Sta a noi indirizzare questa
ricerca di benessere verso forme corrette, su strade che non mettono nei guai i nostri ragazzi”.
Il fenomeno dell’abuso di alcol è stato segnalato più volte come un’ emergenza in questi anni.
Addiction Suisse, ad esempio, ha spiegato che oltre il 27% dei ragazzi e il 21% delle ragazze quindicenni hanno già avuto almeno due episodi di
abuso di alcol. E che il picco delle ospedalizzazioni
- in media sei al giorno a livello nazionale - avviene in giovanissima età. Età che spaventano. Innanzitutto i genitori, che quando scoprono che il
figlio beve o si è preso una sbronza spesso non
riescono a reagire.
“Le forme di disagio - aggiunge Lodi - dipen-
L’iniziativa
All’Hotel Suff
le stanze
per smaltire
la sbornia
Il disagio
Spesso
esagerano
cercando
una forma
di benessere.
Sta a noi
adulti
indirizzare
questa ricerca
correttamente
dono dall’educazione che noi diamo ai ragazzi, alle opportunità che noi riusciamo a fornirgli. Mi
spiego. Da poco è uscita la notizia, anche se non è
una novità, che i giovani conoscono tutte le marche, o quasi, della moda. È un dato interessante
perché vuol dire che sono stati stimolati, incuriositi, e hanno sviluppato competenze su questo
mercato. Se lo conoscono, evidentemente, qualcuno a livello professionale, gli ha fornito queste
conoscenze. Ora, io vorrei che nello stesso modo
professionale, noi adulti riuscissimo a fornire loro
un ventaglio di conoscenze non più legate alla
moda, ma ai loro reali bisogni di persone che stanno crescendo”.
Ma che stanno crescendo con difficoltà, se è
vero, come segnala l’ultima ricerca nazionale contro l’abuso di alcol coordinata dall’Ufficio federale
della sanità, che quasi il 30% della popolazione
tra i 15 e i 19 anni si ubriaca almeno una volta al
mese, il 15% una volta alla settimana. C’è dunque
anche un problema legato ai modelli, all’esempio
che danno gli adulti. “Bisogna trovare un equilibrio e ripartire dalle famiglie - conclude Lodi -,
dagli adulti in generale che devono invece offrire
modelli positivi e propositivi ai nostri ragazzi”.
A Zurigo divide la struttura per passare la notte sotto controllo
P
iace a metà. E fa discutere. L’albergo
della sbornia, l’Hotel Suff di Zurigo, è
una struttura con una decina di celle
a prova di ubriaco. Per ora è un “progetto
pilota”, che peraltro ha funzionato abbastanza bene, ma non è ancora diventato
definitivo. Saranno i cittadini oggi, domenica, a decidere se vale la pena spendere
circa due milioni di franchi all’anno per
questo hotel nato due anni fa non lontano
dalla stazione di Zurigo. Socialisti e verdi liberali sono per il sì e appoggiano la proposta del municipio che ha coinvolto 25 Comuni di tutto il cantone per estendere il
progetto e portarlo avanti, mentre Udc, Plr
e Ppd sono contrari e ritengono la spesa ec-
cessiva. Il centro “anti-sbornia” è nato per
ricoverare in una struttura specifica, sotto
controllo medico, le persone ubriache o
sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Persone che creano problemi e che quando
vengono fermate dalla polizia non si sa dove sistemarle, visto che nelle carceri non ci
sono strutture specializzate e dunque finiscono per passare la notte nei pronto soccorso degli ospedali cittadini.
Per risolvere questo problema Zurigo ha
creato l’Hotel Suff. Chi viene ospitato è poi
chiamato a pagare per il servizio da 300 a
600 franchi circa. Ma i costi, sostengono gli
oppositori, sono molto più alti e così non
vengono coperti.
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L’estrazione dei tagliandi inviati avverrà
la sera del 31 dicembre 2014 a Locarno
sulla pista di ghiaccio in Piazza Grande
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In una fotografia all’interno del Caffè è nascosta
una VW Polo. Indica il numero della pagina in cui si trova
e la data di pubblicazione del Caffè.
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La VW Polo è nascosta a pagina ...........................
de “il Caffè” del ...........................
Da imbucare
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di “Locarno on Ice”
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La VW Polo era nascosta
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ATTUALITÀ
13
Il caso
L’ultimo sfregio
alla storica Villa.
Uno scavo nel
parco per portare
acqua al progetto
“Archi di Luce”
I precedenti
LA DISCUSSA
CANALIZZAZIONE
L
a lama delle motoseghe incombe minacciosa su alcuni
alberi secolari di Villa Favorita. Dopo lo squarcio di quattro anni fa nel Parco Ciani,
dove - tra le polemiche - fu costruita la
stazione per le acque di raffreddamento del Centro di calcolo, la Città di Lugano ci ricasca. Stavolta il Comune ha
autorizzato una canalizzazione che
collegherà al lago il complesso residenziale “Archi di Luce”, in costruzione a Castagnola sopra la storica Villa.
Purtroppo la posa della condotta
non sarà indolore: lo scavo dovrebbe
attraversare dall’alto al basso la proprietà della baronessa von Thyssen,
che con una certa “leggerezza” ha
concesso ai vicini una servitù. Ma la
nobildonna spagnola vive lontano, in
altre faccende affaccendata, e dunque
una pari colpa nello sdoganare la domanda di costruzione potrebbe essere
attribuita al Comune, che non sembra
aver soppesato tutte le conseguenze
sul bene tutelato: lo scavo per la posa
del tubo minaccia diversi alberi pregiati (3 o 4, tutti o quasi secolari), il rischio che le piante muoiano è molto
concreto. Ma lo scavo comporta anche
la parziale demolizione/ricostruzione
dei muri in pietra presenti nel parco,
nonché dei rischi anche per lo storico
muraglione lungo la riva del lago.
Spontaneo chiedersi se il taglio
delle antiche piante sia proprio necessario oppure se non si poteva studiare
un tracciato alternativo, magari meno
diretto e quindi più costoso, per rifornire d’acqua l’impianto di riscaldamento del lussuoso complesso. L’in-
TAGLI AL PARCO CIANI
SALTA L’IPPOCASTANO
Tra interrogazioni e
proteste dei cittadini, i
maestosi alberi lungo
il fiume Cassarate
sono stati tagliati
nell’estate del 2010
per far spazio al
nuovo assetto viario.
Ogni pianta recisa è
però stata sostituita
con una più giovane.
L’azzeccato restyling
della Foce ha in parte
fatto dimenticare gli
alberi abbattuti nel
cuore del parco Ciani,
a cavallo del 2011, per
interrare la stazione da
cui si pescano le
acque che raffreddano
i cervelloni del Centro
svizzero di calcolo.
Tanto protetti quanto
malati. Alcuni
ippocastani lungo
viale Castagnola sono
stati tagliati lo scorso
giugno. Ma il bene è
tutelato e dunque i
singoli alberi devono
essere sostituiti per
mantenere l’insieme.
Si aspetta ancora.
Villa favorita
Complesso
Archi di Luce
Le piante secolari della Favorita
potrebbero morire di motosega
STEFANO PIANCA
LAME SUL CASSARATE
tervento sembra stonare comunque
con le promesse fatte, ormai quattro
anni fa, alla presentazione ufficiale del
progetto immobiliare che il promotore
Fausto Candolfi ha affidato alla penna
dei famosi architetti basilesi Herzog &
de Meuron. Allora si sbandierò il proposito di inserire gli otto appartamenti
Quel tubo calato dall’alto
che ha destato dal torpore
la baronessa von Thyssen
“armoniosamente nel contesto urbanistico e paesaggistico del territorio”.
L’opera, il cui costo ammonta a circa
11 milioni di franchi, doveva inoltre,
come riferiscono le cronache del maggio 2010, “seguire un principio di non
invadenza e di continuità rispetto agli
elementi caratterizzanti l’area origi-
naria” e, addirittura, “valorizzare ulteriormente le aree verdi con il mantenimento delle essenze già presenti in loco e con l’apporto di nuovi alberi”. A
garanzia di queste premure era stato
addirittura coinvolto nella sfida l’architetto Michel Desvigne, paesaggista
di fama internazionale. Ora nessuno
dubita che gli eleganti residence faranno solo capolino tra un parco di
grande pregio, ma a valle sul verde
d’antan calerà la scure. Non subito,
perché prima i due antagonisti, la baronessa il gruppo immobiliare (spalleggiati da agguerriti avvocati) , dovranno trovare un accordo. Tra i due
fuochi l’Ufficio dei beni culturali del
Cantone, che è stato coinvolto negli
incontri e nelle discussioni in corso.
Intanto il Comune osserva con un
certo aplomb la contesa, anche perché, come spiega il municipale Angelo
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Jelmini, “la condotta attraversa il terreno della Villa e non tocca il sedime
dove il Comune vuole realizzare il parco botanico”. Gli alberi a rischio non
rientrano, per poco, nell’area, pure di
proprietà della baronessa, destinata al
pubblico godimento. Sul progetto del
parco non ci sono novità, “la pianficazione è in corso - spiega il responsabile dell’Area sviluppo territoriale -. Al
momento in cui sarà consolidata, ma
ci vorranno anni, si presenterà il problema dell’esproprio del terreno e di
come finanziarne l’acquisto”. Un’idea
balena già nella testa del municipale:
“Se noi vendiamo Villa Heleneum, che
è un bene di gran valore, penso che
parte del ricavato potrebbe servire per
finanziare il parco. Così, perso uno
spazio pubblico se ne acquisterebbe
un altro”.
[email protected]
Q@StefanoPianca
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
15 ATTUALITÀ
La storia
Louis Derungs. Aveva 19 anni
quando una scarica elettrica di 15mila
volt, un anno fa, l’ha colpito sulla
banchina della stazione di Morges.
Ustioni sulla metà del corpo, fratture,
lesioni agli organi interni e gli arti
superiori amputati. Un mese di coma e poi la rinascita.
Ora il suo traguardo nella vita è rendersi il più possibile
indipendente e riuscire a sostenere lo sguardo altrui
“Non ho più le braccia,
prima puntavo sul look
oggi solo sulla mia testa”
U
ANCORA INTERVENTI,
ESAMI E TERAPIE
Louis dovrà sottoporsi ad altri
interventi chirurgici, soprattutto
per adattare le protesi ai
moncherini. Inoltre, lo
aspettano ancora molti mesi di
esami e terapie. Con l’incidente
ha riportato fratture alle gambe,
al bacino, lesioni al fegato e ai
reni e gli è stato inserito un
pacemaker nel cuore
PATRIZIA GUENZI
I fatti
na scarica elettrica di 15mila
volt gli ha attraversato il corpo,
devastandolo, un anno fa mentre camminava sulla banchina
della stazione di Morges. Pioveva a dirotto. Louis Derungs, di
Chigny, oggi ventenne, è sopravvissuto, ma la sua vita è
stata stravolta. Ustioni su metà
del corpo, gravi danni agli organi interni, le due braccia amputate. Dopo un mese di coma, Louis si risveglia completamente
fasciato e sotto morfina. “È stato
uno choc - ricorda -. Non riuscivo a capire dov’ero, cosa mi era
successo, sentivo soltanto le voci, ma non potevo muovermi;
volevo bere, prendere il telecomando…”.
Ma Louis non si dà per vinto, sin
da subito, con determinazione,
cerca di riacquistare la sua autonomia. “Non voglio per tutta la
vita farmi accendere la sigaretta
o chiedere di andare in bagno”,
dice. Ma quel che più gli sta a
cuore è abituarsi allo sguardo
degli altri. “Prima puntavo sul
look, oggi voglio farmi apprezzare per la mia testa. E comunque un giorno riuscirò anche a tornare in
spiaggia”.
Ma il cammino
verso una completa
indipendenza è ancora lungo. Louis lo sa
bene, anche se morde il freno. Sin dall’inizio, quando i medici del Chuv di Losanna, dopo due mesi di cure intense,
pronosticarono almeno altri diciotto
mesi di ricovero. Invece, un paio di mesi
dopo Louis uscì dall’ospedale, smagrito,
malfermo, ma sulle
sue gambe per entrare in un centro di riabilitazione. Deve riprendere a
parlare, mangiare, sedersi,
camminare senza perdere
l’equilibrio.
Ma in testa ha già ben chiaro
un progetto per costruirsi due
nuove protesi. Nei mesi di inattività, la sua mente non ha cessato di “lavorare”. “Ricordo ancora con orrore i due mesi in cure intense - racconta -. Dormivo
su un letto di sabbia per compri-
L’INCIDENTE
Un anno fa, Louis è
sulla banchina della
stazione di Morges,
aspetta il treno.
Improvvisamente
una scarica di
15mila volt lo
colpisce.
IL RICOVERO
Un mese di coma e
altri due ricoverato
in terapia intensiva.
Louis si risveglia
con il corpo
ustionato a metà e
senza le due
braccia.
mere gli innesti di pelle sulla
schiena, la testa bloccata verso
il soffitto. Morivo di sete, ma
non potevo bere perché avevo
acqua nei polmoni. Mi passavano solo un cotone umido sulle
labbra, che non mi dava alcun
sollievo. Ma dovevo tener duro,
reagire e subito. Altrimenti non
sarei mai più riuscito a fare tutto
ciò che facevo prima dell’incidente”.
Già, l’incidente. Nessun testimone ha assistito, era mezzanotte, Louis aveva appena salutato gli amici al bar e aspettava
il treno per tornare a casa. E di
quelle ore, nella sua mente, c’è
UNA VOLONTÀ DI FERRO
Louis Derungs, 20 anni, di
Chigny, dopo l’incidente ha
progettato diversi “attrezzi”
per essere il più possibile
indipendente. Lo sostiene
una volontà di ferro
LA RIPRESA
I medici ipotizzano
ben 18 mesi di
ospedale. Ma Louis
esce dopo un altro
mese, sulle proprie
gambe, seppur
muovendosi tra
mille difficoltà.
LA TERAPIA
Dopo l’ospedale
Louis entra in un
centro di
riabilitazione. Ore e
ore di fisioterapia
per manipolare la
pelle e stimolare la
cicatrizzazione.
solo un buco nero. “È come se
mi fossi addormentato un paio
di giorni prima della disgrazia e
mi fossi risvegliato un mese e
mezzo dopo - riprende -. Ho solo
dei flash di pochi istanti e poi di
nuovo il buio. È stata aperta
un’inchiesta, che ha chiaramente determinato che non sono né
salito sul tetto di un vagone, né
ho messo le mani su cavi e fili…
si è trattato di una scarica elettrica incontrollata, probabilmente dovuta alla grande umidità che c’era nell’aria”.
Una scarica elettrica che ha
rivoltato come un guanto non
solo la vita di Louis, ma anche
IL FUTURO
Louis vuole
diventare il più
possibile
indipendente: “Odio
farmi accendere
una sigaretta o
chiedere di andare
in bagno”.
quella della sua famiglia. “È doloroso vedere i tuoi cari stare
male per causa tua - sospira -.
Sentire i tuoi genitori piangere è
terribile. Fanno di tutto per aiutarmi, anche troppo, anticipano
i miei movimenti... ma se voglio
tornare ad essere indipendente
devo imparare ad arrangiarmi,
anche a costo di enormi fatiche”. Ecco perché, con l’aiuto
del suo erogoterapista ha già
ideato un prototipo di protesi
per le due braccia. “Trecento
grammi di carbonio con fissate
sopra delle aste intercambiabili
per pinzare, tenere una matita,
abbottonarmi la camicia...”.
…E LA LETTURA CONTINUA
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LA FINESTRA
SUL CORTILE
Anonymous
IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Cenni
Moro
Non solo. Louis ha già progettato, e s’è l’è fatta costruire, una
parete composta da tante spugne, con tubicini di plastica che
emettono il sapone, per lavarsi
corpo e capelli, e un’asta con fissati spazzolino e rasoio contro i
quali sfregare denti e guance.
Louis inventa, innova, prova. “Su Youtube trovi un sacco
di idee. La mia idea è di rivoltare
il mondo. Sogno in grande. Il
mio scopo è riprendere la scuola
il prossimo settembre, con o
senza protesi. Dovrò cambiare
facoltà, lo so, la matematica non
posso certo dettarla ad un ordinatore. Probabilmente sceglierò
diritto”. E lancia un appello a chi
volesse dargli una mano per sviluppare nuovi supporti per migliorare la sua esistenza. O attraverso un versamento sul suo
conto (Iban ch87 0076 7000
C525 0162 9), o con suggerimenti e idee per creare nuovi
ausili sanitari.
Insomma, guarda avanti il
ragazzo. Ormai ha alle spalle il
brillante studente di matematica al politecnico federale di Losanna, il bel Louis che amava
posare davanti all’obiettivo e
vestire alla moda. Ora deve pensare al futuro. Con forza e determinazione, anche se i dolori ancora lo mordono. Anche se lo
aspettano altri interventi chirurgici, per adattare i moncherini alle protesi. “Ma ho anche altri guai, fratture alle gambe e al
bacino, un ematoma al fegato,
acqua nei polmoni, un rene
compromesso e un pacemaker
al cuore. La corrente ha leso
molti nervi del mio corpo, i miei
piedi, ad esempio, sono meno
reattivi”. In tutti questi mesi si è
sottoposto a lunghe sedute di fisioterapia, ergoterapia e massaggi. Anche ipnosi. “E pensar
che ero scettico, invece sin da
subito mi ha aiutato moltissimo.
Ancora oggi pratico l’autoipnosi, mi calma e mi aiuta a gestire
la frustrazione”.
Frustrazione e delusione per
un destino crudele. “Una volta
la gente mi guardava per il mio
look, oggi perché mi mancano le
braccia. Tutti i giorni mi dico
che non devo riprendere la mia
vita di prima, ma devo iniziarne
una nuova. Ci sarò riuscito quel
giorno che tornerò in spiaggia”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
16
ilDossier
17
Dopo aver travolto i quartieri delle banche,
lo“tsunami della trasparenza”fiscale risale
lentamente i contrafforti di Ginevra.E non solo
La vigilanza
Marchio di famiglia
per le consulenze
ad ampio spettro
di Davide Enderlin
Ti-Press
In Svizzera da nord a sud
per gli avvocati d’affari
soffia vento di tempesta
LIBERO D’AGOSTINO
L
IL CAMPIONE
Nell foto a destra,
a Cadempino, nell’aprile
di quest’anno, la finale
del campionato LNA di pallavolo.
Il presidente del Lugano
Davide Enderlin con il trofeo
di Campione svizzero 2013-2014
FRANÇOIS PILET, L’Hebdo
D
I trasferimenti
Personalità e principi
del foro coinvolti
in clamorosi casi
di trasferimento di soldi
provenienti dall’estero
Ti-Press
opo aver travolto il quartiere delle
banche, lo tsunami della trasparenza fiscale risale lentamente i contrafforti di Ginevra. I miasmi nauseabondi sollevati dall’onda minacciano ora una professione a lungo considerata
intoccabile: quella degli avvocati d’affari ginevrini. “Salivo in ufficio, appoggiavo la borsa in
un angolo e parlavamo di altri argomenti”. L’ultimo episodio, rivelato la scorsa settimana dal
quotidiano francese Libération sulla base della
testimonianza di un ex uomo di fiducia di Serge
Dassault, racconta come l’erede del produttore
di aerei francese abbia potuto trasferire 56 milioni di euro liquidi, in circa vent’anni, da Vaduz
a Parigi, via Ginevra. Una parte della somma sarebbe anche servita ad acquistare voti nella circoscrizione elettorale Corbeil-Essonne.
Questi trasferimenti di denaro non sarebbero stati possibili senza l’intervento del celebre
avvocato ginevrino Luc Argand, ex presidente
dell’Ordine, ex presidente del Salone dell’auto,
partner dello studio dePfyffer e attuale presidente della Commission di sorveglianza dei notai. Dai verbali della giustizia francese citati dal
quotidiano, risulta che fosse lui a tirare le fila
delle due fondazioni del Liechtenstein che alimentavano questa sete di liquidità, Pégase e
Balzane.
Quando Serge Dassault dava il segnale al
suo uomo di fiducia in Svizzera, Gérard Limat,
questi “domandava l’autorizzazione ad Argand e
si recava da una a tre volte l’anno a Vaduz per ritirare cash in franchi svizzeri. Fino a 12 milioni
in contanti in un sol colpo”, precisa l’inchiesta di
Libération. Gérard Limat non trasportava i capitali a Parigi. Li affidava ad una società ginevrina
di “compensazione”, Cofinor, allora specializza-
ta in questo tipo di servizi. Cofinor è un nome
che si sussurra nelle vie basse di Ginevra dal
1961 ed evoca un’epoca forse superata, ma i cui
demoni iniziano appena adesso a risalire alla superficie.
Ricorda che nell’era del segreto bancario il
trasporto di capitali era un’industria, e che gli
avvocati giocavano un ruolo di primo piano nel
settore. Anche se i legali, contrariamente a molti banchieri, preferivano non sporcarsi troppo le
mani. Cofinor aveva prestato esattamente gli
stessi servizi di “compensazione” a Liliane Bettencourt, ereditiera di L’Oréal. In questa saga,
l’uomo di fiducia si chiamava Patrice de Maistre,
mentre l’avvocato ginevrino era René Merkt.
Quest’ultimo, nel 2012, aveva anche raccontato
con diletto al magazine Le Point: “Non avrei certo trasportato i soldi nelle mie tasche. Sono avvocato, non banchiere”. Al di là delle frequentazioni franco-francesi di Luc Argand e di René
Merkt, il capitolo americano della caduta del segreto bancario permette anche di ricordare che,
tra le decine di “banchieri criminali” incolpati
per frode fiscale, molti erano in realtà avvocati.
Edgar Paltzer, ad esempio, che invitava il gotha zurighese ai “salons de l’esprit”, sempre
scritto in francese, organizzati a casa sua per
dissertare di filosofia. Incolpato, ha raccontato
tutto allo zio Sam. Nascondeva denari liquidi
nella sua cassaforte e inviava chèques da 9’000
dollari ai suoi clienti attraverso la posta, con la
dicitura “cartolina postale”. Meno chic, rispetto
alle fondazioni Pégase e Balzane. Ma c’è anche
lo zurighese Felix Mathis, 61 anni, 1 metro e 73
per 79 chili. La sua foto segnaletica fa bella mostra di sé sul sito dell’Interpol alla voce “persone
ricercate” su incarico delle autorità americane.
La didascalia rossa invita chiunque lo veda a
avvocati compresi. “Penetra dappertutto”, si lascia sfuggire un membro altolocato della Federazione svizzera degli avvocati (Fsa) che non ha
voglia di esprimersi pubblicamente. Il peggio,
sottolinea, è che vista l’attitudine combattiva
dei vicini della Svizzera, Francia in testa, “non vi
è ragione che queste richieste rimangano limitate agli Stati Uniti”.
“Sono avvocato, non banchiere”, diceva René Merkt. Strana risposta. Perché in teoria, gli
uomini di legge che occupano il ruolo di intermediario sono sottoposti esattamente alle stesse
regole rispetto ai banchieri. Un sistema che si
basa su “organismi di autoregolamentazione”,
chiamati Oar, che sorvegliano l’attività dei loro
membri. La Federazione svizzera degli avvocati
dispone, ad esempio, di un proprio Oar, specializzato nella sorveglianza dell’attività di avvocati intermediari finanziari.
Problema: le regole che si applicano nella
professione, non sono più all’altezza delle sfide.
“In generale, il livello di autosorveglianza delle
banche supera nettamente quello degli avvocati”, riconosce l’avvocato Paolo Bernasconi, lui
stesso membro dell’Ordine ed ex procuratore
pubblico ticinese.
Messi di fronte per prime alle conseguenze
della fine del segreto bancario, le banche hanno
reagito ed iniziato a far pulizia davanti alla propria porta. È del resto quanto dimostra il recente
caso Dassault. Non sono state le autorità francesi a mettere la parola fine al traffico di milioni di
euro cash tra Ginevra e Parigi, bensì le banche.
Tra il 2010 e il 2012 hanno finito per dare un taglio a quegli inspiegabili prelievi. Luc Argand ha
dovuto spiegare a Serge Dassault che il sistema
che era andato bene per vent’anni, non avrebbe
più funzionato. Da quel momento in poi, sareb-
contattare il più vicino posto di polizia. Non fateci caso: questo avviso di ricerca non gli impedisce di esercitare tranquillamente nel suo studio, il Froriep, a Zurigo. Nella “belle epoque”, da
questo stesso studio, Felix Mathis organizzava il
ritiro di migliaia di dollari in biglietti da 100,
che infilava a forza nelle buste da spedire ai suoi
clienti.
Questa lista potrebbe presto allungarsi. Negli ultimi mesi, decine di banchieri svizzeri hanno dovuto inviare negli Stati Uniti i nomi di tutti
gli “intermediari” implicati direttamente o indidrettamente nella gestione di clienti americani,
Quei “dilemmi penali”del legale
Il singolare caso del presidente dell’Ordine e dell’imprenditrice svizzero-lettone
U
Il denaro
Soldi confiscati dalla
magistratura. Ma di fatto
misteriosamente
nella disponibilità
degli inquisiti
nel Tagikistan. La società di Ginevra della Jemai, la Jecot Sa, è
stata condannata da una corte di
Londra per avere riciclato 35
milioni di dollari provenienti da
una frode del 2011.
Informata dei fatti dalla giustizia ginevrina, Olessia Jemai
sfugge da tre anni alla legge, e
dissimulando abilmente i soldi,
spostandoli di volta in volta su
conti della capitale tagika Dushanbe, di Riga in Lettonia, di
Parigi o di Ginevra. Gioca al gatto e al topo, insomma. Ed è sempre un passo avanti rispetto alla
giustizia.
In teoria Jemai non dovrebbe più poter toccare nemmeno
un soldo dai suoi conti bancari
della Bordier & Co. perché tutti
bloccati dalla giustizia svizzera e
britannica. In realtà un’inchiesta
de “L’Hebdo” mostra che lo studio “Bbcc Avvocati”, di cui JeanMarc Carnicé è associato, ha incassato 40’504 franchi di onorario il 28 marzo 2013. Questi soldi provenivano dalla Jecot Sa.
Siamo davanti quindi ad una
falsa testimonianza. Olessia Je-
mai ha sempre negato di possedere altri conti oltre a quelli dichiarati. Risulta però che due
anni prima la donna aveva confessato l’esistenza di un conto
supplementare durante un interrogatorio di polizia. Venuto
tardivamente a conoscenza del
fatto, il procuratore Marc Tappolet ha proceduto al blocco. Nel
frattempo però la Jecot Sa è stata dichiarata insolvente. Insospettito, l’Ufficio dei fallimenti
ha sporto denuncia penale.
Per tornare alla vicenda, non
bisogna pensare che quello
dell’avvocato Carnicé sia un episodio isolato. In una sentenza
del 2006, il Tribunale federale
aveva autorizzato la confisca di
onorari percepiti in situazioni
che gli avvocati potevano considerare sospette. Sulla carta
quindi la regola è chiara. Il legale non dovrebbe accettare remunerazioni da chi sa essere in
odore di crimine.
In questa decisione però, alcuni studiosi hanno voluto vederci chiaro. In particolare il
professor Alain Macaluso, che
nel 2013 ha definito “problematica” la confisca degli onorari,
adducendo come motivo “la
particolare natura del mandato
che è chiamato ad assolvere un
avvocato”. Il diritto alla difesa è
uno dei pilastri dei Diritti dell’uomo e il segreto professionale
gli è strettamente legato. Il lavoro di un legale merita una retribuzione, e la clientela di un
penalista è per natura suscettibile di avere commesso un crimine. Allora, l’avvocato si rende
colpevole, accettando dei fondi
be stato necessario fornire un “dossier completo” per rispondere alle “regole minime della legge sul riciclaggio di denaro”.
“Le banche sono state sensibilizzate per prime a causa della loro esposizione all’estero”,
constata l’avvocato ginevrino Shelby du Pasquier. Malgrado il cambiamento di pratica degli
istituti bancari, gli organi di autosorveglianza
non hanno adattato la loro offerta. Continuano
anzi ad organizzare simposi, pubblicare brochures ed offrire corsi di aggiornamento professionale, come hanno sempre fatto. Le Oar a volte
servirebbero, si dice, ma le loro eventuali inchieste e sanzioni si svolgerebbero in modo segreto. “Ci sono state sanzioni, ma non sono forzatamente state rese pubbliche”, testimonia
Shelby du Pasquier.
Per Paolo Bernasconi, il sistema di autosorveglianza degli avvocati d’affari deve, oggi, dar
prova di efficacia. “Esattamente come per i banchieri, l’agire degli avvocati che violano il diritto
di Paesi esteri è inammissibile - tuona -. Se non
vengono decise sanzioni, significa che le regole
di autosorveglianza non sono che carta straccia.
Sarebbe inaccettabile”. Paolo Bernasconi nota
che, in Ticino, “l’Oar degli avvocati apre regolarmente inchieste quando i media sollevano sospetti” a proposito dell’implicazione dei suoi
membri in affari di frode o riciclaggio.
E per Luc Argand? Cosa ne è, oggi, a Ginevra? L’Oar della Federazione svizzera degli avvocati ha aperto un’inchiesta dopo le rivelazioni
di Libération? “Siccome il segreto d’ufficio è applicabile, l’Oar non rilascia dichiarazioni a proposito delle decisioni che prende”, risponde il
suo responsabile, l’avvocato ginevrino Didier de
Montmollin. Luc Argand non ha risposto ai nostri messaggi. (Traduzione di Massimo Schira)
Dalla Lettonia,a Parigi passando
dal Lemano.Milioni che sfuggono
alla giustizia.Eppure una società
condannata a Londra per riciclaggio
riesce a pagare i suoi consulenti elvetici
L’inchiesta
n avvocato deve denunciare il suo cliente se si
accorge che sta cercando
di sottrarsi alla giustizia? Deve
preoccuparsi dell’origine degli
onorari che riceve in cambio dei
suoi servizi? O ancora, che fare
se dubita che i fondi di cui è già
entrato in possesso possono provenire da un crimine del quale è
stato incaricato di negare l’esistenza? Tutte domande che toccano da vicino, almeno una volta, ogni avvocato penalista.
Jean-Marc Carnicé (nella foto a destra), a capo da qualche
tempo dell’Ordine degli avvocati ginevrini, recentemente ha
dovuto scegliere se tenere i soldi
di una sua cliente, Olessia Jemai
(nella foto sulla pagina accanto),
donna d’affari svizzero-lettone
attiva nel commercio di cotone
L’attività del noto studio luganese
su cui nessuno ha davvero vigilato
di cui può dubitare l’origine? Alla fine la risposta trovata dagli
esperti è semplice. Il criterio decisivo per giudicare il comportamento di un legale è la sua buona fede.
Ad esempio. Se oltre a regolare la fattura, quel 28 marzo la
signora Jemai avesse anche pagato il conto della cena con quei
soldi sospetti, la giustizia avrebbe dovuto denunciare i gerenti
del ristorante? La risposta è no,
perché il ristoratore poteva ragionevolmente non sospettare
di nulla. E lo stesso vale anche
per Jean-Marc Carnicé? Solo nel
momento in cui avesse avuto un
sospetto, i soldi sarebbero divenuti “scottanti”. Starebbe a lui
decidere a quel punto se chiedere di essere pagato con soldi
d’altra provenienza o lasciare il
suo mandato nelle mani di un
avvocato nominato d’ufficio.
Nel caso di Olessia Jemai e
della Jecot Sa, visto che i conti
erano stati tutti bloccati, quest’ultima sembrava essere la soluzione migliore.
Ma Carnicé ha scelto di an-
dare avanti, malgrado i danni
d’immagine che una situazione
del genere inevitabilmente
avrebbe portato alla sua reputazione. Che fine ha fatto allora
l’etica professionale difesa
dall’Ordine che lui stesso dirige?
“Quando ho ricevuto quei soldi risponde Carnicé - non disponevo di alcun elemento che avrebbe potuto segnalarmi la loro
provenienza fraudolenta. Fattispecie per altro categoricamente contestata ancor’oggi dalla
mia cliente. Perciò ero in perfetta buona fede”.
Una situazione parecchio intricata. Tanto che la giustizia
esita ad attaccare frontalmente
Carnicé, che è a capo di coloro
che del diritto alla difesa hanno
fatto una bandiera.
Pure per la giustizia britan-
nica Olessia Jemai gode della
presunzione d’innocenza. Anche se, stufo delle sue bugie, il
procuratore Tappolet ne ha ordinato l’arresto lo scorso 7 novembre.
Qualche giorno dopo JeanMarc Carnicé si è recato di persona al Tribunale della misure
restrittive di Ginevra e con una
brillante arringa ha ottenuto la
liberazione immediata della sua
cliente. Interrogato sull’origine
dei compensi ottenuti dalla signora Jemai, ormai considerata
finanziariamente bloccata, il legale non ha dato risposta. Si attendono ora gli sviluppi nella
prossima udienza convocata dal
procuratore. L’80a della serie. E
certamente non l’ultima.
f.p.
(Traduzione
di Omar Ravani)
IL CONSULENTE
Davide
Enderlin, 42
anni; accanto
Ginta Biku,
27 anni
ui è in carcere, con pesanti accuse in ben tre
inchieste giudiziarie, ma il suo studio luganese è in piena attività. Dal padre, l’avvocato
e notaio Davide Enderlin, scomparso nel febbraio
del 2013, il figlio Davide Junior ha ereditato uffici,
clienti, relazioni professionali con relative amicizie
personali. E la carta intestata di avvocato e notaio
in Lugano, che si è continuato ad usare dopo la
morte del genitore, pur non essendo Davide Jr. avvocato, non ha infatti mai conseguito il brevetto
per l’esercizio della professione, né tantomeno notaio. Assente il figlio, causa forza maggiore, a gestire gli affari sotto il vecchio marchio di famiglia
che, peraltro compare sul sito on line dello studio,
è oggi la madre di Davide Jr. con alcuni collaboratori.
Formalmente è cambiata, almeno sul Registro
di commercio, la denominazione: “Davide Enderlin Consulenza Sa”, un servizio a largo spettro,
tant’è che Davide Jr., prima del suo arresto amministrava un centinaio di società, svolgendo di fatto
anche la professione di fiduciario, pur non figurando nell’Ordine professionale della categoria. Sulla
piazza luganese l’attività dello studio Enderlin è
diventata una barzelletta. Accompagnata dallo
sconcerto per il silenzio, e il mancato intervento in
quasi due anni, dell’Ordine degli avvocati, della
Finma, l’autorità federale di vigilanza sui mercati
finanziari, visto che lo studio Enderlin svolge anche intermediazione finanziaria, dell’Ordine dei
notai, dell’Ordine dei fiduciari e del Consiglio di vigilanza del Cantone sulla professione di fiduciario,
presieduto dall’avvocato Luca Marcellini, difensore, guarda caso, di Enderlin e di tanti altri fiduciari
finiti nei guai con la giustizia. E non è intervenuto
il dipartimento delle Istituzioni di Norman Gobbi.
Insomma, nessuna autorità istituzionale chiamata
a vigilare e, se il caso ad intervenire, pare abbia vigilato e sia intervenuta anche per bloccare
uno studio legale e notarile privo del titolare,
morto 22 mesi fa, ma ancora pubblicizzato
on line. Eppure su Davide Jr. per chi doveva
sorvegliare qualche campanello dall’allarme
era già squillato nel giugno del 2009,
quando lo stesso venne condannato in primo grado a Como a quattro anni di carcere, di cui tre condonati dall’indulto, per frode fiscale.
