Alla scoperta del diritto perduto. Poteri e limiti del nuovo diritto. III LEZIONE CON LOMBARDO : Rapporto tra Unione Europea e Ordinamento interno LEZIONE: Serena Realdi: Bentornati, questa è la terza lezione del workshop giuridico. Oggi pomeriggio parliamo del rapporto tra l'Unione Europea e il diritto nazionale; per fare questo abbiamo invitato l'Avvocato Marco Lombardo che ringrazio per aver accettato. Marco è Assegnista di ricerca presso l'Università di Bologna, Avvocato, esperto di Diritto dell'Unione Europea, nonché tutor presso la struttura, ex collegiale. La domanda che facciamo oggi a Marco è capire qual è il rapporto tra Unione Europea e diritto nazionale lungo questa continua evoluzione che, come abbiamo visto anche con Giupponi, deve rispettare sia le distinte realtà degli Stati Membri sia gli obiettivi di espansione dell’ Unione Europea. Prego. Marco Lombardo: Grazie. Intanto buongiorno a tutti. Io ringrazio Beppe Raineri dell'invito e Serena per la presentazione. C'è un titolo tra gli altri del quale vado veramente molto fiero che è quello di ex collegiale. Oggi mi piacerebbe approfondire il tema dei rapporti tra l'ordinamento dell'Unione Europea e gli ordinamenti costituzionali degli Stati Membri; la prima parte del mio discorso servirà in qualche modo a fare un viaggio in questa che giustamente veniva definita un'evoluzione di un processo costituente dell'Unione Europea, mentre la parte finale la lascerei per un esercizio che secondo me è prodromico rispetto a quello che andrete a fare nel prossimo incontro e cioè il processo simulato; cioè faremo un esercizio di storytelling, di racconto della cittadinanza europea attraverso dei casi giurisprudenziali, proprio per vedere anche quali sono i diversi livelli del processo di integrazione europea: c'è un livello di integrazione tra gli Stati e c'è un livello di integrazione tra i popoli. Jean Monnet che era uno dei fondatori dell'Unione Europea diceva che l'Unione Europea (al tempo la Comunità Economica Europea) era nata non solo per unire Stati ma anche per unire popoli, quindi cittadini. Vorrei farvi vedere come questi due processi in qualche modo si allacciano, si intrecciano e danno dei diversi possibili scenari finali rispetto a questo processo costituente. Per fare questo partirei un po' dalla base dell'integrazione europea, la potremmo definire una breve storia sul futuro dell'Europa e, se la tecnologia ci assiste, vi farò vedere alcune slide. Mi pare di aver capito che la maggior parte di voi non ha ancora sostenuto l'esame di Diritto dell'Unione Europea, quindi segnatevi le domande sui punti che non sono chiari perché magari poi cercheremo di svilupparli. Intanto partiamo dall'introduzione, cioè che cosa è l'Unione Europea e che cosa si intende per Unione Europea come comunità di diritto? Se dovessimo trovare il punto di partenza del processo costituente dell'Unione Europea in quale data lo troveremmo? In una data che il Trattato Costituzionale, mai entrato in vigore, individuava come la festa dell'Europa. Qualcuno di voi sa quando è la festa dell'Europa? Il 9 maggio 1950, perché quello è il giorno in cui si sono poste le basi di questa avventura, in una famosa dichiarazione che è proprio la Dichiarazione Schuman e io vorrei riprendere alcuni punti di questa proprio per cercare di vedere che cosa si intende per Unione Europea come comunità di diritto. Perché più che il risultato, il prodotto dell'Unione Europea, è importante il processo. L'Unione Europea non va vista come un prodotto, cioè come un risultato di forze contrapposte; se questo incontro l'avessimo fatto 5 anni fa, io non vi avrei parlato del Trattato di Lisbona ma vi avrei parlato del Trattato di Nizza e quindi io vorrei che fosse una lezione utile anche da qui ai prossimi 5 anni, dove non è detto che ci sia un Trattato di Lisbona ma ci potrebbe essere anche qualcos'altro. E' più importante vedere il processo storico che ci porta ad oggi e quali sono le linee direttrici di questo processo anziché il prodotto e il risultato; non a caso si parla di processo di integrazione europea, proprio perché si vuole mettere in mostra l'idea di un'evoluzione continua. Un'evoluzione che non necessariamente va da un punto "a" ad un punto "b" di miglioramento ma a volte subisce delle battute di arresto e quindi a volte subisce anche delle fasi di involuzione. Quando noi giuristi parliamo di Unione Europea, parliamo di una comunità di diritto e quindi dovremmo andare a vedere cosa vuol dire che è una comunità di diritto. Evidentemente faremo una cronologia essenziale, ma andrò veloce sull'aspetto, dei vari passaggi storici; più che altro li andrò ad inquadrare sotto il profilo del processo costituente, cioè vi darò due direttrici per ricordarvi tutti questi passaggi anche perché poi so che le liste delle spese si dimenticano facilmente mentre le traiettorie sono più facili da ricordare. Guarderemo il Trattato di Lisbona e poi ci sarà spazio per un dibattito. Partiamo dall'inizio, proprio dal concetto dell'introduzione, cioè dalla crisi della sovranità nazionale (che in qualche modo mi sembra che voi abbiate già affrontato anche nella lezione precedente) e come si contestualizza la crisi della sovranità nazionale rispetto ai sistemi sovranazionali, perché l'Unione Europea è un'organizzazione sovranazionale. Poi ci chiederemo che cosa è, è una federazione di Stati, è una federazione di Stati- nazioni? Affrontare la crisi della sovranità nazionale rispetto al tema dell'integrazione europea vuol dire anche porci delle domande in riferimento a delle cose che sentiamo ogni giorno. Quotidianamente noi sentiamo dire che gli Stati devolvono, cedono quote di sovranità in favore delle organizzazioni internazionali. Voi sentite sempre utilizzare l'espressione gli Stati cedono quote di sovranità. Io vorrei che questa cosa voi la poneste con un punto interrogativo perché alla fine di questo percorso io vorrei chiedervi se davvero voi pensate che sia una cessione. E interroghiamoci su cosa vuol dire cessione di quote di sovranità, perché è evidente che dietro questo problema di cessione di sovranità c'è un problema enorme, il problema della democrazia; democrazia degli Stati nazionali e democrazia europea. Per fare questo affronteremo due chiavi di lettura, una è il metodo comunitario e l'altra è il metodo intergovernativo. Andremo a capire che cosa è il metodo comunitario e cosa invece il metodo intergovernativo, come facciamo a vedere quando una disciplina normativa o una politica a livello europeo risponde ad un carattere intergovernativo e quando invece risponde ad un carattere comunitario. Leggiamo insieme la Dichiarazione Schuman: L'Europa non potrà farsi in una volta sola, né essere costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto... Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra Paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni. Fermiamoci qui perché questo è il punto di partenza del nostro viaggio: Dichiarazione Schuman, 9 maggio 1950. Che cosa voleva dire Schuman quando ci diceva che non si creerà tutta di un colpo? Stava dando risposta a due idee diverse. Un'idea cosiddetta minimalista dell' Europa: l'Europa deve servire per fare un'integrazione economica di mercato, ovvero rendere gli interessi economici più funzionale all'interno di un mercato comune nel quale i fattori di produzione (le merci, le persone, i lavoratori, i servizi, i capitali) possono circolare liberamente senza barriere e restrizioni; questa doveva essere la funzione minimalista dell'Europa. C'era poi un'altra proiezione che era invece federalista, cioè quella che diceva noi dobbiamo progredire subito verso gli Stati Uniti d'Europa, espressione coniata da Altiero Spinelli negli anni '40; cioè dobbiamo fare dell'Europa quello che sono stati gli Stati Uniti. Qui Schuman risponde a tutti e due, dicendo "non poniamo il punto e il traguardo finale del viaggio, preoccupiamoci di andare passo per passo verso questa costruzione". Questa idea dell'andare passo per passo riprende il concetto di un altro dei padri fondatori che si chiama Jean Monnet ed è la teoria cosiddetta funzionalista: progrediamo passo per passo in modo che gli Stati ogni volta vedano che è più utile a livello europeo risolvere i problemi, piuttosto che a livello nazionale. C'era qualche cosa però in questa idea che già evolveva verso un sistema sovranazionale complesso: quell'idea della fusione non solo di interessi economici, ma anche fusione degli interessi degli Stati e quindi dei popoli. Quindi è un percorso costituente che ha un suo sbocco fin dall'origine ed è quello dell'integrazione dei popoli europei. In effetti era ben strano. L'Unione Europea nasce come organizzazione internazionale, attraverso un Trattato internazionale; il primo Trattato qual è? Il Trattato di Parigi, il Trattato della Comunità Economica del Carbone e dell'Acciaio, la CECA. Si diceva mettiamo insieme il carbone e l'acciaio, quelle che erano le energie di allora e in qualche modo il concetto era quello dell'Europa che come un'araba fenice doveva risorgere dalle proprie ceneri. Proprio quelle che erano state le cause scatenanti di un conflitto mondiale tra Francia e Germania diventavano le basi sulle quali costruire un percorso di pace un percorso di unità. E nasceva come una normale organizzazione internazionale. Successivamente, dopo il 1950, si affiancano altri due Trattati nel 1957. Il Trattato di Roma che al suo interno si scinde in due parti: un Trattato che si chiama EURATOM, in cui si disciplina l'energia atomica e un Trattato che si chiamava CEE (Comunità Economica Europea), in cui si dice creiamo un mercato comune (oggi si direbbe un mercato interno)dove i fattori di produzione circolino liberamente. Quindi Trattato di Parigi (CECA), Trattati di Roma (EURATOM e TCEE). Qual è la caratteristica particolare di questa organizzazione internazionale rispetto a qualsiasi altra organizzazione? Qual è specialità di questo Trattato, che è il motivo per cui oggi ci troviamo all'interno di un organismo sovranazionale e non più internazionale? Sono almeno tre elementi. Uno è il punto di vista istituzionale: non si crea solo un Trattato ma si creano delle organizzazioni, delle istituzioni che devono presiedere alla disciplina di alcune regole. Secondo elemento, il fatto che si sia individuato un giudice, un organo giurisdizionale che giudica anche sulla responsabilità degli Stati. Guardate che è un fatto eccezionale; se io vi dovessi chiedere chi è il giudice internazionale in questo momento? Voi magari mi rispondereste la Corte Penale Internazionale, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, me ne citereste tanti ma qual è il giudice dell'ONU? Se il Consiglio di Sicurezza emette una risoluzione che voi ritenete sia illegittima, da quale giudice andate? Non esiste un giudice; perché gli Stati sono ab solutus, cioè sciolti da qualsiasi legame e non riconoscono un giudice che li mette tutti allo stesso livello. Pensate quanto era stato lungimirante questo sistema; un organo giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che giudica sugli Stati. Tutti gli Stati sono messi allo stesso livello, che sia il Lussemburgo o che sia la Germania. C'è un terzo elemento che è fondamentale, è quello dell'integrazione dei popoli. se voi prendete i Trattati internazionali classici, nessuno di questi fa riferimento ai popoli; e questo è stato il grimaldello attraverso il quale la Corte di Giustizia ha creato il concetto di comunità di diritti. Perché la Corte di Giustizia ha detto "io non solo sono un arbitro tra gli Stati, io sono un giudice di una comunità; io assicuro i principi di diritto anche nei confronti dei cittadini, anzi posso anche attribuire dei diritti dei cittadini contro i loro Stati". Vi rendete conto che al tempo questa rappresentava una rivoluzione copernicana. Era un progetto che aveva una visione molto lunga. Quali sono le due chiavi per vedere questo processo di integrazione. Vediamo che cosa vuol dire una comunità di diritto, ve lo prendo proprio da due sentenze. Le sentenze se volete sono anche banali, spesso c'è una certa propensione dei giuristi europei all'aneddotica, cioè a raccontare i fatti come se fossero degli aneddoti, perché è un'operazione molto complessa descrivere un sistema, un ordinamento di questo tipo e quindi di solito si prende ad esempio la prima causa. Le prime due cause che sanciscono il principio della comunità di diritto risalgono al 1963 e al 1964; sono delle cause di per sé banali. La prima, Van Gend en Loos: un trasportatore che semplicemente vuole trasportare delle merci da un Paese "a" ad un paese "b". Si apre una causa davanti alla Corte di Giustizia e guardate che cosa tira fuori la Corte stessa da quella idea di cui sopra (io sono una comunità di diritto, io giudico non solo sugli Stati ma anche sui cittadini). Ho preso queste parole: per accertare se le disposizioni di un Trattato internazionale abbiano efficacia immediata attribuendo ai singoli dei diritti soggettivi che il giudice nazionale ha il dovere di tutelare, si deve aver riguardo allo spirito, alla struttura ed al tenore del Trattato. Antefatto: questo autotrasportatore chiede alla Corte "ma tu puoi fare valere questa norma, che dice che io posso circolare liberamente, anche nei miei confronti che sono un privato o la devi fare valere solo nei confronti degli Stati?" La Corte di Giustizia dice: "devo vedere se un certo articolo, cioè quello che stabilisce