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PICCOLA GUIDA
ALL'ASTRONOMIA PRATICA
E ALL'OSSERVAZIONE DEL CIELO
A cura di Vittorio Zuccotto
Ad uso manoscritto
Stampato nel settembre del 2003
INDICE:
1.
INTRODUZIONE ALL'ASTRONOMIA ............................................................... 4
ASTROLOGI E ASTRONOMI .................................................................................................4
CENNI DI STORIA................................................................................................................5
2. COORDINATE CELESTI ....................................................................................... 7
LE MISURE DELLA SFERA CELESTE .....................................................................................7
IL TEMPO SIDERALE ...........................................................................................................9
IL SISTEMA ALTAZIMUTALE .............................................................................................11
IL SISTEMA EQUATORIALE ...............................................................................................12
LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI....................................................................................13
3. LE STELLE ............................................................................................................. 14
LE COSTELLAZIONI ..........................................................................................................14
SPLENDORE DELLE STELLE ..............................................................................................14
I NOMI DELLE STELLE ......................................................................................................16
TIPI DI STELLE .................................................................................................................17
I COLORI DELLE STELLE ...................................................................................................17
DISTANZE STELLARI ........................................................................................................17
STELLE VARIABILI ...........................................................................................................18
STELLE DOPPIE E MULTIPLE .............................................................................................19
AMMASSI STELLARI .........................................................................................................19
4. COME ORIENTARSI IN CIELO ......................................................................... 21
STELLE VISIBILI TUTTO L'ANNO .......................................................................................21
LE COSTELLAZIONI ..........................................................................................................23
5. STRUMENTI DI OSSERVAZIONE..................................................................... 30
INTRODUZIONE AI TELESCOPI...........................................................................................30
TELESCOPI RIFLETTORI ....................................................................................................31
TELESCOPI RIFRATTORI....................................................................................................32
BINOCOLI.........................................................................................................................32
MONTATURE....................................................................................................................32
6. OSSERVAZIONI ASTRONOMICHE.................................................................. 34
INTRODUZIONE ................................................................................................................34
FOTOGRAFIA ASTRONOMICA ............................................................................................35
OSSERVAZIONI DEL SISTEMA SOLARE ..............................................................................39
Osservazione del sole .............................................................................................................39
Osservazione della luna..........................................................................................................39
Osservazione dei pianeti.........................................................................................................42
Corpi minori del sistema solare ..............................................................................................43
OSSERVAZIONE DELL'UNIVERSO ......................................................................................45
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................. 47
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
1.
INTRODUZIONE ALL'ASTRONOMIA
ASTROLOGI E ASTRONOMI
Nella quotidiana lotta per il cibo a la sopravvivenza, gli astri sono stati presto
utilizzati quali periodici messaggeri di cicli stagionali, preziosi richiami di
eventi e condizioni adatte a quelle operazioni di importanza vitale che l'agricoltura e l'allevamento richiedono.
Tra gli astri, il Sole ha sempre occupato una posizione preminente: dal suo
calore viene la vita e dal Sole proviene in definitiva ogni fonte di energia di
cui l'uomo dispone (legna, carbone, petrolio). Ci si figura pertanto con quanta
preoccupazione l'uomo primitivo abbia seguito il moto del Sole, con quanto
terrore lo abbia visto ad ogni autunno precipitare inesorabilmente, giorno dopo giorno, verso l'orizzonte. Ogni giorno alzarsi più tardi e, stancamente, raggiungere ogni volta un'altezza massima sull'orizzonte inferiore a quella del
giorno precedente. L'astro della vita è apparso in balia di una volontà capricciosa: sarebbe stato costretto a sprofondare sotto l'orizzonte, condannando il
mondo a una morte certa, o, raggiunta una minima altezza sull'orizzonte, avrebbe ripercorso il suo cammino verso le regioni alte del cielo, verso la vita?
Fu necessaria una grande capacità di astrazione per sottrarsi alla visione dell'uomo primitivo che considerava l'Universo governato da entità spirituali, per
comprendere che quanto si osserva in cielo è ciclico e perciò prevedibile. Fu
necessaria contemporaneamente una grande capacità osservativa, una accurata
registrazione dei fatti astronomici, anche dei più insignificanti, al fine di distinguere i segni della regolarità.
Coloro che per primi si resero conto della ciclicità delle stagioni, e furono in
grado di prevedere il momento esatto in cui il Sole avrebbe invertito il suo
pericoloso moto verso l'orizzonte, assunsero un ruolo importantissimo all'interno della comunità: dal successo di queste previsioni sorse la figura dell'Astrologo. Inizialmente il suo compito era limitato alla esecuzione di accurate
misurazioni atte a segnalare l'avvicinarsi del solstizio invernale e a predisporre quelle feste che, come il nostro Natale, segnano la riconciliazione della divinità con l'umanità. Ben presto però, accanto a questa occupazione seria, fu
richiesto all'Astrologo di occuparsi della previsione, apparentemente simile
nella sostanza, di altri avvenimenti quali nascite, successo di imprese, opportunità di scelte. Nasce così l'Astrologo nella sua connotazione moderna, teso
ad utilizzare informazioni scientifiche acquisite attorno a fenomeni relative
agli astri per un'applicazione umana, individuale, quasi che per gli uomini potessero valere le regole dei cicli astrali e non piuttosto l'ecletticità della psiche,
i condizionamenti sociali, le limitazioni imposte dalle leggi. L'occupazione in
questo tipo di previsione è diventata per l'Astrologo addirittura preminente,
forse perché più remunerativa, nei confronti dell'impegno osservativo: è per
questo, forse, che gli sono sfuggite le conseguenze di un lento moto generale
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
delle stelle, noto come precessione, che ha addirittura stravolto i fondamenti
dell'astrologia consentendo di svelarne la natura non scientifica.
Fu quando i veri Astrologi non ne poterono più della turba di sedicenti, maghi, indovini che approfittavano della credulità del volgo che se ne vollero
distinguere anche per il nome e si tramutarono da astrologi in Astronomi. Fu
così che nacque, attorno al V secolo a.C., l'Astronomia propriamente detta.
Ai nostri giorni astrologia significa oroscopi: si è perso completamente la dimensione di scienziati che ha caratterizzato i primi Astrologi. Vi sono delle
assurdità che sono alla base dell'astrologia: lo zodiaco è stato diviso in 12 case
aventi una larghezza di 30 gradi corrispondente alle 12 costellazioni zodiacali.
In realtà, la larghezza delle costellazioni dove sono attraversate dall'eclittica è
maggiore o minore di 30 gradi e quindi il Sole o i pianeti si trovano in una
costellazione per tempo diverso rispetto alla casa corrispondente.
Esiste addirittura una costellazione che attraversa l'eclittica ma non fa parte
dello zodiaco: Ofiuco. Inoltre, i riferimenti delle costellazioni rispetto a punti
fondamentali variano nel tempo a causa della precessione degli Equinozi.
Quindi, l'Equinozio di primavera, si sposta nelle costellazioni zodiacali. Esso
è chiamato Punto d'Ariete, perché solo poche migliaia di anni fa si trovava in
quella costellazione. Attualmente si trova nella costellazione dei Pesci, ma di
ciò l'astrologia non ne tiene assolutamente conto ed usa i riferimenti celesti di
migliaia di anni fa senza alcun pensiero di adeguamento. Una persona appartenente al segno dell'Ariete, alla nascita, aveva il Sole nella costellazione dei
Pesci.
CENNI DI STORIA
Guardando il cielo stellato tutto appare come se la Terra fosse un disco piatto
coperto da una vasta cupola dalla quale sono fissate le stelle. Questo è il
mondo con cui si è rappresentato l'Universo per migliaia di anni e soltanto
poche menti progredite espressero il dubbio che questa fosse una rappresentazione vera.
Civiltà si svilupparono e perirono, vennero costruiti imperi che caddero poi in
rovina, ma il concetto del mondo rimase immutato.
Nel III secolo a. C. Aristarco da Samo giunse alla conclusione che il Sole e
non la Terra è il centro a cui ruotano i pianeti e la Terra con essi. Tuttavia le
sue idee non vennero accettate e i suoi insegnamenti caddero in oblio.
Dopo di che occorsero al genere umano circa duemila anni per convincersi del
fatto che la Terra non è al centro dell'Universo e che non è un corpo fisso attorno al quale ogni altro corpo ruota.
Nicolò Copernico, per primo, concepì la vera natura del sistema solare. I pianeti, e la nostra Terra con essi, si muovono in cerchi attorno al Sole, centro
del sistema; tutte le altre stelle fisse sono a distanza immensa e forniscono lo
sfondo per le sfere planetarie. Trova così spiegazione lo strano percorso dei
pianeti tra le stelle. Ciò che noi realmente osserviamo sono i movimenti com-5-
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
binati dei pianeti e della Terra e ciò da luogo a quei curiosi occhielli e a quelle
curiose curve che i pianeti descrivono apparentemente e che lasciarono perplessi gli astronomi dell'antichità.
Quando il grande astronomo danese Tycho Brahe morì nel 1601, lasciò i suoi
appunti sulle sue osservazioni, specialmente quelle su Marte, a Giovanni Keplero. Le osservazioni di Tycho erano almeno dieci volte più accurate di ogni
altra precedentemente eseguita e, con tale materiale da elaborare, Keplero
scoprì le leggi del moto planetario che portano il suo nome. Queste leggi insegnano ciò che insegnava Copernico, ma Keplero scoperse che le orbite planetarie erano ellittiche e non circolari come Copernico pensava. Si scoperse
inoltre che la velocità con la quale i pianeti si muovono lungo le loro orbite è
variabile. Essi si muovono più velocemente quando sono più vicini al Sole e
più lentamente quando ne sono più lontani.
Gli scritti di Giovanni Keplero sulle proprie scoperte prepararono la strada
alla legge di Newton sulla gravitazione. Mentre Keplero aveva scoperto il "
come " dei moti planetari, rimase al genio matematico di Sir Isaac Newton il
compito di spiegarne il " perchè ".
L'invenzione del telescopio fornì agli astronomi nuove sorprese. Si seppe che
la Via Lattea, quella debole fascia luminosa che attraversa il cielo, consiste di
milioni e milioni di stelle e che certe macchioline luminose sullo sfondo del
cielo non erano se non altri sistemi, come quello della nostra Via Lattea, in
cui il Sole è soltanto uno tra un numero immenso di altre stelle.
-6-
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
2.
COORDINATE CELESTI
LE MISURE DELLA SFERA CELESTE
La volta celeste che ci sovrasta e sulla quale appaiono incastonate le stelle
viene definita dagli astronomi "sfera celeste". Essa può essere immaginata
come un'enorme palla vuota con la Terra al centro e con le stelle disposte nella sua superficie interna.
Di notte sembra che la volta celeste si sposti lentamente da est verso ovest.
Questo movimento apparente, che gli antichi ritenevano reale, è dovuto alla
rotazione della Terra.
Analogamente a quanto è stato fatto per la Terra, anche la sfera celeste è stata
suddivisa in un reticolo di meridiani e paralleli. Il parallelo principale o fondamentale è l'equatore celeste, così chiamato perché non è altro che la proiezione sulla sfera celeste di quello terrestre. Esso è perpendicolare all'asse del
mondo, che coincide con l'asse di rotazione terrestre. L'equatore celeste divide
la sfera in un emisfero boreale o settentrionale e in uno australe o meridionale.
Riferimenti fondamentali sono anche i poli: celeste nord e celeste sud. Anch'essi si possono definire come la proiezione sulla sfera celeste di quelli terrestri.
L'equatore celeste e i poli celesti sono i riferimenti basilari per tracciare e descrivere un ipotetico reticolo per "imprigionare" gli astri con i sistemi di coordinate. Come nel caso della latitudine sulla Terra, iniziamo a considerare una
coordinata che si misuri in gradi sessagesimali, con valore 0° all'equatore,
+90° al polo celaste nord e -90° al polo celeste sud. Nel sistema maggiormente usato, tale coordinata prende il nome di declinazione ed è analoga alla latitudine terrestre. Quindi, un astro situato sull'equatore celeste ha declinazione
(Dec.) = 0°, a metà strada tra l'equatore e polo celeste nord Dec. = +45°, e sul
polo celeste nord Dec. = +90°.
