ANNO LXXXV · 2014 APRILE - GIUGNO

“Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) art.1 comma 2, DCB Milano”
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ANNO LXXXV · 2014
APRILE - GIUGNO
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sommario
RIVISTA TRIMESTRALE DELLA “SCUOLA BEATO ANGELICO”
PER LA CULTURA E LA FORMAZIONE ESTETICA DELL’ANIMA
ANNO LXXXV · 2014
“Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003
(conv.in L. 27/02/2004) art.1 comma 2 DCB Milano”. Direzione Ammin. Scuola Beato
Angelico Viale S.Gimignano, 19 - 20146 Milano tel. 02/48302854 - fax 02/48301954
email [email protected] - www.scuolabeatoangelico.it - Autorizzazione del Tribunale
di Milano n.484 del 14/09/1948. Con approvazione ecclesiastica.
Direttore Dr. Arch. Valerio Vigorelli. c/c postale N. 15690209. “ISDN. 0003-1747”.
cronaca
Artisti in Festa - 18 febb. 2014
Nel 30° anniversario della Memoria
Liturgica del Beato Angelico
MERITATO PREMIO
A DR. GATTI DON VINCENZO
Omelia del Card. C.M. Martini
Don Peter S. Inglott e la Beato Angelico
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Stralci da una prima biografia
SCUOLA BEATO ANGELICO- MILANO
Siamo lieti di comunicarvi che a don Vincenzo Gatti
è stato attribuito da parte del Presidente della Regione Lombardia
il “Premio ROSA CAMUNA 2014”
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carisma
Sezione Ricamo - Stole ricamate a mano
Sezione Cesello - Calici e patene
Alla ricerca della propria vocazione
istituito per riconoscere pubblicamente l’impegno, l’operosità, la
creatività e l’ingegno di coloro che si siano particolarmente distinti
nel contribuire allo sviluppo sociale, culturale e sportivo della
Lombardia.
ex-alunni
Pane dal Cielo
Un film di Giovanni Bedeschi
Sono note infatti, la dedizione e l’impegno di Don Vincenzo per
l’opera di restauro e di conservazione del complesso monastico S.
Pietro al Monte sopra Civate (Lc) - sec XII.
Un patrimonio di arte e fede, frutto di costante e appassionato
servizio che ha dato continuità a quanto ha iniziato Mons. Giuseppe
Polvara, negli anni ’20.
A Dio sia gloria, ora e sempre.
Per allargare la cerchia degli amici senza aumentare le spese L’Amico dell’arte cristiana, torna al formato
più economico e nello stesso tempo si rinnova nella sua veste grafica grazie alla collaborazione congli
Amici dell’associazione ALBA. Siamo sempre grati a quanti sostengono con le loro offerte questo
periodico inviato gratuitamente a quanti conosciamo o ce lo richiedono.
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Arsa
Le “Arti Liturgiche” per il popolo di Dio
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Paolo VI verso gli altari
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cronaca
ARTISTI IN FESTA
18 FEBBRAIO 2014
A cura di Suor Angelica
Mons. Erminio De Scalzi
con Don Valerio Vigorelli
Anche quest’anno, presso la nostra sede, artisti
di ogni arte, amanti del bello, amici, ex-allievi,
collaboratori, fedeli, sono stati convocati dal
Signore a festeggiare il loro Patrono partecipando
alla solenne celebrazione liturgica che di lui fa
pubblica memoria.
La celebrazione è stata presieduta da Sua
Eccellenza Mons. Erminio De Scalzi, Vicario
Episcopale della Diocesi.
Insieme a lui, oltre Mons. Valerio Vigorelli,
nostro confratello, hanno concelebrato:
Mons. Ambrogio Piantanida, Padre Diego Arfani
Oblato (Vicario) di S.Celso, Don Renzo Vanoi
Decano zonale, P.Mariano Ceresoli TOR, P.Juan
Gerard MSPS, P.Dino Franchetto OFC, Don
“Con il ringraziamento
Cesare Pavesi, Mons. Domenico Sguaitamatti,
finale Don Valerio
Padre Ercole e Don Andrea Perego.
ha invitato i presenti
Hanno contribuito all’animazione liturgica,
ad una piccola agape
Prof. Marcello Rosa, all’organo, Prof. Donatella
fraterna nel salone
Colombo, al violino e la direttrice del coro,
sottostante la chiesa,
Prof. Silvia Fumagalli.
dove gli Amici
Con il ringraziamento finale Don Valerio ha
dell’ Associazione
invitato i presenti ad una piccola agape fraterna
ALBA ci hanno
nel salone sottostante la chiesa dove gli Amici
illustrato il cammino
dell’Associazione ALBA ci hanno illustrano
di un anno fatto
il cammino di un anno fatto insieme alla Scuola,
insieme alla Scuola,
le iniziative svolte e le prospettive future.
le iniziative svolte
Inoltre con l’occasione, sono state raccolte
e le prospettive future”. altre nuove adesioni.
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Un momento della celebrazione
Ringraziando il Signore per questo
tratto di strada, ci auguriamo che
tutto prosegua per un ulteriore
consolidamento di un’amicizia feconda
e costruttiva per la Sua Gloria,
per la Bellezza della Chiesa e il bene
spirituale degli artisti.
Affidiamo all’intercessione del Beato
Angelico il nostro camminare insieme
e quello di tutti i compagni di viaggio,
che cercano di individuare vie nuove
per esprimere la fede in Cristo
e nel Suo vangelo, con la preghiera
vissuta e rappresentata.
Offriamo in seguito il messaggio di luce e
di speranza che Mons. Erminio ha rivolto
alla Famiglia e all’intera assemblea:
OMELIA MONS. ERMINIO DE SCALZI
Celebriamo questa sera la memoria
del Beato Giovanni da Fiesole, uomo
santo e insigne maestro d’arte,
soprannominato Beato Angelico,
nel giorno della sua nascita al cielo
avvenuta il 18 Febbraio 1455.
La Famiglia Beato Angelico che da Lui
prende il nome, lo venera come patrono,
ricordandolo nella sua duplice veste
di Santo e di artista.
Le sue virtù di sacerdote e religioso
domenicano si confondono con la sua
arte concentrata nella meditazione
dei misteri di Cristo, dei santi,
ed in particolare della Vergine Maria.
La Liturgia in suo onore riporta
queste parole tratte dal Discorso
della montagna: “Risplenda la vostra
luce davanti agli uomini perché vedano
le vostre opere buone e rendano gloria
al vostro Padre che è nei cieli”.
Le opere buone di fra Giovanni
da Fiesole sono certamente le virtù
della sua vita, ma opere buone sono
anche le pitture, le miniature, le tempere
su tavola, gli affreschi che in gran
numero ci ha lasciato.
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cronaca
ARTISTI IN FESTA
la bellezza dell’arte, la bellezza della
liturgia, la bellezza della musica.
Penso sia necessaria una certa
autocritica da parte delle comunità
cristiane per carenza di sensibilità
artistica e per la ricerca e valorizzazione
di una vera e propria arte sacra.
L’incensazione dell’altare
L’arte è dono di Dio e Dio elargisce,
a volte doni di intelligenza e di talento
artistico anche a persone lontane
dalla fede, sollecitandole però
a corrispondere alla sua Grazia,
portandole alle soglie del Mistero.
Ma ci sono artisti - e il Beato Angelico
è tra questi - le cui opere si ispirano
ad un loro stato di grazia e in un
abbandono di fede al Signore, dove
insieme ai doni naturali, la loro arte
si confonde con la santità della vita.
Questo inconfondibilmente traspare
nel Beato Angelico: l’arte racconta
la sua fede e la sua fede spiega l’arte.
Oggi la gente fatica a capire il linguaggio
dottrinale, meno ancora quello morale.
Si sorprende ancora però del linguaggio
estetico. Va detto che non è la bellezza
ad averci abbandonato, siamo noi
che spesso non siamo più in grado
di vederla.
