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Numero 149
22 Aprile 2014
91 Pagine
Novità
MV Agusta F3 800
Ago: il mito di
Agostini è servito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
MX Bulgaria
Tony di nuovo
mattatore della MXGP
Herlings è primo
nella MX2
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Prova naked
Honda CB 650F
E’ la nuova entry level
Honda a quattro
cilindri
| prova scooter |
Vespa
Sprint
da Pag. 2 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: M. Clarke I materiali compositi” / Terza parte | N. Cereghini Dorna, che delusione! | 100 Secondi i 5 Mostri in
moto | MOTOGP: DopoGP con Nico e Zam | GP di Austin Lo sapevate che... ? | SBK: Aragon E’ successo anche questo
Vespa Sprint
PREGI
Immagine e sospensioni
DIFETTI
Assenza cavalletto laterale
Prezzo da 2.890€
Prova SCOOTER
primavera
sportiva
Più dinamica, agile e a proprio agio
anche sullo sconnesso, la Sprint
deriva dalla Primavera, ma ha le
ruote da 12”. C’è in tre versioni:
due 50 cc ed una 125 con
il motore a tre valvole.
Prezzi da 2.890 a 3.900 euro
di Alfonso Rago
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
ha toccato quasi le 190.000 unità. Con lo sprint
assicurato dalla... Sprint (perdonate la battutaccia!) è lecito ipotizzare che nel corso dell’anno
verrà superata la barriera fortemente simbolica delle 200.000 Vespa in uscita dalle catene
di montaggio dei due impianti nei quali nasce,
lo storico di Pontedera ed il vietnamita di Vinh
Phuc, nei pressi di Hanoi.
Un po’ di storia
Media
Vediamo dunque quali sono i riferimenti storici
della Sprint: negli Anni Sessanta, una nuova generazione di Vespa sportive invase le strade. Piccole, scattanti ed agilissime, furono le ali ideali
per i ragazzi del tempo, che cercavano la libertà
e inseguivano la velocità delle idee per cambiare
il mondo. Piccole “schegge” che nascevano dalla
scocca della Vespa 50 che, dalla presentazione
del 1963, aveva diviso il mondo dello scooter tra
Vespino e Vespone, lasciando agli adulti i modelli
dalla carrozzeria più grande. Un motore brillante
in un corpo più piccolo e leggero delle Vespa più
Prove
tradizionali: questa l’idea vincente che nel 1966
vide debuttare la Super Sprint 90, derivata dalla
Vespa 50 cc e dalla “nuova 125”. Una linea sportiva, caratterizzata dalla ruota di scorta in verticale sulle pedane e sormontata dal bauletto tra
sella e sterzo, completato dal cuscinetto poggiapetto per favorire la guida “distesa”, come sulle
moto da competizione dell’epoca. Il manubrio
era stretto e basso e nuovi erano parafango e
scudo rastremato, per la migliore efficienza aerodinamica; la marmitta, lunga e cromata, rompeva con le linee del tempo. Con soli 90 cc, la
Super Sprint 90 raggiungeva i 93 km/h. Oggi è
tra i modelli più ricercati dai collezionisti e ancora
resta un modello di riferimento nelle gare storiche in circuito e nelle gimkane, grazie all’insuperabile maneggevolezza. Vespa Sprint è oggi l’erede naturale di quella tradizione di vitalità, stile
e gioventù; nel corpo della Primavera sono stati
inseriti elementi specifici, proprio per esaltare i
concetti di dinamismo e sportività legati al nome
Sprint.
I
l legame tra Roma e Vespa sarà pure
abusato, ma esercita sempre un fascino irresistibile: non poteva che debuttare sulle tormentate strade capitoline
la Sprint. L’ultima vespa è già disponibile presso la rete vendita Piaggio,
insieme alla Primavera che l’ha preceduta solo
di qualche mese e che era stata presentata al
Salone di Milano di novembre. Rappresenta l’evoluzione più moderna del concetto di scooter
legato al nome Vespa. Un brand con un piede
nel passato, al quale si richiama con puntuale
precisione quando di tratta di trovare ispirazione per battezzare i nuovi modelli, ma con occhi
ben puntati sul futuro: la produzione di Vespa
è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi
anni e nel 2013, grazie all’ampliamento dei mercati mondiali che compensano l’affanno italiano,
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digitale multifunzione ha una funzionale retroilluminazione rossa. La sella a doppie cuciture
come la migliore tradizione della pelletteria italiana, nasconde un vano da 16,6 litri, che ospita
senza problemi un casco full-jet grazie allo spazio recuperato dallo spostamento della batteria
nel tunnel centrale della pedana. La zona posteriore è caratterizzata dall’ampio maniglione per
il passeggero; apprezzato, poi, il richiamo alla V
di Vespa offerto dal profilo dei led del proiettore
posteriore.
Una scocca più rigida
Nessuna sorpresa: anche la Sprint, ovviamente,
resta fedele al dettato delle Vespa che hanno l’elemento della carrozzeria in lamiera di acciaio a
distinguerle da ogni altro scooter. In questo caso,
il processo di saldatura avviene in una nuova linea automatizzata, a garantire elevati standard
di qualità e precisione. L’attenzione ai vari componenti ha permesso livelli di rigidezza inediti:
Sorridete, è tornato il Vespino!
Se la Primavera ha sostituito la LX, Vespa Sprint
manda in pensione la S, la versione più sportiva
di LX, proseguendo così la tradizione di realizzare, su una stessa base tecnica, due modelli molto
diversi. L’elenco degli elementi tecnici tipici della
Sprint parte dai cerchi ruota in lega di alluminio da 12 pollici: è la prima volta che una Vespa
“small body”, o scocca piccola, esibisce cerchi
di grande diametro e pneumatici di generose
dimensioni, analoghe a quelle delle Vespa della
serie GTS. Altra presenza distintiva, il faro anteriore, rettangolare e con cornice cromata, come
le Vespa sportive; carattere, quest’ultimo, enfatizzato da dettagli importanti, come le bordature
rosse che ornano le prese d’aria allo scudo o la
molla, sempre rossa, della sospensione anteriore. Il guidatore ora ha a disposizione più spazio
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Prove
rispetto a Vespa LX ed S, la rigidezza del cannotto
di sterzo aumenta del 36%, quella della flessione
longitudinale addirittura del 154%, premesse ad
intuibili vantaggi nella sicurezza e nel piacere di
guida. Il collegamento del motore alla scocca avviene con un sistema di braccetti a due gradi di
libertà (era uno sulla serie precedente) e adotta
uno scontro con doppio tampone in gomma: ne
consegue una consistente riduzione delle vibrazioni avvertite dal guidatore nei punti di contatto
quali sella, manopole e pedana. Infine, pur conservando la sospensione anteriore monobraccio
a perno trascinato, tipica della tradizione Vespa,
la Sprint adotta un sistema ridisegnato, che dimezza gli attriti di scorrimento. L’ammortizzatore è fissato al supporto in alluminio che lo collega
alla ruota tramite un perno, in luogo delle due viti
precedenti: aumenta la scorrevolezza della sospensione, cresce il comfort di marcia e la capacità di assorbimento delle imperfezioni stradali,
senza contraccolpi al guidatore.
per le gambe dietro lo scudo e la nuova pedana
facilita l’appoggio dei piedi a terra, grazie alla
particolare sagomatura ed alla ridotta altezza
della sella, a 790 mm dal suolo. La coda torna ad
essere appuntita, come quella del primo prototipo che grazie alla sua somiglianza con l’insetto,
ispirò il nome Vespa. Gli omaggi stilistici alla storia di Vespa proseguono nella scomposizione dei
rivestimenti del manubrio: torna la separazione
orizzontale dei più famosi modelli Vespa, mentre
i comandi elettrici sono inseriti in “bracciali” dalla finitura cromata, chiara citazione all’elemento
che sui modelli storici fungeva da gruppo cambio/frizione, sul lato sinistro del manubrio. La
strumentazione riprende le forme trapezoidali
dei più classici strumenti Vespa: protetta da uno
spoiler appena accennato, guadagna un nuovo
sfondo nero per il tachimetro, mentre il riquadro
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Prove
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bbbbbbbbbbbbbbb
Due cilindrate, tre motori
Partiamo dal 125 cc monocilindrico 4T raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero e 3
valvole (ovviamente due di aspirazione e una di
scarico) e alimentazione a iniezione elettronica.
L’albero motore, di nuovo disegno con bottone di
biella e portate di banco ridotte, l’asse a camme
infulcrato su cuscinetti e i bilancieri a rullo, assicurano un notevole miglioramento degli attriti di
funzionamento, a favore delle prestazioni e riducendo i consumi. Il sistema di raffreddamento è
stato oggetto di attente analisi, con simulazioni
termofluidodinamiche, per migliorarne il rendimento, ottenere la riduzione della rumorosità
meccanica e della potenza assorbita. I consumi
di carburante quasi da record (si arriva fino ai
dichiarati 64 km/l a 50 km/h) e gli intervalli di
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manutenzione lunghi (tagliandi previsti ogni
10.000 km) assicurano costi di gestione estremamente contenuti. Sono due le versioni di
Vespa Sprint 50 cc: il due tempi della serie HiPer2 si rivolge a chi cerca prestazioni brillanti in
ambiento urbano, mentre il quattro tempi con
distribuzione a 4 valvole è il più potente propulsore del genere sul mercato, con 4,3 cv erogati a
fronte di consumi ed emissioni inquinanti estremamente contenuti.
Accessori e caschi dedicati
Nessun limite alla fantasia ed alla voglia di personalizzare: ognuno potrà avere la Sprint così
come la desidera. Per le ruote sono disponibili cerchi in lega di alluminio con finitura nera;
il bauletto per contenere un casco integrale,
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verniciato in tinta e arricchito dal logo Vespa
cromato in rilievo, è disponibile anche con schienalino imbottito per aumentare il comfort del
passeggero. Tra gli altri accessori, il parabrezza
in metacrilato con logo Vespa, il cupolino trasparente o fumè, i portapacchi anteriore e posteriore cromati, il telo copri gambe termico, la borsa
interna per il bauletto, il cavalletto laterale in acciaio verniciato in nero e il telo per l’esterno; infine, anche per la Sprint sono previsti l’antifurto
elettronico e quello meccanico sella-manubrio.
