IL PICCOLO – martedì 24 giugno 2014 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli ECONOMIA (pag. 2) Fincantieri, rush finale per il collocamento. Venerdì ultimo giorno REGIONE (pag. 2) Panontin blinda i precari. Slitta la riforma degli enti locali TRIESTE (pag. 3) Ferriera, un Consiglio comunale straordinario «Edilizia, persi dal 2008 mille posti di lavoro» GORIZIA-MONFALCONE (pag. 5) «Punto nascita, restituite le tessere ai partiti» (3 articoli) Verso l’ospedale unico tra Palmanova e Latisana ECONOMIA Fincantieri, rush finale per il collocamento. Venerdì ultimo giorno di Massimo Greco TRIESTE “Galop” finale per chiudere al meglio l’offerta fino a 700 milioni di euro che quota Fincantieri a piazza Affari. Fonti finanziarie riferiscono che il collocamento starebbe procedendo secondo programmi, sia sul fronte istituzionale (80%) che su quello “retail” (20%, con un potenziale teorico di migliaia di acquirenti). Il vertice del gruppo, dopo la parata in terre anglosassoni aldiqua e aldilà dell’Atlantico, concentra il serrate nelle piazze continentali: Parigi, Francoforte, Ginevra, Zurigo. L’ultima possibilità, per chi voglia comprarsi azioni Fincantieri con lotti minimi da 4000, è prevista nella mattinata di venerdì 27. Sul mercato finirà fino al 45% del capitale Fincantieri, mentre la controllante Fintecna (Cassa depositi e prestiti) manterrà, perlomeno in questa prima fase di apertura alla risorsa privata, la maggioranza. Il prospetto della quotazione contempla la cosiddetta “bonus share” ossia l’assegnazione gratuita di un’azione ogni 20. In attesa di conoscere l’esito dell’esordio borsistico, il gruppo procede nella quotidianità industriale. Ieri mattina a Marghera varo della prima Viking, la “Star”, un’unità passeggeri da circa 48 mila tsl, che sarà consegnata tra meno di un anno. Presente nel cantiere lagunare il patron della compagnia nordamericana, Torstein Hagen. Le altre due commesse di Viking sono in lavorazione nella stessa Marghera e ad Ancona. Per il momento nessuna ufficialità da parte Fincantieri alla notizia di un ordine proveniente da un altro gruppo statunitense, Prestige, che avrebbe affidato al gruppo italiano la costruzione di due unità da 66 mila tsl destinate al brand Oceania. Sito produttivo incaricato sarebbe, come per la precedente Oceania, lo stabilimento genovese di Sestri Ponente. Sempre dinamico il comparto offshore, dove la controllata norvegese Vard conferma una coppia di unità di supporto commissionata dalla Nordic American. Come consuetudine Vard non divulga il valore dell’ordine, che dovrebbe aggirarsi sui 200 milioni. Le navi vengono progettate nella norvegese Alesund, mentre gli scafi sono realizzati nel cantiere romeno di Braila. Al fermento in casa Fincantieri rispondono in campo crocieristico le mosse del concorrente tedesco Meyer Werft, che, insieme al governo finlandese, è intenzionato ad acquistare il sito di Turku da Stx Finland. I sudcoreani, afflitti da ingenti debiti, intendono vendere gli asset cantieristici nel Vecchio Continente. A Fincantieri non interessano. REGIONE Panontin blinda i precari. Slitta la riforma degli enti locali TRIESTE La riforma degli enti locali verrà presentata a settembre e non a luglio, come inizialmente previsto. A dichiararlo è stato l’assessore regionale Paolo Panontin durante il convegno organizzato ieri a Trieste dalla Cisl regionale. «La riforma delle aggregazioni è un cantiere in fase avanzata - spiega -. Il disegno di legge sarà disponibile entro fine luglio? Immagino di sì, ma può darsi che ragioni di opportunità consiglino di slittare a settembre». Il segretario della Cisl Luciano Bordin ha difeso la necessità del Comparto unico: «Resta uno strumento essenziale, che va però portato a compimento, razionalizzando l’iniziale progetto per ricavarne quei vantaggi necessari perché la riforma