L'altra coordinata, analoga alla longitudine terrestre, prende il nome di ascensione retta (A.R.) e viene espressa in ore e minuti. Il punto d'origine dal quale
si inizia a contare questa coordinata è il cosiddetto punto vernale o primo
punto d'Ariete, cioè quello dove viene a trovarsi il Sole all'inizio della primavera. Questa origine è certamente meno arbitraria di quella terrestre. Infatti,
Greeniwich venne scelto come meridiano di longitudine 0° per la presenza di
un importante osservatorio, ma ancor di più per l'influenza britannica dell'epoca, mentre il punto vernale è l'incrocio da sud a nord tra il percorso apparente del Sole (eclittica) e l'equatore celeste. Il conteggio avviene in senso antiorario; il meridiano che passa per il punto vernale ha A.R. = 0h, quello ad est
di 15° A.R. = 1h, quello a est di 30° A.R. = 2h e così via fino a 345° o A.R. =
23h.
Le carte stellari sono suddivise secondo i valori di Dec. e A.R. e le effemeridi
di tutti gli astri vengono date con questi valori. Per esempio le coordinate di
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Giove per il giorno 20 febbraio 1993 sono: A.R. 12h 53',7; Dec. = -4°,06'. Ora, andiamo a vedere su una carta stellare estratta da un atlante celeste. Vediamo subito, facendo un riscontro come in gioco di battaglia navale, che il
pianeta si trova nella costellazione della Vergine e leggermente a sud dell'equatore celeste. La coordinata Dec. ci dice esattamente che si trova 4° e 6' a
sud di questo cerchio massimo.
Così si procede anche per gli altri corpi celesti. per esempio, la galassia M
104, che coordinate A.R. 12h 40',0; Dec. = -11°,37', viene a trovarsi presso il
confine meridionale della costellazione della Vergine.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
IL TEMPO SIDERALE
A causa del moto di rotazione della Terra, la sfera celeste appare ruotare da
est verso ovest. Per conoscere quale valore di A.R. sta transitando davanti a
noi, occorre conoscere il Tempo Siderale (T.S.). Quest'ultimo, per definizione,
non è altro che l'A.R. degli astri che passano in meridiano, cioè in direzione
nord-zenit-sud. Per esempio, quando Giove era passato in meridiano il 20
febbraio del 1993, il T.S. era di 12h 53',7.
Il metodo canonico per calcolare il T.S. prevede un conteggio non difficile ma
un po' noioso. In alternativa si può usare la tabella 1, dove è indicato il T.S. a
Greeniwich a 0h di Tempo Universale, cioè a 1h di Tempo Medio Europa
Centrale (quello seguito in Italia dall' autunno alla primavera) o a 2h di Tempo Legale Estivo.
La tabella ci fa vedere, per esempio, che il 26 febbraio a 0h di Tempo Universale a Greeniwich in T.S. sono le ore 10 e 20 minuti. Abbiamo detto a Greeniwich, ma in Italia? Niente paura. Basta aggiungere tanti minuti quanto è il
numero dei gradi est moltiplicato per 4 della località cui ci si riferisce. Per
esempio, un osservatore a Cremona, che si trova 10° a est di Greeniwich, aggiunge 40 minuti; un osservatore a Termoli (Molise) aggiunge 1 ora esatta,
perché questa città si trova 15° a est del meridiano zero. Per ottenere i valori
alle date intermedie, basta interpolare con delle semplici proporzioni. Facciamo un altro esempio. Vogliamo conoscere il T.S. a Roma il 22 aprile. Dalla
tabella, abbiamo che il 18 il T.S. vale 13h e 45' e il 26 vale 14h e 17'. Per 8
giorni, la differenza è di 32 minuti, e quindi per 4 giorni è di 16 minuti. Ricaviamo un T.S. di 14h e 01', al quale bisogna aggiungere 50 minuti poiché
Roma si trova 12°,5 a est di Greeniwich. Quando il nostro orologio segna le
ore 1 (o 2 se è in vigore l' orario estivo) il 22 aprile a Roma transitano in meridiano le stelle con A.R. 14h e 51' (Bootes, Vergine, Bilancia, ecc.). Se, come
accade più frequentemente, il conto ci interessa farlo per una certa ora, bisogna aggiungere questo lasso di tempo, dopo averlo trasformato in tempo di
Greeniwich (Tempo Universale). Se, per esempio, vogliamo sapere qual'è il
T.S. o quali stelle ci passano "davanti" il 18 febbraio a Verona alle 21
(T.M.E.C.), abbiamo:
T.S. a Greeniwich a 0h di T.U.
T.M.E.C. (21h) trasformato in T.U.
longitudine est di Verona
normalizzazione
T.S. alle ore 21 a Verona il 18 febbraio
9h 49m
+
20h 00m
+
0h 44m
=
-----------------30h 33m
24h 00m
=
-----------------6h 33m
In questo conticino abbiamo trascurato alcune piccole quantità per rendere il
tutto più semplice, in particolare non abbiamo tenuto conto che a 20h di T.U.
-9-
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
corrispondono circa 20h e 3m di T.S. (ogni 24h la differenza è di 4m). Per
tenere conto di tale quantità, bisogna aggiungere un minuto ogni sei ore. In
ogni caso, no è possibile raggiungere una precisione maggiore di ± 2 minuti,
perché la tabella 1 si riferisce ad un anno "medio". Il valore del T.S. varia di
qualche minuto di anno in anno, principalmente a causa del giorno in più di
febbraio che, come è noto, si ha ogni quattro anni.
TEMPO SIDERALE MEDIO A GREENIWICH
(a 0h di Tempo Universale)
Data
T.S.
Data
2 gennaio
10 gennaio
18 gennaio
26 gennaio
2 febbraio
10 febbraio
18 febbraio
26 febbraio
2 marzo
10 marzo
18 marzo
26 marzo
2 aprile
10 aprile
18 aprile
26 aprile
2 maggio
10 maggio
18 maggio
26 maggio
2 giugno
10 giugno
18 giugno
26 giugno
6h 44m
7. 15
7. 47
8. 18
8. 46
9. 17
9. 49
10. 20
10. 40
11. 12
11. 43
12. 15
12. 42
13. 14
13. 45
14. 17
14. 41
15. 12
15. 44
16. 15
16. 43
17. 14
17. 46
18. 17
2 luglio
10 luglio
18 luglio
26 luglio
2 agosto
10 agosto
18 agosto
26 agosto
2 settembre
10 settembre
18 settembre
26 settembre
2 ottobre
10 ottobre
18 ottobre
26 ottobre
2 novembre
10 novembre
18 novembre
26 novembre
2 dicembre
10 dicembre
18 dicembre
26 dicembre
Tabella 1
- 10 -
T.S.
18h 41m
19. 13
19. 44
20. 16
20. 43
21. 15
21. 46
22. 18
22. 45
23. 17
23. 49
0. 20
0. 43
1. 15
1. 47
2. 18
2. 46
3. 17
3. 49
4. 20
4. 44
5. 16
5. 47
6. 19
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
IL SISTEMA ALTAZIMUTALE
Il sistema di coordinate che ha come piano fondamentale quello dove si trova
l'equatore celeste e che utilizza l'A.R. e la Dec., viene definito il terzo poiché
prima di esso si considerano l'altazimutale (1°) e l'equatoriale (2°) con l'angolo orario.
L'altazimutale, correttamente, è il primo a essere preso in considerazione poiché ha come cerchio massimo di riferimento l'orizzonte e come punto lo zenit
dell'osservatore, quello più alto della sfera celeste, a 90° dall'orizzonte. Gli
strumenti fondamentali dell'astronomia, come cerchi meridiani, cannocchiali
dei passaggi, ecc. forniscono le coordinate in questo sistema, il cui interesse a
livello amatoriale è piuttosto limitato.
Però, una recente serie di telescopi per appassionati, elettronicamente molto
avanzati, ripropone il sistema altazimutale come valida alternativa a quelli
equatoriali, nonostante le sue coordinate varino generalmente da istante a istante e da luogo a luogo. Per questo motivo, le carte stellari
non riportano questi dati. Ma i telescopi ai quali facciamo riferimento hanno
un computer incorporato che evita all'osservatore la necessità di conoscere la
sfera celeste e qualsiasi sistema di riferimento.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
IL SISTEMA EQUATORIALE
In astronomia, il secondo sistema di coordinate ha come piano fondamentale
quello in cui si trova l'equatore celeste. Tutti i cerchi massimi che passano per
i poli celesti sono detti cerchi orari; quello che passa per lo zenit coincide con
il meridiano. Quando un astro, nel suo moto apparente da est verso ovest, incrocia questo cerchio, si dice che "passa in meridiano". Ciò avviene due volte
per ogni rotazione terrestre, a intervalli di 12h. Se l'altezza dell'astro sull'orizzonte è massima, si ha la culminazione superiore, se l'altezza è minima o negativa (quando l'astro si trova al di sotto dell'orizzonte) si ha la culminazione
inferiore.
Anche nel secondo sistema c'è la declinazione, ma l'altra coordinata si chiama
angolo orario. L'angolo orario si misura lungo l'equatore celeste dal meridiano fino al cerchio massimo in cui si trova l'astro. Poiché questa coordinata
varia da istante a istante, non è possibile indicarla sulle mappe, a differenza
della Dec., ma la sua variazione è lineare, a differenza dell'altezza e dell'azimut, almeno tanto quanto è uniforme il moto di rotazione della Terra.
- 12 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI
Spesso, dopo l'elencazione dei valori delle coordinate nel terzo sistema segue
una cifra, per esempio 1950.0 o 2000.0, oppure le stesse cifre senza il punto
zero. Questa precisazione dell'anno a cui si riferiscono le coordinate è imposta
dal fatto che l'asse di rotazione della Terra (che punta approssimativamente
verso la stella α Ursae Minoris - la stella Polare - e che definisce sia il polo
celaste che il punto vernale) non è immobile, ma si sposta lentamente in senso
orario, percorrendo una circonferenza apparente sulla volta celeste, e dando
così luogo all'importante fenomeno conosciuto sotto il nome di precessione
degli equinozi.
Una rotazione completa dell'asse terrestre richiede circa 26 mila anni, durante
i quali il punto gamma - origine dell'A.R. - attraversa tutta la sfera celeste.
Questo significa che le coordinate degli astri cambiano lentamente ma continuamente, aumentando la propria A.R. fino a 24h per poi ricominciare da 0h.
Per una stella situata sull'equatore celeste, l'aumento dell'A.R. vale circa 6 minuti o 1°,5 al secolo; una quantità piccola nell'arco di una vita umana, ma di
cui occorre tenere conto. per questo, dopo il valore delle coordinate dovrebbe
comparire l'anno a cui si riferiscono.
La posizione delle stelle e quindi gli atlanti stellari si riferiscono in genere
all'equinozio 1950 o 2000. Quelli relativi al 2000 sono migliori per la nostra
epoca. In linea di massima, il divario è così piccolo da essere trascurabile se
l'equinozio di riferimento dista 10 o meno anni dalla data di osservazione; così, gli atlanti e le posizioni al 2000 sono ottime dal 1990 al 2010.
Le effemeridi dei pianeti pubblicate nei principali almanacchi si riferiscono
all'equinozio dell'anno in corso.
- 13 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
3.
LE STELLE
LE COSTELLAZIONI
Il cielo è diviso in 88 zone, note come costellazioni, che servono per localizzare la posizione degli oggetti sulla volta celeste. Normalmente fra le singole
stelle di una costellazione non esiste alcun legame fisico: anche se vengono
osservate nella stessa direzione, in realtà tali stelle si trovano a distanze molto
differenti da noi.
Le costellazioni si presentano con forme e dimensioni nettamente diverse. La
costellazione più estesa, Hydra (il serpente marino), si presenta come una figura lunga e sinuosa che ricopre un'area celeste 19 volte maggiore di quella
della Croce del sud, Crux, la costellazione più piccola. Alcune costellazioni ,
per esempio Orion, sono formate da stelle luminose che tracciano un disegno
facilmente riconoscibile, mentre altre sono deboli e difficili da identificare.