la libera circolazione dei servizi, abbia in realtà efficacia diretta, possa cioè creare diritti soggettivi che le persone possono utilizzare." Mi seguite tutti quando parlo di diritti soggettivi, efficacia diretta? La Corte di Giustizia dice "per capire se posso fare questa operazione, io devo avere riguardo dello spirito del Trattato, cioè devo capire qual è il compito che il Trattato mi attribuisce come giudice; quindi devo avere riguardo alla natura del Trattato". E qual è la natura e lo spirito del Trattato? Dice: Lo scopo del Trattato, cioè l'instaurazione di un mercato comune il cui funzionamento incide direttamente sui soggetti della comunità, implica che esso vada al di là di un accordo che si limita a creare degli obblighi reciproci fra gli Stati. Cioè dice "attenzione questo non è un semplice accordo internazionale che riguarda gli interessi degli Stati, è qualcosa di più; è un sistema che attribuisce diritti in capo ai singoli e quindi i singoli possono venire da me giudice a chiedere il rispetto di questi diritti anche nei confronti di uno Stato, anche contro uno Stato di appartenenza". Vedete che si crea una comunità di diritto, cioè un insieme di soggetti? Non ci sono solo gli Stati ma ci sono anche i cittadini. Infatti questa è l'espressione che verrà sempre ripetuta la comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere. Un nuovo genus nel campo del diritto internazionale; siamo fuori dal sistema internazionale, ci evolviamo verso qualcosa che non sappiamo come si chiama ma lo identifichiamo come nuovo genus. Perché? Perché nel preambolo non si fa riferimento solo agli Stati, ma si fa riferimento anche alle persone, ai cittadini. Comunità di diritto. La seconda causa riguarda l'Italia: Costa vs ENEL. Costa era un piccolo avvocato di Milano che aveva una quota di una società che produceva energia elettrica. Ad un certo punto viene una legge che dice "tutti coloro che hanno quote di energia devono darle allo Stato perché è stato costituito un ente che si chiama Ente Nazionale per l'energia Elettrica", ma molti di voi lo conosceranno come ENEL. L'avvocato Costa dice"ma perché se io ho una quota di una mia società la devo mettere necessariamente in un ente pubblico, statale?" Va a spulciare questo Trattato (dopo aver cercato in tutte le leggi nazionali senza trovare niente) e trova una norma che dice "è vietata la costituzione di nuovi monopoli". Allora lui dice "se c'è un articolo di questo Trattato che mi dice che gli Stati non possono costituire nuovi monopoli, e c'è una legge statale che dice che è costituito un monopolio dell'energia elettrica, quale delle due deve prevalere? Come faccio a stabilirlo? Io pongo questa domanda ad un giudice conciliatore di Milano (oggi diremmo ad un giudice di pace)". Voi immaginatevi il giudice di pace poverino nel suo studio che si trova la domanda "prevale un Trattato internazionale come questo o una legge dello stato?" Evidentemente gli tremavano le mani e sudava un po'. In maniera un po' piratesca lui dice "io sfrutto la possibilità di porre la stessa domanda a due organi diversi: uno si chiama Corte Costituzionale italiana e l'altra si chiama Corte di Giustizia dell'Unione Europea." Siamo partiti da una bolletta, siamo arrivati ad un confronto tra la Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea che sta a Lussemburgo. Vi rendete conto che tutta la materia che trattiamo oggi parte da quella domanda lì: cosa deve prevalere una legge nazionale o una norma del Trattato che istituisce la CEE? E' un dialogo difficile, complesso; vi dò solo segno che in quel caso le risposte furono diametralmente opposte. La Corte Costituzionale disse "si applica la Costituzione italiana; qual è il valore di un Trattato? La legge che lo ratifica. Siccome questo Trattato è entrato in vigore con una legge nazionale del 1957 e la legge dell'Enel è successiva, si applica la legge italiana". Che cosa risponde la Corte di Giustizia? Esattamente il contrario: "siccome gli Stati hanno ceduto quote di sovranità, in quelle materie non possono più disciplinare in maniera autonoma, ma sarà la Corte Europea a disciplinarle e quindi prevale la normativa europea". La prima sentenza,Van Gend en Loss, elabora un principio che si chiama principio degli effetti diretti: i singoli possono invocare le norme davanti ad un giudice europeo anche contro gli Stati a cui appartengono. Il secondo è un principio che si chiama principio del primato: la norma di diritto dell'Unione Europea prevale sulla normativa nazionale ad essa contrastante. Questo dialogo non finisce qui, ma si applica lungo una storia che ha almeno tre tempi, però vorrei andare un po' più avanti perché sulla questione del rapporto tra gli ordinamenti voglio arrivare all'attualità, cioè voglio che ci confrontiamo poi con cose "da poco": l'euro, politiche monetarie, politiche fiscali, politiche del lavoro. Comunque mi interessa partire da qui: il concetto della preminenza supremacy del diritto comunitario. Il trasferimento effettuato dagli Stati Membri a favore dell'ordinamento comunitario dei diritti e degli obblighi, implica una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, una cessione definitiva di sovranità. Sono parole molto forti. Ovviamente io starei qui anche fino a domani a raccontarvi la storia del processo di integrazione europea, però cerco di mantenermi nei tempi. Quindi come vi dicevo è più importante avere due chiavi di lettura sulle quali può essere sviluppato tutto il processo; concentriamoci su queste. La prima chiave di lettura si chiama approfondimento, cioè entrare sempre più nella profondità delle questioni; l'altra si chiama allargamento. La prima segna l'estensione del campo delle competenze; la seconda segna l'estensione del campo di applicazione delle norme. Decodifico per i non giuristi: la prima significa che all'inizio l'Unione Europea (allora era Comunità Europea)si occupava solo di questioni economiche, ma con tutto l'evolversi dei Trattati ha iniziato ad occuparsi di tutta una serie di altre questioni che non sono solo economiche, ma sono giuridiche, politiche e sociali. Questo è l'approfondimento. Quando io faccio questa domanda nelle aule universitarie, come mio sondaggio personale chiedo "quanti pensate che siano i cittadini dell'Unione Europea"? Di solito le persone tendono a rispondermi "100-200 milioni". "Quanti pensate che siano i cittadini degli Stati Uniti d'America?" "600-700 milioni". Ebbene, il rapporto è un po' diverso. I cittadini dell'Unione Europea sono 500 milioni; i cittadini degli Stati Uniti d'America sono 280 milioni; i cittadini dell'india sono 1 miliardo e 300 milioni di persone. Ma è molto importante il perché di questa risposta, cioè l'idea di non sentire che siamo dei cittadini europei, perché noi ci sentiamo non tanto avanzati come Stato come gli Stati Uniti d'America e quindi anche numericamente ci sentiamo inferiori. L'allargamento è quel processo per cui all'inizio di questo viaggio erano 6 gli Stati: Italia, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda. Oggi sono 27 e in estate saranno 28 perché entrerà la Croazia; quindi andiamo oltre i 500 milioni di cittadini. Adesso vi faccio una domanda un po' più profonda. Esiste una chiave che in qualche modo lega questi due fenomeni? Cioè che impatto ha l'allargamento sull'approfondimento? Qui diventa un po' più complesso. C'è un giurista americano che si chiama J. H. H. Weiler, il quale afferma che tra approfondimento e allargamento esiste un rapporto di proporzionalità inversa; cioè più ci allarghiamo e più diventa difficile l'approfondimento. Anche qui, come per la cessione di sovranità, mettiamoci un bel punto interrogativo perché poi andremo a vedere se e davvero così oppure no. Partiamo dall'allargamento. I Paesi dell' Unione Europea di oggi comprendono più o meno tutta l'area geografica che riguarda l'Unione Europea tranne l'area dei Balcani. Poi ci sono alcuni Paesi che hanno richiesto di entrare nell'Unione Europea. Però quando ci si allarga poi ad un certo punto viene da chiedersi ci si allarga fino a dove? Uno degli Stati che ha fatto richiesta per entrare nell'Unione Europea è la Turchia, ma la richiesta della Turchia è del 1973, quindi parliamo di una questione che va avanti da 40 anni; sapete chi ha chiesto anche di entrare nell'Unione Europea? Israele. Allora occorre capire se è un concetto geografico o è un concetto politico. Questo è un concetto che si chiama identità; dove finisce l'identità dell'Unione Europea? Quali sono i confini dell'Unione Europea? E' un concetto geografico, è un concetto politico? Allargamento: si parte da 6 Stati, ci si allarga. E' chiaro che ci sono vari passaggi di questa storia: da 6 Stati si passa a 9, poi si passa a 12; finché coinvolgiamo Pesi come il Portogallo, la Spagna, ci sembra di aver fatto parte più o meno della stessa storia, abbiamo vissuto tutti sotto lo stesso cielo direbbe qualcuno più poetico. Poi ad un certo punto succede un cosa nel 1989: si allarga la Germania, cioè la Germania Est viene inclusa nell'Unione Europea insieme alla Germania Ovest. Molti non riconoscono questo come allargamento invece secondo me è molto importante, perché finché avevate Francia, Italia, avevate dei Paesi più o meno omogenei, con l'entrata della Germania Est le cose cambiano, perché la Germania ha 80 milioni di cittadini; la Germania diventa il locomotore del processo di integrazione europea e quindi anche quello che ha le redini, diventa in qualche modo quello che se fossimo in una questione societaria chiameremo l' azionista di maggioranza. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 2004 succede un fatto epocale: fanno parte di questa integrazione europea 10 Paesi che hanno vissuto sotto un altro cielo, che è il cielo della storia del blocco sovietico. Diventa molto più complesso andare avanti perché bisogna confrontarsi con Paesi che hanno avuto una storia diversa dalla nostra; pensate che cosa vuol dire in termini di diritti delle donne. Per farvi un esempio la violenza sessuale nei confronti della donna non era considerato in alcuni di questi Paesi un reato contro la persona ma era un reato contro il patrimonio, cioè coloro che potevano far valere i diritti erano i genitori in quanto proprietari. Stiamo parlando non di tantissimi anni fa, ma meno di 10 anni fa. Quindi vi rendete conto che parlare di Carta dei Diritti fondamentali ha un certo valore. Allargamento. L' approfondimento è un po' questa lista della spesa: Trattato CECA, Parigi 1952; Trattato CEE e EURATOM, Roma 1957; Atto Unico Europeo, 1986; Trattato di Maastricht e Trattato sull'Unione Europea; Trattato di Amsterdam, 1997; Trattato di Nizza, 2001; poi ci sarebbe anche il Trattato Costituzionale che però non è entrato in vigore perché è stato bocciato da due referendum (Francia e Olanda); Trattato di Lisbona, 1 dicembre del 2009. Siamo partiti da un'integrazione di tipo economico, poi ad un certo punto a Maastricht siamo passati dalla CEE siamo passati alla CE, cioè qualcosa di più dello strettamente economico. Cerco di riportarvi rapidamente in quel tavolo di negoziato dove c'erano tutti i 12 Paesi europei di allora e dovevano stabilire come fare la casa dei cittadini europei. Visto che volevano evolversi da un'integrazione economica ad un tipo di integrazione più avanzata (senza sapere se si andava verso uno Stato sovranazionale, verso uno Stato federale), ognuno di loro diceva "dovremmo costruire la casa di tutti gli europei". Quando si guarda a come è andata veramente quella vicenda sembra di raccontare delle storie ma è andata veramente così fidatevi. Ad un certo punto ognuno di questi Stati propose un'immagine architettonica, si parla infatti di ingegneria costituzionale perché è come costruire una casa. Tra le varie proposte per esempio l'Italia che cosa propose secondo voi ,come immagine che doveva dare l'idea dell'Unione Europea nel mondo? Qual è il monumento che più identifica l'Italia nel mondo? Il Colosseo. Infatti il delegato italiano disse "noi pensiamo che come l' UE trae fondamento dall'Impero romano e vogliamo costruire una visione imperialista dell'Europa, che in qualche modo cioè competa con quella americana, così noi puntiamo sull'impero che al tempo della storia era il più grande in assoluto: l'Impero romano e quindi il Colosseo". Quali erano le obiezioni che si fecero davanti all'immagine del Colosseo? Che cosa è il Colosseo agli occhi del mondo oltre ad essere una bellissima costruzione architettonica? Era il luogo di esecuzione delle pene capitali, tanto è vero che nel giorno contro la pena di morte si accende il Colosseo; in tutto il mondo quello è visto come il luogo dell'esecuzione della pena di morte (i gladiatori dovevano salvare la loro vita ma rispetto ad una condanna a morte). Si chiesero" ma forse non è un problema identificare come luogo della costruzione della democrazia europea quello che era luogo di esecuzione capitale della pena di morte ?"Un po' azzardato, quindi scartarono il Colosseo. I francesi che cosa proposero? La Torre Eiffel, esempio della bellezza e in qualche modo del gusto estetico degli europei agli occhi del mondo; "noi siamo il luogo delle cose belle, dell'estetica". Solo che ripercorrendone la storia, la Torre Eiffel per 20 anni non ebbe l'autorizzazione paesaggistica perché era considerata un obbrobrio; il giudizio estetico non è mai fisso, varia nel tempo, però in quel momento era considerato qualcosa di osceno. Quindi anche