EST UCRAINO. STRANA EUROPA Sul treno 27M da Mosca a Kharkiv per vedere da vicino chi crede nella Novorossiya, chi vuole combattere per nonfinirecon i russi e chi spera che tutto si sistemi da solo ti più solidi con l'Ue. In qualche modo le di Luigi De Biase elezioni in Ucraina sono un'altra piega della crisi europea. Una parte del paese si "Del resto da quanto tempo - i vecchi se sente occidentale, l'altra crede che benesne ricordavano ancora - si erano introdot-sere e pace possano venire soltanto con i ti pesi e misure? C'erano solo le bilance, soldi e la benedizione di Mosca, ma intanuna volta. Nient'altro die le bilance. Leto il paese si sgretola. Il fatto che le presistoffe si misuravano col braccio e tutti san-denziali si tengano lo stesso giorno in cui no che un braccio di un uomo, dal pugno l'Europa vota i suoi rappresentanti è decichiuso sino al gomito, misura un bracciosamente simbolico. Anche Rinat Akhmeesatto, né più né meno". tov, l'uomo più ricco e più influente del Joseph Roth, "Il peso falso" paese, dice ora che le elezioni sono fondal treno 27M segna i confini della Russia mentali per il futuro del paese e che si deal tempo di Vladimir Putin. Nella notte vono svolgere. Pochi giorni fa ha fatto cascende da Mosca a Belgorod, che è l'ultima pire quasi l'opposto, chiedendo al governo città prima dell'Ucraina, attraversa di Kiev, lui industriale nell'est, federaliKharkiv, passa per Slovyansk, Gorlovka e smo. Lungo questa divisione si combatte la Kramatorsk, torna in Russia dalle parti di battaglia per l'Ucraina, con cinquanta miRostov, s'allunga sulla costa del mar Nero, lioni di civili, decine di oligarchi, e milizie sbuca dopo trenta ore a Sochi, ai piedi del che portano insegne di nuove nazioni. Caucaso. E la donna all'ingresso della carL'altro enorme fattore della crisi è la rozza numero cinque non spreca sorrisi Russia: nessun paese europeo ha confini per i viaggiatori: è bassa, tozza, porta la molli come i suoi, le frontiere cambiano gonna sopra le ginocchia e calze di nylon continuamente, anche se poco, secondo l'esotto le ginocchia, quando le chiedo di con- poca e l'uomo che governa. Negli anni Ottrollare il biglietto risponde di salire e tanta la Russia di Mikhail Gorbacev conaspettare il mio turno, così le domando a tava su un impero chiamato Unione sovietica grande da Chisinau a Vladivostok, e da Novaya Zemlya nel mare dell'Artico si"Se tutto andrà bene, domani no a Dushanbe, in Tagikistan. Poi è venuta la Russia di Boris Eltsin: via i paesi Balentrerai in un nuovo paese', dice tici, via le Repubbliche dell'Asia centrale, via la Bielorussia, l'Ucraina e il Caucaso Pavel. EHI maggio, il giorno meridionale. Con lui il Cremlino ha perso del referendum a Donetsk anche due regioni del Caucaso settentrionale, la Cecenia e il Daghestan. Era una che ora si arriva in Ucraina per essere cer- Russia bella ed ebbra, ma pur sempre in to che sia il treno giusto, e lei ripete senza ritirata. Esiste anche una Russia di Putin? voltarsi: sedete, partiremo presto, all'alba Sì, esiste, e si contrappone in modo netto a certi valori dell'occidente, offre un'altersaremo alla frontiera. "Se tutto andrà bene domani entrerai in nativa che molti vogliono cogliere. Putin un nuovo paese", mi ha detto Pavel quan- ha spostato un'altra volta i confini del paedo ha saputo che sarei partito. E' 111 mag- se, ha riportato la legge nel Caucaso dopo gio, è il giorno del referendum a Donetsk e battaglie maledette, ha usato le armi conLugansk, il treno corre alla periferia di Mo- tro la Georgia, infine ha annesso la Crisca mentre migliaia di ucraini, nella parte mea. Oggi muove una guerra di