Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 140 18 Febbraio 2014 83 Pagine Novità Yamaha YZF-R125 Kawasaki Ninja 250RR Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Nico Cereghini Mi gioco la carriera: un paio di piloti che si sono cacciati in una impresa molto difficile Internazionali d’Italia Cairoli è Campione nonostante un infortunio | prova naked | MV Agusta Brutale 800 Dragster da Pag. 2 a Pag. 13 All’Interno NEWS: Guida all’usato Ducati Monster Quattro valvole | M. Clarke I ciclomotori italiani a quattro tempi / terza parte MOTOGP: Rossi 35 anni e tante vittorie | SBK: I test in Australia | ENDURO: Hell’s Gate gara finita da Jarvis e Walker MV Agusta Brutale 800 Dragster PREGI Personalità e prestazioni DIFETTI Abitabilità quasi da monoposto e prezzo Prezzo 13.490 € Prova naked L’altra faccia della rabbia La Dragster è la versione intransigente e arrogante della Brutale 800. Più curata, esclusiva e costosa: 13.490 euro. Ha un allestimento completo, con ABS, ed elettronica migliorata. Il passeggero però è indesiderato di Francesco Paolillo 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica retrovisori sono presi direttamente dalle sorelle Turismo Veloce e Rivale, mentre i supporti delle pedane e i fregi in alluminio per il parafango anteriore, sono specifici per questa moto, così come la palpebra che sormonta il faro anteriore e la sella, con cuciture a vista. L’impostazione di guida cambia anche grazie al fatto che al posto del manubrio della Brutale 800, ora ci sono due semi manubri dotati di regolazione, con un’escursione utile di 7°, che corrisponde a 40 mm. Media Motore e ciclistica La Dragster 800 condivide ciclistica e meccanica con la sorella Brutale 800, quindi la potenza del tre cilindri rimane invariata, 125 cv (92 kW) a 11.600 giri, così come la coppia, 81 Nm (8.25 kgm) a 8.600 giri, mentre il cambio a sei marce, di tipo estraibile, è dotato di serie di quick-shift. Il MVICS (Motor Vehicle Integrated Control System) è stato oggetto di un altro sviluppo nelle logiche di funzionamento della centralina Eldor M V Agusta si muove in maniera agile e brillante in un mercato motociclistico, che almeno in Italia, è a dir poco bolso e zoppicante, ma che in altri lidi è meno sofferente e sempre in cerca di novità. E proprio parlando di novità la casa italiana stupisce ancora, presentando un altro modello - in totale si arriva a dodici contro i tre disponibili poco più di dieci anni fa - che allarga ulteriormente la famiglia delle tre cilindri, andando a colmare una nicchia, senza il clamore suscitato dalle sorelle Rivale e Turismo Veloce, ma che di certo solleticherà le voglie di un ristretto numero di appassionati. Che poi tanto ristretto può anche non essere. Non è una moto da grandi numeri, né gli uomini di MV Agusta l’hanno pensata e 4 Prova EM2.0, che garantisce un miglioramento tangibile nella dinamica e nel comportamento sia del motore sia della moto stessa, relegando al passato le incertezze del ride by wire. Tali modifiche non sono esclusive dei nuovi prodotti, ma sono disponibili anche per tutte le tre cilindri che hanno da tempo varcato i cancelli della fabbrica di Schiranna, e che in pochi minuti possono essere aggiornate semplicemente recandosi in una concessionaria MV. L’MVICS (Motor & Vehicle Integrated System) consente, sulla Dragster come sul resto della gamma tre cilindri, di scegliere fra tre mappature differenti (Sport – Normal – Rain), più una quarta aggiuntiva, Custom, completamente personalizzabile. Come sulle sorelle, anche sulla Dragster si può intervenire su controllo di trazione (regolabile su otto livelli), intervento del freno motore e del limitatore di giri, risposta del motore ed erogazione della coppia e risposta del comando del gas. Le regolazioni si possono attuare attraverso l’utilizzo dei pulsanti realizzata a tale scopo: è un vero e proprio sfizio a due ruote, una seconda moto magari, dalla personalità forte e irriverente, per motociclisti senza compromessi. Deriva strettamente dalla B3 800, ma le componenti modificate rendono la Dragster più curata e ricercata, caratteristiche che innalzano anche il prezzo di listino fino a 13.490 euro franco concessionario. La prima cosa che colpisce è il codino “mozzato”, con la sella dalla nuova conformazione in sostanza monoposto, che rende ancora più compatta la vista laterale della tre cilindri di Varese, mentre i cerchi specifici per questa moto, calzano pneumatici (Pirelli Diablo Rosso II) 120/70 anteriori e 200/50 posteriori, dimensione che estremizza ulteriormente il concetto di moto da sparo. Due le colorazioni disponibili, Bianco oppure Grigio Avio metallizzato opaco. Porta targa e specchi 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito di selezione posizionati sui blocchetti elettrici. La ciclistica è strettamente derivata da quella della B3 800, e se si esclude una taratura leggermente diversa delle sospensioni, e quindi della forcella a steli rovesciati Marzocchi da 43 mm e del mono Sachs (entrambi ampiamente regolabili), la Dragster 800 è una copia fedele della Brutale 800. Certo il telaietto reggisella è stato rivisto, in virtù delle dimensioni ridotte, ma il traliccio in tubi di acciaio ALS e le piastre in fusione di alluminio sono gli stessi, così come il bellissimo forcellone monobraccio. Freni Finalmente tutta la gamma MV a tre cilindri è ora disponibile con l’ABS, che nel caso della Dragster è di serie, e che quindi esce dai concessionari dotata di un sistema Bosh 9 PLUS, che sovraintende al funzionamento della coppia di dischi flottanti da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini e al singolo disco posteriore da 220 mm con pinza a due pistoncini. 6 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prova Bando alle ciance: il nostro test Un meteo avverso che ha bagnato abbondantemente le strade francesi per tutta la notte, mette a dura prova la Dragster 800 e soprattutto chi la guida. Il carattere irascibile della tre cilindri italiana potrebbe mal digerire asfalti scivolosi e strade ricche di curve, mentre il gommone posteriore da 200, dalle caratteristiche più votate alla performance che non alle prestazioni in condizioni difficili, ci porta a guidare in maniera oltremodo prudente. La leggerezza della Dragster è però uno degli aspetti positivi che emergono sin dai primi chilometri, mentre la presenza dell’ABS, unita a quella dei controlli di trazione, sono una bella garanzia di tranquillità. A mano a mano che passano i chilometri, dobbiamo ricrederci, e la tensione che sulle prime ci portava a guidare in maniera particolarmente accorta, inizia a scemare. Il perché è presto detto, la risposta ai comandi del gas conseguente l’aggiornamento del software di gestione del motore, hanno sortito gli effetti sperati, e a giovarne è la guidabilitá in tutte Alziamo il ritmo e cominciamo a sfruttare maggiormente le prestazioni del “Tre Pistoni”, che è davvero arrabbiato e arrogante quando gira nella zona alta del contagiri 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb le condizioni. Il tanto acclamato ABS finalmente consente di affrontare le frenate più impegnative e i terreni più insidiosi, con una certa tranquillità, e permette di sfruttare al meglio l’impianto frenante, con la novità di un freno posteriore ben più modulabile rispetto alle versioni prive di antibloccaggio, e che è più facile e soprattutto più piacevole da usare. Durante il test su strada, abbiamo avuto modo di guidare oltre alla Dragster, anche la Brutale 800, quindi siamo riusciti a metterle a confronto in tempo reale. Le differenze sono abbastanza evidenti, con una posizione di guida “più inserita” (la sella è più scavata e offre meno possibilità di movimento rispetto a quella della B3) e leggermente più caricata in avanti nella Dragster, con una leggera perdita di velocità negli inserimenti in curva e nei cambi di direzione, a causa dell’aumento della sezione del 8 pneumatico posteriore. Diciamo subito che la Dragster rimane molto agile e reattiva nei percorsi misti, e che la dinamica non peggiora assolutamente, ma semplicemente cambia. Mentre l’asfalto si asciuga alziamo il ritmo e cominciamo a sfruttare maggiormente le prestazioni del Tre Pistoni, che è davvero arrabbiato e arrogante quando gira nella zona alta del contagiri. Questo propulsore, a differenza del concorrente inglese e soprattutto dei neo arrivati giapponesi, è decisamente propenso a girare alto, e mostra il meglio di se dai 7/8.000 giri in su, regimi in cui il suono dell’aspirazione e la musica che esce dagli scarichi fanno letteralmente godere chi gli sta in sella. Dimostrando però che è anche capace di girare basso e di riprendere senza incertezze quando si va a spasso, magari in mezzo al traffico. La prova in pista La parte finale del test dinamico ci ha riservato una sorpresa, perché abbiamo avuto la possibilità di provare la neonata Dragster 800 anche in pista, a Le Castellet. Una forzatura? Sulle prime avremmo risposto di sì, ma con il senno di poi diciamo che ci può stare! Che a Schiranna sappiano mettere a punto le ciclistiche delle loro creature è un dato acquisito, e questa Dragster 800 non è da meno e porta avanti la tradizione. Il tracciato oggetto del contendere è quello del Paul Ricard di Le Castellet, in versione accorciata, ma sempre probante e impegnativo per qualsiasi tipo di moto, e soprattutto per una naked agile e reattiva come la MV Dragster 800. La pioggia notturna ha lasciato tracce evidenti del suo passaggio, e in molti punti la pista è ancora umida, per non dire bagnata, ma la voglia di girare e di provare questa belva scatenata è tanta. Le prime sorprese riservateci riguardano sia le prestazioni del motore, che consentono uscite di curva e accelerazioni in stile tiro con la fionda, senza quelle incertezze e ritardi che caratterizzavano la precedente gestione dell’elettronica, mentre il cambio dotato di quick shift inserisce, o meglio spara letteralmente un rapporto dietro l’altro. La reattività della ciclistica e l’immediatezza nel recepire i comandi del pilota, non contrastano con una stabilità sul veloce che ha dell’incredibile, e per veloce intendiamo la percorrenza della famosissima curva Signes, dopo il lungo, e altrettanto famoso rettilineo del Mistral, che la Dragster ha affrontato senza battere ciglio in quarta piena, forte anche del maggiore appoggio offerto dal gommone posteriore. Nella parte mista la naked italiana mette in mostra doti di 9 10 11 ABBIGLIAMENTO piegatrice da prima della classe, alla faccia delle coperture di primo equipaggiamento dalla connotazione prettamente stradale, mentre pedane e scarico sono ben lungi dal grattare l’asfalto. Certo senza le macchie di umido e con due pneumatici in mescola… L’ABS tanto apprezzato su strada, ci mette del suo anche tra i cordoli di questa bellissima pista, anche perché nella staccata più impegnativa in fondo al rettilineo dei box (girando sul “corto” si deve affrontare un tornantino da prima/seconda), c’erano delle evidenti tracce di umido che promettevano male. No problem, staccatona senza indugi, ABS che massimizza il grip del pneumatico anteriore, e via andare. In uscita peliamo il cordolo, e sentiamo l’intervento del controllo di trazione che finora ha riposato bellamente, anche perché questa Dragster, come del resto tutta la gamma sviluppata sulla piattaforma tre cilindri, ha trazione e grip da vendere, e innescare l’intervento dell’elettronica è più difficile rispetto a molte concorrenti. La Dragster 800 è divertente anche nell’uso estremo in pista? La risposta è sì. Estrema e modaiola in apparenza, esclusiva nella dotazione tecnica e nel prezzo, diamo un benvenuto a una moto che farà parlare di sé e che innescherà, anzi l’ha già fatto, discussioni infinite. Una moto che riesce a emozionare nella guida su strada così come parcheggiata davanti al locale di tendenza, e perché no, anche in pista. 