"125 anni di Cassa Raiffeisen in Alto Adige. Un modello di successo con tradizione e futuro" Bolzano, 24 ottobre 2014 Riflessioni sul significato del lavoro in cooperativa Stimata assemblea, illustre presidente della Giunta provinciale, gentili signore e signori! Se il dottor Paul Gasser, direttore generale, mi ha invitato oggi a intervenire in quest’assemblea, certamente non l’ha fatto perché sono esperto di economia o di sistemi bancari; mi ha invitato piuttosto in qualità vescovo, per presentarvi alcune riflessioni sul lavoro in cooperativa alla luce della dottrina sociale della Chiesa cattolica. In questo momento non è dunque un esperto a rivolgersi a voi del settore, ma una persona che cerca di gettare uno sguardo al vostro lavoro e alle vostre competenze dal punto di vista del messaggio e dell’immagine cristiana dell’uomo, con l’obiettivo di esporre alcune riflessioni frammentarie sul significato del lavoro in cooperativa. “Rerum novarum”, l’enciclica sociale pubblicata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891, è stata la scintilla che ha dato il via agli insegnamenti sociali della Chiesa. Come reazione positiva a questo documento papale, sono nati molti movimenti di stampo socio-cristiano, che incentivavano il cooperativismo come strumento particolarmente adeguato per alleviare i bisogni delle persone, aiutandole concretamente. Grazie all’enciclica “Rerum novarum”, anche le confessioni cristiane altrimenti nettamente separate hanno trovato un punto in comune sulla questione del cooperativismo. In questo modo, ad esempio, le idee di Friedrich Wilhelm Raiffeisen, cristiano evangelico convinto, sono state condivise e adottate dai cattolici. Infatti, tali cooperative sono state fondate da sacerdoti. In breve tempo sono nate, solo sul territorio dell’attuale Alto Adige, 45 Casse Raiffeisen, di cui la prima a essere registrata nell’area dell’imperial-regio Tribunale circondariale di Bolzano è stata quella di Rina, in Val Badia, sotto la direzione del parroco Josef Tasser. 1. Raiffeisen e i principi di solidarietà e sussidiarietà Le cooperative Raiffeisen sono basate su due principi fondamentali: la solidarietà e la sussidiarietà. La “solidarietà” può essere definita secondo il motto “uno per tutti, tutti per uno”, dietro al quale si celano le esperienze talvolta dolorose e umilianti del movimento dei lavoratori nel XIX secolo; è necessario rimanere uniti per raggiungere un obiettivo! Si è responsabili gli uni degli altri “in solido” e solo “in solido” possiamo evitare di essere ignorati. Talvolta mi sembra che oggi sia stata ripristinata la vecchia lotta tra i valori della “libertà” e della “solidarietà”. Questo conflitto diventa sempre più aspro, non da ultimo 1 perché le risorse finanziare si riducono costantemente. In tutt’Europa, disoccupati e beneficiari di servizi di assistenza sociale vengono spesso etichettati come parassiti, senza distinzioni; i vari gruppi vengono messi gli uni contro gli altri, stranieri contro autoctoni, per citare solo un esempio. Dal mio punto di vista, slogan come “prima veniamo noi” sono estremamente pericolosi e, in ogni caso, non conciliabili con l’immagine cristiana dell’uomo. La solidarietà trae la propria forza anche dalla comprensione del fatto che gli uomini non vivono come individui isolati, ma dipendono gli uni dagli altri. Per questo, la solidarietà racchiude anche una dimensione strutturale: servono regole con cui i responsabili politici possano organizzare e gestire la solidarietà tra singoli, gruppi e generazioni. Il principio della solidarietà è pertanto, da un lato, un correttivo rispetto all’isolamento dell’individuo, così come presupposto dall’economia liberalista e, dall’altro lato, anche rispetto a una solidarietà imposta dall’alto, in cui il singolo scompare nella massa o nella classe sociale. Oltre alla necessità fondamentale di conservazione dell’individuo e della specie, l’uomo ha anche l’esigenza o, per meglio dire, la tendenza intrinseca a prendersi cura degli altri. Pertanto, le esperienze in famiglia e nelle piccole comunità devono far crescere e acquisire la solidarietà. Nella sua esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, Papa Francesco scrive che la solidarietà non è un compito per pochi, ma «implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo. La parola “solidarietà” si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto più di qualche atto sporadico di generosità: richiede una nuova mentalità, che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti, rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni» (EG 188). La nostra società moderna è senza dubbio caratterizzata da una forte tendenza all’individualizzazione. D’altro canto, tuttavia, proprio nelle diverse associazioni, nelle organizzazioni non governative (ONG) e nelle cooperative sono nate molte forme di solidarietà. Uno Stato, ma anche una regione o una provincia, come l’Alto Adige, sussistono ed esistono grazie alla solidarietà dei cittadini: non possono crearla, ma devono ricorrervi. Forti di questa consapevolezza, si dovrebbe pertanto incentivare il settore dell’educazione, della cultura e della crescita personale. Le famiglie, così come le comunità religiose e quelle di pensiero, contribuiscono alla formazione dei valori di cui tanto abbiamo bisogno. Per questo, il rafforzamento e il sostegno della famiglia vanno a beneficio di tutta la comunità e dell’economia. Anche i moderni mezzi di comunicazione di massa svolgono un ruolo importante e detengono una certa responsabilità nella costituzione dei valori: possono essere formativi ma anche diseducativi, costruttivi ma anche distruttivi. Va aggiunto, poi, un secondo principio, quello della sussidiarietà. Questo principio è una conseguenza della priorità della persona