Alla Sprint, poi, si accompagna una gamma di
caschi: ai tradizionali Visor con la calotta che riprende il colore della carrozzeria del veicolo, si
affiancano modelli dal design innovativo come il
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Prove
Visor Steel e il Visor Matt Black con finiture sportive e finiture in nero opaco. I caschi Vespa, tutti
“Made in Italy”, hanno interni rivestiti in tessuto
3D traspirante e sono previsti in cinque taglie, divise in due differenti dimensioni della calotta. Infine, una nota speciale la merita l’esclusiva borsa
“Round Bag” che, posta in verticale sulla pedana della scooter come un tempo avveniva per la
ruota di scorta, aumenta la capacità di carico con
una nota di stile Vespa.
Sulle buche con disinvoltura
Ci saranno certo il Colosseo, San Pietro e Piazza
Navona, ma di Roma si ricordano soprattutto le
buche sulle strade: passano le amministrazioni,
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Prove
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SCHEDA TECNICA
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cambia il colore della casacca dei sindaci, ma
loro restano imperturbabili al loro posto. In molti,
ormai, ritengono che facciamo parte del paesaggio in forma stabile, come il colonnato del Bernini o la statua equestre di Augusto. Quindi, se
vivi a Roma, te le tieni; e se ci giri in scooter, stai
attento. Primo elemento positivo: la Sprint sulle
tormentate strade romane rivela un aplomb quasi britannico. Buche, sampietrini ed asfalto sconnesso non ne mettono in crisi le sospensioni, la
Sprint rivela un corpo solido e reagisce bene anche grazie ai cerchi da 12”, che danno una mano
alle sospensioni a digerire le asperità. Altro punto a suo vantaggio: maneggevolezza e agilità nel
traffico, buona risposta del motore (abbiamo
provato la 125) ai comandi del gas, scatto in
partenza ed in ripresa per essere nel gruppo dei
migliori che si contende la pole ad ogni semaforo. Infine, aumentando la velocità si apprezza
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Vespa Sprint 125 3V € 3.900
Tempi: 4
Cilindri: 1
Cilindrata: 124 cc
Disposizione cilindri: Orizzontale
Raffreddamento: ad aria forzata
Avviamento: E
Potenza: 11.6 cv (8.5 kW) / 8250 giri
Coppia: 1.09 kgm (10.7 Nm) / 6500 giri
Marce: AV
Freni: D-T
Misure freni: 200-110 mm
Misure cerchi (ant./post.): 11’’ / 10’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 113 kg
Lunghezza: 1770 mm
Larghezza: 740 mm
Altezza sella: 785 mm
Capacità serbatoio: 8.3 l
Segmento: Scooter Ruote basse
la tenuta e la stabilità, oltre alla buona efficacia
del sistema frenante quando viene chiamato
ad interventi anche decisi. Un appunto? Manca
la cilindrata 150, che permetterebbe di prendere la tangenziale ed i raccordi autostradali. Una
soluzione che a Roma (e in tutte le grandi città,
anche a Milano è così) consente di risparmiare
tempo prezioso. Peccato non ci sia dunque tale
opzione, anche perché proprio sulle cilindrate
maggiori la Sprint aveva costruito in passato il
suo successo. La Vespa Sprint 125 è già disponibile a 3.900 euro franco concessionario; le versioni da 50 cc costano 2.890 euro per il modello
2T e 2.990 per il 4T. Anche le varianti cromatiche
sono riprese dalla tradizione di Vespa: ai classici
Montebianco, Rosso Dragon e Nero Lucido, per
la Sprint si aggiungono due inedite tonalità, Blu
Gaiola e Giallo Positano. Tutti i colori sono abbinati alla sella nera.
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Honda CB 650F
PREGI
Facilità di guida e consumi
DIFETTI
Alcune finiture e carattere motore
Prezzo 7.300 €
Prova naked
Easy bike
E’ l’entry level Honda a 4 cilindri. Non è la
nuova Hornet, ma di fatto al momento ne
prende il posto senza però regalare le
stesse emozioni. E’ facile da guidare e
con consumi bassi. Alcune finiture
non convincono del tutto
di Andrea Perfetti
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S
emplificazione, ne sentiamo
parlare di continuo sulla scena politica italiana. E’ necessaria per ottenere risultati
migliori in termini di efficienza. Questa parola può essere
trasposta anche al mondo moto e si rivela perfetta per introdurre la nuova Honda CB650F. In lei
la semplificazione è figlia della globalizzazione,
che spinge i grandi gruppi industriali - Honda in
tal senso è un vero colosso mondiale - a pensare prodotti che siano venduti in tutti i mercati,
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specie in quelli in forte crescita. Così, come la
Honda Hornet 600, pur derivata dalla giapponesissima 250, fu pensata quasi 20 anni fa per
l’Italia e la Francia, oggi la CB guarda ancora
all’Europa, ma anche e soprattutto ai mercati
asiatici, a quello americano e al Brasile. E’ ancora
progettata in Giappone, ma la sua costruzione è
tailandese. Come abbiamo anticipato nel sommario, la CB650F non sostituisce nominalmente
la Hornet. Ma di fatto l’amato calabrone è uscito
di produzione e, in attesa della sua erede prevista ufficiosamente nel 2016, la CB ne prende il
posto nel listino Honda come posizionamento.
La vecchia Hornet nel 2013 costava 7.725 euro,
mentre oggi la nuova seiemezzo ha un prezzo di
7.300 euro (con ABS di serie). A conti fatti la CB
costa meno, ma offre anche di meno soprattutto in termini di componentistica e di piacere di
guida.
Com’è fatta
La Honda CB650F rappresenta oggi una delle poche proposte a 4 cilindri in questa fascia
di mercato. Oltre a lei c’è la Benelli BN600,
Prove
mentre una rivale scomoda può essere considerata la più grossa Suzuki GSR 750; è più potente e sportiva, ma viene offerta dalla casa a un
prezzo molto vicino a quello della CB. La Honda
è figlia di un progetto inedito, che nulla spartisce
con la Hornet tanto per capirci. Mentre su questa il motore era derivato dallo sportivo 4 cilindri
della CBR600RR, sulla CB è specifico. Meno aggressivo, privilegia la pienezza ai bassi e il contenimento dei consumi. E’ un bialbero 16 valvole
con iniezione elettronica e cambio a 6 marce.
La potenza massima è di 87 cavalli a 11.000 giri,
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Prove
La nostra prova. Tanta facilità
di guida, poche emozioni
La nuova Honda CB650F è ospitale e mette subito a proprio agio il pilota, rivelandosi comoda
anche per il passeggero, a cui manca però un
appiglio per le mani. La sella è bassa (810 mm),
mentre il manubrio ha una piega insolita, parecchio alta rispetto alle altre medie naked. Ricorda
quasi una enduro stradale e non è troppo diversa
come ergonomia dalla Yamaha MT09, che infatti
strizza l’occhio alle supermoto. Il cambio è ottimo, un vero burro negli innesti, corti e precisi.
Valida anche la frizione a cavo. Sulla nuova CB
la guida è molto facile e intuitiva, non tradisce
certo il buon nome di famiglia. La moto è molto
maneggevole sia in città che sui percorsi misti,
dove si apprezza anche il valido comportamento
del telaio e della forcella (non regolabile, ma ben
con la coppia che raggiunge i 63 Nm a 8.000 giri.
Nasce per essere montato su una moto senza
carena, come dimostra la grande pulizia esteriore: non ci sono cavi e tubi in vista, persino il
filtro dell’olio è in posizione riparata. Il consumo
dichiarato è di 21 km/l nel ciclo misto previsto
dalle nuove normative europee e dovrebbe bastare quindi a raggiungere i 350 km di autonomia (il serbatoio contiene 17 litri). Honda accetta
qualche rinuncia sul fronte ciclistico per tenere
bassi i costi di produzione. Lo si nota nel telaio
perimetrale in acciaio e nella forcella tradizionale
da 41 mm. Entrambi, come vedremo più avanti,
sono funzionali, ma non appagano la vista. Ricordiamo che sempre la vecchia cara Hornet aveva
un telaio monotrave in alluminio e una forcella a
steli rovesciati. Visivamente povero anche l’impianto frenante anteriore, che conta su una coppia di dischi a margherita da 320 mm con pinze
a due pistoncini. Sono vincolati direttamente sul
cerchio, senza la classica flangia. La situazione
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migliora se si osserva il bel forcellone in alluminio
pressofuso, i collettori di scarico cromati (la cui
curva richiama quella della mitica CB400F del
1974) e le pedane in alluminio di pilota e passeggero. Luci e ombre dal ponte di comando. La
strumentazione dispone di due strumenti digitali
ed è completa e leggibile. I comandi sul blocchetto di sinistra presentano invece il tasto degli indicatori di direzione sotto il clacson, mentre troviamo più intuitiva la soluzione inversa.
Migliorabile la foggia del manubrio verniciato di
nero, un po’ troppo semplice per una moto che
costa pur sempre oltre 7.000 euro. Sono ben fatti i fari, i LED sono presenti in quello posteriore
e in quello anteriore (per le sole luci di posizione). Belli anche in cerchi a 6 razze, che ospitano
pneumatici Dunlop di primo equipaggiamento
(120/70-17 e 180/55-17). Il peso dichiarato è di
208 chili con il serbatoio pieno e tutti i liquidi. Tre
i colori previsti in Italia: tricolore con cerchi oro
che richiama i colori HRC, giallo e nero.
Media
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tarata). Il manubrio alto regala un confort notevole, ma alleggerisce un po’ l’avantreno nella guida sportiva nel misto veloce. Il freno anteriore è
molto modulabile, ma si vorrebbe maggiore potenza quando si affronta un percorso con ritmo
deciso. Ottimo per sensibilità il nuovo sistema
ABS a due canali, che interviene di rado anche
sul freno posteriore. Passiamo ora al cuore della Honda CB650F. Il 4 cilindri ha una silenziosità
meccanica e di scarico incredibile. Gira rotondo
e regolare anche al minimo, tanto che si può riprendere in sesta dal regime più basso. In questo caso la salita di velocità è ovviamente lenta,
ma non c’è alcun sussulto o vuoto di erogazione.