questa proposta non andava bene. Insomma ve la faccio breve. Ci furono 11 proposte in questo tema però ad un certo punto ci fu un greco che disse "noi dovremmo costruire l'UE sulla base di un edificio che ricorda la democrazia europea, perché la democrazia è nata in Europa, è nata in Grecia con Pericle". E quindi quale era l'immagine del mondo che rappresentava la democrazia? Il Partenone. E allora sulla base del Partenone nasce la struttura a pilastri; l'ho fatta un po' lunga ma era per arrivare qui. Vediamo come è fatta questa struttura a pilastri. Il frontone rappresenta l'Unione Europea; nel quadro istituzionale dell'Unione Europea abbiamo il Consiglio Europeo, costituito dai capi di Stato e di Governo, cioè l'istituzione politica per eccellenza; sotto abbiamo il Parlamento Europeo, luogo della rappresentanza dei cittadini (costituito dai parlamentari europei che dal 1979 non sono più delegati ma eletti dal popolo europeo), poi abbiamo il Consiglio dei Ministri (ogni volta i Ministri competenti per materia si riuniscono a Bruxelles, per esempio quando si deve decidere una politica in materia di agricoltura fanno parte del Consiglio 27 ministri dell'agricoltura), la Corte dei Conti, la Commissione (impropriamente definita l'esecutivo dell'Unione Europea, in realtà i Commissari svolgono l'interesse europeo nelle politiche). Poi abbiamo i tre pilastri. Nel primo pilastro troviamo non più la CEE ma la CE (non è più quindi solo ed esclusivamente una Comunità economica ma si occupa anche di altre materie che sono le integrazioni sociali, politiche del lavoro, agricoltura ecc.) e troviamo anche la CEEA, vecchio Trattato EURATOM. Nel secondo pilastro troviamo la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). Abbiamo poi un terzo pilastro che si chiamava GAI cioè Giustizia e Affari Interni ma poi tramutato in Cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale. C'è qualcosa che chi ha costruito questo sistema non ha considerato e da lì nasce il problema della costruzione costituzionale dell'Unione Europea; ritorno al'architettura. Prima ho detto che il giudizio estetico cambia nel tempo però c'è qualcosa che rimane sempre immutato: il concetto che le cose armoniose in natura sono belle; come se ci fosse una regola matematica dietro l'armonia. E in effetti questa regola c'è. Qualcuno di voi si ricorda che cosa è il π/2 ? E' un coefficiente che equivale a 3,14. Io appartengo a quella categoria di studenti per cui la matematica rappresentava un incubo, però una cosa l'avevo capita anche io a quel tempo: cioè il fatto che ci sono delle regole matematiche. Il π/2 nasce dalla sezione aurea del cerchio. vi sfido a fare questa operazione, se voi andate a vedere la distanza tra le colonne del Partenone, troverete che questa è sempre la stessa, millimetro per millimetro; eppure non avevano un computer o altro. Come è possibile? Perché chi l'ha fatto era Fidia, che era anche uno scultore, un architetto, un filosofo e anche un matematico; una volta era così. Il Partenone è costruito sulla regola del π/2, cioè tutte le colonne sono della stessa altezza e hanno la stessa distanza; e perché dico che chi ha costruito l'Unione Europea sulla base del Partenone non conosceva la regola della sezione aurea? Perché questi pilastri di cui vi ho parlato non hanno la stessa altezza ed è il motivo per cui questo edificio è crollato. Adesso dall'architettura ci spostiamo al diritto e alla scienza politica; nel primo pilastro esiste una cosa che si chiama metodo comunitario, cioè le decisioni vengono prese a maggioranza. Quando una decisione viene presa a maggioranza vuol dire che ognuno di noi parte con un interesse, ma quello che decide la maggioranza è diverso dalla composizione dei singoli interessi, è qualcosa di più e di diverso; è un interesse nuovo, è un interesse europeo, sovranazionale. Supponiamo di partecipare a questa riunione, ognuno di noi come rappresentante di uno Stato e di dover decidere quando fare una pausa; se io penso che ho un sacco di cose da dirvi quindi non avrei bisogno neanche di un secondo di pausa e alcuni di voi invece vogliono una pausa subito, probabilmente ognuno di voi avrà in mente un momento diverso della lunghezza della pausa; ma se decidiamo a maggioranza io non posso stare fermo perché rappresento la minoranza e quindi devo negoziare, contrattare. Queste si chiamano tecniche di negoziato. Io voglio 0 minuti di pausa voi ne volete 5 minuti, a questo punto io devo venire verso di voi e voi dovete venire verso di me; alla fine arriveremo ad un risultato che sarà comunque diverso dai punti di partenza di ognuno di noi. Quindi la regola della maggioranza fa prevalere l'interesse europeo. Poi c'è un sistema per cui decidono le istituzioni più europee, sovranazionali che sono Commissione, Parlamento, Consiglio e c'è un organo che giudica nel caso in cui vengano commessi degli errori ed ha una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, cioè la Corte di Giustizia. Nel primo pilastro trovate tutte queste tre condizioni: regola della maggioranza, strutture sovranazionali, controllo giurisdizionale pieno. Andiamo a vedere il secondo pilastro, qui la regola è l'unanimità. Facciamo l'esempio della pausa caffè, io voglio 0 minuti di pausa e voi 5. Chi vince? Se vale la regola dell'unanimità voi avete bisogno di convincere me che per le tecniche negoziali stavolta non devo venire verso di voi ma devo stare fermo. Probabilmente quindi o voi riuscite a decidere che io mi devo muovere,oppure la pausa non si fa. Che cosa vuol dire la regola dell'unanimità? Il potere di veto degli Stati nazionali. Uno Stato piccolissimo può decidere di bloccare tutti gli Stati. Uno Stato come il Lussemburgo che ha meno di 1 milione di abitanti, può bloccare la decisione di 480 milioni di cittadini. Volete un esempio molto meno gioviale del precedente? L'eccidio di Srebrenica. C'è la guerra in Jugoslavia, bisogna decidere come intervenire; gli Stati europei non possono decidere perché ci sono alcuni Stati che hanno scritto nella loro Costituzione che non possono intervenire, per esempio la Svezia. L'Europa non può agire, si spacca. Immaginate che c'è una guerra a 50 chilometri dalle nostre coste e noi non possiamo intervenire; infatti interviene la NATO. Non a caso è sempre nelle materie di politica estera che l'Europa si spacca. Volete un altro esempio? Guerra in Afghanistan. Questo perché si decide all'unanimità. Regola dell'unanimità vuol dire quindi potere di veto. C'è un' altra logica poi: la Corte di Giustizia non ha una tutela giurisdizionale; non può decidere se è legittimo o sbagliato quell'intervento. Chi decide non è il Consiglio dei Ministri, non è la Commissione, ma il Consiglio Europeo dove siedono gli Stati. Il secondo pilastro è un pilastro intergovernativo, non comunitario quindi è come se voi lo doveste vedere pieno a metà. Il terzo pilastro è un misto: ogni tanto abbiamo delle regole di sovranità quindi comunitarie, ogni tanto dei metodi intergovernativi. Quindi è come se lo doveste vedere questi pilastri a tre altezze diverse. Che cosa succede se voi avete questa struttura con un pilastro pieno, un pilastro a metà e un pilastro a 3/4? Dove va la pressione? Sul centro e non a caso quando si spacca questa costruzione, ciò avviene esattamente sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune. Mi seguite? C'è un'altra cosa che qui manca e che in scienza della costruzione si fa sempre. Quando si deve costruire qualcosa, la prima cosa che si analizza è il terreno, la base; che cosa ci deve essere sotto questa base affinché non sprofondi? La cittadinanza europea. I cittadini dell'Unione Europea, il pilastro della cittadinanza che è esattamente quello che manca. Ovviamente vi sto bombardando di cose che meriterebbero più tempo, però è per farvi capire quello di cui stiamo parlando. Vi ripeto la parte del metodo comunitario: la Commissione propone, il Parlamento e il Consiglio codecidono. Le caratteristiche sono: il ruolo della Commissione, i poteri del Parlamento Europeo, il voto a maggioranza, il controllo giurisdizionale degli atti. Rivediamo anche il metodo intergovernativo: gli Stati prendono le decisioni in seno ad organi sovranazionali, potere degli Stati, potere di veto, controllo limitato o assente della giurisdizione. Questa struttura infatti viene abolita dal Trattato di Lisbona, non c'è più. Vi salto la parte sulla Costituente e sul Trattato Costituzionale per questioni di tempo, però una cosa ve la voglio dire. Spesso se voi cercate su Google, la parola più vicina a crisi è Europa, perché si parla sempre di crisi dell'Unione Europea in seguito alla crisi del Trattato Costituzionale; però attenzione non è la prima crisi. La prima crisi dell'Unione Europea, la prima volta che questo edificio non va avanti, è nel 1954. Si volevano mettere insieme gli eserciti per creare un esercito europeo; l'opposizione di Charles de Gaulle dice "no, non siamo ancora pronti a mettere il nostro esercito francese insieme a quello tedesco (vi ricordo che solo 10 anni prima se le davano di santa ragione, quindi era un po' complesso metterli insieme); per questa opposizione, la CED (Comunità Europea di Difesa) cade. Se noi non abbiamo ancora una politica militare europea è perché da allora non siamo riusciti ad andare avanti. Quindi è una storia di successi ma è anche una storia di insuccessi. Arriviamo al Trattato di Lisbona. Quali sono le sue caratteristiche? Esso cerca sostanzialmente di mantenere tutti gli elementi del Trattato Costituzionale tranne quelli identitari, ecco perché il 9 maggio noi non festeggiamo la festa dell'Europa; altrimenti avremmo un giorno di festa in più. Ecco perché non abbiamo l'inno o la bandiera riconosciuti proprio come elementi simbolici identitari, perché i cittadini europei avevano paura che l'identità europea andasse a sostituirsi all'identità nazionale. Si sostituisce la struttura a pilastri e si crea la struttura del Trattato di Lisbona. Ricordiamo velocemente alcuni principi che fanno riferimento al Trattato di Lisbona e al quadro istituzionale: il principio di attribuzione delle competenze, il principio di sussidiarietà, il principio di proporzionalità. Quando si dice "questa cosa la dovrebbe fare l'Europa", i giuristi devono chiedersi "l'Europa ha la competenza per fare questa determinata cosa?" Cioè il principio di attribuzione della competenza dice che l'UE non ha la competenza in materie generali, non può far tutto ma agisce nei limiti in cui le competenze le sono state riconosciute dal Trattato. Quindi se non c'è scritto nel Trattato che può fare una determinata cosa, l'UE non la può fare perché è ancora in mano agli Stati Membri. Poi ci sono anche altri principi che sono il principio del primato e dell'effetto diretto che abbiamo già visto; il principio sussidiarietà: prima agisce il livello più vicino nei confronti del cittadino, se questo livello non ci riesce allora agisce il livello statale, se il livello statale non riesce ad intervenire allora in aiuto, in sussidiarietà interviene l'Unione Europea; poi c'è il principio di proporzionalità, cioè le misure devono essere riportate ai risultati. In qualche modo il principio di attribuzione delle competenze disciplina l'an della competenza, se c'è o non c'è competenza. Il principio di sussidiarietà stabilisce il quomodo della competenza, cioè in che modo si esercita la competenza dell'UE rispetto a quella degli Stati Membri. Il principio della proporzionalità stabilisce il quantum, cioè fino a che punto si può spingere la competenza dell'UE e quanto ancora rimane nella competenza degli Stati. Questi tre (attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità) stabiliscono il principio della competenza. Nei sistemi federali c'è una cosa in più, c'è il principio della kompetenz-kompetenz; cioè lo Stato federale ha la competenza sulla competenza degli Sati federati, è lui che stabilisce cosa fanno gli Stati federati e che cosa fa lo Stato federale. Questo sistema non è uno Stato federale e forse non potrà mai esserlo, infatti non esiste il principio della kompetenz-kompetenz. Mi seguite? Che bravi. Vorrei un attimo affrontare due cose: la teoria monista e la teoria dualista. Questa teoria riprende quel dialogo tra la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Giustizia (nella quale nel tempo si inseriscono altre Corti: la Corte costituzionale tedesca, il Consiglio costituzionale francese, la Corte Costituzionale spagnola ecc.). E' un dialogo tra le Corti, un sistema di multilivello di protezione; un sistema dove ci sono vari livelli di protezione e ogni organo giurisdizionale ne assicura in qualche modo la coerenza e la omogeneità; tra questi livelli ogni tanto c'è una concorrenza, ognuno vuole dimostrare di essere il più bravo a tutelare i proprio cittadini. A volte la concorrenza può essere positiva, a volte negativa ("no, non me ne occupo io, fallo tu"). Questo dialogo si fonda su due teorie completamente diverse. La teoria monista, che è quella della Corte di Giustizia. C'è un articolo di Cannizzaro dove lui parte dalla teoria cosmologica, dalla teoria del caos per spiegare il rapporto tra la teoria monista e quella dualista. Esiste un sistema solo che è quello degli Stati ed è integrato con il sistema l'UE, è un solo sistema quello della Corte di Giustizia. L'altra teoria è quella delle Corti Costituzionali nazionali, è una teoria dualista; sono due sistemi giuridici autonomi e indipendenti ma