abbia successo». Sul tema del comparto, Panontin ha spiegato la situazione attuale, all’indomani dell’approvazione unanime in consiglio della legge “Salva precari”: «Con quella legge abbiamo tamponato un’emergenza - dice Panontin -. Ma non siamo andati allo sbaraglio, ci sono stati due tavoli romani per costruire norme che fossero condivisibili». La settimana scorsa «abbiamo ottenuto un incontro con personale del ministero che ci ha garantito la “blindatura” dell’articolo 4 della legge, quello che stabilisce il sistema integrato regionale. È un punto fondamentale il poter dire allo Stato che noi seguiremo le direttive generali provenienti da Roma, ma al nostro interno ci regoleremo secondo la nostra autonomia». Tornando alla riforma degli enti, Panontin si è poi soffermato sugli aggregati di Comuni: «Ci saranno dei punti fermi per la loro organizzazione interna - spiega -. Ogni ente locale dovrà essere rappresentato in assemblea e nessuno dovrà essere maggioritario rispetto agli altri. Si dovranno rispettare le minoranze linguistiche. Gli aggregati avranno poi un tempo determinato per approvare uno statuto, altrimenti dovranno accettarne uno tipo imposto dalla Regione, che potranno poi modificare». (g.t.) TRIESTE Ferriera, un Consiglio comunale straordinario Anche Giovanni Arvedi, probabile neoproprietario e Piero Nardi commissario straordinario della Lucchini sono stati invitati al Consiglio comunale straordinario sull’argomento Ferriera convocato per le 16.30 di giovedì. «Un Consiglio convocato su richiesta dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - specifica Iztok Furlanic presidente dell’assemblea - ma che intende fare il punto sulla questione di Servola non solo riguardo alle tematiche ambientali, ma anche con riferimento a quelle occupazionali e industriali. Se i nostri inviti verranno accolti sono previsti una ventina d’interventi: per questo l’inizio dei lavori è stato previsto già nel pomeriggio.» Oltre, come detto a Finarvedi e a Lucchini, a Confindustria, ai sindacati e ai rappresentanti di fabbrica, dovrebbero infatti intervenire anche la Regione, l’Arpa, l’Azienda sanitaria, la Provincia, l’Autorità portuale, le associazioni ambientaliste. Sarà forse l’occasione per capire se, dopo la due diligence, è pronta l’offerta vincolante da parte della Siderurgica Triestina, la società costituita ad hoc dal Gruppo Arvedi per rilevare lo stabilimento servolano e se la nuova proprietà intenderà avvalersi di tutto l’organico o se, come temono i lavoratori, tenterà di effettuare alcuni tagli. E frattanto all’interno dello stabilimento si è diffusa la voce, peraltro priva di conferme ufficiali, per cui Arvedi con una spesa che sfiorerebbe il milione di euro, avrebbe già ordinato i mattoni e gli altri materiali refrattari per rifare le pareti dell’altoforno dopo che i lavori sulla bocca sono pressoché conclusi. Un’illazione che ha aperto un tenue spiraglio di ottimismo perché se la voce sarà confermata, la seconda, ineludibile fase di lavori potrebbe partire presto evitando che la cassa integrazione, che peraltro sta per essere rinnovata, si protragga per diversi mesi ancora. Per metà luglio è attesa l’offerta ufficiale di Arvedi, si conoscerà finalmente il piano industriale e partirà anche la trattativa con i sindacati. Perfezionato l’acquisto, sarà firmato l’accordo quadro in base al quale Debora Serracchiani diverrà commissario straordinario dell’intera area. Per quanto riaguarda invece lo stabilimento più grande della Lucchini, quello di Piombino, il presidente del gruppo indiano dell'acciaio Jws, Sajjan Jindal ha visto nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi e il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Il gruppo Jws dovrebbe presentare un' offerta vincolante per il laminatoio e l'impianto marittimo entro il 5 luglio. (s.m.) «Edilizia, persi