Davide Enderlin di macerie
alle spalle ne ha tante: il fallimento dell’impresa edile Edim
Suisse, che ha lasciato a spasso 107 dipendenti e su cui i
sindacati hanno avanzato
qualche dubbio, quello più
clamoroso della Pramac di
Riazzino, altre 130 persone a
spasso, un crac per cui deve rispondere dell’accusa di amministrazione infedele, bancarotta
fraudolenta, frode nel pignoramento e diminuzione dell’attivo
in danno dei creditori. E sempre
a suo carico ci sono le indagini
in Italia per l’inchiesta sulla
banca Carige con l’ accusa di
aver aiutato due dirigenti a
truffare l’ istituto di credito.
In sovrappiù la nuova inchiesta ticinese per due
denunce di ex clienti
di Enderlin che gli
avevano affidato un
milione di franchi,
caso quest’ultimo
per cui sono finiti in
gattabuia un suo socio in affari e la la cantante Ginta Biku.
Ma il caso Enderlin è un significativo spaccato di quel sottobosco di
spregiudicati avvocati d’affari, consulenti, pseudo fiduciari e faccendieri che è avanzato sulla piazza ticinese, da quando le banche e i fiduciari onesti hanno stretto i bulloni
con la clientela sospetta, adeguandosi alle norme contro il riciclaggio e
l’evasione fiscale.
[email protected]
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
Gli over 50
suoneranno
il Blues
per Ecopop
Finalmente una misura
che aiuterà le persone di 50
anni e più che si sentono di
troppo sul mercato del lavoro! Nel pacchetto di riforme
delle pensioni rilegato dal
consigliere federale Alain
Berset, una in particolare li
solleverà. A partire dai 45
anni di età, la quota del dipendente e quella del datore
di lavoro da versare nel secondo pilastro sarà del 13%
del salario, invece del 15%
attuale. E, soprattutto, la
quota resterà a questo livello fino al termine della carriera, e non salirà più al
18,5% come succede attualmente.
Era ora. Perché se la situazione professionale delle
persone di oltre 50 anni si
sta precarizzando in modo
crudele, è perché, contrariamente a quanto pensano
quelli che vogliono aumentare l’età della pensione, i
cinquantenni faticano sempre più a lavorare fino a 64
o a 65 anni. Come, ad esempio, l’impiegata di commercio cinquantottenne messa
alla porta dalla sua compagnia assicurativa e rimpiazzata con una collaboratrice
più giovane. O la giornalista
di 55 anni, titolare di una rubrica e “ringraziata” approfittando di un’ondata
di licenziamenti. O, ancora,
la responsabile delle risorse umane sostituita da una contabile che guadagna 3’000 franchi al mese; l’ingegnere di 59 anni
messo alla porta a causa
della ristrutturazione del
suo settore o il responsabile
della comunicazione di un
museo, sessantenne, scartato preferendo una quarantenne tedesca più a buon
mercato.
Tra questi cinque profili,
solo due hanno ritrovato un
impiego, a costo di grossi
sacrifici salariali. Altri due
“timbrano” alla disoccupazione, e uno di loro pensa
persino di vendere la casa
per emigrare. Il quinto si è
messo a lavorare come indipendente. Non per piacere,
ma a causa dell’impossibilità di trovare un’azienda che
gli offra un impiego fisso. E
poi ci sono tutti quelli che
vengono spinti alla pensione
anticipata.
Alcuni sono sollevati.
Perché non si sentono più all’altezza delle attese o dell’evoluzione tecnologica. Oppure perché si sentono a disagio con capi più giovani o,
ancora, perché non hanno
più la forza fisica necessaria
a fare il loro lavoro. Ma ciò
non toglie il persistere di un
senso d’incompletezza, di
umiliazione. Quella di essere
relegati nel campo dei dismessi nel Paese in cui il lavoro è sovrano. La misura di
Berset non sarà sufficiente
se i datori di lavoro di questo Paese non s’impegnano
essi stessi in una grande offensiva per rivalutare il lavoro e l’esperienza dei “senior”. Farebbero bene ad
agire. Perché questa domenica, il Blues dei cinquantenni, e questo è certo, suonera le sue note nel campo
dei “sì” all’iniziativa Ecopop.
Politica
19
Commercio Dalle grandi associazioni commerciali sì alle aperture prolungate, ma i sindacati sono pronti a lanciare un referendum
I RISULTATI DI DESTRA E CENTRO DESTRA, percentuali di voti
2007
Consiglio di Stato
Gran Consiglio
Consiglio di Stato
Gran Consiglio
Lega
dei ticinesi
19.68
13.67
25.94
19.62
Ppd
19.00
19.14
17.42
17.20
Plrt
23.02
24.48
21.99
21.29
Udc
2.43
3.7
-
-
Udf
0.30
0.35
-
-
Liberali Nazionali
0.05
0.06
-
-
-
-
-
4.50
Udc+Udf
“Berna coi nuovi orari dei negozi
ci avvicina a molti Paesi europei”
2011
MAURO SPIGNESI
Fonte: Ufficio cantonale di statistica
“Movimenti” a destra
1 2 3
UNITÀ A DESTRA DELLA LEGA
Saltato l’accordo con la Lega
(aveva chiesto tre posti in lista in
accompagnamento a Claudio Zali
e Norman Gobbi) l’Udc ha allestito
un cartello elettorale della Destra
con Area Liberale e Udf.
LA LISTA PER IL GOVERNO
La lista tripolare della Destra candida per il governo Gabriele Pinoja, Pierre Rusconi, Orlando Del
Don per l’Udc, Paolo Pamini per
A.L. e Edo Pellegrini per l’Unione
democratica federale.
UN SEGGIO IN CONSIGLIO DI STATO
L’obiettivo dichiarato del cartello
elettorale della Destra è entrare in
governo. Nel 2011 l’Udc non si
era presentata per il Consiglio di
Stato, risultando determinante per
il secondo seggio leghista.
Avanza da destra
una nuova destra,
è quella economica
Borelli, Unia: “Ormai
da dieci anni si cerca
di smontare
le conquiste sociali
dei lavoratori”
L’alleanza Udc-Area liberale vista dai partiti:
“Nulla di originale,ma può creare problemi”
CLEMENTE MAZZETTA
Gli altri partiti la giudicano
un’operazione studiata a tavolino. Che non aprirà, però, la porta della stanza dei bottoni. E che
non sarà, almeno per ora, un’
alternativa alla Lega dei ticinesi.
“Noi andremo avanti per inerzia”, taglia corto il coordinatore
Attilio Bignasca. Ma il cartello
elettorale che riunisce l’Udc di
Gabriele Pinoja, l’Area Liberale
di Sergio Morisoli (in lista per il
consiglio di Stato c’è però il giovane economista Paolo Pamini) e
l’Unione
democratica
federale/Udf) di Edo Pellegrini,
qualche effetto sulle prossime
elezioni l’avrà. Anche se meno
rispetto all’ ambizione di un
seggio in governo. “Non mi pare
rappresentino una vera novità osserva il capogruppo Plrt Christian Vitta –, si tratta piuttosto
un raggruppamento di partiti
già esistenti. Non era presente
tre anni fa in questa forma,
quindi avranno una loro collocazione e un certo effetto nella ripartizione elettorale”.
Cosa che l’Udc aveva già
prodotto nel 2011, non presentando una lista per il governo,
ma appoggiando la Lega che
raddoppiò. Un apporto fra il 3%
e il 5% che ora verrà a marcare.
“Per questa votazione non hanno chances di fare un seggio in
Consiglio di Stato, ma sicuramente metteranno in difficoltà
la Lega che rischia un seggio”,
sostiene il vicepresidente socialista Carlo Lepori. Che aggiunge: “Non subito, ma a medio ter-
mine potrebbe però diventare il
primo partito della destra in Ticino”.L’obiettivo di Pinoja e Morisoli non è semplicemente di
realizzare una somma algebrica
delle rispettive forze, ma offrire
una casa “rispettabile” a tutti gli
elettori di centro-destra che non
hanno un partito di riferimento,
un’alternativa ai “descamisados” della Lega.
La destra è sparpagliata
ovunque: un po’ nel Ppd, un po’
nel Plrt, un po’ nella Lega. Fa
gola anche al Ps, che ha messoin lista un imprenditore come
Henrik Bang il cui sguardo sembra andare oltre la sinistra. Ma
se un certo schematismo divide
i partiti fra destra, sinistra e
centro, non mancano quanti distinguono le forze politiche fra
chi è più progressista e chi più
conservatore in un parlamento
a maggioranze variabili.
“In un contesto proporzionale, delle caratteristiche troppo marcate non aiutano a trovare soluzioni – spiega Vitta -, occorre essere in grado di trovare
dei punti in comune con le altre
forze politiche”. Se un partito da
solo non avrà mai numeri per
decidere, è vincente chi sa dialogare con gli altri. “Più che
metterci in difficoltà - osserva
Bignasca - questo nuovo gruppo
metterà in difficoltà la governabilità del parlamento che sarà
ancora più frantumato, perché
come insegna l’esperienza un
deputato indipendente una volta eletto se ne va per proprio
conto”.
Il riferimento è a Sergio Morisoli che eletto nel Plrt, si è
staccato dando vita ad Area Liberale e ora a questo nuovo car-
tello elettorale. Il reale obiettivo
è ramazzare voti fra gli elettori
delusi di centro-destra.
“La nuova destra dell’Udc
scalfirà la Lega tanto quanto
scalfirà gli altri partiti -aggiunge
il capogruppo ppd Fiorenzo Dadò -, perché è improprio definire
la Lega partito di destra. La Lega
è un guazzabuglio di proposte
che vanno oltre il concetto tradizionale di destra-sinistra. Più
che rubare voti ad altri potrà pescare negli indecisi, tra chi di
solito non va a votare”. Il progetto di Pinoja e Morisoli sem-
bra più il tentativo di offrire spazio reale ad una destra economica capace, in prospettiva, di essere un polo di riferimento di
più forze in un contesto maggioritario. “Probabilmente sono in
anticipo sui tempi – nota Dadò Non credo che questo sarà il loro
momento, ma a medio termine
potranno avere successo in
quanto vanno nella direzione in
cui si sta muovendo la politica in
Ticino e in Europa, ovvero verso
un sistema maggioritario”.
cmazzettacaffe.ch
Q@clem_mazzetta
Il politologo
“Per un progetto politico occorre
mettere in campo un forte profilo”
LA SQUADRA
Nella foto
accanto, i
candidati
della Destra.
Orlando del
Don, 58 anni;
Gabriele
Pinoja, 53;
Edo Pellegrini,
61; Paolo
Pamini, 37,
e Pierre
Rusconi, 65
Questa Destra (Udc, Al, Udf) può aspirare ad
essere un vero progetto politico, se riuscirà a presentarsi con un profilo forte e non come somma di
sigle. Lo sostiene il politologo Oscar Mazzoleni,
che aggiunge: “Non è da oggi che la destra economica ambisce a darsi una profilo più netto. Questo
progetto è stato frenato in questi ultimi vent’anni
dalla Lega, che ha mescolato componenti di destra
economica e destra sociale assieme a rivendicazioni regionali, Ticino-Berna”
Quale spazio di crescita può avere questa Destra?
“Difficile dirlo. Certamente esiste in Ticino un
elettorato di opinione che è attratto da un’offerta
politica diversificata. I cambiamenti degli ultimi
anni che hanno visto la crescita della Lega e la
da Berna: “Bisognerebbe capire
che servono freni al turismo degli acquisti, come questo che viene dal Consiglio federale. Ogni
anno si spendono miliardi all’estero, soldi che vanno via insieme ai mancati guadagni e alla
possibilità di creare nuovi posti
di lavoro”.
Con la Federcommercio anche la Disti saluta positivamente
l’estensione degli orari. La strada
- afferma il presidente, Lucibello
- è però ancora lunga. Resta
Negozi aperti dalle sei del
mattino sino alle otto di sera, domenica e festivi esclusi. Orari
prolungati, con il sabato dove invece la chiusura è fissata alle 19.
Obiettivo dichiarato: lanciare la
sfida al turismo degli acquisti
all’estero. E dunque adeguarsi a
quando accade in Europa. Attorno a queste novità, scaturite da
una mozione del senatore ppd Filippo Lombardi, si muove la revisione della legge sugli orari dei
negozi, inviata venerdì dal Consiglio federale al Parlamento. Pubblicità
“Bene lo scossone di Berna, che
ci avvicina ad alcuni Paesi europei, ma ora deve ripartire la legge cantonale, bloccata in attesa
di un parere giuridico”, commenta a caldo Enzo Lucibello, presidente della Disti, i grandi distributori commerciali. “Nessuna rivoluzione, ma un piccolo passo
avanti verso una riforma complessiva di un segmento chiave
dell’economia svizzera”, aggiunge il presidente di Federcommercio, Augusto Chicherio.
D’altronde è stato il consigliere federale Johann Schneider-Ammann, a spiegare che il
pacchetto di norme proposte non
vanno verso una liberalizzazione
del settore, ma verso una sua
“armonizzazione”.Attualmente
l’orario proposto del governo viene già applicato in 9 cantoni e
Ti-Press
18
crisi dei partiti storici, hanno creato un terreno
fertile per immaginare questo elettorato, fatto
giovani e meno giovani, di delusi, di persone che
cambiano orientamento. Siamo in una situazione
molto fluida”.
Questa Destra in termini elettorali farà “più
male” ai partiti di centro o alla Lega?
“Certamente alcune frange di delusi sia del
centro-destra che della Lega potranno trovare una
risposta in questa nuova proposta politica. Il problema però è un altro: ovvero se la nuova formazione politica, costituita da partiti eterogenei, riuscirà a mobilitare un elettorato in quanto Destra e
non come un semplice cartello di candidati. Ovvero, la sfida di questa lista è quella di presentarsi
con un profilo forte che la caratterizzi come tale”.
Ti-Press
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
verrà, se la legge sarà approvata,
esteso in altri 17 cantoni, Ticino
compreso.
“E già questo fatto è grave,
perché si scavalca il federalismo
e la volontà dei singoli cantoni
che durante la procedura di consultazione si sono tutti dichiarati
contrari a queste novità, ad eccezione del Ticino”, afferma Enrico
Borelli, segretario di Unia, sindacato che ha già anticipato, insieme all’Ocst, d’essere pronto a
lanciare il referendum contro le
nuove norme. “Negli ultimi 10
anni - aggiunge Borelli - si è cercato di smontare tutte le conquiste sociali che sono state raggiunte. La nuova legge, se da una
parte estende gli orari, dall’altra
non fissa alcuna novità contrattuale. E poi mentre darà il colpo
di grazia ai piccoli negozi, introduce un pericoloso disegno sul
futuro della nostra società, perché dopo i negozi, magari resteranno aperte le banche e gli uffici
24 ore su 24 e 7 giorni si 7. Il popolo però ha già detto più volte
che questo scenario non gli piace
affatto”.
Duro anche il vicesegretario
e responsabile settore commercio dell’Ocst, Paolo Locatelli: “La
verità è che cambiando aperture
e chiusure dei negozi si cambia
anche l’organizzazione del lavoro. Non si tratta di una armonizzazione, come si vuol far credere.
Perché così si va a incentivare, da
parte degli imprenditori, una
frammentazione, uno spezzettamento degli orari per il personale
della vendita, in particolare le
donne che verrebbero ancor più
penalizzate con le chiusure alle
otto di sera, già sotto pressione
da tempo. E questo vuol dire promuovere formule di precarizzazione, che noi oggi combattiamo
quotidianamente qui in Ticino
insieme al dumping”. Secondo
Locatelli, “se la legge verrà approvata si andrà alla mobilitazione”. Se il sindacato attacca, Chicherio marca un aspetto ribadito
Ti-Press
l’amarezza perchè in Ticino la
legge sugli orari, che si aspetta
da anni, è ferma da otto mesi in
attesa di un parere giuridico”.
Secondo Lucibello è su questo
fronte che ora bisogna insistere.
“La legge cantonale è fatta su
misura del territorio, e deve proseguire il suo percorso. Non si
può andare avanti con le deleghe”.
Per Lucibello, poi, “dilatare
gli orari va bene, ma è necessario
avere la possibilità di adattarli
secondo le richieste della clientela. Se dalle 6 alle 12 non viene
nessuno perché devo tenere
aperto?”, si chiede il presidente
della Disti. Più sensato in una zona turistica come il Ticino tenere
aperto sino a tardi. “Sempre che
la clientela gradisca. Poi come il
cliente ha la libertà di scegliere
l’orario, anche il popolo è libero
di dire se questa impostazione va
bene, oppure no”.
[email protected]
Q@maurospignesi
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
20 POLITICA
21
L’immigrazione
Alla frontiera la politica delle porte girevoli
“Gli Usa aprono e la Svizzera chiude ma alla fine l’isolazionismo si paga”
W
ashington apre,
Berna chiude.
Mentre
negli
Usa il presidente Obama “regolarizza” 5 milioni di immigrati
clandestini, al professore americano Irving John Dunn, ex docente del Politecnico di Zurigo,
le autorità comunali di Einsiedeln, dove vive da ben 39 anni,
hanno negato il sì per il passaporto rossocrociato. Un altro segnale - al di là del voto del nove
febbraio e dell’iniziativa Ecopop
- di una politica di chiusura verso gli stranieri che rende sempre più difficile ottenere permessi di dimora, naturalizzazioni e status di rifugiato, intaccando quella cultura dell’accoglienza che ha fatto della Svizzera
uno dei Paesi con più stranieri
rispetto al numero di abitanti.
“Già, per diventare svizzero chi
inizia un percorso di naturalizzazione deve diventare più sviz-
zero di noi svizzeri. Ma quello
che preoccupa di più è questo
diffuso clima di pressione che da
anni si registra ogni volta che si
parla di stranieri, che siano asilanti, frontalieri o persone che
hanno chiesto il passaporto”, afferma Cristina Del Biaggio, geografa delle migrazioni, ricercatrice a Ginevra e Amsterdam, e
impegnata nell’associazione Vivre Ensemble.
“La Svizzera - aggiunge la ricercatrice ticinese - ha ormai stretto tutto quello che poteva stringere negli spazi legislativi lasciati aperti dal diritto internazionale. Ha creato una miriade
di statuti, perfezionando un
meccanismo di precarizzazione
che tiene sulle spine per anni
persone in attesa di un permesso o del suo rinnovo. E poi grazie
al criticato accordo di Dublino,
sul fronte dell’asilo, è diventata
una straordinaria macchina
d’espulsione”.
Proprio su quest’ultimo aspetto
è intervenuto recentemente
Etienne Piguet, docente a Neu-
I RICERCATORI
Nenad Stojanovic, 39 anni
e Cristina Del Biaggio, 37
châtel e vicepresidente della
Commissione federale delle migrazioni, sostenendo che Berna
riesce a rinviare più richiedenti
d’asilo di quanti ne dovrebbe accettare. Nel 2013, ad esempio,
la Confederazione ne ha respinti
4.165 e ha dovuto riprenderne
solo 751, con un netto di 3.414
profughi che Piguet definisce
“utile di Dublino”.
“Si è affermata, partendo da destra e da altri settori conservatori del nostro Paese, una politica
isolazionista e populista che nel
tempo ha contaminato tutti i
partiti”, sottolinea Nenad Stojanovic, politologo dell’università
di Losanna: “Anche parte della
sinistra è cascata in questa trappola, come i verdi ticinesi. Perché quest’idea che l’immigrazione porta guai è diventata dominante”. Secondo Stojanovic,
lo stesso ministro socialista Simonetta Sommaruga e lo stesso
presidente Ps Christian Levrat
sbagliano: “Hanno ripetuto che
bisogna riconoscere le paure
della gente, senza però doman-
darsi se queste paure siano razionali o artificiose. Io non nego
che l’immigrazione, come tutti i
fenomeni, abbia i suoi lati negativi. Ciò che trovo sbagliato è
questa ricerca ossessiva di costruire sempre e comunque un
problema attorno agli stranieri.
Così si spazza via la vecchia idea
attorno a cui si è costruito il successo della Svizzera, il Paese dei
diritti dell’uomo, che ha ospitato
intellettuali e oppositori alle dittature e le sedi delle organizzazioni umanitarie”.
Per Del Biaggio questa politica
restrittiva prima o poi presenterà il conto: “Che si pagherà nel
lungo termine, perché quando
non offri strumenti d’integrazione, ma con proposte come quelle di Bremgarten, Canton Argovia, si ipotizzano anzi zone preventive di sicurezza per i richiedenti d’asilo, come nell’apartheid, non si va lontano. Soprattutto nel mondo di oggi che si
apre sempre più, come ha fatto
Obama”. [email protected]
Q@maurospignesi
Reuters
...chi chiude
MAURO SPIGNESI
Chi apre...
La riforma del presidente degli Stati Uniti che regolarizza 5 milioni di clandestini raccontata da due universitari diventati cittadini statunitensi
“Così grazie a Obama
il mio sogno americano
è diventato realtà,
oggi studio ad Harvard”
ALESSANDRA BALDINI da New York
J
in Park è al primo anno dell’università di Harvard. E come quasi tutti i
ragazzi ammessi in quella “fabbrica
dei sogni” sul fiume Charles accanto a
Boston, è riuscito subito a farsi notare.
Percussionista di talento, è entrato nel
“Thud”, il gruppo dei drummers del più
famoso, antico e ricco a ateneo d’America. Ha scritto su “Thurj”, la rivista
scientifica degli studenti undergraduate, un articolo sul genoma del batterio
e-Coli. Decisamente, Jin ha una marcia
in più. Coreano di Seul, prima di Harvard, dove studia nel corso “pre-med”,
ha fatto training nei laboratori dell’ospedale Mount Sinai a New York. Ma
Jin, che arriverà alla laurea nel 2018, è
anche un teen-ager “senza documenti”.
Ha potuto rimanere legalmente negli
Usa grazie al programma Deferred Action for Childhood Arrival con cui il pre-
sidente Barack Obama ha accordato nel
2012 ai figli dei clandestini cresciuti negli Usa - ovvero 1,2 milioni di ragazzi
arrivati sotto i 16 anni e prima del 2010
- di restare legalmente nel Paese. La
nuova sanatoria annunciata dalla Casa
Bianca però non lo riguarda, né si applicherà ai suoi genitori, perché lui - ha
spiegato il ragazzo all’Harvard Crimson
la rivista dell’ateneo - non ha mai avuto
regolari documenti di residenza in America.
Il nuovo piano Obama regolarizza di
fatto 5 milioni di clandestini: per rientrare nel programma bisogna aver vissuto per cinque anni almeno negli Usa o
essere genitori di un cittadino americano o titolare di carta verde. “Obama - ha
precisato Jin - aveva limitazioni politiche per applicare la sua apertura alle famiglie dei “Dreamers”, i sognatori, ma
anche il nome simbolico dei potenziali
beneficiari del “Dream Act Develop-
ment, Relief, and Education for Alien Minors”, una proposta di legge che più di
una volta si è arenata in Congresso e che
avrebbe aperto ai giovani studenti “illegali” un “sentiero privilegiato” verso la
cittadinanza. “I ragazzi con la cittadinanza o la carta verde sono americani,
ma anche noi Dreamers lo siamo”, ha
detto Park.
Harvard è un crogiolo di cervelli e
denaro, un potenziale passaporto verso
una esistenza di privilegio. L’università
più potente d’America è tra i pochi atenei della nazione che offre a studenti che
non sono cittadini americani o residenti
legali negli Usa la possibilità, se necessario, di essere ammessi con borse di
studio che coprono totalmente le spese
di frequenza dei corsi. Harvard ha anche
speso capitale politico per far approvare,
finora senza successo, in Congresso una
legge favorevole ai Dreamers. Ecco perchè l’annuncio di Obama sull’immigrazione, la riforma più significativa degli
ultimi 30 anni per il Paese di Ellis Island,
è stato salutato con prudente cautela tra
gli studenti “illegali”, alcuni dei quali
sono casi celebri.
Come Enrique Ramirez, origini messicane, che si laureerà nel 2016 con un
major in filosofia: anche lui non ha i documenti in regola ma grazie all’ordine di
Obama i suoi genitori potranno restare
negli Usa legalmente. Enrique, che prima di essere preso a Harvard viveva in
una casa roulotte di Dickinson, Texas, e
lavorava da muratore dopo un infortunio del padre, frequenta come Jin il college grazie al Deferred Action for Child
Arrival e senza pagare un centesimo.
Lasciare i genitori in condizioni economiche difficili per studiare in una istituzione prestigiosa (“Un nome - ha spie-
gato - che prima avevo sentito solo al cinema”), aveva lasciato il ragazzo con
forti senso di colpa: “Le prime settimane ad Harvard, quando cenavo alle
mensa del college, pensavo sempre se
c’era qualcosa che avrei potuto mandare a casa. In famiglia non abbiamo mai
avuto tanto da mangiare”.
Ma perchè Enrique sì e Jin no? I genitori di Ramirez sono tra quelli a cui il
decreto di Obama garantisce un futuro
senza più l’incubo della deportazione:
“Mio fratello
minore è nato
negli Usa, così
mia madre e
mio padre potranno restare
qui”, ha spiegato il ragazzo all’Harvard
Crimson. Ad
Harvard del
resto sono decine i ragazzi
nelle sue condizioni, e hanno creato una
associazione,
“Act on a Dream”: la notte
del decreto di
Obama erano
una quarantina riuniti in un aula del
campus e hanno festeggiato l’annuncio
con eccitazione, anche se in molti casi il
programma non si sarebbe esteso alle
loro famiglie: “È un passo avanti”, ha
detto Park: “Un grande passo avanti di
cui essere grati, ma ancora c’è molto lavoro da fare”.
LA FESTA
Jin Park, terzo
da sinistra;
sotto, Enrique
con l’ex
presidente
messicano
Felipe
Calderon
in visita
a Harvard
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
22
Economia
23
“Le cabine telefoniche
sono un servizio pubblico,
non tutte vanno eliminate”
I
NUMERI
LORETTA
NAPOLEONI
Così Amazon
rivoluziona
la vendita
al dettaglio
Reuters
Keystone
FRANCO ZANTONELLI
L’accordo fra Usa ed Europa
metterà all’angolo la Svizzera
SMANTELLATE
PER IL 2018
Tra 4 anni, in
Svizzera, le
cabine
telefoniche
spariranno
dall’arredo
urbano
Se ne va un altro emblema
di un tempo che sta scivolando,
velocemente, via. Addio alle cabine telefoniche. Nel giro di 4
anni finiranno per sparire del
tutto dall’arredo urbano di città
e paesi svizzeri. Lo ha deciso il
Consiglio federale, ritenendole
superate e anti-economiche. Ma
c’è chi lancia un appello per salvarne almeno un parte, nel nome del servizio pubblico.
“La causa principale - ha
spiegato il governo - va attribuita all’altissima penetrazione dei
telefoni cellulari”. Dal 2018 le
cabine verranno smantellate, ha
confermato, al settimanale
Schweiz am Sonntag, Annalise
Eggimann, vice-direttrice del-
Pubblicità
Il flusso di esportazioni dalla Confederazione
rischia in futuro un forte ridimensionamento
GIORGIO CARRION
F
inalmente si conoscono gli obiettivi su cui
Usa e Unione Europea
stanno negoziando da
due anni in gran segreto. Noto come Transatlantic
Trade and Investment Partnership (Ttip) il negoziato rischia se giungerà ad un accordo formale - di danneggiare seriamente l’economia svizzera, in
particolare le esportazioni.
In diciotto pagine sono descritti gli ambiti del trattato,
che punta a rimuovere le barriere commerciali
tra Ue e Stati Uniti
in molti e nevralgici settori dell’economia e ad
uniformare le norme di omologazione di numerosi
prodotti: farmaci,
veicoli a motore,
cosmetici, abbigliamento,
alimenti.
”Il Ttip è iniquo e l’Europa non
dovrebbe firmarlo”, ha avvertito
Joseph
Stiglitz,
Nobel per l’economia. In un suo discorso a Roma, ha
precisato: “Puntando ad eliminare
gli ostacoli al libero commercio, elimina regole fondamentali per la tutela dell’ambiente, della salute, dei consumatori e dei lavoratori”.
La Svizzera rischia grosso.
La Seco, Segreteria di Stato
per l’economia, ha commissionato due studi. Uno evidenzia
gli effetti del trattato sull’economia globale della Svizzera:
nel peggiore dei casi, si registrerebbe una perdita del Pil
dello 0,5%, ma solo se il Ttip si
limitasse all’abolizione dei dazi
o se la Svizzera non realizzasse
alcun accordo con gli Usa di tipo bilaterale. Nel caso migliore, al contrario, si prevede una
crescita del Pil del 2,9%, se entrano in vigore il Ttip, nonché
un accordo paragonabile tra la
Svizzera o l’Aels e gli Usa.
“Si tratta però di percentuali da valutare con prudenza
- afferma Didier Chambovey,
ambasciatore e responsabile
del Commercio mondiale alla
Seco -.È una stima degli effetti
dell’accordo
sull’economia
svizzera, ma solo su alcuni settori”.
È probabile che il Ttip riguarderà soprattutto lo scambio di merci, ma meno i servizi
e il terziario. Uno degli studi
segnala i rischi di eventuali regole restrittive per i produttori
svizzeri: il mercato automobilistico e quello degli strumenti
di precisione sarebbero i più
colpiti. I produttore americani
ed europei potrebbero sostituire i semilavorati svizzeri con
quelli delle due aree economi-
che ‘amiche’.“Berna sta studiando contromisure - rassicura l’economista Sergio Rossi -.
Ma se alcune Ong non avessero denunciato i pericoli di questo accordo, che sottintende
nuove regole commerciali, la
sua pericolosità sarebbe sfuggita”. La segretezza di questo
negoziato, in effetti, è stata
svelata proprio da organizzazioni non governative che si
oppongono al Ttip ed ha costretto le parti a rivelare cosa
bolle in pentola.
Il governo federale prendera contromisure e intanto ha
tutti i beni e servizi esportati
dalla Confederazione, per un
valore totale 25 miliardi di
franchi. Le esportazioni degli
Stati Uniti verso la Svizzera sono aumentate del 7,5% lo scorso anno toccando gli 11.2 miliardi di franchi. Secondo
Chambovey, la Svizzera ha tre
opzioni: “Riaprire i negoziati
per un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, che si
erano arenati nel 2006, tentare di accedere al Ttip come
Paese terzo o non fare nulla”. E
aspettare gli eventi.
[email protected]
attivato diversi gruppi di lavoro per monitorare il negoziato.
Un lavoro di ‘intelligence’, ma
anche un’apposita commissione bilaterale, oltre al Trade &
Investment Promotion Forum,
che dialoga direttamente con
Washington.
Dopo il contenzioso bancario e fiscale, insomma, un altro
fronte caldo minaccia di aprirsi
nelle relazioni tra Svizzera e
Usa. La Confederazione rappresenta il 14° partner economico più importante per gli
Stati Uniti. Gli Usa hanno assorbito nel 2013 oltre il 6% di
Cos’ è il Ttip
1
LE AUTOMOBILI
Si punta ad uniformare i requisiti
tecnici di omologazione e ad
assicurare più elevati standard
di sicurezza e tutela
dell’ambiente per auto e mezzi
pesanti.
L’intesa
Saranno rimossi
barriere e dazi per
molti importanti
settori economici.
E Berna sta studiando
delle contromisure
Il contenzioso
TIPress
Il modello commerciale di Amazon sta cambiando il paesaggio delle
vendite al dettaglio. Prime vittime del commercio online, quello che si
svolge davanti ad un video senza muoversi dalla
propria scrivania, sono
stati i libri. Negli Stati
Uniti, dove Amazon ha
iniziato la sua attività più
di dieci anni fa, ormai si
vendono meno libri nelle
librerie rispetto ai siti internet. Il modello Amazon, va detto, poggia anche sul concetto di “sconto”. Grazie alla riduzione
dei costi fissi prodotti dal
negozio virtuale, il prezzo
di copertina è da sempre
inferiore a quello in libreria. Infine, grazie alle ingenti quantità acquistate
da Amazon, anche il costo
di acquisto dei libri dalle
case editrici è inferiore a
quello che le librerie devono affrontare. Tutto ciò
spiega la scomparsa, nei
territori dove Amazon
opera, di un alto numero
di librerie.
Le ultime vittime degli acquisti in rete e della
politica dello sconto sono i supermercati britannici, specialmente
le grandi catene
che ad ottobre
hanno registrato una
flessione
delle vendite per la
prima volta in 20 anni.
Particolarmente dura è la
concorrenza che arriva
dalle grandi catene di
prodotti alimentari popolari. Ad esempio Aldi e
Lidl, che attraggono una
buona fetta di chi ancora
non si fida della spesa virtuale. Nel Regno Unito
tutti i grandi nomi, da Tesco a Sainsbury, dunque,
si vedono costretti a cambiare strategia e a ridimensionare i loro piani di
crescita. Ma non è così
semplice adattarsi a questi cambiamenti.
Negli ultimi anni, infatti, la tendenza è stata
di creare fuori dai centri
abitati enormi supermercati, spesso facenti parte
di centri commerciali simili agli “shopping mall”
americani. Fino a due anni fa tutti i grandi supermarket erano impegnati
nella costruzione degli
ipermercati e i costi degli
affitti erano altissimi. Oggi sono crollati. La Tesco,
che ne ha ben 247 su tutto il territorio del Regno
Unito, ha deciso di riconvertire gran parte degli
spazi in ristoranti, palestre e bar per attirare la
gente che ormai fa la spesa in rete.
Discorso analogo vale
per i celeberrimi Diy britannici, Homebase, uno
dei giganti del fai-da-te
che ha ridotto il numero
dei propri negozi di un
terzo. Sale invece la domanda per magazzini da
dove poter gestire la vendita online. Il modello
Amazon, insomma, sembra destinato a dominare
in futuro la vendita al
dettaglio.
Dopo la vertenza
bancaria e fiscale un
altro fronte caldo può
aprirsi nelle relazioni
fra Berna e Washington
L’intervista L’analisi e le previsioni di Roland Meier, responsabile del centro Switzerland Global Enterprise
“Avremo svantaggi
commerciali
con gli americani”
“S
e il trattato Ttip tra Ue e Usa verrà attuato avrà
conseguenze più o meno forti sull’economia
d’esportazione”. È la tesi Roland Meier, responsabile dei contenuti di Switzerland Global Enterprise, il
centro che su incarico della Confederazione riunisce in
un’unica organizzazione i mandati di prestazioni per la
promozione delle esportazioni e delle importazioni.
In che cosa si caratterizza l’accordo?
“Dal punto di vista dei contenuti è simile ad un accordo
di libero scambio. Nell’ambito del Ttip è prevista una riduzione sostanziale dei dazi per i prodotti industriali e agricoli, nonché un’ampia eliminazione degli ostacoli commer-
ciali non tariffari. Le merci che rientrano nel campo d’applicazione di questo tipo di accordo sono esonerate dai dazi
doganali o beneficiano di sgravi. Questo trattamento preferenziale è concesso unicamente alle merci reputate “prodotti originari” di uno degli Stati contraenti. La Svizzera,
però, ha firmato accordi di libero scambio con vari Paesi e
gruppi di Paesi”.
Cosa rischia la Svizzera?
“Se l’Ue o gli Usa dovessero ulteriormente avvicinarsi
dal punto di vista economico, l’industria dell’export svizzera dovrà fare i conti con alcuni svantaggi. In tal senso, entrambi gli studi elaborati a Berna sono concordi. L’industria dell’export elvetico, in caso di un’eventuale entrata in
vigore del trattato, dovrebbe prendere in considerazione
soprattutto svantaggi commerciali principalmente sul
mercato Usa nei confronti della concorrenza Ue. Tali svantaggi dovrebbero interessare particolarmente il settore
commerciale e meno il settore dei servizi, che probabilmente non viene considerato”.
Quali i settori più colpiti?
“Come si vede nel secondo studio, ad essere principalmente colpiti sono il mercato dell’automobile e degli strumenti di precisione, soprattutto a causa delle regole d’origine restrittive”.
2
3
I FARMACI
Gli accordi porteranno a maggiori
controlli sui prodotti e gli impianti
di produzione. Un punto chiave
riguarda gli standard per
l’approvazione dei farmaci
“biosimilari” e dei vaccini.
