SALVATORE FIANDACA SALVATORE FIANDACA assunse, a partire dagli anni ’80, un ruolo centrale al vertice di una grossa organizzazione criminale dedita soprattutto al racket, specie nei locali notturni. Si trattava di una associazione armata, che si avvaleva del vincolo di assoggettamento e di omertà che ne derivava per commettere estorsioni, violenze private, danneggiamenti e incendi diretti ad acquisire partecipazioni e controllo di locali pubblici, bische clandestine ed altre attività economiche. Condannato per associazione di stampo mafioso ai sensi dell’art. 416 bis del c.p., oltre che per estorsioni e violenza privata, FIANDACA SALVATORE ottenne, nel 1988, la liberazione condizionale. Non svolgeva alcuna attività lavorativa, frequentava invece bar e locali notturni e si accompagnava a pericolosi pregiudicati. Non mancavano i contatti con soggetti fortemente compromessi in campo mafioso, ritenuti uomini d’onore in seno al clan mafioso nisseno “PIDDU MADONIA”, facente capo a Cosa Nostra. Il ruolo di SALVATORE FIANDACA in seno ad una organizzazione dedita al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti e con interessi anche nel lotto clandestino, implicò contatti non occasionali con l’ambiente mafioso organizzato nell’ambito del quale sarebbero maturati anche i presupposti per la commissione degli omicidi GARDINI E STUPPIA. Per quanto risulta dagli atti del processo, parlando dell’omicidio di GARDINI, e riferendo sulle cause per cui i FIANDACA chiesero agli EMMANUELLO di uccidere GARDINI, venne dichiarato da un collaboratore di giustizia che DAVIDE EMMANUELLO nella scala gerarchica mafiosa fosse superiore a SALVATORE FIANDACA: egli era infatti capo decina. E radici mafiose avrebbe avuto anche l’omicidio STUPPIA: la causa era da ricercarsi in contrasti sorti fra opposte fazioni in Sicilia. Sempre dagli atti processuali emergono elementi cospicui e convergenti in ordine ad un’attività associativa organizzata, in atto sin dal 1989, per la gestione del lotto clandestino ed il traffico e spaccio di quantitativi ingenti di sostanze stupefacenti a capo del quale vengono collocati i fratelli FIANDACA, in particolare SALVATORE. Ed è intuitiva l’entità dei guadagni che da tale illecita attività si dovevano trarre. Nello stesso periodo, pur non svolgendo alcuna attività in proprio o per conto di terzi, egli mantenne un tenore di vita che rivelava ampie disponibilità economiche. Fonte: Tribunale di Genova, n. procedimento R.M.P. 24/95
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