nervi con orientale del paese, decidono l'indipen- l'Ucraina. denza delle loro regioni e la nascita della Chi vuole ancora percorrere in treno la "Novorossiya". Pavel è un giornalista di strada verso Kharkiv? Il governo ucraino Itar-Tass e segue questa crisi praticamen- ha bloccato i voli dalla Russia e non si cate dal primo giorno. A dire il vero tutti i pisce se sia una mossa difensiva (impedire russi lo fanno in un modo o nell'altro per- che altri giovani russi si uniscano alle miché da mesi giornali e tv non parlano d'al- lizie paramilitari che si trovano da mesi tro, prima gli scontri a Kiev e la fuga di Vik- nella regione), oppure un contrattacco (rentor Yanukovich, poi l'annessione della Cri- dere la vita più difficile a quanti, su quemea, ora i disordini vicino al confine: è co- sta rotta, spostano ogni giorno merci e deme se non esistesse altra notizia al mondo. naro, e sono molti a farlo). Così il treno è Ma il referendum non è l'unica scelta rimasto il modo più sicuro per passare da per l'Ucraina. Domenica si andrà di nuovo un paese all'altro, e questo viaggio lento su alle urne per le presidenziali, il favorito è vagoni di radica e letti di pelle marrone Petro Poroshenko, un magnate dell'indu- prende un'aria da Guerra fredda. stria alimentare che spera di avere rapporSulla quinta carrozza viaggiano una pie- I cola famiglia, madre, figlio e madre della madre; c'è una ragazza sui venticinque che si è cambiata appena salita sul treno, ha tolto i jeans e s'è infilata un vestito leggero a strisce bianche e blu; c'è un uomo che passa di cabina in cabina cercando un accendino in prestito, ma a quanto pare nessuno fuma qui, questo è l'unico vagone in tutta la Russia in cui nessuno esce a fumare e a parlare di città lontane. La donna Domenica si vota per le presidenziali, ma non è detto che si riesca a farlo in tutto il paese. E questo creerà altri guai a Kiev delle ferrovie con la gonna sopra il ginocchio e le calze di nylon ha tolto le scarpe, si è messa un paio di pantofole, ha distribuito le lenzuola in ogni scompartimento ed è entrata nella cucina per mettere l'acqua a bollire. La cucina è minuscola ed è occupata quasi interamente da un grosso bollitore. Sul tavolo ci sono pane, formaggio e biscotti. L'acqua minerale costa cento rubli (due euro circa). Il caffè ottanta, così come il tè. Lei è responsabile di tutto qui: è ufficiale delle ferrovie di stato, custode di materassi e lenzuola, barista, cassiere, donna delle pulizie. Il vagone è suo, ha già quello a cui pensare e come se non bastasse di tanto in tanto deve rispondere anche alle domande dei viaggiatori. Nessuno sa dire di preciso che cosa aspettarsi dal giorno successivo, perché nella notte i separatisti di Donetsk vincono il referendum sull'indipendenza con il 90 per cento dei voti, a Lugansk vanno oltre il 95, l'esito non era certo in discussione, ma ora si cerca di sapere come reagiranno le autorità ucraine. Attaccheranno Lugansk e Donetsk? Costringeranno i ribelli a fuggire? Oppure isoleranno le province bloccando ogni treno, auto, ogni volo diretto nel paese? Di questo si parla nella notte sul treno 27M. L'alba è fresca e Belgorod appare all'orizzonte come uno spettro: si vedono sagome bianche di palazzi alti venti piani, insegne pubblicitarie e vagoni fermi all'imbocco della stazione passeggeri. Alla periferia della città l'esercito russo ha ammassato le truppe pronte per intervenire in Ucraina, se mai ce ne fosse bisogno. Pochi giorni fa il ministero della Difesa ha detto di avere allontanato gli uomini dal bordo, ma si tratta di uno spostamento minimo, appena dieci chilometri, e non si sa con precisione