GLI ALIMENTARI
Nuove regole comuni per la
tracciatura degli alimenti, ma
anche per l’autorizzazione dei
contestati Ogm ora vietati, degli
ormoni nella carne, del pollo
lavato con il cloro…
4
I COSMETICI
Nuovo elenco delle sostanze
autorizzate o vietate;
riconoscimento reciproco delle
buone pratiche di fabbricazione;
metodi alternativi alla
sperimentazione animale.
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l’Ufcom, l’Ufficio Federale delle
Comunicazioni. Sarà da considerarsi superato, insomma,
l’impegno di Swisscom di mantenerne almeno una in attività,
in ogni comune svizzero. Si sta
parlando, tuttavia, di un inevitabile lungo addio visto che, ancora nel 2007, di cabine in servizio
ne esistevano 4900, scese a
3200 all’inizio del 2014. Contemporaneamente è esplosa la
diffusione di smartphone. Stando a uno studio di comparis.ch,
nel 2012 il 48 per cento degli
svizzeri ne possedeva uno, mentre oggi sono già il 69 per cento.
Per intenderci, gli ultimi dati indicano che ne circolano 4,3 milioni di esemplari.
“Attenzione, però, perché in
questa questione c’è in ballo il
principio del servizio pubblico
che, per quanto mi riguarda, vale anche nel caso delle cabine
telefoniche”, mette in guardia
l’economista Remigio Ratti. Un
servizio pubblico certo ma, a
quanto pare, decisamente in
perdita di utenza. Sorge quindi
il dubbio sulla reale utilità delle
vecchie cabine. “Anche io ho
questo dubbio, tanto che sono
d’accordo sul fatto che si possono ridurre, ma rimango contrario ad eliminarle del tutto”. Secondo Ratti, almeno una parvenza di questo servizio dovrebbe rimanere. “Lo manterrei in
alcuni luoghi strategici - precisa- come le piazze principali
delle località, le stazioni ferroviarie e gli aeroporti, dove potrebbero tornare utili, in caso di
emergenze. Poi, mi si consenta
di dire ancora una cosa. Non dimentichiamo che la Svizzera è
un Paese a vocazione turistica e
che i turisti potrebbero aver bisogno di telefonare”.
Il principio del servizio pubblico, invocato da Ratti, non
sembra comunque sufficiente
per preservare le cabine telefoniche da un destino che appare,
ormai, segnato. Oltretutto non
solo in Svizzera. In Francia, ad
esempio, l’Arcep, l’equivalente
transalpino dell’Ufcom, ha raccomandato al governo di liberare il concessionario di telefonia
pubblica, France Telecom, dall’obbligo di mantenere una cabina in funzione, in ogni comune
con mille abitanti. “Praticamente nessuno se ne serve più e, nonostante ciò - sootolinea la raccomandazione - l’ente pubblico
deve spendere cifre consistenti,
ogni anno, per la manutenzione”. Stesso discorso in Italia,
sebbene con una maggiore attenzione a quel principio del
servizio pubblico di cui in Svizzera si fa portavoce l’economista Ratti. Così, se è vero che, a
Milano, Telecom ha iniziato a
smantellare buona parte delle
cabine esistenti, contemporaneamente ha sbabilito di mantenere in attività quelle da cui
partono almeno tre chiamate al
giorno.
È già musica del futuro, invece a New York, dove dal prossimo anno, al posto delle vecchie postazioni telefoniche, verranno installati migliaia di HotSpot che serviranno, in particolare, per l’uso gratuito di internet e per ricaricare tablet e cellulari. Quello che, in sostanza,
avviene già a Londra. Due exstudenti della London School of
Economics hanno creato, infatti,
la Solar Box, di colore verde, alimentata con un pannello solare,
che è la versione ipertecnologica della rossa Phone Box, uno
dei simboli della capitale britannica.
[email protected]
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
24 ECONOMIA
Gli affari
Sono milioni le bionde
che non contribuiscono
al pagamento dell’Avs
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
IL CALO DELLE VENDITE IN SVIZZERA,
in milioni di pezzi
16
Quasi il 4% le sigarette di contrabbando in Svizzera
Ti-Press
U
La tracciabilità
L’idea di alcuni senatori:
tracciare il percorso
delle stecche smerciate
nella Confederazione
I produttori
Le grandi aziende
produttrici di tabacco
sostengono che presto il
fenomeno diminuirà
ndici miliardi le sigarette
che vanno in fumo ogni anno in Svizzera. Circa il 3,8%,
ossia 440 milioni, sono di
contrabbando. È la stima di
un sondaggio dell’istituto di ricerche
Kpmg, secondo cui in pratica un pacchetto ogni 25 in circolazione nella Confederazione non contribuisce a finanziare le casse dell’Avs. Ma non è solo questo motivo che ha spinto alcuni parlamentari a Berna a volerci vedere chiaro,
ci sono anche ragioni meno veniali, legate alla salute dei fumatori, che potrebbero consumare tabacco che non rispetta i parametri fissati dalla legislazione elvetica.
Da qui la proposta di un gruppo di politici che intende stringere ancora di più i
bulloni contro il contrabbando di sigarette. La loro idea: tracciare il percorso effettuato dalle stecche, per potere risalire,
tramite un sistema già applicato nell’Unione europea, al Paese di provenienza
delle sigarette. A sostenere questa idea,
sono due senatori, il plr Felix Guzwiler e
la verde liberale Verena Diener, entrambi
membri della Commissione della sicurezza sociale e della sanità.Ma secondo le
IL CONSUMO
In dieci anni diminuite
da 16 a 11 miiardi le
sigarette vendute in
Svizzera. Ma i forti
rincari del prezzo
dei pacchetti
e dell’imposta sul
tabacco hanno
comunque aumentato
gli incassi per la
Confederazione
15
14
13
12
11
10
9
Fonte: Communauté de l'industrie suisse de la cigarette (CISC);
dès 2006 Direction générale des Douanes, Section imposition de tabac et de la bière
8
grandi aziende produttrici di tabacco, come British American Tobacco o Philip
Morris, questo sistema di tracciabilità,
non sarebbe proporzionato alle dimensioni del contrabbando in Svizzera. Sia sul
piano internazionale che percentualmente, le cifre non giustificherebbero la sua
applicazione. Il fenomeno nella Confederazione non sarebbe così grave come all’estero e, inoltre, starebbe subendo un
calo tale da ipotizzarne presto una caduta
sotto il 3%. Una percentuale, insomma,
sostenibile, per un mercato che fattura
miliardi di franchi e che finanzia in misura notevole le assicurazioni sociali.
Malgrado un netto calo delle vendite
delle sigarette ( dal 1993 al 2013 in in
Svizzera sono scese da 16 a 11 miliardi),
i ricavi delle imposte sul tabacco sono aumentati sensibilmente. Nella prima metà
degli anni ‘90 lo Stato incassava 1,25 miliardi, mentre l’anno scorso ne ha messi a
bilancio quasi il doppio, ossia 2,25 miliardi. Nel 2012 Avs e Ai hanno potuto con-
tare sulla cifra record di 2,4 miliardi. L’aumento si spiega con il rincaro del prezzo
delle sigarette, raddoppiato in 10 anni e
col rialzo dell’imposta sul tabacco, decisa
nel 2006, che ha causato un forte rincaro
delle “bionde”, ma anche una boccata
d’ossigeno per le casse delle assicurazioni
sociali. Ma per il contrabbando resta sempre il problema salute, come hanno ricordato i due senatori, vista l’incerta provenienza delle sigarette.
o.r.
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
Mondo
25
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
Le proteste.
Un colpo di spugna.
La mancata
condanna dell’ex
presidente,
per i gravi fatti dopo
le proteste di Piazza
Tahrir, punta
di nuovo sul Cairo
l’attenzione
internazionale
Sarà stata una pura e
semplice coincidenza. Eppure leggiamo di donne che
si immolano uccidendo decine e decine di persone in
Afghanistan. O di attentatori che in Iraq si fanno
esplodere in mezzo alla folla. Di palestinesi che lanciano la loro auto-bomba contro cittadini israeliani o penetrano in una sinagoga
con mitra che sputano proiettili all’impazzata. Di bande che rapiscono altre decine di ragazze per sottrarle
all’evangelizzazione. E
l’elenco potrebbe continuare (l’Africa ci darebbe non
poche altre cattive notizie).
Questo accade mentre assistiamo alla visita di papa
Francesco alle istituzioni
europee mentre il presidente turco Erdogan dice che le
donne non devono pretendere un’inconsistente e
“impossibile” uguaglianza
tra i sessi. Un argentino,
capo di un movimento religioso mondiale, plaude a
un’istituzione non confessionale come l’Unione Europea, e un turco insegna la
disuguaglianza a tutte le
donne della terra.
Ma da Strasburgo il Papa se n’è andato
in Turchia, non
per combattere l’Islam, ma
per rinsaldare i legami
con gli
ortodossi. Operazione difficile da realizzare nel mondo islamico nel
quale i sunniti schiacciano
gli sciiti (prevalentemente
iraniani), che a loro volta,
sono rimasti quasi gli unici
alleati della Siria. E intanto
Israele “non parla” più con
la Turchia con la quale però
condivide l’ostilità ad Assad
e teme che gli Usa si rappacifichino con l’Iran (timore
ridimensionato dal semifallimento delle trattative
sul nucleare dei giorni scorsi).
Tutta questa preoccupante confusione (una specie di terrificante e crescente entropia del mondo che
vede peggiorare continuamente la performance complessiva) trova il terreno
più fertile di sviluppo non
tanto nell’economia, né nella politica. Ma nella religione, ovvero in religioni che
si traducono in politica e
mirano a plasmare il mondo
secondo le loro rispettive
credenze. Non è qui in discussione quale religione
sia migliore e quale la peggiore. Ma l’intreccio perverso che tra religioni e politica si va realizzando, snaturando sia le une sia l’altra,
che si distinguono, le prime, per risiedere nel foro
interiore di ciascuno di noi,
la seconda per essere invece spontaneamente sociale
e collettiva. Politica e religione dovrebbero potersi
sviluppare armonicamente
e parallelamente, senza
toccarsi. Quando invece ciò
succede, ne derivano gravi
errori in teologia e violente
contrapposizioni politiche.
Le religioni devono favorire
la pace e rifiutare la violenza. È ciò che, più di tutto,
l’Islam deve cercare, oggi,
di fare.
Reuters
Tra religioni
e politica
un intreccio
perverso
È calato il sipario sulla Primavera
Le rivolte egiziane del 2011“oscurate”dal proscioglimento di Mubarak dalle accuse
Forse non è la parola “fine” sulle
euforiche manifestazioni di protesta
del 2011 nei Paesi africani affacciati sul Mediterraneo, ma il verdetto
di ieri, sabato, a
favore dell’ex preLA
sidente Hosni MuSETTIM
barak fa presagire
ANA
come sull’esperienza della Primavera araba stia calando il sipario. E
nonostante il fatto che il giorno prima, venerdì, si siano registrati due
morti e venti feriti nel corso delle
quasi quotidiane manifestazioni antigovernative.
Fatto sta che la giustizia egiziana ha cancellato l’accusa di concorso in omicidio che pendeva su Mubarak, ritenuto fino a ieri responsabile di aver dato l’ordine di sparare
sui manifestanti che chiedevano le
sue dimissioni. La repressione della
rivolta popolare aveva causato 846
morti. Dalla stessa imputazione sono stati depennati l’ex ministro degli Interni Habib El Adly e sei consiglieri. Non solo; l’ex leader egiziano e l’ex ministro del petrolio sono
stati anche assolti dall’accuse di
corruzione sotto cui sono finiti dopo
aver consentito le esportazioni di
gas verso Israele.
Un enorme colpo di spugna che
era nell’aria, al punto che nell’ultima settimana non pochi rappresentanti di spicco della politica e dell’economia egiziana erano usciti allo scoperto dichiarando ai media
che, forse, il processo all’ex presidente non doveva neanche essere
celebrato. Mubarak, comunque,
non è stato rilasciato; sta scontando
una condanna a tre anni di carcere
per un altro caso di corruzione.
Carcere si fa per dire, visto che l’ex
presidente è stato trasportato in
elicottero in tribunale (allestito,
non a caso, nella blindata Accademia di polizia) dall’ospedale milita-
Le reazioni
“È la dimostrazione
che mai ci verrà resa
veramente giustizia”
COSTANZA SPOCCI da Il Cairo
Il dialogo
Papa Francesco nella
Moschea blu di Santa Sofia
ha pregato con l’Imam. È
iniziato un nuovo dialogo
A PAGINA 42
Il 29 novembre entrerà nei libri di storia
come la data in cui il ciclo delle rivolte egiziane iniziate a piazza Tahrir il 25 gennaio
2011 viene definitivamente e ufficialmente
chiuso. L’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, deposto e imprigionato in seguito alla
pressione di milioni di egiziani scesi in strada a manifestare contro il suo regime autoritario, è stato definitivamente prosciolto da
tutte le accuse. Tra queste, la morte di 239
manifestanti, corruzione e riciclaggio di denaro.
All’Accademia di Polizia a New Cairo,
dove si è svolto il processo, una piccola folla
festante è esplosa non appena il giudice
Mahmoud Al Rashidi ha pronunciato il proscioglimento. In quello stesso momento Mubarak sorrideva, baciato dai suoi due figli
Alaa e Galal, anch’essi prosciolti dalle accuse di corruzione e riciclaggio, mentre tra i
banchi i suoi legali e sostenitori si abbracciavano e intonavano ovazioni. Il clima festante, però, non è condiviso da tutti nel Paese.
“La sentenza è veramente scioccante - dice
al Caffè The Big Pharao, famoso blogger e
commentatore politico egiziano, uno dei pochi ad aver mantenuto celata la sua identità
privata anche dopo la rivoluzione -. Quello
che è più difficile da digerire è che non solo
Mubarak, ma tutti, tutti gli imputati nel processo sono stati prosciolti, compreso El
Adly!”.
Insieme ad Habib El Adly, ministro degli
Interni sotto Mubarak dal 2007 al 2011, sono stati assolti anche il generale Ahmed
Razmy, l’ex capo del Ssis (State Security Investigation Services) Hassan Abdel Rahman
e l’ex direttore della Sicurezza della capitale
Ismail Al Shaer.
“Lo sapevamo che c’erano poche prove
contro gli imputati, corrotte e manipolate,
ma non si può passare da sentenze di ergastolo all’assoluzione - continua The Big Pharao -. Il verdetto di oggi mostra chiaramente
che non ci verrà mai resa giustizia. E giusto
ieri sono stati uccisi due dimostranti durante
le proteste anti-governative e molti altri sono stati uccisi sotto Mubarak, Mohammed
Morsi - ex-presidente dei Fratelli Musulmani
deposto il 3 luglio 2013 - e Al Sisi! Niente è
cambiato, nessuno ha mai pagato, sotto nessuna delle presidenze!”.
L’atmosfera era ben diversa di fronte
all’Accademia nel maggio 2012, quando
Mubarak, El Adly e gli altri imputati erano
stati condannati all’ergastolo. Allora una
moltitudine di persone era esplosa in grida
di gioia, piazza Tahrir si era riempita di mi-
re che lo ospita dal giugno del
2012. Eppure, in quel processo, un
anno dopo la Primavera, Mubarak
era stato condannato a vita. Poi, sospensione dopo sospensione, la
sentenza definitiva (come la tensione popolare) s’è annacquata. Al
punto che il giudice aveva posposto
il verdetto, previsto il 27 settembre
scorso, adducendo “mancanza di
tempo” per completare la stesura
della sentenza. Intanto, in settimana, oltre ai due manifestanti uccisi
al Cairo dalle forze di sicurezza,
224 persone sono state arrestate in
tutto il Paese, e una dozzina di
bombe sono state disinnescate.
gliaia di persone e i festeggiamenti erano
andati avanti fino a notte fonda. Oggi, invece, a Tahrir si sono radunati una decina di
manifestanti, subito dispersi dalle forze di
sicurezza che hanno ulteriormente blindato
la piazza.
“La sentenza era prevedibile, ed è meglio così; almeno governo e giudici ammettono pubblicamente di supportare il regime
di Mubarak”, aggiunge l’avvocato Mahienour El Massry, attivista per i diritti umani e
membro dei Socialisti rivoluzionari di Alessandria, tra i principali organizzatori delle
manifestazioni contro la morte di Khaled
Said, l’icona della rivoluzione che ha fatto da
scintilla alle proteste del gennaio 2011 dilagate in tutto il Paese. “Se Habib El Adly fosse
condannato - spiega El Massry -, allora anche Mohamed Ibrahim, l’attuale ministro
degli Interni, potrebbe esserlo tra un paio
d’anni per il massacro di Rabaa Al Adaweya,
e lo stesso vale per il presidente Al Sisi”.
Il giudice ha applicato la legge, ma non
la giustizia, è la constatazione di Mahienour,
premiata quest’anno dal Ludovic Trarieux
International Award for Human Rights per il
suo operato, e che da poco è uscita di prigione. Dopo una prima sentenza di tre anni, la
pena le è stata scontata a sei mesi. L’accusa?
Aver organizzato una manifestazione di
fronte alla Corte di Giustizia di Alessandria
contro il proscioglimento degli ufficiali di
polizia precedentemente accusati della morte di Khaled Said. Il tutto nell’ambito della
“legalità”: da novembre 2013 “grazie” alla
legge anti-proteste sono vietati i raggruppamenti non autorizzati di più di 10 persone.
“Il 29 novembre il giudice ha applicato la
legge, ma non la giustizia… due entità che
sono distinte e separate: tutti gli imputati
sono stati assolti per la legge, perché anche
tutti i poliziotti responsabili dell’uccisione di
manifestanti sono stati finora prosciolti in
tutto il Paese e non sarebbe razionale che
Adly e Mubarak non lo fossero” continua
Mahienour, “tra legge e giustizia c’è la stessa differenza tra riforma e rivoluzione”.
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
26
Il periscopio
VIZI
E VIRTÙ
GERHARD LOB
È nei trasporti
la differenza
tra nord e sud
Questa settimana sono stato a Lucerna
per una riunione. L’orario d’inizio era fissato per le 15.15. E non a caso. Ma perché i
partecipanti arrivavano da diversi cantoni
e, dunque, era necessario rispettare l’orario
cadenzato dei treni da Zurigo, Basilea e
Berna. La fine della riunione era prevista in
tempo utile per garantire a tutti la possibilità di prendere il treno per il ritorno. La
mia esperienza in Ticino è tutt’altra: spesso
sull’invito per un incontro a fondo pagina si
trova solo qualche indicazione, su “come
arrivare” in auto e dove trovare un posteggio. Ciò rispecchia molto bene la differenza
di mentalità fra la Svizzera tedesca e il Ticino.
La mobilità ticinese si fonda sul mezzo
privato. Il trasporto pubblico viene considerato al massimo un’offerta supplementare. Nella Svizzera tedesca il trasporto pubblico gioca invece un ruolo fondamentale, soprattutto nella mentalità della gente. Vedere un consigliere federale viaggiare in tram oppure
treno è considerato
una normalità.
E in Ticino? La
circolazione sulle strade è sempre più esasperante. Per radio sentiamo i ritornelli
mattutini delle code fra Mendrisio e Bissone, Ponte Tresa e Manno. Nonostante la
nuova galleria Vedeggio-Cassarate la congestione del traffico ha raggiunto livelli mai
visti. La causa non sono solo i frontalieri,
come qualcuno vuol far credere. Sono pure
i residenti che sono aumentati sfiorando ormai i 350mila abitanti. Lugano è la città
con il numero più alto di auto per ogni
1000 abitanti in tutta l’Europa. La situazione è complessa e nessuno ha la bacchetta
magica per risolvere il problema. Personalmente sono convinto che si debba investire
nel trasporto pubblico e collettivo vista la
saturazione della rete stradale, in particolare nei punti intermodali per cambiare mezzo (auto/treno/bus).
Parecchio è stato fatto in Ticino. Il potenziamento del Tilo, la costruzione della
tratta Mendrisio-Stabio (purtroppo monca),
la comunità tariffaria Arcobaleno. E l’ubicazione dei nuovi campus della Supsi a Lugano e Mendrisio vicini alle stazioni ferroviarie è un ottimo segnale. Ma tutto ciò non
basta se non cambia la mentalità, se non
crescerà la disponibilità a lasciare l’auto in
garage per prendere un mezzo pubblico.
Domanda: questo cambiamento può arrivare senza altre misure? Che arrivi da solo il
ministro del Territorio Zali non ci crede.Perciò vuole limitare i posteggi o farli pagare
alle aziende, rendendo il mezzo privato meno attrattivo. Le sue idee non saranno condivise, ma hanno il pregio di aver messo la
zampa su una “vacca sacra” a sud dei Alpi.
Per un leghista è più che sorprendente.
Niente tasse,
siamo inglesi
Anche se...
in America
dalleAmeriche
ALESSANDRA BALDINI
New York
“Niente tasse negli Usa, sono inglese”, dice Boris Johnson,
l’effervescente sindaco di Londra. Niente affatto, replica Zio
Sam contestando al potenziale
successore di David Cameron il
fatto di essere “anche” cittadino americano. Johnson si è visto arrivare dall’Irs, il fisco
americano, una bolletta di 100
mila dollari sul capital gain della vendita della sua casa in
Gran Bretagna. Come sanno
molti expat o titolari di carta
verde, non c’è molto da fare.
Per Johnson è una ingiustizia: “In Gran Bretagna il capital
gain sulla prima casa non è tassabile”, ha spiegato alla National Public Radio il sindaco Tory,
facendo rabbrividire molti nelle
sue condizioni, che a questo tipo di richieste, magari, non
avevano pensato.
Il caso è esemplare: Johnson è un “accidental American”, un americano per caso: è
nato cioè a New York nel 1964
da sudditi di Sua Maestà e ha
vissuto negli Usa fino a cinque
anni. Tutti i suoi redditi, tra cui
lo stipendio da 144 sterline di
dall’Europa
LORENZO ROBUSTELLI
Bruxelles
Correre con Pippi Calzelunghe, poi volare con il Piccolo Principe per atterrare a
Collodi, nella “casa” di Pinocchio. È l’idea
della Fondazione che ha il nome del padre
del famoso burattino, portata a Bruxelles
per promuovere la “Via europea della fiaba”.
In occasione del venticinquesimo anniversario della Convenzione internazionale
Onu sui diritti dell’infanzia, la Fondazione
Carlo Collodi ha portato qualche decina di
Pinocchi di tutte le taglie e i protagonisti di
altre fiabe per tre settimane proprio nel
cuore della Commissione europea. L’obiettivo è lanciare la proposta di realizzare un
sentiero che abbia come protagonisti i personaggi più noti delle favole dei vari Stati
membri dell’Ue, con l’ambizione di coinvolgere presto anche quelli fuori dall’Unione.
“Queste figure spesso rappresentano un
patrimonio immateriale che accomuna
C’era una volta...
i giovani europei
uniti dalle fiabe
La Cina attacca
la corruzione
e taglia i salari
dei manager
dall’Asia
ANTONIO FATIGUSO
Tokyo
La Cina vara la stretta sui
compensi dei dirigenti delle
grandi aziende statali per raffreddare le pesanti critiche sulla forte disparità dei livelli salariali e sugli sforzi, promossi dal
presidente Xi Jinping, per eliminare le “zone grigie”, stroncando sul nascere la corruzione. Le modifiche, in vigore dal
2015, colpiranno presidenti, direttori generali, capi dei comitati interni del Partito comunista e responsabili dei collegi
sindacali e di controllo.
L’obiettivo è “un sistema
trasparente”: tra le 113 aziende
a gestione diretta del governo
centrale, sono 72 quelle che saranno coinvolte subito, tra cui i
colossi China National Petro-
leum e China Mobile Communications, Bank of China e altre
18 istituzioni finanziarie.
Con il nuovo schema, la retribuzione sarà composta dal
bonus di base (mai oltre il doppio del salario medio pagato ai
dipendenti non manager nell’anno precedente), dal compenso riferito agli utili aziendali
e dalla una tantum sulla performance individuale. Il risultato,
secondo la stampa cinese, sarà
Reuters
sindaco, sono tassati dal servizio fiscale della Corona. Ma c’è
poco da fare: sia che vivano negli Usa o all’estero, i cittadini
Usa (e i detentori di carta verde) sono soggetti a tasse sul loro reddito mondiale. Che porta
al paradosso di una bolletta di
100 mila dollari visto che il capital gain per Johnson è stato
di oltre 700 mila: oltre i 250
mila dollari per cui scatta l’imposta.
Ecco dunque perchè in molti casi chi può se la dà a gambe:
nel 2013 ben 2.999 cittadini
Usa hanno rinunciato al passaporto, il 221% in più rispetto
all’anno precedente. Ma scappare costa: non solo la exit fee,
quadruplicata in settembre a
2.350 dollari, ma anche una salatissima exit tax sul reddito
presunto in base alla durata restante media della vita.
bambini e adulti di Paesi molto diversi”, ha
spiegato Silvia Costa, Presidente della commissione Cultura del Parlamento europeo,
che ha sostenuto l’iniziativa.
Pier Francesco Bernacchi, segretario generale della Fondazione ha spiegato che
quella lanciata nella capitale dell’Europa è
“una proposta di collaborazione strutturata
con l’obiettivo di mettere a sistema organismi della cultura e territori per la creazione
di un percorso che abbia come riferimento i
protagonisti della fiaba di ogni tempo. Il focus della proposta è la creazione di un partenariato che faccia leva sugli autori e sui
protagonisti della fiaba per creare un percorso per i bambini d’Europa e del Mondo
intero”. L’idea è anche di creare itinerari
turistici alternativi, che possano portare i
bambini lì dove i loro eroi sono nati, per
scoprirne i segreti, per capirne le caratteristiche conoscendo i loro territori.
una retribuzione fino a sette/otto volte quella media dei dipendenti ordinari. I top executive
delle grandi società statali incassano attualmente in media
circa 600mila, 700mila yuan
(97.800-114.100 dollari), in
forma di bonus e retribuzione
base: somma pari a circa 12
volte quanto percepito dai normali dipendenti.
La stretta è stata accelerata
dalle critiche nate da casi eclatanti come quello di Ling Wen,
al vertice del colosso minerario
Shenhua Group, coi suoi
1.590.000 yuan al lordo delle
imposte. La riforma, poi, vieta
l’uso di fondi aziendali per benefit come l’iscrizione ai golf
club, ambito status symbol. Nei
due anni da quando Xi ha preso
il potere, circa 180mila componenti del Partito comunista cinese sono stati sanzionati per
corruzione.
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30 novembre 2014
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LE FORMAZIONI PIÙ COSTOSE
Fonte: Cies Football Observatory
Indennità di trasferimento spesi per i giocatori messi in campo, Liga 25-10-2014
Real Madrid
424
690
milioni
€
27
È Kjetil Jansrud il primo “uomo jet” della stagione
Le ragazze rossocrociate in difficoltà in gigante
Il Lugano pareggia a Sciaffusa, ma allunga in testa
SUGLI SPALTI
COSE DI GIUDICI
E DI GIUDICANTI
CONDANNATI
MASSIMO SCHIRA
T
Keystone
ra le molte anomalie nel
mondo dello sport, quella
che sta vivendo l’hockey
svizzero non ha, forse, pari al
mondo. Nel senso che a dirigere
l’operato degli arbitri è stato recentemente nominato uno dei
pochi personaggi condannati da
un tribunale penale per reati
specifici alla gestione di un club
di hockey su ghiaccio. Beat Kaufmann. Un ex presidente a cui furono comminati 14 mesi di detenzione sospesi con la condizionale, perché, come disse l’allora
giudice delle assise correzionali
di Lugano, Claudio Zali, “l’indebita ricerca di un successo sportivo non giustifica un reato”.
Ora, poche persone in Svizzera hanno le competenze nell’ambito dell’hockey che ha Beat Kaufmann. Nessuno le mette
minimamente in dubbio. Ma,
ancora una volta, il problema è
l’opportunità. È lecito chiedersi
se è opportuno che Kaufmann insieme a Brent Reiber - sia
chiamato a giudicare l’operato
dei giudici sul ghiaccio? La risposta, oggettivamente, non
può essere che una. In altri ambiti, una vicenda come quella
dell’ex presidente del Lugano
avrebbe certamente portato alla
radiazione a vita dall’universo
sportivo. Una pena eccessiva?
Forse. Ma allora bisognerebbe
anche smettere di parlare di
principi che reggono lo sport.
Perché se ogni occasione si dimostra opportuna per calpestarli, i principi vanno a farsi
benedire. E la federazione di
hockey, in questo caso, ha perso
una buona occasione per dimostrare maturità e coscienza del
proprio ruolo di tutela dei valori
dello sport.
LA
STORIA
Sopra, un’immagine della
prima “sei giorni” di
Zurigo in assoluto. In
basso, una foto storica
del Keirin, disciplina
spettacolare e molto
attesa dal pubblico
Sessant’anni in...sei giorni
È uno spettacolo ciclistico che si rinnova
ormai da sessant’anni. Per la mitica “sei
giorni” di Zurigo, questi sono giorni di festa,
con le innumerevoli sfide che si sono chiuse
a tarda notte sull’anello dell’Hallenstadion,
dove il ciclismo su pista celebra la sua apoteosi in Svizzera. Prima sullo storico anello
permanente inserito nel palazzetto zurighese.
Sempre con l’odore dei Bratwurst sulla griglia
a far da contorno olfattivo alla manifestazione.
Oggi dopo settimane spese nella costruzione
della pista provvisoria, su cui i corridori, divisi
tra amatori e professionisti, si danno battaglia.
E chi meglio del leggendario Urs Freuler, più
volte vincitore a Zurigo, dieci volte oro ai Mondiali su pista e autentica icona del ciclismo elvetico potrebbe far da guida dietro le quinte della
“sei giorni”? “Per capire cosa succede in una
gara come questa bisogna vederla - racconta al
Caffè il 56enne glaronese, oggi tra gli organizzatori della corsa -. È una prova altamente
spettacolare, fatta di diverse discipline. La più
famosa e attesa è certamente l’Americana,
detta anche Madison, in cui i corridori si sfidano a coppie, tra sprint intermedi che regalano punti e tentativi di fuga sul resto del
gruppo”.
Uno spettacolo molto particolare, che un
tempo occupava praticamente tutta la notte. Inizio nel tardo pomeriggio (per permettere anche agli operai di accalcarsi sugli
spalti), fine alle 4 del mattino per consenti-
SportMagazine
SUI TABLET
Sui sistemi Apple e su
Android il meglio dello
sport da sfogliare
Il leggendario Urs Freuler
come guida dietro le quinte
della gara di ciclismo su
pista più famosa in Svizzera,
che compie gli anni
re ai nottambuli di godersi anche il contorno alla
gara. Concerti, cene, chiacchierate. Come ben
sanno i molti ticinesi che si sono appassionati a
questo sport anche superando il confine, per seguire la sei giorni al velodromo Vigorelli di Milano. “E i corridori sono sempre stati ben coscienti
del loro ruolo all’interno della manifestazione aggiunge Freuler -. Nel senso che sanno che il loro ruolo è anche quello di dare spettacolo. Perciò
si lanciano in fuga, simulano a volte qualche problema per poi rimontare. Il motto nelle prime fasi di corsa tra i professionisti è sempre stato ‘vivi
e lascia vivere’, proprio con l’idea di poter scatenare lo show in pista. Bisogna lasciare un po’ di
spazio alla fantasia dei corridori, lanciarsi all’attacco e non limitarsi a succhiare la ruota. Altrimenti è la corsa stessa che muore”.
D’altra parte, però, come dimostra la presenza a Zurigo di elementi del calibro di Mark Cavendish - autentica superstar dell’edizione 2014
- il corridore da sei giorni non può certamente
essere uno sprovveduto. E, storicamente, queste
particolari corse vengono vinte o da autentici
specialisti, come lo sono stati gli elvetici Bruno
Risi e Kurt Betschart, oppure da coppie anche
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sportivi sia su Apple
che su Android
CAFFE.CH
SportMagazine, un
pdf da sfogliare dalla
home page del Caffé
improvvisate, ma composte da campioni su strada. “È vero, il corridore da sei giorni deve essere
capace a fare un po’ di tutto - conferma Urs Freuler -. Deve essere certamente abile allo sprint,
ma anche le doti a cronometro sono importanti.
A vincere, insomma, sono i corridori completi.
La corsa è dura, ma gli atleti sono ormai tutti ben
allenati e oggi non si corre più fino alle quattro
del mattino come ai miei tempi. Il format è un
po’ cambiato. Oggi possiamo dire scherzando
che la sei giorni di Zurigo è la più veloce del
mondo: infatti si completa in… quattro giorni
(ride, da mercoledì a sabato, ndr)”.
Nonostante abbia sul suo territorio una corsa
dalla lunga storia dal grande prestigio come la
sei giorni zurighese, la Svizzera negli ultimi anni
sta un po’ riscoprendo il ciclismo su pista dopo
un periodo piuttosto difficile. La nascita del nuovo Vélodrome Suisse di Grenchen, un vero gioiello, ha infatti dato vita al progetto Rio 2016 del
quartetto rossocrociato nell’inseguimento a
squadre. Quattro giovani, Frank Pasche, Théry
Schir, Silvan Dilier e Stefan Küng, lanciati verso
le Olimpiadi e già tra i migliori quartetti al mondo con tanto di record nazionali recentemente
battuti e ulteriormente migliorati nel breve volgere di qualche giorno. “L’esperienza in pista è
un fattore che conta davvero molto - conclude
Urs Freuler -. Non è un problema fisico per i corridori e non è certo impossibile ottenere grandi
risultati”.
m.s.
I RISULTATI DELLE ULTIME PARTITE DI IERI,
SABATO, SONO ON LINE SU SPORTMAGAZINE
VISIBILI SU TABLET, SMARTPHONE E COMPUTER
CS
affè
port
oro
Uomini
Kjeti André Aamodt Norvegia
5 4
3
Donne
Christl Cranz Germania
Marc Girardelli Lussemburgo
4 4
3
Marrielle Goitschel Francia
Lasse Kjus Norvegia
3 8
0
Anja Pärson Svezia
argento
IN
TELE
VISIONE
bronzo
12 3
9 2
0
0
7 1
3
FUORI
CAMPO
PIERLUIGI
TAMI
mercoledì 3 dicembre
17.00 LA2
Sci: biathlon
domenica 30 novembre
17.55 / 20.55 LA2
Sci: Slalom femminile
venerdì 5 dicembre
18.40 LA2
Sci: discesa maschile
domenica 30 novembre
18.55 LA2
Sci: Super G maschile
sabato 6 dicembre
20.15 LA2
Hockey: Ambrì-Lugano
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
29
L’hockey Leventinesi costretti a richiamare Croce da Lagnau per sostituire Zurkirchen e sotterrati dai Seeländer
Ambrì“non pervenuto”a Bienne
Bianconeri a punti con il Kloten
Il messaggio
del Bayern
a chi gioca
solo in dieci
in pista delle squadre coincide con il
gol numero 3 dei padroni di casa, con
Tschantré che si prende gioco di Kobach, poi batte Croce. Il tabellone della
pista, beffardo, segna il minuto 3.33.
La reazione dell’Ambrì nei primi 20
minuti proprio non si vede.
Anzi, la situazione precipita ulteriormente in avvio di terzo centrale,
quando il Bienne trova il 4-0 proprio
dopo la prima vera occasione dei leventinesi, confezionata da Steiner. A
firmare la “manita”, con il 5-0 è poi
Wetzel in power play, ma nel terzo
centrale c’è tempo anche per il tennistico 6-0 di Cadonau. Assolutamente
estetiche le reti di Lauper, Lüthi e il rigore di Hall per il definitivo 6-3.