integrati e quindi dialogano tra di loro. Nella teoria monista il diritto dell'UE prevale sulle norme contrastanti salvo un solo limite, un controlimite: il rispetto dei diritti fondamentali. Nella teoria dualista vediamo fino a dove si può spingere il primato del diritto dell'UE e lo vediamo sulla base della ripartizione delle competenze, perché laddove c'è stata una cessione di sovranità l'UE ha una competenza superiore ma dove questa non c'è stata lo Stato mantiene la propria competenza. Questo stesso schema è ripetuto anche in due Trattati che la Corte Costituzionale tedesca ha analizzato; il primo è il Trattato di Lisbona il secondo è il cosiddetto Fondo salva-Stati. Qual è stato il ragionamento della Corte Costituzionale tedesca? Sono 100 pagine di motivazione; rarissimamente sono state scritte così tante pagine, ma in questo caso le scrive perché si sta rivolgendo solo ai cittadini tedeschi, ma tutti i cittadini europei, sta parlando con 26 Corti Costituzionali più la Corte di Giustizia. Dice "il Trattato di Lisbona fa ulteriori avanzamenti nel processo di integrazione europea, però attenzione dovete sempre rispettare il principio della democrazia e il titolare della democrazia è il Parlamento tedesco. Quindi ogni volta che vi chiedete se ci sono nuove cessioni di sovranità dovete interpellare il Parlamento tedesco". Quello che vuole difendere la Corte Costituzionale tedesca è la democrazia interna, cioè la democrazia che le assegna il compito di tutelare i propri cittadini tedeschi; quindi la Corte dice "non ci potranno essere mai fughe in avanti nel processo di integrazione europea se prima non vengono interpellati i tedeschi, detto ciò per questa volta vi dico si; cioè il Trattato di Lisbona è compatibile con il sistema costituzionale tedesco ma sto anche dicendo che non sarà sempre così, dipenderà volta per volta". In qualche modo è come se la Corte Costituzionale tedesca abbia voluto mettere un'ipoteca sul futuro dell'UE: per andare avanti in questo processo di integrazione, a detta della Corte Costituzionale tedesca, si dovrà sempre coinvolgere il Parlamento tedesco. Lo stesso principio viene ribadito dalla Corte di Karlsruhe quando si parla del meccanismo europeo di stabilità; questo meccanismo salva- Stati ripartisce un po' il debito attraverso una ripartizione che vede nella Germania il maggiore contributore e quindi dice la Corte tedesca "bisogna interrogare i cittadini tedeschi perché stiamo utilizzando dei soldi che fanno parte del sistema tedesco. Ogni volta che si fa un processo di integrazione europea,ogni nuovo Trattato, non basta che lo accordiamo come Stati, occorre anche la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali". Per questi motivi la revisione semplificata dei Trattati, quella per cui in qualche modo si procede in maniera più semplice, è bloccata dalla Corte Costituzionale tedesca. C'è un'altra storia che però si potrebbe raccontare dell'UE. Una storia che raramente viene raccontata, perché qual è la preoccupazione della Corte Costituzionale tedesca? E' la democrazia. Ci sono due concetti di democrazia. C'è la democrazia interna degli Stati Membri e c'è anche la democrazia europea. C'è il controllo democratico sugli atti dell'UE che prima ancora di essere fatto dai Parlamenti nazionali dovrebbe essere fatto dal luogo deputato a rappresentare i cittadini europei. E qual è? Il Parlamento Europeo. Allora ci si potrebbe chiedere: ma dove stava il Parlamento Europeo quando si dovevano decidere queste cose? Io vorrei raccontarvi per questo un'altra storia ed è la storia della cittadinanza europea che è la vera parte mancante. Noi fino ad adesso abbiamo parlato del processo di integrazione degli Stati; abbiamo parlato del rapporto tra ordinamento europeo e ordinamenti di Stati. Ma gli inglesi direbbero what if? Cioè che cosa succederebbe se la stessa storia la raccontassimo nel rapporto tra la cittadinanza nazionale e la cittadinanza europea? Forse avremmo un'altra storia. Siamo davvero sicuri che gli Stati cedono quote di sovranità a livello sovranazionale? Siamo davvero sicuri che si tratta oggi di cessione di sovranità? Io non cedo qualcosa che non ho più. La domanda è: possono gli Stati esercitare la loro sovranità a livello nazionale? Vi faccio alcuni esempi su materie nelle quali l'UE non dovrebbe mettere becco. Parliamo di 4 casi che riguardano: politiche migratorie, politiche sociali, sussidio di disoccupazione e politiche del lavoro. Vediamo fin dove riusciamo ad arrivare. Sono tutte materie nelle quali l'UE non ha competenza se non una competenza minima. Sono materie nelle quali l'UE non dovrebbe incidere. Eppure siamo in una comunità di diritto; i problemi delle persone vengono prima degli Stati, si muovono molto più rapidamente delle decisioni degli Stati. Vorrei farvi vedere perché questo principio di attribuzione delle competenze e questa idea della cessione di sovranità, vanno in qualche modo relativizzati. Primo esempio, partiamo dalla cittadinanza. La legge sulla cittadinanza è nella competenza degli Stati Membri, nessuno vi potrà mai dire il contrario. Ogni Stato stabilisce la legge per attribuire il diritto di cittadinanza ai propri cittadini. L'UE non ha diritto di stabilire la legge di cittadinanza nazionale; infatti l'UE dice che quando tu sei cittadino di uno Stato Membro sei anche cittadino europeo, ma come diventi cittadino di uno Stato Membro lo scelgono gli Stati. Siamo davvero così convinti? Andiamo in volo tra la Cina e l'Irlanda, siamo nel 2004. C'è un signore, Chen, uomo d'affari che svolge la sua attività a Londra. Come cinese, per svolgere la propria attività a Londra deve chiedere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il signor Chen ha due problemi. Il primo è che ogni volta deve perdere molto tempo per fare questa trafila; il secondo è che è sposato con la signora Chen, hanno un figlio e vorrebbero avere un secondo figlio ma la legge cinese vieta la doppia nascita. Lui in pub, evidentemente dopo una birra di troppo, parla con un avvocato inglese di questi due suoi problemi: prendere in qualche modo il passaporto europeo e avere un secondo figlio. L'avvocato inglese dice: "io ti posso dare la soluzione: provate ad avere un secondo figlio, nascondete la gravidanza, al settimo mese di gravidanza mettiti su un aereo (che si chiama Air China e porta da Pechino a Dublino) e fai nascere tuo figlio a Dublino". Le cose vanno esattamente così. La signora Chen prende un aereo, va a Dublino e nasce una figlia: Mary Zhu Chen. Scade il permesso di soggiorno perché loro sono venuti per permesso turistico e le autorità irlandesi dicono "tornatevene in Cina". Loro tramite questo avvocato vanno davanti la Corte di Giustizia e dicono: "la bambina è nata in Irlanda; siccome è nata in Irlanda è cittadina europea; siccome è cittadina europea una bambina non può circolare senza i suoi genitori. Quindi anche i familiari, di Paesi terzi, di una cittadina europea hanno diritto di circolare liberamente nel proprio soggiorno". L'Irlanda era l'unico Paese in Europa in cui c'era la legge per lo ius soli, cioè tu nascevi lì e automaticamente diventavi cittadino irlandese. L'Irlanda dice "avete fatto un abuso del diritto, vi siete messi in una situazione per creare questo diritto quando non c'era". Ma la Corte di Giustizia risponde: "se la bambina è irlandese è anche cittadina dell'UE e io sono una comunità di diritto, io devo stabilire il diritto. Se quella bambina è una cittadina europea, per me ha tutti i diritti della cittadinanza europea quindi i suoi genitori cittadini di Paesi terzi devono circolare liberamente". Si chiude la causa. Che cosa fa il Parlamento irlandese? Viene tempestato di telefonate da parte di tutti i Parlamenti nazionali degli altri Paesi che dicono "cambiate questa legge sulla cittadinanza, perché altrimenti 600 milioni di persone prendono l'aereo e vanno in Irlanda". Il Parlamento irlandese in 5 giorni cambia la legge sulla cittadinanza. Oggi voi non trovate più nessuna normativa sullo ius soli. Allora poniamoci la domanda ma veramente è così vero che gli Stati Membri hanno la sovranità nazionale per stabilire la legge sulla cittadinanza? Potrei non avervi convinto, faccio un altro esempio. Andiamo in Polonia e prendiamo la signora Yvonne Watts; questa signora ha un problema ad una gamba, va nel sistema sanitario polacco e dice "ho bisogno di questa operazione alla gamba"; non essendo un'operazione particolarmente difficile la mettono in lista d'attesa. La signora Watts aspetta, intanto la gamba le fa sempre più male; richiede una nuova procedura per essere portata in una struttura all'avanguardia. Il sistema sanitario dice: "se tu vuoi curarti nel sistema sanitario polacco devi seguire la lista d'attesa. Lei ad un certo punto dice "io sono cittadina europea e se sono cittadina europea io vado a curarmi in un altro Paese, perché sono un utente di servizio ed allora posso circolare liberamente. Vado in una clinica esperta di queste cose,in Inghilterra, mi faccio pagare l'operazione che costa 4900 pounds e poi torno in Polonia e chiedo il rimborso". Lo Stato polacco dice "visto che hai voluto farti operare in Inghilterra allora fatti pagare dal sistema sanitario inglese". Ma la signora Watts fa una battaglia di principio. Per lei è un diritto alla salute, è un diritto di cittadinanza e allora dice "io chiedo un rimborso di quelle spese al sistema sanitario nazionale". La Corte di Giustizia dice "la salute è un diritto di cittadinanza nazionale ed europeo ; tu hai diritto a chiedere il rimborso quindi verrai rimborsata dal sistema sanitario polacco". Quando vi chiedete perché queste cose non vengono raccontate fuori dalle aule del Tribunale e perché il problema è che gli italiani che hanno a che fare con la legge di cittadinanza andrebbero tutti in massa in altri Paesi per chiedere rimborso. Stiamo parlando di politiche sociali, politiche sanitarie in cui non c'è competenza dell'UE. Potrei non avervi ancora convinto, faccio un altro esempio. Politiche del lavoro. Parliamo di qualcosa che spero non vi capiti mai. Il signor Grzelczyk è uno studente che sta tra la Francia e il Belgio. Dopo lo studio si laurea e purtroppo entra nel dramma del sussidio di disoccupazione. Continua a cercare lavoro e non lo trova. Poi ad un certo punto ha un'idea e dice "io mi trovo in Francia dove ho un sussidio di disoccupazione di circa 700 euro, però se io mi sposto e vado in Belgio qui c'è un sussidio (che si chiama minimex) che vale 1000 euro. Disoccupato per disoccupato tanto vale prendere 300 euro in più". Anche perché poi il Belgio consente anche un percorso di integrazione per cercare lavoro, ci sono delle politiche attive da questo punto di vista. Lui chiede il sussidio di disoccupazione in Belgio; qui le autorità rispondono: "non possiamo dartelo perché il sussidio di disoccupazione è parametrato rispetto alla cittadinanza nazionale, lo possiamo dare solo ai cittadini del Belgio". Ma lui dice "questa è una discriminazione fondata sulla nazionalità; se io sono cittadino francese, sono anche cittadino europeo e se sono cittadino europeo ho diritto ad essere trattato come tutti i cittadini europei, compresi i cittadini del Belgio ". Questa causa va davanti la Corte di Giustizia e la Corte di Lussemburgo dice "è discriminatoria l'erogazione di un sussidio di disoccupazione fondata sulla cittadinanza; se voi volete apportare delle modifiche lo potete fondare su un altro criterio che è quello della residenza. La residenza è neutra, tutti possono chiederla; aggiungete anche che la residenza legale ed ininterrotta per 5 anni dà diritto a chiedere sussidio di disoccupazione e vi salvate". Che cosa succede? Cambia la legge del Belgio sul sussidio di disoccupazione e invece della cittadinanza viene messo il criterio della residenza. Il criterio della residenza sta diventando la frontiera della nuova cittadinanza europea. Stiamo parlando di politiche del lavoro, politiche nelle quali non c'è la cessione di sovranità. Prendiamo un ultimo caso che così riesco a coniare la frase del no State is an island, nessuno stato europeo oggi è più un isola; nessuno Stato europeo può veramente pensare di poter disciplinare problemi globali a livello nazionale. Pensate alla politica migratoria. Non c'è una politica migratoria a livello europeo, ogni Stato la decide al suo interno con la propria disciplina normativa, con le proprie politiche; poi però trovate dei casi che fanno saltare tutto. Uno di questi casi si chiama Metock; è il nome di un cittadino migrante camerunense che chiede l'asilo in Irlanda; chiede la politica di visto d'asilo immigrazione. Non gli viene concessa, ad un certo punto, come capita nella vita, si innamora di una cittadina irlandese e si sposa con questa. Come lui molti altri camerunensi che si trovavano nella stessa situazione. Scade il suo permesso di soggiorno, non gli viene detto se è un esiliato politico oppure no, quindi lui tecnicamente dovrebbe rientrare nel proprio Paese perché fuori dalle quote migratorie. La signora Metock, cittadina irlandese, fa una causa e dice: "se io sono una cittadina irlandese e quindi europea, sposata con un cittadino di un Paese terzo non ho forse anche io diritto a circolare liberamente? Se voi mandate mio marito in Camerun costringete noi a vivere a distanza o me a trasferirmi in Camerun. Quindi io sono menomata rispetto al mio esercizio del diritto alla tutela all'unità familiare". Questa causa va davanti la