“Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) art.1 comma 2, DCB Milano” 2-3 ANNO LXXXV · 2014 APRILE - GIUGNO 45 sommario RIVISTA TRIMESTRALE DELLA “SCUOLA BEATO ANGELICO” PER LA CULTURA E LA FORMAZIONE ESTETICA DELL’ANIMA ANNO LXXXV · 2014 “Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004) art.1 comma 2 DCB Milano”. Direzione Ammin. Scuola Beato Angelico Viale S.Gimignano, 19 - 20146 Milano tel. 02/48302854 - fax 02/48301954 email [email protected] - www.scuolabeatoangelico.it - Autorizzazione del Tribunale di Milano n.484 del 14/09/1948. Con approvazione ecclesiastica. Direttore Dr. Arch. Valerio Vigorelli. c/c postale N. 15690209. “ISDN. 0003-1747”. cronaca Artisti in Festa - 18 febb. 2014 Nel 30° anniversario della Memoria Liturgica del Beato Angelico MERITATO PREMIO A DR. GATTI DON VINCENZO Omelia del Card. C.M. Martini Don Peter S. Inglott e la Beato Angelico 48 52 53 57 Stralci da una prima biografia SCUOLA BEATO ANGELICO- MILANO Siamo lieti di comunicarvi che a don Vincenzo Gatti è stato attribuito da parte del Presidente della Regione Lombardia il “Premio ROSA CAMUNA 2014” 54 carisma Sezione Ricamo - Stole ricamate a mano Sezione Cesello - Calici e patene Alla ricerca della propria vocazione istituito per riconoscere pubblicamente l’impegno, l’operosità, la creatività e l’ingegno di coloro che si siano particolarmente distinti nel contribuire allo sviluppo sociale, culturale e sportivo della Lombardia. ex-alunni Pane dal Cielo Un film di Giovanni Bedeschi Sono note infatti, la dedizione e l’impegno di Don Vincenzo per l’opera di restauro e di conservazione del complesso monastico S. Pietro al Monte sopra Civate (Lc) - sec XII. Un patrimonio di arte e fede, frutto di costante e appassionato servizio che ha dato continuità a quanto ha iniziato Mons. Giuseppe Polvara, negli anni ’20. A Dio sia gloria, ora e sempre. Per allargare la cerchia degli amici senza aumentare le spese L’Amico dell’arte cristiana, torna al formato più economico e nello stesso tempo si rinnova nella sua veste grafica grazie alla collaborazione congli Amici dell’associazione ALBA. Siamo sempre grati a quanti sostengono con le loro offerte questo periodico inviato gratuitamente a quanti conosciamo o ce lo richiedono. 62 63 64 72 68 Arsa Le “Arti Liturgiche” per il popolo di Dio 72 Paolo VI verso gli altari 75 cronaca ARTISTI IN FESTA 18 FEBBRAIO 2014 A cura di Suor Angelica Mons. Erminio De Scalzi con Don Valerio Vigorelli Anche quest’anno, presso la nostra sede, artisti di ogni arte, amanti del bello, amici, ex-allievi, collaboratori, fedeli, sono stati convocati dal Signore a festeggiare il loro Patrono partecipando alla solenne celebrazione liturgica che di lui fa pubblica memoria. La celebrazione è stata presieduta da Sua Eccellenza Mons. Erminio De Scalzi, Vicario Episcopale della Diocesi. Insieme a lui, oltre Mons. Valerio Vigorelli, nostro confratello, hanno concelebrato: Mons. Ambrogio Piantanida, Padre Diego Arfani Oblato (Vicario) di S.Celso, Don Renzo Vanoi Decano zonale, P.Mariano Ceresoli TOR, P.Juan Gerard MSPS, P.Dino Franchetto OFC, Don “Con il ringraziamento Cesare Pavesi, Mons. Domenico Sguaitamatti, finale Don Valerio Padre Ercole e Don Andrea Perego. ha invitato i presenti Hanno contribuito all’animazione liturgica, ad una piccola agape Prof. Marcello Rosa, all’organo, Prof. Donatella fraterna nel salone Colombo, al violino e la direttrice del coro, sottostante la chiesa, Prof. Silvia Fumagalli. dove gli Amici Con il ringraziamento finale Don Valerio ha dell’ Associazione invitato i presenti ad una piccola agape fraterna ALBA ci hanno nel salone sottostante la chiesa dove gli Amici illustrato il cammino dell’Associazione ALBA ci hanno illustrano di un anno fatto il cammino di un anno fatto insieme alla Scuola, insieme alla Scuola, le iniziative svolte e le prospettive future. le iniziative svolte Inoltre con l’occasione, sono state raccolte e le prospettive future”. altre nuove adesioni. 48 Un momento della celebrazione Ringraziando il Signore per questo tratto di strada, ci auguriamo che tutto prosegua per un ulteriore consolidamento di un’amicizia feconda e costruttiva per la Sua Gloria, per la Bellezza della Chiesa e il bene spirituale degli artisti. Affidiamo all’intercessione del Beato Angelico il nostro camminare insieme e quello di tutti i compagni di viaggio, che cercano di individuare vie nuove per esprimere la fede in Cristo e nel Suo vangelo, con la preghiera vissuta e rappresentata. Offriamo in seguito il messaggio di luce e di speranza che Mons. Erminio ha rivolto alla Famiglia e all’intera assemblea: OMELIA MONS. ERMINIO DE SCALZI Celebriamo questa sera la memoria del Beato Giovanni da Fiesole, uomo santo e insigne maestro d’arte, soprannominato Beato Angelico, nel giorno della sua nascita al cielo avvenuta il 18 Febbraio 1455. La Famiglia Beato Angelico che da Lui prende il nome, lo venera come patrono, ricordandolo nella sua duplice veste di Santo e di artista. Le sue virtù di sacerdote e religioso domenicano si confondono con la sua arte concentrata nella meditazione dei misteri di Cristo, dei santi, ed in particolare della Vergine Maria. La Liturgia in suo onore riporta queste parole tratte dal Discorso della montagna: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. Le opere buone di fra Giovanni da Fiesole sono certamente le virtù della sua vita, ma opere buone sono anche le pitture, le miniature, le tempere su tavola, gli affreschi che in gran numero ci ha lasciato. 49 cronaca ARTISTI IN FESTA la bellezza dell’arte, la bellezza della liturgia, la bellezza della musica. Penso sia necessaria una certa autocritica da parte delle comunità cristiane per carenza di sensibilità artistica e per la ricerca e valorizzazione di una vera e propria arte sacra. L’incensazione dell’altare L’arte è dono di Dio e Dio elargisce, a volte doni di intelligenza e di talento artistico anche a persone lontane dalla fede, sollecitandole però a corrispondere alla sua Grazia, portandole alle soglie del Mistero. Ma ci sono artisti - e il Beato Angelico è tra questi - le cui opere si ispirano ad un loro stato di grazia e in un abbandono di fede al Signore, dove insieme ai doni naturali, la loro arte si confonde con la santità della vita. Questo inconfondibilmente traspare nel Beato Angelico: l’arte racconta la sua fede e la sua fede spiega l’arte. Oggi la gente fatica a capire il linguaggio dottrinale, meno ancora quello morale. Si sorprende ancora però del linguaggio estetico. Va detto che non è la bellezza ad averci abbandonato, siamo noi che spesso non siamo più in grado di vederla. Un esempio classico di quanto sto dicendo è stato S. Agostino: egli chiama 50 Gesù “bellezza antica e sempre nuova”. Questa bellezza l’ha attirato a se, suscitando in lui un gusto e un diletto così forte per la sua persona da renderlo capace di vincere tutte le resistenze contrarie che l’avevano sempre affascinato. Nel