Per quanto concerne invece il Lugano, i bianconeri - che venerdì non
sono scesi in pista, ma lo faranno anche quest’oggi, domenica, alla Resega
contro il Berna - ritrovano Fazzini, inserito in quarta linea con Romanenghi
e Reuille per la trasferta sul ghiaccio
del Kloten. Dove la partita inizia su
ottimi ritmi, con i bianconeri che
provano subito a prendere in
mano le redini del confronto. Con gli aviatori che pe-
ALESSIO
BERTAGGIA
Il giovane
attaccante, 21
anni, a bersaglio
contro il Kloten
rò non sono disposti a stare a guardare
e quindi la sfida si accende fin dall’avvio. Il buon lavoro del box play bianconero evita guai troppo grossi nella prima occasione davvero delicata del
match. Al momento in cui i luganesi
decidono di premere per davvero
sull’acceleratore, ecco il punto del
vantaggio, con Alessio Bertaggia, al
secondo centro in bianconero. Alla
seconda penalità in proprio favore, il
Kloten prova a presentare il conto,
con il pareggio a firma Peter Müller che viene però annullato.
Decisamente meno vivo il terzo centrale, che però propone una
fiammata verso metà gara, quando il Kloten trova il pareggio addirittura con l’uomo in meno sul
ghiaccio. È Santala a trovare un
pareggio tutto sommato giusto.
Prima del vero brivido della serata
bianconera, con Klasen che esce per
infortunio. In un convulso periodo
conclusivo, finalmente il Lugano sfrutta il gioco con l’uomo in più, con Pettersson che riscatta a modo suo una
serata un po’ così. Il concitato finale non cambia il risultato: 2-1
per il Lugano.
m.s.
res
s
IL FREDDO
PROTAGONISTA
Termometro
ampiamente
oltre i -20°
dalle parti di
Lake Louise
per la prima
libera della
stagione
sciistica
“Non pervenuto”. Non c’è altro
modo per descrivere il desolante spettacolo messo in pista ieri, sabato,
dall’Ambrì, sotterrato a Bienne per 63. Impegnato a Kloten, il Lugano torna
invece in Ticino con 3 punti preziosi
per la sua classifica.
La prima sorpresa di giornata arriva proprio da Ambrì, dove il portiere
Sandro Zurkirchen è costretto al forfait
per condizioni fisiche definite “precarie” dallo staff leventinese (problemi
alla caviglia). E siccome Flückiger è
ancora in prestito a Ginevra, i biancoblù sono costretti a correre ai ripari.
Nello specifico richiamando da Langnau Lorenzo Croce. Che fatti i bagagli
in fretta e furia si ritrova titolare a difesa della gabbia della sua ex squadra
nell’importante sfida contro i Seeländer. Assente anche Elias Bianchi, sostituito da Dostoinov.
E le cose per il portiere dell’Ambrì
cominciano come peggio non si potrebbe. Ancor prima del secondo giro
d’orologio, infatti, prima Spylo, poi
Ehrensperger portano il Bienne subito
avanti per 2-0. Costringendo Serge
Pelletier a chiamare il time out. Ma
l’incubo continua, visto che il ritorno
TiP
La partita di Champion’s
League tra Manchester City
e Bayern Monaco mi ha molto impressionato. E ha anche
lanciato un messaggio molto
forte: anche in 10 uomini
contro 11 per gran parte
della partita - come dimostrato dai bavaresi - si può
mantenere il controllo del
gioco. Una cosa mai vista
negli ultimi anni a questo livello. Ma andiamo con ordine.
Il consueto atteggiamento molto offensivo dettato da
Guardiola, ha concesso al
City di colpire in contropiede
già al ventesimo minuto. In
una situazione che, per tutte
le altre squadre, si sarebbe
rivelata disastrosa, visto che
il gol del vantaggio dei padroni di casa è arrivato su
rigore per fallo di Benatia,
che è anche stato espulso
per il suo intervento. Ora, è
anni che si discute de la
doppia punizione in casi come questo sia eccessiva, ma
- in realtà - queste discussioni non hanno finora portato a nulla di concreto. E, di
solito, la squadra in 10 contro 11 è spinta a cambiare
atteggiamento, a difendersi.
Per poi, nella
maggior parte
dei casi, finire col perdere
la partita. A
Manchester è
successo tutt’altro. Il Bayern
ha dapprima ripreso in mano
le redini del
gioco, poi ha ribaltato il risultato, prima che due errori
individuali abbinati ad una
prodezza di Agüero non
chiudessero la partita sul 32 per gli inglesi.
La squadra di Guardiola
non ha cambiato i suo modo
di stare in campo, confermando una volta di più l’importanza dei principi di gioco sul gioco stesso. Il Bayern
è rimasto propositivo anche
in inferiorità numerica, una
dimostrazione di forza che
non viene assolutamente
sminuita dalla sconfitta del
novantesimo. I tedeschi possono contare certo su giocatori di grandissima qualità,
ma è soprattutto la volontà
di controllare il gioco che
impressiona. E non si tratta
solo di possesso palla, perché il possesso è solo uno
dei diversi aspetti che hanno
influenza sul controllo assoluto del campo e del gioco,
in tutti i momenti della partita a cui la squadra partecipa con ogni sua individualità.
L’impianto di gioco del
Bayern coinvolge tutti gli
elementi sul campo. Ciò si
traduce nel fatto che il primo attaccante dei bavaresi,
il primo uomo ad impostare
la manovra offensiva, è Manuel Neuer, il portiere. Così
come il primo giocatore ad
interessarsi della copertura
difensiva è certamente Robert Lewandowski, che del
Bayern è l’attaccante tatticamente più offensivo. E questo impianto di gioco permette di tenere in mano una
partita giocata per oltre 70
minuti con un uomo in meno. Non contro una squadra
qualunque, ma contro il
Manchester City. Un messaggio forte.
domenica 30 novembre
15.55 LA2
Calcio: Zurigo-Basilea
Il calcio
Alla Breite il Lugano sorride solo a metà
Keystone
Il Lugano ottiene a Sciaffusa
il suo undicesimo risultato utile
consecutivo, ma la vera buona
notizia della serata arriva da
Wil, dove il Servette, a detta di
tutti il principale avversario nella lotta promozione, è stato
sconfitto per 1-0. Al termine dei
90’ della Breite però, i bianconeri riescono a festeggiare solo
a metà, colpa dei padroni di casa, che con una prestazione gagliarda li bloccano sullo 0-0.
I bianconeri non sono stati i
primi a faticare contro i renani.
Già l’allora capolista Wohlen e il
Servette avevano dovuto accontentarsi della divisione dei punti
contro Mirko Facchinetti e compagni. Insomma, se con la partenza di Rossini i gialloneri
hanno perso in spinta offensiva,
il loro sistema di gioco rimane
La discesa libera d’apertura della stagione
premia la potenza del vichingo.Il gigante
femminile va a Brem,lontane Gut e Gisin
In Canada il vero“jet”
è il norvegese Jansrud
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MASSIMO MORO
I protagonisti
Il primo uomo jet della stagione a festeggiare è il norvegese Kjetil Jansrud.
Nella prima discesa di Coppa del Mondo
che si è disputata ieri, sabato, sul tracciato canadese di Lake Louise, il materiale e
i grandi scivolatori l’hanno fatta da padrone. A creare qualche problema in più
ai discesisti, su una pista delle più semplici della stagione, sono state le forti nevicate che hanno precluso la possibilità di
effettuare due delle tre prove. Una neve
completamente differente rispetto all’unica discesa effettuata, che non ha reso
certamente facile il lavoro di selezione del
materiale.
A mettere a segno una prestazione
praticamente perfetta è stato il norvegese che ha dimostrato, dopo essere stato il
migliore nell’unica prova disputata, di
possedere la potenza necessaria su un
tracciato comunque privo di grandi difficoltà. Alle spalle di Jansrud si sono piazzati il francese Guillermo Fayed e il padrone di casa Manuel Osborne, mentre il
vincitore della scorsa stagione, l’italiano
Dominik Paris, si è dovuto accontentare
di rimanere ai piedi del podio.
Una giornata certamente non esaltante quella della compagine rossocrociata.
Il migliore degli elvetici è stato a sorpresa
il bernese Beat Feuz che, partito con il
primo pettorale, è riuscito a conquistare il
1
2
3
4
PATRICK KÜNG
Le speranze delle squadra
rossocrociata delle prove veloci
sono legate nei risultati ottenuti dal
discesista glaronese nella passata
stagione.
MATTHIAS MAYER
Sulla pista canadese c’è stato il
rientro in Coppa del Mondo, del
campione olimpico di discesa che
anche a Lake Louise ha
dimostrato di essere in forma.
LARA GUT
Per la ticinese il gigante di Beaver
Creek non ha mostrato grandi
progressi dopo l’uscita di scena
nella seconda manche della prova
di Sölden.
ANNA FENNINGER
La detentrice della Coppa del
Mondo dell’anno scorso ha
dimostrato in questo inizio di
stagione di essere ancora lei la
sciatrice da battere.
sesto posto. Ci si attendeva qualche cosa
in più da parte del trascinatore della scorsa stagione, Patrick Küng, che comunque
è riuscito ad inserirsi tra i primi dieci, facendo segnare l’ottavo tempo. Da considerare buona la prova messa a segno da
Silvan Zurbriggen che, seppur privo di
una preparazione adeguata, ha concluso
al dodicesimo posto. Gara invece da dimenticare per gli altri rossocrociati, soprattutto da parte di Carlo Janka, Didier
Défago e Sandro Viletta che sono finiti
lontano dai primi.
Oggi, domenica, è in programma,
sempre sul tracciato di Lake Louise, il Super-G. Il grande assente alle prove canadesi è l’americano Ted Ligety che ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico al polso a seguito di un incidente in allenamento a Vail. Il due volte campione
olimpico dovrebbe essere comunque presente a Beaver Creek nel prossimo week
end, dove sono in programma una discesa, un Super-G e un gigante. Per gli elvetici il Super-G è da considerare come prova di riparazione e soprattutto utile per
cercare di dare una scossa a tutto l’ambiente in vista della trasferta negli Usa.
Nel settore femminile, si è svolto sul
tracciato statunitense di Beaver Creek, il
secondo slalom gigante della stagione. Il
successo è andato a sorpresa all’austriaca
Eva-Maria Brem. Una prima manche praticamente perfetta quella fatta segnare
Il Servette perde aWil,ma i ticinesi non vanno oltre il pari a Sciaffusa
dalla sciatrice della compagine delle
Aquile, che è riuscita ad infliggere a tutte
le avversarie distacchi superiori al secondo. Un vantaggio che le è bastato per far
sua la gara, davanti a Katrin Zettel e Federica Brignone.
Per quanto riguarda la squadra rossocrociata a riuscire a qualificarsi per la seconda manche sono state Lara Gut e Dominique Gisin. La ticinese, dopo aver
concluso in undicesima posizione sul primo tracciato, ha commesso diversi errori
che l’hanno portata fuori dalla linea ideale e che le hanno compromesso di invertire la rotta, scivolando in ventesima
piazza. Una prova molto sottotono anche
quella disputata dall’obwaldese che, anche sul secondo tracciato, non è riuscita
ad esprimersi ai suoi soliti livelli, finendo
oltre la ventesima posizione.
Niente da fare invece sia per Wendy
Holdener, sia per Michelle Gisin che non
sono riuscite a prendere parte alla seconda manche. Le due potranno rifarsi oggi,
domenica, nello slalom speciale.
Una due giorni in terra statunitense
che si completa appunto oggi, domenica,
con lo slalom speciale. Nella seconda prova tra i paletti stretti, la detentrice della
coppa di specialità e campionessa olimpica, Mikaella Shiffrin è in cerca di rivincita,
dopo la prova che non l’ha vista protagonista a Levi.
[email protected]
Ti-Press
28
CHI HA VINTO PIÙ MEDAGLIE AI MONDIALI NELLO SCI ALPINO
LIVIO BORDOLI
Il tecnico dei bianconeri, 51
anni, si deve accontentare di un
punto malgrado la prestazione
gagliarda dei suoi sul difficile
campo di Sciaffusa
efficace. Ne ha fatto le spese ieri, sabato, anche il Lugano, che
su un terreno molto pesante e
in un ambiente gelido, viste le
bassissime temperature, non
sono riusciti a creare abbastanza per poter ambire alla posta
piena. Anche se più manovrieri,
i ticinesi sono spesso andati a
sbattere contro la munita retroguardia dei gialloneri, che al 51’
sono anche andati vicinissimi
alla rete con Neitzke. Il brasiliano ha però mandato la sfera a
colpire la traversa della porta
difesa da Russo.
Lo spavento ha indotto Bordoli a spostare ulteriormente i
baricentro della squadra in
avanti, inserendo Bottani e il
reintrante Padalino. Malgrado
molta buona volontà però, lo
Sciaffusa ha tenuto egregia-
mente, portando a casa un
punto meritato.
Toccherà oggi, domenica, al
Wohlen cercare di riacciuffare
la vetta solitaria della classifica.
Gli argoviesi saranno impegnati
a Baulmes contro il Le Mont,
squadra alla ricerca di punti
salvezza e quindi temibile.
Spettatori interessati della
sfida saranno anche Chiasso e
Losanna che domani, lunedì, si
affronteranno al Riva IV con
motivazioni differenti. I momò
dovranno muovere la classifica
per passare un Natale sereno,
mentre per i vodesi si tratta di
un’occasione d’oro per rientrare nella lotta per la promozione.
Bienne-Winterthur propone
invece la sfida tra l’ultima e la
potenziale terza della classifica.
o.r.
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Ogni giorno un buon m
I JOLLY DEL GIORNO DI QUESTA SETTIMANA:
LUNEDÌ
1.12.2014
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Tutti gli articoli di calzetteria
da donna e da uomo
esclusi gli articoli M-Budget,
per es. calze bio Design da uomo
GIOVEDÌ
4.12.2014
50%
18.65 invece di 37.30
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MARTEDÌ
2.12.2014
MERCOLEDÌ
3.12.2014
50%
50%
6.60 invece di 13.20
Tutte le confezioni di Coca-Cola da 6 x 1,5 l
per es. Classic (max. 5 conf. da 6 per cliente)
VENERDÌ
5.12.2014
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La società
L’incontro
Sesso e amore
La “nuova
normalità”
dell’economia
a crescita zero
Mauro Baranzini:
“Se l’economista
è davvero onesto
non fa previsioni”
“Non vuole figli,
io non prendo
la pillola…
e allora si nega”
A PAGINA 32 e 33
PIANCA ALLE PAGINE 58 e 59
ROSSI A PAGINA 54
30 novembre 2014
Link
SOCIETÀ | STILI | CULTURA
Pilastri di abete.
Pareti in noce
americano. Ora
l’edilizia è meno
inquinante.
Più intelligente
ed ecologica.
In Svizzera come
in Austria,
in Germania
come in Italia
STEFANO VASTANO
È
raro entrare in una palazzina ed
esser avvolti da un intenso profumo di bosco. Ma è ciò che capita
a chiunque entri nella “Lct”.
L’acronimo sta per “Life cicle tower” e la Torre si trova a Dornbirn, vicino Bregenz, in Austria.
Quel profumo è presto spiegato
dall’ingegnere Christian Vögel:
“Abbiamo rivestito l’atrio...”
segue a pagina 48
PER COMINCIARE
L’ORA DEL CODICE
L
T
PATRIZIA GUENZI
a parola d’ordine è coding. Non sei nessuno se non sei in
grado di programmare. Un bel colpo all’autostima per tanti over 50. D’altro canto, i tempi son cambiati e ora un po’
in tutto il mondo il coding sta diventando materia di studio. Il
presidente Obama, infatti, qualche tempo ha suggerito agli
studenti americani di non comperare un nuovo videogioco,
bensì di farsene uno loro; di non scaricare l’ultima app, ma di
disegnarla. In sostanza, si tratta di pensare in maniera algoritmica, e cioè trovare una soluzione e cercare poi di metterla in
pratica. Insegnare già ai bambini il coding permette loro di sviluppare un modo di pensare per affrontare, una volta adulti,
anche i problemi più complessi. Insomma, apre la mente. Intanto, per gli interessati, un movimento globale sta coinvolgendo decine di milioni di studenti in oltre 180 Paesi. Dall’8 al
14 dicembre chiunque potrà organizzare e partecipare a L’Ora
del Codice, un evento per dimostrare che tutti possono imparare le basi dell’informatica. Un invito ad insegnanti e genitori
per sviluppare sin dalla più tenera età logica e creatività. Tuttavia, non illudiamoci. Non è che col coding e compagnia bella i
nostri pargoli saranno tutti dei geni. Ma è vero che se minimamente dotati potranno avere qualche chance in più.
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ra legno ed edilizia è ormai più di
un ritorno di fiamma. Dopo decenni d’appiattimento sul freddo
e grigio calcestruzzo, pure in Ticino il settore delle costruzioni
sta riscoprendo le potenzialità del
materiale che per secoli ha protetto, in simbiosi col granito, le
popolazioni dell’arco alpino. I più
new age sostengono che vivere in
un edificio ligneo renda più felici,
altri invece...
segue a pagina 49
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
32
La stagnazione. L’inflazione degli anni
Settanta e la recessione degli anni Ottanta erano
soltanto malattie temporanee.La globalizzazione
e l’aumento delle migrazioni hanno aperto
una nuova fase per il sistema produttivo mondiale
Il prodotto interno
lordo del mondo
ammonta a 84.193
miliardi di dollari. Al
primo posto gli Stati
Uniti con 16.200
milardi. Al 35mo
posto la Svizzera
con 360 miliardi.
La Federal
Reserve americana
a sostegno delle
banche
fra il 2007-2009
immise liquidità per
complessivi 7.700
miliardi di dollari a
tassi quasi a zero.
Con un miliardo e
339 milioni di abitanti
la Cina s’appresta a
diventare la prima
economia del
mondo, con tassi di
crescita del Pil del
10% negli ultimi
trent’anni.
Attualmente sono
oltre 26 milioni le
persone senza
lavoro nell’Unione
Europea. Nel
giugno 2014 erano
disoccupati ben 5,1
milioni di giovani tra
i 15 e i 24 anni.
84.193
7.700
1.339
5.100.000
1/LE
CRISI
NEL
MONDO
La nuova “normalità”
dell’economia
sarà la crescita zero
1
IL CRAC DEI TULIPANI
Nell’Olanda del XVII
secolo esplose la mania
per i tulipani. La
compravendita dei bulbi
innescò una frenesia
speculativa. Una bolla
che scoppiò mandando
in rovina molti affaristi.
2
L’INFLAZIONE DI WEIMAR
Per far fronte ai debiti
di guerra la Germania
nel 1921 stampò grandi
quantità di banconote
provocando una enorme
svalutazione. Con cambi
di 4.200.000.000.000
marchi per dollaro.
3
LA CRISI DEL 1929
Dopo un boom della
borsa, il 24 e il 29 ottobre
del 1929, due crolli
azionari a Wall Street
mandarono in rovina
migliaia di risparmiatori
a causa della
speculazione finanziaria
LORETTA NAPOLEONI
Economista
Il declino del tasso di crescita
mondiale sembra invece essere
legato al fatto che il processo di
sviluppo e modernizzazione
dell’economia globalizzata ha
raggiunto una fase in cui non
c’è più un’accelerazione sufficiente a farlo aumentare. Ed il
motivo ultimo è lo squilibrio tra
la crescita del debito e dell’economia, il primo aumenta a ritmi
maggiori della seconda.
Nel dopoguerra le economie
occidentali, quella americana e
giapponese crescevano a ritmi
sostenuti; dopo il crollo della
Lehman Brothers - dovuto all’eccesivo indebitamento - sono
stati i mercati emergenti, trainati dalla Cina, a supplire alla
caduta dei tassi di crescita occidentali. Oggi ci troviamo di
fronte ad un serio rallentamento della crescita anche in queste nazioni, persino la Cina che
sulla carta cresce al 7,3 per
cento ha seri problemi strutturali legati all’eccessivo indebitamento.
Il tasso di crescita del debito
cinese oggi supera quello del
Pil, un fenomeno questo che ormai ha iniziato a danneggiare
anche i Paesi emergenti. Secondo l’agenzia di certificazione
Fitch, alla fine del 2014 il peso
del debito totale cinese sarà pari al 17 per cento, molto più alto
quindi del tasso di crescita del
Pil. Standard Charter stima che
oggi il 32 per cento di tutti i
nuovi prestiti contratti in Cina
servono per pagare gli interessi
viamo di fronte ad una crisi che presto
passerà e che la crescita perpetua tornerà ad essere la normalità.
Purtroppo non è così. Una serie di fattori strutturali (come la globalizzazione
e la crescita esponenziale delle migrazioni) e congiunturali, ad esempio, la
recessione europea ma anche le sanzioni economiche dell’Occidente alla Russia, hanno fatto entrare l’economia
mondiale in un una nuova fase, definita
“nuova normalità”. Il concetto è semplice: il tasso di crescita dell’economia
mondiale tende a scendere verso lo zero, un fenomeno che ha iniziato a manifestarsi dopo la crisi del 2008-2009,
e cioè la crisi del credito mondiale.
Questa inversione di marcia si è verificata senza lo scoppio di una vera guerra mondiale, nella totale assenza di
traumi politici, ad esempio, rivoluzioni,
sia in Occidente che nei mercati emergenti.
su debiti già esistenti.L’altra
faccia della medaglia è l’eccessiva parsimonia dovuta alla psicosi del debito.
In Germania la politica ferrea di austerità impedisce ai
consumi e agli investimenti di
crescere, in altre parole tarpa le
ali alla crescita. Circa il 40 per
cento dei ponti ed il 20 per cento delle autostrade tedesche si
trovano in condizioni critiche e
devono essere risanati ma i soldi invece di essere spesi per
4
Reuters
G
uerra e povertà vanno a braccetto e
nessuno lo sa meglio di noi europei. Da
quando il sangue ha smesso di scorrere
lungo le strade del Vecchio Continente
le cose sono cambiate, la pace sembra
aver portato crescita e benessere. Definito dagli economisti del dopoguerra
“normalità”, questo binomio ha fatto sì
che nell’immaginario collettivo occidentale l’economia assomigliasse ad un
ragazzino sano, costantemente in crescita, che ogni tanto si prende magari
un’influenza, ma subito dopo si riprende grazie all’aiuto dei farmaci giusti.
L’inflazione degli anni Settanta, la recessione degli anni Ottanta appartengono a queste malattie temporanee e,
infatti, nel lungo periodo non hanno intaccato la crescita costante dell’economia europea, né hanno fermato il diffondersi del benessere. La certezza della crescita infinita in tempi di pace ci
porta a pensare che anche oggi ci tro-
LA GRANDE DEPRESSIONE
Dalla crisi del 1929 iniziò
la Grande depressione.
Furono fatti errori:
si aumentarono le tasse,
si lasciarono fallire molte
banche e, scoraggiando
le importazioni, si esportò
la crisi negli altri Paesi.
questi progetti sono stati utilizzati per pareggiare il bilancio.
Una vittoria di Pirro non solo
per la Germania ma anche per
l’Europa.
Certo, in confronto al resto
d’Eurolandia, dove la crescita è
negativa o vicina allo zero,
l’economia tedesca sembra fantastica, ma se le cose vanno bene il 2014 si chiuderà con un
tasso di crescita anemico del
1,2 per cento e con l’inflazione
praticamente a ridosso dello ze-
ro. Anche l’economia tedesca,
dunque, ristagna.
L’economia cinese e tedesca
sono fondamentali per quella
globale, la prima è il maggior
esportatore e uno dei più grandi importatori al mondo, la se-
I sindacati Per i rappresentanti dei lavoratori i fenomeni di sfruttamento della manodopera stanno indebolendo la tutela dei vecchi diritti creando precarietà
L’
I SINDACALISTI
Renzo Ambrosetti, 61 anni,
copresidente di Unia e
Meinrado Robbiani, 62,
segretario e copresidente
dell’Ocst
Ocst, il sindacato cristiano sociale, pubblica una
mappa del degrado delle
industrie che fanno strozzinaggio salariale, che assumono lavoratori a metà tempo ma facendoli lavorare a tempo pieno.
Pure il sindacato Unia ha lanciato una campagna di denuncia
della deriva che investe il mercato del lavoro, con un sito internet “www.denunciamoli.ch”,
per segnalare le aziende che
fanno dumping salariale. Ecco il
volto assunto dalla crisi, come
normalità permanente, in Ticino. Contraddizioni della “ricca
Svizzera” fra i primi Paesi d’Europa per reddito disponibile, con
paghe elevate nel raffronto internazionale, con una retribuzione media mensile di 6’112
franchi.
Ma nella Svizzera dove nel
2013 i salari sono progrediti nominalmente dello 0,7% analogamente a quanto avvenuto nei tre
anni precedenti (+0,8% nel
2012, +1,0% nel 2011 e +0,8%
nel 2010), c’è la situazione anomala del Ticino che registra pa-
“Così si è deteriorato
il mercato del lavoro
in tutto il cantone”
ghe medie inferiori del 15% rispetto agli altri cantoni e un’ulteriore pressione sui salari.
“Purtroppo il degrado che abbiamo denunciato si sta diffondendo a macchia d’olio soprattutto
in Ticino proprio per la pressione dovuta alla frontiera”, avverte Meinrado Robbiani, segretario cantonale dell’Ocst. Nella redistribuzione della ricchezza fra
classi sociali, fra categorie professionali, a rimetterci sono stati
i salariati residenti. “Preoccupano soprattutto i raggiri, i sotterfugi che vanno diffondendosi e
che hanno la comune caratteristica di uno sfruttamento cre-
scente della manodopera, in
particolare di quella che più teme la perdita del posto di lavoro,
in parte sui frontalieri, ma anche su chi vive nel cantone e subisce la stessa pressione occupazionale e salariale”.
Se nel resto d’Europa (soprattutto in Italia, Spagna, Grecia, Francia e Portogallo) è cresciuta la disoccupazione, in
Svizzera tra il secondo trimestre
del 2008 (anno della crisi finanziaria) e il secondo trimestre del
2013 il numero di occupati è aumentato del 6,2% (dati Ust). Ma
con notevoli differenze: mentre
nella regione del Lemano, in Ti-
cino e nella Svizzera orientale il
tasso di occupazione è cresciuto
in modo considerevole, nella
Svizzera centrale ha registrato
un calo. Trend confermato anche nel terzo trimestre del 2014.
In Ticino che ha superato i
227 mila occupati (dato Ustat),
con oltre 62 mila frontalieri, il
tasso di disoccupazione, secondo l’Ufficio internazionale del lavoro, è però rimasto di circa di 2
punti percentuali sopra la media
svizzera. “Nel cantone - spiega
Renzo Ambrosetti, copresidente
dell’Unia - il mercato interno è
investito dalle ditte estere, dai
lavoratori distaccati, dai padroncini che creano difficoltà soprattutto nell’artigianato, non rispettando i contratti, praticando
dumping, riducendo i prezzi”.
Un degrado che si aggiunge ad
un comparto industriale di frontiera. “Non va dimenticato che
l’industria ticinese è a basso valore aggiunto- conclude Ambrosetti-, con salari che possono andar bene per i frontalieri ma non
per i residenti”.
c.m.
conda è la locomotiva dell’Unione Europea, il mercato
più grande al mondo. A livello
strutturale il loro rallentamento
decelera tutta l’economia mondiale.
C’è poi l’aspetto ciclico, che
conferma i problemi dell’eccessivo debito, i tassi di crescita
dell’economia mondiale hanno
iniziato a scendere quando la
Riserva Federale ha ridotto progressivamente la quantità di
carta moneta stampata ogni
mese. Quel fiume di denaro andava ad alimentare il debito
mondiale, ben più grande di
quello cinese, ed a sostenere la
domanda internazionale. Man
mano che questo ruscello di
dollari si prosciuga l’economia
si contrae: scendono i prezzi
delle materie prime, scende
quello del petrolio e così via.
Quasi senza accorgercene ci ritroviamo tutti prigionieri della
deflazione.
In passato le guerre azzeravano il debito e la ricostruzione
liberava le economie dalla deflazione. Il problema europeo
era la frequenza dei conflitti,
non c’era abbastanza tempo per
far ripartire l’economia. Oggi,
fortunatamente gli occidentali
sembrano essersi liberati da
questo orrore. Senza uno stratagemma per azzerare il debito
mondiale, però, bisognerà imparare a vivere nella “nuova
normalità”, in pace ma senza
crescita, né benessere per tutti.
5
L’EMBARGO PETROLIFERO
Nel 1973 dopo la guerra
fra Egitto e Israele, i Paesi
arabi dell’Opec bloccarono
la vendita di petrolio
ai Paesi occidentali.
I prezzi triplicarono e si
iniziò a parlare di risparmio
energetico.
LO SHOCK DEL PETROLIO
Il secondo shock
petrolifero fu provocato
dalla rivoluzione in Iran
nel 1979. La produzione
si ridusse e le
esportazioni furono
sospese: il greggio
salì a 80 dollari al barile.
6
7
L’AFFANNO DELLE “TIGRI”
Crisi finanziaria degli anni
‘90 che interessò alcuni
Paesi del Sud est
asiatico. La crisi scaturita
da un attacco speculativo
contro la Thailandia,
si ripercosse poi
sull’economia reale.
LA BOLLA HIGH TECH
La crisi della new
economy esplode nel
2000 con lo scoppio
della “bolla di Internet”.
Crollarono le valutazioni
di moltissime aziende
high tech che fornivano
servizi via web.
8
L’intervista
Il sociologo Gallino critica l’ottusità dell’oligarchia europea
33
2/LE
CRISI
NEL
MONDO
1
“La via d’uscita
2
sta nel creare
occupazione”
CLEMENTE MAZZETTA
“C
i vorranno anni per uscire dall’attuale
crisi economica, soprattutto ci vorrebbe
un’altra politica”. Il sociologo Luciano
Gallino, autore di numerosi saggi sulle conseguenze
del capitalismo finanziario, denuncia “l’ottusità dell’oligarchia dell’Ue, della finanza, della grande industria, dei burocrati di Bruxelles e della Banca centrale europea che perseguono politiche completamente sbagliate”.
Cosa fare per uscire da questa lunga crisi?
“Occorrerebbe riportare la finanza al servizio
dell’economia reale, creando occupazione, lavoro”.
Ma perché la crisi economica, iniziata nel 2008
negli Stati Uniti con la bolla dei mutui-subprime, sembra non finire mai?
“Perchè il capitalismo pare aver imboccato la
strada della stagnazione, un periodo molto lungo
dove la crescita semplicemente non c’è, come afferma anche Larry Summers il consigliere economico
del presidente americano”.
Era la tesi della “stagnazione secolare” con cui
un economista americano degli anni Trenta, Alvin Hansen, spiegava la Grande depressione del ‘29.
LUCIANO
“Dalla stagnazione del ‘29 si uscì
GALLINO
in cinque o sei anni grazie all’interSociologo,
87 anni, ha
vento energico ed efficace del governo americano. Ma in condizioni
scritto “Colpo
politiche, culturali, ideologiche todi Stato di
banche e
talmente diverse rispetto a quelle di
oggi che non vedono da nessuna
governi.
parte governi in grado di attuare
Attacco alla
qualcosa di simile al New deal di
democrazia”
Roosvelt”.
Se la causa principale della crisi sono stati i crediti immobiliari negli Usa, perché si è poi messo
sotto accusa l’eccessivo debito degli Stati?
“Perchè con un brillante colpo d’ingegno le banche e i governi hanno spostato le cause della crisi
dal sistema bancario e della finanza proprio sull’eccessivo debito pubblico degli Stati. Ma non c’è nessun motivo di ritenere che i bilanci pubblici siano
così mal messi”.
Ma gli Stati sono intervenuti per salvare delle
banche.
“È vero gli Stati hanno dovuto sopportare dei costi per salvare le banche: 600 miliardi di euro la
Germania, 350 la Francia, 1500 la Gran Bretagna.
Poi nel 2010 la Troika (Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea) si è inventata le politiche di austerità proprio
per salvare le banche. È stato un camuffamento per
trasformare quello che era un grosso problema privato delle banche in una questione pubblica”.
Chi ne paga le conseguenze?
“La gran maggioranza della popolazione. Anche
i ceti medi che, come gli altri, sono investiti da queste misure restrittive, contrazione dei salari, riduzione della spesa sociale, tagli alla sanità, all’istruzione, ai servizi pubblici. Ma è evidente che gli operai sono toccati più duramente a causa dell’aumento
della disoccupazione”.
Quando se ne uscirà?
“Se siamo in una vera stagnazione la crisi durerà forse anche un decennio”.
Una politica di investimento per favorire l’occupazione sarebbe possibile?
“Certo, se si concentrassero su questi temi i soldi che si spendono in altri modi. Faccio un esempio
italiano: se i famosi 80 euro destinati a milioni di dipendenti e costati vari miliardi, fossero stati usati
per creare 500 mila posti di lavoro in tre mesi, l’effetto sull’economia sarebbe stato molto più forte.
Ma i governi sono dominati dall’ideologia liberale
che reputa negativo l’intervento dello Stato.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
3
IL DEFAULT ARGENTINO
Nel 2001, l’Argentina,
che negli anni ‘90 aveva
avuto un’inflazione
altissima, dichiara il
default di fronte
all’impossibilità di ripagare
il debito pubblico, pari a
132 miliardi di dollari.
LO TSUNAMI DEI SUBPRIME
Nel 2007 scoppia negli
Usa la bolla dei mutui
subprime, crediti
concessi a tassi agevolati,
che porta al fallimento
di molti istituti di credito
fra cui la banca d’affari
Lehman Brothers.
LA BOMBA “DERIVATI”
La crisi dei mutui subprime
contagia il resto del
mondo: per tutelarsi dai
rischi le banche americane
avevano elaborato sistemi
di “cartolarizzazione” del
debito venduto ad altri
istituti finanziari.
LA CROLLO ISLANDESE
Crisi finanziaria causata
dal crollo delle tre più
grandi banche del Paese,
seguita ad una deregolamentazione avviata nel
2001. Per salvare l’Islanda interviene il Fondo monetario internazionale.
4
5
UNA TROIKA PER LA GRECIA
Con un debito pubblico
passato in sei anni da
180 a 300 miliardi di euro
la Grecia arriva sull’orlo
del default. Intervengono
le autorità europee con
aiuti finanziari e si attiva
una politica d’austerità.
IL DEBITO PUBBLICO ESPLODE
La crisi finanziaria si
propaga e intacca il
debito pubblico degli
Stati europei. Le agenzie
di rating declassano il
debito sovrano di alcuni
Paesi europei, aumenta
l’insicurezza finanziaria.
6
7
TREMA LA MONETA UNICA
La moneta europea
introdotta nel 2002
obbliga i Paesi aderenti a
restare in determinati
parametri sempre più
difficili da mantenere.
Sotto attacchi speculativi,
l’Euro traballa.
LA CRESCITA BLOCCATA
A partire dal 2009 l’economia mondiale risente
pienamente degli effetti
della crisi finanziaria originata negli Stati Uniti. Gli
Stati avviano una politica
di austerità. Si entra in
una fase di stagnazione.
8
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
34
leamichedelladomenica
S
ono trascorsi esattamente quarant’anni dallo storico discorso pronunciato da Simone Veil. Era il 26 novembre 1974. Un discorso forte e
coraggioso, ricordato come il più
controverso della Quinta Repubblica e pronunciato davanti a nove donne e 421 uomini. Tale era la
proporzione, anzi, la sproporzione fra il numero
di deputati dei due sessi.
Un’ora di arringa in difesa delle donne, di
quelle donne costrette a
chiedere aiuto nell’illegalità. “Non possiamo
più chiudere gli occhi
sui 300mila aborti che
ogni anno mutilano le
donne di questo Paese”
disse Simone Veil, allora
ministro della Sanità
sotto la presidenza di Giscard d’Estaing. Doveva
fare approvare il progetto di legge più criticato
dell’epoca: la legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza. L’aborto.