La tradizione di suddividere il cielo in costellazioni risale a migliaia di anni
fa, quando i popoli antichi assegnarono a certi disegni tracciati dalle stelle i
nomi delle loro divinità, dei loro eroi o di animali favolosi. Con poche eccezioni, tali disegni rappresentano una scarsissima somiglianza con i personaggi
e gli animali che dovrebbero rappresentare; le connessioni sono simboliche
piuttosto che letterali.
I greci antichi stabilirono un insieme di 48 costellazioni comprendendo le 12
dello zodiaco, che vengono attraversate dal Sole annualmente nel suo cammino in cielo. Diverse altre costellazioni vennero aggiunte in tempi successivi.
I primi cartografi del cielo disegnarono le figure delle costellazioni in modo
arbitrario, poiché non esisteva una forma ben stabilita per ognuna, e neppure
un elenco di costellazioni accettato da tutti. Ogni cartografo era libero di inventare e introdurre nuove costellazioni, e di correggere o di omettere le invenzioni altrui. Spesso le figure delle costellazioni venivano a sovrapporsi
l'una all'altra e talvolta la medesima stella veniva assegnata a due costellazioni
contigue.
Questa situazione confusa durò fino al 1930 quando l'Unione Astronomica
Internazionale, l'ente che governa l'astronomia, adottò la lista di 88 costellazioni oggi in uso, e stabilì i confini esatti di ognuna. I nomi e i confini delle
costellazioni non cambieranno verosimilmente fino a quando il lento, costante
movimento delle stelle, detto moto proprio, renderà irriconoscibili le forme
delle costellazioni attuali, fra migliaia di anni.
SPLENDORE DELLE STELLE
Lo splendore delle stelle viene espresso mediante la magnitudine (abbreviazione mag.). Questo sistema venne introdotto dall' astronomo greco Ipparco
nel secondo secolo a.C.. Egli suddivise le stelle in sei classi di splendore, dalle più luminose (prima magnitudine) alle più deboli visibili a occhio nudo (se- 14 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
sta magnitudine). Ai nostri giorni lo splendore stellare viene misurato fino al
centesimo di magnitudine da strumenti sensibili detti fotometri. Una differenza di cinque magnitudini viene attualmente definita come esattamente uguale
a una differenza di splendore di 100 volte; perciò, a ogni variazione di splendore pari alla radice quinta di 100 (5√100), che vale approssimativamente 2,5.
La tabella n. 2 mostra la differenza di splendore che corrisponde a una data
differenza di magnitudine. Alle stelle più splendenti per oltre 2,5 volte quelle
di mag. 1 vengono assegnate magnitudini negative (segno meno); per es., Sirio, la stella più luminosa del cielo, ha magnitudine -1,46. Alle stelle più deboli della mag. 6 vengono assegnate magnitudini positive progressivamente
più grandi. Gli oggetti più deboli visibili con i telescopi dal suolo hanno magnitudine di circa 24.
La magnitudine degli oggetti diffusi, come gli ammassi stellari, nebulose, galassie e comete è più difficile da quantificare rispetto a quella di una stella. Lo
splendore di un oggetto diffuso viene espresso normalmente come se tutta la
sua luce fosse concentrata in un punto, simile a una stella. Pertanto una galassia di mag. 9 ha la stessa luminosità di una stella di mag. 9 osservata "fuori
fuoco", la cui luce è sparsa su un'area uguale a quella della galassia. Il modo
migliore per stimare lo splendore degli oggetti diffusi consiste nel confrontarli
con l'immagine sfocata volutamente di una stella di magnitudine conosciuta.
Differenza di magnitudine Differenza di splendore
0.5
1.6
1.0
2.5
1.5
4.0
2.0
6.3
2.5
10
3.0
16
3.5
25
4.0
40
5.0
100
6.0
250
7.5
1000
10.0
10,000
12.5
100,000
15.0
1,000,000
Tabella 2
- 15 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
I NOMI DELLE STELLE
Esistono parecchi sistemi diversi per identificare le stelle e di conseguenza
una medesima stella può essere indicata in più modi. Molte fra le stelle più
splendenti hanno un nome proprio di origine araba, greca o latina; Altair, Sirius e Regulus sono esempi dei tre casi. Un altro sistema comunemente usato
consiste nell'indicare le stelle più brillanti di una stessa costellazione con una
lettere greca, tale sistema è stato introdotto nel 1603 dal cartografo tedesco
del cielo Johann Bayer, cosicché le lettere greche applicate alle stella sono
conosciute come lettere di Bayer. Per esempio, Sirius è conosciuta anche come α (alfa) Canis Majoris, e ciò significa che è la stella α (alfa) nella costellazione Canis Majoris (si noti che viene usata la forma genitiva per il nome della costellazione quando si fa riferimento a una stella con la sua lettera di Bayer).
Le stelle che non sono indicate in uno dei metodi suddetti possono esserlo con
un numero, chiamato numero di Flamsteed (per es. 19 Lyncis), perché il sistema è stato introdotto in un catalogo compilato dal primo Astronomo Reale
inglese John Flamsteed (1646-1719). Le stella più deboli sono elencate con il
numero loro assegnato in ognuno dei diversi cataloghi stellari.
Alfabeto greco
α alfa
β beta
γ gamma
δ delta
ε epsilon
ζ zeta
η eta
θ theta
ι iota
κ kappa
λ lambda
µ mu
ν nu
ξ xi
ο omicron
π pi
ρ
σ
τ
υ
ϕ
χ
ψ
ω
ro
sigma
tau
upsilon
fi
chi
psi
omega
Oggetti come gli ammassi stellari, le nebulose e le galassie hanno propri sistemi di nomenclatura: quelli più comuni sono i numeri M e NGC. I numeri
M derivano da un catalogo comprendente più di 100 ammassi e oggetti nebulari compilato nel diciottesimo secolo dall'astronomo francese Charles Messier. I numeri NGC sono quelli del New General Catalogue of Nebulae and
Cluster of Stars pubblicato nel 1888 dall'astronomo danese J.L.E Dreyer. Due
supplementi al NGC, chiamati Index Catalogue, vennero stampati nel 1895 e
1908; gli oggetti elencati in questi si indicano con i numeri IC. Alcuni oggetti
hanno sia un numero M sia quello NGC.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
TIPI DI STELLE
Le stelle sono globi di gas incandescente, simili al Sole, ma tanto lontane da
apparire soltanto come dei punti luminosi anche con i più grandi telescopi.
Tuttavia, analizzando la luce stellare, gli astronomi sono prevenuti a stabilire
che le stelle presentano una vasta gamma di dimensioni, temperature, colori e
luminosità.
Le stelle più grandi, dette opportunamente giganti e supergiganti, hanno un
diametro centinaia di volte più grande di quello del Sole, che a sua volta si
gonfierà diventando una gigante rossa verso la fine della sua esistenza. Le supergiganti differiscono dalle giganti ordinarie perché hanno una massa maggiore. All'altra estremità della scala dimensionale si trovano le nane rosse che
hanno un diametro pari a circa un decimo di quello del Sole; si tratta di stelle
che sono nate con massa molto inferiore di quella solare. Più notevoli di tutte
sono poi le superdense nane bianche, che hanno la massa del Sole compressa
in una sfera con le dimensioni della Terra. Si ritiene siano costituite dal nucleo centrale di una precedente gigante rossa spogliato dagli strati esterni di
gas rarefatto, che la stella avrebbe disperso nello spazio.
I COLORI DELLE STELLE
Non tutte le stelle sono bianche come sembra al primo sguardo. Un'analisi più
attenta rivela che le stelle presentano un'ampia gamma di colori, dall' arancio
cupo attraverso il giallo fino al bianco-azzurro. Il colore di una stella dipende
dalla sua temperatura superficiale, con le più fredde che appaiono più rosse e
quelle più calde più azzurre. Pertanto il colore di una stella è indice della sua
natura fisica. Le stelle dai colori più spiccati sono le giganti rosse come Betelgeuse in Orion, Aldebaran in Taurus e Antares in Scorpius. Il colore stellare appare più evidente al binocolo o con i telescopi rispetto all'occhio nudo.
Particolarmente affascinanti sono le stelle doppie nelle quali i colori appaiono
contrastanti.
DISTANZE STELLARI
Le distanze di stelle e galassie vengono misurate normalmente in anni luce
(abbreviato a.l.), o in parsec; noi useremo l'anno luce, cioè la distanza percorsa in un anno da un raggio luminoso, che si propaga alla velocità di
300.000 Km al secondo. Un a.l. equivale a 9.500 miliardi di Km.
Le distanze delle stelle più vicine possono essere misurate direttamente in base alla tecnica della parallasse, che richiede la misura precisa della posizione
di una stella, rispetto al fondo del cielo, osservata da punti diametralmente
opposti dell'orbita terrestre. Uno spostamento della posizione stellare vista dai
due punti (sui due lati del Sole, a sei mesi di distanza) rivela la distanza della
stella, e le stelle a noi più vicine denotano i valori più grandi di variazione parallattica.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Una stella che si trovasse ad una distanza di 3,26 a.l. mostrerebbe una parallasse di un secondo d'arco; perciò la distanza di 3,26 a.l. è conosciuta come
un parsec (abbreviazione per parallasse di un secondo). In pratica, nessuna
stella è così vicina; la più prossima a noi, α (alfa) Centauri, ha una parallasse
di 0,76 secondi d'arco, cioè una distanza di 4,3 a.l..
Al di là di circa 100 a.l. le parallassi stellari sono troppo piccole per essere
accuratamente misurate con i telescopi dal suolo. Gli astronomi ricorrono pertanto a un metodo indiretto che comporta la stima della luminosità della stella
in base alle caratteristiche del suo spettro; in questo modo gli astronomi possono spingere le misure a grande distanza, in dipendenza dallo splendore della
stella. Questo metodo è soggetto a errori notevoli, ma è la sola tecnica disponibile per stabilire la distanza della maggior parte delle stelle.
STELLE VARIABILI
Alcune stelle non presentano uno splendore costante, ma variano in periodi
che possono essere di ore, di settimane o anche di anni. Lo splendore di una
stella variabile può essere stimato per confronto con stelle vicine che non
cambiano di luminosità.
La causa più comune per la variazione è l'effettiva pulsazione in grandezza
della stella, conseguente a una sua instabilità. Una classe famosa di variabili
pulsanti è quella delle Cefeidi, così chiamate dal loro prototipo, δ (delta) Cephei. Si tratta di stelle supergiganti gialle che pulsano regolarmente ogni pochi giorni o settimane. La loro importanza per gli astronomi dipende dal fatto
che il loro periodo di pulsazione è direttamente correlato con la loro luminosità: le Cefeidi più luminose pulsano in un periodo più lungo.
Ne segue che, misurando il periodo di pulsazione di una Cefeide, si può stabilire accuratamente la sua luminosità con lo splendore visibile da Terra, si ricava la distanza. Le Cefeidi sono perciò uno strumento importante per calibrare le distanze nell'universo.
Benché importanti, le Cefeidi sono relativamente rare. Il tipo più abbondante
di stelle variabili è in effetti quello delle giganti e supergiganti rosse, che presentano virtualmente tutte qualche forma di variabilità dovuta a pulsazioni in
grandezza, senza avere tuttavia la rigida periodicità delle Cefeidi; un esempio
famoso di gigante rossa variabile è ο (omicron) Ceti, nota popolarmente come
Mira. Alcune stelle variabili rosse, come la supergigante Betelgeuse, non hanno una periodicità riconoscibile.
Un tipo completamente diverso di stelle variabili è costituito dalle binarie a
eclisse. Si tratta di due stelle in orbita reciproca fra loro, una delle quali vista
da Terra passa periodicamente davanti all'altra. Ogni eclisse di una stella da
parte dell'altra provoca una diminuzione della luce totale da noi ricevuta. La
più famosa binaria a eclisse è Algol, nota anche come β (beta) Persei.