tempo del disincanto e della ragione debole, sospettosa nei confronti di tutti gli orizzonti globali di senso, la bellezza può offrirsi come via di incontro con ciò per cui valga la pena di vivere e di dare speranza alla vita. La bellezza diviene così una singolare via verso il Vangelo di Gesù, per dire “l’indicibile”, senza ridurne il Mistero. Un prefazio della liturgia ci fa chiedere al Signore che mediante lo sguardo delle cose visibili siamo rapiti alla bellezza delle cose invisibili. Occorre che la bellezza ritorni nella creazione, sui nostri volti, nelle nostre case, nelle nostre città, nelle nostre chiese: qui soprattutto deve ritornare La Chiesa è stata per molti secoli il principale committente di arte e di architettura, lasciandoci un patrimonio unico al mondo e nella storia. Mondo ecclesiale e mondo artistico devono ritornare a dialogare. In una cultura dell’immagine e in un momento di profonda secolarizzazione il linguaggio della bellezza, messo a servizio della fede, è ancora capace di raggiungere al cuore l’uomo contemporaneo, quello pensoso, in cerca di un senso ultimo da dare alla vita. La bellezza è un tipo di conoscenza che impegna i sensi, i sentimenti, ma non si ferma qui: conoscere la bellezza ha a che vedere con lo splendore della verità, per questo la bellezza, ovunque si trovi, è sempre un annuncio e una manifestazione dello splendore di Dio. Si colloca dentro queste considerazioni generali, l’impegno concreto della Famiglia Beato Angelico al servizio dell’arte sacra con particolare riferimento alla Liturgia. In ogni famiglia, ci sono momenti di serenità e momenti di difficoltà: la Famiglia Beato Angelico sta vivendo un momento che richiede un sussulto di responsabilità da parte di tutte le sue componenti, per un rilancio di una Istituzione che ha dato molto e che può ancora dare di più alla nostra chiesa ambrosiana e oltre. Mi sembra doveroso, questa sera ricordare tutte le persone che hanno dato qualcosa di sé e molto della loro vita per questa Istituzione: facciamo gli auguri per la sua salute a Don Vincenzo e ricordiamo i defunti Don Marco Melzi, frate Eugenio e suor Francesca. Partendo dalle grandi potenzialità ancora in essere nella Famiglia Beato Angelico dobbiamo insieme ricercare nuove strade nella valorizzazione del carisma proprio di questa istituzione e per il suo futuro. Questo sarà certamente possibile confidando nel Signore e donando ciascuno il proprio contributo di pensiero, di azione, di simpatia e di sincera comunione per vivere bene questo momento: il Signore ci aiuti in questo nostro proposito. Don Valerio, Mons. Piantanida e Mons. De Scalzi 51 cronaca NEL 30°ANNIVERSARIO DELLA MEMORIA LITURGICA DEL BEATO ANGELICO A cura di C.D. P.Annigoni, Ritratto del Beato Angelico “Dico che voi artisti, operatori di bellezza, siete necessari; al mondo, ma anche alla funzione della Chiesa di portare gli uomini sull’orlo di Dio, di farne sentire il fascino, di farne gustare le parole, i gesti da lui stesso offertici e con i quali vuole raggiungerci, farci scoprire il suo volto, la sua identità”. Il 18 febbraio 1984, trent’anni or sono, Giovanni Paolo II, ormai santo, si recava nella basilica di S. Maria sopra Minerva, a Roma, per proclamare Patrono degli artisti Beato Angelico (Giovanni da Fiesole, 1395-1455) che in quella basilica riposa. Con il breve del 3 ottobre 1982, ne aveva concesso infatti, il culto liturgico. In quella stessa occasione ebbe luogo anche una solenne celebrazione del Giubileo degli artisti, i quali potevano trovare nel loro Patrono un valido intercessore e un modello ideale che ha saputo esprimere con l’arte e la vita il mistero stesso di Dio. Insieme ai padri domenicani, anche alla nostra Famiglia riceve il privilegio di poter commemorare liturgicamente e pubblicamente la figura del pittore e religioso fiorentino. Nella ricorrenza anniversaria riproduciamo di seguito l’omelia del Card. Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, che pochi giorni dopo la proclamazione papale, presiede la prima l’Eucaristia in onore del Beato Angelico, nella Chiesa Santuario di S. Maria delle Grazie. Il suo intervento, ancora attuale, rimane un contributo importante e prezioso per ogni artista cristiano e per ciascuno di noi che rinnoviamo così, il ricordo orante e riconoscente: 52 Un momento della celebrazione eucaristica in S. Maria delle Grazie in onore del Beato Angelico, 1984 L’OMELIA DEL CARDINAL C.M.MARTINI - 1984 È la prima occasione che mi viene data come Arcivescovo di Milano di incontrare tanti artisti insieme. Ringrazio ciascuno di voi che ha accolto l’invito a riunirci nella prestigiosa basilica di Santa Maria delle Grazie e ringrazio tutti coloro che si sono fatti promotori di questa iniziativa nel giorno in cui, per la prima volta a Milano, si celebra una Messa in onore del Beato Giovanni da Fiesole, frate dell’Ordine Domenicano, già noto col nome di Beato Angelico. Non posso rivolgermi a voi senza fare un doveroso e proficuo richiamo all’incontro memorabile che il Papa Giovanni Paolo II, venuto lo scorso anno a Milano per il 20° Congresso Eucaristico Nazionale, ebbe la sera del 21 maggio con la categoria degli artisti nel teatro della Scala, grande tempio mondiale della musica che la nostra città ospita e che una ininterrotta e gloriosa tradizione nobilita. Con il gesto del pontefice e con la mia presenza tra voi, vorrei che ciascuno percepisse l’attenzione, la stima, ma soprattutto l’amore che la Chiesa intera, non solo quella di Milano che io rappresento, ha verso la categoria degli artisti. Voglio ricordarvi che, nei documenti del Concilio Vaticano II, c’è un messaggio agli artisti, e che soprattutto il Papa Paolo VI, che fu Arcivescovo di Milano, stese a voi la mano in un memorabile discorso pronunciato nella Cappella Sistina e infine che solo due giorni fa il Santo Padre Giovanni Paolo II celebrava la prima Messa in onore del Beato Angelico, esaltando così in maniera 53 cronaca cronaca 30°ANNIVERSARIO solenne la spiritualità dell’artista innamorato di Dio e della bellezza che a lui riconduce. Perché questa attenzione dei Sommi Pontefici e del Concilio? Ognuno dei documenti ricordati è ricco di risposte. Mi limiterò a fare soltanto due riferimenti. Cosi si esprime il Papa nella Lettera Apostolica che concede ai Domenicani il culto liturgico del Beato Angelico: “È evidente che Fra Giovanni, ponendo a servizio dell’arte i doni privilegiati della sua natura, ha procurato e tuttora procura un’immensa utilità spirituale e pastorale al popolo di Dio, facilitandolo nel cammino verso Dio”. A questa fine è ordinata l’arte sacra stando al Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Sacra Liturgia leggiamo: “Fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono, con pieno Card. C.M.Martini saluta religiosi domenicani e sacerdoti della Famiglia Beato Angelico 54 diritto, annoverate le arti