Corte di Giustizia; tutti i cittadini camerunensi sposati con cittadine irlandesi aspettano la sentenza vestiti con gli abiti di matrimonio nel parco. Quando poi ci sarà la sentenza della Corte di Giustizia loro diranno "è stato come essersi sposati una seconda volta". Parliamo di questioni che riguardano politiche migratorie, politiche in cui gli Stati avrebbero formalmente la loro competenza. Eppure questo tipo di disciplina in qualche modo aggira il tema della competenza. Ecco perché da un punto di vista costituzionale interno, i costituzionalisti gridano allo scandalo quando ci sono queste sentenze perché dicono "questa è un'erosione strisciante della sovranità, voi state espropriando la sovranità nazionale, senza che ci siano dei Trattati". E se voi lo guardate dal punto di vista di un costituzionalista, questo è vero; non c'è scritto da nessuna parte che l'UE deve avere competenza in materie di politiche di Welfare, di lavoro, migratorie. Però c'è un'altra visione che è quella dell'UE la quale potrebbe dire: "ma gli Stati possono veramente parlare oggi di cessione di sovranità oppure non hanno già perso la sovranità su questi temi?"Perché sono temi che ormai hanno assunto una dimensione che travalica i confini nazionali. I problemi di queste persone che io vi ho raccontato (Cina - Irlanda, Francia - Belgio, Irlanda - Camerum, Polonia - Inghilterra)travalicano i confini nazionali. Allora forse più che di cessione di sovranità dal livello nazionale al livello sovranazionale non si dovrebbe parlare di difesa della sovranità nazionale a livello europeo? Se ci pensate questo vi cambia tutta la prospettiva, a livello giuridico è una rivoluzione copernicana. Questo è il vero conflitto in cui ci si trova oggi. Ci si trova nel guado tra due sistemi che evidentemente fino ad ora hanno avuto una cerniera comune, ma in questo momento si è arrivati a punti così intimi della sovranità statale per cui ci si chiede: o la crisi della sovranità statale la si affronta dal punto di vista costituzionale - nazionale e allora avremo un passo indietro inevitabilmente; oppure si dice la crisi della sovranità statale può avere uno sbocco solo a livello sovranazionale però allora dovremmo avere un passo avanti e cioè che gli Stati scelgono politiche migratorie non a livello di ordinamenti nazionali ma a livello europeo. Dovremmo avere degli Stati che quando vanno a Bruxelles sappiano di cosa stanno trattando; sappiano che una Direttiva sui diritti di cittadinanza incide sul fatto che io non posso oggi attribuire la legge sulla cittadinanza sulla base del semplice ius soli. E' una diversa prospettiva ma al cuore ci sono sempre due stessi concetti: crisi della sovranità, crisi della democrazia rappresentativa; solo che sono diametralmente opposte le soluzioni. Per questo io dico che più che parlare prosaicamente dell'Europa che verrà, bisognerebbe affrontare il tema del racconto della storia dell'UE, affinché queste cause in qualche modo escano dagli uffici degli addetti ai lavori, dalle aule di tribunale e diventino principi di diritto per cui una persona sappia utilizzarli. Questa è una storia che non ha una fine, è un processo e i processi per definizione sono in perenne divenire, possono evolversi in un modo, possono anche regredire in un altro modo. Però la morale è: parliamo davvero di cessione della sovranità? Discutiamone. Parliamo davvero di difesa della sovranità a livello sovranazionale? Discutiamone. Entrambe le cose non possono avvenire senza due passaggi che si chiamano consapevolezza; la consapevolezza degli Stati che oggi le loro scelte dipendono da quello che viene fatto a Bruxelles (pensate alla politiche del bilancio, alle politiche monetarie) e la consapevolezza dei cittadini, io non posso esercitare un diritto della cittadinanza europea se non lo conosco. Prima di difendere un diritto della cittadinanza europea io devo conoscerlo ma questo è un compito di noi cittadini. Noi cittadini sappiamo che oltre ad essere cittadini nazionali siamo anche cittadini europei? Sappiamo quali sono i diritti che discendono dalla cittadinanza europea? Io vi ho fatto alcuni esempi ma potrei farne tantissimi altri. Io dubito che questa consapevolezza ci sia e non è solo un problema italiano ma un problema di tanti altri livelli. Se alla consapevolezza degli Stati Membri su come rispondere alla crisi della sovranità associamo la consapevolezza dei cittadini ad essere non solo cittadini nazionali ma anche cittadini europei, forse ritorniamo all'origine della storia cioè alle parole di Jean Monnet: l'Unione Europea non è nata solo per unire Stati ma è anche nata per unire popoli; e se è vero questo dobbiamo dare più voce ai cittadini europei e rendere più consapevoli i nostri Stati del fatto che gli ordinamenti costituzionali oggi dialogano necessariamente anche a livello sovranazionale. Serena Realdi: Ringraziamo l'avvocato. DIBATTITO: Serena Realdi: Benissimo. Adesso è il vostro momento per fare delle domande, se le avete. L'unico aiuto che vi chiedo è di essere un pochino sintetici in modo tale che se ci sono parecchie domande, tutti possano avere la possibilità di farle. Quindi prego. Giulia Massitti: Io volevo chiedere una cosa sul processo di integrazione. Prima ci hai dato uno spunto sull’identità nazionale degli Stati Membri che fanno parte dell’Unione Europea. A questo proposito volevo chiederti: se in qualche modo l’intento di questo processo di integrazione è cercare di far fronte a problemi comuni, di trovare delle soluzioni collettive, allora l’identità degli Stati Membri, forse più che ad un concetto geografico, non fa proprio riferimento ad un concetto politico si, ma magari anche culturale? Perché dall’esempio che ci hai fatto prima della Turchia e anche di Israele: come facciamo lì a porci delle domande su problemi comuni, laddove forse di comune c’è ben poco? Cioè qual è il limite, fin dove possiamo arrivare? Domanda: Io ho più domande. La prima e la seconda sono connesse. Quando ho studiato Diritto dell'Unione Europea dal libro del Professor Draetta, egli sosteneva che il futuro dell’Unione Europea è in due sensi: o una federazione degli Stati vera e propria, una sorta di Stati Uniti d’Europa, o la distruzione dell’Unione Europea e quindi tornare ad un regime precedente a quello della CECA addirittura. Secondo lei qual è l’evoluzione più probabile? E all’interno di questo sistema qual è la sua opinione sul cosiddetto deficit democratico dell’Unione Europea, in particolare con riguardo alle funzioni del Parlamento? La terza e ultima domanda riguarda invece i casi pratici. L’anno scorso mi è capitato di andare con la Professoressa di Diritto dell'Unione Europea, la Parisi, alla Corte di Strasburgo e assistere ad un caso molto simile a quello riguardante il sussidio di disoccupazione; in questo caso però lo Stato coinvolto era la Germania. Ora anche in quel caso la Corte di Giustizia ha dato ragione ad una donna, che nonostante fosse divorziata dal marito è comunque riuscita ad ottenere la cittadinanza, il sussidio di disoccupazione e il mantenimento anche per i figli. Queste sentenze della Corte di Giustizia, non possono però essere un condizionamento eccessivo anche per i fondi che gli Stati potevano stanziare in queste materie, specialmente Stati come la Germania, dove sono previsti queste forme di sussidi? Domanda: Un argomento che abbiamo affrontato con il Direttore all’inizio dell’apertura del percorso giuridico. Noi sostanzialmente come obiettivo, abbiamo seguito quello di individuare le varie figure professionali, sia diciamo quelle "standard" (la figura dell’avvocato, del magistrato, ecc.) e sia anche delle figure un po’ diverse da quelle solite. Tuttavia nell’ambito del panorama dell’Unione Europea possiamo notare come si possa accedere, o tramite elezioni a compiti che possono essere ad esempio quelli all’interno del Parlamento Europeo, oppure come nel suo caso, un giurista può occuparsi di cause, nell’ambito del panorama Europeo. Volevo sapere se c’erano delle altre figure, che lei poteva suggerire, anche per ampliare un po' i nostri orizzonti. Domanda: Nel caso del Belgio e della Francia, perché per la cittadinanza si parla di discriminazione e per la residenza no? Lorenzo Pispero: Io avrei una domanda su due casi: il caso Viking e il caso Laval. L’esito di queste sentenze ha praticamente confermato che le fondamenta dell’Unione Europea, sono economiche, quindi non sociali, a sostegno di tutti i soggetti. Quindi più che comunità di popoli, sarebbe una comunità di lobby economiche? E questo anche in riferimento ad una Europa con due economie, una Europa a due livelli, dove ci sono Stati molto sviluppati che dettano le regole e Stati che si trovano attualmente in una situazione disperata, che sono costretti a subire. Marco Lombardo: Rispondiamo prima a queste 5. In fondo mi avete chiesto semplicemente l’identità europea, il lavoro in Europa, la discriminazione, il futuro e le politiche sociali. Direi che sono abbastanza per ora. Identità europea, partiamo dalla prima domanda. Sei andata subito su un punto centrale: quello dell’identità. E' chiaro che il tema dell'identità europea è un punto che riguarda tutti noi. C'è una preoccupazione di fondo. Ma l’identità europea, può in qualche modo annacquare, sostituirsi all’identità nazionale? Io credo che questa sia una preoccupazione di molti cittadini degli Stati Membri. Cioè, l’idea di poter perdere, non solo la propria tradizione in qualche modo costituzionale, ma la propria tradizione di valori, la propria storia, il "proprio passato", andando in un ignoto. Qualcuno dice che l’Unione Europea è nel limbo di un' identità irrisolta. E’ un giornalista, Andrea Bonanni, non uno scrittore, però io ho sempre trovato molto azzeccata questa frase. Il limbo dell’identità irrisolta. Lui la poneva proprio sulla questione della Turchia. Perché vi rendete conto che la questione dell’entrata della Turchia è alla fine prima ancora che una questione geo-politica, è una questione identitaria. Vuol dire chiederci: ma questo allargamento, dove finisce? Dove finiscono i confini dell’Europa? Vuol dire chiedersi che cos’è l’identità europea. Io parto dall’idea che secondo me gli Stati Membri dell’Unione Europea non possono e non potranno mai essere assimilati agli Stati americani. Perché il Nebraska, il Wisconsin, l’Alabama, non possono essere uguali alla Germania, alla Francia e all’Italia. Se non altro perché gli Stati Uniti sono un continente giovane. E’ solo dalla seconda metà del 1800 che in qualche modo sono riconosciuti come Federazioni di Stati. Per noi non è così: alcuni Stati hanno tradizioni millenarie (pensate alla Grecia, all’Italia, alla Germania); abbiamo le nostre tradizioni e non vogliamo perderle. Il tema non è di una identità europea che si sostituisce. E’ di una identità che in qualche modo deve arricchire. Cioè deve andare ad un livello che si integra, che diventa complementare con quello degli Stati nazionali. Questo è molto più semplice dirlo a parole che non spiegarlo nei fatti. Io proprio qui mi ricordo una discussione abbastanza accesa sul tema della identità europea. Di fronte a chi dice "non esiste l’identità europea, è un concetto vacuo!" Io dico sempre che esiste un articolo del Trattato sull'Unione Europea che è l'articolo 6 (TUE), che ti dà non l’identità europea, ma in qualche modo è come una Google map; cioè ti dà una traccia per sapere dove stai andando. Se volete lo leggiamo insieme. Dice: "L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali. L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali". Sapete che cosa vuol dire fuori dal contesto giuridico questa norma? Vuol dire che può esistere un' identità europea, che in fondo non è altro che un sentire comune e condiviso di alcuni valori. La carta di identità dell’Unione Europea, è la Carta dei Diritti Fondamentali. Noi siamo troppo spesso concentrati sul valore giuridico di quei diritti, ma non riusciamo a capire che quei diritti hanno valore identitario. Cioè dire (articolo 1) la dignità umana è inviolabile, vuol dire una cosa molto importante. Vuol dire che fa parte della identità europea il concetto che l’uomo viene prima ancora degli Stati. Pensate alla Costituzione Italiana. La Costituzione Italiana, non parte dicendo: l’uomo è inviolabile. Parte dicendo: " la repubblica è". Cioè prima viene lo Stato e poi (articolo 2) vengono i cittadini che si riformano in associazioni, ecc. Poi è ovvio ci sono interpretazioni evolutive e tutto quanto, però c’è un concetto che è quello degli Stati nazionali, delle Repubbliche, che vengono prima. Noi invece come identità europea, abbiamo messo una cosa fortissima: la dignità umana è inviolabile. Quindi vuol dire che all’identità umana appartengono tutti, appartengono anche i non cittadini dell’Unione Europea. Cioè se tu ti trovi in Europa, questo pacchetto ti deve essere riconosciuto sempre. Dopo abbiamo scritto alcune cose, per esempio in materia di tutela ambientale, fortissime: cioè chi fa parte dell’identità europea è colui che pensa che in realtà l’uomo non deve prevaricare sulla natura, deve coesistere in armonia con la natura. Guardate che sono delle cose che avrebbero degli impatti fortissimi sull’identità. Ci sono scritti dei diritti che riguardano le libertà fondamentali dei cittadini, la libertà di associarsi, la libertà di avere giustizia. Ci sono dei sistemi nei quali questo non è garantito a livello di diritto costituzionale. Pensiamoci. C’è