Siamo pur sempre in sella a una 4 cilindri, non
bisogna quindi aspettarsi una risposta vigorosa
ai bassi, ma la CB dimostra comunque di cavarsela bene già da 4.000 giri. Oltre questa soglia e
fino agli 8.000 giri c’è una buona dose di cavalli,
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Prove
Fino agli 8.000 giri c’è una buona
dose di cavalli, che fa guidare con
poco impegno tra le curve
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SCHEDA TECNICA
che fa guidare con poco impegno tra le curve.
Quando si spalanca l’acceleratore per toccare gli
11.000 giri di potenza massima, si scopre però
che manca il calcio nel sedere che sarebbe lecito
aspettarsi da un 4 cilindri di questa cilindrata. Il
propulsore continua a crescere, si spinge a oltre
11.000 giri senza fatica, ma non c’è nessun picco, nessun acuto. Va bene l’erogazione piatta, a
prova di principiante, ma forse così è troppo. Le
vibrazioni sono ridotte e si avvertono solo sulle
pedane e sul manubrio agli alti regimi. La sesta è
lunga e fa riposare il motore a 6.000 giri quando
si viaggia a 130 km/h. La Honda CB650F è una
moto moderna, pensata per i giovani che si avvicinano al nostro fantastico universo. Quando
l’abbiamo provata, il nostro pensiero è andato
indietro nel tempo. Ai mitici anni 90. Allora proprio la Honda fece il botto sul mercato europeo,
presentando la Hornet e mandando nel panico i
concorrenti. Certo, non era perfetta, ma aveva
carattere da vendere e un’estetica che toglieva
il sonno ai ragazzi. Oggi i tempi sono cambiati, è
un dato di fatto. E case come la Honda, per fare
business, devono per forza guardare ai mercati
in crescita e al contenimento dei costi (quelli industriali e quelli di esercizio del cliente). La Honda CB650F in tal senso è un prodotto azzeccato:
è facile, molto sicura e consuma poco. Le manca
però un po’ di personalità. Quella personalità forse necessaria a far sognare i giovani e a riaccendere in loro la passione per la moto.
Prove
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ABBIGLIAMENTO
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Casco HJC
Giacca Dainese
Guanti Dainese
Jeans Dainese
Stivali TCX
Honda CB 650 F ABS € 7.300
Tempi: 4
Cilindri: 4
Cilindrata: 649 cc
Disposizione cilindri: in linea
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 87 cv (64 kW) / 11000 giri
Coppia: 6.42 kgm (63 Nm) / 8000 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-240 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 175.4 kg
Lunghezza: 2110 mm
Larghezza: 775 mm
Altezza sella: 810 mm
Capacità serbatoio: 17.3 l
Segmento: Naked
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News
MV Agusta F3 800 Ago
il mito di Agostini è servito
di Maurizio Gissi | Agostini e la MV a tre cilindri ieri e oggi. Con quella
da corsa, Ago ha vinto quasi tutti i suoi titoli mondiali. La F3 800 Ago di
oggi è invece un gioiellino in serie limitata, che si fa notare, che affascina
e sfiora i 24mila euro
L
a MV Agusta sta crescendo commercialmente al ruolo che merita grazie
alla serie a tre cilindri. Nata nel 2011 con
la F3 675 e poi la Brutale, la famiglia si
è presto allargata salendo alla cilindrata 800 e
dando il via ad altre versioni quali Rivale, Turismo
Veloce e Dragster. Per fascino, prestazioni e design è indubbiamente la super sportiva F3 quella
che si merita il posto di rappresentante ideale
della serie motorizzata “Tre pistoni”. E la nuova
F3 800 Ago ne esalta il prestigio. Presentata al
Salone di Milano dello scorso novembre, dove ha
condiviso i riflettori con la debuttante Gran Turismo, la nuova edizione della sportiva varesina va
ora in vendita a 23.990 euro. Un prezzo elevato
rispetto ai 15mila e poco più euro della versione
standard e che MV Agusta giustifica con la particolare dotazione tecnico-estetica e con la produzione in serie limitata. Sono infatti 300 le F3 800
Ago previste, numerate in sequenza con la tipica
targhetta d’argento sulla piastra di sterzo e con
la firma di Giacomo Agostini vergata su ciascuno dei 300 serbatoi. Firma che accompagnerà
anche l’attestato che sarà consegnato assieme
alla moto. La gestione elettronica del tre cilindri 800 è stata ulteriormente evoluta su questa
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News
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Media
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
versione, per cui oltre alla scelta di mappature,
tarature dei controlli e personalizzazioni già note,
è possibile modificare il rapporto fra la rotazione
del gas e l’apertura dei corpi farfallati. Come si fa
sulle moto da gara. Il sistema Abs Bosch 9MP è
integrato dalle funzioni Race Mode e RLM (serve
a contrastare il sollevamento della ruota posteriore in staccata); il doppio disco da 320 ricorre
naturalmente alle pinze radiali monoblocco di
Brembo. Altre particolarità sono le pedane ricavate dal pieno, alcuni dettagli in alluminio sempre lavorato dal pieno, i parafanghi in fibra di
carbonio, le ruote forgiate, il porta targa sportivo, la verniciatura tricolore per le sovrastrutture
e la colorazione dorata per ruote e telaio. Il motore conferma i 148 cavalli di potenza a 13.000
giri, mentre il peso scende a 170 kg a secco. Il tre
cilindri è stato un motore importante nelle competizioni di MV e importatissimo nella carriera
di Giacomo Agostini. Con quella configurazione,
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Mino ci ha infatti vinto 13 dei suoi 15 titoli mondiali dal 1968 al 1973, ovvero sei su sette per quanto
riguarda la classe 350 e sette su otto nella classe
500. I due mancanti, Agostini li ha vinti con la Yamaha. La prima versione del tre cilindri da corsa
MV nacque con la cilindrata 350 nel 1964, grazie
all’ingegnere motorista Mario Rossi e ad Arturo
Magni, all’epoca responsabile del reparto corse
di Cascina Costa; iniziarono dall’albero motore
derivato dalla 500 a quattro cilindri. Già nella
seconda gara del ‘64 arrivò la prima vittoria con
Agostini, che fu vice campione a fine anno, e questo risultato convinse di rifare la 500 partendo
dall’ottima 350. Che venne maggiorata prima a
400 e successivamente a 420 cc: nel 1966 quella
moto vinse due volte e contribuì al primo titolo
iridato di Agostini nella classe regina, mentre il
primo titolo di Ago nella 350 arrivò nel 1968. I
motivi per avere l’autografo sul serbatoio della
nuova F3 800 quindi non mancano.
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ampio impiego in un gran numero di settori. Alla
fibra di vetro E, economica e dalle buone caratteristiche complessive, negli anni Sessanta si è
affiancata la S, assai superiore in particolare per
quanto riguarda la resistenza a trazione, ma anche molto più costosa, che ha rapidamente ottenuto un notevole successo, soprattutto in campo
aeronautico. In seguito è entrata in commercio
una versione, contraddistinta dalla sigla S2, dal
costo sensibilmente inferiore (anche se ancora
nettamente più alto rispetto a quello della fibra
di vetro E). Le fibre di vetro vengono impiegate
come elementi resistenti in molte cinghie. I compositi che utilizzano queste fibre hanno una grande varietà di applicazioni, dalle pale delle eliche
alle canoe, alle imbarcazioni da diporto, ai tubi,
alle balestre e via dicendo.
Tecnica
Le fibre di carbonio
I primi filamenti di carbonio sono stati prodotti per le lampadine sul finire dell’Ottocento, ma
sono rapidamente scomparsi dalla scena, senza lasciare in pratica alcuna traccia. Perché cominciassero gli studi sulle vere e proprie fibre
di carbonio è stato necessario attendere i primi
anni Sessanta. Dopo un brevetto del giapponese
Shindo del 1961, sono stati gli inglesi a mettere
in piedi un importante programma di ricerca e
sviluppo, sfociato nella presentazione delle prime fibre utilizzabili nella pratica (1966) e quindi
nella loro commercializzazione, attorno al 1970.
Inizialmente queste fibre venivano suddivise in
due gruppi: quelle ad alta resistenza (HT o HS)
e quelle ad alto modulo (HM), caratterizzate da
una straordinaria rigidezza. Successivamente
Autoclave costruzione Airbus
Massimo Clarke
I materiali compositi” / Terza parte
Eccoci arrivati ai diversi tipi di fibre utilizzati nel nostro settore.
Gli impieghi più tipici e le varie tecnologie impiegate per la
produzione dei componenti in materiale composito
L
e fibre sono comparse nel mondo della
tecnica un poco in sordina, assai prima
che iniziasse il vero e proprio boom che
ha avuto luogo a partire dalla metà degli anni Settanta. Le prime ad essere impiegate a
livello industriale, con notevole anticipo rispetto
alle altre, sono state quelle di vetro. Per l’esattezza, erano del tipo in seguito contraddistinto dalla lettera E, e hanno cominciato a essere
32
disponibili commercialmente negli USA nel corso degli anni Trenta. Benemerita qui è la OwensCorning, ditta fondata in tale periodo proprio per
sviluppare e produrre questo nuovo materiale.
Dopo alcuni impieghi nel settore aeronautico,
per parti non strutturali, i compositi a base di
fibra di vetro (GFRP) sono stati largamente utilizzati a partire dagli anni Quaranta per costruire
scafi per imbarcazioni e in seguito hanno trovato
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
resistenza a trazione e la notevole tenacità. Per
queste fibre gli ultravioletti tendono a essere nocivi nel tempo e a ciò si pone rimedio utilizzando
adatti rivestimenti superficiali. Il kevlar 29 viene
impiegato nei materiali d’attrito e il 129 si usa
per realizzare funi e giubbotti antiproiettile. Nei
settori automotive e aeronautico viene maggiormente utilizzato il kevlar 49; lo troviamo, tra l’altro, nelle cinghie e nei pneumatici. Altri impieghi
importanti di queste fibre si hanno nelle canoe da
competizione, nelle vele per imbarcazioni, negli
elmetti militari e nelle protezioni balistiche.