liberali, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice, l’arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all’aumento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non di contribuire nel modo più efficace, con le loro opere, a indirizzare religiosamente la mente degli uomini a Dio” (S.C. n.122). Nel messaggio agli artisti il Santo Padre dice “Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi”, e da quanto risuonò alla Scala: “Siete voi che col vostro lavoro date vita alla vita del pensiero”. Il primo testo riconosce quanta parte gli artisti hanno avuto in passato e possono ancora avere, per cimentarsi col sacro cristiano, rivestirlo di forme e linguaggio che lo comunicano agli uomini, arricchendo in tal modo le chiese, il culto e le devozioni; il secondo testo sottolinea quanta parte voi artisti potete svolgere a favore della bellezza, e quindi della verità, e quindi anche della dignità della persona umana, elevandone il tono con la suggestione delle forme figurative, già spirituali in se stesse quando siano frutto di sincera e rispettosa ricerca, l’eco di intense e umane emozioni, la trasfigurazione plastica del reale. Voi artisti siete un tramite attraverso il quale il divino parla; la vostra opera, quando è ascolto di profonde sollecitazioni dello spirito e di attenta lettura dell’armonia del creato, può aiutare voi stessi innanzitutto, e poi anche gli altri uomini, a percepire il mistero e addirittura la religiosità che si serve di templi, di immagini, di rappresentazioni per esprimere i suoi richiami e persino i suoi contenuti. dal ricco e fecondo tema cristiano. Anzi ritornate al soggetto sacro cristiano, ai suoi antichi e sempre nuovi contenuti; lasciatevi cogliere dalla sua profondità, dall’ammirato stupore che può Dico che voi artisti, operatori di bellezza, affacciarsi al cuore di ogni uomo quando siete necessari; al mondo, ma anche alla pensa a quello che Dio ha fatto per tutti. funzione della Chiesa di portare gli uomini Andate alla Sacra Scrittura che, come sull’orlo di Dio, di farne sentire il fascino, ha ricordato il Papa nella omelia della di farne gustare le parole, i gesti da lui stesso Festa di Fra Giovanni da Fiesole, offertici e con i quali vuole raggiungerci, “è stata la fonte principale d’ispirazione” farci scoprire il suo volto, la sua identità. e continuava: “La soprannaturale creatività della Grazia di Dio trova La vostra continua tensione alla bellezza, a sua volta il proprio riflesso nell’agire l’infaticabile e non mai sazia imitazione dell’uomo. E se quell’uomo è un’artista, che ne fate, l’ansia di capirne qualche anche nel suo operare artistico. segreto e di fissarne qualche intuizione Nella sua creatività. Questa verità trova vi rende particolarmente vicini a coloro espressione anche nell’odierno Vangelo, che, come me, del sacro, dell’ineffabile, secondo Matteo. Cristo dice “Così dell’invisibile, dell’assoluto devono risplenda la vostra luce davanti agli essere annunciatori, predicatori, uomini, perché vedano le vostre opere testimoni: per dire che l’ineffabile buone e rendano gloria al vostro Padre ha preso nome e volto nella storia, che è nei cieli” (Mt 5, 16). ha detto parole, ha compiuto gesti, Cristo parla della luce delle opere ha sentimenti e desideri verso gli uomini buone. Andando oltre, nella sfera della suoi interlocutori; si è manifestato in vocazione artistica, si potrebbe parlare Gesù Cristo e nel suo comandamento con buona ragione della luce delle opere di amore, nella sua Pasqua piena di umane. Questa luce è la bellezza; misericordia e di vita. Questo io vado la bellezza infatti, come lo splendore ricordando ogni giorno agli abitanti della forma, è una luce particolare di questa città e diocesi di Milano del bene contenuto nelle opere e queste ineffabili certezze le annuncio dell’uomo artista. anche a voi, perché conoscendole Solo un’assorta attenzione al mistero meglio ne abbiate accresciuto il gusto, saprà dare forti emozioni che, mediate il desiderio, l’orgoglio di rappresentarle, dal linguaggio della bellezza, dalle rivestendo la Verità del linguaggio della tecniche che le forme, i colori, Bellezza, che è poi la mediazione più la composizione possono suggerire consona al sacro cristiano per renderlo e di cui voi siete conoscitori e artefici, intellegibile a chiunque lo guardi. fissano nel tempo l’eterno dialogo Siate pertanto creatori, vivaci, intuitivi, di Dio con l’uomo. Ritornate al tema fervidi, audaci perfino e non staccate la sacro cristiano con tutte le vostre qualità vostra sensibilità e la vostra arte umane e artistiche, ma rispettare anche 55 cronaca cronaca 30°ANNIVERSARIO le sue esigenze, le sue intrinseche connessioni, le sue discrete, eppure imprescindibili qualità. Perciò vi esorto a conoscere di più per meglio capire, per meglio contemplare, mediare e rappresentare. Diventerete più capaci di comunicare quanto più si uniscono in voi, l’intuizione artistica, la sensibilità dell’uomo d’oggi, le eterne esigenze del sacro, le perenni connotazioni del fatto cristiano. è l’assoluto Dio. A voi artisti delle arti figurative, che avete nel Beato Angelico un maestro e d’ora in poi anche un protettore, sono dati la capacità e il compito di esprimere “il visibile dall’invisibile, di consentire al mistero di farsi immagine”. “Esiste ancora, esiste anche in questo nostro arido mondo secolarizzato una capacità prodigiosa di esprimere, oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano”, affermava con sicurezza L’arte, lo insegnate voi a me, è una ricerca, Paolo VI. La rappresentazione del un anelito, una laboriosa trasformazione, sacro cristiano è una forma di auto che mette in causa l’uomo e le sue capacità comprensione della fede. per leggere ed esprimere la bellezza. Il rifiuto dell’immagine non è sempre un rispetto del sacro, più spesso è oggi La bellezza è una realtà, una presenza, un impoverimento dell’attesa di quella una proiezione insita e necessaria della apertura che continuamente espone creazione. È anche una necessità della l’uomo all’iniziativa di Dio; l quadro, vita e dell’uomo quando l’una e l’altro, la scrittura, e ogni altra modalità di sottratti ai bisogni primari e urgenti della rappresentazione del sacro, registrano sopravvivenza, cominciano quello stadio l’eterno che tocca il tempo, sono modi disteso e contemplativo che ci porta di ricerca e di dialogo con l’assoluto a cogliere le connessioni, le armonie, e con l’infinito. Alle parole di Paolo VI, mi le emozioni che ci sono nelle cose piace aggiungere queste altre di Pavel e ad esprimerle, imitandole o addirittura Nikolaevic Evdokimov, un moderno creandone di nuove. e profondo indagatore della bellezza: Si, la bellezza può essere oggetto di una “Nella Bibbia la parola e l’immagine esperienza particolare, e a farla sono per dialogano, si chiamano l’una l’altra, lo più gli artisti; come il bene è oggetto esprimono gli aspetti complementari di un impegno sempre più generoso della medesima e unica Rivelazione”; e a perseguirlo