un percorso di pace, che poi è il percorso dal quale nasce l’Unione Europea, che fa parte di quella Carta dei Diritti Fondamentali. Ma se noi riusciamo a capire che l’identità europea, parte da un modo comune di sentire quei valori condivisi, forse astraiamo il concetto giuridico e andiamo al concetto identitario. E' come dire: noi siamo questo e se tu vuoi essere europeo, ti devi adeguare a questi valori; quindi non potrai reprimere per esempio la libertà di riunione. La Russia vuole entrare nell’Unione Europea? Finché decide di reprimere la libertà di espressione nelle riunioni, noi non la possiamo far entrare. Qualcuno dice: "è la mentalità del club da golf", cioè la mentalità di quelli che vivono in un club e dicono: "se tu vuoi entrare nel mio club, queste sono le regole!" Qualcuno più tecnicamente parla di ricatto sulla base della condizionalità. "Vuoi entrare nell’Unione Europea: devi essere questo!" Però io la vedrei da un altro punto di vista, cioè promozione dei diritti fondamentali e in cambio ti dò interessi economici. Ma prima degli interessi economici vengono degli interessi che sono degli interessi umani, cioè dei diritti fondamentali. Come riuscire a fare coincidere questo con un livello di protezione che non si sostituisca ai temi dell’identità nazionale, è un problema enorme. Sicuramente non lo possiamo fare, perché ho già sforato i 3 minuti, senza avere opinione pubblica europea, dibattiti nei media europea,ecc. Ponetevi questa domanda: quante volte vi raccontano che cosa succede realmente a Bruxelles? In questo momento c’è una decisione sulla politica agricola comune che deciderà la sorte dei nostri imprenditori agricoli per i prossimi 10 anni. Se voi aprite domani i giornali, parleranno di Belen e del cordone ombelicale della figlia. Finché non avete una opinione pubblica europea, sulla quale informarvi, voi non potete avere una identità europea; manca l' arena dell’opinione pubblica. Non parliamo di cose di poco conto. Finché voi avete un corso di educazione civica europea che vi spiega la storia, non possiamo avere un'identità europea; dal '45 ad oggi non sappiamo cosa è successo perché il nostro percorso di storia si è fermato al '45; ma c’è un’altra storia che è partita dal '45; c’è un’altra storia che è partita dopo l '89. Se non c’è un percorso comune di storia e integrazione Europea, come faccio io a parlare ai cittadini europei? L’identità ha bisogno di un dato giuridico ma anche di un dato culturale. E per fare questo bisogna aprire la mente e travalicare anche i muri, che non sono solo quelli fisici, ma sono anche quelli del nostro modo di pensare. Il futuro dell'Europa. Un po’ ho già risposto. Io non penso che si possa andare da qui alla federazione di Stati nel senso degli Stati Uniti d’Europa. E' vero quello che dice Draetta, siamo arrivati ad un punto in cui in mezzo al guado non si può stare: o si va avanti o si torna indietro. Qualcuno disse una volta che l’Europa è un po’ come una bicicletta. Per andare avanti devi pedalare. Se ti fermi cade. E' un po' il senso di quella metafora. E' un processo. Ma o arrivi ad un punto in cui tu decidi qual è il percorso e l’approdo (decidi che ci sono gli Stati Uniti d’Europa? Allora devi fare dei percorsi sapendo che noi non diventeremo mai dall’oggi al domani come gli Stati Uniti), oppure decidi di tornare indietro agli Stati nazionali. Mi sembra che sia abbastanza chiaro come io la vedo, cioè quale sia il percorso che io auspico. Ma so benissimo che è un percorso accidentato che non si farà per volontà divina. Per farlo ha bisogno che ognuno di voi sia anticorpo di democrazia per parlare di che cosa vuole essere, di che cosa è il cittadino europeo. In altre parole questo progetto ha bisogno della cittadinanza per andare avanti. Anche perché padri fondatori che hanno la lungimiranza che hanno avuto Schuman, De Gasperi, Adenauer, Spaak, Monnet, io oggi non ne vedo, drammaticamente oggi non ne vedo. Quindi non è un percorso che si compirà dall’alto. E’ un percorso che è arrivato ad un livello per cui si deve necessariamente compiere dal basso; oppure l’alternativa è: torniamo agli Stati nazionali, sapendo che se torniamo come Stati nazionali, noi oggi ci confronteremo come Italia con 60 milioni di abitanti contro 1 miliardo e 300 milioni di abitanti della Cina , con 1 miliardo e 150 milioni di abitanti dell’India. Queste sono le proporzioni. Allora se vogliamo entrare in un mercato della competizione dobbiamo capire anche che sarà molto difficile per uno Stato nazionale (per me, dal mio punto di vista, impossibile) perché i competitori globali sono questi. Deficit democratico. Tema enorme. Il deficit democratico si è in qualche modo colmato nel momento in cui noi non mandavamo dei delegati dei Parlamenti nazionali ma abbiamo eletto i parlamentari europei. Però vi faccio una domanda. Se vi avessi chiesto chi avete votato alle ultime elezioni europee? In Italia il 13% sa chi è il suo parlamentare europeo; manca la rappresentanza. Non basta che io introduca una norma per dare spirito alla rappresentanza. Il deficit democratico non si può colmare solo con artifici giuridici. Bisogna colmarlo anche con un concetto di rappresentanza; e per fare questo occorre che il Parlamento europeo, che è il luogo della democrazia nell’Unione Europea, si faccia intestatario di battaglie e di principio di democrazia. Non è possibile che tu oggi possa scegliere una questione che riguarda mettere mano ai soldi dei depositi di Cipro, senza che il Parlamento Europeo dica "a". Non è possibile che tu decida di imporre delle regole che violano il principio di solidarietà nei confronti della Grecia senza che il Parlamento dica "a". Poi può dire "a", può dire "b", ma noi dobbiamo percepire che sia un luogo rappresentativo delle nostre idee. Invece qui abbiamo un pericolosissimo scollamento: i cittadini che hanno trovato il loro nemico, l’Europa dell’austerità dei mercati e non abbiamo trovato chi difende la democrazia europea. Quindi il deficit democratico si può riempire solo se si crea, si colma questo gap di rappresentanza. Per adesso c’è stato solo su una questione. La questione delle tasse. Visto che è deceduta pochi giorni fa, la Thatcher aveva detto: “No taxation without rapresentation. I want my money back.” Voglio i miei soldi indietro. E su questa leva quanto pago? Aveva costruito un concetto di rappresentanza che guardate per gli inglesi è molto forte. Gli italiani sono europeisti diciamo di entusiasmo; se però gli chiedete "che cosa si fa in Europa?" dicono "boh…" Se voi chiedete agli inglesi, loro sanno perfettamente che cosa si decide quando si tratta di toccare i loro soldi. Allora noi dobbiamo spostare il livello della rappresentanza dal piano fiscale al piano delle politiche che poi vengono decise. Altrimenti se non si colma questo deficit di democrazia a livello europeo l’unica uscita è la democrazia a livello nazionale, cioè la risposta di una Corte Costituzionale: se voi non siete in grado di difendere la democrazia a livello Europeo, ce la riprendiamo noi a livello nazionale, facciamo difendere la democrazia dai Parlamenti nazionali. Ma a questo punto voi avete 27 Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo è come se non esistesse. Fughe in avanti. Sicuramente sono fughe in avanti quelle della Corte di Giustizia. Infatti questo percorso, questo processo, è stato per adesso tirato in avanti attraverso degli artifici giuridici. Ma è arrivato al punto nel quale il giudice della Corte di Giustizia non può assumere decisioni politiche, perché queste qui sono decisioni politiche e l’indipendenza dei poteri, fa in modo che ci sia una separazione per cui non posso dare alla Corte di Giustizia, il ruolo di decidere su delle politiche nazionali. Quindi le fughe in avanti sono finite. Quella sentenza della Corte Costituzionale ti dice: le fughe in avanti sono finite. Se vogliamo procedere, devono essere le Istituzioni europee a fare questo passaggio. Così il sistema giuridicamente non può più andare avanti. Piergiovanni Ferrarese: Marco scusa, una domanda velocissima, quanti sono i parlamentari europei? Marco Lombardo: Dovrebbero essere 950 +1. E le elezioni se vuoi sono il 25 maggio 2014. Sono 99 rappresentanti del Parlamento, che spettano alla Germania, 73 rappresentanti del Parlamento, che spettano all’Italia,alla Francia, all’Inghilterra, e poi fino a scalare tutti, fino ad arrivare a 6 rappresentanti per il Lussemburgo, per esempio. Quindi si compone attraverso un sistema che si chiama ponderato. Lavoro nell'UE. Si, bella l’Unione Europea, però io sono un cittadino europeo, voglio sapere anche che ruoli potrei andare a ricoprire nell'ambito dell'UE. C’è il ruolo del parlamentare europeo, però è un po’ più difficile arrivarci ci vogliono 80000 preferenze. Il lavoro dell’avvocato europeo? Si, ma in realtà è ancora di nicchia; in Italia sono pochissimi quelli che si occupano di queste cause. Fare il giudice della Corte? O vai al Tribunale, o vai alla Corte; però per arrivarci (io te lo auguro) ci vuole un percorso molto complicato. Tu mi chiedi: "Ma alla fine, qual è lo sbocco lavorativo che io posso avere nell’Unione Europea?" Ce ne sono molti. E la Commissione ne emette a disposizione tantissimi. Ci sono dei lavori che si chiamano lavori di funzionariato nella Commissione. Perché le Commissioni hanno delle DG, delle Direzioni Generali in cui vengono fatti dei cast. Cast, la parola mi ricorda un po' casting, però il concetto è quello: partite in 40000 e vedete dove arrivate. C’è un problema che sembrerà assurdo. In Italia, dove c’è un problema di disoccupazione giovanile, che è arrivato a livelli emergenziali, alcuni posti non vengono presi dagli italiani. Per due problemi essenziali: lingua e capacità di movimento. Cioè noi italiani tendiamo a trovare un lavoro che sia a 50 metri da casa. Sono sicuro che non sarà il vostro caso perché avete già una mentalità talmente aperta da capire che vi dovrete confrontare con persone che sono molto agguerrite. Dall’altra parte ci sono delle rinunce che bisogna fare; io stesso per arrivare qui parto da 1200 chilometri. Quindi è spostare la proiezione del proprio orizzonte. Però queste due condizioni sono ostative affinché gli italiani possano accedere. Ci sono dei programmi anche di servizio volontario europeo, dei programmi, degli stage che si fanno. Di solito a Bruxelles funziona così: tu entri con uno stage, poi c’è l’effetto sliding doors, per cui entri, però rimani nel giro. E’ un po’ un circus. Cioè giri, giri,giri, finché non trovi poi un’occupazione. Ci sono tantissimi lavori. Per esempio uno veniva chiamato il lavoro del lobbista. Intendiamoci su cosa vuol dire fare il lobbista dell’Unione Europea; è una cosa molto diversa dal concetto che abbiamo noi in Italia di lobby. Ci sono dei lavori che riguardano la rappresentanza di interessi diffusi. Ci sono dei lavori che riguardano la tutela di alcune associazioni sindacali o di categoria, o rappresentanti d' azienda. Ci sono tante opportunità. Vi consiglio sempre di guardare EPSO, che è il canale attraverso il quale transitano tutte le domande dell’Unione Europea. E la prima cosa che vi insegnano a fare non è chiedervi quanto avete preso di laurea , ma saper fare un curriculum. Oggi mettere in un curriculum un problema di problem solving, vi dà molto più accesso di quanto non vi può essere di aiuto un voto di laurea, pur alto che sia. Discriminazione diretta della cittadinanza. Il tema lì è: se io sono un cittadino francese e vengo escluso perché c'è un'esclusiva per i soli cittadini del Belgio, questa è una discriminazione diretta fondata sulla cittadinanza. Se io invece dico: "per avere il sussidio di disoccupazione tu devi avere una residenza legale ed ininterrotta di 5 anni e risorse economiche sufficienti", io non sto escludendo i francesi, non sto escludendo gli italiani. La residenza la possono acquistare tutti. Certo, è più facile per un cittadino del Belgio avere la residenza ,ce l’ha. Ma non escludo chi vuole stabilirsi in un altro Paese, stare 5 anni lì e ottenere il beneficio. Per questo vi dico che la residenza sta diventando la frontiera della cittadinanza europea. Più la gente è mobile, più attraversa le frontiere, più gli capiteranno delle questioni per cui tutto quello che vi sto raccontando voi lo vedrete come carne viva, cioè come questioni vere. Ma se voi vi fermate dagli occhi dell’Italia, di chi sta davanti ad un computer, per voi tutto ciò sembrerà astratto; sembrerà qualcosa che non incide nelle vostre vite, salvo gli euro che avete in tasca. Quindi la residenza è la frontiera della cittadinanza europea. Oggi molte delle cose (molti dei contributi, i sussidi di disoccupazione, le proposte di lavoro, ecc.) vengono date sulla base della residenza, non sulla base della cittadinanza. La prima è una discriminazione diretta, la seconda è difficile dimostrare che sia una discriminazione indiretta, cioè che io attraverso la residenza voglio escludere i cittadini. Devo dimostrarlo. Viking e Laval. Forse bisognerebbe spiegare un po' cosa sono, perché non tutti forse lo sanno. Prendo solo il caso di Viking. La racconto in maniera leggera. Posso? Ok. Io ho fatto l’Erasmus in Svezia. In Svezia esiste un sistema per il quale se voi volete andare a prendere alcolici, potete andare solo in dei posti in cui vi danno una carta dei vini, che sembra quella delle gioiellerie e poter scegliere (costano quanto un gioiello, cioè prendete una