Larga diffusione hanno i compositi ibridi, realizzati utilizzando fibre diverse, in grado di “coniugare” al meglio le caratteristiche di entrambe.
Si possono così impiegare tessuti costituiti, ad
esempio, da fibre di carbonio e di kevlar. Oppure
si possono utilizzare due o più strati sovrapposti
di tessuti o di nastri, ciascuno dei quali è realizzato con una fibra differente. I compositi ibridi si
usano tra l’altro per le scocche delle auto di Formula Uno e per le pale delle eliche degli elicotteri.
sono apparse altre “versioni” (modulo intermedio, modulo ultra-alto…) e oggi sono disponibili
numerosi tipi differenti. Il materiale di partenza,
detto “precursore”, può essere il poliacrilonitrile
(PAN) o il catrame; le caratteristiche delle fibre
che si ottengono possono essere abbastanza
diverse nei due casi. Il procedimento produttivo
è costituito da una pirolisi controllata; dopo una
prima fase di stabilizzazione a 200-300 °C in atmosfera ossidante, ha luogo una carbonizzazione, che si verifica portando la temperatura a circa
1.500 °C, in atmosfera inerte. In questo modo si
ottengono le fibre con la miglior resistenza a trazione. Per ottenere quelle con il modulo elastico
più elevato si effettua la grafitizzazione, a una
temperatura dell’ordine di 2.600 °C o poco più
(anche in questo caso in atmosfera inerte).
34
I compositi a base di fibre di carbonio si sono
rapidamente affermati, dapprima in campo aeronautico e quindi anche in tanti altri settori. Per
quanto riguarda le auto da competizione, la prima monoposto di Formula Uno con la scocca realizzata interamente con questo materiale è stata
la McLaren MP4, apparsa verso la fine del 1980.
L’arrivo delle fibre aramidiche
Le fibre aramidiche sono entrate in scena grazie
alla DuPont, grande azienda chimica americana, che ha iniziato a commercializzarle nel 1971.
Quella di gran lunga più nota e più impiegata è
stata denominata Kevlar e viene prodotta in più
versioni. I punti di forza sono la ridotta densità
(inferiore del 40% rispetto alla fibra di vetro e del
20% circa rispetto a quella di carbonio), l’elevata
Tecnica
Come si producono
Per produrre i componenti in materiale composito si impiegano tecnologie particolari. In genere si
utilizzano stampi nei quali si posizionano gli strati di tessuto impregnati di resina. Quest’ultima
nella grande maggioranza dei casi è epossidica.
Per fare avvenire la polimerizzazione si fa ricorso
a un indurente, ovvero a un catalizzatore, che va
mescolato con la resina nella corretta proporzione. La resina così attivata deve essere impiegata
rapidamente (spesso addirittura nel giro di qualche decina di minuti). Si tratta di una sequenza
di operazioni decisamente critica e davvero specialistica. Per semplificare le cose alcune ditte
producono dei tessuti preimpregnati con resina
attivata, detti prepregs, assai pratici da impiegare, che in genere vanno tenuti in freezer. In ogni
caso si tratta di prodotti, forniti in rotoli, che devono essere impiegati entro un determinato periodo, dopo il loro acquisto; in altre parole, hanno
una ben precisa “shelf life”, chiaramente indicata
dal fornitore. Benché ci siano dei prodotti che
Nei settori automotive e aeronautico viene
maggiormente utilizzato il Kevlar 49.
Lo troviamo, tra l’altro, nelle cinghie e
nei pneumatici
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Tecnica
anche elevate, effettuando inoltre l’intero processo con un accurato controllo dei parametri in
gioco. Un tipico ciclo di “curing” (ovvero di polimerizzazione e reticolazione della matrice) ha
una durata di alcune ore e, nella fase principale,
prevede una pressione dell’ordine di 5-8 bar e
una temperatura di 140-180 °C. In aggiunta alla
polimerizzazione in autoclave, a quella alla pressa, con uno stampo e un controstampo, a quella
in forno a pressione atmosferica (con i soli vacuum bags) e alla formatura manuale (wet layup), vanno segnalate due importanti tecnologie
sviluppate specificamente per la realizzazione
di componenti in composito. La prima è detta
filament winding e prevede l’avvolgimento su di
un mandrino rotante di filamenti o di nastri che
escono da una testa traslante. Largamente automatizzato, questo processo viene impiegato
per realizzare componenti come bombole, alberi
cavi e pale di eliche per elicotteri. La seconda è
la pultrusion, una estrusione per trazione, che si
effettua in macchine automatiche e consente la
realizzazione di laminati e profilati dalle ottime
caratteristiche.
Materiale d’attrito con Kevlar
Elmetto militare in Kevlar
Bombole gas in composito
polimerizzano a temperatura ambiente, nella
maggior parte dei casi il ricorso al calore è fondamentale. Anche l’applicazione di una certa
pressione è in genere necessaria; per questa ragione, quando si tratta di realizzare componenti
dalle elevate caratteristiche meccaniche e della
massima affidabilità, si fa ricorso a una autoclave. Dopo avere posizionato e sovrapposto come
necessario i vari strati di tessuto (assai meno
frequentemente si impiegano dei feltri, detti
mats) occorre procedere in modo da ottenere
36
la totale impregnazione delle fibre da parte della resina, da espellere completamente l’aria e da
eliminare la resina in eccesso. Per fare questo si
utilizzano diffusamente i vacuum bags, sacchi o
teli in nylon o in PVC nei quali si crea una forte
depressione mediante una pompa aspirante. In
questo modo si “sfrutta” la pressione atmosferica, che va a premere uniformemente sul pezzo
prima e durante la polimerizzazione della matrice. L’impiego di una autoclave si rivela assai più
efficace e consente di fare ricorso a pressioni
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News
100 Secondi su Moto.it
i 5 Mostri in moto
di Andrea Perfetti | Max è un esperto di moto soccorso. Chi meglio di
lui può raccontare gli errori più comici in cui incappiamo noi poveri
motociclisti? Dai, dite la verità, ci siete cascati anche voi?
M
ax (Motoquick.it) è un esperto di
moto soccorso. Chi meglio di lui
può raccontare agli amici di Moto.
it gli errori più comici in cui siamo
incappati noi poveri motociclisti?
Dite la verità, ci siete cascati anche voi?
Ecco i 5 Mostri in moto:
Quinto posto: Le conseguenze del tagliando fai
da te
Quarto posto: La perdita delle chiavi
Terzo posto: La partenza incatenato
Secondo posto: Il gasolio nello scooter
Primo posto: L’intutato con la batteria (e il morale) a terra!
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USA
I Fairgrounds e il raduno BMW
di Pietro Ambrosioni | Il BMW MOA Rally (Motorcycle Owners
Association) è il radunoBMW più importante d’America, ci sono decine
di migliaia di moto in giro per tutta la città, ogni modello, ogni anno,
ogni versione mai prodotta dalla Casa di Monaco
U
na volta arrivati a Salem, in Oregon,
ci siamo goduti quattro giorni di meritato riposo visitando in lungo e in
largo i “fairgrounds” dove c’erano
tutti gli espositori presenti al raduno BMW. Il
BMW MOA Rally (dove MOA sta per Motorcycle
Owners Association) è il raduno monomarca
BMW più importante d’America e si tiene ogni
anno in una diversa sede, tipicamente facendo
pendolo tra le due coste Est ed Ovest e passando per il Midwest. Nel 2014, dopo essersi tenuto
in Oregon nel 2013, il raduno sarà a St. Paul in
Minnesota, a poche miglia da Minneapolis. Pieno
Midwest dunque, in attesa di saper e poi la location sulla East Coast per il 2015. Tra le cose che
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da moltissimi fattori sociali, culturali e razziali (sì
ancora oggi, se non addirittura di più...) la gente
vuole sentirsi parte di qualcosa, qualsiasi cosa,
pur di superare queste barriere. Di fatto ne crea
delle altre. Per esempio, provate ad andare ad un
raduno Harley su una custom giapponese... Sia
come sia, il gruppo, la banda, il riders’ club assumono tra i motociclisti americani un’importanza
spesso esagerata. Ho sentito molti amici arrivare a dire: «...preferisco andare in giro in moto da
solo che aver a che fare con quelli del mio gruppo
motociclistico, che vogliono soltanto fare poche
miglia e poi restare nello stesso posto a parlare
per ore... io ho comprato la moto per usarla!».
Sta di fatto che i BMW riders non sono diversi.
Ragionano solo in termini di accessori originali,
roba tedesca, il boxer vero è solo quello con le
teste ad aria grosse, blablabla... Spesso la cosa
diventa fastidiosa, anche per me che ho un debole per le vecchie GS. Comunque, se il vostro cuore risiede anche parzialmente in Bavaria, questo
On the road
è il raduno per voi. Ci sono decine di migliaia di
moto in giro per tutta la città, ogni modello, ogni
anno, ogni versione mai prodotta dalla Casa di
Monaco. Abbiamo persino visto circolare sidecar militari con ancora le mitragliatrici montate!
All’interno del quartiere fieristico ci sono decine
di espositori specializzati in prodotti dedicati alle
BMW ed al moto turismo in generale, e se vi balla
qualche centone nel portafoglio questa è una delle migliori occasioni per fare shopping specifico.
Si trova veramente di tutto, dai ricambi d’epoca
ai supporti più impensabili per il vostro Garmin,
dalle luci di profondità che bypassano il Cam Bus
fino allo schienalino dedicato per la vostra RT del
1994. E poi caschi, abbigliamento, guanti, stivali,
borse, parabrezza e ogni tipo di accessorio, gadget e souvenir che vi possiate immaginare. L’apice del tutto, per chi è appassionato, è la sala
storica, dove sono esposte decine di modelli d’epoca, risalenti anche ai primi anni del Novecento.