12 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Giacca IXS Guanti Spidi Carbo3 Pantaloni Draggin Jeans Casco Arai Quantum Stivali XPD XP5-S Tuta Spidi Track Wind Pro MV Agusta Brutale 800 Dragster € 13.490 Tempi: 4 Cilindri: 3 Cilindrata: 798 cc Disposizione cilindri: in linea Raffreddamento: a liquido e olio con radiatori separati Avviamento: E Potenza: 125 cv (92 kW) / 11600 giri Coppia: 8.25 kgm (81 Nm) / 8600 giri Marce: 6 Freni: DD-D Misure freni: 320-220 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 167 kg Lunghezza: 2060 mm Larghezza: 825 mm Altezza sella: 811 mm Capacità serbatoio: 16.6 l Segmento: Naked 13 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News Yamaha YZF-R125 Tante novità per il 2014 Novità estetiche e di sostanza per la piccola supersportiva: design del cupolino, gruppo ottico posteriore, iniezione elettronica, forcella up-side down, nuovo disegno dei leveraggi della sospensione posteriore. Prezzo 4.490 euro f.c Y amaha lancia il nuovo modello della più piccola supersportiva dei tre diapason che si presenta con un nuovo look dinamico e ispirato alle R-Series, la ciclistica ancora più sofisticata. Tante le novità. Nuova carena ispirata a R6 Per il 2014 YZF-R125 cambia volto con il nuovo design del cupolino, più dinamico e ispirato alle linee di YZF-R6. La presa d’aria ricavata tra i due fari regala al nuovo modello un’immagine ancora più aggressiva, che accentua il family feeling con le R-Series e dichiara l’eredità delle competizioni. Il posteriore ha un nuovo gruppo ottico, ed è equipaggiato da un porta targa più corto che ne enfatizza la sportività. Nuova iniezione elettronica Il modello 2014 è equipaggiato con una nuova iniezione elettronica che - garantisce Yamaha ottimizza ulteriormente i consumi, riducendoli di circa l’11% rispetto l’attuale versione. Nuova forcella up-side down e leveraggi sospensione posteriore rivisti Il nuovo design della sospensione anteriore è una delle innovazioni più significative. Come le sorelle maggiori YZF-R1 e YZF-R6, anche la nuova YZF-R125 adotta una forcella a steli rovesciati da 41mm. Oltre alla nuova forcella, la versione 2014 14 15 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito presenta anche un nuovo disegno dei leveraggi della sospensione posteriore, per migliorare il comfort del pilota e del passeggero. Freno a disco anteriore flottante con pinza radiale YZF-R125 2014 adotta un freno a disco anteriore flottante da 292mm con pinza radiale. Un’abbinata che assicura frenate più potenti, e una risposta immediata all’azione della leva. Leggeri cerchi in lega con razze a Y, ispirati al mondo delle competizioni Altra novità del 2014 sono i cerchi in lega, con razze a Y che accentuano il look da competizione di questa moto da sogno. I nuovi cerchi calzano uno pneumatico 100/80-17 (anteriore) e 130/70-17 (posteriore), per una trazione straordinaria e una tenuta di strada impeccabile. Strumentazione LCD multifunzione La strumentazione è stata completamente ridisegnata e il nuovo display LCD multifunzione e retroilluminato indica il tachimetro digitale e il contagiri a barre, a sinistra il display multi 16 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News funzione, facilmente navigabile, offre le informazioni sulla temperatura del motore, i dati su velocità massima, velocità media e consumo di carburante. Attraverso il display di destra invece il pilota riceverà informazioni sul livello di carburante e indicazione sulla riserva, il contachilometri parziale, l’indicatore dei chilometri residui e l’orario grazie ad un orologio digitale. Componenti della ciclistica ridisegnati Accanto alle modifiche più importanti sono stati introdotti numerosi cambiamenti sulla ciclistica. L’introduzione della nuova forcella rovesciata ha permesso l’impiego di un nuovo parafango anteriore verniciato carbon-look che ne accentua l’immagine di moto ispirata alle competizioni. Per migliorare estetica e funzionalità il pedale del freno posteriore, la leva del cambio e i supporti delle pedane per il passeggero sono stati sviluppati in alluminio forgiato, mentre il terminale di scarico ha un nuovo design, ancora più sportivo. Colori e disponibilità La nuova YZF-R125 sarà disponibile da fine aprile nei colori Matt Grey, Anodized Red e Race Blu, al prezzo di Euro 4.490 f.c. IVA inclusa. 17 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News Kawasaki Ninja 250RR, per ora solo in Asia di Edoardo Licciardello | Una nuova versione della Ninja d’accesso con propulsore monocilindrico per i mercati orientali. Difficilmente arriverà qui da noi S i chiamerà Kawasaki Ninja 250RR o 250SL a seconda del mercato specifico, e sarà in un primo momento riservata ai mercati asiatici: ad Akashi, per rendere la moto più adatta al traffico e alle strade del lontano oriente, hanno pensato bene di alleggerire la propria Ninja d’accesso e renderla più ricca di coppia ai bassi regimi. Niente di più facile di adottare un propulsore monocilindrico, rifacendo ovviamente da zero il telaio - in questo caso in tubi d’acciaio, soluzione leggera ed efficace. La scelta tecnica ha portato ad un sacrificio in termini di potenza massima (27,6 cv, ovvero circa 4 in meno rispetto alla 250 bicilindrica) ma, appunto, ad un miglioramento del valvore di coppia e ad un risparmio di 23 kg rispetto al modello a due cilindri. E’ molto difficile che, a così poca distanza dal lancio della 300 bicilindrica, la 250RR possa arrivare in Europa. E’ invece certo che sostituirà sui mercati emergenti dell’estremo oriente la 150 con propulsore a due tempi, sempre meno appetibile anche dove le normative ancora ne permettono l’impiego. 18 19 guida all ’ usato ducati monster quattro valvole di Edoardo Licciardello | La Ducati Monster è la naked sportiva per definizione. Alla fine degli Anni 90 ha deciso di fare sul serio, adottando i propulsori a quattro valvole. Più versioni ben presenti nel mercato dell’usato: modelli, quotazioni e parere dell’esperto 20 21 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito L eggenda vuole che nel lontano 1992 Ducati abbia creato la Monster quasi per gioco, spogliando una 851 e mettendole un manubrio largo. Ancora prima che la matita di Miguel Galluzzi la trasformasse in quel fenomeno di costume, però, a Borgo Panigale si resero conto che il caro, vecchio motore a due valvole era ben più adatto – con il suo tiro in basso e soprattutto l’assenza di pesanti e sgraziati radiatori e raccordi acqua – ad una naked come la Monster. Così nacque la prima M900, in cui una ciclistica presa di sana pianta dalla 851 Superbike conviveva brillantemente con il bicilindrico a due valvole della serie SS. E 22 Periodico elettronico di informazione motociclistica fu successo istantaneo. Il tempo però è passato anche per lei, e meno di un decennio dopo la naked bolognese si è trovata a doversi difendere da assalti sempre più ficcanti da parte della concorrenza. Per mantenere il primato sportivo serviva qualcosa di più di un semplice rinvigorimento del propulsore, nel frattempo costantemente evoluto. Ai saloni autunnali del 2001, dopo tante realizzazioni artigianali su base 851 ed 888, debuttò dunque il primo modello della gamma S4: il Desmoquattro arrivava sulla gamma Monster. E le rivali incassarono. Bastarono pochissime stagioni perché Ducati decidesse di fare ancora più sul serio, realizzando prima la S4R e poi la S4Rs, Scarica l’APP del Magazine spinta dal più recente Testastretta. Tre modelli che hanno saputo rinfrescare di colpo la fama di strappabraccia della naked bolognese, creandosi un seguito parallelo ma quasi allineato rispetto a quello dei più tradizionali – e allo stesso tempo molto meno impegnativi nella guida – modelli a due valvole. La storia attuale narra della nuova Monster 1200 che ne evolve lo stesso concetto sportivo. Vi descriviamo i modelli e la loro storia, aggiungendo un’indicazione sulla quotazione media fra gli usati in vendita sul nostro sito, ed integrando le nostre indicazioni con il parere di un professionista che con Ducati lavora da anni. Usato Le versioni Monster S4 (2001-2003) Fin dalla nascita della prima Monster sono stati diversi i Ducatisti in cerca di qualcosa di più prestante rispetto al due valvole da 900cc di cui era dotata. Qualcuno si è rivolto alle innumerevoli elaborazioni disponibili per il “pompone” bolognese, qualcuno invece ha preso una scorciatoia, ritenendo più semplice adattare le sovrastrutture della Monster a una 851/888. Ducati decise di soddisfare questi incontentabili ad inizio millennio con la S4, ovvero la prima Monster con propulsore a quattro valvole. Invece di montare sulla ciclistica del 900 un motore Desmoquattro, a 23 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Bologna scelsero un approccio alternativo: spogliare una ST4, all’epoca dotata del propulsore della 916 in versione cosiddetta a camma bassa, che garantiva un’erogazione più favorevole con scarso sacrificio in termini di potenza (101cv). Una soluzione che svecchiò istantaneamente la ciclistica della Monster – fu la prima ad adottare la sospensione con leveraggi controllati dall’astina regolabile introdotta sulla 916, abbandonando l’archetto di reazione – ma che si portò dietro qualche dettaglio che fece storcere un po’ il naso ai monsteristi più accaniti. A parte l’inevitabile radiatore, infatti, la S4 adottava un manubrio diverso dalla tradizionale unità dal sapore fuoristradistico, e che qualcuno ha criticato per una 24 Periodico elettronico di informazione motociclistica certa perdita di semplicità. La cosa non impedì però all’S4 di essere un grande successo, anche grazie a una dotazione tecnica di primissimo piano: le sospensioni Showa non erano distanti dalle unità adottate sulla versione base della Superbike 996, i cerchi Marchesini a cinque razze e la colorazione Senna (pur se non ufficialmente dichiarata) avevano – e hanno tuttora – un posto speciale nel cuore degli appassionati. Ducati realizzò nel 2002 anche la versione Fogarty: 350 esemplari dotati di 110 cavalli invece dei 101 della moto standard grazie al doppio scarico Termignoni in fibra di carbonio a passaggio alto, ad un airbox più libero e alla centralina rimappata. Le altre differenze comprendevano la forcella Scarica l’APP del Magazine con steli trattati TiN, un radiatore maggiorato e l’ammortizzatore di sterzo. La S4 si è rivelata prestante ma anche molto versatile, risultando molto apprezzata dal pubblico. Se ne trovano diverse sul mercato dell’usato – soprattutto in considerazione dell’età – con una quotazione media attorno ai 3.500 euro, con qualcosa di più per la Fogarty – a questo proposito, attenzione alla cattiva abitudine di spacciare per questa edizione limitata normali S4 kittate: le vere Fogarty si riconoscono con estrema facilità grazie alla targhetta numerata sulla piastra di sterzo. Monster S4R (2003-2007) Nel 2003 Ducati pensiona la S4 sostituendo- Usato la con la S4R. La “R” si distingue fin dal primo sguardo per la grafica con striscia longitudinale asimmetrica (che tanto ricorda le muscle-car americane) ma soprattutto per il doppio scarico sovrapposto sul lato sinistro, che rompe decisamente con la tradizione precedente del Monster e risolve l’annoso problema della mancanza di luce a terra, fastidiosa in pista ma anche su strada per chi aveva il polso destro più sciolto. Il prezzo da pagare è qualche interferenza del piede destro con il paratacco (che impediva di sciogliere le suole degli stivali sugli scarichi roventi), una posizione di guida nettamente più sportiva e un posto poco più che di fortuna per il passeggero, ma parliamo in ogni caso di 25 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aspetti che non preoccupano minimamente il cliente tipo della S4R. Il comparto sospensioni mantiene dotazione Showa, ma tanto forcella che mono migliorano decisamente nella qualità, con la prima che riceve il trattamento superficiale degli steli al nitruro di titanio. L’impianto frenante è al top della categoria, con componentistica Brembo serie oro pur in assenza di configurazioni radiali per pinze o pompa. Tutto serve per imbrigliare un propulsore ben più muscoloso rispetto all’unità della precedente: la S4R era infatti spinta dal Desmoquattro da 996 centimetri cubici prelevato pari pari dall’ultima 996S, anche in questo caso in configurazione a camma bassa. 26 Periodico elettronico di informazione motociclistica Risultato: 113 cavalli e 95,5 Nm alla ruota. All’atto pratico la S4R diventa una belvetta quasi più da pista che da strada: il motore è notevole anche per gli standard attuali grazie ad una prontezza di risposta impressionante, e la ciclistica, pur restando stabile come da buona tradizione Ducati, è diventata un po’ più svelta. Il motore, come per la precedente S4, è collaudato ed affidabile e se non si risparmia sulla manutenzione è capace di farvi fare tanti chilometri in serenità. La S4R si è dimostrata un grande successo commerciale per un prezzo azzeccato (costava 12.500 euro, cifra grossomodo allineata alla concorrenza) ma anche per la sua relativa longevità, essendo Scarica l’APP del Magazine rimasta in vendita anche per qualche stagione in sovrapposizione con la S4Rs che l’ha sostituita. Non è quindi un caso se è molto rappresentata sul mercato dell’usato (ce ne sono quasi 70 in vendita fra i nostri annunci) ed è reperibile a quotazioni piuttosto contenute. Possiamo indicare la quotazione di riferimento fra i 4.500 e i 5.500 euro sulla base della percorrenza e delle condizioni estetiche; sconsigliamo di stare alla larga da proposte eccessivamente economiche a meno di non avere la possibilità di verificare con la massima sicurezza le condizioni meccaniche più che estetiche. La storia della manutenzione documentata è un requisito indispensabile. Usato Monster S4Rs Testastretta (2006-2008) Non contenta delle prestazioni del Desmoquattro, o forse semplicemente per questioni di razionalizzazione della produzione (quel propulsore era rimasto in vita sulla sola Monster S4R) Ducati a fine 2005 alza ulteriormente la posta con la S4Rs. Spinta dal propulsore Testastretta (come orgogliosamente dichiarato dalla targhetta metallica sui preziosi fianchetti in fibra di carbonio), la Rs poteva essere scambiata ad un’occhiata distratta per la precedente S4R. La realtà però era che si trattava di tutt’altra bestia: ad uno sguardo appena più attento balzavano all’occhio sospensioni interamente Ohlins (le 27 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Usato ha raccontato tutto quello che c’è da sapere sui Monster a quattro valvole. Che tipo di richiesta e