Un esempio classico di quanto sto
dicendo è stato S. Agostino: egli chiama
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Gesù “bellezza antica e sempre nuova”.
Questa bellezza l’ha attirato a se,
suscitando in lui un gusto e un diletto
così forte per la sua persona da renderlo
capace di vincere tutte le resistenze
contrarie che l’avevano sempre
affascinato.
Nel tempo del disincanto e della ragione
debole, sospettosa nei confronti di tutti
gli orizzonti globali di senso, la bellezza
può offrirsi come via di incontro con ciò
per cui valga la pena di vivere e di dare
speranza alla vita.
La bellezza diviene così una singolare
via verso il Vangelo di Gesù, per dire
“l’indicibile”, senza ridurne il Mistero.
Un prefazio della liturgia ci fa chiedere
al Signore che mediante lo sguardo
delle cose visibili siamo rapiti alla
bellezza delle cose invisibili.
Occorre che la bellezza ritorni nella
creazione, sui nostri volti, nelle nostre
case, nelle nostre città, nelle nostre
chiese: qui soprattutto deve ritornare
La Chiesa è stata per molti secoli
il principale committente di arte e di
architettura, lasciandoci un patrimonio
unico al mondo e nella storia.
Mondo ecclesiale e mondo artistico
devono ritornare a dialogare.
In una cultura dell’immagine e in un
momento di profonda secolarizzazione
il linguaggio della bellezza, messo
a servizio della fede, è ancora capace
di raggiungere al cuore l’uomo
contemporaneo, quello pensoso, in
cerca di un senso ultimo da dare alla vita.
La bellezza è un tipo di conoscenza
che impegna i sensi, i sentimenti, ma
non si ferma qui: conoscere la bellezza
ha a che vedere con lo splendore della
verità, per questo la bellezza, ovunque
si trovi, è sempre un annuncio e una
manifestazione dello splendore di Dio.
Si colloca dentro queste considerazioni
generali, l’impegno concreto della
Famiglia Beato Angelico al servizio
dell’arte sacra con particolare riferimento
alla Liturgia.
In ogni famiglia, ci sono momenti
di serenità e momenti di difficoltà:
la Famiglia Beato Angelico sta vivendo
un momento che richiede
un sussulto di responsabilità da parte
di tutte le sue componenti, per un
rilancio di una Istituzione che ha dato
molto e che può ancora dare di più
alla nostra chiesa ambrosiana e oltre.
Mi sembra doveroso, questa sera
ricordare tutte le persone che hanno
dato qualcosa di sé e molto della loro
vita per questa Istituzione: facciamo gli
auguri per la sua salute a Don Vincenzo
e ricordiamo i defunti Don Marco Melzi,
frate Eugenio e suor Francesca.
Partendo dalle grandi potenzialità
ancora in essere nella Famiglia Beato
Angelico dobbiamo insieme ricercare
nuove strade nella valorizzazione del
carisma proprio di questa istituzione e
per il suo futuro.
Questo sarà certamente possibile
confidando nel Signore e donando
ciascuno il proprio contributo di
pensiero, di azione, di simpatia e di
sincera comunione per vivere bene
questo momento: il Signore ci aiuti in
questo nostro proposito.
Don Valerio, Mons. Piantanida e Mons. De Scalzi
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cronaca
NEL 30°ANNIVERSARIO
DELLA MEMORIA
LITURGICA DEL BEATO
ANGELICO
A cura di C.D.
P.Annigoni,
Ritratto del Beato Angelico
“Dico che voi artisti,
operatori di bellezza,
siete necessari;
al mondo, ma anche
alla funzione della
Chiesa di portare
gli uomini sull’orlo
di Dio, di farne sentire
il fascino, di farne
gustare le parole,
i gesti da lui stesso
offertici e con i quali
vuole raggiungerci,
farci scoprire il suo
volto, la sua identità”.
Il 18 febbraio 1984, trent’anni or sono, Giovanni Paolo II,
ormai santo, si recava nella basilica di S. Maria sopra
Minerva, a Roma, per proclamare Patrono degli artisti
Beato Angelico (Giovanni da Fiesole, 1395-1455) che
in quella basilica riposa. Con il breve del 3 ottobre
1982, ne aveva concesso infatti, il culto liturgico.
In quella stessa occasione ebbe luogo anche una
solenne celebrazione del Giubileo degli artisti, i
quali potevano trovare nel loro Patrono un valido
intercessore e un modello ideale che ha saputo
esprimere con l’arte e la vita il mistero stesso di Dio.
Insieme ai padri domenicani, anche alla nostra
Famiglia riceve il privilegio di poter commemorare
liturgicamente e pubblicamente la figura del pittore
e religioso fiorentino.
Nella ricorrenza anniversaria riproduciamo di seguito
l’omelia del Card. Carlo Maria Martini, Arcivescovo
di Milano, che pochi giorni dopo la proclamazione
papale, presiede la prima l’Eucaristia in onore
del Beato Angelico, nella Chiesa Santuario di S. Maria
delle Grazie.
Il suo intervento, ancora attuale, rimane un contributo
importante e prezioso per ogni artista cristiano e per
ciascuno di noi che rinnoviamo così, il ricordo orante
e riconoscente:
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Un momento della celebrazione eucaristica in S. Maria delle Grazie in onore del Beato Angelico, 1984
L’OMELIA DEL CARDINAL C.M.MARTINI - 1984
È la prima occasione che mi viene
data come Arcivescovo di Milano di
incontrare tanti artisti insieme. Ringrazio
ciascuno di voi che ha accolto l’invito a
riunirci nella prestigiosa basilica di Santa
Maria delle Grazie e ringrazio tutti coloro
che si sono fatti promotori di questa
iniziativa nel giorno in cui, per la prima
volta a Milano, si celebra una Messa
in onore del Beato Giovanni da Fiesole,
frate dell’Ordine Domenicano, già noto
col nome di Beato Angelico.
Non posso rivolgermi a voi senza fare un
doveroso e proficuo richiamo all’incontro
memorabile che il Papa Giovanni Paolo
II, venuto lo scorso anno a Milano per
il 20° Congresso Eucaristico Nazionale,
ebbe la sera del 21 maggio con la
categoria degli artisti nel teatro della
Scala, grande tempio mondiale della
musica che la nostra città ospita
e che una ininterrotta e gloriosa
tradizione nobilita.
Con il gesto del pontefice e con la mia
presenza tra voi, vorrei che ciascuno
percepisse l’attenzione, la stima, ma
soprattutto l’amore che la Chiesa
intera, non solo quella di Milano che
io rappresento, ha verso la categoria
degli artisti. Voglio ricordarvi che, nei
documenti del Concilio Vaticano II,
c’è un messaggio agli artisti, e che
soprattutto il Papa Paolo VI, che fu
Arcivescovo di Milano, stese a voi
la mano in un memorabile discorso
pronunciato nella Cappella Sistina
e infine che solo due giorni fa il Santo
Padre Giovanni Paolo II celebrava
la prima Messa in onore del Beato
Angelico, esaltando così in maniera
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cronaca
cronaca
30°ANNIVERSARIO
solenne la spiritualità dell’artista
innamorato di Dio e della bellezza
che a lui riconduce.
Perché questa attenzione dei Sommi
Pontefici e del Concilio? Ognuno dei
documenti ricordati è ricco di risposte.
Mi limiterò a fare soltanto due riferimenti.
Cosi si esprime il Papa nella Lettera
Apostolica che concede ai Domenicani
il culto liturgico del Beato Angelico:
“È evidente che Fra Giovanni, ponendo
a servizio dell’arte i doni privilegiati
della sua natura, ha procurato e tuttora
procura un’immensa utilità spirituale
e pastorale al popolo di Dio, facilitandolo
nel cammino verso Dio”.