La storia di quella giovane e audace “ministra”, in un governo prettamente maschile, è una
pietra miliare. Ed è bene che se ne riparli, e tanto
anche, perché la Francia conta nuovi censori. Già
la Spagna ha fatto prendere uno spavento alle
donne di tutta Europa quando, nel dicembre
2013, il governo Rajoy ha votato il ritorno alla
criminalizzazione dell’aborto. Ma il 23 settembre
scorso, il primo ministro spagnolo ha dovuto fare
marcia indietro. Anche le francesi erano scese in
piazza a sostegno delle donne spagnole.
I diritti delle donne, purtroppo, sono ancora
fragili. A tutti i livelli. Il parlamento francese, ad esempio, ha rivotato simbolicamente la “legge Veil”. Su 577 deputati,
hanno votato solo in 151. Tra questi, sette contrari ed un astenuto.
Nel 2014 le donne si ritrovano a
tremare ancora quando si parla dei
loro diritti. Troppi discorsi in cui si
invoca il “ritorno ai valori fondamentali”. Ma quali sarebbero questi valori? I diritti delle donne non
si toccano e sono ancora molti i
passi in avanti da fare, sia sull’aborto che contro la violenza,
mentre c’è chi vorrebbe che si
tornasse al Medioevo.
È
Un omaggio a Simone
e un no al Medioevo
Il tacchino è graziato
il ragazzo di colore no
ELVIRA DONES
daParigi
daSan Francisco
Reuters
Keystone
LUISA PACE
A
ttivista di lunga
data contro il regime di Ben Ali e presidente dell’Associazione Nazionale dei
Magistrati tunisini fino al 2013,
Kalthoum Kannou è stata l’unica
donna tra 27 candidati a presentarsi
al primo turno delle elezioni presidenziali in Tunisia.
In un primo momento orientata a
presentarsi alle legislative “dove pensavo
di essere più utile”, il giudice di Cassazione ha deciso di lanciarsi nella corsa alle presidenziali quando Ennahda (Partito Fratelli
Musulmani) ha proposto alle forze politiche di
scegliere in maniera consensuale un nominativo per la presidenza.
Kannou ha quindi corso come candidata
indipendente, appoggiata solo dal piccolo
partito tunisino e rifiutando di entrare a
contatto con gli ingranaggi della macchina partitica. “La mia è una candidatura
da cittadina” ha sempre ripetuto.
Il suo programma, incentrato su
educazione - “ogni padre che impedirà alla propria figlia di andare a
scuola dovrà essere punito dalla
legge” - e sull’occupazione giovanile, questa volta ha preso solo lo
0,56%. Una netta distanza da Beji
Caid Essebsi (39,46%) e Moncef Marzouki (33,43%). Quello
però che più conta è
che, a discapito di ogni
cliché imputato di solito ad ogni “Stato musulmano”, in Tunisia
abbiamo visto una candidata farsi strada senza paura ed elezioni democratiche regolari svoltesi senza incidenti e
letteralmente “celebrate” in tutto il Paese.
Un ulteriore passo in direzione di quella che
Oujdan Mejri e Afef Hagi hanno definito “La Rivolta dei Dittatoriati” [Mesogea,2013]: una progressiva riappropriazione identitaria dei cittadini tunisini che passa per una marcata presa di
coscienza di “corpi e menti”.
Congratulazioni, dunque, Tunisia. “Yes, we
Kannou!”.
stata la settimana della festa del Ringraziamento; sui tavoli di chi ha ancora qualche soldo troneggiavano
enormi tacchini farciti. Ogni anno un
tacchino salva la pelle grazie a una
bizzarra consuetudine: il Presidente lo “perdona” (di cosa?), e il volatile viene rimesso in libertà. Messaggio alla Nazione: siamo buoni e
ci vogliamo bene. Ma siamo tutti molto nervosi. Perché questa è anche stata la settimana
della guerriglia urbana a Ferguson, nel
Missouri, dopo il verdetto del gran giurì
che lunedì ha deciso
di non incriminare il
poliziotto bianco Darren Wilson.
Il 9 agosto aveva
sparato dodici colpi di pistola al diciottenne
Michael Brown, un ragazzo di colore, disarmato. A Ferguson, città a maggioranza afro-americana, l’assoluzione del poliziotto non l’hanno
presa bene: edifici e auto in fiamme, negozi
saccheggiati, molti arresti. Il presidente Obama ha invitato alla calma, pur sottolineando
che il problema razziale c'è ancora, eccome. Il
guaio è che, se la gente non va in strada a
spaccar vetrine, nessuno ci fa più caso. La notizia di un poliziotto nervoso che fredda un cittadino, spesso povero, spesso di colore, tiene
banco per poche ore.
Come la storia di sabato scorso a Cleveland, nell’Ohio: Tamir Rice, dodici anni, nero, è stato ucciso dalla polizia in un parco
giochi. Roteava in aria una pistola giocattolo, senza puntarla su nessuno.
E il 29 ottobre a Gretna, in Florida: una madre di colore, col figlio affetto da problemi mentali, chiama la polizia per farsi
aiutare a dargli la medicina.
Arriva un agente, prova a
stordire il ragazzo col taser,
poi lo spinge nel bagno,
chiude la porta e gli spara
tre colpi. Esce dal bagno
e comunica alla madre
della vittima e alla sorella incinta che “aveva
dovuto farlo”.
M
Con Kannou candidata
si è vista un’altra Tunisia
artedì sera,
alle 19.30,
mi
sono
sentita
svizzera. È
raro. Il resto del tempo,
per una questione di
temperamento, vivo in esilio, circondata da vodesi che
mi chiedono - appena le mie
critiche al sistema elvetico
debordano troppo - “Quali sono le
sue origini?” O, peggio: “Se non è contenta, se ne torni a casa sua!” Mi prendono per francese “grande gueule” dall’accento liscio e snob. Mamma era vallesana,
papà è naturalizzato, sono nata a Losanna.
Davanti ad un’edizione eccezionale del
telegiornale di Rts, presentato in diretta
da Ginevra da un’equipe di giornalisti della
Rsi, mi sono sentita a casa. E ho capito il
senso di questo Paese dalle molte facce e
ricco di differenze a volte inconciliabili. Sì,
mi ci è voluto tutto questo tempo per realizzare. Grazie ad un esercizio di brillante
giornalismo nella mia patria.
Non guardo mai il loro “Tg”, mi annoia. Martedì ho scoperto giornalisti
con energia, “punch”, umorismo, rilassatezza, amore e umiltà nel tono di
voce e che osano lasciar trapelare ciò
che sono. Professionisti né contriti, né
imbarazzati, permamentemente con la situazione sotto controllo. Ho letto che questa
operazione di scambio
delle redazioni era intesa “per far cadere gli
steccati e superare i
pregiudizi sull’altra comunità”. Mi spiace, ma Francesca Mandelli è una
bomba (primo cliché), con uno stile ben diverso
dalle donne ingessate della Rts. Mi spiace, ma i
giornalisti ticinesi sono appassionati e politicizzati (secondo cliché), in tutti i loro servizi si respirava lo spirito battagliero di una volta. I romandi
sono seriosi, coscienziosi. “Sii sempre in collera”,
diceva Oriana Fallaci, ripresa in un tweet da Darius Rochebin, superstar di Rts. Martedì alle
19.30 ho sentito battere il cuore della Svizzera.
Ho sentito finalmente
battere il cuore svizzero
COSTANZA SPOCCI
FLORENCE DUARTE
daIl Cairo
daLosanna
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink 35
Il trend. Le unioni miste piacciono.
Coniugi di diverse fedi vanno a nozze.
E le Chiese si aprono ai nuovi costumi
Per i matrimoni
L
in Svizzera
non ci sono più
patria e religione
OMAR RAVANI
a forza dell’amore abbatte
ogni ostacolo. Bè, quasi.
Non conta più la religione,
la razza, il colore della pelle. Ci si conosce, ci si innamora e si finisce col dirsi “sì, per
sempre”. L’amore, inosmma, non ha
più confini. In Ticino, nel 2013, i matrimoni tra svizzeri e stranieri sono
addirittura stati più numerosi di
quelli tra confederati. Sul totale delle
unioni, infatti, 710 erano tra un partner svizzero e uno straniero. In minoranza, 631,le coppie rossocrociate
che si sono scambiate l’anello.
Su scala nazionale le cifre non si
discostano granché dal trend ticinese, anche se le unioni fra svizzeri restano la maggioranza. Sempre nel
2013, su 39.794 matrimoni, circa la
metà riguardava coppie solo svizze-
I “forzati”
I MATRIMONI NEL 2013
In Svizzera
Matrimoni totali
in Svizzera
39.794
Unioni
tra svizzeri
19.517
Unioni tra svizzeri
e stranieri
14.363
Unioni
tra stranieri
5.914
Matrimoni
interreligiosi
7.787
Tasso di fallimento
di matrimoni misti
80%
Durata media di un
matrimonio misto
4-5 anni
Unioni forzate in
Svizzera (denunce)
4 a settimana
In Ticino
Matrimoni
tra svizzeri
631
Matrimoni tra svizzeri
e stranieri
710
Unioni forzate in Ticino
(denunce)
10
Fonte: Ufficio federale e cantonale di statistica
I divorzi
Poco più che bambine L’amore straniero piace,
e obbligate a dire“sì” ma stanca molto in fretta
N
on tutti i matrimoni hanno alla base un solido rapporto amoroso. Sono le unioni forzate, imposti contro il proprio volere, ben
diversi quindi da quelli combinati ai quali i futuri
sposi si possono anche opporre. Quest’anno, in
Ticino, cinque casi certi di matrimonio forzato sono stati scoperti; le ragazze che hanno avuto il coraggio di chiedere aiuto hanno tra i 15 e i 20 anni.
Le loro testimonianze stanno facendo emergere
una diffusione dei matrimoni imposti molto più
ampia di quanto si potrebbe immaginare, mentre
ancora si ricorda con orrore la morte della giovane pakistana di Bellinzona uccisa dal marito dal
quale non le era stato permesso divorziare.
GLI ADDII
Si stima che in Svizzera i matrimoni concorMolte
coppie non dati a tavolino siano qualche centinaio l’anno, la
durano oltre cifra esatta è sconosciuta. Quel che è certo, è che
al centro di consulenza zwangsheirat.ch arrivano
il quinto
anno di vita fino a quattro segnalazioni alla settimana di prein comune
sunti casi di unioni forzate. Per le vittime, praticamente sempre donne, la denuncia è molto difficile, per non dire impossibile. Difficoltà legate
alla tradizione, al senso di appartenenza alla comunità e paura di ritorsioni, sia fisiche che economiche. E per gli stranieri c’è anche il timore di
essere espulsi dalla Svizzera. Spesso il permesso
di soggiorno infatti è legato a quello del coniuge.
La legge svizzera punisce i matrimoni forzati,
sono previste condanne anche sino a cinque anni
di prigione. Per sensibilizzare ulteriormente la
popolazione è stato lanciato il progetto Precofo, i
cui scopi sono proprio l’informazione mirata e la
lotta contro i matrimoni forzati. Un opuscolo, “Io
non voglio”, tradotto in dodici lingue, fornisce
tutte le indicazioni sui servizi a cui rivolgersi per
farsi aiutare.
S
ono le unioni che, alla prova dei fatti,
si rivelano più fragili. Un fenomeno
certificato dai numeri: in 8 casi su 10
gli svizzeri che si sposano con partner stranieri faticano ad arrivare ai cinque anni di
unione. Altro che crisi del settimo anno…
Quali siano le ragioni di così tanti fallimenti non è ancora chiaro. Buona parte,
probabilmente, sono legati ad una sottovalutazione delle differenze culturali nella
coppia. Trascorso l’idilliaco periodo dell’innamoramento, infatti, sovente ci si scontra
con oggettive differenze per usi,
costumi e modi di pensare . Inoltre, molti matrimoni sono celebrati solo con lo scopo di agevolare la procedura per fare ottenere
un permesso di soggiorno ad uno
dei due coniugi. Un sotterfugio
adottato per aggirare le leggi,
sebbene negli anni si siano fatte
vieppiù rigide, proprio per evitare
i cosiddetti “matrimoni di convenienza”.
In passato, infatti, molti svizzeri hanno accettato di convolare
a nozze con un partner straniero
in cambio di un compenso in denaro. Giusto il tempo per ottenere un permesso di
soggiorno.
Contro questo “mercato dei matrimoni”
sono state introdotte pene più severe, con
condanne anche molto pesanti per chi fa il
furbo e cerca di aggirare la legge. Oltre,
naturalmente, all’espulsione della persona
straniera.
re, mentre sono state 14.363 le cerimonie in cui uno dei due coniugi non
aveva il passaporto elvetico. Gli altri
seimila matrimoni circa hanno coinvolto coppie in cui tutti e due i coniugi erano stranieri.
Le unioni interreligiose, ad esempio tra cattolici e protestanti o tra
cattolici e altre confessioni, nel 2013
sono state 7.887 e dimostrano i passi
avanti fatti tra le diverse fede. “La
nostra è una chiesa aperta ai matrimoni misti – osserva Abramo Unal,
parroco della confessione siro-ortodossa in Ticino -. E il riultato di una
buona integrazione si vede anche in
questo campo”. Popolo originario
della Mesopotamia e oggetto di durissime persecuzioni che continuano
ormai da diverso tempo, gli Aramaici
sono giunti in Ticino una cinquantina
di anni fa. “Siamo ormai alla terza
generazione e un paio di queste sono
già nate e cresciute qui – continua
Padre Unal -. Siamo parte integrante del tessuto
sociale locale a tal
punto che i matrimoni misti sono
ormai divenuti la
regola. Inoltre, i
rapporti con la
Chiesa cattolica
sono così buoniche i rispettivi
culti sono accettati senza alcun
problema”.
Nelle chiese
ticinesi le porte
sono aperte anche alle celebrazioni della Chiesa
d’Antiochia.
“Pensi che per il
2015 ho già in
previsione di celebrare una mezza dozzina di matrimoni tra cattolici romani e siroortodossi – dice
soddisfatto Unal . Questi culti, in
particolare quando sono presenti i
preti delle due
confessioni, sono
molto affascinanti. E la festa che
segue è davvero
unica”.
Ben
accolta
Corbis
davanti all’altare
anche un’altra importante comunità
d’immigrati, quella serbo ortodossa,
che ha mosso i primi passi negli anni
Novanta, durante la guerra nei Balcani. “I matrimoni misti sono in continua crescita, soprattutto negli ultimi anni – conferma Djordje Lukic,
parroco della Chiesa serbo-ortodossa
in Ticino -. Almeno una mezza dozzina l’anno. Mentre fino a qualche anno fa praticamente tutti i matrimoni
si svolgevano in Bosnia o in Serbia,
perché gli sposi erano della stessa
comunità. Poi, anche grazie alle nuove generazioni, le unioni con i cattolici sono aumentate, sino a diventare, come oggi, una consuetudine. Significa che i nostri popoli si stanno
integrando sempre di più, pur rispettando e accettando le differenze”.
Tuttavia, le unioni con altre fedi,
come quella musulmana o quella
ebraica
restano
ancora un tabù.
“In entrambi i casi
non è prevista la
possibilità di celebrare un rito religioso se prima uno
dei due coniugi
non si converte”,
osserva Abramo
Unal.
Insomma, tra
le differenti fedi
molti muri sono praticamente caduti.
Ma un lungo cammino resta ancora
da compiere per riuscire ad avvicinare del tutto le diverse confessioni religiose. I retaggi di conflitti millenari
sono tuttora presenti e le ferite non
ancora del tutto rimarginate.
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Colore esterno: argento met., Anno da: 2011,
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Diesel, CV: 143, Prezzo: CHF 25’500.-.
Colore esterno: marrone met., Anno da: 2014,
Chilometraggio: 4940 km, Carburante: Diesel,
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24 anni
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
l’età media
di chi twitta
500
278
milioni
i tweet inviati ogni giorno
nel mondo nel 2013
mila
i messaggi scambiati
ogni minuto
VACANZE INVERNALI 1958
Dal prossimo numero del Caffè,
quello del 7 dicembre, in tre
puntate, il primo racconto
inedito di Laura Pariani con le
illustrazioni di Marco Scuto
I numeri di
Twitter
milioni
117
gli utenti che
38
twittano e creano
contenuto
248
milioni
gli utenti attivi
nel 2014
EZIO ROCCHI BALBI
T
utti, ma proprio tutti. Ogni cinguettio
che abbiamo emesso dal 2006 ad oggi
è lì, da qualche parte, custodito per
sempre. Dal primo all’ultimo tweet.
Inutile chiedersi come farà Twitter - il
social network che permette di dire tutto quello
che vogliamo, basta lo si faccia con non più di 140
caratteri - a custodire, e restituirci, i nostri vecchi
messaggi. Soprattutto ripescandoli in un archivio
che, ogni settimana, cresce di diversi miliardi di
tweet. Ma è così, la ricerca dei vecchi cinguettii
non sarà più un problema da quando il microblogging creato dalla Obvious Corporation di San
Francisco ha annunciato di aver indicizzato tutti i
tweet pubblici, rendendoli disponibili con la funzione di ricerca.
Una notizia che ha fatto la gioia di legioni di
teenager, che avranno la possibilità di recuperare
la “memoria storica” di una loro love story fin dal
primo vagito, anzi cinguettio. Che probabilmente
diventerà una miniera d’informazione per i linguisti, che da anni studiano il lessico dei social e
di come esso stia trasformando l’uso degli idiomi
al punto che molti la considerano una “lingua” a
sè. Nello stesso tempo, però, susciterà non poco
imbarazzo per chi ha affidato all’uccellino azzurro
- politico, manager sportivo, personaggio dello
spettocolo che sia - delle autentiche corbellerie.
Nulla verrà dimenticato, dalla battuta infelice alla
dichiarazione di cattivo gusto, dalla promessa mai
esaudita al pronostico clamorosamente smentito,
dalla dichiarazione d’amore eterno al vero e proprio insulto. Insomma, il diritto all’oblio non nidifica sulla piattaforma del social. “Ed è una cosa
che tutti tendono a dimenticare: tutto quello che
affidiamo al web, foto e commenti, da qualche
parte rimane, per sempre, pronto a riaffiorare speiga Philippe Bolgiani, esperto informatico incaricato cantonale della protezione dei dati -. E
Il web. Nessun diritto all’oblio per i miliardi
di messaggi espressi in 140 caratteri e affidati (anche
incautamente) al social network Twitter dal 2006
Dal primo all’ultimo
tutti i tuoi cinguettii
in gabbia per sempre
vale per tutti i social network, soprattutto per Faceboook dove veramente sembra che nessuno capisca che tutto quello che si pubblica, incluse le foto un po’ brilli ad
una festa, diventano immediatamente ‘curriculum’. Il diritto
al’oblio esiste per la legge, e anche
una speciale commissione dell’Unione europea sta cercando di
porre dei paletti, ma per il web è
una parola senza alcun senso”. Secondo Bolgiani, è già una fortuna
che vent’anni fa, quando tecnicamente c’erano problemi di spazio
negli archivi digitali, probabilmente
i vari provider non custodivano tutte le mail: “Altrimenti oggi che lo
spazio d’archiviazione è infinito ci ritroveremmo
tutta la nostra corrispondenza elettronica”.
Inevitabilmente, quindi, il microblogging oltre
ad aver aggiunto la ricerca dei contenuti in tempo
IL TRIONFO DEGLI HASHTAG
Gli argomenti trattati con gli
hashtag sono diventati esempio
di “giornalismo” partecipativo
reale, darà la possibilità di recuperare dall’archivio di tutto. Si può già immaginare il disappunto
del presidente Usa Barack Obama, che si vedrà
rinfacciata la sua promessa, twittata già al primo
mandato, di assicurare a tutti l’”health care”, l’assistenza sanitaria pubblica. E scendendo di livello
impazza già sulla rete una delle tante perle inanellate online dalla cantante pop Lady Gaga che,
appena arrivata in Thailandia in un suo vecchio
tour, cinguetta: “Sono appena atterrata a Bangkok, non vedo l’ora di comprarmi un Rolex falso”.
Ma più che i “vaffa” gratuiti o le insospettabili
dichiarazioni politicamente scorrette di cui abbiamo avuto abbondanti esempi anche in Ticino,
l’enorme archivio dei post di oltre mezzo miliardo
di iscritti messo a disposizione da Twitter ha riportato alla ribalta una verità che spesso si dimentica: ciò che scriviamo e pubblichiamo online
rivela tutto di noi, gusti, spostamenti, acquisti,
menù e tendenze sessuali incluse. Ci autodisegnamo addosso un bersaglio; il target ideale per
qualsiasi azienda. “Tutti questi social e
le app collegate sono gratuiti - ricorda
Bolgiani - e non posso che condividere il
detto: se il servizio è gratis la merce in
vendita siamo noi. È ovvio che i social,
da Twitter a Pinterest, da Facebook a
Linkedin, sanno tutto di noi e sanno anche a chi vendere le informazioni che ci
riguardano”. Se poi siamo noi stessi,
con un tweet, un post, una foto ad ingrossare l’enorme archivio di big data...
“Beh, in fondo questa cosa di recuperare
un vecchio tweet può pure essere utile,
è come recuperare un bel ricordo che si
credeva perduto, una bella frase, ma
importante è sapere il prezzo che paghiamo. Forse
sarebbe meglio riflettere un po’ prima di cinguettare qualsiasi cosa”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
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L’iniziativa. Due storie scritte per i lettori
del nostro domenicale da un’autrice italiana
di successo. Alla ricerca di quello che non c’è più
Tra lago e montagne d’inverno
i racconti di Pariani per il Caffè
RENATO MARTINONI
L
aura Pariani è una
delle autrici più note, lette e amate in
Italia e anche all’estero, dove è stata
spesso tradotta. Forse anche
perché, al di là dei suoi meriti
indubbi e riconosciuti nella
scrittura, dove la lingua della
tradizione colta si mescola
spesso e volentieri al dialetto
della geografia sentimentale,
è attiva da oltre un ventennio
nel fumetto, nel teatro, nella
pittura e nel cinema. È insomma una “creativa” a tutto
campo, sempre curiosa e avida di novità, spesso inquieta e
desiderosa di fare nuove esperienze.
Lombarda di nascita, vive sul
Lago d’Orta che ha trasformato, oltre che in un “buen retiro” dove poter lavorare in santa pace, in un luogo di passaggi reali e di incontri immaginari. Incontri con i vivi e pas-
Il lago, le montagne e l’inverno scandito dalle vacanze
natalizie. Il tutto, con un pizzico di soffice nostalgia,
nell’atmosfera ovattata dei ricordi. È il filo conduttore
che accompagna i due racconti inediti, scritti da Laura
Pariani per i lettori del Caffè, e che pubblicheremo
nell’ultima pagina a partire dal prossimo numero. Con
questa edizione, infatti, termina la comedy noir
“341/bis” di Anoymous.
Protagonista delle nuove storie è Lilia, una bimba
saggi di morti (vagabondi,
viaggiatori, intellettuali) di
cui ama cercare le tracce per
fissarle in un proprio album
sentimentale e narrativo. Si
definisce “una che inventa
storie” e dice di farlo, oltre
che per il piacere di raccontare con la voce prima che con la
penna, un gusto particolarmente caro alla cultura popolare, per combattere contro il
tempo che fugge veloce e per
cercare di ritrovare quello che
non c’è più. Considera insomma la scrittura come un’occa-
che sa trasformare la realtà che la circonda in un piccolo mondo di fantasia. Un universo parallelo in cui la
nebbia e l’umidità che salgono dal lago non trovano
ospitalità e riccamente popolato di personaggi fantastici. Personaggi e situazioni a colori. Non come quelli, in
bianco e nero, che le tengono compagnia nel primo racconto “Vacanze invernali 1958”, dove non bastano le
merende preparate da nonna Martina a scacciare la solitudine. Meglio, molto meglio la compagnia degli amici
sione per dialogare, oltre che
con i propri lettori, con i ricordi e soprattutto con i propri
fantasmi. Ha esordito nei primi anni Novanta e da allora
non si è mai più fermata, pubblicando parecchi romanzi (La
signora dei porci, Rizzoli
1999; Quando Dio ballava il
tango, Rizzoli 2002; L'uovo di
Gertrudina, Rizzoli 2003; Dio
non ama i bambini, Einaudi
2007; La valle delle donne lupo, Einaudi 2011; Il piatto dell’angelo, Giunti 2013; Nostra
signora degli scorpioni, Selle-
LAURA PARIANI
La scrittrice italiana, 63 anni,
vive e lavora ad Orta
della tv dei ragazzi, Rin Tin Tin, Zorro, Tarzan... Le fantasie di Lilia, due anni più grandicella, si mescolano con
le locandine del film nel racconto successivo, “Tentazioni d’inverno”, dove non c’è solo il freddo, la neve e il
buio ad opprimere le giornate. Bisogna evadere dai sermoni del parroco, che evoca incomprensibili tormenti
della carne, e dalle filippiche di suor Celesta coi suoi
occhiuti angeli custodi. Meglio, molto meglio le luci
della ribalta promesse dal cinema Lux.
e.r.b.
rio 2014, con Nicola Fantini).
Il mondo narrato dalla scrittrice oscilla fra due realtà che a
volte si incontrano: l’Italia padana e contadina, con tutto il
suo armamentario di credenze, di detti, di magie, di saggezze dialettali, e il Sudamerica sterminato, vergine e misterioso dell’emigrazione italiana.
La Pariani è cresciuta in un
mondo ancora ancestrale, a
stretto contatto con la terra e
le sue voci, con l’assenza dolorosa e inquietante di un
nonno partito per l’Argentina
senza lasciare alcuna traccia
dietro di sé. Ecco un motivo in
più per andare alla ricerca,
grazie al potere taumaturgico
della parola, di quello che era
stato e di ciò che sarebbe potuto essere. E vale per lei, assai più che per altri, forse,
l’idea di una scrittura che aiuta a conoscere, a capire, a elaborare e a guarire le angosce e
le ferite della vita, a ritrovare
quello che è andato perduto, a
combattere la solitudine e magari la disperazione.
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Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
L’ALBERGHERIA
GastroDiritto
Per Natale “La selezione di Luca Merlo”
Quando il sale diventa regalo prezioso Gli statuti di un’associazione
Il sale è uno degli alimenti più diffusi a
livello mondiale e la sua storia affonda
le proprie radici nell’antichità. Al sale,
considerato un tempo un articolo di lusso, sono legati rituali, credenze e simbolismi sia per il
suo aspetto che rimanda alla
purezza, sia per le sue proprietà di conservazione, disinfettanti e cicatrizzanti. Il
sale esorcizza il male, è simbolo di amicizia, fedeltà e
saggezza, e la mancanza di sale era
considerata come un cattivo auspicio. Il
sale, quindi, non insaporisce solo le
pietanze, ma tutta la nostra vita. Forse
sarà anche per questo che lo chef Luca
Merlo ha pensato di coronare la sua
passione con un nuovo progetto. Specializzato nel sapiente ed equilibrato
utilizzo dei sali, lancia infatti la “Selezione di Luca Merlo” per condividere con i
gourmet il piacere del convivio e per
dare, come detto, più sale alla nostra
quotidianità. Ecco quindi una linea di
otto sali, tutti del Jura, aromatizzati con
ingredienti particolari e proposti in eleganti scatole o in vasetti singoli confezionati e distribuiti dalla TiPack di Agno
(091 930 67 57). Tutte le associazioni devono avere degli statuti se vogliono
acquisire cosiddetta personalità giuridica. Questo vale per le
associazioni sportive, ludiche, culturali, ecc., e pure per quelle legate ai datori di lavoro quali la GastroTicino.
Gli statuti sono delle regole interne che si aggiungono a quelle delle leggi vigenti, in particolare al codice civile svizzero
(CCS). Ne sono di principio vincolati tutti i soci i quali, aderendo all’associazione, riconoscono anche il valore degli statuti.
E sono gli statuti medesimi che ci spiegano come fare se si
vogliono proporre o decidere delle revisioni.
Il contenuto degli statuti è assai disparato. Di regola contengono gli scopi, le condizioni per diventare socio (o per uscire),
le competenze degli organi e le modalità decisionali per fare
funzionare l’associazione.
Quindi, ogni tanto leggerli non guasta….
m.g.
Il 5 e 6 dicembre tradizionale raccolta fondi con una novità, l’associazione per le malattie genetiche rare
INVITO ALLA
GENEROSITÀ
Testimonial
della
campagna:
Christa
Rigozzi, Aaron
ed Emilie
Aiutare
Telethon
tutti assieme
Più presente, attiva e vicina ai malati e ai loro familiari: quest’anno c’è una ragione in più per sostenere la tradizionale
iniziativa, che la Fondazione Telethon Azione Svizzera organizza, il 5 e 6 dicembre per aiutare le persone colpite da malattie genetiche rare come le miopatie, la mucoviscidosi, la
neurofibromatosi, la sclerosi laterale amiotrofica. Tutte patologie invalidanti, i cui nomi e i cui effetti sono spesso sconosciuti al grande pubblico, ma che, purtroppo, hanno pesanti
ripercussioni sulla qualità di vita dei malati e su quella dei loro familiari. Dallo scorso mese di settembre è infatti attiva la
nuova Associazione Malattie Genetiche Rare Svizzera Italiana (Mgr): nata anche grazie al sostegno della Fondazione Telethon, la nuova associazione si prefigge di divenire un punto
di riferimento per tutte le persone residenti nella Svizzera Italiana affette da malattie neuromuscolari genetiche rare o da
altre malattie genetiche rare; un punto di riferimento anche
per i familiari, offrendo loro un sostegno concreto e in loco,
seguendoli nel tempo, ma anche facendo fronte in modo efficace e rapido alle situazioni di bisogno immediato. Tutto
questo s’inserisce negli obiettivi della Fondazione Telethon
che, oltre a promuovere una politica di sensibilizzazione nei
confronti di queste malattie, ha finanziato e continua a finanziare in Svizzera progetti di ricerca innovativi nel campo della
medicina e delle terapie, incentivando sia la ricerca di base,
sia quella clinica, nonché progetti di aiuto sociale concreti e
mirati. E proprio in quest’ultimo ambito la Fondazione Telethon ha potuto e voluto sostenere finanziariamente la realizzazione di un progetto dall’alto contenuto sociale e anche
medico-scientifico, che ha portato appunto alla creazione
della Mgr.
Il Comitato direttivo della Mgr è composto da un team di professionisti che conosce bene la situazione a sud delle Alpi in
questo specifico campo e che si è posto una serie di obiettivi
chiari per rispondere efficacemente ai bisogni di chi è colpito
da tali patologie; altre informazioni su malattierare.ch.
“La collaborazione con Telethon - sottolinea il presidente
della Mgr Claudio Del Don - per noi è vitale; pensiamo anche
che operare “a braccetto” permetterà di mostrare, con ancora maggior trasparenza, come i fondi raccolti grazie alla generosità della popolazione della Svizzera Italiana sono utilizzati direttamente a favore degli ammalati residenti nella nostra regione linguistica”.
“Come medico neurologo del Centro Myosuisse, che si occupa quotidianamente di pazienti colpiti da patologie neuromuscolari rare o da malattie genetiche rare di pertinenza
neurologica - precisa la dottoressa Monika Raimondi, vice
presidente della Mgr - sono confrontata con le numerose e
complesse problematiche che affliggono questi ammalati.
Sono dunque profondamente convinta del bisogno, nella
Svizzera Italiana, di un’associazione dedicata a tutti questi
pazienti”.
“Finalmente c’è un’associazione - con sede direttamente
nella Svizzera Italiana - che può prendere a carico i malati
con malattie genetiche rare di tipo neuromuscolare, estendendo inoltre la propria attività anche a coloro che sono colpiti da altre malattie genetiche rare e che sinora non avevano alcuna associazione di riferimento”, osserva soddisfatta,
dal canto suo, Monica Duca Widmer, vicepresidente del Consiglio di fondazione della Fondazione Telethon e presidente
del Comitato di Telethon della Svizzera Italiana.
Per questo motivo anche GastroTicino sostiene (e invita i soci a sostenere) la Fondazione. Fondazione che ringrazia tutti
coloro i quali l’aiutano con generosità. Ricordiamo che è
possibile effettuare donazioni tutto l’anno: online sul sito www.telethon.ch; sul ccp 10-16-2; al numero verde 0800
850 860; con un sms al numero 339, digitando TELETHON
SI + importo di vostra scelta.
IRAGNA All’Osteria del Ponte la simpatia genuina di Mauro Sinigaglia e dopo cena relax in cantina Tra le cave di granito uno chef che incanta
Rigore, semplicità, creatività, simpatia. Sono
solo alcuni degli aggettivi che dipingono
Mauro Sinigaglia, chef dell’Osteria del Ponte
a Iragna, sempre alla ricerca della qualità. Il
locale si trova a pochi chilometri dall’uscita
autostradale di Biasca, proprio nel cuore delle famose cave di granito della Riviera. Nella
bella stagione ci si può accomodare sotto la
pergola, mentre nei mesi freddi è un piacere
pranzare o cenare nella sala, capace di accogliere una trentina di commensali, dove tutto
è curato nei dettagli. L’unica cosa da fare per
CLASSE E QUALITÀ
Con Mauro piatti curatissimi e
sapori stagionali sempre differenti
lasciarsi coccolare dallo chef, è ricordarsi di
prenotare, per non correre il rischio di perdere i manicaretti di Mauro.
Lo chef propone ogni giorno piatti diversi e la
scelta migliore è, quindi, quella di affidarsi ai
suoi consigli per gustare, specie alla sera,
menu gastronomici che superano anche le 8
portate. Un viaggio tra gusti e sapori raffinati,
che non si sa mai dove ti porta, ma ogni meta
raggiunta appaga e riconcilia con la vita.
La cucina - creativa e molto curata nella presentazione - è di tipo mediterraneo con ac-
centi internazionali e del territorio, molto attenta alla stagionalità e freschezza dei prodotti. Da non perdere è la carne (frollatura e
taglio sono perfetti) e in stagione la selvaggina.
Dopo pranzo o dopo cena, si può scendere
nelle tipiche cantine a volta, con salottini, dove si raggiunge l’apoteosi sorseggiando un
distillato o uno dei molti vini che arricchiscono l’Osteria del Ponte.
Una sosta da Mauro è un’emozione che si ha
sempre voglia di rivivere. a.p.
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Vendesi Ristorante Pizzeria nel luganese, caratteristico,
in ottime condizioni, con inventario. Parcheggio privato.
Solo seri interessati scrivere a cifra.
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Per dare risalto alle notizie dei soci e
a quelle che possono incuriosire
clienti e lettori, ecco un nuovo sistema di comunicazione. Scaricando
con un qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei Qr-code
e facendo la scansione del Qr-code
che vedete in questo articolo, sarete
indirizzati sul sito di GastroTicino.
Troverete il simbolo del Qr-code e
potrete cliccare sulla notizia per leggere questa settimana:
> San Pellegrino Young Chef 2015 competizione inedita aperta ai giovani talenti
GastroLugano organizza
la cena sociale e natalizia
GastroLugano organizza la propria cena sociale natalizia lunedì 15 dicembre alle 19.30 all’Hotel Splendide Royal di Lugano. Costo serata,
tutto compreso, 120
chf. Per questioni organizzative le iscrizioni (indispensabili) sono da inoltrare entro
il 5 dicembre al Segretariato, telefonando al numero 091 961
83 11. Ricca lotteria gratuita.