Le più spettacolari di tutte sono però le variabili eruttive, che subiscono improvvisi e spesso enormi cambiamenti di emissione luminosa, in particolare
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
nel caso di novae e supernovae. Si pensa che una nova sia una stella doppia
stretta, in cui uno dei membri è una nana bianca; gas emessi dal compagno
cadono sulla nana bianca, dove si incendiano in forma esplosiva, provocando
un aumento temporaneo della luce stellare di migliaia di volte. Nell'esplosione
di una nova la stella non viene distrutta; alcune novae sono state viste esplodere più di una volta, e forse tutte le novae possono essere ricorrenti. Frequentemente queste stella vengono scoperte da astronomi dilettanti.
Ancora più spettacolari della novae normali sono le supernovae, cataclismi
celesti che annunciano la morte di una stella massiccia. In una supernovae, la
stella conclude la sua vita scagliando particelle nello spazio e brillando temporaneamente luminosa quanto miliardi di stelle normali. Dov'è esplosa una
supernova si può vedere il residuo stellare che si allontana nello spazio, come
nella Crab Nebula del Toro e nella Nebulosa Velo del Cigno. Per diventare
una supernova, una stella deve avere una massa parecchio più grande del nostro Sole. L'ultima supernova interna alla nostra Galassia è stata vista nel
1604, e da tempo siamo in attesa di un'altra.
STELLE DOPPIE E MULTIPLE
Quando vengono esaminate con i telescopi che molte stelle non sono singole,
come sembrano a occhio nudo, ma sono accompagnate da uno o più compagni. In alcuni casi le stelle non sono realmente collegate, ma giacciono per
caso sulla medesima linea visuale; in questo caso si parla di doppia ottica. Ma
nella gran maggioranza dei casi le stelle sono legate dalla gravità e orbitano
ognuna attorno all'altra, in un periodo che dipende dalla reciproca distanza.
Una coppia di stelle unite in questo modo si dice sistema binario; talvolta intere famiglie di tre o più stelle possono essere intercollegate per gravità, e si
diranno stelle multiple.
La separazione apparente di due stelle in una doppia viene misurata in secondi
d'arco. Le doppie più larghe - quelle con separazioni di parecchi secondi d'arco o più - possono essere scisse nei piccoli telescopi o anche con i binocoli,
ma se le componenti di una stella doppia sono ravvicinate, è necessaria una
apertura maggiore del telescopio per separarle. La stabilità dell'aria, detta seeing anche in Italia, è pure determinante per riuscire a separare le doppie strette.
AMMASSI STELLARI
Talvolta le stelle si raggruppano in ammassi, che si presentano in due tipi
principali: ammassi aperti e globulari. Gli ammassi aperti sono quelli meno
densamente stipati, fra i due tipi; in genere hanno forma irregolare e contengono qualcosa come molte migliaia di stelle relativamente giovani; si trovano
nei bracci a spirale della nostra Galassia. Esempi famosi sono gli ammassi
delle Pleiadi (Pleiades) e delle Iadi (Hyades) in Taurus e il doppio ammasso in
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Perseus. Spesso gli ammassi aperti coprono mezzo grado di cielo o più, cioè
sono uguali o maggiori del diametro apparente della Luna piena.
Gli ammassi globulari sono aggregazioni dense, sferiche che possono contenere centinaia di migliaia di stelle, Sono distribuiti in un alone intorno all nostra Galassia, e quindi sono normalmente molto più lontani da noi dagli ammassi aperti; in generale appaiono più piccoli ed è molto più difficile risolverli in stelle singole. Al contrario degli ammassi aperti, quelli globulari contengono molte fra le stelle più vecchie conosciute. Esempi famosi sono ω (omega) Centauri, 47 Tucanae e M13 in Ercole.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
4.
COME ORIENTARSI IN CIELO
STELLE VISIBILI TUTTO L'ANNO
La rotazione diurna della sfera celeste attorno al suo asse fa sì che le stelle,
come il Sole, nascono a est, giungano alla loro culminazione a sud e tramontino infine a ovest.
Dato che le stelle, nel loro cammino diurno, ruotano apparentemente attorno
alla Stella Polare, sembra ne debbano esistere alcune che non sorgono né tramontano, ma sono sempre sopra l'orizzonte. Se guardiamo a nord, troveremo
la costellazione dell'Orsa Maggiore, o, almeno, la parte di essa chiamata l'Aratro. Potrebbe essere bassa, vicino all'orizzonte, ma potrebbe essere anche allo
zenit. Però, qualunque sia la sua posizione, la linea immaginaria che unisce α
β, prolungata circa cinque volte, conduce sempre alla Stella Polare.
Una linea abbassata perpendicolarmente all'orizzonte dalla Stella Polare, lo
interseca nel punto cardinale nord e tutte le stelle non più distanti dalla Polare
del punto cardinale nord non spariscono mai al disotto dell'orizzonte: sono
visibili a tutte le epoche dell'anno e sono dette stelle circumpolari.
La Stella Polare appartiene alla costellazione dell'Orsa Minore che ha un aspetto simile a quello dell'Orsa Maggiore, ma le cui stelle sono molto più deboli. La Polare è la più luminosa della costellazione e le viene assegnata la
lettera α. β e γ sono dette i Guardiani del polo e β è detta Kochab, che significa Stella del nord.
Quando le fu dato questo nome, circa duemila anni fa, essa era la Stella Polare, ma il polo celeste s'è nel frattempo spostato.
Tra le due Orse si trova un certo numero di stelle piuttosto deboli che formano
la costellazione del Draco (il Dragone). La sua coda sta tra le prime due stelle
dell'Orsa Maggiore e la Polare, e le sue stelle si dispongono in cerchio attorno
all'Orsa Minore. A metà circa della sua lunghezza il Dragone di ripiega su se
stesso e infine raggiunge due stelle piuttosto luminose che ne rappresentano la
testa. A metà strada tra Kochab e Mizar si trova α, nota come Thuban. Quattromila cinquecento anni fa essa era la Stella Polare e le piramidi egiziane furono costruite usando questa stella per determinare le loro caratteristiche geometriche.
Tracciando una linea a partire dalle prime due stelle dell'Orsa Maggiore e prolungandola fino alla Stella Polare e oltre, si arriva alla stella γ della costellazione di Cefeo. Questa consiste di cinque stelle disposte come il profilo di una
casa vista di fianco. Appena sotto la linea di base, a metà strada tra α e ζ si
trova la stella µ, di quinta grandezza. Nelle notti limpide questa stella è notevole per il suo colore rosso scuro anche più accentuato se visto attraverso un
binocolo. Willhelm Herschel la chiamò con il nome efficace di Stelle Granata.
Di fronte all'Orsa Maggiore, dalla parte opposta rispetto al polo, troviamo la
bella costellazione di Cassiopea. La sua forma a W la rende una delle costel- 21 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
lazioni più appariscenti di tutto il cielo, dato soprattutto che le sue stelle sono
tutte relativamente luminose e vicine.
Se tracciamo una linea che congiunga le due stelle superiori del corpo dell'Orsa Maggiore (ζ e α) e la prolunghiamo circa tre volte, essa indicherà le posizioni di due stelle deboli che appartengono alla piccola e modesta costellazione Lynx.
Tra questa costellazione e Cassiopea si trova un certo numero di stelle deboli,
raggruppate sotto il nome di Camelopardus (la Giraffa). Solo sette delle 150
stelle visibili sono più luminose della quinta grandezza. La testa della Giraffa
va immaginata tra la coda del Dragone e la Stella Polare, mentre le zampe sono vicine alla seconda stella, in ordine di splendore, all'emisfero celeste nord,
Capella, che appartiene all'Auriga (il Cocchiere).
La stella più luminosa a nord dell'equatore celeste è Vega in Lira; essa è quasi
opposta a Capella, ma a una distanza maggiore dal polo. Queste due stelle
salgono e scendono ad altalena. Quando una di esse è bassa, quasi sull'orizzonte, l'altra splende alta in cielo; le loro posizioni cambiano continuamente
con l'ora della notte e le stagioni.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
LE COSTELLAZIONI
BOOTES. Se seguiamo la curva segnata dalle tre stelle della coda dell'Orsa
Maggiore, arriveremo a una stella brillanta, color d'oro. Essa è Arturo, e appartiene alla costellazione di Bootes (aprile - ottobre).
Vi sono poche stelline nelle immediate vicinanze di Arturo, ma la parte principale della costellazione è diretta verso il polo nord; la sua forma non è dissimile da quella di un aquilone.
VERGINE. Se prolunghiamo più a sud la curva Orsa Maggiore - Arturo giungiamo a Spica, la stella più luminosa in Vergine (aprile - luglio), costellazione
che si estende su una parte considerevole del cielo e che appartiene allo zodiaco. ε Virginis possiede un bel nome: Vindemiatrix o Vendemmiatrice.
CORVO. Continuando la stessa curva si giunge finalmente alla piccola costellazione Corvus (aprile - maggio).
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
LEONCINO. Una linea condotta per il centro del quadrangolo dell'Orsa Maggiore e la stella di terza grandezza ψ, immediatamente sotto, ci conduce alla
stella 46 di Leo Minor (febbraio - luglio).
LEONE. Più avanti lungo l'allineamento, tuttavia, proprio sotto Leoncino, sta
il gruppo spettacolare di Leo (marzo - maggio). La caratteristica distintiva del
Leone è la "falce" formata dalle stelle direttamente sopra Regolo, la stella più
luminosa della costellazione.
Denebola (β Leonis), forma la coda di Leone e ciò è esattamente il significato
del nome arabo.
CANCRO. Se tracciamo una linea da β a γ Leonis e la prolunghiamo oltre la
lettera γ per la stessa distanza all'incirca, raggiungiamo la stella di quarta
grandezza γ in Cancer (febbraio - marzo). Le cinque stelle più luminose di
questa costellazione, tutte di questa grandezza, formano una Y capovolta e in
essa non vi sarebbe nulla di rimarchevole se non fosse per l'ammasso di stelle
segnato M44 sulla mappa.
A occhio nudo questo ammasso è visibile come una macchia evanescente e vi
si possono distinguere poche stelle di sesta grandezza in una notte eccezionalmente limpida.
M44 si chiama Praesepe, oggi è meglio noto come l'Alveare, data la sua forma. Vi sono circa 400 stelle, ma la maggior parte di esse è visibile soltanto
con telescopi potenti.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
AURIGA. Durante i mesi invernali le stelle δ e α Ursae Maioris ci aiutano a
trovare altre costellazioni. Una linea che unisca queste due stelle punta direttamente su Capella, stella luminosa, piuttosto gialla, in Auriga (novembre maggio). Il nome Capella significa piccola capra, ma v'è poco in questa stella
che le somigli; essa è infatti una stella gigante, il cui diametro è circa sedici
volte quello del Sole e che emette centocinquanta volte più luce di esso.
TORO. La linea da α a η Aurigae si dirige approssimativamente verso Aldebaran, la stella più luminosa in Taurus (dicembre - aprile). Questa stella rossastra si trova nell'ammasso di stelle a forma di V noto come Hyades.
Molto conosciute sono le Pleiadi note anche col nome di Gallinelle o di Sette
Sorelle. η Tauri è la più luminosa tra di esse e si chiama Alcione. I nomi delle
altre stelle sono: Atlas, Pleione, Asterope, Celaeno, Maia, Electra, Merope e
Taygeta. Solitamente l'occhio nudo può vedere soltanto sei stelle in questo
ammasso, ma il telescopio rivela che ve ne sono circa seicento.
PERSEO. Le stesse α e β Aurigae sono allineate con Algol in Perseus (ottobre - aprile). Algol significa demonio ed è una variabile a eclisse.
Le stesse α e γ forniscono un allineamento con un altro oggetto nebuloso, due
ammassi stellari che quasi si toccano. Nelle notti limpide si vedono ad occhio
nudo, ma un binocolo ci mostra uno degli oggetti più belli di tutta la volta celeste. Questi ammassi , come le Pleiadi e le Iadi, sono detti ammassi aperti;
tutti gli ammassi di questo tipo contengono parecchie centinaia di stelle e si
trovano nell'interno del sistema della Via Lattea a distanze variabili tra 500 e
5000 a.l.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
LIRA. Le stesse γ e δ dell'Orsa Maggiore indicano la direzione in cui si trova
Vega, nella costellazione della Lyra (aprile - gennaio). Vega è una stella bianco-azzurra, la più luminosa a nord dell'equatore celeste ed è un astro veramente cospicuo.