A questa fine è ordinata l’arte sacra
stando al Concilio Vaticano II, nella
Costituzione sulla Sacra Liturgia
leggiamo: “Fra le più nobili attività
dell’ingegno umano sono, con pieno
Card. C.M.Martini saluta religiosi domenicani
e sacerdoti della Famiglia Beato Angelico
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diritto, annoverate le arti liberali,
soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice,
l’arte sacra. Esse, per loro natura, hanno
relazione con l’infinita bellezza divina che
deve essere in qualche modo espressa
dalle opere dell’uomo, e sono tanto più
orientate a Dio e all’aumento della sua
lode e della sua gloria, in quanto nessun
altro fine è stato loro assegnato se non
di contribuire nel modo più efficace, con
le loro opere, a indirizzare religiosamente
la mente degli uomini a Dio” (S.C. n.122).
Nel messaggio agli artisti il Santo Padre
dice “Oggi come ieri la Chiesa ha
bisogno di voi”, e da quanto risuonò alla
Scala: “Siete voi che col vostro lavoro
date vita alla vita del pensiero”.
Il primo testo riconosce quanta parte gli
artisti hanno avuto in passato e possono
ancora avere, per cimentarsi col sacro
cristiano, rivestirlo di forme e linguaggio
che lo comunicano agli uomini,
arricchendo in tal modo le chiese,
il culto e le devozioni; il secondo testo
sottolinea quanta parte voi artisti potete
svolgere a favore della bellezza, e quindi
della verità, e quindi anche della dignità
della persona umana, elevandone il tono
con la suggestione delle forme figurative,
già spirituali in se stesse quando siano
frutto di sincera e rispettosa ricerca,
l’eco di intense e umane emozioni,
la trasfigurazione plastica del reale.
Voi artisti siete un tramite attraverso
il quale il divino parla; la vostra
opera, quando è ascolto di profonde
sollecitazioni dello spirito e di attenta
lettura dell’armonia del creato, può
aiutare voi stessi innanzitutto, e poi
anche gli altri uomini, a percepire
il mistero e addirittura la religiosità
che si serve di templi, di immagini,
di rappresentazioni per esprimere i suoi
richiami e persino i suoi contenuti.
dal ricco e fecondo tema cristiano.
Anzi ritornate al soggetto sacro cristiano,
ai suoi antichi e sempre nuovi contenuti;
lasciatevi cogliere dalla sua profondità,
dall’ammirato stupore che può
Dico che voi artisti, operatori di bellezza,
affacciarsi al cuore di ogni uomo quando
siete necessari; al mondo, ma anche alla
pensa a quello che Dio ha fatto per tutti.
funzione della Chiesa di portare gli uomini
Andate alla Sacra Scrittura che, come
sull’orlo di Dio, di farne sentire il fascino,
ha ricordato il Papa nella omelia della
di farne gustare le parole, i gesti da lui stesso Festa di Fra Giovanni da Fiesole,
offertici e con i quali vuole raggiungerci,
“è stata la fonte principale d’ispirazione”
farci scoprire il suo volto, la sua identità.
e continuava: “La soprannaturale
creatività della Grazia di Dio trova
La vostra continua tensione alla bellezza, a sua volta il proprio riflesso nell’agire
l’infaticabile e non mai sazia imitazione
dell’uomo. E se quell’uomo è un’artista,
che ne fate, l’ansia di capirne qualche
anche nel suo operare artistico.
segreto e di fissarne qualche intuizione
Nella sua creatività. Questa verità trova
vi rende particolarmente vicini a coloro
espressione anche nell’odierno Vangelo,
che, come me, del sacro, dell’ineffabile,
secondo Matteo. Cristo dice “Così
dell’invisibile, dell’assoluto devono
risplenda la vostra luce davanti agli
essere annunciatori, predicatori,
uomini, perché vedano le vostre opere
testimoni: per dire che l’ineffabile
buone e rendano gloria al vostro Padre
ha preso nome e volto nella storia,
che è nei cieli” (Mt 5, 16).
ha detto parole, ha compiuto gesti,
Cristo parla della luce delle opere
ha sentimenti e desideri verso gli uomini
buone. Andando oltre, nella sfera della
suoi interlocutori; si è manifestato in
vocazione artistica, si potrebbe parlare
Gesù Cristo e nel suo comandamento
con buona ragione della luce delle opere
di amore, nella sua Pasqua piena di
umane. Questa luce è la bellezza;
misericordia e di vita. Questo io vado
la bellezza infatti, come lo splendore
ricordando ogni giorno agli abitanti
della forma, è una luce particolare
di questa città e diocesi di Milano
del bene contenuto nelle opere
e queste ineffabili certezze le annuncio
dell’uomo artista.
anche a voi, perché conoscendole
Solo un’assorta attenzione al mistero
meglio ne abbiate accresciuto il gusto,
saprà dare forti emozioni che, mediate
il desiderio, l’orgoglio di rappresentarle,
dal linguaggio della bellezza, dalle
rivestendo la Verità del linguaggio della
tecniche che le forme, i colori,
Bellezza, che è poi la mediazione più
la composizione possono suggerire
consona al sacro cristiano per renderlo
e di cui voi siete conoscitori e artefici,
intellegibile a chiunque lo guardi.
fissano nel tempo l’eterno dialogo
Siate pertanto creatori, vivaci, intuitivi,
di Dio con l’uomo. Ritornate al tema
fervidi, audaci perfino e non staccate la
sacro cristiano con tutte le vostre qualità
vostra sensibilità e la vostra arte
umane e artistiche, ma rispettare anche
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cronaca
cronaca
30°ANNIVERSARIO
le sue esigenze, le sue intrinseche
connessioni, le sue discrete, eppure
imprescindibili qualità.
Perciò vi esorto a conoscere di più per
meglio capire, per meglio contemplare,
mediare e rappresentare.
Diventerete più capaci di comunicare
quanto più si uniscono in voi, l’intuizione
artistica, la sensibilità dell’uomo d’oggi,
le eterne esigenze del sacro, le perenni
connotazioni del fatto cristiano.
è l’assoluto Dio.
A voi artisti delle arti figurative, che avete
nel Beato Angelico un maestro e d’ora in poi
anche un protettore, sono dati la capacità e il
compito di esprimere “il visibile dall’invisibile,
di consentire al mistero di farsi immagine”.
“Esiste ancora, esiste anche in questo
nostro arido mondo secolarizzato una
capacità prodigiosa di esprimere, oltre
l’umano autentico, il religioso, il divino,
il cristiano”, affermava con sicurezza
L’arte, lo insegnate voi a me, è una ricerca,
Paolo VI. La rappresentazione del
un anelito, una laboriosa trasformazione,
sacro cristiano è una forma di auto
che mette in causa l’uomo e le sue capacità
comprensione della fede.
per leggere ed esprimere la bellezza.
Il rifiuto dell’immagine non è sempre
un rispetto del sacro, più spesso è oggi
La bellezza è una realtà, una presenza,
un impoverimento dell’attesa di quella
una proiezione insita e necessaria della
apertura che continuamente espone
creazione. È anche una necessità della
l’uomo all’iniziativa di Dio; l quadro,
vita e dell’uomo quando l’una e l’altro,
la scrittura, e ogni altra modalità di
sottratti ai bisogni primari e urgenti della
rappresentazione del sacro, registrano
sopravvivenza, cominciano quello stadio l’eterno che tocca il tempo, sono modi
disteso e contemplativo che ci porta
di ricerca e di dialogo con l’assoluto
a cogliere le connessioni, le armonie,
e con l’infinito. Alle parole di Paolo VI, mi
le emozioni che ci sono nelle cose
piace aggiungere queste altre di Pavel
e ad esprimerle, imitandole o addirittura
Nikolaevic Evdokimov, un moderno
creandone di nuove.
e profondo indagatore della bellezza:
Si, la bellezza può essere oggetto di una “Nella Bibbia la parola e l’immagine
esperienza particolare, e a farla sono per dialogano, si chiamano l’una l’altra,
lo più gli artisti; come il bene è oggetto
esprimono gli aspetti complementari
di un impegno sempre più generoso
della medesima e unica Rivelazione”;
e a perseguirlo in maniera sempre più
ed anche queste di Dostojevski:
perfetta ed eroica sono i santi.