in maniera sempre più ed anche queste di Dostojevski: perfetta ed eroica sono i santi. “La bellezza salverà il mondo”. Il massimo di bene, di bello, di buono Beato Angelico, La presentazione di Gesù al tempio, particolare con il Vecchio Simeone e il Bambino Gesù 56 DON PETER S.INGLOTT E LA BEATO ANGELICO STRALCI DA UNA PRIMA BIOGRAFIA Qualcuno si potrebbe chiedere: Che ci fa un’arlecchino dietro le spalle di questa persona? Ci risponde l’autore del presente articolo: Don Peter era sempre appassionato a fare il Clown e oltre a parlare di questo suo desiderio, alle volte lo si sentiva dire: “davanti alcune realtà della vita meglio fare il Clown”. Il titolo di questa poderosa biografia si apre con una sorta di soprannome: PSI Kingmaker. Il suo significato deve racchiudere qualche altra caratteristica della personalità di Don Peter.Quale? Peter era come il Re che creò tante persone in varie posizioni della vita. Come sempre, c’é chi ne era contento e chi, invece, restava deluso. La copertina del libro biografico su Don Peter, di Daniel Massa A cura di Charles G. Vella1 Il titolo è difficile da tradurre. Ma ho cercato di spiegare cosa significa alla fine del mio modesto articolo: non ci resta che percorrerlo. Sarebbe un compito arduo recensire interamente il libro del maltese prof. Daniel Massa. Prima di tutto perché conoscevo molto bene da vicino, a Malta e a Milano, il prof. Don Peter Serracino Inglott, un caro amico, e perché abbiamo lavorato insieme per realizzare un “L’autore ha reso un meritato omaggio al prof. Don Peter Serracino Inglott, di cui illustra la trasparente umanità, la saggezza e l’amore verso tutti, emanante da un cuore sacerdotale”. 57 cronaca cronaca DON PETER INGLOTT ospedale San Raffaele a Malta e in seno al Cana Movement, da me fondato per le famiglie. Poi anche perché il volume di Massa copre tutti gli aspetti della personalità di Don Peter: come sacerdote, professore di filosofia e rettore dell’Università di Malta, consulente del Primo Ministro Avv. Eddie Fenech Adami ed infine, per un certo tempo, membro della Famiglia dell’Istituto Beato Angelico, di essa tentò anche di fondare una filiale a Tarxien, dove Mons. V.Vigorelli costruì la bella chiesa nel campo santo in cui Don Peter è sepolto, morto all’età di 77 anni, il 16 Marzo 2012. È quasi impossibile recensire questo volume di pagine 908, che spazia dall’adolescenza, cioè ai tempi del seminario, a quelli di studente ad Oxford e alla Sorbonne, e quindi a Malta nel campo filosofico, politico, sociale e culturale. Molto ancora più difficile valutare l’opera di Don Peter oltre Malta, nelle Nazioni Unite per la “Pacem in Maribus”, nell’UNESCO dove era unico sacerdote, per la preparazione della Carta Europea. Mi limito quindi a riferire di Don Peter e dei suoi legami con l’istituto Beato Angelico, in quanto uomo eclettico ed eccellente in ogni campo. Forse in un altro paese, al di fuori Malta, avrebbe lasciato un imprint internazionale. Nella presente biografia, Daniele Massa racconta tutta la vita di Don Peter, con un vasto e dettagliato tracciato della sua esistenza, pur lasciando un po’ confusi perché a volte sembra alternare biografia e autobiografia. In un volume 58 di così larga ampiezza alcuni errori sarebbero stati evitati con più interviste, confronti e cross checking come nel caso dell’operazione cardiologica che, grazie ai cardiologi dell’ospedale San Raffaele di Milano, ha prolungato la vita di Don Peter per più di un decennio. Conoscendo da esterno l’Istituto Beato Angelico, ho letto con una certa delusione quanto riferito a livello personale e psicologico sul tentativo della fondazione maltese, nell’apposito capitolo che merita una traduzione in italiano. Ma non è qui il mio compito. Don Peter, dopo anni di studio a Malta, Oxford, Sorbonne e Milano, nella Facoltà Teologica, venne ordinato sacerdote a Milano dal Card. Giovanni Battista Montini nel 1962, presentato dall’Istituto Beato Angelico. Da qui nasce il suo legame spirituale e artistico con Mons. Valerio Vigorelli, con Don Marco Melzi e le Suore, tra cui la Madre Piera Salina, cofondatrice con Mons. Giuseppe Polvara. Massa racconta che Don Peter fu accolto nella comunità With open arms (a braccia aperte). Divenne membro dell’Istituto e cominciò il suo apostolato nel campo dell’arte e della cultura. Il bagaglio di Serracino Inglott era ricco di contatti internazionali e di studi filosofici (particolarmente su Wittgenstein) come nel campo dell’arte, avendo visitato e studiato tantissimi capolavori durante la sua permanenza alla Sorbonne, ad Oxford e in tante altre città europee. Era innamorato della Trasfigurazione di Raffaello così da affermare: Ho sempre sentito che il momento del mio incontro con Cristo fu la Trasfigurazione. Nel 1960, scrive Massa, Don Peter credette che la comunità Beato Angelico fosse esattamente quello che cercava. Quanto l’ha frenato fu prima di tutto, a richiesta dell’arcivescovo Gonzi di ritornare a Malta, il fatto che nella Beato Angelico si insisteva che tutto dovesse essere orientato verso l’arte liturgica, come egli stesso scrive: “la ragione per cui mi sono tirato indietro nel seguire il mio istinto di entrare nella comunità era un certo senso di chiusura”. Non essendo, scrive Massa, ne musicista, pittore o scultore egli sentiva che il suo ruolo al Beato Angelico sarebbe stato limitato magari a insegnare la storia dell’arte”. Era inoltre affascinato dall’uso dei mezzi di comunicazione nella liturgia… mentre l’Istituto Beato Angelico non era orientato a dare il training necessario. Le idee di Don Peter, come utilizzare la proiezione di filmati durante la liturgia, erano viste con una certa riserva. Per la realizzazione di queste idee aveva bisogno dell’appoggio di Don Valerio Vigorelli, che come architetto avrebbe dovuto incoraggiare i parroci ad adeguarsi per avere queste proiezioni durante la celebrazione (così l’autore). Don Peter, nel 1997, scrisse di essersi reso conto che allora non era possibile elaborare una rivoluzione elettronica dentro la comunità Beato Angelico. Doveva cercare altrove e così non rimase membro dopo la prima esperienza nel 1960. La seconda esperienza di Don Peter al Beato Angelico risale ad un momento politico assai turbolento e violento a Malta, sotto il governo del premier Dom Mintoff. Nonostante i sentimenti verso il sociale (come Mintoff fu Rhodes Scholar ad Oxford) Peter fu “certo di non poterlo mai appoggiare in politica”. Forse sull’esempio del sottoscritto che lasciò Malta per Milano nel 1974, Don Peter presentò le sue dimissioni da professore di filosofia all’Università di Malta, e cercò rifugio presso il Beato Angelico. Annotò infatti: “Quando venni nel 1978, durante la Settimana Santa, divenni novizio della Comunità. Ho preso i voti di povertà, castità e ubbidienza per Anni ’60 - Sullo sfondo una tavola del Maestro Bergagna 59 cronaca DON PETER INGLOTT Don Peter nel giorno dell’ordinazione sacerdotale nel 