offerta c’è per i Monster a quattro valvole? «In Italia vanno di più i due valvole, a dire la verità, anche se chi la vende ha ottime probabilità se si rivolge al mercato straniero: specialmente S4R ed Rs sono apprezzatissime per le loro doti dinamiche in Germania, tanto che non è raro che rivenditori tedeschi vengano a fare acquisti qui da noi. Da acquirenti la cosa significa che si fanno ottimi affari, perché sinceramente i prezzi di mercato sono inferiori al valore intrinseco di queste moto» Qualche annata ha subito particolari richiami? «No, si tratta di moto che non hanno avuto problemi» stesse montate sulla 999S), impianto frenante Brembo con pinze Triple Bridge a montaggio radiale, cerchi Marchesini con razze a sezione Y, pompe al manubrio radiali ed una cornucopia di fibra di carbonio un po’ ovunque. Facile, anche senza leggere la già citata targhetta, riconoscere il Testastretta grazie alla coppa bassa che lo identificava inequivocabilmente come l’unità con alesaggio da 100mm che spingeva anche in questo caso la 999S. La potenza sale a 130cv, la coppia a 10,6kgm – prestazioni che hanno richiesto una serie di modifiche alla moto ben meno visibili di quelle già citate: il telaio è stato rivisto nelle rigidità nella zona del cannotto di sterzo, e un forcellone di diversa fattura (e verniciato in nero come sulle Superbike e MotoGP ufficiali) 28 ha richiesto una modifica ai carter motore su cui era imperniato. Alla guida (trovate qui la nostra prova) la S4Rs si è rivelata ancora più micidiale della precedente S4R: serviva – e serve – un pilota esperto e deciso per tirarne fuori il meglio, e se la si vuole usare in pista anche un po’ di malizia nella messa a punto, perché con tali sospensioni e tanto motore l’assetto di serie era naturalmente un compromesso fra le esigenze sportive e il tentativo di evitare che gli eccessi di entusiasmo finissero con grandi spaventi se non peggio. Piuttosto costosa all’epoca (servivano 14.500 euro per portarsela a casa) la Rs è anche durata due sole stagioni, sostituita nel 2008 da quella Streetfighter che ha ricoperto, almeno fino all’arrivo del Monster 1200, il ruolo di naked a quattro valvole in casa Ducati. Fra i nostri annunci ce n’è diverse, con quotazioni che variano sensibilmente: le più recenti e curate arrivano facilmente a sfiorare i 10.000 euro, ma possiamo indicare in circa 7.000 euro la cifra da mettere in preventivo per portarsene a casa una. Anche in questo caso, fondamentale poter disporre della documentazione relativa alla manutenzione: una S4, quale che sia il modello, è una moto affidabile e in grado di farvi divertire a lungo. Ma solo a patto che la manutenzione sia stata eseguita puntualmente ad opera di qualcuno che conosce il suo lavoro. L’opinione del concessionario Per completare il quadro ci siamo rivolti a Unomoto, concessionario Ducati di Carpi (MO) che ci Cosa controllare quindi se si va alla ricerca di un buon usato? «Le solite cose: lo stato dei consumabili – dischi frizione, che se usurati emettono un rumoraccio allo stacco, i dischi freno che possono incidere pesantemente sul budget della manutenzione e quant’altro. Ma è fondamentale che la manutenzione sia stata eseguita presso un concessionario ufficiale, e che la storia sia tutta documentata sul libretto con relative fatture. Una manutenzione trascurata o approssimativa può essere fonte di grandi dispiaceri su una di queste moto» Con quale modello a suo avviso si fanno i migliori affari? «Difficile da dire, perché sono moto molto diverse fra di loro e dipende molto da cosa si sta cercando e dalla disponibilità economica. Una S4 si porta a casa con una cifra molto contenuta, ma se ci si può permettere la spesa, una Rs è tutta un’altra moto e costa relativamente poco per quello che è il suo valore» 29 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News 100 secondi su Moto.it sono troppe le versioni MV a tre cilindri? L’arrivo dell’ultima MV Brutale Dragster ha sollevato molto interesse ma anche qualche critica perché questa 800 è stata ritenuta troppo simile alla Brutale standard. Noi abbiamo un’opinione in merito a questa scelta razionale. Voi che ne pensate? L a MV Brutale Dragster 800, qui potete leggere la prova fatta in Francia - pista di Le Castellet compresa - dal nostro Paolillo, ha attirato su di sé molto interesse e molti commenti positivi. Ma fra i tanti apprezzamenti è arrivata anche qualche critica da parte di chi ha ritenuto l’ultima tre cilindri varesina troppo simile, e quindi sovrapponibile, alla Brutale 800 standard. La produzione che prevede una base in comune per più versioni non è una modalità recente, tra gli ultimi esempi più efficaci vanno annovertate le boxer BMW. E negli ultimi tempi anche Honda, con le NC, e Yamaha con le MT, 07 e 09, hanno sposato questa 30 razionale strategia produttiva che vede motore e gran parte delle ciclistica in comune per modelli che si differenziano negli allestimenti e nelle tarature, come negli assetti e nelle prestazioni. Una strategia che diventa ancora più importante per aziende di dimensioni relativamente grandi com’è il caso della MV Agusta. Una Casa che sulla serie “Tre Pistoni” ha messo le basi per il rilancio. L’importante è sapere comunicare bene le diverse anime dei modelli, e non soltanto sul piano tecnico, a chi le moto alle fine le compera. Voi che ne pensate? Fatecelo sapere con i vostri commenti. 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica EICMA 2014 Il battito dell’anima La prossima edizione di Eicma, quella del centenario, si svolgerà a novembre. Intanto parte la campagna pubblicitaria che mette al centro la passione e la rappresenta con un cuore-motore E’ s tato presentato al Palazzo della Permanente di Milano il claim “Cento anni di Passione”. Sarà questo lo slogan che accompagnerà la campagna pubblicitaria della prossima Eicma in Italia e all’estero. Il prossimo appuntamento con Eicma, che si svolgerà alla Fiera Milano-Rho dal 4 al 9 novembre, sarà il numero 32 72 e coinciderà con il centenario della prima edizione, sempre organizzata a Milano. La serata di lancio del claim, condotta da Pier Francesco Caliari, direttore generale di Confindustria ANCMAEicma, è stata organizzata in via Turati perché proprio al Palazzo della Permanente, sede di mostre, sono state ospitate alcune delle prime edizioni del celebre Salone del Ciclo e Motociclo di Scarica l’APP del Magazine News Milano, precisamente fra il 1925 e il 1939. Cornice dell’evento, una sintetica ma qualitativamente segnificativa rappresentanza della produzione di moto e biciclette dal 1914 a oggi, a rimarcare il primato storico dell’esposizione milanese. L’immagine della prossima campagna pubblicitaria, annunciano gli organizzatori di Eicma, “Vede i riflettori puntati su un motore, che vuole avere un senso più ampio e non meramente funzionale e tecnologico. Si tratta del motore dell’anima, del propulsore della passione, l’insieme di tutto quanto è in grado di far iniziare un percorso di storie, emozioni, sacrifici, successi, investimenti, prospettive. In particolare, la campagna pubblicitaria ha una duplice valenza: da una parte rende omaggio all’intero settore, grazie al quale l’Esposizione varca la soglia dei cento anni; dall’altro celebra il pubblico che riconosce in Eicma l’unico punto di riferimento per vivere una passione che non conosce confini”. “Il visual di quest’anno - precisa Antonello Montante, Presidente di Eicma - ha una impostazione istituzionale, pur mantenendo la coerenza con le precedenti campagne, perché nel 2014 EICMA raggiunge un traguardo che ha il sapore di un primato assoluto. Il centenario ci offre l’opportunità di ringraziare i veri protagonisti: le aziende che accordano la propria fiducia all’evento e il pubblico”. La campagna sarà declinata in diverse lingue e vivrà con un piano pubblicitario internazionale, costituito da visibilità su carta stampata, generalista e specializzata, web e tv per un investimento di 2,5 milioni di euro. La creatività “Il battito del motore” si deve all’agenzia Grey che cura l’immagine e la comunicazione di Eicma da quattro anni a questa parte. I direttori creativi, Francesco Fallisi e Simona Angioni, hanno espresso le necessità dettate dal particolare momento storico. Il cuore, centro nevralgico delle emozioni, è stato scelto come soggetto per diversi fattori: rappresenta l’inizio di ogni forma di vita, è elemento di condivisione, è struttura portante e macchina perfetta. 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Babila ci racconta le Triumph di Mr Martini Questa volta Babila è andata a trovare Mr Martini, grande specialista nella trasformazione di Triumph e non solo, nella sua “officina-sartoria” di Verona. Non senza affrontare il tema di come ci si veste nel modo giusto su una classica I n questa rubrica che tratta di lifestyle cerco di descrivere il mondo della moto dal mio punto di vista. Un punto vista naturalmente femminile, ma che vi assicuro è ugualmente istintivo e passionale. La sensibilità che contraddistingue noi donne a volte ci fa vedere il mondo della moto, e di coloro che lo compongono e sostengono, in maniera diversa da come i maschi sono abituati a considerare e comprendere. Perché magari più attenti agli aspetti tecnici e portati a evidenziare fattori che sono naturalmente maschili: le officine e le mani sporche sono e probabilmente saranno sempre 34 degli uomini. La curiosità del dietro le quinte porta però a scoprire aspetti e persone assolutamente da conoscere. Iniziando a parlare di stile, e del sentirsi in giusta sintonia quando si guida la propria special classic senza intrigare la semplicità di vivere a proprio modo la moto, si cerca sempre di avere una certa attenzione a ciò che si indossa. In questo caso la giacca in pelle o il trench, con tasche e tasconi sul davanti e cintura in vita, va benissimo e credo sia sempre un must. A volte potrebbe essere più interessante se vintage, e vanno comunque bene pure i vari tessuti tecnici con cui molte aziende fanno ora le Media Scarica l’APP del Magazine giacche in chiave old stile. Il casco è molto soggettivo ma va bene sia un jet che un integrale importante che abbia una linea classica e ancora meglio se abbinato ad occhialoni retrò oppure maschera sobria ma in rigorosamente in stile offroad. Per i pantaloni vale la stessa regola o meglio con gusto si può abbinare molto, i jeans sono sempre un classico e oggi ne esistono molto di belli e fatti, senza compromettere le linee, con protezioni non vistose su fianchi e ginocchia, magari abbastanza stretti in fondo alla gamba perché con gusto si possano infilare dentro agli stivali. Stivali che possono essere in cuoio e alti con placca di protezione sulla tibia e sul puntale e con grosse cuciture a vista, l’alternativa è qualsiasi altro anfibio o polacchino in pelle con colori o linee sobrie. Il quadro potrebbe essere completato con un grande foulard colorato, che in ogni caso protegge, e che dona quell’ultimo tocco di eleganza che non guasta mai. Nell’ambito del mondo della special classic, dove tutto gira intorno al gusto e al piacere per la customizzazione delle moto e le stesse sono considerate preziose come veri gioielli, stavolta voglio parlarvi dei segreti di Mr Martini. Nicola Martini ed io ormai ci News conosciamo da un po’, e con la giusta presunzione posso dire che siamo diventati amici. In un giorno in cui a Verona dovevo sbrigare varie cosine, tra le quali passare per un saluto a Nicola e al suo staff, ne è nata una situazione curiosa. Il tutto è coinciso con una pausa pranzo, dove ho avuto il piacere di conoscere la vera storia di Mr Martini, partendo dai suoi primi sogni e arrivando alla realtà attuale, per poi passare alle prospettive future. Perché ricordiamoci che non si è mai abbastanza maturi e adulti per smettere di sognare! La sua storia inizia circa vent’anni fa, quando insieme al padre Mario gestiva una piccola stazione di servizio con lavaggio auto e dove, dopo aver conosciuto Carlo Talamo (ispiratore ed ideatore di molte situazioni ancora in noi molto vive, tra cui la passione per le motociclette americane, inglesi e la loro distribuzione nel nostro paese), iniziò a vendere le prime moto. Talamo diede molta fiducia a Nicola e credette nella sua volontà di fare del marchio Triumph una bandiera in quel di Verona. Il suo primo anno fu di pochissimi esemplari di moto vendute, era in quel primo periodo dove divideva il suo tempo tra il lavaggio di auto e la vendita di moto, ma già l’anno successivo fu quello della svolta, e 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito i numeri diventarono decisamente interessanti. A quel punto Talamo fece scegliere a Nicola se continuare con l’autostazione oppure trovare una situazione dove poter aprire ufficialmente le danze per quello che è diventato oggi un punto di riferimento per la vendita delle Triumph e la personalizzazione delle stesse. Sarebbe però riduttivo parlare della personalizzazione solo di Triumph, perché Mr Martini ha customizzato molte moto di altri marchi, quali Ducati, BMW, Honda, ma non solo queste sono le moto che stanno nella cultura motociclistica di Nicola, infatti nei dialoghi con lui fatti si può intendere che sia un uomo di assoluta completezza e conoscenza