Se dunque vi state chiedendo se valga la pena di
Media
colpiscono immediatamente ad un raduno come
il BMW MOA (questo è il quarto a cui vado) ci sono
certamente la venerabile età media dei partecipanti e il notevole “senso di appartenenza” che
si percepisce nell’aria. Non che altre moto non
siano benvenute... ma devono restare al di là dei
cancelli principali. Ed infatti la Valorosa ha dovuto rimanere ad aspettare fuori ogni giorno, come
un cane fedele, pur sapendo di aver visto molta
più “strada” di molte delle tedescone infighettate che la guardavano con alterigia dall’altra parte
del recinto. Il senso di appartenenza, e qui mi lascio andare ad una digressione filosofica, è una
cosa che ho trovato molto presente nella cultura
americana. In una nazione profondamente divisa
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News
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venire a vedere un raduno BMW in America... la
risposta è sì, ne vale la pena. Scegliete con attenzione la sede del raduno, perché nel 2012 in Missouri c’era un caldo allucinante, e l’anno prima in
Pennsylvania era così umido e soffocante che si
poteva stare in giro solo fino alle 10 del mattino
e dopo le 6 del pomeriggio... St. Paul quest’anno
dovrebbe essere ok, probabilmente un po’ caldo
e umido ma nulla di insopportabile. E le praterie
del Grande Nord sono meravigliose!
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Media
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preghiere, incazzature e attese spasmodiche
per un’emancipazione economica che ci avrebbe
permesso di tenere in debito conto le prescrizioni paterne ma di fare bellamente a modo nostro,
ovvero veleggiare a testa bassa verso l’acquisto
della prima motocicletta guidati principalmente
da una passione irragionevole e pervasiva come
l’ebbrezza per un innamoramento che non sente
ragioni.
Biagio, per soprammercato, decide che aspettare l’età giusta e la patente è una insopportabile scocciatura e acquista a diciassette anni la
sua prima motocicletta (una Kawasaki 500 due
tempi tre cilindri: una H1B) all’insaputa di tutti
e nonostante l’assenza dei requisiti fondamentali di cui sopra. La sua passione è troppo forte,
più gagliarda pure di una fastidiosissima artrite
reumatoide che col tempo lo porterà a non riuscire più ruotare i polsi ma non a rinunciare alla
La lettura
motocicletta (tranquilli, un certo Kevin#34 con
un polso bloccato guida ancora ad alti livelli…).
Ma la dimensione di un paese è tale da non fare
restare segrete a lungo le cose: nonostante Biagio indossi il casco per non farsi riconoscere - ben
prima che la legge ne imponga obbligatorietà- , la
notizia della sua avversione per le velocità codice
e il sereno diporto arriva presto alle orecchie del
papà e di lì in poi è uno scontro che si risolverà
presto in rassegnazione sia da parte del genitore
e sia da parte dei vigili urbani di Melicucco che
evitano di calcare la mano con quel giovane un
po’ esuberante ma che si fa voler bene.
Gli anni passano, nel garage le motociclette si accumulano, soprattutto Kawasaki Z 900 e 1000,
e Biagio affianca il padre nel negozio di abbigliamento ma nel frattempo presenzia a moltissimi mercatini e mostre-scambio, dove inizia a
farsi un nome come specialista delle sopraffine
I Racconti di Moto.it
“Ricomincio da Z”
di Antonio Privitera | Se si fa presto a dire moto e motori dove i bimbi
crescono a tortellini e pistoni, quando invece abiti nella piana di Gioia
Tauro è complicato fare capire al resto del mondo la tua viscerale
voglia di moto...
Se si fa presto a dire moto e motori dove i bimbi
crescono a tortellini e pistoni, quando invece abiti
nella piana di Gioia Tauro è complicato fare capire
al resto del mondo la tua viscerale voglia di moto
ed è ancora più difficile farne una scelta di vita:
questa è una storia breve ma vera, una storia che
metto in memoria coi tag “forza di volontà”, “famiglia” e “Z”.
Biagio è nato a Melicucco, provincia di Reggio Calabria, ed è uno di quelli che i Police cantavano in
“Born in the ‘50”: ragazzi cresciuti nel boom economico del dopoguerra che si godevano il fiorire
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in tutto il mondo delle nuove prospettive di vita,
dei nuovi traguardi raggiunti dalla tecnica e da
un’economia che, perlomeno alle nostre latitudini, aveva preso la rincorsa: in questo contesto
Furfaro padre apre un fortunato negozio di abbigliamento a Melicucco. Il figlio Biagio, non appena
in grado di intendere e volere motociclisticamente parlando, manifesta il proprio gradimento per
le potenti e ingestibili Kawasaki due tempi degli
anni ’70, passione assolutamente non condivisa
dal padre; e ti pareva. Questo è un bel problema
che in molti abbiamo affrontato con lamentele,
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affrontati; del resto, se non ci fossero state le
motociclette tutta la famiglia avrebbe passato
periodi molto difficili dopo l’infruttuosa vendita
del negozio di abbigliamento.
Sembrava tutto bello. Sembrava tutto non facile
ma possibile. Sarebbe potuto essere per sempre:
i figli si laureano con successo a Parma, Biagio e
Pasqualina continuano a trattare vecchie glorie a
due ruote nel loro capannone; la vita sarebbe potuta passare così, con la soddisfazione di essere
ritenuto uno dei massimi esperti di “Z” in Italia e
richieste di restauro per un “testa nera” che arrivano anche da oltreoceano. La storia potrebbe
finire qui.
Ma tre telefonate al giorno per undici anni sono
un campanello d’allarme. Sono la spia che la nostalgia e il richiamo della terra, dei propri amici e
della propria famiglia sono inevitabili. Da quando
si è trasferito a Parma, Biagio chiama almeno tre
Kawasaki a quattro cilindri; non può e non vuole
rinunciare all’attività paterna che in seguito rileva
e conduce da solo, ma riesce a dare attuazione
concreta a quella passione per la moto che lui
desidererebbe costituisse il 100% della sua attività lavorativa. Eppure, il mondo cambia: alla fine
degli anni ottanta il negozio inizia a non garantire
più il reddito sufficiente a dare a Biagio e alla sua
famiglia sicurezze economiche e, scomparso il
padre, Biagio decide che è il momento di puntare
tutto sulla sua passione per le motociclette. Visti
i risultati, l’idea è stata coraggiosa ma provvidenziale. Purtroppo non tutto va come ci si aspetta:
dalla vendita del negozio non si ricava che un
credito inesigibile e messo di fronte ad una situazione difficile, Biagio reagisce scalando non una
ma due marce e dando pieno gas: con una determinazione e una visione da fare invidia al mondo
“Mister Z” coglie l’occasione per trasferirsi a Parma e ricominciare da lì, anzi da “Z”, nel capoluogo
emiliano dove già il figlio Enzo si è insediato in
un bilocale per frequentare l’università. La mossa è azzardata come una piega al limite con un
46
La lettura
volte al giorno la madre o gli amici a Melicucco e
alla fine, dopo più di undici anni di vita Emiliana,
così come aveva avuto un coraggio leonino per
sradicarsi e cercare maggiore fortuna al nord,
Biagio con una serena risata decide che è venuto
il momento di tornare in Calabria, perché i figli si
sono laureati e lui ha già un altro progetto: se non
è mai potuto diventare un concessionario, almeno avrà il suo show-room. Cominciano le grandi
manovre alle quali partecipa tutta la famiglia per
trasportare con tre viaggi Emilia-Calabria di un
enorme bilico tutto il contenuto del capannone;
Biagio saluta meglio che si può una terra che l’ha
accolto ma che forse non l’ha mai conquistato,
perlomeno nel cuore. E’ stato bellissimo ma ora è
finito; si torna a casa e si ricomincia, ancora una
volta.
Incontro Biagio Furfaro nella sua officina a Melicucco, dove restaura e tratta ogni moto come se
Kawasaki HB1, ma il resto della famiglia (la signora Pasqualina, le figlie Cristiana e Polsina) non ha
dubbi e tutti e cinque si stipano nel bilocale, certi
che in Emilia-Romagna sia molto più semplice
gestire l’attività di acquisto e vendita di ricambi
e moto d’epoca.
A Parma Biagio affitta nel 1989 una stalla nella
quale trasferisce in poco tempo le sue “Z” e tutto ciò che aveva nel garage a Melicucco, ma ben
presto gli affari decollano e si dota di un capannone di 500 metri quadrati che poi, col raggiungimento di un notevolissimo volume di moto e
ricambi movimentati, abbandona per spostare
la sua attività in un capannone grande più del
doppio. Biagio è felice, ha finalmente coronato il
sogno di mantenere sé e i propri cari lavorando
nel mondo delle moto, tra l’altro guadagnando
una riconosciuta autorevolezza nel campo del
restauro delle motociclette giapponesi, ed il suo
emozionante mestiere di rivenditore/restauratore è diventato il mezzo di sostentamento di
tutti i Furfaro che non mancano di ringraziare le
moto e il capofamiglia per il coraggio e i sacrifici
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La lettura
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dovesse tenerla per sempre. Per me che l’ho visto lavorare è stato facile capire il rapporto quasi
simbiotico che lega “Mister Z” alle motociclette
che cura augurandosi sempre di non doversene
mai separare, quasi a sperare di non ricevere mai
la telefonata di un acquirente. Scaffali enormi
zeppi di ricambi, serbatoi, cerchi, forcelloni, parti
motore, c’è da perdere la testa per le meraviglie
che trovo in un luogo che certo non sospettavo
così pregno di chicche uniche; nell’officina giacciono interi Z 900 smontati e ricondizionati fino
alla più piccola vite in attesa di essere assemblati
e rimessi a marciare come le altre splendide Z
(una 400, una 650 e una 1000 lucide e perfette
come appena uscite dalla catena di montaggio)
che fanno capolino da sotto un telo, nell’assoluto
ordine e pulizia.
