CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO – sentenza 29 settembre 2014* (sulla legittimità o meno di una sanzione disciplinare irrogata ad un dipendente pubblico per avere ricevuto in due occasioni dei regali – nella specie si trattava del direttore dell’Ufficio delle Entrate che aveva ricevuto in dono due maglioni di Cucinelli), con 4 documenti correlati. -------------------------------------------------------------------------------- CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO – sentenza 29 settembre 2014 n. 20461 – Pres. Lamorgese, Rel. Maisano – Ministero dell’Economia e delle Finanze ed Agenzia delle Entrate (Avv.ra Stato) c. L.F. (n.c.) – (cassa con rinvio Corte d’Appello di Perugia, sent. 21 aprile 2007, n. 59). Pubblico impiego – Dipendenti statali – Sanzioni disciplinari – Sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni – Nei confronti di un dipendente pubblico (nella specie direttore tributario in servizio presso l’Ufficio delle Entrate) – Per avere ricevuto dei regali – Legittimità. E’ illegitima la sentenza che ha disapplicato il provvedimento disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni inflitto dal Ministero delle Finanze ad un proprio dipendente per avere ricevuto in omaggio, in due distinte occasioni, dei regali (nella specie (nella specie si trattava del direttore tributario in servizio presso l’Ufficio delle Entrate, che aveva ricevuto in regalo due maglioni del valore di circa L. 70.000 ciascuno presso lo spaccio della Brunelle Cucinelli s.p.a.). Invero, l’art. 23, lett. m) del CCNL del comparto Ministeri del 1995 fra i doveri del dipendente recita “non chiedere nè accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa“; d’altra parte il divieto previsto dall’art. 23, lett. m) del comparto Ministeri del 1995, di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa, non integra la previsione, più limitativa, di cui al decreto del Ministero della Funzione Pubblica del 31 marzo 1994, ma prevale su di esso quale fonte sovraordinata e successiva. ——————————————————— Documenti correlati: DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62 (in G.U. n. 129 del 4 giugno 2013 – in vigore dal 19 giugno 2013) – Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in Lextalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/2013-62.htm LIDIA PIAZZA, Le nuove norme di comportamento dei dipendenti pubblici, in LexItalia.it, n. 6/2013, pag. http://www.lexitalia.it/articoli/piazza_comportamento.htm CORTE DI CASSAZIONE SEZ. LAVORO, sentenza 3-3-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/casslav_201003-03-3.htm (sulla portata dell’art. 5 del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ed in particolare sull’obbligo dei dirigenti di enti pubblici di dichiarare formalmente le situazioni di conflitto di interessi non solo all’inizio del rapporto, ma anche nel corso di esso; fattispecie relativa a dirigente di un ente locale licenziato perchè aveva conferito tre appalti ad una società che faceva capo alla moglie ed al cognato). CORTE DEI CONTI SEZ. GIUR. REGIONE CALABRIA, sentenza 25-1-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/cconticalabria_2006-01-25.htm (sulla sussistenza di una responsabilità amministrativa per spese esorbitanti dai fini istituzionali deliberate dai Consigli regionali; fattispecie relativa a delibera dell’Ufficio di presidenza del Consiglio della Regione Calabria di acquisto di costosi gadgets natalizi da dare in omaggio ai consiglieri regionali), con commento di A. LAINO, Immunità funzionale dei Consiglieri regionali e sindacato giurisdizionale della Corte dei conti: i criteri dirimenti di un possibile conflitto. -------------------------------------------------------------------------------- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza del 21 aprile 2007 la Corte d’appello di Perugia, in riforma della sentenza del Tribunale di Perugia 457/04, ha dichiarato illegittimo il provvedimento disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni inflitto dal Ministero delle Finanze al proprio dipendente L.F. direttore tributario in servizio presso l’Ufficio delle Entrate di Perugia per avere ricevuto in omaggio, in due distinte occasioni, due maglioni del valore di circa L. 70.000 ciascuno presso lo spaccio della Brunelle Cucinelli s.p.a. La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, ha motivato tale pronuncia considerando il modico valore del presente ricevuto dal dipendente comparabile ad uno sconto sul prezzo di acquisto di merce di più alto valore, sconto di cui avrebbe comunque avuto diritto in virtù di tessera di cui era in legittimo possesso. Inoltre la medesima Corte d’appello ha pure ritenuto insussistente il presupposto del divieto di ricevere regali da parte di funzionari dell’amministrazione finanziaria e costituito dall’eventualità che il donante possa trarre profitto da decisioni o attività inerenti l’ufficio. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi. Il L. è rimasto intimato. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del CCNL comparto Ministeri sottoscritto il 16 marzo 1995 e del D.M. 30 marzo 1994, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che il comportamento del L. avrebbe comunque violato il dovere indicato dall’art. 23 cit., lett. m) di non chiedere nè accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre attività in connessione con la prestazione lavorativa. Con il secondo motivo si assume insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare si assume che i regali ricevuti dal L. sarebbero comunque di valore non del tutto trascurabile, e comunque il medesimo L. si trovava in rapporto di controllante rispetto alla società da cui aveva ricevuto i regali in questione. Con il terzo motivo si lamenta contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’affermazione secondo cui i regali ricevuti sarebbero comparabili ad un normale sconto che il L. avrebbe potuto avere tramite una tessera di cui era in legittimo possesso, affermazione illogica ed irrilevante. Il primo motivo è fondato. L’art. 23, lett. m) del CCNL del comparto Ministeri del 1995 fra i doveri del dipendente recita “non chiedere nè accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa”. Nella motivazione della sentenza impugnata il giudice dell’appello non tiene conto di tale previsione contrattuale considerando un precedente decreto del Ministero della funzione pubblica del 31 marzo 1994 a cui, anche a voler seguire l’argomentazione della sentenza impugnata secondo cui la previsione limiterebbe la portata del divieto, la successiva contrattazione collettiva ha evidentemente derogato. Va dunque affermato il principio di diritto secondo cui il divieto previsto dall’art. 23, lett. m) del comparto Ministeri del 1995, di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa, non integra la previsione, più limitativa, di cui al decreto del Ministero della Funzione Pubblica del 31 marzo 1994, ma prevale su di esso quale fonte sovraordinata e successiva. Fondato è anche il terzo motivo di ricorso. L’argomentazione svolta nella sentenza impugnata secondo cui il beneficio economico ricavato dal L. sarebbe irrilevante in quanto corrisponderebbe al valore di uno sconto di cui avrebbe avuto comunque diritto appare illogica stante l’ovvia diversa natura intrinseca di uno sconto legittimamente concesso, indipendentemente dalla qualifica ricoperta dal cliente, ed un regalo personale di cui potrebbe essere affermata la connessione con la prestazione lavorativa. Il secondo motivo è assorbito. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio ad altra Corte d’appello che, adeguandosi al suddetto principio di diritto, procederà al riesame della controversia alla luce del divieto posto dal suddetto art. 23, lett. M) del CCNL di categoria. Il regolamento delle spese sarà operato dal medesimo giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso; Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze. Così deciso in Roma, il 6 maggio 2014. Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2014.
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