Vega appartiene al grande triangolo estivo che è ben visibile al di sopra dell'orizzonte tutta la notte da maggio ad agosto. Le altre due stelle del triangolo
sono Deneb in Cygnus e Altair in Aquila. Sono tutte e tre di prima grandezza
e sono facili da localizzare in cielo una volta che sia stata trovata la posizione
di una di esse.
CIGNO. Deneb, un po' più vicino alla Stella Polare di Vega, a est di quest'ultima, appartiene alla costellazione del Cygnus. Rappresenta, come implica il
suo nome, la coda del cigno volante. Il capo è β, Albireo.
La stella 61, di quarta grandezza, fu la prima stella di cui si potesse misurare
la distanza con il metodo della parallasse; la stella 61 dista da noi circa 11 anni luce.
AQUILA. A sud di Deneb e di Vega il triangolo estivo è completato da Altair,
la stella più luminosa dell'Aquila (giugno - dicembre). E' colorata di un meraviglioso bianco brillante e il suo splendore assoluto è dieci volte superiore a
quello del Sole.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
ANDROMEDA. Le stelle α e β Cassiopeiae puntano direttamente a γ, la stella più a est in Andromeda (giugno - marzo). E' una costellazione piuttosto
grande contenente tre stelle di seconda grandezza. Due piccole stelle, µ e ν ci
conducono a M31, un'altra macchia nebulosa del cielo. M31 viene detta di
solito la grande nebulosa di Andromeda ed è appena visibile a occhio nudo
nelle notti chiare, senza Luna. In nessun altro luogo del cielo l'occhio nudo
penetra nello spazio così profondamente come qui, perché questa nebulosa
dista da noi un milione e mezzo di anni luce.
E' un'altra galassia, come la nostra Via Lattea, e ha quasi esattamente le stesse
dimensioni.
ARIETE. E' facile da riconoscere dato che le sue stelle principali, α (Hamal)
e β, sono le più luminose in quei paraggi. Un po' più di duemila anni fa Aries
(settembre - marzo) segnava il punto della volta celeste in cui il Sole attraversava l'equatore da sud a nord, segnando così l'inizio dell'anno astronomico che
ha luogo il 21 o 22 marzo di ogni anno.
PEGASO. La stella Alpherat α Andromedae contribuisce a formare il grande
quadrato di Pegasus (luglio - febbraio). L'interno del quadrato sembra di solito piuttosto vuoto, ma in una notte eccezionalmente limpida, vi si possono
contare più di cinquanta stelle.
AQUARIO Sotto Pegaso giace la costellazione zodiacale dell'Aquario. Il suo
cospicuo gruppo stellare è quello a forma di una piccola Y a est di α il cui
nome è Sadalmelik e che si trova quasi esattamente sull'equatore celeste.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
ORIONE. Durante i mesi invernali si vedono in cielo la costellazioni più belle; tra queste Orione è veramente eccezionale (dicembre - marzo). Essa contiene infatti due stelle di prima grandezza e quattro di seconda.
Betelgeuse (α Orionis) è una gigante rossa dal diametro superiore a quello
dell'orbita di Marte.
Rigel (β Orionis) è una supergigante bianco - azzurra di mag. 0,1, la settima
del cielo per splendore e la più brillante in Orione.
Sotto la cintura di Orione troviamo tre stelle piuttosto deboli; quella che sta in
mezzo è situata al centro della grande nebulosa M42. Questa gigantesca nube
di gas incandescente è chiaramente visibile a occhio nudo come una macchia
verdastra.
CANE MAGGIORE. Le tre stelle della cintura di Orione sono allineate con
Aldebaran in Taurus, da una parte, dall'altra con Sirio in Canis Maior (febbraio - aprile). Sirio è la stella più luminosa della volta celeste e si può vedere
dalla nostra latitudine. E' anche una della stelle più vicine, distante soltanto 8
anni luce e mezzo.
CANE MINORE. A est di Orione si trova la piccola costellazione di Canis
Minor (gennaio - maggio). La sua stella più luminosa, Procione (mag. 0,4),
forma un angolo retto con Sirio e Rigel, avendo per vertice Sirio.
GEMELLI. Una linea che parta da β per dirigersi verso α Orionis, ci porta al
grande rettangolo di Gemini (dicembre - aprile). La costellazione è caratterizzata da due stelle molto brillanti che portano i nome dei gemelli della mitologia greca, Castor e Pollux (α e β). Castore ad occhio nudo appare di mag. 1,6
e Polluce è una gigante gialla di mag. 1,1.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
CORONA. A est di Bootes si trova la piccola costellazione Corona (aprile novembre) che è una delle più caratteristiche dell'emisfero nord.
ERCOLE. A metà strada tra la Corona e la bianco - azzurra Vega, la principale della Lira, si trova un piccolo quadrangolo di stelle che fa parte della costellazione di Hercules (maggio - novembre).
Sulla congiungente di η e ζ si trova M13, un altro oggetto nebuloso, appena
visibile a occhio nudo se la notte è chiara e senza Luna. Visto attraverso i binocoli o un piccolo telescopio, sembra una sfera gigantesca piena di migliaia
di stelle.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
5.
STRUMENTI DI OSSERVAZIONE
INTRODUZIONE AI TELESCOPI
I telescopi si dividono in due grandi categorie a seconda del tipo di obiettivo
utilizzato: riflettori e rifrattori. I primi utilizzano specchi, i secondi lenti. Entrambi riescono a focalizzare una immagine ad una certa distanza dall'obiettivo che è detta distanza focale: minore sarà la distanza focale e maggiore sarà
il potere di ingrandimento dell' obiettivo.
Una volta che si forma l'immagine reale nel fuoco (dello specchio o della lente) occorre un piccolo gruppo di lenti che ingrandisca l'immagine e la renda
focalizzata sulla retina dell'occhio. Questo oggetto si chiama oculare ed anch'esso è caratterizzato da una distanza focale. E' possibile ora definire l'ingrandimento del sistema obiettivo-oculare: esso è dato dal rapporto dalla distanza focale dell'obiettivo con quella dell'oculare. Per cambiare ingrandimento, quindi, provvederemo a cambiare l'oculare con uno caratterizzato da una
distanza focale adeguata, considerando che minore sarà questa, maggiore sarà
l'ingrandimento. Ad esempio utilizzando un telescopio con un obiettivo di
1000 mm di distanza focale, esso mi darà un ingrandimento di 50x con un oculare da 20 mm e 100x con un oculare da 10 mm di distanza focale. Non è
possibile ingrandire all'infinito: in genere non si ha nessun guadagno ad ingrandire più di 1,5, 2 volte del diametro dell'obiettivo espresso in millimetri.
In ogni caso un'immagine poco ingrandita sarà più nitida di una con un maggior ingrandimento.
Per l'osservazione planetaria è possibile utilizzare ingrandimenti un po' spinti,
mentre per l'osservazione di nebulose, galassie ed altri oggetti definiti deep
sky è tassativo utilizzare bassi ingrandimenti. Questo perché questi ultimi oggetti sono estesi e di debole luminosità superficiale e quindi è necessaria
un'alta luminosità. I pianeti sono invece oggetti piccoli e luminosi e per osservare i dettagli superficiali occorre aumentare l'ingrandimento a scapito della
luminosità.
Occorre quindi definire una grandezza che ci mostri istantaneamente se il telescopio è adatto per osservare oggetti deboli ed estesi (oggetti deep sky) o
piccoli e luminosi (pianeti o stelle doppie). Questa è il rapporto focale e si
indica con la lettera "f": è data dal rapporto tra la distanza focale dell'obiettivo
con il suo diametro entrambi espressi in millimetri. Questa grandezza risulta
indipendente dalla focale dell'oculare: per osservare oggetti deep sky si può
arrivare massimo a f10; telescopi con f maggiori sono utilizzabili solo per
pianeti e stelle doppie.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
TELESCOPI RIFLETTORI
Sono i telescopi il cui obiettivo è uno specchio. Esso è costituito da vetro sensibile il meno possibile a variazioni termiche la cui superficie riflettente ha
una forma di calotta sferica o di paraboloide. Lo strato riflettente è spesso costituito da alluminio che in origine viene deposto sulla superficie vaporizzandolo tramite una scarica elettrica in una campana pneumatica dove cui è deposto il corpo dello specchio sotto vuoto spinto. Si preferisce l'alluminio all'argento usato nel passato per la sua maggiore resistenza all'ossidazione. Alcune
superfici riflettenti hanno anche una certa percentuale di quarzo.
I raggi luminosi riflettendosi sull'obiettivo, prima di raggiungere il fuoco dello
specchio, vengono deviati in modo da portare il fuoco effettivo fuori dal tubo,
affinché si possa comodamente inserire l'oculare in un piccolo tubo di lunghezza variabile, il focheggiatore, in modo da variarne la distanza per mettere
a fuoco oggetti più vicini.
Questa deviazione è operata dallo specchio secondario: a seconda dello specchio e della posizione dello stesso si hanno varie configurazioni. Le più comuni prendono il nome di Newton e Cassegrain.
In un telescopio Newton lo specchio secondario è piano ed inclinato sull'asse
del primario di 45 gradi, riflettendo quindi i raggi a 90 gradi. Telescopi di
questo tipo hanno tipicamente una f intorno a 5 e quindi sono adatti per oggetti deep sky.
In un telescopio Cassegrain il secondario è costituito da uno specchietto con
superficie riflettente convesso-iperbolica contrapposto al primario in modo
tale che il fuoco venga a trovarsi dietro a questo. Questi telescopi hanno tipicamente f elevati, fino a 20 e sono quindi adatti per l'osservazione di pianeti,
ma completamente inutilizzabili per gli oggetti deep sky.
Il difetto più tipico dei telescopi riflettori è il coma: a causa di questo le immagini stellari in prossimità del bordo del campo visivo non risultano più
puntiformi, ma a guisa di piccola nebulosa. Per ovviare a questo inconveniente si mette all'apertura del tubo una lastra di vetro ottico sagomato in forma
particolare, la lastra correttrice. I telescopi corredati con la lastra correttrice
sono chiamati anteponendo al nome della configurazione adottata il nome
Schimdt (Schimdt-Newton, Schimdt-Cassegrain) in onore all'inventore.
Le camere di Schimdt sono telescopi solo fotografici: manca infatti lo specchio secondario e la pellicola fotografica viene applicata al fuoco all'interno
del tubo. Tipicamente sono f2 e quindi insuperabili per comete e nebulose.
Le camere di super-Schimdt sono configurate come sopra ma possono arrivare a f0,5 e sono utilizzate per la fotografia delle meteore.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
TELESCOPI RIFRATTORI
Se utilizziamo una semplice lente biconvessa come obiettivo noteremo subito
grossi problemi. Innanzitutto il fuoco ha l'aspetto di un punto solo se il fascio
incidente è stretto , altrimenti si espande in un'area più o meno ampia. Inoltre
la distanza focale varia in funzione della lunghezza d'onda.
Un raggio di luce bianca viene scomposto come in un prisma e vari colori dell'iride vengono focalizzati in luoghi diversi sull'asse ottico: questo difetto è
chiamato aberrazione cromatica.
Per ovviare a questi inconvenienti si utilizza un doppietto formato da una lente biconvessa ed una piano-concava con composizioni diverse (e quindi indici
di rifrazione diversi). Il fuoco viene a trovarsi dall'altra parte del tubo, dentro
il focheggiatore e l'immagine viene ingrandita dall'oculare.
I rifrattori no hanno avuto successo negli Osservatori Astronomici: infatti una
lente deve essere perfetta, senza alcuna bolla d'aria interna che pregiudicherebbe la qualità a ciò è particolarmente difficile, per non parlare dei costi "astronomici". E' impossibile costruire lenti perfette grandi come gli specchi ora
in uso nei più grandi telescopi; inoltre il loro peso sarebbe troppo elevato ed
insostenibile. Ancora, i raggi luminosi dovrebbero attraversare tanto vetro che
l'assorbimento sarebbe inaccettabile: il telescopio dell'Osservatorio di Yerkes,
il più grande rifrattore esistente, ha l'obiettivo del diametro di 102 cm ed il
suo assorbimento dei raggi luminosi si avvicina al 50%.