del mondo delle due ruote. Oltre a ciò ha una spiccata predisposizione per lo stile, nell’arredo e nell’abbigliamento, ama vestirsi e travestirsi, lo showroom che rimane di fronte alla sua concessionaria, e gli stand fieristici che fino ad ora ci ha mostrato ne sono la prova che la moto è si uno stile di vita, ma che in questo caso si sposa pure con una filosofia per lo stile. La pausa pranzo è passata velocemente, 36 Periodico elettronico di informazione motociclistica perché quando si ascoltano storie così belle e piene di aspetti che prima non si conoscevano, si rimane intrappolati in un’aureola di passione. Quindi dopo aver saputo che la sua attuale concessionaria Triumph Verona era prima Numero Tre Verona, e aver ascoltato i suo aneddoti, Nicola mi ha accompagnato a vedere dall’interno la sua officina della concessionaria. Dove con gentilezza e cortesia, Fabio mi ha spiegato che è qui che avvengono tutte le operazioni meccaniche e motoristiche sulle moto che escono dalla vendita e che ripassano per essere tagliandate, elaborate e personalizzate. Siamo poi passati a rivedere alcuni dettagli del suo stupendo showroom, perché avevo già avuto il piacere di conoscerlo e di farmi alcuni scatti in quella che ho considerato la “bottega dello stile”. E ora signore e signori il suo laboratorio, o meglio quello che io definirei un ambiente d’alta sartoria e che lui custodisce gelosamente. Quest’ambiente è stato aperto poche volte al pubblico, infatti, solo chi ha partecipato a un paio di feste cool qui organizzate, Scarica l’APP del Magazine ha avuto il piacere di vederlo, ma sicuramente in quelle occasioni non era operativo come ho potuto vederlo io. Direi che vista la cura per l’ordine e per la pulizia, più che un’officina di preparazione potrebbe sembrare una sartoria. Qui ho avuto l’onore di vedere come Claudio, uno degli uomini di fiducia, sotto la sua diretta guida e attentissima indicazione, esegue i lavori di customizzazione, ed è proprio qui dove riescono a rendere ogni moto che esce da quest’atelier un pezzo unico. I clienti che fanno personalizzare la propria moto da Mr Martini lasciano che sia sempre lui a dare un’interpretazione con gusto, e il successo di tutto quanto visto in questi anni sono le numerose e varie interpretazioni, new style o old style, street oppure racing , on o offroad che siano non importa, basta che siano costruite con il suo magico estro. Nonostante Nicola possa a volte sembrare introverso e pure timido, dimostra un’innata predisposizione per questo lavoro. Custodisce gelosamente i suoi ferri in quello che diventata l’incubatrice d’idee e il luogo di definizione di Life Style opere su due ruote, qui vediamo anche una delle sue moto, la Harley-Davidson XLCR 1000 Cafe Racer, vediamo pure le moto di alcuni clienti, tra le quali ne spiccano alcune con targhe provenienti da Paesi veramente lontani, ma questi clienti sono disposti a investire in tempo e trasporti pur di avere una moto che sia stata qui personalizzata. Nessun dettaglio è lasciato al caso, anzi lo sviluppo dei dettagli ne è diventato un must, lo scarico Zard è l’esempio, il kit Scrambler un altro. Mi potrei dilungare ancora a parlare di Nicola ma non vorrei sembrare noiosa perché per chi non lo sapeva già qui è dove con artigianalità si creano le sue special. E dunque perché non provare a fare un piccolo giro in un piazzaletto privato con la Triumph Scrambler kittata Mr Martini, e solo come assaggio per una prossima entusiasmante prova, che sarà magari una rimpatriata tra amici tutti rigorosamente a bordo di una Triumph tassellata, pronta al fango e alla perdita di aderenza, ma senza dimenticare il giubbotto di pelle e una gran dose di stile! A presto ragazzi. 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica USA Paese che vai... mercato che trovi di Pietro Ambrosioni | Investire nel mercato americano, come fare, cosa fare e cosa evitare. Quanto spendere e soprattutto... vale davvero la pena? I n questi ultimi 5 anni ho seguito moltissime fiere di settore, motoraduni ed eventi, e ho visitato almeno un centinaio di negozi sparsi per tutto il territorio Americano, da Seattle a Miami, da Chicago a Dallas, da Boston a San Diego. Come ho già ripetuto fino alla nausea, il settore moto in USA non produce numeri da capogiro in termini di percentuale (ovvero in base alla popolazione). Ma questo non vuol dire che la cifra globale, in soldoni, sia trascurabile: tutt’altro. E con un mercato europeo che mi dicono sempre più anemico ed avaro di risultati sono sempre più le aziende che vogliono provare 38 a mettere un piede negli USA. Lo so bene perché, grazie al mio ruolo di giornalista che da anni vive qui, non passa settimana senza che nella mia casella di posta appaia una email con richieste “informali” sul mercato. Informazioni molto dettagliate e precise, che normalmente costerebbe una fortuna ottenere da consulenti specializzati... Ma lasciamo stare. Io cerco di aiutare tutti ma ho notato che ci sono concetti fondamentali che sembrano sfuggire a molti titolari di aziende (soprattutto italiane, ma non solo). Non mi riferisco ai grandi nomi: le aziende di quel livello hanno ovviamente una riconoscibilità acquisita attraverso Scarica l’APP del Magazine anni di sponsorizzazioni e risultati nelle gare, duro lavoro sul campo di filiali e rappresentanti, eccetera. Loro sono a posto e non vengono certo a cercare me. Qui parlo di quelle piccole e medie aziende che sono state negli Anni ‘90 e 2000 protagoniste di un vero miracolo commerciale a due ruote in Italia ed in Europa. Ex piloti, tecnici, inventori, meccanici o semplici appassionati che hanno saputo trasformare la loro passione in un business di successo grazie alla loro iniziativa e ad una instancabile forza di volontà e determinazione. Ora fanno fatica e guardano al qua dell’Atlantico in cerca di nuovi orizzonti commerciali o di una semplice boccata di ossigeno. Forti del successo che hanno avuto in patria hanno idee, prodotti e tanta voglia di fare, e immaginano che anche una misera fettina della torta americana potrebbe significare centinaia di migliaia di Euro. Vero, sulla carta. Ma poi si arriva sempre al dunque, la parolina magica, il concetto che tutti infilano più o meno all’ultima riga: partiamo con calma e vediamo come va. Ecco, quella frase per me si traduce in un solo modo: DISASTRO. Il mercato americano è così predeterminato, stratificato ed impersonale che “investire poco alla volta” sarebbe come provare a cambiare il colore all’oceano con una goccia di inchiostro al giorno. E’ un discorso lungo ed articolato, che magari svilupperò in maggior dettaglio più avanti, ma la grossa differenza qui la fa il consumatore, o meglio il modo in cui il consumatore è abituato ad acquistare. Tutto: dalla giacca in pelle ai libri di scuola del figlio, dal casco in carbonio alla carne per la grigliata del sabato. La grande distribuzione qui negli USA ha raggiunto proporzioni che sono solamente immaginabili in Europa. Il consumatore è stato plasmato da almeno tre generazioni, con un bombardamento pubblicitario a tappeto su ogni possibile canale: TV, radio, internet, cartelloni stradali, posta e volantinaggi vari. Al punto da renderlo quasi insensibile, fosse solo per puro istinto di sopravvivenza “cerebrale”. Posso assicurarvi che la maggior parte dei miei amici qui ha sviluppato una corteccia talmente On the road spessa nei confronti dell’assalto mediatico che poco o niente di questo enorme battage arriva veramente a destinazione. La maggior parte delle volte che menziono qualche pubblicità che mi è sembrata divertente o diversa dal solito vengo accolto con sguardi straniti: in pratica l’ho notata solo io... Ecco perché le marche più vendute sono anche quelle che fanno più pubblicità: la ripetizione (anche ossessiva) del messaggio è la chiave del successo di un prodotto piuttosto che un altro. La pubblicità più martellante è il cuneo che penetra quella corteccia che dicevo, e spinge il cliente ad andare a cercare un prodotto, oppure a notarlo nel mare di offerte che si trova davanti al momento di entrare in un negozio. Perché qui i negozi tante volte sono grandi come interi quartieri... C’è poi il discorso legato alla stratificazione dei prezzi. Il consumatore americano è abituato a pensare in termini di prezzo che sono abbastanza prestabiliti, tipicamente $49, $99, $149, $199 e via dicendo. Per il produttore non si tratta di stabilire il prezzo in base a quello che si offre (“questa giacca multifunzionale costa $239 ma ti da molto di più”) quanto piuttosto tarare l’offerta in base ad un prezzo predeterminato (“ecco la giacca che ti do per quei $199 che ti aspetti di spendere oggi”). Per chiudere, altrimenti vi tedio a morte, c’è lo scoglio del sistema distributivo. Qui la maggior parte dei negozianti fa riferimento ai due o tre cataloghi dei maggiori distributori, presso i quali è reperibile praticamente ogni prodotto legato al mondo moto ed ATV. Parlo di Parts Unlimited, Tucker Rocky e WPS. Questi “mostri” hanno ognuno 5 o 6 magazzini disposti strategicamente sul territorio in modo da garantire il minor tempo di spedizione possibile ai loro clienti/negozianti, che piazzano gli ordini con cadenza anche quotidiana riferendosi a cataloghi di 2 o 3mila pagine. Tipicamente un catalogo per lo strada, uno per il fuoristrada, uno per le custom e uno per gli ATV. Per un totale di 12mila pagine a distributore! Il succo del mio discorso è questo: care piccole aziende italiane, valutate bene se davvero volete investire nel mercato americano, 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito perché il gioco potrebbe non valere la candela. Prima di tutto dovete riscrivere completamente il vostro listino, secondo il concetto “cosa per quanto” e non “quanto per cosa”. E visto che ci siete, strutturatelo a scaglioni di $50. Poi ricordate che anche firmando un accordo (spesso con numeri mostruosi ed insostenibili - e relative penali se non ottemperate) con qualcuno dei tre “grandi” - di fatto gli unici a garantirvi una distribuzione capillare nei negozi - non avreste alcuna garanzia di vendite. Perché il vostro prodotto sarebbe sepolto in una delle 2 o 3mila pagine di un catalogo pienissimo di altri prodotti, spesso in diretta concorrenza. Sta a voi spingere quel prodotto, motivare i venditori ed educare i 40 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine negozianti. Non aspettarvi che lo facciano i distributori: loro spingono solo i loro marchi proprietari (Icon, Bilt, Speed & Strength, Fly Racing, Thor, Joe Rocket e via dicendo). Spetta a voi essere presenti a fiere, eventi, rally e gare, sta a voi generare l’attenzione che porterà il consumatore a chiedere del vostro prodotto al negoziante, attivando la catena di vendita. Ci vogliono anni di duro lavoro assieme a decine di migliaia di Euro da investire prima ancora del via. Quindi il discorso “iniziamo con calma e poi vediamo come va”... beh, proprio non regge. Piuttosto investite in un piccolo magazzino conto terzi ed un bel sito di eCommerce: quello potrebbe fare la differenza senza costarvi un occhio della testa! 41 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica L Media a Nassetti, nata nel 1934, si era rapidamente ingrandita, arrivando ad avere quattro strutture di produzione in tre diverse regioni d’Italia. Fabbricava dispositivi elettrici di ottima qualità, principalmente destinati ad impiego aeronautico, come generatori di corrente e magneti. Dopo il termine del conflitto l’attività si è concentrata sui volani magnete destinati al settore motociclistico; rapidamente le strutture produttive di Milano e di San Pellegrino Terme sono state adibite anche alla fabbricazione di motori ausiliari per bicicletta, che hanno ottenuto un notevole successo. I modelli Aurora, Alba e Brunetta, rispettivamente con trasmissione a catena, a rullo rapportato e a rullo in presa diretta, sono entrati in produzione nei primi anni Cinquanta. I loro nomi erano Pagine di storia quelli delle prime tre figlie di Cesare Nassetti. Quelli delle altre due sono stati riservati a due ottimi ciclomotori apparsi successivamente. Oltre che per il motore sciolto, il nome Brunetta è stato anche usato per un semplice ma efficace bicimotore con telaio in lamiera stampata che per l’appunto lo impiegata e che veniva prodotto nel nuovo stabilimento di San Pellegrino Terme, ove ben presto si è concentrata tutta l’attività produttiva dell’azienda. Il Dilly (che sta per Diletta), era un ciclomotore a due tempi, prodotto in due versioni, con telaio rispettivamente in lamiera stampata e in tubi e sospensioni a biscottini oscillanti (non solo anteriormente, ma anche posteriormente!). Il Sery (da Serenella), esso pure apparso nel 1955-56, si poneva al top della gamma e aveva un motore a quattro tempi. Nassetti Sery T Il Sery (da Serenella), esso pure apparso nel 1955-56, si poneva al top della gamma e aveva un motore a quattro tempi Massimo Clarke “I ciclomotori italiani a quattro tempi” / terza parte Attorno alla metà degli anni Cinquanta queste autentiche piccole moto hanno vissuto un periodo d’oro e se i modelli a due tempi prevalevano numericamente era solo perché costavano meno 42 43 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Alpino 