“La bellezza salverà il mondo”.
Il massimo di bene, di bello, di buono
Beato Angelico, La presentazione di Gesù al tempio, particolare con il Vecchio Simeone e il Bambino Gesù
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DON PETER
S.INGLOTT E LA
BEATO ANGELICO
STRALCI DA UNA
PRIMA BIOGRAFIA
Qualcuno si potrebbe chiedere:
Che ci fa un’arlecchino dietro le spalle
di questa persona?
Ci risponde l’autore del presente articolo:
Don Peter era sempre appassionato a fare
il Clown e oltre a parlare di questo suo desiderio,
alle volte lo si sentiva dire: “davanti alcune realtà
della vita meglio fare il Clown”.
Il titolo di questa poderosa biografia si apre
con una sorta di soprannome: PSI Kingmaker.
Il suo significato deve racchiudere qualche altra
caratteristica della personalità di Don Peter.Quale?
Peter era come il Re che creò tante persone
in varie posizioni della vita. Come sempre, c’é
chi ne era contento e chi, invece, restava deluso.
La copertina del libro biografico
su Don Peter, di Daniel Massa
A cura di Charles G. Vella1
Il titolo è difficile da tradurre. Ma ho cercato
di spiegare cosa significa alla fine del mio
modesto articolo: non ci resta che percorrerlo.
Sarebbe un compito arduo recensire interamente
il libro del maltese prof. Daniel Massa. Prima
di tutto perché conoscevo molto bene da
vicino, a Malta e a Milano, il prof. Don Peter
Serracino Inglott, un caro amico, e perché
abbiamo lavorato insieme per realizzare un
“L’autore ha reso
un meritato omaggio
al prof. Don Peter
Serracino Inglott,
di cui illustra la
trasparente umanità,
la saggezza e
l’amore verso tutti,
emanante da un cuore
sacerdotale”.
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cronaca
cronaca
DON PETER INGLOTT
ospedale San Raffaele a Malta e
in seno al Cana Movement, da me
fondato per le famiglie. Poi anche
perché il volume di Massa copre tutti
gli aspetti della personalità di Don
Peter: come sacerdote, professore
di filosofia e rettore dell’Università di
Malta, consulente del Primo Ministro
Avv. Eddie Fenech Adami ed infine, per
un certo tempo, membro della Famiglia
dell’Istituto Beato Angelico, di essa tentò
anche di fondare una filiale a Tarxien,
dove Mons. V.Vigorelli costruì la bella
chiesa nel campo santo in cui Don Peter
è sepolto, morto all’età di 77 anni,
il 16 Marzo 2012.
È quasi impossibile recensire questo
volume di pagine 908, che spazia
dall’adolescenza, cioè ai tempi del
seminario, a quelli di studente ad Oxford
e alla Sorbonne, e quindi a Malta
nel campo filosofico, politico, sociale
e culturale.
Molto ancora più difficile valutare l’opera
di Don Peter oltre Malta, nelle Nazioni
Unite per la “Pacem in Maribus”,
nell’UNESCO dove era unico sacerdote,
per la preparazione della Carta Europea.
Mi limito quindi a riferire di Don Peter
e dei suoi legami con l’istituto Beato
Angelico, in quanto uomo eclettico ed
eccellente in ogni campo.
Forse in un altro paese, al di fuori
Malta, avrebbe lasciato un imprint
internazionale.
Nella presente biografia, Daniele Massa
racconta tutta la vita di Don Peter, con
un vasto e dettagliato tracciato della
sua esistenza, pur lasciando un po’
confusi perché a volte sembra alternare
biografia e autobiografia. In un volume
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di così larga ampiezza alcuni errori
sarebbero stati evitati con più interviste,
confronti e cross checking come nel
caso dell’operazione cardiologica che,
grazie ai cardiologi dell’ospedale San
Raffaele di Milano, ha prolungato la vita
di Don Peter per più di un decennio.
Conoscendo da esterno l’Istituto
Beato Angelico, ho letto con una
certa delusione quanto riferito a livello
personale e psicologico sul tentativo
della fondazione maltese, nell’apposito
capitolo che merita una traduzione in
italiano. Ma non è qui il mio compito.
Don Peter, dopo anni di studio a Malta,
Oxford, Sorbonne e Milano, nella
Facoltà Teologica, venne ordinato
sacerdote a Milano dal Card. Giovanni
Battista Montini nel 1962, presentato
dall’Istituto Beato Angelico. Da qui
nasce il suo legame spirituale e artistico
con Mons. Valerio Vigorelli, con Don
Marco Melzi e le Suore, tra cui la Madre
Piera Salina, cofondatrice con Mons.
Giuseppe Polvara. Massa racconta che
Don Peter fu accolto nella comunità
With open arms (a braccia aperte).
Divenne membro dell’Istituto e cominciò
il suo apostolato nel campo dell’arte
e della cultura. Il bagaglio di Serracino
Inglott era ricco di contatti internazionali
e di studi filosofici (particolarmente su
Wittgenstein) come nel campo dell’arte,
avendo visitato e studiato tantissimi
capolavori durante la sua permanenza
alla Sorbonne, ad Oxford e in tante
altre città europee. Era innamorato
della Trasfigurazione di Raffaello così
da affermare: Ho sempre sentito che
il momento del mio incontro con Cristo
fu la Trasfigurazione.
Nel 1960, scrive Massa, Don Peter
credette che la comunità Beato Angelico
fosse esattamente quello che cercava.
Quanto l’ha frenato fu prima di tutto,
a richiesta dell’arcivescovo Gonzi di
ritornare a Malta, il fatto che nella Beato
Angelico si insisteva che tutto dovesse
essere orientato verso l’arte liturgica,
come egli stesso scrive: “la ragione per
cui mi sono tirato indietro nel seguire il
mio istinto di entrare nella comunità era
un certo senso di chiusura”.
Non essendo, scrive Massa, ne
musicista, pittore o scultore egli
sentiva che il suo ruolo al Beato
Angelico sarebbe stato limitato magari
a insegnare la storia dell’arte”. Era
inoltre affascinato dall’uso dei mezzi di
comunicazione nella liturgia… mentre
l’Istituto Beato Angelico non era
orientato a dare il training necessario.
Le idee di Don Peter, come utilizzare la
proiezione di filmati durante la liturgia,
erano viste con una certa riserva. Per
la realizzazione di queste idee aveva
bisogno dell’appoggio di Don Valerio
Vigorelli, che come architetto avrebbe
dovuto incoraggiare i parroci ad
adeguarsi per avere queste proiezioni
durante la celebrazione (così l’autore).
Don Peter, nel 1997, scrisse di
essersi reso conto che allora non era
possibile elaborare una rivoluzione
elettronica dentro la comunità Beato
Angelico. Doveva cercare altrove e così
non rimase membro dopo la prima
esperienza nel 1960. La seconda
esperienza di Don Peter al Beato
Angelico risale ad un momento politico
assai turbolento e violento a Malta, sotto
il governo del premier Dom Mintoff.
Nonostante i sentimenti verso il sociale
(come Mintoff fu Rhodes Scholar ad
Oxford) Peter fu “certo di non poterlo
mai appoggiare in politica”.