quanti soldati ci sono in questa striscia di terra. Sono cinquantamila? Forse centomila? Né i servizi segreti, né i satelliti, né i reporter del New York Times sono riusciti a fare chiarezza, e non l'hanno fatta neppure i loro colleghi russi, sebbene i giornali e le televisioni non parlino d'altro. Forse per loro questa informazione non è fondamentale. Sulle strategie di Putin è stata scritta ogni cosa: secondo una versione ab- bastanza popolare in Europa, "Putin inganna l'occidente", dice una cosa e poi fa l'opposto. In realtà la Russia ha mantenuto una posizione lineare rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Putin ha detto di essere pronto a difendere con ogni mezzo i russi e quelli che parlano russo, la Duma gli ha affidato il potere di usare l'esercito per svolgere il compito e lui l'esercito l'ha usato, con estrema prudenza, quando la Crimea ha chiesto di entrare nella Federazione russa. Ora lo tiene schierato a Belgorod e sui mille chilometri di confine con l'Ucraina. A giudicare dalla sua popolarità in patria (oggi oltre F80 per cento, il livello più alto nei tre mandati da presidente), si direbbe che i russi capiscano bene le sue parole e considerino gli impegni mantenuti. In Europa si può dire che la politica russa sia violenta o senza senno, non che manchi di chiarezza. L'unica parte "non chiara" riguarda gli strumenti usati per portare a termine l'obiettivo, ma quello ha a che fare con l'abilità dei diplomatici russi, che sembrano sempre più preparati degli altri. In confronto, la politica estera europea è un rompicapo. I governi si riuniscono, i ministri firmano sanzioni, i cancellieri minacciano provvedimenti ancora più gravi. E poi che succede? I russi lo domandano ogni volta che ti incontrano: che cosa pensate voi di questa crisi? Che cosa farete alla Russia? Non temono le sanzioni ma il passaparola sui mercati, l'incertezza che già spinge molti in Europa a cancellare i loro affari in Russia. E' quella che chiamano "sanzione segreta": non è scritta da nessuna parte, quindi è invulnerabile come tutti i fantasmi. Le misure ufficiali sono fastidiose, ma fanno anche sorridere. "Ecco le sanzioni italiane: visti gratis per tre anni", ha scritto il quotidiano Pravda pochi giorni fa, sulla prima pagina, con un po' d'ironia per le scelte - a volte contraddittorie del nostro governo. * * * "Tutti sapevano poi che un candeliere d'argento pesava una libbra e venti grammi, un candeliere di ottone circa due libbre. Si, da quelle parti c'era molta gente cìie non si fidava per nulla di pesi e misure. Pesavano con la mano e con l'occhio. Non era una regione propizia per un veiificatore statale". Joseph Roth, "Il peso falso" La stazione di Belgorod è anche il posto di confine, quindi sui vagoni salgono gli agenti della dogana russa per mettere i timbri sui passaporti. Sono donne, portano un borsello legato alla cintura, chiedono i documenti, fanno qualche domanda senza ascoltare le risposte. Il controllo dura pochi minuti - che importanza ha per loro sapere che qualcuno ha deciso di lasciare il paese? Dopotutto si occupano di numeri, di statistiche e carte bollate, un cittadino in meno non può essere un problema seno. Questo è il confine politico, ma la terra offre meno segni d'orientamento: non c'è un fiume a Belgorod, non c'è una valle, una montagna, una rottura netta fra i due territori. Anche i villaggi sono uguali: cominciano con case di legno, proseguono con case basse in muratura efinisconofra gli alberi. Così si avanza, lenti fra le campagne, aspettando un segno. La donna delle ferrovie si sveglia intorno alle sette, lascia il suo scompartimento e attraversa