1962. Da sinistra Don Valerio, un padre Benedettino, Don Peter, Madre Piera Salina, Sr. Maria un anno”. Come Comunità Diocesana e secondo il Diritto Canonico, tali voti non comportavano la perpetuità. Sembra che i dubbi di una volta fossero eclissati, dato che Don Peter si inserì subito nell’Istituto Beato Angelico insegnando Iconografia Cristiana e divenendo uno dei principali redattori della rivista Arte Cristiana. Ivi scrisse regolarmente molti articoli sull’arte e sulla relativa formazione del clero. Nel tempo libero visitò mostre e luoghi d’arte e frequentò concerti alla Scala. Il Massa narra dettagliatamente l’attività di Don Peter mentre meditava “il sogno” di fondare una specie di filiale dell’Istituto Beato Angelico a Tarxien ed afferma che, secondo Don Vigorelli, Don Peter era una persona molto geniale. Geniale, intellettuale, molto intellettuale, assolutamente ‘top class’, brillante, con cui abbiamo lavorato tanto insieme. Alle volte nel suo abbigliamento era casual, ma mai tale nelle materie spirituali. Certamente realizzare il suo sogno a Malta non era facile data la mentalità culturale religiosa per cui una Comunità 60 mista era allora prematura. Come idealista Don Peter credette di poter superare tutti i problemi. Ne abbiamo spesso discusso insieme per la mia esperienza nella fondazione di Cana Movement nel lontano 1950 per la preparazione al matrimonio. Grazie al Beato Angelico Don Peter fece una prima esperienza anche in Burundi; con Don Vincenzo Gatti vi si recò presso l’Istituto Tecnico Secondario d’Arte fondato dai volontari Beato Angelico nel 1964. Massa narra anche di questa esperienza. All’Istituto Beato Angelico Don Vigorelli sperava di offrire a Don Peter un nascondiglio piuttosto comodo per scrivere il suo magnum opus sull’amore e l’esistenza di Dio. In quel periodo Don Peter sembrava che fosse felice al Beato Angelico, ma come scrisse Don Vigorelli, ne soffriva la esclusività di orientamento, tanto che descrisse Don Peter come un transatlantico chiuso nel Canale di Suez. Questo, penso che avesse le sue radici nella nostalgia per Malta, ove appunto contava di fondare come si è detto una filiale con tre signorine, tra le quali la dinamica Gemma Cachia, una volta leader della JOC maltese. La Cachia divenne la responsabile e con il tempo assunse il ruolo centrale di un alter ego di Don Peter, che credette che senza del di lei appoggio il progetto non poteva decollare a Tarxien. A mio avviso l’idea di un Beato Angelico a Tarxien non si materializzò, perché di ritorno a Malta Don Peter fu subito assorbito da mille attività.Con il tempo assunse un potere tale nel campo accademico, che fu eletto Rettore dell’Università di Malta, consulente politico del primo ministro Feneck Adami e del partito, presidente del Commonwealth Universities, dell’International Ocean Institute, Chairman del Commonwealth Science Council, consulente dell’UNESCO e del Consiglio per la formulazione della Carta Europea. Era molto disponibile per le sue idee, benché poco pragmatico, come ho visto con il governo di Malta, quando divenne membro di una commissione per la fondazione del citato ospedale San Raffaele. Massa lo descrive infatti come “the most intelligent person” nel mediterraneo. Tutti questi impegni chiedevano spesso viaggi in Europa e oltre oceano, tanto che Gemma Cachia e le due compagne, lamentavano che Don Peter non dedicasse abbastanza tempo al progetto del Beato Angelico a Malta. Ci credo, perché era “A man for all Seasons” (uomo per tutte le stagioni) ed infine l’impegno politico divenne primario nella sua agenda. Scrisse persino il manifesto politico per l’elezione del partito nazionalista di Feneck Adami, col quale vinse le elezioni. In conclusione un commento sul titolo del volume di Massa “PSI KINGMAKER”; da alcuni, i beneficiari, visto positivamente, da altri assai meno, perché forse non accontentati nelle loro aspirazioni. L’autore ha comunque reso un meritato omaggio al prof. Don Peter Serracino Inglott, di cui illustra la trasparente umanità, la saggezza e l’amore verso tutti, emanante da un cuore sacerdotale. DANIEL MASSA PSI Kingmaker. Life, thought and adventures of Peter Serracino Inglott, di pag. 908, cm. 15x24, Progress Press, Malta, 2013. (1) Monsignor Charles Vella, fondatore del Cana Movement, prima proposta di quelli che furono i consultori familiari, di cui fu pioniere per diversi paesi del mondo. Collaborò con Don Luigi Verzè nella pastorale dell’ospedale milanese e pubblicò, tra l’altro, per le Edizioni Paoline la guida: L’etica, a servizio della persona malata; esperienze e riflessioni maturate al San Raffaele di Milano, con prefazione di Enzo Bianchi. (2) La bibliografia degli scritti di Don Peter su “Arte Cristiana” come su “L’Amico dell’Arte Cristiana” fu pubblicata in questo stesso periodico nel 2012 a pag. 23 e seguenti. 61 carisma carisma SEZIONE RICAMO SEZIONE CESELLO STOLE RICAMATE A MANO CALICI E PATENE A cura di Suor Laura A cura di Suor Laura Descrizione del Ricamo: Ricamo a mano in seta e oro zecchino su schantung in seta rossa e fodera in seta. Iconografia dei santi: Sant’ Ignazio di Loyola con la stola sacerdotale sorregge con la destra il Crocifisso e con la sinistra la Regola dei Santi Esercizi, le nuove armi con cui combattere la buona battaglia del Vangelo: l’unione con Cristo e il discernimento spirituale. Attorno all’aureola è riportata la famosa esortazione, cara ai Gesuiti: Ad maiorem Dei gloriam. S. Filippo Neri stringe il giglio e con la mano destra indica il cuore acceso da una fiamma: la carità per il prossimo e, soprattutto rivolta ai bambini e ai giovani, è lo zelo che ha anima tutto il suo apostolato. Come scriveva l’Apostolo: Caritas plenitudo legis la scritta che incorona il suo capo. Stola con i santi: Ignazio di Loyola e Filippo Neri 62 Decorazione del Calice (foto a destra): Agnello immolato, ritto e vittorioso, nella Gerusalemme celeste. Fiume d’acqua che esce dalle mura che si mescola con il Sangue dell’Agnello. Gli elementi dell’acqua e del sangue si fondono con i raggi circolari della luce emanata dagli astri, sole e luna, posti sui due lati della figura dell’agnello, ad indicare la nuova creazione in Gesù Cristo, inizio e termine di ogni realtà creata. Dal fiume di acqua e sangue il vorticoso fluire si annoda nel fuoco della Pentecoste da cui esce la colomba dello Spirito Santo che tiene nel becco un ramoscello a forma di croce. Sul piede del calice viene ripetuto il motivo decorativo dell’acqua e del sangue con le lettere SITIO: “Ho sete!” Decorazione delle Patena: Acqua e fuoco. La vita in Gesù risorto. Descrizione: Calice prezioso, coppa calice e patena in similoro, placcate oro. Lavorazione a cesello dei coppini, calice e patena, e del piede del calice. Argentatura dei singoli pezzi. Calice e patena metallo dorato e argentato 63 carisma ALLA RICERCA DELLA PROPRIA VOCAZIONE A cura di Don Valerio Beato Angelico, L’Annunciazione, particolare “Nel nostro esame di coscienza è importante distinguere le motivazioni che ci portano ad amare, escludendo la ricerca del piacere, della soddisfazione, dell’orgoglio, dell’auto affermazione, nella certezza che senza Gesù nulla possiamo fare”. 