Forse sull’esempio del sottoscritto che
lasciò Malta per Milano nel 1974, Don
Peter presentò le sue dimissioni da
professore di filosofia all’Università di
Malta, e cercò rifugio presso il Beato
Angelico. Annotò infatti: “Quando venni
nel 1978, durante la Settimana Santa,
divenni novizio della Comunità. Ho preso
i voti di povertà, castità e ubbidienza per
Anni ’60 - Sullo sfondo una tavola
del Maestro Bergagna
59
cronaca
DON PETER INGLOTT
Don Peter nel giorno dell’ordinazione sacerdotale nel 1962.
Da sinistra Don Valerio, un padre Benedettino, Don Peter, Madre Piera Salina, Sr. Maria
un anno”. Come Comunità Diocesana e
secondo il Diritto Canonico, tali voti non
comportavano la perpetuità.
Sembra che i dubbi di una volta fossero
eclissati, dato che Don Peter si inserì
subito nell’Istituto Beato Angelico
insegnando Iconografia Cristiana e
divenendo uno dei principali redattori
della rivista Arte Cristiana. Ivi scrisse
regolarmente molti articoli sull’arte e
sulla relativa formazione del clero.
Nel tempo libero visitò mostre e luoghi
d’arte e frequentò concerti alla Scala.
Il Massa narra dettagliatamente l’attività
di Don Peter mentre meditava “il sogno”
di fondare una specie di filiale dell’Istituto
Beato Angelico a Tarxien ed afferma che,
secondo Don Vigorelli, Don Peter era una
persona molto geniale. Geniale, intellettuale,
molto intellettuale, assolutamente ‘top class’,
brillante, con cui abbiamo lavorato tanto
insieme. Alle volte nel suo abbigliamento era
casual, ma mai tale nelle materie spirituali.
Certamente realizzare il suo sogno a
Malta non era facile data la mentalità
culturale religiosa per cui una Comunità
60
mista era allora prematura. Come
idealista Don Peter credette di poter
superare tutti i problemi. Ne abbiamo
spesso discusso insieme per la mia
esperienza nella fondazione di Cana
Movement nel lontano 1950 per la
preparazione al matrimonio.
Grazie al Beato Angelico Don Peter
fece una prima esperienza anche in
Burundi; con Don Vincenzo Gatti vi si
recò presso l’Istituto Tecnico Secondario
d’Arte fondato dai volontari Beato
Angelico nel 1964. Massa narra anche
di questa esperienza. All’Istituto Beato
Angelico Don Vigorelli sperava di offrire
a Don Peter un nascondiglio piuttosto
comodo per scrivere il suo magnum
opus sull’amore e l’esistenza di Dio.
In quel periodo Don Peter sembrava
che fosse felice al Beato Angelico, ma
come scrisse Don Vigorelli, ne soffriva
la esclusività di orientamento, tanto
che descrisse Don Peter come un
transatlantico chiuso nel Canale di Suez.
Questo, penso che avesse le sue radici
nella nostalgia per Malta, ove appunto
contava di fondare come si è detto
una filiale con tre signorine, tra le quali
la dinamica Gemma Cachia, una volta
leader della JOC maltese.
La Cachia divenne la responsabile e con
il tempo assunse il ruolo centrale di un
alter ego di Don Peter, che credette che
senza del di lei appoggio il progetto non
poteva decollare a Tarxien.
A mio avviso l’idea di un Beato Angelico
a Tarxien non si materializzò, perché
di ritorno a Malta Don Peter fu subito
assorbito da mille attività.Con il tempo
assunse un potere tale nel campo
accademico, che fu eletto Rettore
dell’Università di Malta, consulente
politico del primo ministro Feneck
Adami e del partito, presidente
del Commonwealth Universities,
dell’International Ocean Institute,
Chairman del Commonwealth Science
Council, consulente dell’UNESCO e
del Consiglio per la formulazione della
Carta Europea. Era molto disponibile per
le sue idee, benché poco pragmatico,
come ho visto con il governo di Malta,
quando divenne membro di una
commissione per la fondazione del
citato ospedale San Raffaele. Massa lo
descrive infatti come “the most intelligent
person” nel mediterraneo.
Tutti questi impegni chiedevano
spesso viaggi in Europa e oltre oceano,
tanto che Gemma Cachia e le due
compagne, lamentavano che Don Peter
non dedicasse abbastanza tempo al
progetto del Beato Angelico a Malta.
Ci credo, perché era “A man for all
Seasons” (uomo per tutte le stagioni) ed
infine l’impegno politico divenne primario
nella sua agenda. Scrisse persino il
manifesto politico per l’elezione del
partito nazionalista di Feneck Adami, col
quale vinse le elezioni.
In conclusione un commento sul
titolo del volume di Massa “PSI
KINGMAKER”; da alcuni, i beneficiari,
visto positivamente, da altri assai meno,
perché forse non accontentati nelle
loro aspirazioni. L’autore ha comunque
reso un meritato omaggio al prof. Don
Peter Serracino Inglott, di cui illustra
la trasparente umanità, la saggezza e
l’amore verso tutti, emanante da un
cuore sacerdotale.
DANIEL MASSA PSI Kingmaker. Life, thought and
adventures of Peter Serracino Inglott, di pag. 908,
cm. 15x24, Progress Press, Malta, 2013.
(1) Monsignor Charles Vella, fondatore del Cana
Movement, prima proposta di quelli che furono
i consultori familiari, di cui fu pioniere per diversi
paesi del mondo. Collaborò con Don Luigi Verzè
nella pastorale dell’ospedale milanese e pubblicò,
tra l’altro, per le Edizioni Paoline la guida: L’etica,
a servizio della persona malata; esperienze e
riflessioni maturate al San Raffaele di Milano, con
prefazione di Enzo Bianchi.
(2) La bibliografia degli scritti di Don Peter su “Arte
Cristiana” come su “L’Amico dell’Arte Cristiana” fu
pubblicata in questo stesso periodico nel 2012 a
pag. 23 e seguenti.
61
carisma
carisma
SEZIONE RICAMO
SEZIONE CESELLO
STOLE RICAMATE
A MANO
CALICI E PATENE
A cura di Suor Laura
A cura di Suor Laura
Descrizione del Ricamo:
Ricamo a mano in seta e oro zecchino
su schantung in seta rossa e fodera in seta.
Iconografia dei santi:
Sant’ Ignazio di Loyola con la stola sacerdotale
sorregge con la destra il Crocifisso e con la
sinistra la Regola dei Santi Esercizi, le nuove
armi con cui combattere la buona battaglia del
Vangelo: l’unione con Cristo e il discernimento
spirituale. Attorno all’aureola è riportata
la famosa esortazione, cara ai Gesuiti:
Ad maiorem Dei gloriam.
S. Filippo Neri stringe il giglio e con la mano
destra indica il cuore acceso da una fiamma:
la carità per il prossimo e, soprattutto rivolta
ai bambini e ai giovani, è lo zelo che ha anima
tutto il suo apostolato.
Come scriveva l’Apostolo: Caritas plenitudo legis
la scritta che incorona il suo capo.
Stola con i santi: Ignazio di Loyola
e Filippo Neri
62
Decorazione del Calice (foto a destra):
Agnello immolato, ritto e vittorioso, nella
Gerusalemme celeste.
Fiume d’acqua che esce dalle mura che si
mescola con il Sangue dell’Agnello.
Gli elementi dell’acqua e del sangue si fondono
con i raggi circolari della luce emanata dagli
astri, sole e luna, posti sui due lati della figura
dell’agnello, ad indicare la nuova creazione in
Gesù Cristo, inizio e termine di ogni realtà creata.
Dal fiume di acqua e sangue il vorticoso fluire si
annoda nel fuoco della Pentecoste da cui esce la
colomba dello Spirito Santo che tiene nel becco
un ramoscello a forma di croce.
Sul piede del calice viene ripetuto il motivo
decorativo dell’acqua e del sangue con le lettere
SITIO: “Ho sete!”
Decorazione delle Patena:
Acqua e fuoco.
La vita in Gesù risorto.