bottiglia di vino e costa tipo 20 euro). Se voi andate al supermercato e prendete delle lattine di birra, sono tutte a gradazione alcolica bassa, cioè 3,5; è impossibile ubriacarvi. Perché viene fatto questo? Perché si vuole tutelare rispetto al problema dell’eccesso di alcol, che nei Paesi scandinavi porta a un consumo di alcol tanto grande da arrivare ai suicidi. Dici tu: "questo cosa c'entra col Viking?" C'entra, perché in questa nave che parte da Stoccolma, va ad Helsinki e va a Tallin, c’è un sistema in cui si applica la legge in realtà Estone. Cioè si applica una legge attraverso la quale tu vai lì, l’alcol è a basso costo ed è a gradazione alcolica illimitata. Infatti è chiamata la love boat. Cioè molte persone giovani vanno lì in realtà per divertirsi. Questa nave ospita tantissima gente. Nel week-end tutti i giovani vanno lì, si divertono, tornano, poi lunedì vanno all'Università, a lavoro, ecc. Questa nave utilizza un concetto di dumping sociale. Cioè come si regge come costi questa nave? Dice: "Ok, io mi faccio pagare come se tu stessi andando in Svezia, o in qualche modo in Finlandia; ma in realtà i lavoratori di quella nave vengono pagati con i soldi dell’Estonia che sono, vi rendete conto, molto più bassi. Una cosa è pagare uno persona che lavora alla nave, che viene pagato 1500 euro con tutti i benefici del sistema scandinavo. Una cosa è pagare un lavoratore della Viking, che viene pagato 700 euro. Vi rendete conto? Oggi la competizione si fa molto sul costo del lavoro. Questo determina una cosa che si chiama dumping; cioè io vado a produrre nel posto in cui il costo del lavoro è più basso. Ecco perché molte imprese per esempio si spostano in Cina. Perché il costo del lavoro è basso; il dumping si fa su quello. Allora c’è una causa che hanno fatto le unioni sindacali e dicono: "perché tu fai dumping sul tema del lavoro? Perché non stabilire un livello paritario di lavoro, per tutti i lavoratori, visto che sei in Europa?" Laval è simile, tratta una questione diversa, ma è simile. Stai chiedendo alla Corte di Giustizia: "vuoi mettere uno standard sociale comune per tutti i lavoratori?" La Corte di Giustizia non lo può fare, perché questa non è una scelta giuridica, questa è una scelta politica. Quello che può fare la Corte di Giustizia è dire: "guarda che tu hai un livello di diritti del lavoratore che sono i diritti fondamentali, sotto il quale non puoi andare. Ma io non ti posso mettere uno standard comune". Vedete che torniamo al sistema della protezione multilivello. La protezione multilivello, non vuol dire che in Europa si mette il minimo comun denominatore. Ma si mette il minimo sotto al quale non si può scendere. Sotto questo c’è violazione dei diritti fondamentali. E se mettesse un minimo comun denominatore, arriverebbero i problemi dell’identità. Voi vi rendete conto che cosa vuol dire per questi Paesi, parlare di diritti sindacali? Se voi andate in Polonia e parlate di diritti sindacali, quelli hanno palpitazione al cuore. Per loro vuol dire un sistema che li ha oppressi, per anni. Quindi è difficile riuscire a trovare un sistema che protegga i diritti dei lavoratori. Forse non è molto chiaro, ma i Paesi dell’Est sono quelli che hanno più paura dell’imposizione europea dei livelli sindacali. Perché loro vengono da quella storia in cui i livelli sindacali volevano dire controllare l’opinione delle persone. Quindi quel tema, ci pone il problema del fatto che siamo al guado. Non è una scelta che può prendere la Corte di Giustizia. O si evolve e si crea una politica sociale unica del lavoro, problema di non poco costo dire quanto costa il lavoro in Europa (in Italia per esempio costa tantissimo, è uno dei Paesi in cui costa di più il lavoro, per questioni di tasse) o non si può fare. Un giudice non lo può fare, perché altrimenti farebbe politica, e queste sono decisioni che devono prendere gli Stati Membri a livello di Unione Europea. Lorenzo Pispero: No, secondo me la Viking aveva abusato di un diritto,cioè della libertà di registrazione della nave. Perché non voleva attuare i contratti collettivi e voleva applicare appunto quelli esteri; cioè più che altro non mi sembra una decisione del tipo: “Non sono competente” ma "voglio tutelare la libertà di registrazione e quindi la libertà di scambio, la libertà economica, più che i diritti sociali. Marco Lombardo: Questa è una delle opzioni. Io preferisco mantenermi nell’integrazione economica, perché è un mercato sicuro, perché è un posto nel quale io so già che ho la competenza; non voglio spingermi fino all’integrazione sociale, perché non c’è scritto da nessuna parte nel Trattato che io lo possa fare. Io sono d’accordo con te. Io avrei voluto una risposta più coraggiosa da parte della Corte di Giustizia, però la domanda che ti pongo è: è giusto che sia la Corte di Giustizia a risolvere quel problema? O non è un dubbio che dovrebbero sciogliere gli Stati? O vuoi fare politica sociale europea o non la vuoi fare; ma in mezzo non puoi stare. Non so se mi sono spiegato. Serena Realdi: Altre domande? Bruno De Fina: La mia è una domanda un po' a livello interno. Nell’ultimo periodo si parla molto della possibilità di uscire dall'Europa da parte dell'Italia. Quali sarebbero le conseguenze di questa decisione? Perché per esempio nell'ambito monetario se l'Italia uscisse dall'euro ci sarebbe una svalutazione, ossia tutte le persone che hanno concluso un mutuo per esempio negli ultimi 2 o 3 anni, saranno costretti a pagare un tasso di interesse non più come quello previsto dall'euro ma con il tasso di svalutazione della lira; quindi praticamente tassi di interesse aumentati quasi del 50%, vista la svalutazione prevista. Oltre ciò quali sono le altre conseguenze che possono derivare dall'uscita dell'Italia dalla zona euro? Maria Celeste Caputo: Partendo dalla frase: gli Stati cedono quote di sovranità all'Unione Europea, esistono degli studi "apocrifi" (dei quali personalmente ho preso conoscenza tramite internet) i quali asseriscono che il piano diabolico l'Unione Europea in realtà sia quello di espandersi e quindi depauperare piano piano i poteri nazionali per ingrossare le fila dei suoi poteri. Questo vale specialmente per la Germania che ha una quota di maggioranza nell'Unione Europea, la quale una volta compiuto questo piano si troverebbe a governare ogni aspetto dei Paesi che ne fanno parte. Il progetto finale quindi sarebbe quello di prendere mano definitivamente all'Europa e di controllarci, come una sorta di Big Brother, in tutti gli aspetti della nostra vita. Lei pensa che questo sia attuabile o abbiamo ancora una via di salvezza nazionale? Abbiamo ancora una nostra identità nazionale oppure stiamo andando verso una grande Germanizzazione? Carla Maria Biondo: Io vorrei partire da una riflessione che riguarda quasi tutti i casi giurisprudenziali che lei ci ha portato. Ho l'impressione che i cittadini dell'Unione Europea solo quando hanno bisogno si rendono conto dell'esistenza dell'Unione, decidono in quale Stato è più vantaggioso vivere, approfittandosene e invocano la Corte di Giustizia. E di contro invece quando ci si rende conto che non interessa più si prendono le dovute distanze. Da qui scaturisce la mia riflessione, probabilmente per risolvere questo problema bisognerebbe puntare su due aspetti: il primo è la consapevolezza, la conoscenza, l'identità di questo organo sovranazionale e questo ovviamente riguarda le singole coscienze; mentre l'altro aspetto dovrebbe riguardare le politiche sociali europee. Premettendo che io non ho fatto Diritto dell'Unione Europea volevo capire in che cosa queste politiche consistono e se sono direttamente applicabili nella realtà perché in questo momento il concetto di politiche europee mi sembra qualcosa di molto astratto. Adriana Abate: Faccio riferimento a due temi che lei ha toccato; da una parte le grandi difficoltà che ha incontrato e sta incontrando la Turchia nel tentare di entrare a far parte dell'Unione, dall'altra parte i rischi di uno smembramento dell'Unione Europea rispetto a quello che è poi un panorama internazionale in cui noi ci troviamo tra due fuochi: l'antico leone dell'America e le tigri asiatiche della Cina. Nella mia esperienza personale mi è capitato di parlare con dei miei coetanei della Turchia Ovest e anche di leggere libri di Orhan Pamuk, che è premio Nobel della letteratura del 2006. Da questo io ho notato che rispetto a questo Paese c'è una cesura: la Turchia dell'Ovest è molto più occidentale, molto più americana di quello che possiamo essere noi italiani, mentre dall'altra parte se parliamo della Turchia Est è come ritornare nella Sicilia del '700 come livello di chiusura mentale; questa è una mia percezione. La mia domanda è, considerando che noi italiani non abbiamo ben chiaro qual sia la nostra identità nazionale, a maggior ragione non abbiamo ben chiara nemmeno qual sia la nostra identità europea, seppur ammettendo che la Turchia ha dei grossi deficit per quel che riguarda la tutela dei diritti umani, non si dovrebbe cercare di accelerare la sua entrata? Perché poi la distanza su tutto il resto non è così grande rispetto a quella che è poi la nostra distanza identitaria nei confronti con la Cina. Siccome noi stiamo perdendo una grande opportunità economica e dato che siamo partiti da quello, in un momento in cui si stanno ristabilendo gli equilibri, stiamo perdendo la possibilità di assumere una posizione almeno di parità. Marco Lombardo: Sono tutte domande molto interessanti e vi ringrazio perché danno un feedback molto utile rispetto a quella che è stata la lezione. Finalmente arriviamo alle domande dirette: euro o non euro? Però per rispondere a questa domanda prima di guardare a costi e benefici di questi due scenari io vorrei partire da come è stato costruito l'euro; perché anche qui se noi non ripartiamo da allora facciamo fatica a capire perché siamo arrivati qui. Il processo che porta all'euro nasce quando con l'Atto Unico Europeo si dice "abbiamo fatto i mercati, però forse per far circolare i fattori di produzione è più facile far circolare anche una moneta unica" (che allora si chiamava ECU). In realtà sapete chi ha coniato per primo l'euro? Il primo euro è stato fatto qui a Bologna, negli anni '60 dai federalisti europei; lo avevano disegnato (anche se era più brutto all'inizio)e lo avevano chiamato euro. Si è detto andiamo verso la politica monetaria e facciamo una moneta unica europea. La moneta unica europea nasceva dall'idea di creare una banca unica centrale che dovesse tenere un tasso di cambio fisso. L'Italia ci è arrivata con una rincorsa in cui doveva fare tutta una serie di modifiche perché per arrivare all'euro c'era un percorso a tappe. Noi ad un certo punto avevamo oscillato anche perché abbiamo un parametro che ci fa alzare la febbre che è quello del debito pubblico. Abbiamo una montagna di debito pubblico. Partiamo da lì, quando è stato deciso il tasso di cambio, è stato un tasso di cambio sicuramente sfavorevole all'Italia (1936,27 lire per 1 euro). Ma il tasso di cambio in se e per sé è un fattore numerico, cambia poco; qual è l'incidenza che l'euro ha avuto sul nostro sistema economico ed è il motivo per cui adesso fa tanto fascino parlare di uscita dall'euro? E' il fatto che una politica monetaria gestita a livello centrale dalla Banca Centrale Europea, comporta che non si possa più fare il giochino della svalutazione competitiva. Spieghiamolo a chi non ha mai fatto economia; io ho un prodotto che compete con altri prodotti. La gente sceglie un prodotto rispetto ad un altro se è più bello, più utile e costa meno. Il nostro sistema anziché puntare su alcuni fattori che potevano essere l'innovazione, la ricerca, ha puntato su un meccanismo che si chiamava svalutazione competitiva; cioè diceva "svaluto la lira cioè aumento la liquidità del denaro di modo che a chi la compra da fuori conviene comprare un prodotto italiano, costa meno anche se magari è un po' più vecchio rispetto a quello tedesco". E' come il doping perché tu gareggi però sei dopato perché organizzi questo meccanismo. Sto banalizzando per arrivare al punto. Quando tu hai la Banca Europea che ti definisce il tasso, tu la svalutazione competitiva non lo puoi fare perché quel prezzo è uguale per tutti. Allora o tu fai un prodotto migliore degli altri oppure sei fregato; l'unica alternativa che rimane è andare a produrlo nel luogo in cui costa di meno, quindi fare una svalutazione sul costo del lavoro. Detto questo la soluzione qual è? Ho due scenari. Prendiamo come realistica l'idea di uscire dall'euro; in questo momento io mi disinteresso della questione giuridica che dovremmo aprire per capire se tecnicamente è possibile fare un referendum per uscire dall'euro, perché tecnicamente nessun Paese ha mai fatto un referendum per uscire dall'Europa in quanto (vi ricordate le parole della Corte di Giustizia?) è una cessione definitiva, non si può più tornare indietro. Questo Trattato invece dice una cosa diversa: se tu vuoi uscire dall'euro lo puoi fare perché esiste un diritto di recesso (esiste anche un'altra cosa che si chiama espulsione, magari l'Ungheria rischia ma manca il coraggio per poterlo fare). Prendiamo l'ipotesi che tecnicamente sia possibile uscire dall'euro. Che cosa succede? Domani noi mettiamo insieme i nostri soldi e abbiamo le nostre lire in cambio. Dal momento in cui noi facciamo il cambio, parte, dal punto di vista economico, una misura per cui gli Stati vendono