BINOCOLI
Sono formati da due piccoli telescopi rifrattori allineati. Contrariamente a
quanto si può pensare i binocoli sono molto utili in astronomia: sono facilmente trasportabili e permettono ottime visioni dei più grandi oggetti deep
sky; inoltre l'uso contemporaneo dei due occhi è particolarmente riposante e
quindi fruttuoso. Sono insostituibili per le comete. Un binocolo è caratterizzato da due numeri: uno indica gli ingrandimenti del binocolo e l'altro il diametro espresso in millimetri degli obiettivi. Ad esempio un 10x50 indica un binocolo che fornisce 10 ingrandimenti e ha due lenti di 5 cm di diametro. Per
indicare la luminosità di un binocolo si considera la pupilla di uscita: essa è
data dal rapporto tra il diametro delle lenti in mm e gli ingrandimenti. Ad esempio un 10x50 ha una pupilla di uscita di 5. Un binocolo valido per l'astronomia dovrà avere una pupilla di uscita minima di 4 e massima di 7 (infatti la
pupilla umana ha diametro massimo di 7 mm e l'eventuale area eccedente verrebbe perduta). Ottimi binocoli sono il 7x50, 10x50, 15x80, 20x80 grandangolare. Esistono binocoli giganti fino a 25x150 e del peso di oltre 30 chili.
Qualsiasi binocolo, non solo quelli più grandi, devono essere fissati su un
treppiede per eliminare le sempre presenti vibrazioni che ostacolerebbero una
comoda visione.
MONTATURE
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Qualsiasi tipo di telescopio deve essere montato su una struttura che innanzitutto ne sostenga convenientemente il peso e ne permetta il puntamento verso
una qualsiasi zona del cielo. Su una colonna od un robusto treppiede il più
possibile insensibili alle vibrazioni, viene posta la montatura che permetterà il
puntamento del telescopio. Ve ne sono di due tipi: le montature altazimutali
ed equatoriali. Le prime sono le più semplici: sono composte da due assi perpendicolari che fanno muovere il telescopio in un piano orizzontale (azimut)
ed uno verticale (altezza). Una montatura di questo tipo permette di seguire
una stella muovendo entrambi gli assi, in quanto non è costruita in riferimento
alla rotazione della volta celeste.
La montatura equatoriale, invece, possiede due assi perpendicolari dell'ascensione retta e della declinazione. A questi movimenti sono associate ruote dentate che permettono l'utilizzo di motori passo-passo opportunamente demoltiplicati per l'inseguimento automatico. Affinché la stella puntata nel telescopio
venga inseguita con il solo movimento di ascensione retta, occorre allineare la
montatura al polo nord celeste. Questo significa che l'asse di ascensione retta
deve essere allineato al polo nord celeste.
Quindi, se un telescopio è usato solo visualmente e soggetto a trasporti nelle
località osservative più idonee, la montatura più adatta è quella altazimutale,
maneggevole e veloce nel puntamento. Se invece il telescopio è utilizzato per
la fotografia, è obbligatorio adottare la montatura equatoriale avendo cura di
allinearla al polo nord celeste il più precisamente possibile.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
6.
OSSERVAZIONI ASTRONOMICHE
INTRODUZIONE
Il nostro occhio è un organo molto flessibile, capace di adattarsi a varie luminosità ambientali grazie all'allargamento e al restringimento della pupilla. Se
tali variazioni sono quasi istantanee, più lunghi, invece, sono i tempi di accomodamento più fini, specialmente se le variazioni di luminosità sono intense.
Ad esempio, se entriamo una stanza dopo essere stati all'aperto durante una
giornata assai soleggiata, avremo difficoltà a vedere chiaramente, mentre dopo pochi minuti la visione sarà normalizzata. Questo fatto è molto importante
per l'osservazione astronomica: durante un viaggio in automobile o durante la
messa in stazione dei telescopi, l'occhio viene investito da forti raggi luminosi
(fari e torce), per cui prima dell'osservazione, dopo aver spento tutte le luci
occorre aspettare un po' di minuti per permettere all'occhio di distinguere anche le stelle più deboli. Se durante l'osservazione si avrà il bisogno di consultare carte stellari o effemeridi, si dovrà usare una debole torcia pesantemente
schermata con stoffa rossa. Una luce siffatta danneggerà meno l'adattamento
all'oscurità.
Le cellule fotosensibili della retina sono di due tipi: i coni per la visione diurna a colori ed i bastoncelli per la visione crepuscolare in bianco e nero. La
disposizione di questi tipi di cellule sulla retina non è uniforme: i coni predominano nella fovelas centralis in cui cade la luce quando guardiamo un oggetto direttamente. Se osserviamo una nebulosa o una galassia direttamente vedremo ben pochi dettagli di essa o addirittura non la vedremo affatto perché i
coni non riescono a registrare una luce così debole. Se invece guardiamo con
"la coda dell'occhio" diamo modo ai bastoncelli di entrare in azione: tale sistema si chiama visione distolta. E' necessario un po' di pratica per riuscire ad
utilizzarla al meglio, ma poi risulta automatica: si guarda tutto attorno all'oggetto controllando la sua distanza dal bordo del telescopio fino a che non si
trova la posizione ottimale di vista. In quel momento dettagli dell'oggetto
prima sconosciuti si renderanno immediatamente visibili.
Un'ora circa prima del momento programmato per l'osservazione è bene esporre all'aperto lo strumento, rivolgendolo verso il vento se riflettore. Mezzora dopo dovrebbe iniziare, specie se si intendono osservare oggetti deboli,
un periodo di adattamento all'oscurità che può variare da una persona all'altra
ma che non dovrebbe mai essere inferiore al quarto d'ora. Muniti di carta, matita, gomma e un buon orologio si può finalmente iniziare.
Se l'oggetto è visibile a occhio nudo non si presentano problemi per il puntamento del telescopio mentre se si intende guardarne uno al di sotto del limite
visivo si adotta uno dei due metodi seguenti.
Osservare attraverso il "cercatore", un piccolo cannocchiale a grande campo
con un reticolo a croce nell'oculare, la zona di cielo interessata. se l'oggetto si
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
rende visibile nel campo del cercatore lo si porta al centro del reticolo oculare.
Se cercatore e telescopio sono allineati (centrarli, una volta per tutte, sulla
Luna) l'oggetto dovrebbe rendersi visibile nel campo dell'oculare del telescopio.
Qualora queste operazioni non fossero fruttuose e si fosse in possesso di uno
strumento dotato di cerchi graduati si opera come segue. Si controlla che, con
lo strumento puntato sul meridiano, l'angolo orario sia di 0h: il controllo si
può fare su una stella nota.
Calcolata l'ora siderale per un istante di tempo futuro (5 minuti oltre il presente sono sufficienti) si calcola quale angolo orario avrà l'oggetto in quel momento:
H = TS - A.R.
e si punta il telescopio a quell'angolo orario e alla declinazione nota. Allo scadere dei 5 minuti il corpo celeste dovrà apparire nel campo dell'oculare. E'
bene usare inizialmente il minimo ingrandimento per disporre di un grande
campo e della massima luminosità: centrato l'oggetto si potranno cambiare gli
oculari alla ricerca del più adatto.
FOTOGRAFIA ASTRONOMICA
Cominciamo ad esaminare l'attrezzatura dalla macchina fotografica.
Esistono in commercio due categorie di macchine: le compatte e le reflex. Le
compatte non permettono il cambio dell'obiettivo e l'inquadratura dell'immagine da fotografare avviene attraverso un sistema di lenti separato dall'obiettivo. Le reflex invece sono molto più versatili perché gli obiettivi sono intercambiabili per le più svariate esigenze e, come dice il nome stesso, nel mirino
si ha la visione attraverso l'obiettivo, praticamente indispensabile se si lavora
con obiettivi con lunghezze focali diverse.
Per il nostro scopo può andare bene anche una compatta anche se la reflex è
preferibile. Si utilizzerà la posa B in cui l'apertura dell'otturatore e quindi l'esposizione della pellicola dura fino a quando non si lascia il pulsante di scatto.
E' necessario un cavetto flessibile che eviterà il verificarsi di vibrazioni della
macchina fotografica che rovinerebbero la foto e che permetterà grazie all'apposito bloccaggio di evitare di esercitare una pressione per tutta la durata dell'esposizione.
E' assai consigliabile che l'apertura dell'otturatore della posa B sia completamente meccanica e non elettronica come purtroppo avviene per la maggioranza degli apparecchi moderni. Questo perché, nel caso dello scatto elettronico,
il lungo tempo di esposizione farebbe esaurire in breve tempo le pile, con rischio di non riuscire a portare a termine l'esposizione.
La macchina fotografica dovrà essere montata su un robusto treppiede per evitare ogni possibile vibrazione che danneggerebbe irreparabilmente la foto.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Gli obiettivi sono un elemento fondamentale della nostra attrezzatura. Essi
possiedono due importanti caratteristiche: la lunghezza focale e la luminosità.
La lunghezza focale, espressa in millimetri, identifica il campo abbracciato
dall'obiettivo. Maggiore è la lunghezza focale, minore è l'angolo di campo e
viceversa. A seconda della lunghezza focale gli obiettivi si distinguono in:
- grandangolari (dai pochi millimetri di lunghezza focale dei fish-eye abbraccianti un campo di 180 gradi, dai grandangolari spinti fino ai 24 millimetri, ai grandangolari moderati dai 28 ai 35 millimetri);
- normali (obiettivi che hanno un ingrandimento simile a quello individuato
dall'occhio umano e che hanno una lunghezza focale compresa tra i 50 e 58
millimetri e un campo variabile dai 46 ai 40 gradi);
- teleobiettivi (con focali superiori ai 58 millimetri e campi abbracciati sempre più ristretti - fino a pochi gradi - all'aumentare della lunghezza focale).
L'altra caratteristica assai importante negli obiettivi e diviene fondamentale in
questo tipo di fotografia è la luminosità. Questo valore è dato dal rapporto tra
la lunghezza focale dell'obiettivo e l'apertura del diaframma entrambe espresse in millimetri. Questo valore è identificato con la sigla "f". Sulla stragrande
maggioranza degli obiettivi vi è una ghiera contrassegnata da valori di f tipicamente di 1.4, 2, 2.8, 4, 5.6, 8, 11, 16, 22, che controlla l'apertura del diaframma e quindi la quantità di luce che arriva alla pellicola. Più è basso il valore di f e più l'obiettivo è luminoso. Un obiettivo è caratterizzato dal valore
di f corrispondente al diaframma completamente aperto. Inutile dire che tanto
più basso è questo valore, più l'obiettivo è luminoso e adatto per la fotografia
astronomica.
Veniamo ora ad alcune considerazioni sulle pellicole fotografiche.
La caratteristica principale di una pellicola fotografica è la sensibilità che viene espressa tramite un valore descritto in ISO. Più è alto questo valore e più la
pellicola è sensibile. Una pellicola adatta alle normali fotografie ha una sensibilità di 100 ISO. Per fotografare gli oggetti celesti con macchina fotografica
fissa su un treppiede occorreranno pellicole con una sensibilità di almeno
1000 ISO. La sensibilità di una pellicola è direttamente collegata alla dimensione dei grani di materiale fotosensibile sull'emulsione. Più la pellicola è sensibile e più i grani dell'emulsione (in breve la grana) saranno grossi. La dimensione della grana determina la definizione della pellicola. La definizione
per noi è importante, ma lo è molto di più la sensibilità. Sarà appunto la sensibilità della pellicola il fattore primario di scelta, dato che il tempo di posa della fotografia è necessariamente limitato. E' ovvio che maggiore sarà il tempo
di posa maggiori saranno i dettagli rilevabili sulla fotografia. Purtroppo, la
rotazione terrestre imprime sulle stelle e sulle comete un moto apparente sulla
volta celeste rappresentati sulla fotografia da archi di circonferenza tanto più
lunghi quanto è maggiore la lunghezza focale dell'obiettivo, il tempo di esposizione e la distanza delle stelle dai poli celesti. Sono qui indicati i tempi di
posa massimi affinché le stelle non appaiono strisciate in relazione ad alcune
lunghezze focali ed alla declinazione dell'oggetto fotografato.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
FOCALE
in mm.