Descrizione:
Calice prezioso, coppa calice e patena in
similoro, placcate oro.
Lavorazione a cesello dei coppini, calice e
patena, e del piede del calice.
Argentatura dei singoli pezzi.
Calice e patena metallo
dorato e argentato
63
carisma
ALLA RICERCA
DELLA PROPRIA
VOCAZIONE
A cura di Don Valerio
Beato Angelico,
L’Annunciazione, particolare
“Nel nostro esame
di coscienza è
importante distinguere
le motivazioni che ci
portano ad amare,
escludendo la ricerca
del piacere, della
soddisfazione,
dell’orgoglio, dell’auto
affermazione, nella
certezza che senza Gesù
nulla possiamo fare”.
64
4. L’AMORE
Nella piena coscienza di se e dunque dei
propri limiti e di conseguenza nella rinuncia
alla pretesa di contestare Dio, è nell’umiltà
che si radica l’amore come capacità di fare
di se un dono, nei riguardi di Dio e delle sue
creature conformemente alla loro natura:
donarsi perché le creature cui si rivolge la nostra
volontà possano a loro volta raggiungere la loro
perfezione conformemente al volere di Dio.
Ciò comporta le tre dimensioni specifiche
del vero amore: gratuità, servizio, sacrificio.
Tre dimensioni interdipendenti che non possono
fare a meno l’una dell’altra e che ci proponiamo
di esaminare attentamente.
Hai imparato ad amare?
La domanda rivolta un po’ a chiunque, ma in
modo speciale ai giovani in cerca di un traguardo,
o meglio di una partenza per una vita significativa
e felice, suscita una certa perplessità e un certo
stupore, tanto essa sembra… magari peregrina.
Eppure, davanti ai tanti fallimenti matrimoniali
ed alla paura di una scelta “per sempre” che
sembra caratterizzare le nuove generazioni
contemporanee, una simile domanda si
impone, tanto che l’educazione all’amore, come
condizione di piena maturità della persona,
appare condizione e programma indispensabile,
tanto che si può affermare: non è mai troppo
presto per educare all’amore.
Ma l’amore cos’è?
Ovvero, il vero amore a quale condizione
deve corrispondere?
Gesù ci dice: non c’è amore più grande
di quello di chi dà la vita per i propri amici
(cfr Gv 15,13). Con queste parole
profetiche Egli preparava i suoi discepoli
a capire il significato della sua prossima
immolazione sulla croce, verso la quale
era ansiosamente incamminato, come
rivela Luca nel suo Vangelo (Lc 9,51).
Su tale affermazione si può connotare il
vero amore nelle tre citate caratteristiche
utili per un esame personale, teso a dare
risposta alla domanda iniziale:
hai imparato ad amare?
E cioè, caratteristiche indispensabili
ed esaurienti dell’amore sono appunto
gratuità, servizio, sacrificio.
La gratuità
La prima condizione dell’amore
insegnato da Gesù è la gratuità, che
nel Vangelo è espressa in forma
lievemente polemica: se saluti chi ti
saluta, se fai del bene a chi te lo può
ricambiare che merito ne hai? Anche
i “pagani” (o gli egoisti) fanno questo!
Se fai del bene a chi te lo ricambierà
hai già ricevuto una tua ricompensa.
(cfr Lc 6, 32-37)
In verità la carità più gratuita,
immaginabile, non può per noi mai
esistere senza la ricompensa divina,
essendo infinita la giustizia di Dio; ma
altro è la ricompensa del beneficato
di questo mondo, altro è quella di Dio
nell’altra vita.
In verità, la vera e piena gratuità è
possibile solo a Dio: Lui solo non può
ricevere vantaggio per il suo amore
verso di noi, e ben lo sappiamo. Che
anzi! Qualcuno ha detto che nei
confronti delle sue creature Dio si è in
qualche modo autolimitato.
Anche i pagani possono fare del bene
Ford Madox Brown, Gesù lava i piedi a Pietro
per interesse, in vista di un vantaggio
personale: nei casi migliori, almeno
per sentirsi in qualche modo virtuosi:
la filantropia, l’amore di patria ecc.
possono anche arrivare al dono della
vita, tale è il gesto del kamikaze che si
uccide per uccidere, sicuro di essere
ripagato in qualche modo secondo una
fede religiosa.
Nel romanzo di Eugenio Corti, Il cavallo
rosso, è riportato un dialogo tra il
protagonista e il sacerdote assistente
ai giovani, in cui considerando la
decadenza morale del dopoguerra,
si ricorda come un tempo i giovani
arrivavano, o cercavano di arrivare
al matrimonio nel fiore della verginità
o della castità. Ormai la mentalità
mondana sembra aver perso del tutto
il senso della gratuità dell’amore, di un
fidanzamento, durante il quale non è
regola quel reciproco rispetto che si
esplica nella reciproca castità.
Nel concetto mondano l’amore va
di pari passo col piacere, così il
matrimonio non riserva più una felicità
65
già sperimentata e impoverita.
Oggetto dunque dell’amore vero
sono le persone non in grado di
contraccambiare e cioè quelle indicate
nelle classiche opere di misericordia
corporale e spirituale:
Dare da mangiare agli affamati;
Dare da bere agli assetati;
Vestire gli ignudi;
Ospitare i pellegrini;
Curare gli infermi;
Visitare i carcerati;
Seppellire i morti;
Consigliare i dubbiosi;
Insegnare agli ignoranti,
Ammonire i peccatori,
Consolare gli afflitti;
Perdonare le offese;
Sopportare pazientemente le persone
moleste;
Pregare Dio per i vivi e per i morti;
Come si vede le opere di misericordia,
dal punto di vista temporale, sono tutte
in perdita secca per chi le compie:
è veramente spendere la vita.
La gratuità dell’amore, non esonera,
quando siamo noi a riceverlo, dal
dovere di riconoscenza ma, per se,
riconoscenza comporta una perdita per
chi fa il bene, né è cristiano il sentimento
di eventuale giudizio di autosufficienza,
quasi ritenendosi come Dio nell’esercizio
del pieno disinteresse.
Nel nostro esame di coscienza è
importante distinguere le motivazioni
che ci portano ad amare, escludendo
il più possibile la diretta ed esclusiva
ricerca del piacere, della soddisfazione,
dell’orgoglio, dell’auto affermazione,
quasi imposizione della propria
superiorità nei confronti della persona
amata, nella certezza anzi che senza
Gesù nulla possiamo fare.
A conferma di quanto sopra, ricordiamo gli
insegnamenti del Vangelo: Siate misericordiosi
66
come il Padre vostro (cfr Lc 6, 27).
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date (cfr Mt 10,8).
E se l’hai ricevuto perché te ne glori come
se non l’avessi ricevuto? (cfr 1 Cor 3, 7).
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente!
(cfr Lc 1, 49).
Amate i vostri nemici. (cfr Mt 5, 44)
Perdona loro perché non sanno quello che
fanno. (cfr Lc 23, 34).
L’atteggiamento di Maria Santissima,
l’Annunziata, paga delle spiegazioni
dell’Arcangelo, non chiede nulla al Signore,
ma a Lui si affida senza riserve: si faccia di me
secondo la tua parola (cfr Lc 1, 38).
Diversamente i discepoli abbiamo lasciato tutto,
cosa dunque sarà di noi?(cfr Mt 19, 23).
Nei rapporti umani questa assoluta
disponibilità non deve ne può essere
un’abdicazione della propria dignità e
del proprio io, anche negli affetti umani.
La prima e irrinunciabile disponibilità
è sempre a Dio che viene a chiedere
amore nelle persone da amare
disinteressatamente, il che connota
dunque anche i limiti della gratuità:
ciò che in noi è di Dio, non può essere
oggetto di donazione incondizionata.
In altre parole l’amore non può esigere
di farsi schiavi, ridursi a condizione
infraumana o antiumana, come nel caso
del kamikaze.