Giornata dei cuochi con la Gilda
il 7 dicembre a Locarno
La Gilda svizzera dei ristoratori cuochi si mette ai fornelli a favore delle persone affette dalla sclerosi multipla. Domenica 7
dicembre 2014 dalle ore 11.30, in
Piazza Grande a Locarno, i cuochi ticinesi della Gilda prepareranno risotto e
luganighe. Con ogni porzione del risotto della Gilda, sosterrete le persone affette da sclerosi multipla e altri istituzioni benefiche regionali.
presenta:
SCEF 045
POMERIGGI INFORMATIVI
MESTIERI ALBERGHIERI 2014-15
GastroTicino, in collaborazione con GastroSuisse e hotelleriesuisse, offre la possibilità di partecipare a dei pomeriggi informativi di porte aperte, dalle ore 14.00-16.30/17.00, per
ricevere informazioni sui mestieri alberghieri di cuoco/a, impiegato/a di ristorazione, impiegata d’albergo, impiegato/a di
commercio nel ramo alberghiero e impiegato/a di gastronomia standardizzata Afc.
I pomeriggi informativi in programma sono:
3 dicembre 2014
Hotel Benjaminn, Monte Carasso
28 gennaio 2015
Hotel Tresa Bay, Ponte Tresa
25 febbraio 2015
Hotel Internazionale, Bellinzona
Durante ogni pomeriggio saranno illustrate tutte le possibilità
di formazione e carriera nel settore. L’incontro si concluderà
con un rinfresco a base di bibite analcoliche e piccoli snacks.
I posti sono limitati. Per iscriversi alla giornata gratuita, gli interessati possono chiamare il numero 091 961 83 11.
SICUREZZA “PECOS”
Obiettivi
conoscere la “soluzione settoriale alberghiera e della ristorazione” per adempiere gli obblighi di legge che ogni datore di
lavoro ha in merito alla sicurezza sul posto di lavoro e la tutela della salute.
Programma
sulla base della documentazione della soluzione settoriale alberghiera e della ristorazione, approvata dalla Cfsl, Commissione federale di coordinamento per la sicurezza sul lavoro,
viene spiegato il procedimento per essere in grado di applicare la soluzione settoriale nel proprio albergo o ristorante.
Insegnante
Ida Puricelli, ingegnere in sicurezza e specialista in protezione antincendio
Data e orario
5 dicembre 2014, 08.30-12.00 e 13.00-16.00
Costo
Chf 340.00 soci / Chf 380.00 non soci (incluso il manuale
sulla sicurezza)
SENSIBILIZZAZIONE AL FENOMENO
DELL’ILLETTERATISMO
MODULO FORMATIVO SULL’ANALFABETISMO
DI RITORNO
Obiettivi
sensibilizzazione al fenomeno dell’analfabetismo di ritorno
fornendo conoscenze teoriche e pratiche sull’illetteratismo,
che possano permettere la gestione, nel ruolo di mediatore,
di persone con gravi lacune nelle competenze di base (lettura, scrittura e calcolo), consigliando nello specifico i percorsi
formativi di recupero di tali competenze.
Insegnante
Silvana Spinetti, responsabile di progetto per la Svizzera italiana
Data e orario
9 dicembre 2014, 09.00-12.00 o 14.00-17.00
Costo
gratis
LEGUIDE
Pagina a cura di
Ferrovie Federali Svizzere
GLIITINERARI
Maggiori informazioni
Bellinzona: +41 51 227 62 42 [email protected]
Locarno: +41 51 221 52 40 [email protected]
Lugano:
+41 51 221 56 67 [email protected]
orari lu – ve 09.15-13.00 / 14.00-18.00
sa 09.15-13.00
Il racconto Intervista a Silvia Kern, dell’Agenzia viaggi Ffs
di Winterthur, al rientro dalla sua interessante “escursione”
Transiberiana...
come farsi cullare
da un treno
Nessun hotel ti culla e ti offre quello che trovi
sulla transiberiana. La più lunga e più famosa linea ferroviaria del mondo, che con un
viaggio fantastico ti porta dall’Asia all’Europa. Ma la Transiberiana è molto di più di un
treno…
Al momento della riservazione del viaggio vi è la
scelta tra 5 categorie. Da vetture confort con ogni
servizio a vetture dal tocco più nostalgico. Da
scompartimenti privati a quelli con più cuccette. In
ogni caso è garantito un viaggio comodissimo nel
corso del quale il treno diverrà la vostra casa. Il costante ritmo del treno col tempo vi rilassa e vi fa
sentire come in una magnifica culla.
Signora Kern, le sue prime impressioni dopo dieci giorni in treno?
Il viaggio è stato straordinariamente variato ed ogni giorno era previsto un interessante programma - anche al
di fuori del treno. Come ad esempio visite turistiche di
città accompagnate da una guida locale, reportage via
radio di bordo sulla regione e sulla gente del posto, un
corso di russo oppure una sfiziosa degustazione di Vodka.
Un viaggio per i nostalgici della ferrovia?
Chi desidera vivere l’autentica esperienza “in stile zar
dei tempi passati”, prenota la categoria “nostalgia“ caratterizzata da moderni vagoni in stile “vecchi tempi”.
Tutti i viaggiatori rivivono però l’atmosfera nostalgica nei
vagoni ristorante, che sono arredati con molto charme.
A livello culinario che cosa bisogna aspettarsi a
bordo?
Gli ospiti rimarranno estasiati dall’eccellente cibo. La
cucina è molto variata e tutti i piatti sono preparati con
cura sul momento. Inoltre sono accolte richieste particolari, come i piatti per vegetariani oppure per le persone con allergie. Acqua, tè e caffè sono disponibili a discrezione.
Com’è il servizio di bordo?
I due controllori presenti a bordo parlano principalmente
russo, ma nonostante ciò riescono comunque a comunicare con gli ospiti. Se con i gesti non ci si riesce a capire, c’è sempre l’aiuto della guida turistica. Il personale
è molto premuroso ed è pronto a soddisfare ogni richiesta. Quando siamo rientrati da una breve passeggiata
nel deserto del Gobi con le scarpe piene di sabbia, il personale del treno era già pronto con una spazzola. Per
tutto il viaggio c’è inoltre un medico a disposizione degli
ospiti.
Chi viaggia sull‘Oro degli Zar?
Sul treno si incontrano coppie, viaggiatori individuali, giramondo e persone che festeggiano il loro compleanno,
il pensionamento, il matrimonio o qualcosa di speciale.
Chi viaggia volentieri comodo e chi è pure un po’avventuroso; per tutti questo viaggio resterà a lungo una bellissima esperienza.
Personalmente, che cosa l’ha entusiasmato di
questo viaggio in treno?
La transiberiana ”Oro degli Zar“ è un sogno che si è avverato. È un’esperienza unica, fatta di regioni e culture
che mutano da Pechino fino a Mosca. Mi ha inoltre affascinato l’eccellente organizzazione della guida di viaggio, che quasi tutti i giorni ci preparava una sorpresa.
Programma di viaggio
Treno speciale
“Oro degli zar”
Data di viaggio:
01.08.2015 – 16.08.2015
Itinerario: Zurigo - Pechino deserto del Gobi, Ulan Bator
(Mongolia) - Valle della
Selenga, Lago Baikal - Irkutsk Novosibirsk - Ekaterinburg
(Urali) - Kazan - Mosca - Zurigo
Richiedete al più presto il flyer
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Bellinzona, Locarno e Lugano
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink
42
Le religioni. Il pontefice e l’imam pregano
insieme. E ricordano che il terrorismo non
si sconfigge solo con la forza e l’uso delle armi
Il dialogo interreligioso in una moschea
Con il viaggio del papa in Turchia si riaccende una nuova speranza di pace
N
on sono solo le armi ad uccidere e non
si può combattere le armi solo con più
armi”. La tre giorni di papa Francesco
in Turchia (da venerdì a quest’oggi, domenica) , un Paese in cui più del 97%
dei suoi 76 milioni di abitanti sono musulmani e i
cattolici a malapena 0,07%, ha assunto fin dall’arrivo di Bergoglio ad Ankara, un chiaro contenuto
politico. Durante il suo incontro con il presidente
Recep Tayyip Erdogan - che ha riservato al pontefice un’accoglienza mediatica travolgente - il papa
ha subito criticato il ricorso ad una “mera risposta
militare” nella lotta al terrorismo che il sedicente
Stato islamico (Isis) ha scatenato in Siria e Iraq.
Il concetto è stato poi perfezionato in un incontro pubblico con i capi della Diyanet, la più alta autorità religiosa in Turchia: “La violenza che cerca
una giustificazione religiosa merita la più ferma
condanna”. Tutti si son detti d’accordo, Erdogan
compreso, ma il capo religioso della Diyanet, Mehmet Gormez, ha fatto subito capire che l’unanimità anti-integralista è un illusione: “I fondamentalisti che parlano a nome di Dio sono parte del problema - ha ricordato -, ma la situazione attuale è
colpa di tutti”.
Il desiderio di Francesco era di visitare uno
qualsiasi dei campi profughi allestiti al confine con
Iraq e Siria, ma constatandone l’impossibilità, ha
voluto diventare portavoce della loro sofferenza.
“La situazione umanitaria è angosciante - ha detto
Bergoglio-, ed è particolarmente preoccupante che
intere comunità, soprattutto, ma non solo cristiani
e yazidi curdi, hanno sofferto e continuano a soffrire la violenza disumana a causa della loro identità
etnica e religiosa. Sono stati costretti ad abbandonare le loro case, hanno dovuto lasciare tutto per
salvare le loro vite e non rinnegare la fede. Con violenza ci si è accaniti su edifici sacri, monumenti,
simboli religiosi e del patrimonio culturale, come
per cancellare ogni traccia, ogni ricordo”.
Se ieri, sabato, il programma ufficiale del papa
a Istanbul prevedeva, oltre alla visita alla Basilica
di Santa Sofia, la Moschea Blu, e un incontro privato con il Patriarca Bartolomeo I, a suscitare reazioni è stato soprattutto, coi rappresentanti delle
diverse religioni, la richiesta di Francesco di un
dialogo interreligioso “che può dare un importante
contributo per porre fine a tutte le forme di fondamentalismo e del terrorismo”. Mentre si celebrava
la santa messa nella delegazione apostolica, Erdogan ha lamentato l’esistenza di una campagna globale contro l’Islam “che provoca islamofobia e ferisce milioni di persone”. Gormez ha ribadito la responsabilità condivisa e ha attaccato Israele: “Le
azioni contro l’Islam passeranno alla storia come
episodi vergognosi".
e.r.b.
reuters
Reuters
L’appello
“I cristiani in Oriente
devono continuamente
cercare il confronto”
FRANCESCO ANFOSSI
Reuters
L
IL MUSEO
Nella sua tre giorni in
Turchia papa Francesco
ha visitato il museo Santa
Sofia, uno dei luoghi
simbolo del Paese
a visita di papa Bergoglio in Turchia si carica di significato soprattutto alla luce del punto di partenza: Strasburgo. Dopo un viaggio lampo
nella sede del Parlamento europeo eccolo volare ad Ankara ed Istambul. Padre
Antonio Spadaro, il gesuita direttore di
Civiltà Cattolica, appassionato di comunicazione digitale, che sta seguendo il
suo viaggio, con un tweet parla di ‘compasso Bergogliano’. “Non è possibile,
per papa Francesco, capire il centro senza andare in periferia e viceversa - aggiunge -. Non è affatto casuale la sua
agenda di viaggi: l’Albania, poi l’Europa, poi la Turchia, la porta sull’Oriente,
il più grande Paese musulmano non arabo. C’è nel papa una tensione, direi una
dialettica costante tra la periferia del
mondo (e Lampedusa, la sua prima visita, è la periferia delle periferie) e il cuore dell’Occidente”. Come dire che per
affrontare le nuove sfide della globalizzazione centro e periferie, i primi e gli
ultimi della civiltà, si devono tenere insieme.
In Turchia periferia dell’Occidente
(ma anche dell’Oriente) la Chiesa cattolica è ridotta a un lumicino. “I cristiani”,
dice Bergoglio ad Ankara nell’incontro
con i rappresentanti religiosi e i padri
gesuiti in nunziatura, “vivono un laboratorio di fede. Qui la presenza dei cristiani è come un seme da annaffiare”.
Ma il viaggio in Turchia va spiegato anche alla luce del dialogo instaurato dal
pontefice con le altre religioni del mondo, a cominciare dalla Chiesa dei “fratelli separati” orotodossi e dei musulmani, proprio per cercare la pace e so-
prattutto allontanare le pulsioni dell’islam radicale feroce, come quelle del
califfato dell’Isis. “In questo i cristiani,
pur essendo una presenza minima nel
Vicino Oriente, hanno la grande missione di cercare costantemente il dialogo,
anche per evitare il martirio dei loro fratelli in Iraq e in Siria”, ci dice padre
Pierbattista Pizzaballa, il francescano
custode della Terra Santa a Gerusalemme.
Quella di Papa Francesco è alla stregua di una visita umanitaria. Ad Ankara
e a Istanbul, sede del patriarcato più
rappresentativo della Chiesa Ortodossa,
il suo cuore e la sua mente sono oltre
frontiera, verso le comunità cristiane
oppresse e perseguitate dall’Isis, lo Stato canaglia che sta compiendo un vero e
proprio genocidio in nome di Allah. “In
qualità di capi religiosi, noi non possiamo tacere, noi abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità
e dei diritti umani”, dichiara quasi solennemente Francesco a colloquio con
Mehmet Gormez, presidente della Diyanet, la più alta Autorità religiosa islamica sunnita in Turchia.
L’ansia per quelle terre di martiti cristiani è espressa anche davanti al presidente turco Erdogan: “Veramente tragica è la situazione in Medio Oriente, specialmente in Iraq e Siria”, gli dice. “Tutti
soffrono le conseguenze dei conflitti e la
situazione umanitaria è angosciante.
Penso a tanti bambini, alle sofferenze di
tante mamme, agli anziani, agli sfollati
e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo.
Particolare preoccupazione desta il fatto
che, soprattutto a causa di un gruppo
estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i
cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa
della loro identità etnica e religiosa”.
Francesco si ricollega idealmente alla grande riunione delle autorità religiose di Assisi voluta da papa Wojtyla nel
2002, proprio per sventare nel mondo la
tentazione di uno scontro di civiltà, come teorizzava lo storico Huntington.
“Ma oggi una nuova Assisi, sarebbe inutile e prematura” è la convinzione di padre Pizzaballa, “meglio lavorare sul terreno degli incontri e del dialogo costante”.
Non basta la denuncia, dice infatti
papa Francesco a Istambul, ma le religioni hanno la responsabilità di lavorare
per una pace concreta. Il papa preferisce sottolineare i caratteri comuni che
gli elementi di separazione (per l’Islam
Gesù è uno dei profeti) : “Noi, musulmani e cristiani, siamo depositari di inestimabili tesori spirituali, tra i quali riconosciamo elementi di comunanza, pur
vissuti secondo le proprie tradizioni:
l’adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l’elemosina, il digiuno... Elementi che, vissuti in maniera sincera,
possono trasformare la vita e dare una
base sicura alla dignità e alla fratellanza
degli uomini. Riconoscere e sviluppare
questa comunanza spirituale, attraverso il dialogo interreligioso, ci aiuta anche a promuovere e difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà”.
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Ci sono davvero tanti modi per fare gli acquisti natalizi. Ma andare
per negozi quando l’atmosfera che
circonda è particolare e originale come
quella della Città Vecchia di Locarno,aggiunge
piacere al piacere dello shopping. Scoprire i negozi e le
boutiques nascoste tra le viuzze del nucleo storico cittadino è al tempo stesso fare un salto nel passato con l’oc-
chio rivolto al futuro. L’offerta dei commerci in Città Vecchia è variegata e di qualità. E non mancano neppure le
sorprese per chi si avventura con calma alla ricerca di
un oggetto particolare da offrire quale regalo, oppure
semplicemente da acquistare per far piacere a sé stessi.
Lo shopping natalizio in Città Vecchia a Locarno è insomma una valida alternativa, capace di stupire anche i
palati più esigenti con proposte allettanti e moderne.
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink 47
Il fenomeno. Gli esperti concordano. Le attuali
tendenze indicano che la lettura cambierà. E la società
si dovrà adeguare.Fosse solo per ragioni economiche
Schermi carta
di
ROSELINA SALEMI
I
l guaio è vivere in un’epoca di transizione. Siamo
gli unici, in una sola generazione ad aver sperimentato le macchine da scrivere tradizionali, l’avvento dei
primi computer e adesso la smaterializzazione. Troppo, in una
sola vita. Ma eccoci nel bel mezzo di una rivoluzione. In tutte le
università del mondo, il confronto tra ebook e carta è oggetto di studi comparativi dai risultati spesso contraddittori (ne ha
dato un ottimo resoconto il New
York Times) e la ragione di tanto
interesse non è accademica.
Gli editori vogliono sapere se
continuare a stampare romanzi
e testi scolastici o convertire
tutto in ebook, contando sulla
rapida espansione del mercato.
Nel Regno Unito un volume su
quattro viene acquistato in versione digitale e PricewaterhouseCoopers, la più grande società
mondiale di revisione dei bilanci, prevede che nel 2017 gli ebook costituiranno la metà del
mercato mondiale.
Uno studio della Literary Trust
ha rilevato che il 52% dei giovani americani tra gli 8 e i 16 anni
Dai volumi tradizionali a quelli digitali
I libri spariranno? Ecco alcune risposte
preferisce leggere su uno schermo, e soltanto il 32% su carta.
Gli editori vogliono sapere se il
futuro sarà il libro “liquido”. “Si
chiama così perché si adatta al
contenitore in cui viene ‘versato’: un personal computer, un
tablet, un e-reader, uno smartphone - spiega Barbara Hoepli,
che appartiene a una delle dinastie editoriali italiane -. Testo,
immagini e tabelle possono essere ingranditi o rimpiccioliti, il
carattere può essere modificato.
I numeri di pagina verranno inseriti automaticamente: lo stesso saggio avrà cento pagine sul
cellulare e la metà sul computer.”
Che ne sarà della lettura come la
conosciamo? Cambieranno di
sicuro le mappe mentali. Oggi
il nostro cervello è focalizza-
to sull’oggetto libro con una
percezione spaziale - il peso, la
forma, il numero di pagine - che
suggerisce in maniera intuitiva
quanto ci resta da leggere, se
siamo di fronte a un testo agile o
un saggio poderoso. Con i device elettronici tutto questo si perde. La “cultura dello schermo”,
come l’ha definita
la neuroscienzata Susan Greenfield può danneggiare la memoria spaziale e la capacità di concentrazione. Laptop e tablet retroilluminati possono affaticare
la vista e provocare alterazioni
nei ritmi del sonno a chi legge la
sera. Di sicuro richiedono la formazione di nuove abitudini basate su parole chiave.
Sara Margolin, della New York
University è arrivata alla conclusione che su e-reader si impara meno. Forse la difficoltà
nell’uso del device riduce la capacità di memorizzare. Forse il
tipo di lettura non crea raccordi
sufficienti ad attivare al cento
per cento i meccanismi del ricordo. Queste considerazioni in
America hanno rallentato l’entusiasmo per la digitalizzazione.
Roberto Casati, filosofo e direttore di Ricerca del Centre National de la Recerche Scientifique
all’Institut Nicod, Ecole Normale
Supérieure di Parigi è uno dei
critici più accesi del “colonialismo digitale.” Sostiene che
l’ebook risolve solo i problemi di
spazio: un po’ poco per giustificare una rivoluzione. La vera
ragione è di ordine economi-
co: produrre e distribuire libri
smaterializzati costa meno. E a
cascata, la golosa opportunità di
tagliare le spese contagia tutti,
giornali compresi.
Ma, sorpresa, Audipresse France
2014 e l’indagine italiana LaST
(Community Media Research in
collaborazione con Intesa San
Paolo per La Stampa) confermano una maggiore autorevolezza
della carta rispetto al giornalismo digitale. Quotidiani e riviste garantiscono la selezione
delle notizie e sono considerati
affidabili. Cioè valgono la spesa.
Con cautela gli esperti di scenari
immaginano un medio periodo
(almeno cinque anni) alla fine
del quale gli e-reader assumeranno una forma stabile e ciascuno userà un mix di strumenti: smartphone per leggere un
racconto breve in treno, Kindle
per portarsi dietro una dozzina
di libri per preparare un discorso, “Grandi Speranze” di Dickens, in un bel volume rilegato,
il settimanale su iPad nella baita
di montagna e su carta, da sfogliare la domenica mattina sul
terrazzo. È la transizione, bellezza!
[email protected]
Corbis
L’intervista Paolo Ferri dell’Università di Milano Bicocca
“La Galassia Gutenberg
è finita,ora abitiamo
nella Galassia Internet”
L
Il metodo
Non basta certo avere
un iPad per offrire una
buona formazione.
Più che il mezzo
conta il metodo
a Galassia Gutenberg è finita: abitiamo la Galassia
Internet. Dovremo adattarci al nuovo mondo”. Paolo
Ferri, professore di Teorie e tecniche dei nuovi media e Tecnologie didattiche all’Università
di Milano Bicocca, ha appena
pubblicato da Rizzoli “I nuovi
bambini, come educare i figli
all’uso della tecnologia senza
diffidenze.”
Professore, in che situazione
siamo?
“Abbiamo i nativi digitali,
che con la tecnologia sono nati,
gli immigranti digitali, cioè quelli come me, e i deportati digitali,
che con la tecnologia si devono
confrontare, ma diffidano.”
In che cosa si manifesta la
paura?
“Esistono tanti tipi di tecnofobia: quella conservatrice;
quella bibliofila, variante ‘lo
schermo non potrà mai sostituire la carta’; quella oftalmologica secondo cui gli schermi affaticano gli occhi; quella paranoide-anticapitalista – ‘le multinazionali fanno profitti e i nostri figli diventano stupidi’ –;
quella new age/bio-corporea –
‘le tecnologie non permettono
un corretto rapporto con i sensi’, e infine quella che agita lo
spauracchio dei cattivi incontri
su Internet”.
Tutto falso, anche la riduzione della memoria di cui par-
L’ESPERTO
Paolo Ferri,
professore
di Teorie
e tecniche
dei nuovi
media
e Tecnologie
didattiche
all’Università
Bicocca
di Milano
Si sta assistendo
alla nascita di una
nuova specie di Homo
sapiens: l’Homo
sapiens digitalis
lano alcune ricerche?
“Timori eccessivi. Platone
non nasconde la sua preferenza
per la tradizione orale che la
scrittura era destinata a cancellare. Potremmo condividere
questa preoccupazione? Se la
memoria si riduce, mettiamola
così: non abbiamo più bisogno
di ricordare numeri di telefoni
e le tabelline, possiamo delega-
re a dischi esterni pezzi di conoscenza quantitativa che non
usiamo. Il cervello è plastico, si
adatterà. Stiamo assistendo alla nascita di una nuova specie
di Homo sapiens: l’Homo sapiens digitalis, che non possiamo definire migliore o peggiore, ma semplicemente diverso.
Le scienze dell’educazione confermano. L’intelligenza digitale
è particolarmente sviluppata
nei bambini da 0 a 10 anni”.
Quindi è meglio studiare su
tablet e computer?
“Io lavoro esclusivamente
su pc. Ma nella scuola è diverso. Non basta avere un iPad per
offrire una buona formazione.
Più che il mezzo conta il metodo”.
Molti si lamentano del troppo tempo di bimbi e ragazzi
davanti a tablet e computer.
“La tecnologia è una babysitter efficace (e in realtà ci fa
comodo), ma non sempre è
buona. Le ore che i nostri figli
passano davanti agli schermi
interattivi è per fortuna, nella
stragrande maggioranza dei
casi, sottratto alla tv, il che di
per sé è un bene. L’ipnosi televisiva è un male maggiore”.
LA TASSA INIQUA
Imperversa sul web e
sui social la campagna
contro la
discriminazione fiscale
subita dagli e-book,
tassati con l’Iva dei
prodotti elettronici e non
quella, agevolata, dei
libri di carta. In Svizzera
l’Iva non cambia, ma il
prezzo degli e-book
stranieri include già
l’imposta del Paese di
provenienza
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
48
ilDossier
LA BIOMASSA
L’ecocentrale
di Zürs
in Austria
ideata da
Kaufmann
A ZURIGO
Qui sotto, la nuova sede
di Tamedia progettata
dall’architetto
giapponese Shigeru
Ban
GLI UFFICI
Gli interni
realizzati per
gli uffici
della Sohm di
Alberschwende
ilcaffèLink 49
Il reportage. Pilastri di abete.
Pareti in noce americano. Ora l’edilizia
è meno inquinante. Più intelligente
ed ecologica. In Svizzera come in Austria,
in Germania come in Italia
La tendenza
Il cemento armato
non può competere
nell’era“new age”
Anche le archistar
adesso riscoprono
il vecchio legno
Dal Ticino a Milano le case sono più sostenibili
STEFANO PIANCA
T
È boom per le costruzioni“ibride”
P
STEFANO VASTANO
È
LA CENTRALE
IDROELETTRICA
Realizzata da Hermann
Kaufmann a Montafon
in Austria
raro entrare in una palazzina ed esser avvolti da un
intenso profumo di bosco.
Ma è ciò che capita a chiunque
entri nella “Lct”. L’acronimo sta
per “Life cicle tower” e la Torre
si trova a Dornbirn, vicino Bregenz, in Austria. Quel profumo
è presto spiegato dall’ingegnere
Christian Vögel: “Abbiamo rivestito l’atrio con pannelli di abete
bianco”. Vögel ci tiene a snocciolare le prestazioni di un edificio che rappresenta al meglio il
trend
della
“Holz Architektur”, la riscoperta del legno
nell’edilizia.
Primo record:
appena
otto
giorni, un piano
al giorno, per
innalzare una
torre alta 27
metri e larga
23. Secondo:
una squadra di
soli cinque operai “per incastrare come tasselli del Lego - spiega Vögel -, le pareti ai pilastri e
ai soffitti in abete”. E, terzo record, il legname è tutto di boschi nel raggio di 120 km. Perchè gruppi edili, come quelli di
Hubert Rhomberg, stiano ritornando al legno è spiegato su
una colonnina (ovviamente in
legno) davanti alla Lct. L’edilizia
tradizionale, si legge, causa il
40% delle emissioni globali di
CO2.
Tempo quindi di costruire in
modo meno inquinante, e più
intelligente. “Vogliamo puntare
tutto sul legno - predica il 47enne Hubert Rhomberg che, a
Vienna, ha in progetto una ‘Lct’
ancora più alta -. E un grattacie-
lo in legno alto cento metri convincerebbe tutti della stabilità
del nuovo modo di costruzioni”.
In realtà, Hermann Kaufmann,
docente di architettura a Monaco e tra i guru del nuovo trend,
li ha già superati i cento metri.
Almeno in lunghezza.
La sua “Izm”, infatti, una centrale idrolettrica realizzata a
Montafon, sempre in Austria, è
una struttura lunga 120 metri.
“E con una superficie di diecimila metri quadrati su sei piani
- precisa l’architetto -, che grazie ai moduli prefabbricati in le-
gno, abbiamo montato in sei
settimane”. Prodigi di una risorsa naturale “così elastica che ci
puoi costruire di tutto”, aggiunge l’architetto Roland Wehinger.
Sinora eravamo abituati agli
chalet alpini o agli eleganti musei realizzati in legno dall’archistar svizzero Peter Zumthor, il
pionere della cosiddetta “Bioedilizia”. Ma Wehinger ha costruito, sempre per lo studio
Kaufmann, un’intera casa comunale in legno nella cittadina
di Ludesch, nel Land Vorar-
Didier Boy de la Tour
ilastri di abete. Facciate in larice. Pareti in noce americano. L’edilizia, negli ultimi anni, si è scoperta meno inquinante e più intelligente, il legno si è evoluto con estrema
rapidità diventando un materiale da costruzione hightech. Un fenomeno, quello delle architetture “ibride”, che
non è certo sfuggito alle archistar, che l’hanno subito trasformato
in un trend virtuoso. Le costruzioni in legno, che raggiungono altezze fino a ieri impensate, con soluzioni a più piani, continuano a
conquistare le città dalla Germania all’Austria, dall’Italia alla Svizzera, Ticino incluso. Il legno, rispetto al tradizionale cemento armato e all’acciaio vanta anche un’anima “green”, all’insegna dell’edificabilità sostenibile. Non solo con qualità ecologiche uniche
ma, come nessun altro materiale, il legno è in grado di soddisfare
le esigenze crescenti di un’edilizia più veloce, orientata alla tutela
e valorizzazione delle risorse naturali.
lberg, e un asilo nido a Garching, e alcuni supermercati.
Ora ha in cantiere un liceo di
quattro piani, destinato ad ospitare mille studenti, a Diedorf,
presso Augsburg in Baviera. “Le
fondamenta della scuola sono in
cemento - precisa -, ma le aule
e la palestra sono realizzate tutte in legno”.
Un’opera di “green technology”
questo liceo che, allo Stato tedesco, costerà 37,6 milioni di
euro (oltre 45 milioni di franchi). Eppure costruire in legno
non sembra essere un’impresa
più costosa del tradizionale cemento. “Se consideriamo la velocità dei tempi di costruzione nota l’ingegner Vögel -, più l’efficienza termica degli edifici e la
riduzione delle emissioni, il legno non costa di più”.
Oltre al buon impatto ecologico,
c’è un altro fattore a deporre in
suo favore, come spiega l’architetto giapponese di fama internazionale Shigeru Ban:“La bellezza di questo elemento naturale e il calore degli ambienti in
legno”.
Elementi dimostrati nell’ultima
L’intervista L’eco-trend visto da Tom Kaden, firma emergente della nuova architettura
“Il cantiere è più‘green’e veloce
e riduce pure le emissioni nocive”
“I
A BERLINO
La “E-3”
a Berlino di Tom
Kaden
l legno sarà una delle soluzioni del futuro nelle nostre città”. Parola di Tom
Kaden, una firma emergente nel campo
dell’architettura sostenibile. Famoso per aver
costruito palazzine con strutture in legno nel
centro di Berlino, l’architetto è più che convinto dei vantaggi e del promettente trend di questo materiale.
La sua prima palazzina in legno l’ha chiamata “E-3”, come mai?
“Semplice, perché si trova al numero 3 della Esmarch Strasse, nel quartiere di Prenzlauerberg. Come l’altra palazzina si chiama “C13” perchè è nella Christburger Strasse. La
gente memorizza meglio le novità con queste
formule”.
Cosa c’è di innovativo in questi progetti?
“Quando l’ho ultimato, nel 2008, l’edificio
sulla Esmarch Strasse era, con i suoi sette piani
e 22 metri, il più in alto in Europa con pilastri,
pareti e soffitti in legno. Allora eravamo in tre
in studio; oggi, dopo quella palazzina di mille
metri quadrati e 2,5 milioni di euro di investi-
mento, siamo in trenta a progettare la nostra
Holz-Architektur. Il trend c’è e cresce”.
Ora cosa avete in cantiere?
“Ora stiamo edificando a Flensburg quattro
torri, di cui una di undici piani e oltre i trenta
metri d’altezza. Avranno 60 appartamenti, dai
60 ai 160 metri quadrati, in cui il legno è sempre più visibile sia dentro che fuori l’appartamento. La gente ormai è consapevole delle
qualità e novità funzionali di questa nuova tipologia di costruzione”
Le più importanti?
“Con i moduli prefabbricati in legno hai un
cantiere ‘clean’, pulito, e fasi di costruzioni veloci. I sette piani di ‘E-3’, ad esempio, li abbiano ultimati in un anno. Oggi siamo ancora più
veloci, vuol dire che costruendo così riduci ulteriormente, e sin dal cantiere, le emissioni nocive”.
E oltre al cantiere più “green” e veloce?
“C’è l’efficienza energetica degli appartamenti in legno. E il fascino di vivere in spazi
caldi, vivi. E, da non sottovalutare, la flessibili-
fatica dell’archistar nipponica (è
lui il geniale artefice del Center
Pompidou a Metz): i sette piani
della “Medienhaus Tamedia”
che Ban ha costruito a Zurigo
intrecciando pilastri (alti sino a
27 metri) di abete color miele,
senza una trave di acciaio né
una vite. “Ma solo con 2000
metri cubi di legno, 50 milioni
di franchi e tanta sapienza artigianale e ingegneria svizzera”
ha spiegato Ban. E i 480 giornalisti, che oggi lavorano in spazi
così profumati e trasparenti
(una capsula in vetro riveste
LA CHIESA E IL MUSEO
A Metz, in Francia, la chiesa
da Shigeru Ban; sopra, il museo
di Aspen, in Colorado,
sempre realizzato da Ban
L’ARCHITETTO
Tom Kaden, qui accanto, 53 anni,
firma emergente nel campo
dell’architettura sostenibile
tà di vani costruibili a seconda di chi ci vive”.
La gente non ha paura di vivere in palazzi
di legno massiccio?
“Io e la mia famiglia viviamo in un appartamento costruito con moduli in legno. Le
assicuro che la stabilità è fantastica. I nostri
edifici hanno superato test antincendio e
norme antisismiche. Lo chieda ad ogni vigile del fuoco: le dirà che, in casi di incendio,
preferisce entrare in spazi in legno piuttosto
che di cemento o acciaio”.
Perché?
“Perché il legno di un certo spessore, e noi
usiamo moduli ricoperti in fibra di gesso, è resistente al fuoco al suo interno, inoltre brucia
in modo più controllato di altri materiali.”
Basamenti e scale, però, continua a realizzarli in cemento armato e acciaio.
“Certo, anche per questo possiamo costruire palazzine, come quelle che sto realizzando a Flensburg, di undici piani. In realtà
potremmo innalzare edifici in legno anche di
15 o 20 piani”.
l’edificio), non devono temere
neppure fuoco. “La trave in legno di un certo spessore - ha ricordato Shigeru Ban - resiste al
suo interno al fuoco meglio del
cemento e acciaio”.
Non è un caso se anche a Berlino l’architettura “ibrida” tira.
“Qui in Germania - dice l’architetto Tom Kaden (vedi intervista
in basso) -, per ora è vietato costruire in legno oltre i cinque
piani”. Eppure la sua prima palazzina, alta ventidue metri in
moduli di legno, ricoperti in fibra di gesso, lui l’ha costruita
già nel 2008 nella Esmach
Strasse di Berlino, e di piani ne
aveva sette.
Qualche anno dopo, nella Christburger Strasse, per i sette
piani di un’altra spettacolare
palazzina ha usato 600 metri
cubi di legno. Una quantità, assicurano gli esperti di materie
prime naturali, che nei boschi
ricresce in venti minuti. Ed ora
a Flensburg lo stesso Kaden ha
in cantiere ben 60 appartamenti
in un complesso di quattro torri,
sempre in legno.
Anche Londra ha la sua “ecotorre”: i nove piani della Murray
Grove, opera dello studio
Waugh Thisleton. Certo, il record sinora resta agli australiani, visto che a Melbourne i dieci
piani del “Fortè” dello studio
Lend Lease superano i 32 metri.
Ma la grande bellezza del legno
traluce in opere come l’”ArtCuster”, un tempio della musica
in noce americano eretto da van
Dongen e Koschuch a Nieuwegein, in Olanda. O in quei fantastici “Parasol”, sei funghi di 25
metri in legno - con mercato, ristoranti e persino terrazza panoramica sul tetto -, che Jürgen
Mayer-Hermann ha aperto a
Plaza de l’Encarnacion, nel centro di Siviglia.
ra legno ed edilizia è ormai
più di un ritorno di fiamma.
Dopo decenni d’appiattimento sul freddo e grigio calcestruzzo,
pure in Ticino il settore delle costruzioni sta riscoprendo le potenzialità del materiale che per secoli
ha protetto, in simbiosi col granito,
le popolazioni dell’arco alpino. I
new age sostengono
che vivere in un edificio ligneo renda
più felici, altri invece
più pragmatici amano far notare che “il
legno rappresenta
una valida alternativa agli altri materiali”. Insomma, se la
gioca alla pari, come
sostiene l’ingegner
Andrea Bernasconi,
docente alla Supsi e
contitolare
della
Borlini & Zanini.
Proprio questo studio d’ingegneria,
con sede a Pambio, batte da tempo
il chiodo della progettazione di
strutture prefabbricate in legno.