48 4T Alpino T48 sport Nel 1957 finalmente è entrato in produzione il T48, una bella piccola moto a quattro tempi dalle ottime caratteristiche La potenza era di 1,8 cavalli a 6000 giri/min Si trattava di un monocilindrico con distribuzione ad aste e bilancieri e valvole inclinate di 80°, il che consentiva di ottenere una camera di combustione emisferica. Il cilindro era in ghisa con canna integrale e l’albero a gomito era in un sol pezzo. La biella lavorava alla testa su rullini sciolti. La frizione era montata direttamente alla estremità sinistra dell’albero a gomito. Una trasmissione primaria a ingranaggi a denti dritti provvedeva a inviare il moto al cambio a tre marce, del tipo a crociera scorrevole. La lubrificazione del motore era affidata a un sistema a sbattimento, senza 44 Periodico elettronico di informazione motociclistica pompa. Le due versioni (Turismo e Sport) avevano potenze rispettivamente di 2 e 2,4 cavalli, a un regime di 5500 giri/min. Il telaio in tubi aveva una struttura inconsueta, assai vicina a una doppia culla rialzata. Ben oltre il 50% dei ciclomotori costruiti dalla Nassetti è andato a finire in Belgio e in Olanda. In Italia i Sery oggi esistenti si contano sulle dita delle mani e quindi costituiscono una autentica rarità. A renderli particolarmente significativi è anche il fatto che alla loro progettazione ha lavorato il famoso ingegner Cesare Bossaglia, prima di passare alla Parilla. La Nassetti è uscita dalla scena motociclistica verso la fine del 1960. Stradella, nell’oltrepò pavese, è nota per l’ottimo vino e le fisarmoniche ma soprattutto occupa un posto importante nella storia del motociclismo. Nel dopoguerra infatti è stata sede di due aziende del settore, una delle quali di importanza addirittura internazionale. Si tratta della Alpino, la cui nascita (avvenuta addirittura nel 1945 con la costituzione della ditta Motobici) e i cui primi anni di attività sono indissolubilmente legati al nome di Pietro Trespidi. Questo ottimo tecnico aveva già costruito moto di 250 e di 175 cm3 con Pagine di storia il proprio marchio nella seconda metà degli anni Venti. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale Trespidi progettò un motore ausiliario che, prodotto in alcuni esemplari già nel 1944, mise subito in mostra eccellenti qualità. Si arrampicava forte sulle salite, che nella zona non mancano certo, e per tale ragione qualcuno lo chiamò Alpino. Questo nome in seguito ha contraddistinto tutti i motori ausiliari costruiti dalla Motobici, ed è diventato il marchio con il quale sono state commercializzate le moto. Famose sono rimaste le 125, nelle versioni con ruote tanto da 14 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Pagine di storia aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Laverdino Sport Laverdino Turismo Ciclomotore a quattro tempi di struttura semplice e robusta Questi ciclomotori sono usciti di produzione nella prima metà degli anni Sessanta. quanto da 19 pollici, entrate in produzione nel 1952. Nello stesso periodo sono stati messi in listino eccellenti ciclomotori a due tempi. Nel frattempo Trespidi era uscito dall’azienda per fondare l’Ardito. Va anche menzionata una bella 175 con motore OMA. Nel 1957 finalmente è entrato in produzione il T48 (il prototipo era stato presentato un paio di anni prima), una bella piccola moto a quattro tempi dalle ottime caratteristiche. Il motore aveva il cilindro in lega di alluminio con canna riportata in ghisa, e due valvole inclinate di 74°, comandate da aste e bilancieri. L’albero a gomito, formato da tre parti unite per forzamento alla pressa, poggiava su tre cuscinetti di banco. 46 La trasmissione primaria a ingranaggi, posta sul lato destro, inviava il moto a un compatto cambio a tre marce. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi. La potenza era di 1,8 cavalli a 6000 giri/min. In seguito di questo motore è stata realizzata anche una versione di 75 cm3, erogante 3,7 CV a 6800 giri/min. La situazione finanziaria della azienda è andata peggiorando sul finire degli anni Cinquanta, a causa dell’autentico collasso del mercato motociclistico interno e del mancato pagamento di un cospicuo quantitativo di moto esportate in Argentina. Il marchio Alpino è scomparso dalla scena nel 1962. La Laverda ha prodotto moto di grande successo, tanto commerciale quanto agonistico, e i suoi più importanti modelli sono ormai entrati nella leggenda. Dei ciclomotori prodotti da questa importante casa si parla invece piuttosto poco, anche se si trattava di prodotti di ottima fattura. Il fatto è che sono comparsi nel momento sbagliato, quando il mercato motociclistico stava crollando, e quindi sono stati venduti in numeri non molto elevati. Il Laverdino, come è stato subito denominato, era un ciclomotore a quattro tempi di struttura semplice e robusta, che è stato realizzato nelle versioni Turismo (potenza 2 CV a 6000 giri/min) e Sport (2,5 CV a 6800). La presentazione di questi modelli è avvenuta verso la fine del 1957, con entrata in produzione all’inizio dell’anno successivo. Il motore aveva il cilindro in lega leggera con canna riportata in ghisa, la testa con calotta in ghisa (incorporata di fusione) in corrispondenza della camera di combustione emisferica e la distribuzione ad aste e bilancieri. La trasmissione primaria era a ingranaggi e il cambio a tre marce; il circuito di lubrificazione, a carter umido, era dotato di una pompa a ingranaggi. Il motore era montato a sbalzo inferiormente all’elemento principale del telaio, realizzato in tubi. Questi ciclomotori sono usciti di produzione nella prima metà degli anni Sessanta. 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Nico Cereghini Mi gioco la carriera C’è una fase cruciale nella quale ci si gioca tutto, e prima o poi arriva. Ecco qui un paio di piloti che si sono cacciati in una impresa molto difficile e possono uscirne in un solo modo Media C iao a tutti! Che bello sentire di nuovo cantare i motori più belli del mondo, la MotoGP con i suoi primi test ufficiali e la SBK ormai vicinissima alla prima gara del campionato 2014. Certo, qui continua a piovere e per molti di noi questa è una buona scusa per risparmiare benzina. Chissà quando comincerà finalmente la stagione nostra; quella vera, intendo, fatta di scorribande con la moto senza tutti i pensieri che ci assillano. Per il momento proviamo a 48 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica consolarci guardando i nostri piloti di punta che cominciano a fare sul serio. Molti si giocano una stagione importante e alcuni di loro si giocano proprio la carriera. Penso a Marco Melandri, per dirne uno. Melandri, lo sapete, è passato sull’Aprilia RSV4 che fu di Biaggi: una moto che con Max ha vinto due titoli e che è considerata la migliore del gruppo. In Aprilia si aspettano molto dal Macho, e per tante ragioni. Per cominciare sono convinti di aver buttato via una stagione sbagliando la politica con i due piloti ufficiali, hanno scaricato la responsabilità su Dall’Igna senza tanti complimenti e con pochissima eleganza, hanno perso Laverty che pareva più veloce di Guintoli, e alla fine devono puntare tutto sul pilota più discusso del Paese e il più commentato del web. Se Melandri ce la farà –e io faccio il tifo per lui perché il suo talento merita la soddisfazione- tutti i tasselli andranno a posto; ma se non dovesse farcela prevedo tensioni e musi lunghi. Sono quelle condizioni che trovo le peggiori, quando bisogna vincere per forza; sono sicuro che il successo arriva più facilmente se il pilota si diverte e la squadra lavora con la testa sgombra dai brutti pensieri. Un altro che si gioca la carriera è in MotoGP, e non penso certamente a Rossi -che la carriera se l’è giocata alla grandissima eppure ha ancora voglia di ballare- ma a Cal Crutchlow sulla sua nuova Ducati. L’inglese è un pilota dipinto come l’antitesi di Melandri. Tanto tormentato e complesso sembra l’italiano, tanto coriaceo e granitico appare Cal, uno che per buttare la moto nella curva spacca i manubri come faceva Fogarty, e se invece, sfortunatamente, si spacca un osso, allora si fa una bella risata e salta di nuovo sulla moto. Al di là della retorica che vuole vedere gli eroi anche dove non esistono, credo che Crutchlow abbia davvero una solida ambizione e tanto coraggio. Ma penso anche che si sia lanciato in una impresa molto difficile. Dovrà trovare in fretta il feeling con la Ducati, che al primo contatto gli è parsa misteriosa; dovrà dimostrare di essere più veloce di Dovizioso, che ritrova nel box, e dovrà collaborare allo sviluppo (senza aver mai fatto niente del genere) della moto più complicata del pianeta. Anche qui io voglio essere positivo, perché ho a cuore la Ducati e poi ho caldeggiato l’arrivo di Gigi Dall’Igna come l’unica soluzione possibile alla crisi. Ma anche qui c’è naturalmente la tensione della necessità: bisogna tornare a vincere in fretta, massimo due anni, altrimenti magari Audi si stufa. Editoriale Per buttare la moto nella curva spacca i manubri come faceva Fogarty 49 V alentino R ossi , 3 5 anni e 1 9 stagioni di vittorie di Edoardo Licciardello | Il trentaquacinquesimo compleanno di Valentino Rossi, il 16 febbraio, è l’occasione per ripercorrerne la carriera. Dai primi passi in Sport Production ai recenti test di Sepang 50 51 V Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Valentino Rossi, come dice il suo nome, sarebbe dovuto nascere il 14 febbraio 1979. Fin da allora, però – scherza sua madre Stefania – era un ritardatario, e ci mise altri due giorni prima di venire al mondo, il 16 febbraio appunto. L’infanzia la trascorre sui campi di gara con il padre Graziano, impegnato con buoni risultati nel Motomondiale nelle classi 250 e 500, finché quest’ultimo non resta coinvolto in un terribile incidente a Imola nel 1982. Valentino inizia la sua carriera velocistica con i go-kart, per poi passare rapidamente alle più economiche minimoto – i soldi in casa sono pochi – con cui si fa notare per la velocità, ma anche perché corre con un peluche di una tartaruga ninja appiccicato sul casco replica Schwantz. Nel 1993 è il momento di correre sul serio. In famiglia dopo l’incidente del padre preferirebbero che lo facesse con le quattro ruote, ma la situazione economica non è cambiata e “Il Grazia” ha ancora tanti amici nel mondo delle moto. E’ così che Valentino debutta in pista in sella a un’Aprilia, anche se inizia a correre con la Cagiva Mito del team Lusuardi. Vince la 125 SP l’anno successivo sulla moto ufficiale in mezzo a qualche polemica per un contatto con Cruciani, mentre nel frattempo fa esperienza anche in sella alle GP. Nel ’95 Graziano vorrebbe portarlo al mondiale, ma i due test con le Honda non vanno granché bene e Valentino, sull’Aprilia gestita da Mauro Noccioli, ripiega sull’Europeo e continua nel campionato nazionale. E’ la sua fortuna, perché domina l’italiano e chiude terzo l’Europeo, conquistandosi di diritto la partecipazione nel Mondiale. Il debutto mondiale La prima stagione di Rossi nel mondiale è quella del 1996. In sella a un’Aprilia privata si mette in luce per la completa assenza di timori reverenziali: sfrontatezza e velocità gli fruttano una 52 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP sempre maggior attenzione da parte di Aprilia, mentre in pista diversi senatori della categoria – uno per tutti Jorge Martinez – iniziano a mostrare insofferenza. A Brno conquista la prima vittoria mondiale, prestazione che gli varrà la moto ufficiale per il 1997. L’anno successivo Rossi domina in lungo e in largo il Mondiale: vince 11 gare e nelle restanti quattro sale sul podio altre due volte. La sua velocità gli frutta un parallelo con Max Biaggi da parte di un intervistatore a cui lui risponde con l’ormai nota prontezza di spirito girando il parallelo: da quell’episodio – leggenda vuole – nasce l’eterna rivalità fra i due. Passa da numero 1 alla 250, ma la fretta gli è cattiva consigliera: va forte, però sbaglia troppo. Dopo essersi steso all’esordio, in Giappone, in Malesia alla seconda gara si qualifica secondo e vuole già giocarsela con un vecchio volpone come Harada. Finisce a ruzzolare per le vie di fuga, ma il potenziale c’è: Rossi inanella una lunga serie di podi, poi ad Assen vince. Un altro paio di cadute e poi, a Imola, Valentino inizia a vincere e non si ferma più. L’anno successivo molti scommettono su di lui fin dall’inizio ma qualche errore e un po’ di sfortuna allungano il campionato. Alla fine vince comunque lui, sconfiggendo sulla Honda del Team Gresini uno dei migliori Capirossi di sempre. La classe regina In Aprilia si trova benissimo e a Noale lo adorano, ma come il presidente Beggio stesso ammette, non hanno una 500 competitiva. Nel frattempo la carriera di Michael Doohan si è bruscamente arrestata contro un cartellone pubblicitario a Jerez de la Frontera, e Valentino Rossi eredita la sua squadra – capitanata da Jeremy Burgess – ed entrando a far parte di un team satellite dotato però di moto ufficiale. Il copione si ripete: il primo anno, in una stagione contraddistinta da 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb tante gare interrotte per pioggia, Valentino cade tanto ma prende rapidamente le misure alla 500. Vince