64 4. L’AMORE Nella piena coscienza di se e dunque dei propri limiti e di conseguenza nella rinuncia alla pretesa di contestare Dio, è nell’umiltà che si radica l’amore come capacità di fare di se un dono, nei riguardi di Dio e delle sue creature conformemente alla loro natura: donarsi perché le creature cui si rivolge la nostra volontà possano a loro volta raggiungere la loro perfezione conformemente al volere di Dio. Ciò comporta le tre dimensioni specifiche del vero amore: gratuità, servizio, sacrificio. Tre dimensioni interdipendenti che non possono fare a meno l’una dell’altra e che ci proponiamo di esaminare attentamente. Hai imparato ad amare? La domanda rivolta un po’ a chiunque, ma in modo speciale ai giovani in cerca di un traguardo, o meglio di una partenza per una vita significativa e felice, suscita una certa perplessità e un certo stupore, tanto essa sembra… magari peregrina. Eppure, davanti ai tanti fallimenti matrimoniali ed alla paura di una scelta “per sempre” che sembra caratterizzare le nuove generazioni contemporanee, una simile domanda si impone, tanto che l’educazione all’amore, come condizione di piena maturità della persona, appare condizione e programma indispensabile, tanto che si può affermare: non è mai troppo presto per educare all’amore. Ma l’amore cos’è? Ovvero, il vero amore a quale condizione deve corrispondere? Gesù ci dice: non c’è amore più grande di quello di chi dà la vita per i propri amici (cfr Gv 15,13). Con queste parole profetiche Egli preparava i suoi discepoli a capire il significato della sua prossima immolazione sulla croce, verso la quale era ansiosamente incamminato, come rivela Luca nel suo Vangelo (Lc 9,51). Su tale affermazione si può connotare il vero amore nelle tre citate caratteristiche utili per un esame personale, teso a dare risposta alla domanda iniziale: hai imparato ad amare? E cioè, caratteristiche indispensabili ed esaurienti dell’amore sono appunto gratuità, servizio, sacrificio. La gratuità La prima condizione dell’amore insegnato da Gesù è la gratuità, che nel Vangelo è espressa in forma lievemente polemica: se saluti chi ti saluta, se fai del bene a chi te lo può ricambiare che merito ne hai? Anche i “pagani” (o gli egoisti) fanno questo! Se fai del bene a chi te lo ricambierà hai già ricevuto una tua ricompensa. (cfr Lc 6, 32-37) In verità la carità più gratuita, immaginabile, non può per noi mai esistere senza la ricompensa divina, essendo infinita la giustizia di Dio; ma altro è la ricompensa del beneficato di questo mondo, altro è quella di Dio nell’altra vita. In verità, la vera e piena gratuità è possibile solo a Dio: Lui solo non può ricevere vantaggio per il suo amore verso di noi, e ben lo sappiamo. Che anzi! Qualcuno ha detto che nei confronti delle sue creature Dio si è in qualche modo autolimitato. Anche i pagani possono fare del bene Ford Madox Brown, Gesù lava i piedi a Pietro per interesse, in vista di un vantaggio personale: nei casi migliori, almeno per sentirsi in qualche modo virtuosi: la filantropia, l’amore di patria ecc. possono anche arrivare al dono della vita, tale è il gesto del kamikaze che si uccide per uccidere, sicuro di essere ripagato in qualche modo secondo una fede religiosa. Nel romanzo di Eugenio Corti, Il cavallo rosso, è riportato un dialogo tra il protagonista e il sacerdote assistente ai giovani, in cui considerando la decadenza morale del dopoguerra, si ricorda come un tempo i giovani arrivavano, o cercavano di arrivare al matrimonio nel fiore della verginità o della castità. Ormai la mentalità mondana sembra aver perso del tutto il senso della gratuità dell’amore, di un fidanzamento, durante il quale non è regola quel reciproco rispetto che si esplica nella reciproca castità. Nel concetto mondano l’amore va di pari passo col piacere, così il matrimonio non riserva più una felicità 65 già sperimentata e impoverita. Oggetto dunque dell’amore vero sono le persone non in grado di contraccambiare e cioè quelle indicate nelle classiche opere di misericordia corporale e spirituale: Dare da mangiare agli affamati; Dare da bere agli assetati; Vestire gli ignudi; Ospitare i pellegrini; Curare gli infermi; Visitare i carcerati; Seppellire i morti; Consigliare i dubbiosi; Insegnare agli ignoranti, Ammonire i peccatori, Consolare gli afflitti; Perdonare le offese; Sopportare pazientemente le persone moleste; Pregare Dio per i vivi e per i morti; Come si vede le opere di misericordia, dal punto di vista temporale, sono tutte in perdita secca per chi le compie: è veramente spendere la vita. La gratuità dell’amore, non esonera, quando siamo noi a riceverlo, dal dovere di riconoscenza ma, per se, riconoscenza comporta una perdita per chi fa il bene, né è cristiano il sentimento di eventuale giudizio di autosufficienza, quasi ritenendosi come Dio nell’esercizio del pieno disinteresse. Nel nostro esame di coscienza è importante distinguere le motivazioni che ci portano ad amare, escludendo il più possibile la diretta ed esclusiva ricerca del piacere, della soddisfazione, dell’orgoglio, dell’auto affermazione, quasi imposizione della propria superiorità nei confronti della persona amata, nella certezza anzi che senza Gesù nulla possiamo fare. A conferma di quanto sopra, ricordiamo gli insegnamenti del Vangelo: Siate misericordiosi 66 come il Padre vostro (cfr Lc 6, 27). Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (cfr Mt 10,8). E se l’hai ricevuto perché te ne glori come se non l’avessi ricevuto? (cfr 1 Cor 3, 7). Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente! (cfr Lc 1, 49). Amate i vostri nemici. (cfr Mt 5, 44) Perdona loro perché non sanno quello che fanno. (cfr Lc 23, 34). L’atteggiamento di Maria Santissima, l’Annunziata, paga delle spiegazioni dell’Arcangelo, non chiede nulla al Signore, ma a Lui si affida senza riserve: si faccia di me secondo la tua parola (cfr Lc 1, 38). Diversamente i discepoli abbiamo lasciato tutto, cosa dunque sarà di noi?