Encefalopatia epatica, terapia antibiotica riduce recidive e

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Informare i pazienti e i loro famigliari, sensibilizzare i medici, spiegare all'opinione
pubblica cos’è e quali sono i sintomi dell'encefalopatia epatica. Solo così si riuscirà a
trattare e a prevenire questa patologia in maniera adeguata, facendo guadagnare ai
malati in salute e risparmiare il Sistema Sanitario Nazionale. Lo hanno spiegato oggi
rappresentanti delle associazioni di pazienti e specialisti durante un workshop
dedicato alla sensibilizzazione sull'encefalopatia epatica, una delle conseguenze della
malattia epatica cronica.
L'encefalopatia epatica è una condizione clinica che, se non individuata e trattata in
maniera appropriata, può incidere pesantemente sulla qualità di vita del paziente, fino
ad essere invalidante. Cali dell'attenzione, difficoltà di concentrazione e deficit delle
abilità spaziali sono i primi segnali, risultanti anche in un aumentato rischio di incidenti
stradali. I segni più eclatanti sono deficit cognitivi, confusione, difficoltà a svolgere
lavori manuali di precisione. Nei casi più gravi si arriva anche al coma. “Lo spettro dei sintomi è talmente vasto che spesso vengono scambiati per qualcosa
di diverso”, afferma Erica Villa, Professore Ordinario di Gastroenterologia, Università
di Modena e Reggio Emilia, Direttore della UC di Gastroenterologia dell'Azienda
Ospedaliero-Universitaria di Modena. “Si tratta spesso di pazienti anziani e già malati
da tempo. Stati confusionali, irritabilità o cambiamenti di umore possono essere
causati anche dall'invecchiamento. Ma esistono dei test neuropsicologici che possono
dare la certezza della diagnosi”.
Ogni malato di cirrosi, la fase più grave della malattia epatica caratterizzata da una
forte compromissione delle funzioni del fegato, può sviluppare encefalopatia epatica.
Si stima che circa 9mila pazienti vengano ospedalizzati ogni anno a causa di questa
patologia in Italia e che, attacco dopo attacco, vedranno le loro condizioni peggiorare.
Una volta che si verifica il primo evento, infatti, è molto probabile che ne seguano altri,
e che lo facciano a intervalli di tempo sempre minori. Per questo è importante, dopo il
primo attacco, adottare una corretta strategia di prevenzione delle recidive.
“Oggi possiamo prevenire le ricadute agendo sui fattori di rischio – alimentazione,
farmaci assunti, stile di vita – ma anche trattando i pazienti in modo da ristabilire
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l'equilibrio del microbiota intestinale. E questo si può fare grazie a rifaximina, un
antibiotico che non viene assorbito dall'organismo e pertanto generalmente ben
tollerato”, afferma Antonio Gasbarrini, Professore Ordinario di Gastroenterologia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di
Medicina Interna e Gastroenterologia, Policlinico Gemelli, Roma.
La rifaximina è un anibiotico appartenente al gruppo delle rifamicine, che agisce sul
microbiota intestinale, ristabilendo l’equilibrio dei batteri e riducendo il rischio di eventi
acuti di encefalopatia epatica. Viene somministrata per via orale e ha un ampio
spettro di azione: è attiva contro i batteri Gram-positivi e Gram-negativi, aerobi e
anaerobi. Nei batteri, la rifaximina si lega in maniera irreversibile all'enzima RNA polimerasi DNAdipendente (o semplicemente RNA polimerasi), bloccando la trascrizione dell'RNA
messaggero, che trasporta l'informazione per sintetizzare le proteine batteriche,
interrompendo quindi il processo che porta alla produzione di tali proteine. Come
conseguenza, alcune popolazioni batteriche presenti nell'intestino diminuiscono
drasticamente, in particolare quelle che producono ammoniaca.
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La prevenzione dell'encefalopatia epatica si traduce anche in un risparmio per il
Sistema Sanitario Nazionale: uno studio condotto dall’Università Cattolica del Sacro
Cuore insieme al consorzio interuniversitario CINECA ha dimostrato che ogni paziente
ricoverato per un attacco acuto costa, nell'anno successivo al ricovero, più di 13mila
euro. E se in questi 12 mesi viene portato nuovamente in ospedale, come spesso
accade, il costo sale a 21mila euro. Made in Italy il vaccino anti Ebola,
presto un milione di dosi
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L'Encefalopatia Epatica è una delle complicanze della malattia epatica acuta o
cronica. Nell’intestino delle persone con cirrosi si crea una disbiosi, ovvero uno
stravolgimento dell’equilibrio dei batteri che popolano questa parte dell’organismo e
che sovraintendono a numerose attività, prima fra tutte quella metabolica. Quando è
presente la cirrosi, il fegato non riesce più a detossificare il sangue dalle tossine
prodotte da questi batteri, con il risultato che alcune di queste raggiungono il cervello
alterandone il funzionamento.
La patogenesi della malattia non è stata ancora del tutto compresa. Vi sono però
alcune tossine che giocano un ruolo chiave. In particolare l'ammoniaca, che quando
non viene più metabolizzata in maniera sufficiente dal fegato raggiunge il cervello,
dove può provocare seri danni.
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La malattia epatica cronica può essere conseguenza dell'infezione del virus
dell'epatite C, dell'epatite B, dell'abuso di alcol e della steatosi epatica, cioè
dell'accumulo di grassi nel tessuto epatico. In tutti questi casi il fegato perde
progressivamente le sue funzionalità fino ad arrivare allo stadio cirrotico, quando la
struttura dell'organo è compromessa. Ogni paziente con cirrosi epatica cronica è a
rischio di sviluppare encefalopatia epatica: si stima che il 50% dei pazienti cirrotici
sviluppi questa condizione, soprattutto persone anziane e affette anche da altre
complicanze.
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Si tratta però di una condizione poco riconosciuta poiché può non essere inquadrata
bene dal punto di vista diagnostico. Un recente studio su un campione di quasi 3
milioni di abitanti ha permesso di stimare che in Italia circa 9.000 persone l’anno vengono ospedalizzate per un attacco di EE conclamata. CINECA
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Si tratta tuttavia di dati sottostimati: l’encefalopatia epatica raramente viene
riconosciuta e quindi riportata sulla cartella clinica come diagnosi primaria.
Raccogliere i dati sulla sua prevalenza è quindi piuttosto difficile. La sottostima è
ancora più marcata se si considera l’encefalopatia epatica minima, la forma iniziale
del disturbo caratterizzata da sintomi lievi che spesso passano inosservati. Il ricovero è un'esperienza traumatica per ogni paziente, che vorrebbe poterlo evitare
il più possibile. “Se i pazienti e i loro caregiver fossero adeguatamente informati
sull'encefalopatia epatica potrebbero parlarne con il proprio medico non appena i
primi sintomi insorgono, e non li sottovaluterebbero. I pazienti epatici vogliono avere a
disposizione tutti gli strumenti, informativi e terapeutici, per vivere al meglio la loro
condizione”, ha concluso Massimiliano Conforti vice presidente Associazione EpaC
Onlus.
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