Biagio è un torrente saggio di storie di motociclette e viene spesso interrotto dal telefono dal
quale dispensa generosamente consigli e pareri per un restauro a tutti gli appassionati che lo
chiamano e comunica una voglia di fare bene che
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è contagiosa, che mette di buonumore e fa capire che con la buona volontà e il coraggio tutte le
difficoltà sono superabili, nella vita, nel restauro
delle motociclette giapponesi, nel recuperato
rapporto con la propria terra. Mi emoziona capire con quale cognizione di causa mostra le sottili
differenze tra parti che sembrerebbero identiche
e che invece hanno una precisa collocazione a
seconda dell’anno di produzione della Z 900, del
resto è evidente un sapere quasi enciclopedico
sulle moto degli ultimi 50 anni che Biagio non
ostenta ma elargisce con gentilezza.
Dei suoi polsi bloccati vi ho già detto. Onore al
merito.
Del fatto che il suo show-room a Melicucco –
nei locali dell’ex-negozio di abbigliamento- sarà
pronto tra poco, mi ero quasi dimenticato.
Purtroppo, infine, non ho modo di provare come
dal suo covo io sia uscito ubriaco di positività e
benzina rossa tanto da mandare in tilt l’etilometro della passione motociclistica. Per una volta,
fidatevi.
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Nico Cereghini
Dorna, che
delusione!
Un ragazzo è morto sulla pista di
Misano qualche ora prima del GP,
e non si è pensato ad un gesto di
partecipazione. Non sarebbe stata
retorica: si fa finta di niente perché
manca la cultura della sicurezza
Media
C
iao a tutti! Spicca
una notizia
tragica, nel
fitto
fine
settimana
motoristico: la morte a Misano,
in Coppa Italia, di un giovane
pilota che si chiamava Emanuele Cassani. Ne abbiamo
dato riscontro domenica: una
dinamica perfida, la carambola
subito dopo il via della Bridgestone 600, Emanuele finisce
a terra con la sua Yamaha R6,
i piloti che lo seguono non riescono ad evitarlo. Questo povero ragazzo faentino avrebbe
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
compiuto 26 anni a giugno: una
passione enorme per la moto,
diverse vittorie, andava forte
e anche qui scattava dalla prima fila con il secondo tempo.
I quotidiani d’informazione e
i telegiornali hanno usato toni
pesanti, accade sempre in questi casi, ma d’altra parte non si
può dar loro torto. Anche voi, in
alcuni commenti, avete evidenziato quanto sono pesanti i bilanci del nostro sport; e se siamo colpiti dalla dura contabilità
delle vittime persino noi –che
pure condividiamo la passione e comprendiamo la spinta
a correre- figurarsi chi si sente
estraneo a queste ragioni e a
queste emozioni. Purtroppo lo
sport che amiamo è pericoloso.
Inutile girarci intorno. Non il più
pericoloso, ma comunque uno
dei numerosi sport pericolosi.
E io dico che ignorare il rischio,
sottovalutarlo, anche soltanto
far finta di niente, è ancora più
pericoloso. Parto da una nota
amara: ad Austin, diverse ore
dopo la morte di Emanuele
Cassani, la Dorna non ha sentito la necessità di fare qualcosa
per esprimere il suo lutto e la
sua partecipazione, nonostante la passione sia la stessa che
accomuna i piloti grandi e quelli
piccoli. Questo silenzio è stato
vergognoso. E non perché servissero discorsi sulla retorica
del sacrificio, ma proprio perché, almeno dal mio punto di vista, questo silenzio riflette una
impostazione che fa del male a
tutto il motociclismo. Io penso
che il pericolo vada prima di
tutto riconosciuto, e soltanto
così si può poi affrontarlo e risolverlo in tutti i suoi aspetti.
Dorna e FIM qualcosa fanno e
le piste per esempio sono migliorate tanto, ma entrambe
restano su terreni ambigui e di
sicuro non fanno abbastanza.
So quel che dico. La federazione internazionale dello sci, per
dirne una che si occupa di altri
sport pericolosi, ha una struttura specifica che si chiama ISS
(Injury Surveillance System);
qui, con importanti università,
medici prestigiosi e aziende,
la FIS affronta la problematica
della sicurezza in modo continuativo e professionale, tanto
che recentemente ha cercato
un accordo con Dainese per
realizzare un air-bag specifico
per i suoi sciatori, da rendere
obbligatorio. Ebbene, tanto per
fare un confronto impietoso
sullo stesso argomento delle
lesioni al tronco, la FIM non prevede nemmeno l’obbligatorietà
del paraschiena, che a norma di
regolamento è attualmente –e
parlo del campionato mondiale
piloti- soltanto “suggerito”. Qui
siamo a livello della Piaggio, che
negli anni Settanta, nel tentativo di arginare l’obbligatorietà
Editoriale
del casco per la Vespa, ancora
commissionava uno studio al
Politecnico per dimostrare che
il casco… era pericoloso! Non
ci credete? Io alla conferenza
stampa di presentazione di tale
dotta relazione c’ero, e rimpiango soltanto di non averla
conservata. Detesto chi, magari
pensando di non appannare
l’immagine del nostro sport,
finge di non vedere e non sapere.
Ignorare il rischio,
sottovalutarlo, anche
soltanto far finta di niente,
è ancora più pericoloso
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MotoGP
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DopoGP con Nico e Zam
Il GP di Austin nel segno di Marquez
e degli errori
Nico Cereghini conduce l’approfondimento sulla MotoGP dopo il GP del
Texas. Tanta tecnica con l’ingegner Bernardelle e ospite in studio Paolo
Beltramo. Si parla del GP che ha visto Marquez dominare, Lorenzo e la
Bridgestone sbagliare
Q
uarta puntata del Dopo GP di Nico
e Zam, la trasmissione condotta
da Nico Cereghini e con Giovanni
Zamagni inviato sulle piste del mo
tomondiale. Puntata questa volta dedicata al secondo GP della stagione, quello delle
Americhe, corso sulla pista di Austin in Texas. Un
Gran Premio dominato dal primo turno di prove
libere sino all’ultimo giro della gara da Marc Marquez, che non ha lasciato spazio ai rivali. A Pedrosa che non lo ha mai insidiato, a Lorenzo che
si è auto escluso a causa di un incredibile jump
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start, a Rossi che è stato penalizzato - al pari di
altri piloti come un consistente Iannone - dalla
defaiance delle gomme Bridgestone. Di positivo
per i nostro colori, il terzo posto conquistato da
Andrea Dovizioso. Ne discutiamo grazie ai contributi di Giovanni Zamagni - inviato sulle piste
del Motomondiale - con l’ingegner Giulio Bernardelle, per quanto riguarda gli aspetti tecnici,
e con Paolo Beltramo. Grande spazio ai vostri
interventi con i commenti più interessanti e le
video domande che ci avete inviato.
Rispondi ai sondaggi
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MotoGP
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GP di Austin
Lo sapevate che... ?
di Giovanni Zamagni | Lo sapevate che il contratto Bridgestone è in
scadenza? Che Stoner era nei box... ma non torna? Che il GP di
Argentina costa più della trasferta Giappone-Malesia-Australia?
B
AUTISTA ROMPE ALLA NISSIN-BREMBO-NISSIN
Anche perché, dopo i problemi patiti in Qatar, il
PRIMA CURVA
Non è certo stato un fine settimana fortunato per Alvaro Bautista,
caduto in gara dopo mille problemi in prova. Venerdì, appena uscito dalla corsia box, Bautista
si è dovuto addirittura fermare alla prima curva
(!) con il motore rotto: quando inizi così, è chiaro
che il GP non può andare bene.
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team Gresini aveva ottenuto dalla HRC il permesso di provare i freni Brembo, che per il loro modo
di funzionare richiedono una taratura diversa
delle sospensioni: i Brembo, a detta di Bautista,
sono molto più aggressivi, i Nissin più progressivi. La rottura del motore ha scombussolato i
piani e costretto il team a lavorare con una moto
sola per tutto il primo turno di libere, ma sulla
seconda RC213V, le sospensioni erano regolate
per i Nissin e, naturalmente, non c’era tempo per
adattarle ai Brembo. Alvaro, quindi, ha dovuto
testare il differente impianto frenante in condizioni critiche e sabato si è deciso di abbandonare
l’esperimento per tornare definitivamente (per
quest’anno) all’impianto giapponese in versione,
però, 2013, più affidabile di quella sviluppata per
questa stagione. Insomma, una gran confusione:
anche per questo il rendimento dello spagnolo è
stato ben al di sotto delle aspettative.
STONER: “NESSUNA
INTENZIONE DI TORNARE”
Dopo essere stato sabato sera a seguire il motocross AMA (l’amico Villipoto avrebbe potuto
conquistare il titolo, invece gli mancano ancora due punti), domenica Casey Stoner ha fatto
visita agli ex colleghi nel paddock di Austin. Sorridente, rilassato, in grandissima forma, Casey ha
confermato di non avere nessuna intenzione di
tornare a correre e di essere ben felice di godersi
la vita: davvero tutto un altro Stoner rispetto a
quello di fine 2012, suo ultimo anno da pilota del
motomondiale.
ARGENTINA: CHE CAOS
Manca solo una decina di giorni al GP d’Argentina, ma il caos regna totale, con una logistica a
dir poco approssimativa. Per esempio, alla metà
dei team e degli addetti ai lavori non sono ancora state confermate le macchine a noleggio per
raggiungere Termas de Rio da Tucuman (circa
70 km di una strada fatiscente), dove molti atterreranno dopo aver fatto scalo a Buenos Aires. Inoltre, i costi sono stellari, tanto che i team
hanno chiesto ad Austin un aiuto alla Dorna per
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affrontare le spese, addirittura superiori a quelle
della triplice trasferta Giappone-Malesia-Australia di fine anno. Semplicemente pazzesco.