(cfr Mt 19, 23). Nei rapporti umani questa assoluta disponibilità non deve ne può essere un’abdicazione della propria dignità e del proprio io, anche negli affetti umani. La prima e irrinunciabile disponibilità è sempre a Dio che viene a chiedere amore nelle persone da amare disinteressatamente, il che connota dunque anche i limiti della gratuità: ciò che in noi è di Dio, non può essere oggetto di donazione incondizionata. In altre parole l’amore non può esigere di farsi schiavi, ridursi a condizione infraumana o antiumana, come nel caso del kamikaze. Esistono invece, come si vedrà più avanti, esigenze di virtù coerenti con la gratuità come la già ricordata umiltà, la mitezza, la pazienza, che comunque fanno parte di quello che indicheremo come il costo dell’amore, e ciò a suo luogo. Il servizio È il secondo requisito dell’amore. Così Maria risponde all’Arcangelo: Sono la serva del Signore (cfr. Lc 1, 38). Nel gergo comune si intende parlare di servi come di gente meno importante (salvo nel caso dei ministri), quasi di rango inferiore e così infatti si intende in ogni contesto del personale di servizio ma si tratta di un atteggiamento ignoto al Vangelo; almeno da quando Gesù stesso ha dichiarato di non essere venuto per essere servito ma per servire. Difatti questo verbo servire ha due significati quasi antitetici: nell’uno significa essere utile, addirittura quasi indispensabile, e come tale si applica a chi è chiamato a governare, dirigere, insegnare. La comunità infatti ha bisogno di un capo che, quanto più è grande il suo servizio, tanto più deve essere onorato ed a lui è doveroso obbedire. In questo senso il Papa si definisce “servo dei servi di Dio”. Nell’altro significato servire significa subordinarsi a chi viene servito, mettersi al di sotto di lui. Gesù ha rivoluzionato questi concetti col gesto di lavare i piedi ai suoi discepoli al punto di scandalizzare Pietro che in primo tempo se ne è rifiutato (cfr Gv 13, 1-15). Il gesto di Gesù, in quel momento, ha valore profetico in quanto egli si preparava a dare la vita per i suoi amici, prestando loro un dono immenso come il perdono, lasciandosi vendere, rinnegare, irridere, offendere, crocifiggere. Tutto questo esprime il fatto che l’amore pone a servizio della persona amata. Un atto d’amore giova al bene della persona amata che l’amante, lungi dal subordinare o sfruttare per il proprio appagamento, pone invece al di sopra di sé, subordinando il proprio interesse a quello dell’amato. Il passaggio dall’autonomia e indipendenza (libertà) a quello di condivisione, che si verifica all’inizio di un rapporto d’amore, diventa rivelatore della sua autenticità. Educarsi al servizio, al fare posto Padre Paolo Crochat, Il buon samaritano agli altri, ad anteporre il loro bisogno al proprio interesse ed alla propria autonomia, è un vero termometro di una capacità di amore. Ciò vale tanto nel matrimonio che nella vita consacrata e nel ministero ordinato. Un importante esempio evangelico dopo quello già ricordato da Gesù, è quello del samaritano della parabola in cui la misura del servizio si sposa con quello della gratuità verso il diverso, l’impossibilità di quello a ricambiare. Effettivamente anche la gratuità non basta se l’amore non porta vantaggio all’amato, per cui la sentenza evangelica recita: non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te e viceversa quello che vorresti fosse fatto a te fallo agli altri. Nella vita di comunità, lo stesso si può sintetizzare: in ogni occasione anteponi al tuo il bene degli altri. 67 ex-alunni PANE DAL CIELO UN FILM DI GIOVANNI BEDESCHI A cura di Celina Duca Giovanni Bedeschi è il fondatore e proprietario della Bedeschifilm. Casa di produzione pubblicitaria e cinematografica che opera a Milano. Nato nel 1961, Giovanni si è diplomato presso l’Istituto d’Arte Beato Angelico Scuola d’Arte Sacra a Milano. Nel 1980 ha iniziato la sua carriera nella pubblicità lavorando per diverse agenzie di Milano come Ata, Bates e Mc Cann. In 1991 diventano Associate Creative Director in Saatchi & Saatchi e nello stesso anno ha diretto il suo primo spot per Neutro Roberts, scelto da Paul Arden per Cannes New Talent Showcase quell’anno. Nel 1992 ha iniziato la sua carriera come regista alla NPA poi alla New Partner e infine alla BBE Politecne. Nel 1996 ha iniziato come free lance a lavorare per clienti internazionali: CEI, Bayer, Barilla, Binda, Breil, Lovable, Peroni, Sector, Tissot, Valtur e Wyeth. Allo stesso tempo, ha diretto videoclip per importanti artisti come Jovanotti, Baccini e Raf. All’estero ha diretto diversi spot per paesi come il Messico, il Medio Oriente, Russia e Stati Uniti. Nell’aprile 2002, Giovanni ha aperto la sua casa di produzione Bedeschifilm. In Italia, Giovanni Bedeschi ha vinto molti premi, tra cui: Mezzo Minuto d’Oro, Art Directors Club’, Key Award e negli Stati Uniti ha vinto il prestigioso Addy Award per Corona Beer. Giovanni è docente di regia a Milano ““Pane dal cielo” vuole essere un film che accende i riflettori sulla vita dei cosiddetti “Senza Dimora” che sopravvivono a Milano”. 68 69 ex-alunni PANE DAL CIELO frame all’Accademia di Brera, dove tiene lezioni regolari per gli studenti specializzandi in Scenografia. Non in ultimo, vogliamo ricordare che Giovanni è anche il presidente dell’Associazione degli Amici della Scuola Beato Angelico, ALBA. A lui abbiamo chiesto di condividere con noi le motivazioni di fondo del suo ultimo lavoro Pane dal cielo, la trama del film e il messaggio che intende offrire. Ascoltiamolo: 70 Le motivazioni Pane dal cielo vuole essere un film che accende i riflettori sulla vita dei cosiddetti Senza Dimora che sopravvivono a Milano. Ogni giorno che passa è per questa gente un vero calvario, una vera e propria sofferenza. L’ispirazione è nata frequentando L’Opera San Francesco, è otto anni che faccio il volontario nella mensa dove nasce la storia del film. Ho conosciuto tante persone con storie disgraziate alle spalle che le hanno portate a perdere la direzione e l’autosufficienza. Ho imparato a regalare loro un sorriso, un semplice “buonasera”, una pacca sulle spalle per fargli capire che non sono soli. Ho capito anche che noi siamo loro, basta veramente poco per trovarsi per strada. Papà separati, pensionati con il minimo della pensione, gente che viene a Milano a cercare fortuna ma poi si ritrova per strada, imprenditori falliti, operai senza lavoro perché le fabbriche hanno chiuso, profughi di vari paesi ed etnie. Potrei scrivere mille casi diversi. In questi anni ho assimilato tante emozioni e disperazioni finché parlando con il mio amico autore Sergio Rodriguez è nata la voglia di dare luce a questo mondo di sofferenza con una storia di speranza. L’idea del bimbo che si vede e non si vede vuole simbolizzare la realtà dei disperati che non vogliamo vedere. Una storia vera senza filtri però con un percorso di speranza e dignità perché è di questo che i senza dimora hanno bisogno. Nel mio cuore voglio anche il film produca i suoi utili e che questi vadano alle associazioni milanesi che aiutano ogni giorno chi ha bisogno. La trama Lilli e Annibale vivono nella città di Milano. Dormono nei pressi della Bicocca, dove c’è la stazione GrecoPirelli. Annibale ha circa cinquant’anni. Lilli più o meno quaranta. La notte di Natale, Lilli e Annibale trovano un neonato dentro un cassonetto. È un maschietto. Sano. Scalciante. I due cercano di riportarlo al più vicino ospedale pediatrico, ma assistono a un evento straordinario. Nessuno dei dottori e degli infermieri può vederlo. La scena è surreale: Lilli e Annibale issano il bambino davanti ai loro occhi e quelli vedono solo aria. Niente di niente. Nessun