la prima gara a Donington, sul bagnato, e si ripete a Rio. Nel 2001 entra nel team ufficiale, e al termine di una stagione di scontri epici con Max Biaggi riporta in Italia il titolo iridato della massima categoria dopo ben 18 anni d’assenza. Il 2002 vede l’arrivo delle MotoGP a quattro tempi. Valentino è in sella alla Honda RC211V, mezzo una spanna sopra alle rivali, e il campionato si chiude con largo anticipo. Rossi vince undici gare e sale sul podio nelle altre cinque. Il 2003 sembra partire in maniera molto diversa: la tragica morte di Daijiro Kato fa salire sulla Honda ufficiale Sete Gibernau, che diventa inaspettatamente velocissimo, e lo stesso Max Biaggi è in 54 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica L’epoca Yamaha La M1 era stata a dire poco deludente nei suoi primi anni di vita. Nel 2001 aveva collezionato due fortunose vittorie con Biaggi, nel 2002 nemmeno una e nel 2003 nessuna Yamaha ufficiale era mai salita sul podio. Ma ad Iwata la cosa non era andata giù, e i vertici della Casa dei tre diapason avevano iniziato a prendere provvedimenti. L’ingaggio di Rossi era stato il secondo, dopo la nomina di Masao Furusawa a capo del progetto MotoGP. L’ingegnere rivoltò la M1 come un calzino, facendosi più di un nemico in Yamaha quando gettò a mare soluzioni consolidate come le cinque valvole per cilindro o introdusse l’albero motore con fasatura crossplane. Ma i risultati si videro subito: la Yamaha guadagnò una competitività inaspettata e con Rossi alla guida i risultati arrivarono fin dal primo contatto. Nel 2004 la M1 e Rossi vincono al debutto, a Welkom, sconfiggendo lo storico rivale Max Biaggi. Nove vittorie, di cui alcune a dir poco storiche, gli fruttano un Mondiale conquistato con una gara d’anticipo, a Phillip Island, quando piega definitivamente un Sete Gibernau diventato nemico da semplice rivale dopo lo sgarbo di Losail. Lo scontro fra i due continua alla prima gara del 2005, dove Rossi MotoGP pur di non cedergli la vittoria entra con grinta inusitata al rampino di Jerez, ma dopo la prima gara Valentino sembra non avere più rivali: il settimo titolo iridato arriva sulla scia di ben 11 vittorie. La prima sconfitta Non va così bene nel 2006: la stagione inizia male quando a Jerez Toni Elias stende Rossi centrandolo al primo giro. Non basta, perché la Yamaha diventa di colpo fragile, e le Michelin, incalzate da Bridgestone sempre più competitive, cedono diverse volte. A metà stagione il Mondiale sembra compromesso, ma Valentino e la M1 si esibiscono in un’improbabile rimonta, coronata con il sorpasso dell’Estoril quando Pedrosa tenta un sorpasso suicida su Hayden facendolo cadere. Ma a Valencia lo attende la beffa finale: l’unico errore della stagione, una partenza a rallentatore dalla pole position e la scivolata nelle prime battute di gara, lo costringono ad abdicare ad un determinatissimo Nicky Hayden. L’anno successivo arriva il primo cambio di regolamento dell’era MotoGP, con il passaggio alle 800 cc. Honda si fa trovare clamorosamente impreparata, Yamaha quasi: la M1 si rivela fragile peggio dell’anno precedente, ma soprattutto poco competitiva, sella ad una RCV privata. Se possibile, invece, si tratta del campionato che inizia la consacrazione di Rossi, con nove vittorie e gare come quella di Phillip Island nella quale Valentino vince la gara nonostante la penalizzazione per sorpasso sotto regime di bandiera gialla. La cosa non basta a convincerlo a restare in Honda: nel corso dell’anno il cinque volte iridato matura un crescente disamoramento nei confronti di HRC, responsabile di considerarlo, secondo lui, un normale impiegato. Con una lunga trattativa sotterranea Rossi passa alla Yamaha: tradimento che si consuma a Valencia con l’annuncio ufficiale nella conferenza stampa del dopogara in mezzo alle facce fra l’incredulo e il furibondo dello stato maggiore Honda. 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica nella leggenda come quelle diBarcellona, con il suo sorpasso all’ultima curva, o di San Marino quando Valentino, a Misano, reagisce all’errore di Indianapolis dominando ogni singola sessione in cui scende in pista. Arriva il nono titolo, ma Rossi sembra sempre più in affanno nel difendersi da Lorenzo. Il 2010 sembra avviata ad essere la stagione più difficile di sempre per Valentino, ma le speranze di vedere uno scontro da leggenda si smorzano quasi immediatamente: l’infortunio alla spallanell’allenamento con la moto da cross e la successiva caduta al Mugello, in cui Rossi si frattura la gamba ed è costretto a saltare tre gare – Valentino non aveva mai perso un GP dal debutto al Mondiale – chiudono il discorso iridato. Anche la vittoria di Sepang, arrivata proprio nel giorno in cui Lorenzo festeggia il suo primo titolo iridato nella classe regina, non sembra cambiare la situazione. La Yamaha è ormai la squadra di Jorge Lorenzo, che rappresenta il futuro della Casa di Iwata, e il pensionamento di Masao Furusawa è l’elemento che spinge Rossi ad andarsene. L’era Ducati e Rossi finisce sconfitto da Casey Stoner e dalla Ducati. La risposta non tarda: Valentino chiede ed ottiene le Bridgestone, e il 2008 inizia con un tiepido ottimismo. Le vittorie però non arrivano subito mentre il suo compagno di squadra Jorge Lorenzo (con le Michelin) vince alla terza gara; mentre molti stanno già suonando il De Profundis per The Doctor, lui e la squadra stanno lavorando per adattare la ciclistica della Yamaha a pneumatici nati per la stranissima distribuzione dei pesi della Desmosedici. Rossi ricomincia a vincere in Cina, prende il comando del mondiale erintuzza la rimonta di Stoner con la storica gara di Laguna Seca. Da quel momento il 56 mondiale svolta: l’australiano sbaglia per altre due volte consecutive, Rossi continua a vincere con la grinta dei giorni migliori e l’ottavo titolo iridato arriva quasi con facilità. Il nemico in casa Il 2009 cambia di nuovo le carte in tavola: il monogomma Bridgestone dovrebbe livellare i valori in campo. In realtà la situazione avvantaggia chi con Bridgestone ci ha già lavorato, per cui la lotta per il titolo si rivela in realtà uno scontro fra Rossi e il sempre più ingombrante compagno di squadra, Jorge Lorenzo. L’astuzia di Rossi vince ancora, anche in questo caso con gare entrate A Valentino resta aperta la sola porta Ducati, e pur con mille incertezze Rossi approda a Borgo Panigale portandosi dietro la squadra. Il primo test con la Desmosedici è un disastro, ma Rossi soffre ancora alla spalla – che non si è ancora operato proprio per poter provare la Ducati a Valencia, grazie ala liberatoria concessa da Yamaha – e i problemi vengono mascherati. Ma il nove volte iridato non raggiungerà mai il giusto feeling con la Desmosedici, e i risultati non arrivano né subito né mai. Una leggera crescita iniziale illude i fan, ma la Desmosedici è arrivata alla fine della sua evoluzione e lo sviluppo – necessario per adattarsi ad un monogomma che non accetta più soluzioni differenti da quella imposta dal gommista – non arriva mai a colmare il divario da Honda e Yamaha. Ducati e Rossi si allontanano sempre di più, con rimpianti reciproci per non essere riusciti a concretizzare quello che per molti MotoGP era un sogno: la vittoria di un binomio italiano. Dopo un anno e mezzo di insuccessi la pressione – esterna ed interna – si fa insostenibile, e nemmeno l’arrivo di Audi convince Rossi a restare: il tempo stringe, e Valentino vuole vincere ancora. Il che significa tornare dove sa di poterlo fare. In Yamaha. Il resto è storia recente: Valentino torna nella squadra che lo ha consacrato campione più di ogni altra, ma nell’inedito ruolo di seconda guida. La stagione inizia con lo splendido, grintosissimo secondo posto di Losail ma le cose si fanno presto più difficili del previsto: la M1 non è più quella che Rossi aveva lasciato due anni fa, la guida di Valentino non sembra adattarsi alla moto, cambiata per venire incontro allo stile di Lorenzo, e solo ad Assen – con Lorenzo e Pedrosa virtualmente fuori gara – Vale torna sul gradino più alto del podio. La stagione prosegue con qualche malumore che culmina conl’inaspettato divorzio, dopo quattordici anni di avventure, fra Rossi e Burgess. Arriva Silvano Galbusera, che Rossi aveva conosciuto ai tempi del recupero dall’infortunio, e la M1 cambia un po’ avvicinandosi alle esigenze di Valentino. Sarà sufficiente per tornare competitivi? I test di Sepang sembrano dare responso positivo, ma solo la prima gara, il 23 marzo in Qatar, ci dirà veramente se Rossi è rinato. A 35 anni – a proposito: auguri, campione! – potrebbe farci parlare nuovamente di leggenda. 57 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Valentino Rossi un compleanno da campione? di Giovanni Zamagni | 294 GP disputati, 106 vinti, dei quali 80 in MotoGP, 183 podi, 59 pole, 9 titoli mondiali: sono questi i numeri, da paura, di Valentino Rossi, che domenica ha compiuto 35 anni 2 94 GP disputati, 106 vinti, dei quali 80 in MotoGP, 183 podi, 59 pole, 9 titoli mondiali: sono questi i numeri, da paura, di Valentino Rossi, che domenica ha compiuto 35 anni. Molto ben portati: al suo 19esimo campionato, il fenomeno di Tavullia ha ancora voglia di lottare, di mettersi in discussione, di provare a battere ragazzini come Marquez, nato nel 1993, quando Valentino già correva in moto da almeno due lustri. A 35 anni, solo un pilota, Phil Read, è riuscito a conquistare il titolo nella massima cilindrata, ma a quell’età è difficilissimo anche trionfare in un singolo GP: le statistiche dicono che ci sono riusciti in meno di dieci, tra i quali Duke e Readman. Insomma, Rossi ha tutto contro, non solo tre campioni straordinari come Marquez, Lorenzo e Pedrosa e già per questo merita ammirazione: la voglia di correre, la passione, la dedizione a uno sport bello quanto pericoloso è superiore a tutto, anche alla possibilità di non riuscire più a essere protagonista. A Sepang, Valentino si è presentato in grandissima forma, sia fisica sia mentale, pronto 58 a lottare come un debuttante, per nulla appagato da successi e imprese che lo pongono, di diritto, nell’olimpo del motociclismo. In 19 anni di mondiale, Rossi ha compiuto imprese straordinarie, con due grandi delusioni: il titolo perso all’ultima gara a Valencia nel 2006 e il fallimento con la Ducati, che avrebbe dovuto consacrarlo definitivamente come il più grande della storia. Ma anche dopo quei due anni assolutamente al di sotto delle aspettative, Valentino non ha avuto dubbi, ha preferito il rischio alla vita tranquilla: avrebbe potuto finire la carriera nel gruppo Audi, guadagnare un sacco di soldi, avere tutte le scuse per non riuscire più a vincere. Invece è tornato alla Yamaha, ha accettato di sfidare Lorenzo a parità di moto, prendendo scoppole da tutte le parti. Ma, ancora una volta, non si è dato per vinto: ha sostituito lo storico capotecnico Jeremy Burgess con Silvano Galbusera, ancora una volta ha eliminato qualsiasi scusante, si è rimesso in discussione e al centro dell’attenzione. Auguri! 59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica DopoGP con Nico e Zam L’approfondimento dei test di Sepang Scarica l’APP del Magazine vogliamo differenziarci dagli altri, e poi perché quello della tecnica è un argomento che ai nostri lettori sta molto a cuore. Non a caso, in questa prima puntata l’ospite di riferimento è l’ingegnere Giulio Bernardelle – che ha lavorato a lungo nel reparto corse di Aprilia prima di passare alla MotoGP con i team Honda di Tamada, prima, e Nakano poi - che darà un prezioso contributo per chiarire gli aspetti più importanti nella preparazione delle nuove MotoGP per la stagione che sta per scattare. Ma tanta importanza avrete anche voi, cari lettori. Le possibilità di interagire con DopoGP sono molte, a cominciare dalle domande che vorrete porre ai nostri esperti – e vi invitiamo a mandarcene tante, anche in video - per arrivare ai sondaggi in tempo reale. Ogni puntata metterà in risalto anche i vostri commenti più centrati, per cui vi invitiamo fin d’ora a dire la vostra in assoluta libertà. La scaletta di questa prima puntata prevede le considerazioni sulle tre giornate di test che la MotoGP ha appena svolto in Malesia, la superiorità apparente di Marquez e della sua Honda, il bell’avvio di Valentino, le MotoGP perplessità di Lorenzo alle prese con una Yamaha più difficile da guidare del previsto, lo stato di salute della Ducati con la nuova gestione tecnica e le difficoltà del debuttante Crutchlow. Bernardelle chiarirà nei dettagli le novità regolamentari: il passaggio dai 21 litri ai 20, le differenze tra le moto Factory e le Open, l’attuale difficoltà della Honda tra le Open e la convenienza di correre la stagione in una configurazione oppure nell’altra. E si parlerà della gestione elettronica, della libertà di azione sui motori, delle novità sui pneumatici. Gli appassionati di tecnica motociclistica saranno soddisfatti. Inoltre daremo uno sguardo ai vari siti e alla stampa internazionale alla ricerca di notizie eclatanti o bislacche, e commenteremo i Tweet più interessanti che arrivano dalla parte dei piloti. I sondaggi di questa sera sono due, e attendiamo la vostra opinione con curiosità. Il primo riguarda Rossi: Valentino sarà in grado di