HAYDEN RINCORSO
ALL’INGRESSO
Negli Stati Uniti la MotoGP non è esattamente
lo sport più popolare (anche se nei tre giorni, un
po’ ottimisticamente, sono stati dichiarati più di
100.000 spettatori), tanto che giovedì pomeriggio, i controlli all’ingresso del paddock hanno
rincorso Nicky Hayden, non per chiedergli un autografo, ma per verificare che avesse un regolare
pass per entrare in circuito. Nicky, tra l’altro, era
pure vestito con la divisa del team Martinez…
DUCATI MANTIENE LA
PULSANTIERA OPEN
In Qatar, la Ducati era stata costretta a utilizzare
il cruscotto con la pulsantiera “Magneti Marelli”, quella destinata alle “Open”, per il repentino
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cambio regolamentare quando le moto erano già
state spedite a Losail. La pulsantiera è stata però
mantenuta ad Austin (e lo sarà per tutta la stagione), anche se è stata adattata con le classi tre
mappe “A”, “B” e “C” a seconda delle esigenze
del pilota.
MASERATI PER LORENZO
E ROSSI
Il gruppo Fiat – sponsor della Yamaha – ha messo a disposizione dei due piloti Jorge Lorenzo e
Valentino Rossi due splendide Maserati da utilizzare nei giorni del GP per fare avanti-indietro
dall’hotel al circuito: Jorge ne ha subito approfittato, mentre Valentino l’ha lasciata in garage.
MARQUEZ TESTIMONIAL DEL GP
La locandina che pubblicizzava in tutta Austin il
GP delle Americhe ritraeva Marc Marquez in una
delle sue pieghe esagerate, con una scritta davvero azzeccata: “L’emozione della guida a 65°”.
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YAMAHA VUOLE I FRENI GRANDI
Per regolamento, i dischi dei freni devono essere
di 320 mm di diametro e soltanto in casi eccezionali, come per esempio in Qatar, si possono
montare quelli più grandi da 340 mm. L’aumento
della potenza e del peso della moto, mette però
sempre più in crisi l’impianto frenante e la Yamaha ha fatto richiesta ufficiale di poter utilizzare
sempre i dischi di maggiore diametro: per il momento non se ne fa nulla, ma la domanda verrà
valutata e presa in considerazione, anche perché
si parla di sicurezza e non di dare un vantaggio
specifico a una casa.
GOMME 2013:
BRIDGESTONE SPIEGA PERCHE’
Aveva suscitato qualche malumore – soprattutto in Casa Honda – la decisione della Bridgestone di portare ad Austin la gomma media (quella
più morbida delle due a disposizione in Texas)
in versione 2013. Il costruttore giapponese ha
MotoGP
spiegato, però, che questa scelta non è stata
fatta per assecondare le «lamentele di qualcuno» (ogni riferimento a Lorenzo è puramente
casuale), ma perché dato che la Ducati ha scelto
di correre nella “Open”, bisognava costruire un
maggior numero di coperture extra morbide e
non c’era il tempo per preparare le medie 2014.
Secondo qualcuno, però, la verità è molto più
semplice: bisogna smaltire degli pneumatici già
prodotti che, altrimenti, sarebbero stati buttati.
GRESINI FESTEGGIA 18 ANNI
Ad Austin, il team Gresini ha festeggiato 18 anni
di attività, per la verità senza troppa fortuna: era
il 13 aprile 1997, quando la squadra di Fausto
Gresini fece il suo debutto nel mondiale 500 nel
GP della Malesia, con la Honda bicilindrica affidata ad Alex Barros. Da allora, il team Gresini è
sempre stato uno dei grandi protagonisti del motomondiale, capace di vincere due titoli iridati (in
250 con Daijiro Kato e in Moto2 con Toni Elias) e
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di conquistare numerose vittorie in 250, Moto2
e MotoGP. Tra l’altro, l’ultimo successo nella
massima cilindrata di un pilota non “ufficiale” è
proprio del team Gresini, quando Toni Elias, nel
2006, battè in volata Valentino Rossi all’Estoril
nel GP del Portogallo.
andare in uno sfogo più che comprensibile: “La
moto cambia continuamente, ogni turno è sempre differente, prendo dei rischi pazzeschi per
lottare per le ultime posizioni: così non ha senso
correre”.
QUEST’ANNO SI
SCELGONO LE GOMME
All’interno del paddock, c’era la riproduzione della sagoma di Kevin Schwantz in completo da pilota, con un buco ricavato al posto della visiera del
casco dove mettere la propria faccia per una singolare e suggestiva foto ricordo nelle sembianze
del grandissimo pilota texano. In tanti ne hanno
approfittato per uno scotto commemorativo: tra
gli altri, perfino Valentino Rossi, che poi ha postato la foto su twitter. Questo il commento: «Ho
sempre sognato di essere Kevin Schwantz, oggi
ci sono riuscito».
Il contratto della Bridgestone con la Dorna come
fornitore unico della MotoGP scadrà a fine 2015,
ma deve essere rinnovato, per il triennio successivo, entro questa stagione. Ecco quindi che
sono iniziate le trattative con la sensazione – per
il momento niente di più, anche perché nessuna
delle parti interessate si sbilancia – che, difficilmente, si andrà avanti con il costruttore giapponese: l’alternativa più probabile è quella della
Michelin, che sta facendo grandi pressioni sulla
Dorna, ma in lizza ci sarebbe anche la Pirelli.
DANILO PETRUCCI:
“COSI’ NON HA SENSO”
Dopo le qualifiche, Danilo Petrucci si è lasciato
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MotoGP
ROSSI REALIZZA IL SUO SOGNO
IO L’AVEVO DETTO
Davide Tardozzi (responsabile Ducati), prima
delle qualifiche: “Marquez in pole, Dovizioso e
Iannone in prima fila”. Risultato delle qualifiche:
1° Marquez, 9° Iannone, 10° Dovizioso.
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MotoGP
Davide Brivio
“Lorenzo destabilizzato da Rossi”
di Giovanni Zamagni | Il team manager della Suzuki commenta il GP
delle Americhe: “La ritrovata competitività di Valentino da fastidio a
Jorge. Marquez fenomeno, gara falsata dalle gomme”
D
avide Brivio, team manager Suzuki,
commenta per moto.it il GP delle
Americhe. «Ci si aspettava un dominio della Honda e così è stato: già nel
2013, Marquez aveva vinto qui brillantemente.
Quest’anno ha messo a frutto tutta la sua esperienza e ha letteralmente monopolizzato il GP,
mentre Pedrosa ha cercato di resistere un po’,
ma più di tanto non ha potuto fare. Complimenti
alla Ducati per il podio, ma bisogna sottolineare
la situazione gomme, con tanti problemi per diversi piloti con l’anteriore».
Ecco, come li spieghi?
«Difficile saperlo, anche la Bridgestone se lo sta
chiedendo: è comunque strano, perché in prova,
quei piloti che poi hanno avuto problemi in gara
avevano effettuato parecchi giri effettuando la
distanza del GP con la stessa gomma. Forse c’è
stato un cambio di temperatura, decisamente
più basse domenica rispetto ai giorni precedenti:
la Bridgestone sembra soffrire i cali del termometro, ma, solitamente, un abbassamento come
quello di Austin non ha mai creato questi problemi. Forse incide anche l’asfalto un po’ particolare, lo stile di guida del pilota, il bilanciamento
della moto: tanti fattori possono aver portato a
questo eccessivo consumo, è difficile da spiegare. E’ un peccato perché ha falsato un po’ l’esito
della gara, a iniziare da quella di Valentino Rossi, che avrebbe sicuramente conquistato il podio. Anche Andrea Iannone è stato privato dalla
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possibilità di ottenere un buon risultato: se non
altro, ne ha tratto beneficio Andrea Dovizioso.
Questa era stata una gara particolare anche nel
2013, perché quello di Austin è un tracciato con
molte ripartenze da zero e rettilinei molto lunghi,
quindi favorevole alla Honda».
Una provocazione: Marquez può vincere tutte
le gare?
«Potenzialmente sì, ma la statistica, la storia
dice che vincerle tutte è molto difficile: insomma,
potrebbe anche farlo, ma io non credo che ci riuscirà».
E’ sempre difficile fare dei paragoni, ma si può
dire che è uno dei piloti più forti mai visti?
«Ha dimostrato di essere fortissimo lo scorso
anno: al debutto ci si aspetta sempre che l’inesperienza giochi brutti scherzi e che il pilota
possa commettere degli errori. Invece, nella sua
prima stagione in MotoGP, quella nella quale,
teoricamente, avrebbe potuto permettersi qualche errore, ne ha fatto in gara uno solo al Mugello
(era secondo a due giri dalla fine, NDA). In prova,
nel 2013, ne ha fatti parecchi, ma anche questo è
un segnale di intelligenza: il venerdì e il sabato osi
un po’ di più, prendi le misure e qualche scivolata
ci può stare, ma in gara non sbagli. Quest’anno,
mettendo a frutto l’esperienza dovrebbe essere,
sulla carta, inarrivabile…: sicuramente siamo di
fronte a uno dei talenti che faranno la storia del
motociclismo».
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Un’altra provocazione: il campionato è già finito?
«Visto quanto è successo ad Austin sembrerebbe di sì, ma la storia e l’esperienza ci insegnano
che non può essere finito quando mancano ancora 16 GP. Tutto può succedere, anche se un
Marquez in questa forma ha un bel vantaggio: in
qualche gara farà secondo o terzo invece di primo, ma sarà sempre protagonista. Ma aspettiamo un attimo a “chiudere” il campionato».
Andiamo avanti con le provocazioni: hai mai
visto uno sbaglio grossolano come quello di
Lorenzo in partenza?
«Per la verità sì: 1998, Scott Russell a Laguna
Seca, in SBK. Diciamo però, che lì Russell non
era al meglio della sua forma fisica – lo dico con
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grande simpatia e affetto – e confessò di essere stato contentissimo di aver fatto un paio di
giri in testa negli Stati Uniti nella gara di casa…
Chiaramente questa è tutta un’altra situazione:
Lorenzo è un candidato al titolo e arrivava da una
brutta gara e doveva riscattarsi. Non avrebbe
potuto vincere, ma avrebbe dovuto “difendersi”
e conquistare punti importanti invece; forse, si
è fatto prendere dalla tensione. E’ in un momento particolare: non è molto brillante fin dai test
invernali, perlomeno non brillante come siamo
abituato a vederlo. Non è il solito Lorenzo: nella
prima gara ha commesso un errore, qui un altro.