neonato. Non è così per tutti. C’è qualcun altro, oltre ad Annibale e Lilli, che riesce a vedere il piccolo. Sembra che il bambino sia invisibile per lo più alla gente che vive nelle case. I due senzatetto si ritrovano improvvisati genitori di una creatura davvero speciale. Al deposito della stazione Lambrate, dove decidono di accudirla, si genera una piccola comunità: un’eterogenea famiglia di senza dimora di ogni tipologia e provenienza. Ma cos’è che crea questa differenza tra le persone? Perché solo alcuni possono vedere il bambino? È necessario rimettere insieme un complesso puzzle, prima di capire cosa distingue gli uni dagli altri. Diventa però chiaro che il bambino è portatore di un messaggio che deve essere diffuso. Aiutati da un giovane blogger e da una signora preoccupata per il comportamento di suo figlio, la comunità riesce a farsi sentire dalla gente che vive nelle case. La notizia del bambino si diffonde rapidamente, radunando un popolo sempre crescente di persone E così l’avvento del bambino diventa motivo di cambiamento. Il suo messaggio s’insinua in cuori inaspettati. Anche in persone che governano i sistemi finanziari, responsabili di molte ingiustizie del nostro tempo. È una nuova opportunità per tutti. Per Annibale e Lilli, così come per tutti gli uomini. E poi, come è arrivato, il bambino sparisce nel nulla. Ormai sicuro che il suo messaggio avrà forti ripercussioni. 71 arsa arsa LE “ARTI LITURGICHE” PER IL POPOLO DI DIO A cura di Don Valerio L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (abbreviato EG) di Papa Francesco, mi ha offerto alcuni spunti di riflessione per quanto riguarda la nostra scelta di Arte Sacerdozio. “Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con se anche i figli o invitando altre persone, è in se stesso un atto di evangelizzazione” (EG n.124). Perché non pensare a come, per tanti secoli specie nei primi tempi il Popolo di Dio ha costruito, arredato e decorato i luoghi delle sue riunioni di culto per la Santa Liturgia? Nelle chiese d’Oriente, sia l’ortodossa che la cattolica, soprattutto il culto delle immagini, l’iconografia così ricca, costituisce l’elemento comune e indicativo sia delle solenni celebrazioni del clero o dei monaci che della pietà dei fedeli, non solo nei luoghi di culto, ma anche nell’ambito familiare e domestico. Quella scollatura che in Occidente, da alcuni secoli permane, tra spiritualità liturgica e pietà devozionale, non sembra sussistere in quelle chiese che non conoscono, oltre il monachesimo, la varietà e molteplicità delle spiritualità moderne, nate specialmente dopo la decadenza della lingua liturgica universale e del suo uso popolare: il latino. Il confronto con la persistente e codificata tradizione delle chiese orientali fa sorgere la domanda se in questo campo non sia utile imparare (qualcosa di più) nel dialogo con i fratelli ortodossi (EG n.246). Proprio quel luogo teologico della spiritualità popolare sembra oggi anticipare quell’ecumenismo alternativo di cui scrissi tempo fa, a proposito del diffondersi anche nelle nostre chiese Difatti se tale nostra scelta ci pone a servizio del Popolo di Dio, corpo mistico di Cristo morto e risorto, non possiamo trascurare l’invito del Papa a prestare attenzione anche a quel luogo teologico…che lo spirito Santo dispiega nella pietà popolare e che i vescovi latino americani, nel documento di Aparecida (EG n.124) chiamano anche spiritualità popolare o mistica popolare. Mi domando infatti se, e in che modo, si manifesta, potrebbe o dovrebbe manifestarsi anche nei linguaggi visivi che, come sappiamo, hanno nella liturgia sensibile (intendo così riferirmi a quanto nella liturgia riguarda i cinque sensi dell’uomo) una funzione permanente se non preponderante. A proposito della funzione evangelizzatrice il Papa cita come esempio, sempre da quel documento: Nostra Signora di Aparecida. Brasile 72 Papa Francesco con la statuina della Madonna di Aparecida 73 arsa notizie delle icone bizantine, benché forse, meno ancorate alle relative liturgia, teologia e iconologia. È questo un segno di rinascita, magari in forma diversa, di quella spiritualità (liturgica?) popolare, fin qui ridotta agli stereotipi di alcune immagini devote e al culto di quelle figure segnate da particolari eventi religiosi, e di cui non si interessa né la storia dell’arte dei manuali, né le indagini degli studiosi, né l’interesse dei turisti? La canonicità, per così dire, dell’iconografia orientale e che la nostra modernità sembra rifiutare, non è magari un coefficiente della loro accoglienza da parte anche del nostro popolo? In sostanza, se dobbiamo riconoscere che diversa è la bellezza di una immagine da pregare per ciò che rappresenta, da quella di una immagine da ammirare (magari indipendentemente dal suo significato religioso) perché carica di valore artistico, quali sono i veri requisiti di un linguaggio liturgico popolare per le chiese che anche oggi dobbiamo edificare, arredare e decorare? Ecco la sfida e la ricerca che vogliamo proporre da queste pagine ai nostri lettori e particolarmente agli amici dell’ARSA. Anche oggi, dopo cinquant’anni dal Sacrosanctum Concilium, entrando in tante nostre chiese siamo richiamati dal palpito dei ceri votivi, accesi in omaggio devoto dinanzi a immagini più o meno miracolose, normalmente anonime, che a volte ricordano l’origine di quel luogo di culto. Segno evidente di una tradizione ininterrotta, non influenzata né da correnti artistiche né da curiosità profane. Ciò non appare per le tante opere d’arte che attirano i gruppi turistici e le visite guidate, e di cui pure sono ricche le nostre stesse chiese. Perché? Non sarebbe ora che nei concorsi per nuove costruzioni si facesse riferimento a questo spirito popolare più che a normative astratte o a indicazioni di funzionalità? Quali parametri allora indicare per una nuova attenzione? PAOLO VI VERSO GLI ALTARI 19 OTTOBRE 2014 A cura della Redazione Franz Ittenbach “Gesù chiama i due discepoli alla sua sequela” Dal discorso di Paolo VI alla Scuola d’Arte Cristiana Beato Angelico - Milano, 20 febbraio 1965 Grati al Signore per il dono del nuovo prossimo beato, anche da noi conosciuto e amato, proponiamo uno stralcio del suo messaggio indirizzato alla Famiglia e Scuola, Beato Angelico, ma ancora valido per gli artisti di ogni arte, soprattutto per quanti amano il decoro della Casa di Dio e operano nel campo dell’arte liturgica. “Vogliamo dire: inserite la vostra arte, l’opera vostra, l’oblazione del vostro genio e del vostro lavoro nel grande ciclo della preghiera della Chiesa, nella sacra Liturgia; entrate nello spirito e nelle finalità della solenne Costituzione conciliare che la riguarda; troverete un posto che vi impegna a fondo e che esalta, accanto a quello del sacerdote e a vantaggio di tutto il Popolo di Dio, il vostro regale servizio”. Nostra Signora di Aparecida. Brasile 74 75
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