lottare per un posto sul podio in tutte le gare oppure no? E il secondo guarda alla Ducati: le rosse potranno ottenere buoni risultati già in questa stagione, oppure bisognerà attendere il 2015? Nico Cereghini conduce con Giovanni Zamagni il nuovo approfondimento sulla MotoGP. Marquez imbattibile, Vale da record e Ducati al lavoro. Tanta tecnica con l’ingegnere Bernardelle DopoGP: la presentazine di Nico E’ con piacere che vi presentiamo la prima puntata di DopoGP, il nostro programma di approfondimento sulla stagione mondiale 2014 della MotoGP. E’ una vera prima assoluta: è la prima volta che arriva in rete un prodotto di questo tipo e di questa qualità, capace di approfondire ogni tema e renderlo fruibile ad ogni ora, visibile quando vi farà più comodo. Siamo convinti che l’apprezzerete, e che non potrete fare a meno di seguirci nell’arco di tutto l’anno: DopoGP vi 60 informerà e vi aggiornerà puntualmente dopo ogni Gran Premio, dalla prima gara notturna del Qatar alla fine di marzo fino alla conclusione di Valencia dei primi di novembre, il tutto gratuitamente per voi. Il conduttore è un motociclista esperto che ben conoscete, Nico Cereghini, che si avvarrà della presenza e della collaborazione del nostro inviato sulle piste, Giovanni Zamagni con la partecipazione di altri ospiti molto qualificati. Ampio spazio sarà riservato, su DopoGP, alla tecnica. Perché vogliamo fare sul serio, La scaletta di questa prima puntata prevede le considerazioni sulle tre giornate di test che la MotoGP ha svolto in Malesia 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica I t est che sono iniziati oggi sulla bellissima pista di Phillip Island hanno aperto la stagione 2014 del mondiale Superbike. Una stagione storica per molti motivi, il più importante dei quali riguarda la contemporanea presenza nella stessa gara di due categorie: Superbike ed Evo. Il passato ed il futuro, visto che questo campionato rappresenta il canto del cigno per le sofisticate e performanti Superbike, moto che si erano tanto allontanate dalla produzione di serie, da avvicinarsi ai prototipi della MotoGP. Una metamorfosi che stava costando cara alla Superbike, pericolosamente in rotta di collisione con il campionato GP, storicamente il più famoso ed importante al mondo. Ma come sappiamo la Dorna, braccio armato di Bridgepoint, ha rimesso i due campionati sui giusti binari e proprio in quest’ottica va vista l’introduzione delle Evo, moto più vicine alla serie, Superbike meno sofisticate e meno costose. Il regolamento definitivo che riguarda questa nuova categoria non è stato ancora varato e sarà oggetto di varie riunioni tra le case e la Dorna, chiamata a mediare tra la necessità dei team privati di ridurre i costi e la volontà delle case di sviluppare in pista le proprie moto di serie. Ma intanto, in attesa dei nuovi regolamenti, questa mattina alle 11 ora locale, Superbike ed Evo sono scese in pista a Phillip Island, per la prima di due giornate di prove che serviranno a piloti e team per preparare il primo round del mondiale 2014, che si disputerà su questa stessa pista ad iniziare da venerdì 21 febbraio. Al termine delle due sessioni di due ore ciascuna, il più veloce è stato Laverty che conferma i grandi miglioramenti della Suzuki alla quale il nord irlandese sembra si sia adattato perfettamente. Test SBK Laverty è il più veloce della prima giornata a Phillip Island di Carlo Baldi | Con il tempo fatto segnare questa mattina Laverty è il più veloce nella prima giornata di prove SBK a Phillip Island. Secondo Giugliano, davanti al campione del mondo Sykes. Primo posto per Canepa nelle Evo 62 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Seconda sessione Il vento ha in parte disturbato la sessione del pomeriggio che è stata bloccata con la bandiera rossa a causa della caduta di Michel Fabrizio, avvenuta a venti minuti circa dalla fine del turno. Il pilota del team Grillini è tuttora ricoverato al centro medico, ma non sembra abbia nulla di grave. La pista è stata riaperta a meno di cinque minuti dalla conclusione ed abbiamo assistito ad una specie di mini Superpole, con i piloti che hanno spinto a fondo cercando il tempo sul giro. Laverty non si è migliorato, ma il tempo della mattina gli è bastato per chiudere in testa questa prima giornata. Balzo in avanti di Davide Giugliano che si è posizionato al secondo posto (ascolata la sua intervista), proprio davanti al campione del mondo Sykes ed all’altro ufficiale Kawasaki, Loris Baz. Anche Lowes, che evidentemente inizia a prendere confidenza con il tracciato, ha recuperato posizioni rispetto al mattino ed ha chiuso quinto, davanti a Melandri. L’italiano dell’Aprilia sembra più preso dal lavoro di messa a punto della sua RSV4 che non dalla ricerca del Prima sessione La prima sessione si è disputata con pista asciutta e cielo soleggiato e con temperature miti che hanno reso meno difficile il lavoro dei piloti e della Pirelli. Che come sempre è in apprensione su questo tracciato caratterizzato da un asfalto abrasivo e da una conformazione sinistrorsa che richiede gomme molto particolari ed appositamente realizzate. Primo posto per Laverty che con 1’30”513 si avvicina molto al giro veloce di Checa dello scorso anno (1’30”234) e fa meglio del record della pista da lui stesso stabilito in gara nel 2013 (1’31”168). Una Suzuki davanti a tutti, ma i due piloti Kawasaki Baz e Sykes sono stati sempre costantemente nelle prime posizioni ed ha impressionato la costanza di Baz che ha chiuso davanti al campione del mondo. Il quarto posto di Giugliano conferma come alla Panigale 64 Superbike tempo sul giro. Haslam è il primo dei piloti Honda e precede Guintoli ed il compagno di squadra Rea, dal quale ci si aspettava qualcosa di meglio, ma evidentemente il lavoro di messa a punto della nuova elettronica sta richiedendo più tempo del previsto. Davies è solo decimo a sette decimi da Giugliano, ma il metodo di lavoro di Chaz, meticoloso e pignolo, richiede più tempo di quanto non necessiti all’istintivo Davide. Niccolò Canepa è salito per la prima volta sulla Panigale del team Althea solo questa mattina, ma in entrambe le sessioni è stato il primo dei piloti Evo e questo fa ben sperare il team di Bevilacqua, che precede anche la Superbike di Elias, che è però ancora dolorante a causa della caduta con la pit bike di alcune settimane fa. Salom è il pilota Evo più vicino a Canepa e precede la MV di Corti e la S1000RR Evo di Barrier. Il francese del team BMW Motorrad Italia è stato vittima di una brutta caduta alla fine della seconda sessione ed è stato trasportato all’ospedale di Melbourne per controlli, in quanto nella caduta aveva perso conoscenza. Guarda la classificha piaccia molto il tracciato australiano, con Davies che segue al settimo posto. Tra i due piloti Ducati troviamo gli ufficiali Aprilia e Melandri precede Guintoli. Ottavo posto per Lowes che non conosce questa pista, ma è già in grado di precedere i due piloti Honda Haslam e Rea. Lavori in corso nel team Ten Kate che deve raffinare la nuova elettronica della CBR. Canepa è il primo dei piloti Evo e cede a Rea solo quattro decimi. E’ un ottimo risultato per il team Althea che non era mai sceso in pista quest’inverno. Corti chiude tredicesimo dietro a Salom e davanti a Barrier e Scassa. Toni Elias è solo sedicesimo, ma sia lui che la sua squadra erano fermi dall’ultima gara di Jerez dell’ottobre 2013. Chiudono la classifica le due EBR e le BMW private del team ungherese Toth. Cadute senza conseguenze per Sebestyen, Lowes e Baz. 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Superbike Giorgio Barbier “Phillip Island mette a dura prova le gomme” « di Carlo Baldi | Dopo la prima giornata di test abbiamo chiesto al Racing Director Pirelli come l’azienda italiana si sia preparata per il primo round del mondiale Superbike 2014 e quali siano i programmi relativi alla nuova classe Evo «Il responso di questa prima giornata di test conferma la validità delle nostre gomme» spiega Giorgio . La pista di Phillip Island è un difficile banco di prova per gli pneumatici, basta vedere cosa è successo qui alla MotoGP lo scorso anno. Abbiamo chiesto a Giorgio Barbier – Responsabile delle attività sportive Pirelli moto, da undici anni fornitore unico di pneumatici per il mondiale Superbike - come l’azienda italiana si sia preparata per il primo round del mondiale Superbike 2014 e quali siano i programmi relativi alla nuova classe Evo. Un inizio impegnativo per Pirelli su di una pista difficile per le gomme come quella di Phillip Island e con una nuova categoria, la Evo. «Questa di Phillip Island è una pista che mette a dura prova le gomme soprattutto a causa di un asfalto molto aggressivo, ma anche per la sua speciale 66 conformazione con la maggior parte delle curve a sinistra e soprattutto il lunghissimo curvone che immette sul rettilineo d’arrivo e che provoca slittamenti e surriscaldamenti degli pneumatici. Ciò nonostante lo scorso anno ne siamo usciti molto bene, senza particolari problemi fornendo ai piloti gomme in grado di garantire prestazioni e sicurezza per l’intera durata della gara. Mi aveva però preoccupato quanto era successo in MotoGP, dove hanno dovuto effettuare un cambio gomme per non mettere a rischio la sicurezza dei piloti. Temevo che la pista fosse peggiorata, ma per fortuna, almeno stando ai risultati dei piloti di questa mattina, sembra che la pista sia rimasta nelle stesse condizioni dello scorso anno. I tempi che i piloti hanno fatto segnare sono già molto buoni, utilizzando gli stessi pneumatici dello scorso anno». Qui in Australia le gomme saranno le stesse sia per la Superbike che per la Evo. «Per questi test abbiamo messo a disposizione dei piloti due gomme dal profilo diverso, ai quali aggiungeremo altre soluzioni per il weekend di gara. In questi test i piloti ci daranno importanti indicazioni relativamente al profilo che preferiscono utilizzare. Una volta stabilito questo, per il weekend di gara metteremo a loro disposizione diversi tipi di mescole, con il profilo che ci avranno indicato durante i test. Saranno le stesse soluzioni sia per la Superbike che per la Evo. Questo dipende sia dalle difficoltà che abbiamo appena elencato legate a questo particolare tracciato, ma anche dal fatto che le Evo non sono ancora ben definite. Abbiamo visto oggi che alcune moto sono ancora molto simili alle Stock ed ancora in fase di sviluppo. Mentre già ad Aragon proporremo soluzioni di gomme dedicate alla Evo. Il regolamento ci consente di proporre gomme diverse per le Superbike e per la Evo. In pratica ad ogni gara noi proporremo alcune soluzioni che potranno essere utilizzate da entrambe le categorie, alle quali aggiungeremo una o più proposte esclusivamente per la Superbike ed una o più proposte esclusivamente per la Evo». Come avete potuto preparare delle gomme per la Evo se questa categoria non ha mai corso in precedenza. «Siamo partiti dall’esperienza maturata lo scorso anno nel campionato italiano Sbk, ma è chiaro che lo sviluppo delle gomme per le Evo procederà in modo continuo per tutto il campionato, così come sarà per le gomme Superbike. Per la Superbike partiremo dai riferimenti dello scorso anno mentre per la Evo siamo partiti dal CIV Superbike. Lo sviluppo delle gomme Evo avverrà assieme ai team ed alle loro richieste, ma anche alla luce dei regolamenti che definiranno le Evo del futuro, del 2015. Ancora non esiste un regolamento definitivo relativo alle Evo del prossimo anno e speriamo di averlo presto sia per noi che per le case che vogliono impegnarsi in questo campionato». Evo significa motori meno potenti e di conseguenza gomme più morbide? «Non basterà fornire ai piloti Evo delle gomme più morbide, ma dovremo preparare pneumatici che possano fornire le stesse alte prestazioni per l’intera durata della gara. Per ottenerle lavoreremo sulle mescole e sui profili. Per Pirelli sarà una nuova sfida, che affronteremo come sempre con il massimo impegno anche perché le Evo sono moto molto vicine alla serie e quindi un perfetto banco di prova per i nostri pneumatici. Non dimentichiamoci che il nostro impegno nelle competizioni è mirato al costante miglioramento dei nostri prodotti di serie». 67 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb tony Cairoli “Sono contento, erano dieci anni che non correvo in Sicilia” di Massimo Zanzani | Soddisfatto Antonio Cairoli per il suo secondo centro consecutivo agli Internazionali d’Italia. Numerosi i tifosi che hanno potuto gioire per l’ufficiale KTM « Ciao amici di Moto. it, qui è una giornata bellissima in Sicilia. Siamo su una pista che conosco da sempre e sono contentissimo di aver vinto anche questa gara. Vi aspetto tutti il prossimo weekend a Montevarchi, per l’ultima prova degli Internazionali d’Italia, su una pista rinnovata e vi aspetto numerosi per fare un gran tifo». 68 E’ stata più facile la prima o la seconda gara? «E’ stata una gara impegnativa, dove abbiamo potuto provare dei nuovi pezzi, su questi terreni duri che non sono mai stati tra i miei preferiti, ma abbiamo trovato lo stesso un buon feeling e per il mondiale sarà sicuramente importante». prestata bene all’evento. Molta gente è venuta qui a vederci e l’importante è che il pubblico si sia divertito». Una pista piccola ma carina. «Si, una pista piccola ma si è Una bella soddisfazione? «Si». Da quanto tempo era che non correvi più qui in Sicilia? «Erano ormai dieci anni che non facevo più una gara in Sicilia». 