Posso fare io una provocazione?».
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MotoGP
Lorenzo aveva messo in conto la velocità di Marquez, ma non si aspettava quella di Valentino e
questo lo ha ulteriormente destabilizzato. Però
sa solo lui cosa sta succedendo».
La tua considerazione mi fa venire in mente
un tema: è così difficile rimanere ad alto livello per tanto tempo come riesce, per esempio,
a Valentino Rossi, sempre là in alto dal 1996,
fatta eccezione, naturalmente, per i due anni
in Ducati?
«E’ difficile rimanere ad alto livello per una stagione intera: quando un pilota ci riesce, consuma molte energie. Lorenzo negli ultimi anni ha
dimostrato di essere in grado di riuscirci: sono
almeno tre anni che corre ad altissimo livello (secondo me anche di più, dal 2009, NDA), facendo pochissimi errori e rimanendo sempre molto
concentrato. Io ho lavorato diversi anni con Valentino e devo dire che è sempre stato molto “impermeabile” alle diverse situazioni: un pilota è un
essere umano, ci sono tante circostanze della
vita privata che ti possono condizionare, ma lui
ha sempre avuto un “umore sportivo” costante.
Anche Lorenzo ha dimostrato di essere così, ma
quest’anno è un po’ diverso».
Lorenzo aveva messo in conto la velocità di
Marquez, ma non si aspettava quella di
Valentino e questo lo ha ulteriormente
destabilizzato
Prego.
«Forse incide la ritrovata competitività di Rossi.
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MotoGP
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Schwantz prova la Suzuki
“Pronta per correre”
Il campione del mondo della 500 Kevin Schwantz è salito di nuovo in
sella. L’occasione è stato un test sulla nuova Suzuki MotoGP nel
circuito di Austin
I
l campione del mondo della 500 Kevin Schwantz è salito di nuovo in sella.
L’occasione è stato un test sulla nuova
Suzuki MotoGP nel circuito di Austin. Il
pilota texano aveva già provato in passato la
GSX-R1000S e le differenze gli sono subito state
evidenti: «La sensazione è quella di essere passati da una 500cc a una 250cc; la MotoGP è è
così piccola e compatta! La moto curva bene, va
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forte in accelerazione ed è veloce, mi sono divertito davvero tanto. E’ molto potente ed efficace
in frenata quindi non resta altro che accelerare
e frenare, al resto ci pensa la moto. Credo che
Suzuki dovrebbe correre sin da ora, il più presto
possibile. Molte cose possono essere verivicate
nei test ma è solo correndo che si capisce veramente una moto. Dopo aver guidato la MotoGP
ora apprezzo ancora di più la GSX-R e desidero
continuare a lavorare sulla moto per prepararmi
in vista della gara di Suzuka in luglio». Da registrare che anche il tester Suzuki Randy De Puniet ha provato sulla pista di Austin, portando
a termine 56 giri staccando il miglior tempo di
2’06.41. Va precisato che le condizioni della pista
rispetto al week end di gara erano nettamente diverse: le piogge di lunedì hanno sporcato il tracciato e le temperature erano più basse. «Questa
era una pista nuova per la Suzuki – ha detto De
Puniet -. Abbiamo lavorato sul setting e sui rapporti del cambio.
Abbiamo continuato il lavoro di confronto per
scegliere uno dei due telai a nostra disposizione.
Il migliore si è confermato quello che avevamo
preferito anche a Sepang che è più stabile in
entrata di curva». «E’ stato emozionante vedere
Kevin Schwantz, l’eroe di tutti, in sella alla nostra
moto qui» ha aggiunto Davide brivio.
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Le foto più
spettacolari
del GP
di Austin
Un GP pieno di imprevisti e con la grande
conferma della supremazia di Honda e Marquez.
Ecco gli scatti più emozionanti fuori e
dentro la pista
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MotoGP
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MotoGP
Media
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MotoGP
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montata sulla sua moto si è staccata e toccando
il motore si è fusa provocando del fumo. Pensando che a fumare fosse il motore della S1000RR
del pilota inglese, i marshall gli hanno esposto
la bandiera che segnalava un problema alla sua
moto. Leon però non ha visto la bandiera ed è rientrato al suo box pochi giri dopo.
La Direzione di gara ha deciso di penalizzarlo con
un punto sulla patente per guida pericolosa (?).
Andreozzi ha seriamente rischiato di non prendere il via nelle gare di domenica. In due giorni infatti il pilota del team Pedercini ha praticamente
distrutto due moto. Sarebbero state due innocue
scivolate se la sua moto non si fosse impuntata
e rimbalzata sulla via di fuga. Bravi i meccanici
del team mantovano a ricostruire in poco tempo
Superbike
una moto nuova, dando fondo a tutto il magazzino che il team Pedercini si porta dietro per le
gare. Basta capirsi. Tutte le prove della Superbike (escluso il turno precedente la Superpole)
sono cronometrate ed i tempi sono quindi validi
per qualifiche. Ciò nonostante sui tempi pubblicati dai cronometristi vengono denominate “free
practice”.
Ma cosa abbiano di “free” non è dato sapere.
Visti nel paddock Joan Lascorz e Ruben Xaus,
mentre non c’è stata traccia di Carlos Checa,
che era invece dato come ospite della domenica.
Vista la concomitanza con la MotoGP di Austin il
boss della Dorna ad Aragon era l’ex pilota Gregorio Lavilla, che vive a Tarragona, a meno di 100
chilometri dall’autodromo.
Superbike gp di Aragon
E’ successo anche questo
di Carlo Baldi | Il coperchio della frizione di Guarnoni colpisce la
tabella di Elias. Andreozzi distrugge due moto e Camier viene
penalizzato a causa di una telecamera. Free practice per niente free
A
d Aragon è successo che nel corso
della Superpole 1 il motore di Guarnoni sia esploso proprio mentre
passava sul rettilineo dei box. Il coperchio della sua frizione è letteralmente stato
sparato verso il muretto ed ha colpito la tabella di
segnalazione di Elias. La Kawasaki del francese
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ha lasciato una lunga scia d’olio per tutto il rettilineo e per rimuoverla o comunque assorbirla
con sabbia e filler sono intervenuti ben 42 addetti oltre al camion spazzola. Mai vista tanta gente
al lavoro in pista. Camier è stato penalizzato con
un punto sulla sua “patente” di pilota perché nel
corso delle libere del sabato la sua telecamera
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SPECIALE motocross
gp della
bulgaria
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essendosi asciugata aveva molti punti ostici specie per la sua caviglia. La seconda manche si è
corsa sotto una pioggia battente e questa volta
il siciliano ha preso subito il largo mantenendo
stretto il comando sino alla fine nonostante un
paio di errori che sarebbero potuti costare caro
e che invece è stato in grado di controllare. Paulin ha disputato una prima manche impeccabile,
del quale si è detto orgoglioso per quanto bene
abbia guidato, mentre nella seconda è stato più
prudente ed ha mantenuto la quarta piazza per
tutto il tempo garantendosi il secondo posto
assoluto di giornata davanti a Jeremy Van Horebeek. L’ufficiale Yamaha ha continuato nella
sua serie di regolari prestazioni ai vertici, dopo
essere stato capace assieme alla sua squadra di
ribaltare la prima giornata della quale non si era
Motocross
detto affatto soddisfatto. Modificato il setup della
sua YZ450FM, il fiammingo è rimasto terzo per
quasi tutta la frazione iniziale per poi cedere la
posizione a Kevin Strijbos per poi disputare una
straordinaria prova di chiusura nella quale si è
guadagnato la seconda posizione a denti stretti.
Undicesimo David Philippaerts, penalizzato da
una caduta, e solo diciottesimo Davide Guarneri
incappato in una giornata tutta da dimenticare.
Il risultato della MX2 ha visto le prime cinque
posizione replicarsi in entrambe le manche, con
Jeffrey Herlings che risolti i problemi agli avambracci accusati nelle qualifiche non ha avuto problemi a tenere a bada Arnaud Tonus che viste le
condizioni mutevoli del fondo ha dato un colpo al
cerchio ed una alla botte portando a casa due secondi posti grazie ai quali ha mantenuto stretta
Sevlievo incorona Cairoli
dopo sette anni fa suo il
GP della Bulgaria
di Massimo Zanzani | Tony di nuovo mattatore della MXGP.
Herlings vince nella MX2. Cairoli e Tonus primi in campionato
S
ette lunghi anni di sofferenza ma
alla fine Antonio Cairoli ha avuto di
nuovo la soddisfazione di ritornare
sul gradino più alto del podio bulgaro. L’ultima volta era stato nel 2007 nella MX2,
questa volta Tony ha consolidato il suo ruolo di
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leader con un secondo ed un primo posto che
oltre ad avergli permesso di centrare la sua 66ª
vittoria lo ha curiosamente portato a 222 punti
nella classifica iridata. L’ufficiale KTM nella prima
manche ha desistito ad attaccare il determinato
Gautier Paulin per l’insidiosità della pista che pur
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Motocross
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la tabella rossa di leader anche se ora solo per
quattro punti di vantaggio. Terzo gradino del podio per l’eccezionale Jordi Tixier che ha corso
con il polso malandato per la recente caduta,
seguito in entrambe le frazioni da Dylan Ferrandis e Romain Febvre. In evidenza Ivo Monticelli
undicesimo nonostante abbia corso quasi tutta
la seconda manche con la ruota posteriore frenata dalla fettuccia segna percorso. Azzurri alla
grande anche nella classe EMX300, che ha visto
Samuele Bernardini precedere Marco Maddii.
Guarda tutte le classifiche
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Le foto più
belle del GP
del Trentino
I beniamini dei tifosi non hanno brillato nel GP
di casa ma lo spettacolo non è mancato. Ecco gli
scatti più emozionanti dentro e fuori la pista
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Responsabile editoriale
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Capo Redattore
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Redazione
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Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Francesco Paolillo
Aimone dal Pozzo
Edoardo Licciardello
Grafica
Thomas Bressani
Collaboratori
Nico Cereghini
Massimo Clarke
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Lorenzo Boldrini
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
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Antonio Gola
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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