dal 2008 mille posti di lavoro» Un migliaio di posti di lavoro persi nel comparto dell'edilizia dal 2008 a oggi nella sola provincia di Trieste, a fronte degli 8mila dell'intero territorio regionale. Sono i numeri della crisi emersi nel convegno organizzato alla Camera di commercio dalla Cna provinciale dal titolo “Patto di stabilità: ricadute e prospettive per appalti di lavoro e servizi”, che ha riunito i rappresentanti delle istituzioni e quelli delle imprese per analizzare i limiti di un documento che pregiudica agli enti locali la possibilità di utilizzare risorse pubbliche con evidenti ripercussioni su economia e occupazione. Dopo i saluti del presidente camerale Antonio Paoletti e di quello di Cna Trieste Giovanni Tassan, il via al dibattito vero e proprio. «Entro la fine del mese contiamo di chiudere la trattativa con il Governo per il Patto di stabilità, ma va rivisto l'accordo Tremonti-Tondo», ha affermato la presidente della Regione Debora Serracchiani: «Nel nostro territorio ci sono tremila opere attualmente bloccate per 500 milioni di euro, ma dopo un attento monitoraggio delle stesse siamo riusciti a non bruciare gli spazi finanziari inutilizzati». La situazione provinciale è stata delineata dal sindaco Roberto Cosolini. «Il Patto di stabilità va cambiato per il suo effetto recessivo e iniquo - ha sottolineato il primo cittadino -. Le misure limitative vengono infatti applicate sia ai Comuni virtuosi come il nostro, sia a quelli che hanno sperperato risorse. Collocando sul mercato le azioni Hera siamo riusciti a sbloccare alcune situazioni, vedi l'intervento di riqualificazione nell'area del Borgo Teresiano, evitando così di perdere i finanziamenti pubblici e di veder ridotti gli spazi finanziari». Dall'altra parte della barricata il punto di vista delle imprese. «In passato, quando il mercato privato crollava, erano gli investimenti pubblici a far leva sulla ripresa economica, mentre adesso con il Patto di stabilità questo non è più possibile - ha commentato Nunzio Maglione, presidente Cna costruzioni Trieste -. Il nostro grido d'allarme va a sollecitare una revisione di questi vincoli nell'interesse dell'economia, dell'occupazione e dell'intero Paese». Concetti ripresi da Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste, secondo il quale «le piccole imprese del territorio sono in enorme sofferenza a causa di un mercato bloccato: i problemi maggiori derivano dalle difficoltà di accesso al credito, da una burocrazia asfissiante e da un pressione fiscale devastante che arriva al 65%». «Siamo di fronte a dati che fanno paura», è intervenuto il presidente dell’Ance Trieste Donato Riccesi: «Alle imprese mancano le commesse ed il mercato si è ridotto del 50% dal 2008 ad oggi. Serve riacquistare fiducia, recuperare il credito bancario e una fiscalità degli investimenti sicura e non schizofrenica». Pierpaolo Pitich GORIZIA-MONFALCONE «Punto nascita, restituite le tessere ai partiti» di Francesco Fain «Se avete ancora un po’ di dignità, restituite le vostre tessere ai rispettivi partiti e finite i vostri mandati come semplici cittadini». La proposta, provocatoria fin che si vuole, è dell’associazione di genitori “Essere cittadini”. «È probabile che nei prossimi giorni assisteremo a manifestazioni con labari, gagliardetti, gonfaloni e quant’altro contro la decisione della giunta Serracchiani di chiudere il centro nascita a Gorizia. Per noi cittadini, almeno quelli che seguono da un po’ di anni le miserie goriziane, questo ennesimo teatrino sarà ancora più vergognoso e disgustoso, se possibile, dei precedenti. Intanto sono iniziate le reciproche accuse dei soliti noti, sì proprio quei partiti che con simboli e nomi diversi hanno nel corso di 30 anni sistematicamente affossato le sorti, non solo quelle della sanità, della nostra provincia e del Comune di Gorizia: territorio depredato a partire dalla nota legge 13 cosidetta “chiudi ospedali” in poi». «La storia o meglio i politici goriziani hanno disegnato un percorso diverso rispetto alla costruzione di un nuovo e moderno ospedale sempre nella stessa area del vecchio ospedale civile di via Veneto. Si è proceduto al riacquisto del Fatebenefratelli, alla chiusura del civile e all’apertura della struttura del Fatebenefratelli (con tutte le criticità da molti denunciate). Ci sono stati tagli cronici a tutti i reparti fino a ridurne la sicurezza e la funzionalità per arrivare al compimento del disegno politico ben chiaro a tutti, e, cioè la loro chiusura. Perché è successo? Ordini superiori delle segreterie regionali e nazionali? Ordini molto chiari, le risorse del bilancio regionale devono andare Udine, Trieste e Pordenone. E Gorizia? Gorizia si deve accontentare di qualche contributo per Gusti di frontiera, Feste della birra e Festival folcloristici, insomma panem et circenses. O meglio: di questo si devono accontentare le segreterie locali dei partiti, se vogliono mantenere ancora un paio di poltrone a Roma e in consiglio regionale». Continua l’associazione presieduta da Stefano Cosolo: «Come cittadini noi riteniamo che queste poltrone, a parte il lauto stipendio che garantiscono a chi vi siede, a Gorizia non solo non sono servite ma, addiritture, sono state controproducenti e utilizzate non proprio a favore di questa città e dei suoi interessi, e ci riferiamo in primis proprio alla sanità ma anche alle sorti del tribunale. Ecco allora perchè l’associazione ritiene che al posto di uno squallido e già visto teatrino, l’unico gesto dignitoso da parte dei politici goriziani sarebbe quello, almeno, di restituire le tessere del proprio partito e non dover così più rispondere ai diktat che di fatto hanno imposto negli ultimi trent’anni, la fine politica di Gorizia e di tutto l’Isontino». «Qualcuno pensa ancora, veramente che l’asse del Pd Renzi/Serracchiani o peggio, il centrodestra, abbiano intenzione di occuparsi delle “magagne” goriziane? Seriamente, anche se ci sono ancora degli illusi, la realtà è ben chiara e diversa. E i cittadini, dove sono, che fanno? Come associazione Essere Cittadini siamo sempre disponibili ad incontrare altri cittadini consapevoli e volenterosi: se ci siete fatevi vivi, questo è il momento», sottolinea il presidente del sodalizio. Romano: «Quando si voterà i goriziani non dimenticheranno» La sua posizione è sempre stata chiara: il Punto nascita di Gorizia non si tocca. L’ha affermato in tempi non sospetti anche quando in Regione c’era la giunta di centrodestra guidata da Renzo Tondo ed era più difficile (per il Comune di Gorizia) contrapporsi ad un’amministrazione dello stesso colore. Logico che oggi la delusione che sta provando è cocente. Silvana Romano, assessore comunale al Welfare e alla Sanità, non nasconde i suoi sentimenti. «Sono molto arrabbiata, scrivetelo pure. Purtroppo, è capitato di nuovo: deve essere sempre Gorizia a pagare il prezzo maggiore quando si parla di sanità, solo perché non è allineata politicamente alla Regione. Leggendo i provvedimenti decisi dalla giunta Serracchiani, mi pare che siano state penalizzate esclusivamente le amministrazioni di centrodestra. Questo è un “modus operandi” consolidato dello schieramento opposto quando è al governo». Silvana Romano è sicura che i goriziani, quando saranno chiamati al voto, non si dimenticheranno di quanto fatto dal centrosinistra regionale. «E anche se si dimenticheranno, farò di tutto per rammentare loro cosa ha fatto l’amministrazione Serracchiani per la nostra città - promette battaglia l’assessore -. La chiusura del Punto nascita è una delusione totale: questo significa boicottare la collaborazione transfrontaliera». L’assessore conclude con la vicenda-casa di riposo. «La giunta regionale