Esistono invece, come si vedrà più
avanti, esigenze di virtù coerenti con
la gratuità come la già ricordata umiltà,
la mitezza, la pazienza, che comunque
fanno parte di quello che indicheremo
come il costo dell’amore, e ciò a suo
luogo.
Il servizio
È il secondo requisito dell’amore.
Così Maria risponde all’Arcangelo:
Sono la serva del Signore (cfr. Lc 1, 38).
Nel gergo comune si intende parlare
di servi come di gente meno importante
(salvo nel caso dei ministri), quasi
di rango inferiore e così infatti si intende
in ogni contesto del personale di servizio
ma si tratta di un atteggiamento ignoto
al Vangelo; almeno da quando Gesù
stesso ha dichiarato di non essere
venuto per essere servito ma per
servire. Difatti questo verbo servire ha
due significati quasi antitetici: nell’uno
significa essere utile, addirittura quasi
indispensabile, e come tale si applica
a chi è chiamato a governare, dirigere,
insegnare. La comunità infatti ha
bisogno di un capo che, quanto più
è grande il suo servizio, tanto più deve
essere onorato ed a lui è doveroso
obbedire. In questo senso il Papa
si definisce “servo dei servi di Dio”.
Nell’altro significato servire significa
subordinarsi a chi viene servito, mettersi
al di sotto di lui. Gesù ha rivoluzionato
questi concetti col gesto di lavare
i piedi ai suoi discepoli al punto di
scandalizzare Pietro che in primo tempo
se ne è rifiutato (cfr Gv 13, 1-15).
Il gesto di Gesù, in quel momento,
ha valore profetico in quanto egli
si preparava a dare la vita per i
suoi amici, prestando loro un dono
immenso come il perdono, lasciandosi
vendere, rinnegare, irridere, offendere,
crocifiggere.
Tutto questo esprime il fatto che l’amore
pone a servizio della persona amata.
Un atto d’amore giova al bene della
persona amata che l’amante, lungi
dal subordinare o sfruttare per il proprio
appagamento, pone invece al di sopra
di sé, subordinando il proprio interesse
a quello dell’amato.
Il passaggio dall’autonomia e
indipendenza (libertà) a quello di
condivisione, che si verifica all’inizio
di un rapporto d’amore, diventa
rivelatore della sua autenticità.
Educarsi al servizio, al fare posto
Padre Paolo Crochat, Il buon samaritano
agli altri, ad anteporre il loro bisogno
al proprio interesse ed alla propria
autonomia, è un vero termometro
di una capacità di amore.
Ciò vale tanto nel matrimonio che nella
vita consacrata e nel ministero ordinato.
Un importante esempio evangelico
dopo quello già ricordato da Gesù, è
quello del samaritano della parabola in
cui la misura del servizio si sposa con
quello della gratuità verso il diverso,
l’impossibilità di quello a ricambiare.
Effettivamente anche la gratuità non
basta se l’amore non porta vantaggio
all’amato, per cui la sentenza evangelica
recita: non fare agli altri quello che non
vuoi sia fatto a te e viceversa quello che
vorresti fosse fatto a te fallo agli altri.
Nella vita di comunità, lo stesso si può
sintetizzare: in ogni occasione anteponi
al tuo il bene degli altri.
67
ex-alunni
PANE DAL CIELO
UN FILM
DI GIOVANNI BEDESCHI
A cura di Celina Duca
Giovanni Bedeschi è il fondatore e proprietario della
Bedeschifilm. Casa di produzione pubblicitaria
e cinematografica che opera a Milano.
Nato nel 1961, Giovanni si è diplomato presso
l’Istituto d’Arte Beato Angelico Scuola d’Arte
Sacra a Milano. Nel 1980 ha iniziato la sua
carriera nella pubblicità lavorando per diverse
agenzie di Milano come Ata, Bates e Mc Cann.
In 1991 diventano Associate Creative Director
in Saatchi & Saatchi e nello stesso anno ha
diretto il suo primo spot per Neutro Roberts,
scelto da Paul Arden per Cannes New Talent
Showcase quell’anno. Nel 1992 ha iniziato la
sua carriera come regista alla NPA poi alla New
Partner e infine alla BBE Politecne. Nel 1996
ha iniziato come free lance a lavorare per clienti
internazionali: CEI, Bayer, Barilla, Binda, Breil,
Lovable, Peroni, Sector, Tissot, Valtur e Wyeth.
Allo stesso tempo, ha diretto videoclip per
importanti artisti come Jovanotti, Baccini e Raf.
All’estero ha diretto diversi spot per paesi come
il Messico, il Medio Oriente, Russia e Stati Uniti.
Nell’aprile 2002, Giovanni ha aperto la sua casa
di produzione Bedeschifilm.
In Italia, Giovanni Bedeschi ha vinto molti premi,
tra cui: Mezzo Minuto d’Oro, Art Directors Club’,
Key Award e negli Stati Uniti ha vinto
il prestigioso Addy Award per Corona Beer.
Giovanni è docente di regia a Milano
““Pane dal cielo” vuole
essere un film che
accende i riflettori
sulla vita dei cosiddetti
“Senza Dimora” che
sopravvivono a
Milano”.
68
69
ex-alunni
PANE DAL CIELO
frame
all’Accademia di Brera, dove tiene lezioni
regolari per gli studenti specializzandi
in Scenografia.
Non in ultimo, vogliamo ricordare
che Giovanni è anche il presidente
dell’Associazione degli Amici della
Scuola Beato Angelico, ALBA.
A lui abbiamo chiesto di condividere
con noi le motivazioni di fondo del suo
ultimo lavoro Pane dal cielo, la trama del
film e il messaggio che intende offrire.
Ascoltiamolo:
70
Le motivazioni
Pane dal cielo vuole essere un film
che accende i riflettori sulla vita
dei cosiddetti Senza Dimora che
sopravvivono a Milano.
Ogni giorno che passa è per questa
gente un vero calvario, una vera
e propria sofferenza.
L’ispirazione è nata frequentando
L’Opera San Francesco, è otto anni
che faccio il volontario nella mensa dove
nasce la storia del film.
Ho conosciuto tante persone con storie
disgraziate alle spalle che le hanno
portate a perdere la direzione
e l’autosufficienza.
Ho imparato a regalare loro un sorriso,
un semplice “buonasera”, una pacca
sulle spalle per fargli capire che non
sono soli.
Ho capito anche che noi siamo loro,
basta veramente poco per trovarsi
per strada.
Papà separati, pensionati con il minimo
della pensione, gente che viene a Milano
a cercare fortuna ma poi si ritrova
per strada, imprenditori falliti, operai
senza lavoro perché le fabbriche hanno
chiuso, profughi di vari paesi ed etnie.
Potrei scrivere mille casi diversi.
In questi anni ho assimilato tante
emozioni e disperazioni finché parlando
con il mio amico autore Sergio
Rodriguez è nata la voglia di dare luce
a questo mondo di sofferenza con una
storia di speranza.
L’idea del bimbo che si vede e non
si vede vuole simbolizzare la realtà
dei disperati che non vogliamo vedere.
Una storia vera senza filtri però con
un percorso di speranza e dignità
perché è di questo che i senza dimora
hanno bisogno.
Nel mio cuore voglio anche il film
produca i suoi utili e che questi vadano
alle associazioni milanesi che aiutano
ogni giorno chi ha bisogno.
La trama
Lilli e Annibale vivono nella città di
Milano. Dormono nei pressi della
Bicocca, dove c’è la stazione GrecoPirelli. Annibale ha circa cinquant’anni.
Lilli più o meno quaranta.
La notte di Natale, Lilli e Annibale
trovano un neonato dentro un
cassonetto. È un maschietto. Sano.
Scalciante. I due cercano di riportarlo
al più vicino ospedale pediatrico, ma
assistono a un evento straordinario.