28
35
40
50
55
85
135
200
300
0°
20
16
14
11
10
6
4
3
2
Tempo max in sec. per declinazione
± 30°
± 60°
23
39
18
32
16
28
13
22
11
20
7
13
5
8
3
5
2
4
Tabella 3
Come si può vedere, sono tempi molto limitati che impongono di usare la pellicola con la massima sensibilità e il diaframma dell'obiettivo completamente
aperto. Gli astrofili, quando intendono fotografare con gli obiettivi di una
macchina fotografica, dispongono l'apparecchio in parallelo al telescopio il
cui motorino controbilancia la rotazione terrestre puntando sempre la stessa
zona del cielo. Utilizzando questa tecnica potremo allungare drasticamente i
tempi di posa aumentando così il numero di dettagli catturati, non si potrà però esporre la pellicola per un tempo indefinito, considerando che il fondo cielo possiede sempre una certa luminosità che a lungo andare "vela" la foto e le
fa perdere la ricchezza dei dettagli impressi.
Tra le pellicole a colori sono praticamente da considerarsi solo quelle per diapositive. Le negative a colori potrebbero risentire di errate valutazioni cromatiche, specialmente se lo sviluppo a la stampa sono affidate a laboratori attrezzati con macchinari computerizzati che potrebbero no riuscire a valutare correttamente il soggetto e dare una loro interpretazione che a noi sarebbe assolutamente inesatta. Inoltre vi è da considerare che la stampa è abbastanza costosa, considerando che molte fotografie saranno delle prove da scartare.
Invece la pellicola invertibile delle diapositive rende fedelmente in ogni caso
il soggetto fotografato, i colori sono brillanti e lo sviluppo è economico.
Alcune pellicole in bianco e nero, se da un lato ci priveranno della visione del
colore, possono raggiungere elevate sensibilità se sviluppate con un certo procedimento. E queste altissime sensibilità permettono di ottenere anche con
macchina fissa degli ottimi risultati.
Tra le negative a colori è da ricordare la KONICA Color dalla interessantissima sensibilità di 3200 ISO (ottima nel rosso, scade nel blu).
Tra le pellicole invertibili a colori (diapositive) ci si dovrà orientare verso
quelle con una sensibilità di 1000 ISO o superiore. In particolare consideriamo: SCOTCH Chrome 800/3200P (la più consigliabile, grana fine, buon bi- 37 -
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
lanciamento cromatico e grande rapidità), AGFA Agfachrome 1000 RS,
KODAK Ektachrome EES Prof. (800-1600 ISO, ma non molto sensibile nelle
lunghe pose), SCOTCH Color Slide 1000 (piuttosto rapida, grana notevole e
dominante il verde nel fondo cielo).
Tra le pellicole in bianco e nero è da citare la straordinaria KODAK T-Max
P3200 che da una sensibilità minima di 800 ISO può essere "tirata" fino all'incredibile valore di 50000 ISO. Comunque per chi sviluppa questa pellicola
personalmente, si tenga presente che non vi è nessun reale guadagno a tirare
lo sviluppo oltre i 6000 ISO per pose oltre i 10 secondi.
particolare cura deve essere posta nella scelta del sito da dove si intende fotografare. E' impensabile ottenere delle buone immagini fotografando dalla città
o da luoghi altamente illuminati: anche fotografando con la macchina fissa e
con pochi secondi di posa la luce di fondo impressionerà la pellicola facendo
perdere nel velo le più deboli strutture impressionate. A maggior ragione ciò è
valido se si utilizza la macchina fotografica posta in parallelo al telescopio
che segue il movimento apparente delle stelle, dove le pose sono dell'ordine
dei minuti. Il luogo per la fotografia dovrà essere poco o nulla soggetto all'inquinamento luminoso e possibilmente posto in zone elevate per ovviare all'inconveniente della sospensione di pulviscolo degli strati più bassi dell'atmosfera.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
OSSERVAZIONI DEL SISTEMA SOLARE
OSSERVAZIONE DEL SOLE
Qualunque sia la tecnica di osservazione utilizzata non deve mai essere direttamente coinvolto l'occhio umano: già uno semplice sguardo ad occhio nudo è
suscettibile di far cadere sulla retina l'energia sufficiente a provocare una bruciatura irreversibile. Se la luce raccolta da uno strumento, anche un semplice
binocolo, dovesse essere convogliata nell'occhio anche per un istante ne conseguirebbero danni gravissimi. Diffidare quindi dei filtri solari da avvitare
all'oculare: questi vengono a trovarsi così vicino all'immagine reale del Sole,
al fuoco dello strumento, da rischiare la rottura per surriscaldamento.
Se proprio si intende vedere direttamente le caratteristiche solari si deve impiegare un filtro alluminato da anteporre all'obiettivo, ma per la maggior parte
delle osservazioni è sufficiente proiettare l'immagine del Sole su un foglio di
carta. Il puntamento si fa, usando un basso ingrandimento, spostando il telescopio finché la sua ombra è circolare. Quindi si mette a fuoco l'immagine
brillante del disco solare, che si riconosce spostando lo strumento, agendo sull'oculare fino ad ottenere un bordo solare nitido.
A questo punto dovrebbero risultare osservabili (se ci sono: a volte il disco
può essere privo di particolari) le macchie solari e le facole, i filamenti ed eventualmente i brillamenti.
Le macchie solari sono regioni della fotosfera interessate dalla presenza di
forti campi magnetici, rilevabili con metodi spettroscopici (effetto Zeeman) e
dove la temperatura è di 1000°-1500°C più bassi della media fotosferica
(6000°C). Sono formate solitamente da un nucleo scuro (ombra) circondato
da un alone più chiaro (penombra) e sono soggette ad evoluzione. Piccole
macchie prive di penombra vengono chiamate pori.
Le facole sono regioni della fotosfera collegate a deboli campi magnetici
(1/10 di quelli maculari) ad una temperatura di 300°-900°C più alta della media. Le macchie solari hanno sempre regioni facolari associate mentre non è
sempre vero il contrario.
Le protuberanze sono formate da materiale della corona soggetto a una sorta
di condensazione sotto l'influenza di campi magnetici. Quando si rendono visibili sopra la fotosfera appaiono come filamenti scuri. Le osservazioni relative alle protuberanze sono possibili solo mediante l'impiego di filtri interferenziali o durante la totalità di un'eclisse.
I brillamenti (flares) interessano la fotosfera, la cromosfera e la corona come
riscaldamenti localizzati e temporanei fino a 10000°C.
Già un binocolo, usato come indicato, è in gradi di mostrare le macchie principali e i gruppi cospicui ma è necessario uno strumento che fornisca almeno
30 ingrandimenti per cogliere con sicurezza l'aspetto della fotosfera.
OSSERVAZIONE DELLA LUNA
Per osservare la Luna, va bene qualsiasi strumento a disposizione, cominciando dagli occhi. Più potente è lo strumento, più cose si possono vedere.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
Se guardate la Luna con attenzione, potrete osservare che la divisione tra la
zona di luce e l'ombra, il terminatore, non è sempre ben netta ma, talvolta, appare sfumata dando un'impressione deformata. Confrontando ciò che vedete
con una mappa lunare, oppure anche solo con una fotografia dell'intero disco,
potrete notare che queste sfumature corrispondono alle zone scure, dette "mari".
Vi possono essere delle differenze nella qualità delle immagini in conseguenza delle caratteristiche degli strumenti usati. Un rifrattore, generalmente, fornisce delle immagini più incise; però se non è di ottima qualità, presenta sempre una residua aberrazione cromatica che può infastidire. I riflettori, invece,
sono esenti da questo difetto e forniscono immagini più luminose ma, in compenso, sono più sensibili alla turbolenza atmosferica.
Anche se la Luna è facile da osservare, tuttavia sarà utile seguire alcuni suggerimenti.
Sicuramente, la prima cosa che colpisce chi guarda la Luna la prima volta con
un telescopio è la sua intensa luminosità. Questo avviene perché l'obiettivo,
che è molto più grande del nostro occhio, raccoglie una quantità di luce molto
maggiore e la concentra in un immagine grande circa 9 mm per ogni metro di
focale, quindi relativamente piccola. Perciò, è importante proteggere l'occhio
dall'abbagliamento. Lo si può fare in due modi: usando un filtro grigio, spesso
fornito con il telescopio, oppure aumentando gli ingrandimenti. Infatti, maggiore è l'ingrandimento, minore è la luminosità dell'immagine.
Un'osservazione molto interessante è quella delle eclissi di luna. Come è noto,
queste si verificano quando il Sole, la Terra e la Luna si trovano allineate. Se
l'allineamento è preciso, la Terra proietta la propria ombra sulla Luna e si vede un'eclisse totale. Altrimenti la Luna resta ombreggiata parzialmente o addirittura resta solo nella penombra.
In ogni caso, un tipo di osservazione utile è quella di rilevare l'ora in cui l'ombra raggiunge determinati crateri, generalmente piccoli ma luminosi, così da
poter essere visti anche nella penombra.
Se l'osservazione è abbastanza precisa, i dati possono essere inviati a centri di
raccolta dove verranno poi elaborati per consentire un monitoraggio del movimento della Luna attorno alla Terra, un movimento molto complesso che
subisce continuamente piccolissime modifiche.
Oltre al rilevamento dei tempi suddetti, osservazioni interessanti durante
l'eclissi sono la valutazioni dell'entità di oscuramento e del colore.
Un ultimo tipo di osservazione che può essere particolarmente affascinante è
quella di osservare l'occultazione di stelle o pianeti da parte della Luna. Un
caso eccezionale è quello di un'occultazione "radente". In questo caso, la Luna
sfiora (apparentemente) una stella e, se la vicinanza è notevole, la stella
scomparirà e riapparirà più volte a seconda dell'andamento delle montagne
lunari che si profilano sul bordo.
Per ottenere delle immagini fotografiche accettabili della Luna è necessario
avere una strumentazione minima. Per esempio l'obiettivo normale di una
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
macchina fotografica da 50 mm fornisce un'immagine lunare troppo piccola
per essere untile. Ci vuole almeno un teleobiettivo da 200 mm.
Il tempo di esposizione da usare varia secondo diversi fattori. Il rapporto di
apertura F/D, la trasparenza dell'aria, il seeing, l'elevazione dell'astro sull'orizzonte. In linea di massima, si può usare, come guida empirica, la Tabella 1,
che è stata predisposta per una pellicola di sensibilità 400 ISO. Si dovrà, perciò, adattare tali valori alla situazione stimata al momento.
F/D
10
20
30
40
60
80
FRAZIONE DI DISCO
ILLUMINATO
0.25
0.50
0.75
1/15
1/30
1/60
1/4
1/8
1/30
1/2
1/4
1/15
1
1/2
1/8
2
1
1/4
4
2
1/2
Tabella 4
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1.00
1/125
1/60
1/30
1/15
1/8
1/4
Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
OSSERVAZIONE DEI PIANETI
MERCURIO. I dati raccolti dalle sonde hanno annullato il significato delle
osservazioni da terra, sempre piuttosto difficili data la vicinanza di questo
pianeta interno al Sole e all'elevata turbolenza atmosferica provocata dal calore solare. E' sicuramente un buon risultato riuscire a dare uno sguardo a questo piccolo pianeta il cui diametro apparente oscilla tra 6" e 9": richiede però
strumenti di diametro superiore ai 150 mm. L'uso di filtri gialli o rossi aumenta il contrasto con il fondo del cielo sempre luminoso.
VENERE. E' un pianeta brillantissimo e abbastanza facile da osservare dato
che il diametro apparente oscilla tra 10" e 66" ed è facilmente ritrovabile anche in pieno giorno (conoscendo le coordinate). Si possono usare ingrandimenti elevati (fino a 5D) per osservare le irregolarità dello strato nuvoloso che
lo ricopre in permanenza.
MARTE. Anche in questo caso le classiche osservazioni fatte da terra sono
state decisamente ridimensionate dalle missioni spaziali.