Tra i loro ultimi cantieri spicca
quello per la sede di Agroscope, il
centro per la ricerca agronomica, a
Cadenazzo. L’edifico sarà interamente in abete nella parte strutturale, con una facciata esterna in larice. Ma si possono anche ricordare
uno stabile residenziale, nelle vicinanze dello svincolo di Mendrisio,
destinato ad appartamenti per studenti; un edificio
abitativo di cinque
piani a Pregassona,
il rifacimento della
tribuna della Siberia
ad Ascona. A Milano, invece, lo stesso
studio Borlini & Zanini negli scorsi anni
ha lavorato all’insediamento in legno
più grande d’Europa: i nove piani dei
palazzi di via Cenni,
che sfidano il cielo a
quota trenta metri.
Un esempio virtuoso di come le imprese ticinesi possano farsi valere
anche all’estero.
Del resto, come ci spiega l’ingegner Bernasconi, lo scambio è
bilaterale: “C’è indubbiamente un
fortissimo interesse da parte delle
imprese italiane dell’edilizia in legno a rivolgersi a noi. Non tanto
come ‘padroncini’, ma perché il nostro mercato viene visto come una
porta d’accesso al resto della Svizzera. Alcune di queste imprese si
occupano di promozione immobiliare, altre invece
hanno aperto una
sede in Ticino”.
Dietro questa
nouvelle vague non
pare esserci un fattore trainante: “Difficile dare una risposta precisa - dice
l’ingegnere -. Il ritorno dell’interesse
per il legno, dal punto di vista tecnico,
risale agli anni ’70 e
’80. Di quel periodo
datano anche le soluzioni tecniche che poi, in evoluzione, si utilizzano ancora oggi.
Quale sia stata la scintilla non lo so.
Indubbiamente il legno ha vari
pregi: è, per così dire, ‘simpatico’,
ecologico e offre un’immagine naturale e positiva”. La tecnica ha
inoltre permesso di superare quelle che erano le sue debolezze ‘naturali’. A cominciare dall’infiam-
LE ABITAZIONI
Qui sotto,
l’edificio
di via Cenni
a Milano;
nella seconda
immagine
qui sotto,
un palazzo
realizzato
a Lugano
IN TICINO
Qui sopra,
due immagini
della Casa
Montarina
a Lugano;
al centro
lo stabile
per studenti
a Mendrisio
mabilità: “Nel 2003 - ricorda Bernasconi - le prescrizioni antincendio sono state unificate e il legno è
stato accettato come materiale che
non mette in discussione la sicurezza di un edificio. Non ci sono più
cantoni in cui l’assicurazione incendio per uno stabile in legno sia
più cara di altre. Il motivo? Un conto è accendere un fiammifero, un
altro dare fuoco a una trave larga
una ventina di centimetri. Senza
dimenticare lo sviluppo di adeguati rivestimenti di protezione”. Inoltre, le prescrizioni d’impiego non
sono incise nella roccia e una loro
revisione, attesa nel 2015, dovrebbe offrire ancora nuova linfa al settore.
Altra presunta debolezza: il legno non dura. Falso. “A Bremgarten, nel canton Argovia, resiste
con le sue parti originali un ponte
in legno costruito nel 1530 - ribatte l’ingegnere senza dimenticare
che al Kapellbrücke di Lucerna, distrutto dalle fiamme
nel 1993, andò meno bene -. Certo
quella è stata una
pubblicità negativa,
ma si trattava di una
costruzione in ‘filigrana’, dalla carpenteria molto sottile e
delicata”. E non ci
sono problemi neppure con l’acqua: “È
chiaro che il legno
marcisce, ma è sufficiente evitare infiltrazioni, intercapedini e condensazioni. Occorre prestare attenzione a qualità ed esecuzione del progetto”.
Alla voce vantaggi, invece, non
c’è solo la fisica del clima dentro gli
edifici. “Un altro aspetto interessante sta nella riduzione dei tempi
di cantiere. Lavorando in prefabbricazione, in un solo anno e mezzo, a Milano abbiamo costruito
l’equivalente di 130 appartamenti” sottolinea Bernasconi.
Chiarito che il settore tira, resta parecchio da fare per la valorizzazione della filiera
del legname ticinese. “Il comparto resinoso, cioè quello
d’opera, funziona:
tanto si taglia e tanto si vende - spiega
Danilo Piccioli, direttore di Federlegno.ch -. Abbiamo,
invece, un grosso lavoro da fare per tutto quel legname
frondifero, come il
castagno, che cresce
dal fondovalle ai
mille metri. Lì il solo sbocco di
mercato attualmente è quello
dell’energia-legno, quindi il truciolato. Tale impiego, pur nobile
che sia, appare riduttivo. Esiste,
infatti, una parte di legname frondifero che meriterebbe di venire
valorizzata, ad esempio nella costruzione di mobilio, e invece finisce triturata”. Le cifre indicano che
oltre la metà dei 60mila metri cubi
di legname tagliato in Ticino, ossia
circa 35mila metri cubi, rientra
nella tipologia frondifera. “Le segherie sono in difficoltà in tutta la
Svizzera - sottolinea Piccioli -. Se
in Ticino vogliamo mantenere questa potenzialità di trasformazione
dovremmo integrare la segheria,
intesa come macchinari, all’interno di una struttura combinata con
una divisione forestale e una di
carpenteria”.
[email protected]
Q@StefanoPianca
I SALTI
AXEL
Inventato dal norvegese Axel Paulsen nel 1882
Stacco: pattino
anteriore sinistro
Approccio:
scivolata all’indietro
sul pattino esterno
destro; girarsi
50
SALCHOW
Ti-Press
Il tempo libero. New York
ha lanciato la moda.Il resto del mondo segue.
E Locarno on Ice festeggia i primi 10 anni
Inventato dallo svedese Ulrich Salchow nel 1889
Approccio: braccio destro e
gamba destra all’indietro poi
oscillare in avanti per iniziare
la rotazione
Stacco: sinistra
all’indietro
pattino interno
Pattini
Nelle piste“salotto”delle città
danzano i ballerini sulle lame
S
empre più spesso anche lo sport vede cambiare la propria geografia. Un esempio? Se
un tempo ad hockey su
ghiaccio si giocava prevalentemenre in regioni come il Canada,
oggi ci sono squadre di alto livello fin nel deserto dell’Arizona. E
il pattinaggio non fa certo eccezione. Le immagini d’epoca ci regalano pomeriggi domenicali su
specchi d’acqua trasformati in
piste di ghiaccio improvvisate.
Mentre oggi, un po’ ovunque,
per pattinare basta andare in
centro città.
Dove le piazze si trasformano per fare spazio al ghiaccio urbano sdoganato ormai da qual-
che anno dal Rockefeller Center
di New York. Ed è una vera e propria tendenza. Basta dare un’occhiata al ristretto territorio ticinese, dove da dieci anni spopola
“Locarno on Ice” in Piazza Grande, con diverse altre piste che
spuntano nei principali centri.
Da Mendrisio a Lugano (dove per
risparmiare si è scelto il ghiaccio
sintetico), da Bellinzona a Melide.
Una fortunata pubblicità anche per i diversi club che animano il panorama del pattinaggio
artistico cantonale. “Già da qualche anno questi eventi offrono la
possibilità anche alle società di
pattinaggio di essere presenti spiega al Caffè Ronny Banfi, pre-
sidente della Federazione ticinese -. Per spiegare questa disciplina pure a chi, magari, pattina solo per divertirsi. Per tutto il movimento è certamente positivo
poter godere di questa visibilità,
perché si tratta di eventi che
hanno assunto un forte richia-
Piazza Grande è
davvero una bella
vetrina per uno sport
coreografico
come il pattinaggio
mo, affascinando il pubblico con
spettacoli come quelli di Sarah
Meier o di Denise Bielmann.
Che, magari, hanno invogliato
qualche giovanissimo ad avvicinarsi al nostro sport”.
E se una vera e propria analisi dell’impatto delle piste citta-
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dine sul movimento agonistico è
molto difficile da fare, è altrettanto vero che lo stato di salute
del pattinaggio artistico in Ticino
è piuttosto buono. “Il movimento è vitale - conferma il presidente Banfi - anche se è necessario fare le dovute distinzioni
LUTZ
Approccio:
lunga scivolata
all’indietro
sul piede sinistro
Inventato dall’austriaco Alois Lutz nel 1913
Stacco: gamba e braccio sinistro
all’infuori, poi aiuto alla rotazione
LOOP
Approccio: avanti,
Gamba sinistra
leggermente incrociata
davanti o, indietro,
piede sinistro avanti
Chiusura:
il movimento
interno-esterno
della lama aiuta
la rotazione
nella curva
ilcaffèLink 51
Inventato dall’americano Bruce Mapes nel 1920
Stacco: lato
sinistro esterno
alla rotazione
tra chi pratica lo sport in modo
agonistico e chi lo fa in maniera
amatoriale. Già il solo fatto di ritrovare atleti ticinesi che partecipano alle gare di livello nazionale, però, dimostra che attorno
al pattinaggio artistico c’è parecchio interesse”.
Un interesse che si traduce
anche in competizioni dedicate
alle varie categorie. Su tutte le
“Swiss Cup” di Bellinzona e Lugano a cui torneranno presto ad
aggiungersi in calendario anche
i campionati ticinesi.
“L’appuntamento clou della
stagione sono, comunque, i campionati svizzeri elite a Lugano di
metà dicembre (da giovedì 11)
- aggiunge Ronny Banfi -. Un po’
come succede per le piste pubbliche nelle piazze, è una buona
occasione per dare un’occhiata
alla disciplina e, magari, lasciarsi
tentare. Ci sarà anche il ritorno
di una coppia ticinese nella specialità della danza, con Carlo Röthlisberger e Valentina Schär. Insomma si annuncia un bello
spettacolo anche per il pubblico
sulle gradinate”.
E anche se gli anni d’oro del
pattinaggio artistico rossocrociato con Stephane Lambiel e Sarah
Meier appartengono ormai all’album dei ricordi, chissà che il
prossimo atleta in grado di infiammare le piste di ghiaccio non
si appassioni proprio calzando i
pattini per gioco in una delle
molte piste che nascono nei centri cittadini nel periodo natalizio…
m.s.
Gli appuntamenti
Rotazione:
ginocchio piegato, giri a
mezz’aria, può essere
doppio, triplo o quadruplo
Locarno
La curiosità
Conquistati cinque “Icemaster Award”
Ti-Press
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
P
er cinque volte negli ultimi sei anni il premio
di miglior superficie ghiacciata della Svizzera
è andato alla Resega di Lugano. O, meglio, al
team di collaboratori del Dicastero sport cittadino
che curano il ghiaccio nella struttura cittadina. Il
premio “Swiss Icemaster Award” è legato a doppio
filo al massimo campionato di hockey ed è attribuito a fine anno da una giuria che segue costantemente lo stato delle piste di tutte e 12 le squadre
che formano la National League.
Insomma, il men che si possa dire è che anche
il ghiaccio, che potrebbe sembrare uguale ovunque,
ha specifiche qualità, differenti su ogni pista. “La
prima cosa che viene valutata dalla giuria è l’impressione visiva che la superficie offre - spiega Sascia Manni, responsabile della Resega -. Un aspetto
importante per la visibilità degli sponsor che si trovano appena sotto il livello del ghiaccio. La trasparenza in superficie significa che il ghiaccio è abbastanza nuovo e anche poco pattinato”. Per avere risultati d’eccellenza, comunque, è necessaria una
cura costante. Soprattutto considerando l’elevatissimo grado di occupazione delle piste coperte. A
Lugano come nel resto del cantone.
Come dimostrano i risultati ottenuti dal team
Il miglior ghiaccio
della Svizzera
nasce alla Resega
ed è pluripremiato
della Resega, comunque, qualche “segreto” deve
pur esserci. “La costante e attenta manutenzione è
essenziale - conferma Manni -, perché lavorare lo
strato superficiale nel miglior modo possibile evita
che diventi opaco e soprattutto troppo fragile. La
superficie che viene rinnovata ha uno spessore che
varia tra 0,5 centimetri e 1 centimetro ed è necessario curarla costantemente per avere un ghiaccio
più robusto, più trasparente e anche più veloce”.
La manutenzione dello strato di superficie viene
fatta con le apposite macchine, che limano il ghiaccio rovinato e lo sostituiscono con un velo d’acqua,
che gela molto rapidamente e “rinnova” lo strato
pattinabile. Ma anche per questa operazione ci sono
alcuni accorgimenti tecnici che fanno di un ghiaccio
un ottimo ghiaccio. “È importante che l’acqua con
cui si liscia la superficie non sia troppo fredda -precisa Manni -. Può sembrare strano, ma un risultato
ottimale si ottiene con acqua ad una temperatura di
almeno 30 gradi, anche qualche grado di più. Sono
piccoli dettagli che però possono fare la differenza,
anche se ormai questo sistema si usa su tutte le piste. Per il nostro team, comunque, essere premiati
è una soddisfazione e uno stimolo a fare ancora meglio”.
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&8)2&* "# * 24 F8?A>8 ?5%>A:186*<
Dal 27 novembre al 6
gennaio, 70 eventi
attorno alla pista di
ghiaccio in Piazza
Grande per i 10 anni.
Lugano
Dal primo dicembre in
Piazza della Riforma la
pista di ghiaccio
artificiale; senza
dimenticare i campionati
svizzeri alla Resega.
Mendrisio
Da sabato è aperta la
pista di Piazzale alla
Valle, gratuita fino a
domenica 11 gennaio
2015, con diversi eventi
collaterali.
Melide
Pista di ghiaccio da 400
metri quadrati e molti
eventi anche a Melide.
Dal 27 novembre al 6
gennaio anche molti altri
eventi da non perdere.
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink 53
Le auto.
Un modello
per il mondo
a 5 porte o Station
Wagon
Le nuove linee della Focus
alla conquista del mercato
STEFANO WINGEYER
D
LA SSANGYONG
Il costruttore coreano ha
annunciato il lancio per
il 2015 della X100, un
Cuv (compact crossover
utility vehicle),
presentato come
prototipo XVI-2.
a alcuni giorni è in bella mostra
dai concessionari la nuova generazione della bestseller Ford Focus, con un prezzo da 21’850 franchi (+
1’000 franchi per la station wagon). Ford
ha aggiornato il carattere del suo modello, esternamente e internamente portandola ad essere immediatamente riconoscibile dalle nuove linee di carrozzeria e
semplificando gli interni, soprattutto per
il posto di guida, senza nulla sacrificare a
comodità, ergonomia, spazio, modularità, già apprezzati e ben noti dalle generazioni precedenti.
La nuova identità estetica della vettura si distingue all’anteriore grazie alla
griglia trapezoidale, al cofano scolpito e
al frontale più largo e basso. Le linee si
sviluppano armoniosamente dalla griglia
ai montanti per restituire un carattere
imponente ma dinamico. Il posteriore è
pure stato rivisto rendendo più morbide
le linee sia del portellone, sia dei fari.
L’abitacolo è stato reso più silenzioso e
isolato dai rumori esterni grazie a cristalli e rivestimenti di spessore maggiore
nonché attraverso un miglior isolamento
del vano motore. Proposta in sei allestimenti (Ambiente, Trend, Carving, Busi-
ness, Titanium e Titanium X), la nuova
Focus viene equipaggiata pure con l’inedito sistema di connettività a comandi
vocali Sync2, con schermo tattile da 8”
che consente di controllare, anche a voce, numerosi dispositivi di infotainement
della vettura in funzione che è equipaggiata con il nuovo motore 1,5 litri EcoBoost (benzina) e Tdci (diesel). L’offerta dei
propulsori comprende sempre quelli a
benzina di 1,0 litro da 100 cavalli (con il
cambio manuale a 5 marce) o 125 Cv
(con il cambio manuale a 6 marce) e il
Duratec 1,6 litri da 125 Cv (disponibile
con il cambio automatico PowerShift a
sei velocità).
Per i propulsori a gasolio è possibile optare anche per la versione 2.0 litri da 150
Cv abbinabile al cambio manuale a 6
marce o all’automatico PowerShift 6. Gli
interventi sui motori e la proposta del
nuovo aggregato 1,5 litri, hanno consentito un calo generale dei consumi e delle
relative emissioni inquinanti.
La famosa guidabilità della Focus tocca
oggi livelli particolarmente interessanti
grazie a una maggiore rigidità torsionale
anteriore, all’aggiornamento di sospensioni, ammortizzatori, servosterzo elettrico e all’evoluzione del controllo elettronico della stabilità. Debutta pure il sistema di controllo dinamico della stabili-
GUIDABILITÀ
E AGGIORNAMENTI
La guidabilità
della Focus tocca
livelli interessanti
grazie
a una maggiore
rigidità torsionale
anteriore,
all’aggiornamento
di sospensioni,
ammortizzatori e
servosterzo
elettrico
tà nei cambi di direzione in grado di anticipare quando l’auto sta per slittare. La
nuova identità estetica, nel dettaglio, si
distingue all’anteriore grazie alla griglia
trapezoidale, al cofano scolpito e al frontale più largo e basso. La Focus 2015 viene inoltre equipaggiata con un sistema di
parcheggio semiautomatico, del Cross
Traffica Alert (che avvisa il conducente
dell’arrivo di altri veicoli fino a 40 metri),
del sistema di frenata automatica (anche
in città) Active City Stop. E tra le novità
si può apprezzare pure il debutto in Europa del sistema con assistenza pre-collisione.
La Focus è altresì dotata del controllo attivo della velocità di crociera che permette di impostare e mantenere la distanza
dal veicolo che la precede, affiancato dal
sistema di controllo automatico della distanza di sicurezza.
Illuminazione adattiva Bi-Xenon, tecnologia MyKey, protezione degli spigoli delle porte. La Ford Focus è disponibile nelle
versioni a 5 porte e Station Wagon, con
una lunghezza superiore di 20 cm.
Un modello più curato e ricco di tutti i
contenuti di sicurezza per confermare un
modo di viaggiate sempre piacevole e comodo, che si era già affermato nei modelli precedenti.
Sulle strade dell’Onsernone
La scheda
VW Amarok Double Cab Canyon
LA AUDI
Oltre a delle motorizzazioni
e dei cambi più efficienti
la versione con lo zainetto
della A6 (da 57’800 franchi)
dispone di un nuovo
sistema audio da 180 Watt,
con radio Dab Mmi plus.
Curve e tornanti
con la grinta
del fuoristrada
I
l Volkswagen Amarok Canyon è un fuoristrada, che
presenta i tratti distintivi dei pick- up. Costruito sulla
base dell’allestimento “Trendline”, il modello speciale Canyon a doppia cabina si differenzia dal modello base per la sua tinta arancione, per la possibilità di
installare 4 fari supplementari sul tetto e per il
rollbar che è stato ridisegnato. La sua linea è
senza dubbio grintosa e addirittura sportiva
(più da Suv che da veicolo commerciale), se
si considera che il frontale è ispirato alla Touareg. Lungo oltre 5 metri, alto da terra, la
sua stazza è chiaramente imponente: il suo
uso risulta pertanto poco pratico nel traffico
cittadino, ma particolarmente idoneo nei percorsi fuoristrada.
In questa prova scegliamo tuttavia un percorso stradale di una cinquantina di chilometri che
da Bellinzona ci porta a Spruga, alla scoperta della Valle
Onsernone. Per salire a bordo non occorre troppa fatica,
anche se, come detto, la sua altezza da terra rende un
po’ più scomodo il tutto. Pur trattandosi di un veicolo che
punta sulla praticità, il comfort ed il design dell’abitacolo
sono di tutto rispetto: i sedili sono rivestiti in pelle e tessuto, vi si trovano degli appoggiabraccio, un quadro
strumenti completo di impianto multimediale e un vo-
Velocità massima (km/h)180 (casa)
Ti-Press
LA VOLVO
La nuova Xc90
introduce, all’inizio del
2015 e in anteprima, un
filtro multiplo potenziato
che migliora la qualità
dell’aria all’interno
dell’abitacolo.
Motore
4 cilindri diesel
Cilindrata (ccm)
1’968
Cambio
autom. a 8 rapporti
CV
180
Coppia max. (Nm)
420
0-100 km/h (s)
10 (casa)
lante sportivo a tre razze.
Partiamo dunque dalla capitale alla volta di Spruga,
constatando anzitutto come questa Amarok non risulta
troppo rumorosa e come la sua guida, malgrado le sue
dimensioni, sia agevole.
Davvero degno di nota il motore 2 litri diesel BiTdi
da 180 cavalli e ben 420 Nm di coppia, abbinato ad una
trazione integrale e ad un ottimo cambio automatico ad
Consumi (l/100 km)
8,5 (test)
Prezzo (base)
56’770.–
8 rapporti, che garantiscono potenza e sicurezza sia per
affrontare piccole avventure “offroad”, sia per una più
rilassata guida su percorsi stradali, con consumi non
esagerati. Anche fra gli stretti tornanti della
Valle Onsernone l’Amarok è risultata stabile
e maneggevole, come fossimo a bordo di un
comodo Suv.
Passato il paese di Auressio, facciamo
tappa a Loco, dove una visita al Museo Onsernonese vale il tragitto. Vi si trovano
esposte interessanti raccolte storiche e artistiche che riguardano l’intera valle e più precisamente i temi delle vie di comunicazione, dei
costumi tradizionali, della religione e tanto altro
ancora. Le cronache testimoniano, inoltre, la
presenza nel Novecento di diversi intellettuali,
artisti e personalità svizzere ed europee che
scelsero questa valle quale luogo d’ispirazione. Paese
dopo paese, raggiungiamo la nostra meta, Spruga, ai
confini dell’Onsernone, dove poco distante dal villaggio
si trova la frazione Bagni di Craveggia, che deve il suo
nome ad una fonte di acqua termale, la quale sgorga ad
una temperatura di 28 gradi. La prova si conclude con
soddisfazione a bordo di un veicolo che sicuramente non
è passato inosservato.
e.s.
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
54
ilcaffèLink
BenEssere. Il valore di riferimento per la pressione
sistolica degli anziani non è più il classico 140mmHg
Animali.
Tra parassiti
e vermi
tutti i dolori
delle cavie
Accanirsi contro i 150
può essere pericoloso
CRISTINA GAVIRAGHI
S
ul comodino del nonno difficilmente mancano medicinali e, spesso,
gli antipertensivi la fanno da padrone. A una certa età, però, potrebbe
non essere necessario accanirsi troppo
contro una pressione che non vuole
scendere più di tanto. Secondo quanto riportato sulla rivista Drugs & Aging da ricercatori dell’Università dell’Oregon, il
valore di riferimento per la pressione sistolica degli anziani potrebbe non essere
più il classico 140 mmHg, ma 150.
La ricerca ha esaminato 31 studi che
valutavano l’uso di terapie antipertensive, le condizioni di salute e la mortalità
cardiovascolare in ipertesi ultrasessantacinquenni. Dall’analisi dei dati è emerso
che, negli anziani, un controllo della
pressione sistolica moderato, che si limita a non far superare i 150 mmHg, potrebbe essere sufficiente. Non sembrano,
infatti, derivare benefici aggiuntivi dal
raggiungimento di valori inferiori.
“L’obiettivo dei 140 mmHg è stato sempre considerato quasi imprescindibile e
abbandonarlo può creare scetticismo, ma
in chi ha più di 65 anni può non valere la
pena insistere per raggiungerlo”, spiega
Leah Goeres, ricercatrice presso l’ateneo
statunitense.
In realtà le ultime linee guida sull’ipertensione si erano già ammorbidite
sul valore di pressione sistolica ottimale
per un anziano, considerando adeguato
quello intorno ai 150 e questo studio non
fa che confermarle. Cercare di raggiungere a tutti i costi i 140 implicherebbe il
ricorso a più alti dosaggi di un farmaco o
a diversi tipi di medicinali portando così
anche a più effetti collaterali. E questo
gioco non varrebbe la candela. A fronte
di benefici pressoché nulli per la salute
cardiovascolare del paziente, potrebbero
insorgere altre condizioni pericolose come ad esempio la cosiddetta “ipotensione ortostatica”: una brusca diminuzione
della pressione arteriosa che sopraggiunge quando una persona si solleva in
piedi e che può causare cadute a volte
debilitanti, specialmente in chi è già fragile come un anziano.
L’ipertensione non è comunque una
condizione da sottovalutare, a nessuna
età. Non per nulla è chiamata “killer silenzioso”. Pur non causando una marcata
sintomatologia, aumenta il rischio d’infarto, ictus e anche patologie renali. Può
essere, però, facilmente tenuta sotto
controllo con farmaci efficaci, se non si
riesce a farlo con una dieta sana e povera
di sodio, un regolare esercizio fisico e
mantenendo il peso nella norma.
“Contenere i livelli della pressione
entro limiti accettabili è fondamentale
per ridurre il rischio di patologie cardiovascolari e la mortalità a esse associata,
ma non ci sono prove che un controllo
pressorio troppo rigoroso sia così importante”, conclude Goeres. L’ipertensione è
una patologia molto diffusa, specialmente in chi è più attempato. In persone anziane, a dire il vero, gli studi su come gestire tale condizione non sono molti. Secondo gli esperti servirebbero più ricerche per capire come impostare, in questi
pazienti, terapie e trattamenti efficaci
che tengano conto della loro individualità e del loro globale stato di salute.
L
“Lui si nega,
teme un figlio”
Prima capisca
e poi si affermi
N
on so come comportarmi
di fronte a una situazione che vivo e che trovo
assurda. Non ho mai avuto un
grande desiderio di avere figli,
ma l’idea non mi spiaceva. Visto però che mio marito lo desiderava abbiamo cominciato a
provarci. Poi, però, ogni volta
che gli dicevo di essere nei
giorni fertili lui inventava mille
scuse per evitare i rapporti. Così sono passati due anni. Fino al
giorno in cui mi dice che non
vuole più avere figli, perché
non è più molto giovane (quasi
cinquant’anni) e vuole vivere
tranquillo la sua vecchiaia. Ed è
qui il problema.
Da quando ha preso questa decisione, che ho accettato, non
vuole più avere rapporti e ha
perso completamente il desiderio e l’interesse per me. Gli ho
chiesto mille volte quale sia il
problema e lui dice che teme
che io rimanga incinta. Non
vorrei riprendere la pillola e lui
rifiuta l’uso del preservativo o
altri metodi. Per lui la soluzione
sarebbe di non più avere rapporti o addirittura di lasciarci.
Mi sembra strana questa improvvisa fobia dei figli, se solo
tre mesi fa li voleva. Lui è ateo
e adesso si comporta come se
si dovessero avere rapporti solo
per procreare. Mi aiuti a capire.
La risposta
di Linda Rossi
C
apisco che lei possa essere
sbigottita di fronte a queste variazioni di idee e di
atteggiamento di suo marito. In
un primo tempo lei ha fatto suo
il progetto-figli avanzato da lui,
dicendosi disponibile ad avere
un figlio e comunicandogli i
giorni durante i quali c’era la
probabilità di rimanere incinta.
Qui però avviene la prima discrepanza con quanto lui le aveva comunicato anteriormente
come l’espressione di un suo
fermo desiderio. Sembrava aver
La moda.
LINDA D’ADDIO
D
E
gregio dottore, premetto
che gli animali non sono
la mia passione, ma i
figli hanno così tanto insistito
che ho dovuto cedere; non un
cane o un gatto, troppo impegnativi, ma ho concesso loro
una cavia! Francamente per
me è un ufo, ma piano piano
ho imparato a gestire i bisogni,
per la verità limitati, di questa
bestiola. Solo una cosa mi spaventa: la malattie. Ho sentito
parlare di vari parassiti che
possono causare malattie a
questi piccoli esserini e vorrei
conoscere da lei i rischi ed anche i sintomi di tali patologie.
La risposta
di Stefano Boltri
Sesso e amore.
La lettera
La lettera
cambiato idea visto che si sottraeva a tutte le occasioni ottimali ad avere un rapporto sessuale finalizzato alla procreazione. Dopo pochi anni le dice che,
sentendosi troppo vecchio, non
vuole più avere figli. Anche questa volta lei si adatta al suo volere. Per lei però si trattava di una
rinuncia al progetto-figli, ma
Il ritorno del cappotto
ha scalzato il piumino
imenticato per anni dai couturier e dai
fashion designer, abbandonato da uomini e donne in fondo all’armadio, da
qualche anno il cappotto ha riconquistato il
posto che gli spetta nei mesi invernali, il
ruolo di protagonista e ha scalzato il
primato di capospalla invernale al suo
decennale antagonista, il piumino. Sicuramente più eclettico e versatile di
quest’ultimo, ineguagliabile nelle sue
infinite declinazioni modaiole, grazie
ai nuovi tagli, ai nuovi tessuti e alle
versioni imbottite e superpesanti che
ne hanno prolungato l’uso, eccolo di
nuovo sfilare sulle passerelle dei
grandi marchi nelle più disparate interpretazioni che lo vogliono sportivo, elegante, couture, sbarazzino,
dissacrante. I modelli e i colori si
sprecano per accontentare anche i
più difficili. Che dire di più? Ad ognuno il suo, purché sia coat!
In versione spigato rimane un
must della stagione fredda per lui. È di
Fendi la versione con collo violaceo a
contrasto ed inserti di pelle rossa, semplice il modello di Saint Laurent, prezioso quello di J. Crew. Grigio, chiusura
doppiopetto per Stefanel. Assolutamente morbido al tatto, in versione over o
glam, in perfetto stile Chanel. È giallo il
modello a uomo di Paul Smith con cintura in pelle, per le appassionate del nero
c’è la versione di Acne Studios, in avorio il
modello di Calvin Klein Collection. Corto,
quasi sempre oversize, molti modelli si fermano sopra al ginocchio. In pattern pied de
poule il cappottino di Stella McCartney, doppiopetto per Jason Wu, blu navy per Petit Bateau.
Diversi cappotti sono sfilati con la cintura
che mette in evidenza il punto vita e slancia
la figura. In rosa antico per Burberry Prorsum, color carne la versione lunga di Philosophy by Natalie Ratabesi. Blu con collo
ampio il cappotto con cintura di Tory
Burch, cammello il modello di Theory.
Continua la tendenza della silhouette over. A volte esagerata, altre lievemente accennata. È sicuramente
quest’ultima la versione più aggiornata della forma “morbida”, avvolgente e declinata in tessuti caldi,
spesso imbottiti anche di pelliccia. È
quasi un maxipiumino il modello di
Yohji Yamamoto, impunturato effetto matelassé l’interpretazione di Stella McCartney, extralungo il cappotto
di Haider Ackermann. Per la legge,
spesso applicata nel mondo fashion,
degli opposti, accanto alle versioni
dei cappottini corti sono molte le versioni in lungo. I modelli sembrano rubati al guardaroba di “lui”. Da Dior a Céline a Emporio Armani, molti modelli
sembrano usciti dalle sartorie più rinomate, da Saville Road e Napoli. Modello
doppiopetto per l’extralong grigio perla
di Emporio.
Lo spettro dei colori non conosce limiti. Dal classico cammello ai neutri e ai basici,
grigi, neri e blu, passando per le tinte decise
e forti e per i delicati pastelli e polverosi,
ognuno sarà libero di scegliere la nuance che
più gli dona.
non della vostra sessualità. Inoltre, ha percepito che lui non
sembra neanche più interessato
a lei, arrivando persino a prospettarle un matrimonio in bianco o la fine di quest’ultimo. In
funzione di lui, lei è tornata alla
sua vaga idea di avere figli, idea
mai scartata ma su cui non si è
nemmeno molto investito.
Forse è finalmente giunto il momento in cui lei si deve chiedere
quello che davvero desidera dalla sua vita e dalla vita di coppia.
Provi a ricordare come si è sentita in questi cambiamenti “obbligati” dai mutamenti di lui.
Che sentimenti ha provato?
Ora le prospetta la fine
della sessualità condivisa, in un contesto di
fine di desiderio e interesse verso di lei.
Per non parlare
della prospettiva
di una fine totale
della vostra storia. Di lui possiamo pensare molte cose, ad esempio a un’instabilità di fronte a rilevanti progetti di vita,
come quella del figlio e di
una relazione d’amore. Ma l’importante è che ora lei ascolti se
stessa in quello che prova e in
quello che desidera dalla vita.
Vuole vivere sempre in balia del
volere, o non volere, altrui?
Capisca prima e si affermi poi,
ma sia determinata dentro di sé.
Forse ciò può aiutare anche lui a
uscire da questo bighellonare da
un progetto all’altro senza mai
assumerne nessuno.
a cavia è anche nota come
porcellino d’India ed è un
roditore originario dell’America del Sud, molto apprezzato come animale da compagnia; quindi parlare di animale esotico è un po’ fuori luogo in
quanto tale roditore è entrato a
pieno titolo tra gli animali “da
salotto”. Sono infatti innumerevoli le famiglie che hanno adottato una cavia come pet in
quanto si tratta di bestiole docili, socievoli, adatti anche ai
bambini perchè quasi totalmente incapaci di graffiare e mordere. Come tutti gli altri animali
domestici, anche il porcellino
d’India possiede un corredo di
ectoparassiti ed endoparassiti,
sia specifici che aspecifici.
Iniziamo questa veloce carrellata partendo dai parassiti che
possono infestare l’apparato digerente. Il più conosciuto è l’Eimeria caviae, si localizza all’interno del colon dell’animale e in
caso di massive infestazioni
provoca gravi sintomi, tipici
delle coccidiosi che sono essenzialmente dimagrimento, debolezza, anoressia, diarrea; nei casi gravi può essere mortale soprattutto per gli animali più giovani. Altro importante parassita, anche se meno frequente, è
il Cryptosporidium wrari, che
decorre nella sua forma classica
in modo sub clinico, ma pure in
questo caso a farne le spese sono gli animali più giovani in cui
la diarrea assume una forma più
importante.
Tra i vermi tondi
ricordo la Paraspiroidea uncinata, poco patogeno che però
rappresenta un
problema
sempre
nei
soggetti giovani: causa ritardi di accrescimento e perdita di peso o addirittura
la
morte. Tra i
parassiti della
cute, Trixascarus caviae, “parente” dell’agente eziologico
della scabbia umana, causa intenso prurito e flogosi con tendenza a morsicarsi ed autotraumatizzarsi. Anche nella cavia è
possibile riscontrare la presenza
dei pidocchi con una incidenza
abbastanza elevata. È molto importante, in caso di patologie,
rivolgersi sempre ad un veterinario esperto del settore.
Scrivi a LINDA ROSSI
psicoterapeuta e sessuologa
Scrivi a STEFANO BOLTRI
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Posta: Linda Rossi – Il Caffè
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink 55
Oltre il cibo.
Non c’è popolo
o Paese che
non abbia
la sua.Dal riso
al miso,
dalla zucca
al pesce
La storia
IL NOME
Zuppa risale al gotico “suppa”,
che significa fetta di pane
inzuppata, e la stessa radice è
nella spagnola “sopa”, “soupe” in
francese e “suppe” in tedesco.
ELISABETTA MORO
L
a zuppa è arte antica. Ma con Andy Warhol si è trasformata in
arte contemporanea. Da popolare è diventata pop. E in ogni
caso si tratta di una iconizzazione del quotidiano. Perché le
zuppe sono solite per definizione, in quanto simbolo del mangiare
di tutti i giorni, delle buone vecchie abitudini, della rassicurazione
che fuma nel piatto. Calore, colore e sapore. Come le trentadue varianti della Campbell’s che il padre della pop art trasforma in un
monumento alla vita quotidiana. E al melting pot, in senso lettera-
Zuppa
La trinità calore,colore e sapore
da arte antica a vera icona pop
le. Barattoli a immagine e somiglianza delle infinite tradizioni gastronomiche che si mescolano nella grande pentola dell’America.