Nessuno dei dottori e degli infermieri
può vederlo. La scena è surreale: Lilli
e Annibale issano il bambino davanti
ai loro occhi e quelli vedono solo aria.
Niente di niente. Nessun neonato.
Non è così per tutti. C’è qualcun altro,
oltre ad Annibale e Lilli, che riesce a
vedere il piccolo. Sembra che il bambino
sia invisibile per lo più alla gente che vive
nelle case.
I due senzatetto si ritrovano improvvisati
genitori di una creatura davvero speciale.
Al deposito della stazione Lambrate,
dove decidono di accudirla, si genera
una piccola comunità: un’eterogenea
famiglia di senza dimora di ogni tipologia
e provenienza.
Ma cos’è che crea questa differenza
tra le persone? Perché solo alcuni
possono vedere il bambino?
È necessario rimettere insieme un
complesso puzzle, prima di capire cosa
distingue gli uni dagli altri. Diventa però
chiaro che il bambino è portatore di un
messaggio che deve essere diffuso.
Aiutati da un giovane blogger
e da una signora preoccupata
per il comportamento di suo figlio,
la comunità riesce a farsi sentire dalla
gente che vive nelle case.
La notizia del bambino si diffonde
rapidamente, radunando un popolo
sempre crescente di persone E così
l’avvento del bambino diventa motivo
di cambiamento. Il suo messaggio
s’insinua in cuori inaspettati. Anche
in persone che governano i sistemi
finanziari, responsabili di molte ingiustizie
del nostro tempo. È una nuova
opportunità per tutti. Per Annibale e Lilli,
così come per tutti gli uomini.
E poi, come è arrivato, il bambino
sparisce nel nulla. Ormai sicuro che il
suo messaggio avrà forti ripercussioni.
71
arsa
arsa
LE “ARTI
LITURGICHE”
PER IL POPOLO
DI DIO
A cura di Don Valerio
L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium
(abbreviato EG) di Papa Francesco, mi ha offerto
alcuni spunti di riflessione per quanto riguarda
la nostra scelta di Arte Sacerdozio.
“Il camminare insieme verso i santuari
e il partecipare ad altre manifestazioni della
pietà popolare, portando con se anche i figli
o invitando altre persone, è in se stesso
un atto di evangelizzazione” (EG n.124).
Perché non pensare a come, per tanti
secoli specie nei primi tempi il Popolo
di Dio ha costruito, arredato e decorato
i luoghi delle sue riunioni di culto per la
Santa Liturgia?
Nelle chiese d’Oriente, sia l’ortodossa
che la cattolica, soprattutto il culto
delle immagini, l’iconografia così ricca,
costituisce l’elemento comune e
indicativo sia delle solenni celebrazioni
del clero o dei monaci che della pietà dei
fedeli, non solo nei luoghi di culto, ma
anche nell’ambito familiare e domestico.
Quella scollatura che in Occidente, da
alcuni secoli permane, tra spiritualità
liturgica e pietà devozionale, non
sembra sussistere in quelle chiese che
non conoscono, oltre il monachesimo,
la varietà e molteplicità delle spiritualità
moderne, nate specialmente dopo
la decadenza della lingua liturgica
universale e del suo uso popolare:
il latino.
Il confronto con la persistente e
codificata tradizione delle chiese orientali
fa sorgere la domanda se in questo
campo non sia utile imparare (qualcosa
di più) nel dialogo con i fratelli ortodossi
(EG n.246).
Proprio quel luogo teologico della
spiritualità popolare sembra oggi
anticipare quell’ecumenismo alternativo
di cui scrissi tempo fa, a proposito del
diffondersi anche nelle nostre chiese
Difatti se tale nostra scelta ci pone a servizio del
Popolo di Dio, corpo mistico di Cristo morto e risorto,
non possiamo trascurare l’invito del Papa a prestare
attenzione anche a quel luogo teologico…che
lo spirito Santo dispiega nella pietà popolare e che
i vescovi latino americani, nel documento di Aparecida
(EG n.124) chiamano anche spiritualità popolare
o mistica popolare.
Mi domando infatti se, e in che modo, si
manifesta, potrebbe o dovrebbe manifestarsi
anche nei linguaggi visivi che, come sappiamo,
hanno nella liturgia sensibile (intendo così riferirmi
a quanto nella liturgia riguarda i cinque sensi
dell’uomo) una funzione permanente se non
preponderante.
A proposito della funzione evangelizzatrice il Papa
cita come esempio, sempre da quel documento:
Nostra Signora di Aparecida. Brasile
72
Papa Francesco con la statuina della Madonna di Aparecida
73
arsa
notizie
delle icone bizantine, benché forse,
meno ancorate alle relative liturgia,
teologia e iconologia.
È questo un segno di rinascita, magari
in forma diversa, di quella spiritualità
(liturgica?) popolare, fin qui ridotta agli
stereotipi di alcune immagini devote
e al culto di quelle figure segnate da
particolari eventi religiosi, e di cui non
si interessa né la storia dell’arte dei
manuali, né le indagini degli studiosi,
né l’interesse dei turisti?
La canonicità, per così dire,
dell’iconografia orientale e che la nostra
modernità sembra rifiutare, non è magari
un coefficiente della loro accoglienza da
parte anche del nostro popolo?
In sostanza, se dobbiamo riconoscere
che diversa è la bellezza di una
immagine da pregare per ciò che
rappresenta, da quella di una immagine
da ammirare (magari indipendentemente
dal suo significato religioso) perché
carica di valore artistico, quali sono i
veri requisiti di un linguaggio liturgico
popolare per le chiese che anche
oggi dobbiamo edificare, arredare e
decorare?
Ecco la sfida e la ricerca che vogliamo
proporre da queste pagine ai nostri
lettori e particolarmente agli amici
dell’ARSA.
Anche oggi, dopo cinquant’anni dal
Sacrosanctum Concilium, entrando in
tante nostre chiese siamo richiamati dal
palpito dei ceri votivi, accesi in omaggio
devoto dinanzi a immagini più o meno
miracolose, normalmente anonime,
che a volte ricordano l’origine di quel
luogo di culto. Segno evidente di una
tradizione ininterrotta, non influenzata
né da correnti artistiche né da curiosità
profane.
Ciò non appare per le tante opere d’arte
che attirano i gruppi turistici e le visite
guidate, e di cui pure sono ricche le
nostre stesse chiese.
Perché?
Non sarebbe ora che nei concorsi per
nuove costruzioni si facesse riferimento
a questo spirito popolare più che a
normative astratte o a indicazioni di
funzionalità?
Quali parametri allora indicare per una
nuova attenzione?
PAOLO VI
VERSO GLI ALTARI
19 OTTOBRE 2014
A cura della Redazione
Franz Ittenbach “Gesù chiama
i due discepoli alla sua sequela”
Dal discorso di Paolo VI alla Scuola d’Arte Cristiana
Beato Angelico - Milano, 20 febbraio 1965
Grati al Signore per il dono del nuovo prossimo
beato, anche da noi conosciuto e amato,
proponiamo uno stralcio del suo messaggio
indirizzato alla Famiglia e Scuola, Beato Angelico,
ma ancora valido per gli artisti di ogni arte,
soprattutto per quanti amano il decoro della
Casa di Dio e operano nel campo dell’arte
liturgica.
“Vogliamo dire: inserite la vostra arte, l’opera
vostra, l’oblazione del vostro genio e del vostro
lavoro nel grande ciclo della preghiera della
Chiesa, nella sacra Liturgia; entrate nello spirito e
nelle finalità della solenne Costituzione conciliare
che la riguarda; troverete un posto che vi
impegna a fondo e che esalta, accanto a quello
del sacerdote e a vantaggio di tutto il Popolo di
Dio, il vostro regale servizio”.
Nostra Signora di Aparecida. Brasile
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