Un binocolo mostrerà nettamente il colore rosso, già percettibile visualmente,
ma sarà necessario almeno un 60 mm per scorgere il disco di diametro apparente oscillante tra 10" e 25" nelle migliori condizioni. Osservatori particolarmente abili scorgeranno, se il momento è opportuno, una calotta polare, ma
è necessario almeno un 150 mm per compiere un lavoro sistematico o comunque distinguere i particolari riportati sulle mappe. Si possono usare ingrandimenti molto elevati (anche 2D) e filtri per accentuare il contrasto.
Essendo un pianeta esterno Marte sarà osservabile al meglio vicino alle opposizioni che si ripetono ogni 780 giorni in media. Le più favorevoli sono quelle
perieliche che si verificano verso agosto (il pianeta è però basso sull'orizzonte) ma sono meno frequenti di quelle afeliche (febbraio) nel rapporto 2:3. Il
periodo di osservabilità si aggira attorno a tre mesi a cavallo dell'opposizione:
in quelle perieliche si osserverà l'emisfero Sud, in quelle afeliche l'emisfero
Nord.
Durante le stagioni fredde su Marte si formano le calotte polari di neve costituita di ghiaccio d'acqua e di anidride carbonica.
GIOVE. Le sonde Voyager hanno confermato l'esattezza delle osservazioni
fatte da terra sia relativamente alla forma che alla natura delle caratteristiche
visibili, nubi colorate o squarci di cielo sereno in un' atmosfera turbolenta costituita da idrogeno ed elio: se fosse riuscito a trattenere cinquanta volte più
materiale di quanto non abbia, Giove sarebbe stato una stella. Data la natura
stessa e l'evoluzione osservata per le principali caratteristiche (bande scure,
zone chiare, Macchia Rossa, pennacchi equatoriali), è importante continuare il
meticoloso lavoro di sorveglianza che da più di cento anni viene compiuto da
dilettanti di tutto il mondo.
Le grandi dimensioni apparenti, comprese tra 30" e 47", la presenza continua
di bande scure, la vicinanza di quattro satelliti che a volte proiettano la loro
ombra sulle nubi e a volte si immergono nella sua ombra, fanno di Giove uno
dei pianeti più soddisfacenti per l'osservazione visuale.
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Piccola guida all'astronomia pratica e all'osservazione del cielo
SATURNO. Come hanno confermato le sonde Voyager, il globo di Saturno è
sostanzialmente simile a quello di Giove e anche la presenza di un ricco corteggio di anelli e satelliti non è prerogativa unica di Saturno ma è condivisa da
Giove e Urano. Data però la bassa probabilità di osservare particolari tra le
bande e le zone di Saturno, l'osservazione visuale è spesso diretta allo spettacolo offerto dagli anelli e dai satelliti, una mezza dozzina se si usa uno strumento di 200 mm.
URANO. NETTUNO. PLUTONE. Sono così lontani questi pianeti che l'osservazione delle loro superfici, specie dell'ultimo, non è fattibile neppure con
grandi strumenti. E' certamente un'emozione trovare i primi due e riconoscerli
dalle stelle per il fatto che presentano un disco non trascurabile, ma siamo così lontani da quei pianeti che i telescopi non sono già più un valido aiuto, almeno finché restano immersi nella nostra ribollente atmosfera.
CORPI MINORI DEL SISTEMA SOLARE
PIANETINI. Confinati sostanzialmente tra le orbite di Marte e Giove numerosissimi corpi di diametro variabile tra qualche centinaio di chilometri e
quello di un granello di sabbia orbitano intorno al Sole quasi a costituirne un
anello. In realtà parecchi pianetini possiedono orbite così ellittiche da penetrare entro quella terrestre, rischiando un incontro ravvicinato, oppure da uscire
addirittura da quella di Saturno. I pianetini più grandi, Cerere, Pallade, Giunone e Vesta, hanno qualche centinaio di chilometri di diametro e orbitano tra
2,36 e 2,77 UA dal Sole, all'opposizione appaiono di luminosità accessibile
anche a piccoli strumenti (60 mm). Gli Almanacchi riportano le effemeridi per
questi corpi in modo che risulta agevole trovarli ed osservarli, a patto di disporre di un atlante stellare che permetta di distinguerli dalle stelle.
METEORE. Quelle che sentimentalmente vengono chiamate "stelle cadenti"
sono nella maggior parte dei casi granellini di materiale solido, grandi come
granellini di sabbia, che entrano a grande velocità (decine di Km al secondo)
nell'atmosfera terrestre. Per attrito contro questa essi si scaldano fino a diventare incandescenti ed evaporare completamente dando vita a un guizzo di luce, da cui appunto il nome. Corpi più grossi, dell'ordine delle decine di centimetri di diametro, possono sopravvivere in parte all'intenso riscaldamento e
giungere fino a terra: vengono chiamati bolidi, la loro apparizione è spesso
accompagnata da rumori, scie di fumo e scoppi e sul luogo di caduta è possibile recuperare ciò che resta, il meteorite. Questo chiaramente nei casi più fortunati in cui si ritrovi il luogo di caduta ed il meteorite sia distinguibile dalle
pietre comuni. Poiché esistono diversi tipi di meteoriti in funzione della costituzione chimica (ferrosi, carboniosi, petrosi) si tratta evidentemente di una
ricerca delicata, per persone esperte.
L'osservazione delle stelle cadenti è invece facilmente fattibile sia visualmente che attraverso l'uso di un binocolo. Il lavoro consiste nel riportare il più fedelmente possibile sulle carte stellari il cammino della meteora ed altre annotazioni come il colore, la magnitudine, la permanenza di scie, rumori ed altri
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effetti percepiti. Stelle cadenti si osservano ogni notte ma in particolare in determinati giorni, corrispondenti all'attraversamento da parte del nostro pianeta
di orbite cometarie lungo le quali questo materiale è disseminato.
COMETE. Straordinari oggetti sulla cui influenza nefasta si favoleggiava da
millenni, le comete orbitano normalmente a grandi distanze dal Sole (mesi
luce). A causa delle azioni gravitazionali di stelle vicine alcune di queste "palle di ghiaccio" sporche di particelle meteoriche possono precipitare verso il
Sole: in queste condizioni i ghiacci di cui sono costituite (acqua, metano,
ammoniaca ecc.) vengono riscaldati a sufficienza per passare direttamente allo
stato gassoso. Si sviluppa così la chioma di dimensioni enormi rispetto al nucleo (che è al massimo di qualche chilometro) la quale viene sospinta verso le
regioni esterne del sistema solare dal vento solare: nasce la coda che risulta
pertanto sempre opposta al Sole. La coda può essere si colore giallognolo nel
caso in cui sia costituita di particelle di tipo meteorico che riflettono la luce
solare, o azzurrino quando prevalgono i gas sprigionati, eccitati ad emettere
luce dal vento solare (fenomeno simile alle aurore).
E' interessante determinare la luminosità delle varie parti della comete paragonandola a quella di stelle note. Per determinare la luminosità del nucleo si
opera come nel caso delle stelle variabili, per la chioma e la coda si opera in
maniera particolare. Si paragona l'immagine a fuoco della chioma, che appare
come un disco luminescente dai bordi sfumati, con l'immagine sfocata di stelle note, eseguendo la sfocatura fino ad ottenere per le stelle dischi di dimensioni identiche a quelle della chioma.
Molto importante e relativamente facile la fotografia, con pose medie o lunghe si possono determinare la posizione del nucleo e la forma, orientazione ed
estensione della coda.
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OSSERVAZIONE DELL'UNIVERSO
NEBULOSE GALATTICHE. Formano questa categoria tre specie di oggetti:
le nebulose a riflessione, quelle ad emissione e quelle oscure.
Nelle Pleiadi le stelle principali risultano immerse in nebulose filamentose di
colore azzurrino: tale colore è dovuto alla luce delle stelle che viene riflessa
verso di noi da materiale polveroso (polvere interstellare) probabilmente simile a una miscela di polvere di carbone e sabbia. Le nebulose a riflessione
sono di solito tanto deboli da essere difficilmente visibili ad occhio nudo o
con strumenti che in ogni caso devono fornire il minimo degli ingrandimenti:
Un binocolo è insuperabile in questo campo. Risulta conveniente invece fotografarle con strumenti a grande campo e lunghi tempi di posa.
Il prototipo delle nebulose ad emissione è la nebulosa di Orione: si tratta di
una massa di gas di idrogeno ed elio corrispondente a migliaia di soli, tanto
grande che la luce impiega centinaia di anni ad attraversarla e nella quale
stanno nascendo centinaia di stelle. L'osservazione è agevole impiegando un
binocolo ma la luce è così abbondante, di solito, che si possono impiegare tutti i tipi di strumenti. La fotografia fornisce risultati spettacolari a patto di usare lunghe pose ed emulsioni sensibili al rosso in quanto è in questa gamma
che l'idrogeno emette con maggiore intensità.
Una tipo particolare di nebulosa ad emissione mostra l'apparenza di un disco
planetario quando osservato a debole ingrandimento: oggetti di questo tipo
vengono chiamati nebulose planetarie. Si tratta di piccoli corpi, data la grande
lontananza, costituiti dal gas emesso da una stella nelle fasi finali del collasso
gravitazionale, a causa del riscaldamento che ne deriva. Alla velocità di qualche migliaio di chilometri al secondo i gas emessi si allontanano dalla stella,
provocando così la rapida dissoluzione di questi particolari oggetti.
Le nebulose oscure sono probabilmente della stessa natura delle nebulose a
riflessione ma molto più dense e lontane da stelle che le illuminino. La loro
presenza è segnalata dalla mancanza di stella in regione della Via Lattea che
sono circondate da un elevato numero di stelle. Le ramificazioni della Via
Lattea che si vedono ad occhio nudo sono dovute proprio a nebulose oscure
che in alcuni casi vengono chiamate sacchi di carbone.
AMMASSI STELLARI. L' osservazione degli ammassi aperti richiede strumenti a grande campo come binocoli o piccoli telescopi, con pochi ingrandimenti al fine di abbracciare un campo visivo sufficiente da comprendere
l'ammasso. Gli ammassi globulari richiedono invece elevati ingrandimenti per
poter discernere un debole globo baluginante dove qualche volta spiccano le
stelle più luminose.
GALASSIE. Si ricorderà che le galassie sono enormemente distanti dalla Terra. In conseguenza di questo le singole stelle che le compongono saranno accessibili solo a strumenti di ragguardevoli dimensioni usati fotograficamente e
risulteranno visibili solo le stelle più luminose (giganti). Ad esempio nel caso
della galassia di Andromeda è necessario almeno un 400 mm per cercare di
cogliere almeno qualche gigante blu.
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L'osservazione visuale è quasi sempre deludente poiché non si riesce a scorgere che una indefinita e leggerissima luminescenza. Il binocolo è ancora
molto prezioso nel caso delle galassie più vicine. In alcuni rarissimi casi
(M51) si percepisce un indizio di struttura a spirale, a patto di usare uno strumento di almeno 150 mm di diametro.
L'osservazione fotografica è invece soddisfacente già usando piccoli teleobiettivi sulle galassie vicine (Andromeda, M33) o telescopi medi sulle galassie di
distanza più elevata. Con questi strumenti è possibile scoprire nelle galassie
accessibili una supernova.
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BIBLIOGRAFIA
LIBRI:
Ian Ridpath, Il cielo stellato, Collins A. Vallardi, 1989.
Giancarlo Favero, Osservazione del cielo, Mondadori, Milano, 1984.
Wolfgang Schroeder, Astronomia pratica, Longanesi & C, Milano, 1976.
AA. VV., Astronomia, Fabbri Editori, Milano, 1991.
RIVISTE E DISPENSE:
AA. VV., Nuovo Orione, ABC dell'astrofilo, Milano, dal n. 8 di gennaio 1993
al n. 12 del maggio 1993 nella.
Paolo Bussola, L'osservazione del cielo, Corso di astronomia C.T.G., Verona,
1992.
ALMANACCHI:
Roberto Bizzotto, Almanacco U.A.I. 1994, Biroma Editore, Padova, 1993.