dice che dobbiamo stare tranquilli e che i fondi arriveranno? Fino a quando non vedrò i soldi recapitati al Comune di Gorizia non mi tranquillizzerò». (fra.fa.) Altran: «Prima di tutto la salute dei bambini» «È necessario tirare le fila delle possibili azioni di contrasto alla chiusura del Punto nascita». A dichiararlo è Manuela Botteghi (M5S). «Crediamo che la nostra amministrazione debba farsi carico anche di capire meglio quali siano le intenzioni della giunta regionale per il nostro Comune e la nostra Provincia, finché questa esisterà. C'è inoltre tutta la partita del Gect e della sanità transfrontaliera: per questi semplici motivi va convocati i capigruppo per un primo confronto e una ricognizione delle rispettive posizioni».«La classe politica dev’essere molto responsabile e non anteporre visioni solo apparentemente plausibili ai dati di fatto». È l’appello lanciato dal sindaco di Monfalcone, Silvia Altran, in merito alle decisioni della Regione sui “Punti nascita” previsti dalla riforma della Sanità regionale. «La salute dei bambini e quella delle mamme viene prima di tutto – ribadisce il sindaco - e se i dati medico-scientifici sono questi, devono essere presi in assoluta considerazione, senza lasciarci sviare da altre considerazioni. Ciò che tutti dobbiamo fare è aiutare la Direzione regionale a fare le scelte migliori basandosi su ragionamenti oggettivi, non influenzati da emozioni estemporanee. Ai nostri cittadini dobbiamo dare il massimo servizio possibile, razionalizzando allo stesso tempo la spesa, proprio per aumentare l’efficienza». Questo si può fare, ha ricordato il sindaco in più occasioni, solo basandosi su un’analisi seria e precisa dei dati oggettivi. Perciò, continua il sindaco, non saranno accettati “baratti”: «Non voglio neppure sentire il discorso che Monfalcone, avendo già avuto il “Punto nascita”, deve rinunciare ad altro – conclude il sindaco -. Questo non è un “do ut des”, ma una decisione presa sulle basi della migliore funzionalità, e così dev’essere con tutte le prossime azioni, come abbiamo più volte ricordato a proposito delle riorganizzazioni della chirurgia e degli altri servizi». Sulla questione interviene anche il capogruppo consiliare di “CambiAmo Monfalcone”, Luigi Blasig. «Non si pensi che le posizioni espresse da Gorizia sul “Punto nascita” e sulla sanità in generale, siano quelle condivise dall’intero Isontino. Sono d’accordo - aggiunge Blasig - sull’approccio con il quale la giunta regionale affronta i problemi legati alla riforma, basandosi su criteri oggettivi, dati di attività e rapporti in ordine ai bacini di utenza. Sono altrettando d’accordo a ragionare su un ospedale unico. Ma Monfalcone non fa parte del coro di chi ora piange e difende posizioni oggettivamente indifendibili. Mi chiedo, del resto, che scandalo è se per una volta l’ospedale unico utilizzi la sede cittadina, risultata più efficiente? Quando si è trattato di Pretura, di Giudice di pace, di dogane, Agenzia delle Entrate, Catasto, Apt, ecc., ci siamo sentiti dire che la provincia deve essere unita e che 20 chilometri non possono essere un problema. E ora - obietta Blasig rivolgendosi ai dirigenti politici goriziani - ci si vergogna forse di nascere a Monfalcone e di farli loro (i goriziani, ndr) quei 20 chilometri?». Blasig si chiede: «L’argomento finora più speso in ordine a Gorizia città capoluogo di provincia, ha ancora senso?». Quanto alle asserite “compensazioni”, il rappresentante di “CambiAmo” osserva: «Mi pare che in questi anni Monfalcone, città industriale che tiene in piedi l’economia della provincia, abbia assistito a compensazioni anticipate da parte della Camera di commercio di Gorizia, con un diluvio di denaro pubblico, tra aule universitarie, conference center inutilizzati, auditorium e palazzi vari, senza, per inciso, aver investito un euro nel Polo