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica G li Internazionali d’Italia si sono chiusi all’insegna dei colpi di scena che non hanno praticamente avuto soluzione di continuità. Il più eclatante è stato quello che ha coinvolto Antonio Cairoli, colpito alla caviglia sinistra dalla forcella di un avversario mentre stava affrontando la prima curva della partenza MX1. Una botta forte e dolorosa, che ha lo costretto ad abbandonare subito la gara per sottoporsi ad una veloce radiografia la quale ha evidenziato lo stiramento dei legamenti e una leggera incrinatura. Svanito il titolo MX1, Tony ha fatto ricorso alla sua forte tempra e si è schierato al via della Elite, anche perché la sola partecipazione gli avrebbe consentito di poter eliminare il risultato come previsto dal regolamento e quindi di assicurarsi matematicamente il primato. Il sette volte iridato non si è però risparmiato, e dopo Motocross essere partito settimo si è piazzato quarto scavalcando Philippaerts nell’ultima parte di gara, posizione che ha quindi scartato mantenendo le vittorie dei due precedenti appuntamenti grazie ai quali si è aggiudicato la tabella di campione Elite. MX1 Il titolo MX1 glielo ha soffiato il belga neo acquisto Yamaha Jeremy Van Horebeek, che ha confermato il suo buon affiatamento con la YZ450FM piazzandosi in seconda posizione e ribadendo la sua positiva apertura stagionale terminando terzo nella Elite. Sia quest’ultima che la gara delle 450 è andata al pilota della Kawasaki Gautier Paulin, che in entrambe le gare ha gestito la pressione del compagno di scuderia Steve Frossard il quale nella MX1 ha tagliato il traguardo terzo dopo un Media Internazionali d’Italia Cairoli campione nonostante un infortunio di Massimo Zanzani | L’ufficiale KTM si infortuna alla caviglia ma, dopo la terza prova degli Internazionali, si aggiudica il titolo Elite. A Van Horebeek la MX1, a Charlier la MX2 e a Rovera la 125 70 71 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb errore a metà gara e che si è rifatto in quella conclusiva dove si è piazzato al posto d’onore. Solo 10° David Philippaerts rallentato da un problema tecnico, che nella Elite ha invece corso bene come ha confermato il suo quinto posto; giornata meno soddisfacente invece per Davide Guarneri, che ha totalizzato solo un tredicesimo posto nella MX1 dopo una caduta perché poi nella Elite è stato costretto al ritiro da noie tecniche alla sua TM. MX2 La MX2 ha registrato un’altra prova di forza di Arnaud Tonus che ha piegato il francese Dylan Ferrandis e Christophe Charlier il cui terzo posto è stato sufficiente per laurealo campione 2014. Quarto posto per Tim Gajser, mentre Alex Lupino non è riuscito a fare meglio di ottavo. 72 125 La 125 è stata invece condizionata dall’imprevisto incidente occorso a Tommaso Isdraele, che nella prima manche mentre stava ripartendo dopo una caduta è stato centrato da un avversario. Nella caduta il leader del campionato si è lussato una spalla, col risultato di doversi ritirare e dovendo disertare anche la seconda manche ha dovuto dire addio ad un titolo che sembrava già suo. Della sua defezione ne ha approfittato Lorenzo Ravera, il quale sommando la vittoria della prima frazione ed il quarto posto della successiva ha fatto sua la tabella di campione davanti al bulgaro Ivan Petrov e a Joakin Furbetta; vittoria di giornata all’olandese della KTM Davy Pootjes. Guarda tutte le classifiche 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MX Usa Prima parte Supercross, Arlington doppietta di Stewart “Bubba” replica la vittoria di San Diego, vincendo la quarantasettesima gara della sua carriera. La 250 al debuttante Cianciarulo D ue vittorie di fila per James “Bubba” Stewart: dopo la gara di Dallas il pilota Suzuki ha dominato il Main Event della prova di Arlington, primo evento 2014 della Costa Est. La partenza ha visto l’holeshot di Ryan Dungey su KTM, che ha preceduto di misura il leader della classifica e campione in carica Ryan Villopoto. Alla fine del primo giro Justin Barcia ha conquistato il terzo posto, davanti a Brayton e Roczen, con Villopoto solo sesto. Dungey ha guidato i primi tre giri prima che Stewart prendesse la testa ed allungasse con regolarità fino a tagliare il traguardo. Dungey ha mantenuto saldo il secondo posto, mentre l’ultimo gradino del podio è stato oggetto di una feroce lotta fra Barcia, Brayton, Roczen e Villopoto. Alla fine è stato Barcia a spuntarla, conquistando il primo podio della stagione. Stewart ha portato così a casa la quarantasettesima vittoria della carriera - il secondo posto assoluto di Ricky Carmichael è alla portata, con sole cinque vittorie di differenza - e raggiunge Reed e Villopoto a quota due gare vinte nel 2014. “Sono felicissimo” ha dichiarato Stewart. “Sapevo che dovevamo essere più veloci in finale, e lo siamo stati. La pista era molto difficile e sapevo di dover essere perfetto per passare e controllare la gara. Il campionato ora non conta, devo solo continuare a guidare 74 come sto facendo. Se ce la faccio andrà tutto bene.” Villopoto, quarto, ha mantenuto la leadership di campionato con 12 punti su Roczen, sesto. Stewart è passato in terza posizione, a 14 punti dalla prima posizione. Reed, protagonista di un brutto incidente con infortunio la settimana scorsa a San Diego ha provato a correre sabato nonostante una frattura a scapola, clavicola e vertebra T1, ma ha dovuto ritirarsi. 250, Cianciarulo all’esordio Seconda parte Cianciarulo ha iniziato la sua prima gara nella 250SX Costa Est conquistando l’holeshot davanti ai compagni di squadra Davalos e Baggett. Davalos, il più veloce in prova, ha preso la testa ma è caduto al terzo giro, consentendo a Cianciarulo e Baggett di riprendersi prima e seconda posizione. I due hanno preso il largo, con Baggett protagonista di un bel sorpasso al settimo giro; Cianciarulo ha però subito ripreso la testa. Una caduta di Faith all’ottava tornata ha permesso a Davalos di riprendersi il podio. Una volta in testa, Cianciarulo ha allungato, ed è diventato il primo pilota dai tempi di Trey Canard (2008) a vincere all’esordio nel Supercross. Baggett ha chiuso secondo mentre Davalos ha recuperato un paio di cadute, rimontando dalla sesta alla terza posizione aggiudicandosi il podio. 75 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Enduro Hell’s Gate Le foto della gara, delle cadute e del pubblico! di Andrea Perfetti | La gara finita solo da Jarvis e Walker, la presenza del pubblico armato di smartphone sempre e dovunque, le cadute (tante da non poterle contare) e la bella cavalcata finale. Si chiude una grande Hell’s Gate L’ undicesima edizione della gara di enduro estremo si è conclusa con la consacrazione di Graham Jarvis che si laurea vincitore per la quarta volta consecutiva. Dopo i cinque giri della finale del pomeriggio si è presentato per primo sulla diabolica salita Hell’s Peak e ha inflitto ben 22 minuti di distacco al solo avversario in grado di impensierirlo, Johnny Walker su KTM. Al mattino il Ciocco ha ospitato ben 124 piloti, ma solo 30 hanno superato la durissima fase eliminatoria e sono passati alla gara del pomeriggio. Qui Jarvis non ha avuto avversari e ha distrutto i rivali giro dopo giro. Tra gli italiani si è messo in luce Diego Nicoletti, su Suzuki, uscito di gara al sesto controllo dopo essere stato a lungo nella top ten. La corsa è stata seguita da un pubblico numeroso, premiato da una giornata insolitamente 76 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Enduro aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb calda e asciutta. Ma la gara organizzata da quel diavolaccio di Fabio Fasola è stata comunque, ancora una volta, tremenda. Lo dimostrano i soli due piloti giunti sul traguardo. La Salamandra, le Sabbie, il viscidone e la mitica Cascata hanno decimato i pur bravi concorrenti, che giro dopo giro hanno accomulato ritardi spaventosi dai due fuoriclasse al comando. Il Ciocco, in Garfagnana, è stato insolitamente caldo, con temperature superiori ai 12 gradi. Ma l’acqua caduta negli scorsi giorni ha gonfiato i corsi d’acqua e reso davvero scivolosi diversi punti del già difficile tracciato toscano. Jarvis in particolare è apparso velocissimo e a suo agio là dove gli altri piloti zampettavano e annaspavano. Anche l’undicesima edizione dell’Hell’s Gate ha consacrato le moto a due tempi quali regine incontrastate dell’enduro estremo: la loro leggerezza e la loro coppia ai bassi le rendono inbattibili su questi percorsi. Graham Jarvis: “Ho corso spesso al Ciocco e sapevo cosa aspettarmi, ma devo riconoscere che l’edizione di quest’anno è stata una delle più dure. Il secondo posto nella fase mattutina è stato decisivo per avere una buona posizione 78 alla partenza della gara “vera”. Allo start l’unico obbiettivo era quello di uscire dalle prime curve senza problemi o cadute. Poco dopo il via sono finito in una grossa pozza d’acqua, ho cercato di stare calmo anche se ho perso un po’ di tempo. In breve sono comunque riuscito a portarmi a ridosso dei primi tre. Poi sia Andreas Lettenbichler che Cody Webb hano compiuto alcuni erori, così mi sono avvicinato a Jonny Walker che era al comando. Da lì in poi mi sono messo a testa bassa per assicurarmi la vittoria. A circa metà del primo giro sono riuscito a passare Walker. Quest’anno senza la neve e il ghiaccio della scorsa edizione mi aspettavo condizioni più facili, ma così non è stato. Tutto il percorso era incredibilmente scivoloso. Abbiamo guidato per quasi due giri interi col buio, e l’ultimo in particolare è stato davvero difficile. Per fortuna, a parte un paio di piccole cadute, non ho avuto problemi. Sono contento di aver dato a Husqvarna questa prima vittoria alla Hell’s Gate”. Hell’s Gate Hard Enduro 2014 – Risultato finale 1. Graham Jarvis (Husqvarna) 2. Jonny Walker (KTM) 79 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Enduro aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb Media bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Le cadute Non competitivo non vuole mica dire facile e infatti è stato possibile percorrere gran parte del giro di gara del sabato. Abbiamo visto la soddisfazione dipinta sul volto degli enduristi più allenati, mentre gli altri hanno tribolato parecchio. Superati i tratti hard del primo giro, i partecipanti hanno avuto accesso al secondo giro, che ripercorreva esattamente il tracciato del sabato mattina. Insidioso, fisicamente massacrante, tecnico ma anche fantastico. Finirlo è stata una grande soddisfazione per i tanti che hanno partecipato e pure per il sottroscritto che ha cercato di trasmettervi le emozioni di queste due fantastiche giornate di enduro. Leggi anche: Hell’s Gate 2014: vince Jarvis su Walker. Solo due all’arrivo Hell’s Gate 2014: a Walker l’eliminatoria! Innumerevoli, come si addice a una gara estrema. Il Dente ne ha mietute a iosa sia al mattino che nel pomeriggio. La Cascata ha premiato gli audaci, lì se ti butti deciso, passi dall’altra parte. Se hai la minima incertezza, se già per terra. Il Viscidone non ha fatto cadere i piloti, ma li ha abbracciati in una terribile morsa di pietre umide prima e di fango colloso dopo. Difficili, ma non insuperabili le Giastre, mentre la Salamandra è stata come ogni anno teatro di capitomboli e ruzzoloni, molti dei quali terminati con un bel tuffo carpiato nelle acque gelide dell’Hell’s Gate. Alla fine è rimasta la salita del Diavolo, ma quella l’hanno fatta solo in due. Jarvis primo e Walker secondo. Ma anche loro, unici piloti a finire la corsa, senza la corda del pubblico non sarebbero mai giunti alla fine. 80 Il pubblico Se non ci fosse, andrebbero prese delle comparse. Perché è parte integrante della corsa. E’ vicino, vicinissimo ai piloti come in nessuna altra competizione. Il contatto fisico non solo non è vietato, ma è anzi necessario a trarli d’impiccio in più zone del percorso. Quest’anno erano protagonisti assoluti gli smartphone. Ovunque gli spettatori hanno fotografato e ripreso le gesta dei motociclisti. Se avete degli scatti divertenti, mandateli a Moto.it a questo indirizzo ([email protected]). Li metteremo online e anche sulla nostra pagina Facebook! La Cavalcata Per il secondo anno consecutivo il Ciocco ha ospitato la cavalcata Hell’s Lite, giro non competitivo aperto a tutti gli appassionati di enduro. 81 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Enduro Scarica l’APP del Magazine Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Responsabile editoriale Ippolito Fassati Capo Redattore Andrea Perfetti Redazione Maurizio Gissi Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Francesco Paolillo Aimone dal Pozzo Edoardo Licciardello Grafica Thomas Bressani Collaboratori Nico Cereghini Massimo Clarke Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Lorenzo Boldrini Enrico De Vita Ottorino Piccinato Antonio Privitera Antonio Gola Alfonso Rago COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto. it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. 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