sulle strutture, ed è stato formulato dettagliatamente per la prima volta da Pio XI nell’enciclica "Quadragesimo anno", nel 1931. Da un punto di vista etico, tale principio può essere inteso come 2 correttivo di fronte ai sistemi totalitaristi, in particolare, rispetto al nazionalsocialismo e al comunismo del XX secolo. Vorrei formulare tale principio in questo modo: dimostrare coraggio di fronte alle proprie responsabilità! “Precedenza alla responsabilità individuale”, si dice in un documento di iniziativa sociale della Conferenza Episcopale Tedesca e della Chiesa evangelica in Germania. Ciò significa che ogni struttura, dalla famiglia alle associazioni fino ai comuni, deve innanzitutto fare ciò che riesce e per cui è competente e, nel perseguimento di questo obiettivo, ha diritto a un aiuto, a un “sussidio”, perché lavora a costi estremamente bassi. Non si tratta di un principio verticale, in cui si delega dall’alto verso il basso, trasferendo le competenze dallo Stato a strutture che si trovano più in basso; non si tratta nemmeno di stabilire le condizioni dall’alto o di far concludere allo Stato accordi con organizzazioni private affinché svolgano determinati servizi a basso costo. La sussidiarietà va dal basso verso l’alto o orizzontalmente: è una collaborazione tra persone e istituzioni di pari dignità. Questo si ripercuote anche sull’economia. Per esempio, uno dei principali compiti dei responsabili decisionali in ambito economico è quello di combattere la disoccupazione e creare opportunità occupazionali. Tali responsabili hanno però diritto a condizioni politiche affidabili e a determinate misure correttive per ottemperare al proprio compito di creazione di posti di lavoro tramite investimenti e innovazioni. In riferimento alla globalizzazione, il principio di sussidiarietà implica, insieme all’interazione a livello mondiale, la necessità di rafforzare i processi d’integrazione regionale. Servono istituzioni che facciano da intermediarie: l’Europa ha bisogno delle singole regioni, della creazione di macroregioni europee transnazionali, fino ad arrivare ai comuni. Non si tratta soltanto di diversi livelli di istituzioni pubbliche, ma anche di tutte le forme di collaborazione in associazioni, gruppi, iniziative e movimenti dei cittadini, ovvero di tutto ciò che è sotteso al concetto di società civile. 2. Riflessioni sull’economia nell’enciclica “Caritas in Veritate” Consentitemi di gettare uno sguardo all’enciclica sociale “Caritas in Veritate” di Papa Benedetto XVI, in cui si afferma: «L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. Pertanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe il perseguimento della giustizia mediante la ridistribuzione». L’enciclica sostiene inoltre: «La sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all'attività dell'uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente. La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali 3 principi dell'etica sociale, quali la trasparenza, l'onestà e la responsabilità, non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un'esigenza dell'uomo nel momento attuale, ma anche un'esigenza della stessa ragione economica» (CV 36). Quanto siamo distanti da queste parole! Ritengo ci si debba soffermare anche sulle riflessioni e sui moniti di Papa Benedetto XVI: “Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento, costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi… Bisogna evitare che il motivo per l'impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell'impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all'economia reale e l'attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo (CV 40). In tal senso, sarebbe importante che, a livello mondiale, si proibisse la compravendita allo scoperto di titoli! La Federazione Raiffeisen, dai piccoli locali in cui opera, deve inviare segnali di speranza. È necessario creare cooperative, soprattutto nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo: uno sviluppo a sostegno dei piccoli cicli economici e delle risorse culturali dei popoli sta all’opposto della fuga all’emigrazione, divenuta un segnale spaventoso dei nostri giorni, e contribuisce alla pace nel mondo. 3. Questioni sempre attuali Possano la solidarietà e la sussidiarietà rimanere principi guida vincolanti e aggreganti per il cooperativismo! Inoltre: poniamo la dignità umana sopra ogni forma di produttività. Libertà dell’uomo, retribuzioni eque, diritto alla co-decisione e partecipazione dei collaboratori; le leggi del mercato, la redditività, l’efficienza, l’aumento dei profitti, sicuramente legittimi, non possono essere gli unici criteri e, soprattutto, non possono essere applicati in modo indipendente o assoluto. È il capitale a essere al servizio dell’uomo, e non viceversa. Le radici e i valori cristiani hanno una grande importanza aggregante per la società, l’economia, la convivenza delle persone, non da ultimo anche nella nostra Provincia, con la storia che ha alle spalle e con il compito che ha sempre avuto in passato di “ponte” tra diversi gruppi linguistici e aree culturali. Partendo dalla comprensione di Dio e dell’uomo, dico a me stesso e a voi tutti di avere a cuore l’essenza dell’uomo, che viene prima di ogni azione, di ogni servizio o di ogni patrimonio! Dobbiamo nutrire un profondo rispetto di fronte all’uomo e alla sua dignità! Dobbiamo essere critici nei confronti di una mentalità che si fa guidare da una pressione spietata: sempre di più, sempre più velocemente, sempre più lontano, sempre più in alto, sempre più ricchi! E non dimentichiamo, a tutti i livelli del mercato, dello Stato, della nostra Provincia e dell’intera società civile: non di solo pane vive l’uomo! + Ivo Muser, vescovo 4
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