intermodale di Ronchi. Tutti soldi sottratti a interventi potenzialmente ben più significativi. Si parla poi delle università–doppione di Trieste e Udine, ma che dire delle università distaccate e duplicate a Gorizia?». Verso l’ospedale unico tra Palmanova e Latisana di Alfredo Moretti PALMANOVA La presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, e l’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca, hanno incontrato ieri a Udine il sindaco di Palmanova, Francesco Martines, per discutere sui temi dell’imminente riforma sanitaria e le sue ricadute per il territorio della Bassa Friulana. Nel corso del colloquio, è stata prospettata nel dettaglio la scelta di procedere verso l’ospedale unico tra Latisana e Palmanova, ovvero un unico presidio ospedaliero organizzato su due sedi. «Abbiamo convenuto - ha sintetizzato la presidente Serracchiani sull’esigenza di razionalizzare per evitare i doppioni e di riconvertire alcune funzioni per rispondere alle nuove esigenze di cura della popolazione attuale. Abbiamo prospettato gli interventi che potranno essere attuati in capo all’una e all’altra struttura e, in particolare, abbiamo discusso di alcune funzioni: in primis quella riguardante il servizio del 118 già anticipata nella riforma dell’emergenza, che potranno essere convogliate su Palmanova in ragione della sua peculiarità logistica di baricentro della regione». Per quanto riguarda, invece, la razionalizzazione dei “Punti nascita”, il sindaco della città stellata, Francesco Martines, ha fatto presente che «esistono tutti i parametri e le condizioni per tenere aperto quello di Palmanova». In merito, la presidente Serracchiani e l’assessore alla Salute, Telesca, hanno ribadito che qualsiasi decisione non prescinderà da un’attenta analisi e monitoraggio dei flussi dei parti nei prossimi mesi. «Una volta chiuso il “Punto nascita” di Gorizia, unica decisione che è già stata assunta in ragione del crollo del numero dei parti in quest’ultimo anno nella struttura che diventa così a rischio per mamme e operatori per motivi di responsabilità medico legale - hanno spiegato -, verificheremo dove confluiranno i flussi dei parti. A fronte quindi dell’esito relativo al monitoraggio, faremo una valutazione di concerto con il territorio». Per affrontare i temi che stanno più a cuore alla cittadinanza della Bassa Friulana, è stato concordato di organizzare prossimamente un’assemblea pubblica. Il sindaco Francesco Martines, dopo l’incontro in mattinata con i capigruppo consiliari della città stellata e dopo il vertice pomeridiano al Palazzo regionale di Udine con la governatrice Serracchiani e l’assessore Telesca, ha osservato: «I numeri del “Punto nascita” di Palmanova non giustificano la possibilità di chiusura. Ho ribadito gli elementi di forza già noti del “Punto nascita” di Palmanova, tra cui il minor numero di cesarei in Italia, l’elevato ricorso alla partoanalgesia e ho convenuto che, per una decisione finale, si valuteranno anche i flussi conseguenti all’operatività della chiusura del servizio di Gorizia e dell’annunciata riforma del Veneto, con riguardo a Portogruaro», ha sottolineato Francesco Martines. Il sindaco ha quindi puntualizzato che su Palmanova gravita già buona parte dell’Isontino e ciò ha comportato numeri doppi rispetto a Latisana. «Confido che sarà probabile, anzi facile avvicinarsi ai 1000 parti l’anno». Martines ha, inoltre, voluto ricordare che dal 2001 al 2011 Latisana è passata da 493 a 450 parti, mentre Palmanova è cresciuta da 578 a 846. «Le decisioni si prendono alla luce di un’analisi puntuale dello stato di fatto - ha concluso il primo cittadino - e si attestano sull’eccellenza raggiunta a Palmanova, che è frutto di un’esperienza di anni e che non può essere traslata da un posto all’altro tout court».
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