Da quella celeberrima di cipolle in stile francese, al profondo rosso
di quella di pomodoro di matrice italo-spagnola. Dalla cremosissima vellutata di patate e vongole che nel New England chiamano
Clam Chowder, a quella a base di Cheddar Chese, il formaggio
arancione, che si può mangiare con il cucchiaio, ma anche usare
come salsa sui maccheroni. Fino al vegetarianissimo Minestrone,
che consegna l’orto all’arte. E al corroborante Beef Broth, il brodo
di carne. Così i prodotti della vecchia fattoria vengono rielaborati
dal geniale pubblicitario di se stesso nella sua “Factory”, che diventa la grande cucina dell’immaginario di massa. Risultato, i barattoli di zuppa esposti a Los Angeles nel 1962 erano sembrati un
boutade provocatoria, che avrebbe fatto poca strada, oggi invece
sono in bella mostra al MoMA di New York con un valore inestimabile. Miti d’oggi, li avrebbe definiti Roland Barthes.
Ma questa trasfigurazione artistica è possibile proprio perché
la zuppa parla una lingua universale. Non c’è popolo o Paese che
non abbia la sua. Da quella di miso a quella di riso, da quella di
zucca a quella di pesce, da quella di cavoli a quella di patate, di
funghi o di asparagi. E, last but non least, le zuppe di legumi. Ceci,
lenticchie e, soprattutto, fagioli. Come quella che ispira il capolavoro di Annibale Carracci, il mangiatore di fagioli. Che trasforma,
ancora una volta, il pane quotidiano in arte. Facendo della zuppa
un minimo comune denominatore alimentare. Il filo rosso dell’umano.
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IL PERIODO
Il nome riporta al medioevo,
quando il pane, nelle case di ricchi
e nobili, faceva da “piatto”. Sul
pane - una specie di focaccia di
grano- venivano tagliati pesci,
carni, formaggi e tutte le pietanze.
IL BRODO
Le zuppe in brodo seguiranno,
molto dopo, le cosiddette
“pulmenta”, polentine di cereali
poveri: avena, miglio, segale, orzo.
Comedy Show 2
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3. Giorno: «Gozo – la pittoresca isola sorella» (facoltativo)
4. Giorno: «Il sorprendente sud dell’isola (facoltativo) e festone di capodanno (incluso)
5. Giorno: Gita «Tre città e viaggio panoramico» (facoltativa)
6. Giorno: Visita di Valletta e la «Malta Experience Multivisionsshow»
7. Giorno: Viaggio di ritorno
Malta
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IL CAFFÈ
30 novembre 2014
ilcaffèLink 57
Un massacro ha scosso domenica
scorsa il Kenya. Una banda di miliziani
integralisti Shabaab ha assaltato un
bus al confine con la Somalia. Panico
tra i 60 passeggeri a bordo: i jihadisti,
che hanno sposato la causa dell’Isis,
hanno separato i musulmani dagli “infedeli” e hanno chiesto a ciascun passeggero di recitare un versetto del Corano. I 28 non in grado di farlo sono
stati uccisi a sangue freddo. “È stato
un inferno”, ha raccontato uno dei superstiti. “Mia moglie è stata uccisa davanti ai miei occhi - è la testimonianza
di Douglas Ochwodh, un insegnante di
36 anni -. Le hanno sparato alla testa,
come agli altri. Ero coperto dal suo
sangue”.
Questa scena ricorda il tempo in
cui i nazisti facevano recitare una preghiera cristiana agli ebrei nascosti nei
conventi di Roma: per chi non la sape-
FUORI
DAL
CORO
Bisogna sapere reagire
al fanatismo più feroce
va il destino era il campo di sterminio.
Ma il tragico fatto di cronaca di domenica scorsa mi ricorda anche una lettura di qualche settimana fa, quando stavo preparando un viaggio in Perù. Il
premio Nobel Vargas Llosa, nel suo “Il
caporale Lituma sulle Ande”, racconta
un episodio simile i cui autori erano i
guerriglieri maoisti di Sendero Luminoso. È la storia vera di due giovani,
che negli anni Ottanta attraversavano
felici e spensierati le Ande peruviane
in corriera per vivere un’esperienza indimenticabile. Ripropongo qui di se-
IL
DIARIO
guito alcuni passaggi del romanzo
“Non ti ho mai visto così contento”, dice sorridendo Michèle ad Albert. “È il
sogno di due anni, - annuì lui. – Risparmiando, leggendo sugli Incas e sul
Perù. Immaginando tutto questo”. Ma
poi ad un tratto la corriera su cui viaggiavano si ferma e viene circondata da
uomini armati, che puntano una luce
negli occhi dei passeggeri.
“Non spaventarti, - mormorò Albert all’orecchio della petite Michèle. –
Noi non c’entriamo, siamo turisti”. Intanto “tutti i passeggeri si erano alzati
in piedi e, con le mani sulla testa, cominciavano a scendere dalla corriera”.
Albert e Michèle scoprirono che tra i
sequestratori che li circondavano
c’erano anche alcune giovani donne,
che chiesero loro i documenti. Intanto
“i minuti diventavano ore”, ma l’incubo finalmente stava per finire, pensarono i due giovani quando videro i passeggeri in fila pronti per risalire sulla
corriera. Sennonché Albert e Michèle
“furono circondati dai guerriglieri, imprigionati per le braccia, spinti e allontanati” dai loro compagni di viaggio
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
GIÒ
REZZONICO
LIDO CONTEMORI
Samaritani dell’ebola
tanti eroi senza ribalta
RENATO
MARTINONI
Quei lager nazisti
di Mamma Elvezia
I campi di concentramento non sono esistiti soltanto in
Germania e in altri Paesi controllati dai nazisti. No. C’erano
pure in Svizzera. Anche se, da noi, non servivano a eliminare
i prigionieri con il gas. Ma solo ad accogliere i profughi politici e gli ebrei. Così, al tempo della seconda guerra mondiale,
in un “lager” elvetico è entrato anche un industriale italiano.
Che però, usando ora le parole giuste, non è finito in un campo di “concentramento” ma di “internamento”. Dove i reclusi dovevano magari raccogliere le patate, e fare la doccia gelata, ma avevano anche da mangiare e da dormire, e dove
erano rispettati come uomini indipendentemente dalla loro
fede religiosa e politica. (Che bello se i nazisti avessero
scambiato a loro volta i campi di “concentramento” con quelli di “internamento”! Quanti milioni di vite innocenti avrebbero risparmiato, i mascalzoni!).
A confondere un campo di “internamento” con un campo
di “concentramento” non è un asinello patentato del paese
dei Balocchi ma un noto giornalista di un grande quotidiano
italiano che ha evocato, appunto, la reclusione dell’industriale nel campo di “concentramento” elvetico. Lo stesso giornale, ma che bravo!, avrà pure una carta europea appesa sui
muri della redazione, ha raccontato nei medesimi giorni che
il magnate svizzero di Eternit vive nel “Cantone di Costanza”, a due passi dalla Germania (Costanza, lo sanno anche i
sassi, è una città tedesca). Forse la geografia, come la storia e
la matematica, è un’opinione. Sta di fatto però che se la fretta è cattiva consigliera, l’ignoranza (perché soltanto di una
perfetta sinergia tra fretta, ignoranza e spocchia può trattarsi) va perdonata agli analfabeti, non a chi scrive per mestiere
spacciando per soprammercato delle fandonie per verità.
Forse, chissà, la Svizzera è tanto piccola da non poter essere nemmeno vista su una carta dell’Europa. E chissà che,
quando vengono a mettere i loro soldi nelle banche di Lugano o di Zurigo, certe persone non pensino magari di trovarsi
nel “Cantone di Lussemburgo” o in quello delle Isole Cayman. Vero è che, nel tempo della smemoratezza, tutto ha un
valore relativo e gli errori vengono scordati, senza neanche
dover essere perdonati, in un batter d’occhio. Ma il rispetto
degli uomini, e delle loro vicende, cioè della storia, comincia
proprio dalle parole. Travisare la lingua non è soltanto un’offesa alla grammatica. No. È molto peggio che rubare il mestiere ai ladri.
Caro Diario,
in un tempo di diffusi egoismi, non si può rimanere che
positivamente ammirati da chi compie gesti di donazione di
sé fino a rischiare la pelle. Per esempio: volontari, infermieri, medici che da Est a Ovest partono per i Paesi flagellati
dall’ebola, Liberia, Sierra Leone, Guinea. Qualcuno è morto,
altri sono stati infettati, la maggior parte di questi al momento della rivelazione dei sintomi fa ritorno in patria.
TRA CHI PARLA di solidarietà e chi “fa“ altruismo, non
c’è dubbio sulla scelta di campo. Uno degli ultimi colpiti ha
detto parole su cui riflettere: “Bisogna aiutare chi soffre,
pronti a pagarne il prezzo“. Quanti siamo disposti ad assumerle con coerenza attiva? Prima di aiutare qualcuno facciamo sempre partire la macchina dei “distinguo“ e valutiamo
di conseguenza, dimenticando che il solo fatto decisivo è
l’uomo. Detta legge non il valore dell’uomo, ma il calcolo.
L’EBOLA è esplosa in un continente di umanità sfruttata
da secoli, emarginata e tenuta lontana dal nostro benessere.
Sono passati venti secoli da Gerico e dalla parabola del buon
samaritano: che resta attualissima, perché allegoria che si
apre sull’evolversi di una realtà che è di ogni tempo.
CAPPELLO, dunque, a chi si spende per le moltitudini
falciate da questa nuova pestilenza. Un po’ meno clamore
mediatico, nel complesso, sarebbe preferibile, anche per evitare una dismisura palese tra chi resta a morire, perché questa è la sua atavica condanna, e chi ai primi sintomi rientra
con spiegamento di mezzi e fra mille precauzioni per la salute propria e, giustamente, della comunità. Certi rientri appaiono stridenti se si guarda al quadro generale: miseria da
creparne e Boeing che si alzano in volo con task force apposite, barelle usa e getta, doppi e tripli guanti, mascherine e
tute da marziani, stanze “a pressione negativa“ (aria che entra ma non esce, rigenerata ogni 12 ore), malloppi di procedure operative, una ventina di persone mobilitate tra infermieri e medici, interi ospedali bloccati attorno a un caso...
AMMIRO EROINE ED EROI oscuri e silenziosi che si
spendono e cadono sul campo di battaglia nel silenzio, samaritani fino all’ultimo. Quante sono le suore sconosciute
che sono rimaste accanto agli sventurati, condividendone
anche la terribile sorte? Questo è l’umanesimo totale e questa è la sfida più grande, in una scia di esempi che tengono
viva anche la nostra speranza.
DOMENICA
PER
PENSARE
Troppo amore animalista
inquina la vita degli umani
FRANCO
LAZZAROTTO
“Amore, dove sei?” A simile, dolce
domanda, qual maschietto non darebbe pronta risposta? Sicuramente chi
possiede un compagno “bestiale”. In
effetti, dopo qualche attimo, ecco la
continuazione: “ah, ma sei qua”! Capito l’ordine gerarchico casalingo? Ti va
quindi d’incanto se sei in terza posizione, dipendendo la stessa dal numero di
amici di San Francesco presenti nel nido familiare. Sempre più infatti - e anche giustamente purché si trovino misura e decenza - i nostri “amici” a zero, due, quattro o più gambe occupano
importanti spazi nella nostra vita fungendo pure spesso da agente terapeutico. Ma il loro “naturale” comporta-
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
assieme a un altro viaggiatore basso e
grassoccio. “L’omino col cappello, caduto in ginocchio e con due dita incrociate, giurava, alzando la testa al cielo.
Finchè il cerchio si chiuse su di lui,
sottraendolo alla vista (dei due giovani
francesi). Lo udirono gridare, supplicare. Spintonandosi, incitandosi, emulandosi a vicenda, le pietre e le mani
scendevano e salivano, scendevano e
salivano”. La stessa sorte di essere uccisi a sassate toccò anche ai due giovani francesi.
Il fanatismo, di destra o di sinistra,
religioso o politico, è sempre aberrante
e porta alla violenza cieca.
Ma attenzione anche al fanatismo
contro i fanatici, in questo caso contro
gli islamici, perché la violenza, fisica o
verbale, non fa che alimentare e generare ancora violenza e diventa un alibi
per giustificare altri fanatismi.
Direttore responsabile
Vicedirettore
Caporedattore
Caposervizio grafico
mento sta anche diventando un vero
tormentone, anzi, una vera e propria
scienza. Una manciata di spaghetti era
il pasto del gatto che mi faceva compagnia al rientro dall’asilo. Ieri sono stato
invi(t)ato a comperare delle “bustine”
per il nostro, anzi, suo (hanno un solo
“padrone”) gatto e mi son trovato di
fronte una lista di prodotti talmente
lunga da restare per ben otto minuti
al… guinzaglio della promossa commessa.
Siccome ne vado umanamente
ghiotto, ragionando da homo erectus
ho memorizzato quelle al salmone e
con quelle son rientrato. Apertane una
bustina, ho subito visto che il padrone
Lillo Alaimo
Libero D’Agostino
Stefano Pianca
Ricky Petrozzi
di casa si leccava i baffi per cui ho potuto dire alla sua amata che la scelta
era stata durissima, ma vincente! Meno avvincente è quanto vedo e sento
svolgendo la funzione di giudice di pace. Non poche sono le cause che vedono citati come “convenuti” soggetti
che abbaiano, grufolano, squittiscono,
nitriscono, muggiscono, scampanano,
garriscono e… gracidano. Sì, avete letto bene. 76 (contate) rane - di non mia
circoscrizione - hanno rubato notti di
sonno a una signora impedendole di
essere atta al quotidiano lavoro per
due giorni, ovviamente da risarcire in
toto, secondo lei, da parte del ranico
proprietario. In conciliante udienza si
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
Via B. Luini 19 - 6600 Locarno
Tel. 091 756 24 40 - Fax 091 756 24 39
[email protected] - [email protected]
PUBBLICITÀ
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Tel. 091 756 24 12
Fax 091 756 24 19
[email protected]
addiveniva (così s’usa dire) a intelligente accordo poiché se per alcuni
“amici” è facile risalire al proprietario,
“le rane mie - fu detto dal biotopico
accusato - mica son targate”.
Tutto finì con la proposta - ovviamente non accolta dal collega - di una
squisita cenetta di lor cosce con susseguenti profondi sonni e sogni. Molto
diversi purtroppo da quelli di una signorina la quale, acquistato un boa e
preoccupata poiché da tre settimane,
pur non toccando cibo, s’allungava, si
è sentita dire da un fortunatamente
bravo veterinario che l’ ”amico” andava immediatamente soppresso poiché
si stava preparando a…mangiarla! L’ho
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
[email protected]
Tel. 091 756 24 08
Fax 091 756 24 97
rivista ieri con al guinzaglio un furetto
(la normalità non è il suo forte). Dallo
sguardo del furetto ho capito che pure
lui, se potesse, si allungherebbe.
Ultima chicca, l’obbligatorietà del
microchip grazie al quale - pensiamo
solo positivo - se qualche “amico” si
perde, facile diventa la sua riconsegna
a domicilio prima che facebook e le
strade del paese siano inondate dalle
sue foto con accanto una selfie di lacrimante “cat sitter”. Qualcuno sta pensando di rendere obbligatoria l’applicazione sottocutanea del marchingegno pure per l’intero genere umano.
Non mi esprimo, anche perché mia
suocera è bravissima…
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘13-’14)
87’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
IL CAFFÈ
30 novembre 2014
58
ilcaffèLink 59
L’incontro. Lascia l’insegnamento con una
lezione di commiato il prossimo 11 dicembre.È stato
uno dei padri fondatori dell’Università della Svizzera
italiana. La sua strada,partita da Giubiasco e passata
per Oxford,proseguirà col lavoro di ricerca e i libri
Schermi. Da ballerini in Mary
Poppins a Skipper, Soldato, Kowalski
e Rico protagonisti in Madagascar
Mauro
Baranzini visto
da Riccardo
Mannelli
per il Caffè
Mauro
Baranzini
Se si mettono in proprio
i pinguini vincono facile
“Se un economista è onesto
non fa previsioni sul futuro”
Chi è
Economista, 70 anni,
figlio di una famiglia
operaia, dopo una
brillante carriera in
diversi prestigiosi
atenei, è tornato in
Ticino dove è stato
anche tra gli artefici del
Centro di Studi Bancari
a Vezia. In futuro
continuerà la ricerca tra
Cambridge e
l’Accademia dei Lincei
MARIAROSA MANCUSO
N
el 1908 Anatole France scrisse
“L’isola dei pinguini”, che ebbe subito un posto d’onore tra i romanzi
proibiti ai fedeli dalla Chiesa cattolica.
Con il sottotitolo “Storia fantastica e funesta delle miserie d’Occidente”, raccontava la storia di un monaco sbarcato attorno all’anno Mille su un isola bretone.
Mezzo cieco, scambiò i pinguini che la
popolavano per esseri umani e senza
perdere tempo li battezzò. Con risultati
disastrosi: i pinguini cominciarono a
comportarsi male, esattamente come
noi. Sull’isola un tempo felice arrivarono
l’invidia, la prepotenza, l’avidità, la corruzione.
La Chiesa cattolica aveva i suoi buoni
motivi. Del resto Anatole France l’aveva
fatto apposta per creare scandalo, cosa
che gli riusciva piuttosto bene (volle portare con sé nella tomba le culottes di una
cara amica, peraltro sposata ad un ministro). Aveva i suoi buoni motivi anche Pamela Lyndon Travers, pseudonimo di Helen Lyndon “Guinty” Goff, la scrittrice che
inventò Mary Poppins, quando implorò
Walt Disney di non mettere pinguini ballerini nel film in lavorazione (aveva ceduto i diritti dopo un lungo corteggiamento,
i romanzi con la governante non rendevano più come una volta). Odiava anche le
canzoni, e il “Supercalifragilistichespira-
Ti-Press
lidoso”, ma fu sconfitta su tutta la linea.
Dopo aver ballato il tip tap con lo
spazzacamino Bert i pinguini impazzano
al cinema da qualche anno. Di Anatole
France, invece, si è ricordata la casa editrice Isbn, che ha ripubblicato il romanzo
dieci anni fa. Dal vero si sono esibiti nel
documentario “La marcia dei pinguini”,
diretto da Luc Jacquet e narrato da Fiorello nell’edizione italiana: per noi un vero e
proprio film dell’orrore, tanta è la fatica
che le creature devono fare per riprodursi, covando l’uovo mentre la gelida tempesta impazza. O nei film d’animazione
come “Happy Feet”, dove le bestiole sfoggiano tutta la loro carineria.
C’era anche una banda di pinguini,
nella trilogia “Madagascar”, con animali
dello zoo di New York che smaniano per
tornare alla vita selvaggia, senza capire
che il cibo poi te lo devi procurare da solo.
Li ritroviamo in un film tutto loro, “I pinguini di Madagascar”, dove spadroneggiano con effetti esilaranti: si vestono da
sirene, con le conchiglie a far da reggipetto, oppure da tirolesi, con i calzoni in pelle. Combattono contro un polipone, furioso perché era l’attrazione degli acquari,
prima che le bestiole bianche e nere gli
rubassero la scena. Fanno battute più intelligenti e scatenate di quelle che ascolterete in qualsiasi altro film in programmazione da qui a Natale. Sarebbe per
bambini, ma gli adulti si divertono di più.
STEFANO PIANCA
K
eynesiano fino al midollo. Anzi Post. Ma con Tex Willer sul
comodino. “Magari assieme a un Ken Follett o a testi di
storia e antropologia, discipline che mi appassionano
molto. L’amore per il Ranger dei fumetti è invece una tradizione di famiglia, anche mio figlio ne possiede una ricca
collezione”. Incontriamo il professor Mauro Baranzini nel suo studio
all’Università della Svizzera italiana. Tra pochi giorni, giovedì 11 dicembre alle 17 nell’Auditorio del campus di Lugano, l’economista ticinese si congederà con una lezione di commiato dall’ateneo di cui è
stato uno dei padri fondatori. Ma il suo non sarà un’addio allo studio,
“solo” all’insegnamento. “Inizierà un’altra fase della mia vita. Si potrebbe dire che ricomincia una nuova carriera, fatta soprattutto di ricerca, di seminari e di convegni. Non insegnerò più all’Usi ma, pur
restando sempre con la famiglia in Ticino, sarò molto più presente
all’Accademia dei Licei di Roma e a Cambridge in Inghilterra. Inoltre
potrò scrivere in tranquillità i miei articoli scientifici e i libri. Ne ho
cinque sul tavolo da finire”. La crisi del pensionato per Baranzini,
che è nato a Bellinzona il 31 agosto di 70 anni fa, è scongiurata.
È una serata di nebbia, nel buio oltre il vetro del suo ufficio si
sente la pioggia. È uno dei tanti, anzi troppi, venerdì senza sole. Lasciamo cadere la domanda inevitabile: quando finirà questa crisi
economica? “Devo essere onesto fino in fondo: non lo sappiamo.
Succede che me lo chiedano gli studenti, la stessa gente per strada
oppure i giornalisti. Io cerco di dribblare la domanda, perché prevedere non è il compito dell’economista. Il mio maestro a Cambridge
diceva sempre che gli economisti sono come i generali, sempre
pronti a discutere, con la bocca piena delle guerre passate e mai
pronti per le guerre a venire. Se l’economista è onesto dovrebbe rispondere: questi sono gli scenari, il passato ci ha dato questa lezione, la lettura del futuro è molto incerta, ma non facciamo previsioni
economiche”. Eppure qualcuno si lascia andare al vaticinio sulla durata della crisi: “Molti studiosi sostengono che siamo entrati in una
fase di stagnazione secolare. Un po’ come è capitato al Giappone dal
1992 ad oggi. Nessuna crescita, esplosione del debito pubblico, disoccupazione in aumento. Io credo che non si tornerà agli estremi
degli anni ’30, con la disoccupazione al 25-30%, però se ci guardiamo in giro qualche Paese si trova in questa situazione. D’altra parte
è evidente che stiamo affrontando questa lunga crisi con degli strumenti d’intervento che non sono più quelli di una volta. Sono molto
meno efficaci. Penso, ad esempio, al debito pubblico degli Stati che
negli anni ’30 non era così alto. Senza lance per combattere il margine di manovra s’è ristretto. Forse dovremo abituarci a un mondo
La crisi
Sono keynesiano, ma
non seguo tanto la sua
teoria sulla necessità di
spendere e consumare
Il maestro
Sir James Mirrlees mi
maciullava, però grazie
al sostegno di mia
moglie non ho mollato
senza crescita quantitativa, ma al massimo qualitativa. Inutile sottolineare che, come padre di quattro figli, mi preoccupo per i giovani
che vivono la precarietà del mercato del lavoro, i salari bassi, l’incertezza del futuro...”.
Certo, l’incertezza delle variabili. Che per l’inglese John Maynard Keynes (1883-1946), lo studioso che Baranzini segue da una vita come una stella polare, era addirittura assoluta. “La scienza economica - sottolinea l’ex decano, dal 2005 al 2009, della Facoltà di
scienze economiche dell’Usi - riguarda il comportamento di miliardi
di consumatori, di centinaia di milioni di produttori, il cui agire è sovente irrazionale e dunque, secondo la mia modestissima opinione,
prevedere il futuro è estremamente difficile, perché ci sono sempre
delle variabili totalmente sconosciute”. Per squarciare porzioni di futuro il metodo migliore sta nell’affidarsi al passato: “Se mi chiedesse, ad esempio, se contuerà il cambio fisso del franco sull’euro a 1,20
le risponderei: non lo so, però è probabile che tra uno, due o cinque
anni la Banca Nazionale non ce la farà più a mantenere il cambio attuale e torneremo sulla falsariga degli ultimi 40 anni. Un periodo in
cui il franco svizzero si è rivalutato del 900% contro la sterlina e la
lira italiana e del 500% contro il dollaro”.
Assodato che economia e previsioni meteorologiche nulla dovrebbero avere in comune, resta la curiosità di sapere quanto il professor Baranzini nella vita di tutti i giorni risenta delle teorie che lo
hanno conquistato. La risposta è scherzosa: “Facendo parte di quella
corrente di pensiero economica che si ispira a Keynes, dovrei essere
un grande consumatore. La tesi keynesiana è che bisogna consumare tanto perché si produca tanto e si creino dei posti di lavoro, generando valore aggiunto e gettito fiscale e via dicendo. Le dirò che tra
i miei amici post keynesiani, incluso il sottoscritto, siamo tutti dei
grandi tirchi e diciamo che siano gli altri a spendere, ma non noi”. È
una battuta, ovviamente, ma che serve allo studioso per ribadire come “gli economisti siano pieni di contraddizioni. Lo stesso Keynes
diceva sempre che almeno nella culla dovremmo essere tutti uguali,
ma lui non aveva figli e ha lasciato un patrimonio immenso. Se invece avesse avuto un figlio, avrebbe contraddetto quello che ha
sempre sostenuto”. Perché le carte che un individuo si ritrova in mano in avvio di partita sono importanti, anche se poi le variabili di gioco lo sono spesso di più. Così è stato per la passione di Baranzini:
“Credo che la mia scelta sia stata condizionata dal fatto che ero figlio
di una famiglia operaia. Mio padre era ferroviere, faceva un lavoro
duro e scarsamente retribuito. Mia mamma era invece figlia di contadini. Perciò l’unica possibilità per un giovane di Giubiasco senza
Il suo West
La passione per Tex
Willer è una tradizione
di famiglia. Ma amo
anche l’antropologia
Mai bocconiano
Stavo per andare a
Milano, poi fu Friburgo.
Mai avrei condiviso la
visione dei bocconiani
molte risorse finanziarie era di fare la maturità alla scuola di commercio di Bellinzona. Dopo di che con la maturità, che era cantonale
e non federale, era possibile l’accesso solo alle facoltà di scienze economiche. Ho esitato con Milano, ma per fortuna sono andato a Friburgo, perché credo che non avrei mai condiviso la visione dei bocconiani. Lì, feci velocemente il dottorato, poi andai a Zurigo. Ricordo
che i grandi maestri di Friburgo dicevano: se vuoi continuare a studiare economia devi partire e sono partito…”.
Sono gli anni di Oxford, “un periodo eccezionale”, iniziato nel
1971 e durato 13 anni, e anche lì c’entra il caso. Il bando di concorso,
per una borsa di ricercatore esordiente al Queens College di Oxford,
gli viene segnalato dal cugino Giorgio Baranzini, già docente e condirettore della Commercio di Bellinzona. Il ragazzino coi calzoncini
corti di Giubiasco spicca il volo che lo porterà ad incontrare ed apprendere da “maestri eccezionali, diversi dei quali vinsero il Nobel”.
Tra questi anche Sir James Mirrlees: “Mi riceveva il venerdì dalle 14
alle 16. Ricordo che mi maciullava, mi diceva lei mette in calce le note più importanti invece di inserirle nel testo. Comunque alla fine
approvò e disse che era un buon dottorato. Fu importante mia moglie Evelina che mi incitò a non mollare quando tornavo a casa distrutto da quegli incontri. Ebbi poi la grande fortuna che il docente
responsabile del Queens College di economia diventò bursar, ossia il
gestore del fondo finanziario del college, e mi chiese se volevo prendere il suo posto e così rimasi dieci anni a Oxford”. Dove infine diventa direttore degli studi di economia.
Ciò che accadde dopo è noto e può essere sintetizzato per balzi
temporali. Rientrato nel 1984 in Svizzera, vince nel 1987 la cattedra
di economia politica all’Università di Verona. È un anno cruciale perché viene coinvolto da Luigi Generali, “una persona fuori dal comune che non si fermò davanti ai ripetuti no delle banche svizzero tedesche”, nel progetto di un Centro di studi bancari per la formazione
dei dirigenti e dei quadri intermedi. “Il Centro - ricorda - partì nel
1990 e fu una sorta di embrione dell’Usi o comunque una buona
scuola per capire che cosa bisognava fare. Nel 1994, il 10 ottobre, il
municipio di Lugano col sindaco Giorgio Giudici e Giorgio Salvadè
incaricarono il sottoscritto e i professori Luigi Dadda e Sergio Cigada, di preparare un progetto per le due facoltà di Lugano”. S’apre qui
la parentesi che, dopo una miriade di incarichi in prestigiose università e onorificenze, come il Premio internazionale per le scienze economiche dell’Accademia dei Lincei, si chiuderà l’11 dicembre. Farà
un bilancio? “No, vi voglio sorprendere”.
[email protected]
Q@StefanoPianca
Libri.
Santiago doveva morire
lo sapevano tutti tranne lui
MARCO BAZZI
CRONACA
DI UNA MORTE
ANNUNCIATA
Gabriel Garcia
Marquez
(Mondadori)
I
l giorno che l’avrebbero ucciso,
Santiago Nasar si alzò alle 5 e 30
del mattino per andare ad aspettare
il battello con cui arrivava il vescovo”.
Che Santiago morirà, Gabriel Garcìa Màrquez lo dichiara nelle prime parole del romanzo. Perché questa è una
Cronaca di una morte annunciata. Una
delle opere più belle e affascianti del
Nobel colombiano. Racconta la storia di Santiago Nasar che, accusato di aver rubato la verginità alla bellissima Angela Vicario, viene ucciso dai fratelli
della ragazza la mattina dopo il
suo matrimonio con Bayardo di
San Roman. Lo sposo ripudia
infatti la moglie, rimandandola
nella casa paterna. Ma alla fine
si scoprirà che Nasar - “figlio
unico di un matrimonio di convenienza che non ebbe un solo
istante di felicità” - non era il
“colpevole”.
La particolarità del romanzo
sta nella sua struttura: la voce narrante ricostruisce la vicenda, molti anni dopo, raccogliendo le testimonianze
della gente del paese. Ecco perché è
una sorta di “cronaca”. E ogni testimo-
ne porta il suo tassello al mosaico.
Ognuno sapeva cosa stava per accadere, a parte Nasar, ma nessuno, per un
motivo o per l’altro, ha potuto impedirlo. “Nessuno si domandò neppure se
Santiago Nasar era stato avvisato, perché a tutti sembrò impossibile che non
lo fosse”.
Le prime pagine del romanzo ruotano attorno alla figura di Nasar, finché
nella storia irrompe Bayardo San Romàn, figlio del generale Petronio San
Romàn, rampollo di una ricca famiglia
borghese: “Non era uomo che si lasciasse capire a prima vista”.
Il matrimonio è fastoso: allo sposo
regalano un’auto, alla sposa “un astuccio con un servizio di posate d’oro puro
per ventiquattro invitati”. Bayardo acquista anche una casa a un prezzo stratosferico per andarci a vivere con Angela. Ma la notte delle nozze, nonostante i tentativi di lei di nascondergli
la verginità perduta, scopre la verità e
la ripudia.
“Non ci fu una morte più annunciata di quella. Subito dopo che la sorella
rivelò ai gemelli quel nome, i Vicario
passarono dal deposito al porcile dove
avevano riposto gli strumenti del sacrificio, e scelsero i due coltelli migliori”.
Il resto è tutto da scoprire…
30 novembre 2014
ilcaffè
Il Paese tra cronaca e fantasia
341/bis
La finestra sul cortile
Gli eBook del Caffè
Racconto di ANONYMOUS, illustrazioni di Marco Scuto
Non ho l’adesivo dietro
VENTITREESIMA e ULTIMA PUNTATA
La comedy
noir del Caffè
Una serie di colpi di scena
settimana dopo settimana
La storia
“341bis” è un romanzo
breve cui non è facile
attribuire un genere.
Fosse un film potrebbe
essere definito una
“comedy noir”. Elementi di
giallo che si stemperano
nella commedia, o meglio
ancora, una commedia che
assume involontariamente
i contorni del giallo. Una
serie di fortuite
circostanze, che
Il riassunto
compongono un puzzle
dai contorni
inimmaginabili.
Riassunto delle puntate
Franco Remondini,
55enne manager
bancario luganese,
conduce una doppia
esistenza. Convocato dai
Carabinieri di Intra per
un verbale sulla strada
del Verbano, che percorre
spesso all’insaputa della
moglie Iris, Remondini
si ritrova faccia a faccia
con Agnese, la madre dei
suoi figli. Figli che ha
dichiarato di non avere.
E scoppia un putiferio.
Viene a galla una grande
evasione fiscale
caffe.ch/comedy
Tutte le puntate oline
E
L’e-book
Tutte le puntate di
“341bis”, corredate dalle
illustazioni di Marco
Scuto, possono essere lette
online sul
sito caffè.ch nelle pagine
web dedicate alla serie.
Come tutti i racconti
pubblicati dal Caffè, anche
“341bis” alla fine della
serie diventerà un e-book
gratuito (il primo
pubblicato in Ticino con
testo scritto e graphic
novel d’autore).
h sì. Mentre ci stavano guardando i documenti lui dice: guardate che non c’ho
l’adesivo con scritto che ’sta macchina è
svizzera. L’adesivo dietro...”.
“L’adesivo?”.
“L’adesivo, sissignore, sa quelli bianchi tondi, ovali...?! L’hanno fatto scendere e ’sto testa di cazzo sa che dice?”.
“Che dice?”.
“Vedete?, non c’è l’adesivo con scritto
ci acca, cioè Svizzera”.
“Ah, e quindi?”.
“Gli pare a lei, che siccome
siamo carabinieri non
sappiamo leggere la targa?”
“Li voleva prendere per il culo, brigadiere! Che gli pare a lei, ci disse Jaquinta
a ’sto Remondini, che siccome siamo carabinieri non sappiamo leggere la targa?
Che ci pare a lei di essere in una barzelletta dei carabinieri, che non sappiamo
che questa sulla targa è la bandiera svizzera e c’è pure quella della sua regione...
o cantone, come minchia si chiama?!”.
Lo Russo era allibito dalla sicurezza e
dalla determinazione dei suoi colleghi.
Sì, pensava, forse il Giambó sta un po’
esagerando, però, caspita che fermezza!
“E pensi che sto testa di...”, Giambó
si zittì di colpo e per un attimo perché vide con la coda dell’occhio il maresciallo
uscire dalla sua stanza. Ma quello si allontanò subito. Non ci fu nemmeno bisogno del saluto.
“Allora Giàmbó?”.
“Sto testa di minchia, per prenderli
ancora di più per il culo, facendo una voce da intelligentone ci disse... ma comeee, non avete lettooo i giornali svizzeri in
questi giorniii?! C’è scritto che voi carabinieri... e questo e quell’altro... che volete l’adesivo sulle macchine, insomma,
perché se no... !”.
“Ma che testa di minchia ’sto Remondini”.
“Hanno fatto bene no? Oltraggio a
pubblico ufficiale gli hanno contestato.
Articolo trecentooo... e qualche cosa
bis”.
Titoli di coda
Come il Remondini aveva detto ai due
carabinieri che l’avevano fermato sulla
statale, effettivamente in quelle settimane di fine primavera i giornali svizzeri
avevano dato parecchio spazio alla pole-
mica dell’adesivo “da apporre”, scrivevano proprio così, sulla parte posteriore
dell’automobile. Ma non avevano dato
notizia, perché ancora non sapevano, che
tutto era nato pochi mesi prima da uno
scatolone trovato nella cantina del leader
della Lega dei ticinesi, Giuliano Bignasca, dopo la sua morte.
Dentro quella scatola c’erano migliaia
di adesivi con la scritta CH e il logo a colori della Lega, stampato tra la ci e l’acca.
Qualche articolo sui giornali,
qualche servizio alla tv, i siti
web che mettono in allarme
Quale occasione migliore per vendere
quegli adesivi, se non le raccomandazioni di rito del Touring che ad ogni inizio
d’estate ricordava le norme stradali nei
vari Paesi europei?!
Qualche articolo sui giornali, qualche
servizio alla tv, i siti internet che mettono in allarme gli automobilisti inventando la storia dei carabinieri italiani scrupolosi e rigidi... e il gioco era fatto.
Quando si dice... “nuddu, ammiscatu
cu nenti”.
23- fine