obbligazioni di Stato italiano e acquistano una cosa che si chiama CDS (credit default swap),qui vado proprio nel complicato. E' un po' come se io decidessi di scommettere che questa squadra perde. Tecnicamente i privati possono comprare dei titoli per far fallire l'Italia, sono un mercato di derivati (scommetto che voi non ce la fate ad onorare il vostro debito e quindi fallite); quindi i grandi finanziatori tolgono dei soldi. Se noi usciamo dall'euro il primo momento, che può essere rappresentato dai primi 4 mesi, è benefico ma al livello che sembra morfina per tutti: voi riavete non 1000 euro ma 2 milioni di lire come stipendio. E cominciate a spendere perché vi sembra di avere più soldi; che cosa comprerete? Soprattutto prodotti italiani, gli imprenditori italiani saranno molto contenti perché il mercato domestico diventerà di nuovo la sbocco dei prodotti italiani. Però ad un certo punto nel medio termine che cosa succede? Tu vai a comprare un mutuo, il tasso di interesse oscillerà tra il 15 e il 20%, il costo del denaro aumenta tantissimo. L'inflazione sale, quindi è vero che tu hai 2 milioni di euro come salario però tu vai a comprare 1 Kg di lattuga e te lo trovi a 15mila lire, che non sono i 5 euro che tu trovi oggi, ma è una svalutazione sul costo della vita, dell'inflazione, perché a quel punto non c'è più la Banca Centrale Europea che ti garantisce liquidità. Tu puoi vendere i tuoi prodotti svalutando sempre più ma se tu svaluti e aumenti l'inflazione, il rischio è che le persone poi facciano fatica a comprare le cose. Sapete questo meccanismo di iperinflazione quando si è verificato? Nella Repubblica di Weimar in cui le persone per comprare delle cose avevano bisogno di una grande quantità di carta stampata; più stampo moneta meno ha valore. Occhio perché l'iperinflazione porta ad una spirale; chi ti dice usciamo dall'euro pensa che questo sistema non si verifichi, perché crede che arrivati ad un certo punto tu ti chiudi nel tuo mercato domestico e dirai "io produco per gli italiani, non mi interessa andare all'estero, ma mi interessa che la domanda domestica sia sufficiente per far crescere l'economia nazionale". Prendiamolo molto sul serio questo scenario non euro perché davvero è affascinante l'idea che tu possa tornare alla lira, ma è molto più complesso capire quanto ti costerà nel medio termine, nel lungo termine poi non ne parliamo. anche perché se uscisse l'Italia dall'euro altri Stati uscirebbero dall'euro; se l'Italia uscisse dall'euro, salterebbe l'euro. Non c'è l'opzione in cui esce uno Stato e gli altri Stati vanno avanti, può servire per la Grecia ma non serve per l'Italia; perché l'Italia ha un debito pubblico talmente grande che l'Europa non riesce ad assorbire la sua eventuale capacità di fallimento (gli americani dicono too big to fail, siamo troppo grandi per fallire). Prendiamo invece lo scenario con più euro; che facciamo ci accontentiamo così? No, perché non esiste in alcuno Stato federale che tu abbia una moneta unica come il dollaro e non abbia una banca centrale come la FED che può fare il prestatore di ultima istanza. La BCE non può prestare i soldi in ultima istanza, perché questo lo può fare una banca centrale come la FED. Non esiste in nessun Paese l'idea che tu oltre a mantenere l'inflazione bassa e una bassa liquidità non possa fare misure espansive per la crescita. Ecco che ritorniamo al punto del guado; noi abbiamo preso un pezzo, la politica monetaria nella convinzione che si potesse fare una politica monetaria europea senza una politica economica europea. La moneta è uno strumento; l'economia non cresce di per sé con una moneta, è funzionale nel momento in cui aggiungi una politica economica europea, altrimenti resti nel mezzo. Quindi prendiamo molto seriamente lo scenario non euro ma quando prendiamo lo scenario più lo scenario più euro non consideriamo solo lo scenario monetario ma anche quello politico-economico altrimenti non ha senso. Sapete quali sono stati i due Paesi prima della Grecia che avevano sforato il deficit del disavanzo pubblico eccessivo? Chi è che ha violato per primo le regole del patto di stabilità con un rapporto deficit - PIL superiore al 3%? La Germania e la Francia. Nel 2004 sono stati Francia e Germania a violare il surplus del deficit di bilancio, solo che quando sono andate davanti la Corte di Giustizia hanno detto alla Commissione "tu non apri una procedura di infrazione, noi siamo Francia e Germania e senza di noi l'Europa non va da nessuna parte". Allora la Commissione ha detto "ok, rinuncio; non avvio procedura di disavanzo pubblico".Che effetto ha avuto questo sulla Grecia? E' una cosa che gli economisti chiamano azzardo morale. Ve lo spiego semplicemente: io ha un semaforo che può essere rosso o verde; se sono un bravo cittadino mi fermo quando il semaforo è rosso, se sono un cittadino furbetto anche se è rosso guardo che non ci siano telecamere e attraverso; ecco quello si chiama azzardo morale. Io so di infrangere una regola ma so che non pagherò nessuna conseguenza per il fatto di averla infranta. La Grecia ha fatto lo stesso ragionamento: "se Germania e Francia hanno infranto il patto di stabilità e non hanno dovuto pagare, lo infrango anche io". E lo ha fatto falsificando i conti, ripetutamente, finché la Commissione ha detto "no, adesso io adesso Grecia ti punisco". Il principio di uguaglianza dice che una regola deve essere uguale per tutti altrimenti non è regola. E noi Europa abbiamo violato una regola; siamo stati forti con i deboli e deboli con i forti. Quando questo sistema manca è inutile, manca un principio che è quello di solidarietà degli Stati; senza la solidarietà degli Stati tra i popoli salta l'Unione Europea. Altra questione. Andiamo contro una germanizzazione europea? Credo che quello che ho appena detto sia già un po' una risposta. La Germania ha fatto una scelta nel 2004 sapendo benissimo quale era il rischio , eppure l'ha corso lo stesso. Non perché la Germania sia cattiva, intendiamoci, ma è una scelta di interesse nazionale; la Germania dice "io non devo più coordinarmi con gli altri stati, in qualche modo sono io che decido e siete voi che dovete venirmi dietro". Ma l'idea della Germania, la grande Europa, è un'Europa a modello tedesco. Se voi ci fate caso l'euro è fatto ad immagine e somiglianza del marco, la BCE è fatta ad immagine e somiglianza della Deutsche Bank; ma questo non è sbagliato in se e per sé, solo che gli altri Stati avrebbero la possibilità di fare un cordone sanitario per contemperare. Perché se voi andate a vedere la maggioranza, la Germania verrebbe sempre minimizzata; ma gli altri Stati non lo fanno perché in qualche modo ognuno ha il proprio interesse da proteggere e manca la difesa del 'interesse europeo. Qual è l'organo che dovrebbe difendere l'interesse europeo? La Commissione Europea. In questo momento la Commissione Europea è molto debole; basta vedere le procedure di inflazione, sono quasi ferme. Allora il mio rischio non è la germanizzazione europea, ma è l'ostilità crescente nei confronti dei tedeschi; se voi parlate con i cittadini europei tutti vi dicono "e colpa dell'austerità, è colpa della Germania". Attenzione perché quando noi abbiamo creato un meccanismo di ostilità nei confronti della Germania è finita male, lo dico senza mezze misure ma perché così ci capiamo. Quando si crea un meccanismo di ostilità (e non a caso in questo momento l'ostilità principale è tra Germania - Italia), attenzione. Noi dobbiamo imparare che i cittadini tedeschi in qualche modo non sono ostili. Guardate che se loro devono mettere nel piatto i soldi per ripagare il debito ella Grecia, sarà dura spiegare ad un cittadino tedesco che lui deve pagare il debito fatto da un greco che in qualche modo gozzovigliava mentre lui lavorava; o il concetto di solidarietà è talmente forte per cui io ti spiego perché tu lo devi fare oppure si creano dei meccanismi di ostilità tra i vari nazionalismi. E il vento dei nazionalismi in Europa è fortissimo, ecco perché facevo il caso prima della possibile espulsione dell'Ungheria, ma anche la Grecia ha i suoi problemi. Vi dico solo questo: nel Parlamento ungherese è stata proposta una schedatura di tutti gli ebrei che avevano funzioni pubbliche. Ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando? in questo momento esiste l'articolo 7 del TUE che mi dice "se tu violi i diritti fondamentali (è questo lo è sicuramente) io ti sospendo dal diritto di voto"; non esiste una coalizione di Stati talmente forti in questo momento da minacciare l'Ungheria con la sospensione del voto, si forse la minacciano ma in maniera blanda. Attenzione perché c'è un vento di nazionalismi che spira, che porta a rinchiuderci e a vedere nell'altro il nemico. E quindi il nemico diventa il cittadino tedesco che non aiuta il cittadino greco, è il cittadino italiano che gozzoviglia sul debito pubblico. L'UE mi conviene; è verissimo quello che tu dici. La consapevolezza di essere cittadini europei deriva anche dal fatto che la cittadinanza europea è un po' venduta come qualcosa di gratuito. Se tu ci pensi io ho parlato di diritti, ma dove sono i doveri? Noi tendiamo sempre a parlare del diritto alla cittadinanza europea ma dove sono i doveri dei cittadini europei? La cittadinanza europea è stata costruita come qualcosa di gratuito, non la paghi. In qualche modo il dovere di responsabilità di cittadinanza non ce l'hai; non ce l'hai neanche con le tasse (questa è una furberia incredibile), tu non paghi tasse per stare in Europa o meglio non le paghi tu direttamente, le paga il tuo Stato per te. Lo Stato italiano paga l'1% del PIL per firmare il bilancio ma non sono soldi che metti direttamente tu e quindi ti sembra gratuito. Ci sono due tasse che stanno cercando di mettere in questo momento: una è la tassa sul carbone per chi inquina, la carbon tax; l'altra è una tassa sulle transazioni finanziarie, cioè tasse messe per chi fa speculazione dei CDS. Ma non riguardano i cittadini; invece secondo me se ci fosse un'imposizione fiscale a livello europeo, se noi dovessimo pagare dei tributi all'Unione Europea (ovviamente pagando meno rispetto ai tributi di livello nazionale), forse anche i cittadini italiani si interesserebbero di come vengono spesi i soldi. Quindi i doveri della cittadinanza europea sono molto importanti, non possiamo andare avanti con l'idea che l'Europa conviene. L'Europa è un dovere, è un dovere nostro di difenderla ma è anche un dovere fiscale. Secondo me il livello fiscale è molto importante perché ti riporta al tema della rappresentanza. Tra il leone e la tigre asiatica finiamo sbranati, finiamo male. Dal 1973, ti dicevo, la Turchia chiede l'adesione e tu stai dicendo stiamo perdendo tempo. Stiamo perdendo tempo perché tu ai cittadini turchi non puoi più dire "non sappiamo se farvi entrare o no"; tu per adesso hai utilizzato un gioco che è la politica della condizionalità dicendo " hai cambiato la Carta Costituzionale, hai diminuito la corruzione, hai creato un sistema di separazione dei poteri, però ancora ti servono alcune cose, quindi impegnati e vedrai che prima o poi entri". Se tu domandi "vuoi entrare in Europa?" e prendi la risposta dei turchi nel 2000 e la risposta di oggi, io sono sicuro che hai due diverse risposte; la Turchia dell'Ovest ti darà una risposta diversa da quella della Turchia dell'Est e il grado di affezione è sempre meno crescente. Tu gli devi mettere un limite, cioè oltre a riconoscere la Turchia come un interesse geopolitico (perché lo è sicuramente in termini di petrolio, in termini di gas,ecc.)ti devi porre il problema identitario. Non sono solo 80 milioni di cittadini che entrano, ma è anche il primo Paese a maggioranza non cattolica. E' diventata una questione di europeizzazione forzata, noi li stiamo trasformando ma non gli stiamo dando veramente l'opzione entri o non entri perché ad un certo punto io la decisione la dovrò prendere; anche se secondo me la decisione andrebbe presa coinvolgendo tutta la cittadinanza europea. Vi rendete conto dell'impatto che si avrebbe se tutti i cittadine europei andassero a votare tutti nello stesso giorno? Pensateci. Noi andiamo a votare in 4 giorni diversi, in Inghilterra votano il giovedì e noi votiamo la domenica. Noi non facciamo mai votazioni europee che coinvolgono la cittadinanza se non quelle parlamentari; ma pensate cosa vorrebbe dire un referendum europeo. Io volevo che il Trattato Costituzionale fosse stato sottoposto a referendum europeo, perché sono i cittadini che si devono esprimere, ma tutti lo stesso giorno, così vediamo come si confronta l'opinione pubblica (anche su questo tema, sull'adesione). Sono 40 anni che la Turchia è lì congelata, ad un certo punto occorre una risposta ma deve essere una risposta chiara: o si o no. Serena Realdi: Io vorrei tirare le fila in realtà riprendendo ciò che tu hai detto prima. Io credo che la conclusione di questo dibattito, che mi è sembrato bellissimo, sia il fatto che “no state is an island” e che forse quello a cui noi dobbiamo arrivare è la consapevolezza di tutto questo. Per arrivarci, come diceva Marco, serve un fattore culturale, un coinvolgimento di tutti; però tutto questo deve nascere anche da una conoscenza del Diritto dell'Unione Europea in sé e quindi probabilmente da un tentativo dei media ma anche proprio dalla nostra partecipazione perché di fatto le risorse ci sono(Internet, libri). Grazie.
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