il corridoio senza salutare sino alla cucina. L'unico sorriso lo fa quando chiede di aspettare che l'acqua sia calda prima di preparare il caffè. Quasi tutti i viaggiatori sono scesi a Belgorod: il bambino con la madre e la madre della madre, l'uomo anziano che cercava disperatamente un accendino e la ragazza con il vestito a strisce. "Perché andate a Kharkiv - mi domanda la donna mentre versa il caffè - E' lì che vivete?". Le rispondo che sono soltanto un turista. "Strani tempi per essere turista", dice lei, tornando nella cabina. Si capisce che il confine è superato perché all'altezza di un villaggio chiamato Tzupivka c'è un ponticello azzurro con l'erba accanto ai binari e uomini chini a raccogliere fragole vicino a campi di fiori viola. Ora la donna delle ferrovie è seduta in una cabina e discute con un'altra, parlano di guerra e di quel che sentono nei loro viaggi. Poi s'interrogano: ricordate la Yugoslavia? Finirà allo stesso modo qui? Avranno viaggiato per anni sul quel treno, ma nessun viaggio pesa come questo. Perché dopo Kharkiv viene Slovyansk e lì si spara, perché si deve attraversare la parte più pericolosa dell'Ucraina prima di tornare in Russia, perché la guerra non l'hanno mai vista, neppure quando è caduta l'Urss. A loro bastano le facce di quelli che passano sul vagone numero cinque per sapere che la vita non è come prima. Quando il treno arriva a Kharkiv sono quasi le otto del mattino. Le crisi politiche aprono sempre un'epoca d'oro per gli ispettori. Il primo agente della polizia di frontiera sale e controlla i bagagli, è una donna, verifica ogni cosa, chiede di vedere anche l'iPad, vuole sapere se ho con me materiale pornografico o video che incitano alla violenza. Il primo controllo passa A Kharkv la moglie del rabbino àce: uMinquieta che Svoboda, guidato da un antisemita, faccia ogg parte del governo" senza problemi. Poi arrivano quelli del passaporto, e per il passaporto non basta un solo agente, ne arrivano due, hanno la tuta mimetica, uno guarda i documenti e l'altro siede e fa domande. Perché vieni da Mosca? Che cosa porti con te?, chiede uno. Vuole controllare di nuovo i bagagli e quando apre lo zaino spalanca gli occhi al collega: grida "meterialy, materialy!", e la parola viaggia rapidamente di cabina in cabina, sino agli orecchi della donna delle ferrovie, che attraversa il corridoio a passi stretti e rapidi, inciampa, si riprende e mi fissa come se qualcuno avesse rubato sulla sua santa carrozza. Il termine "materialy" indica carte potenzialmente pericolose, nel mio caso si tratta di due quotidiani russi e cinque libri (GogoF, Tolstoj e Joseph Roth). L'uomo in divisa mi chiede: "Perché hai questi libri? Che cosa vuoi fare in Ucraina?". Lo guardo ma non trovo una risposta adatta ai suoi pensieri, gli dico soltanto che tutti dovrebbero leggere. Così mi ordina di scendere dal treno e di seguirlo alla centrale, nella caserma delle guardie di frontiera, che si trova nei sotterranei all'ingresso della stazione. Ci fermiamo di fronte a un cancello di metallo, un uomo apre, ci guarda dall'altra parte e ci lascia nassare. Dietro il nortone vedo una ventina di uomini in divisa che si riposano, sono tutti molto giovani, solo due di loro hanno il fucile in spalla, gli altri lo tengono sulle ginocchia. Seguo i due in fondo a una scala, mi fanno sedere, mi chiedono di aspettare che il capitano si liberi per potermi interrogare. Il capitano ha una trentina d'anni, è vestito in borghese e siede in un ufficio che evidentemente fa anche da stanza da letto. La camera è così piccola che manca il posto per sedere, a meno che uno dei due decida di sedersi sul letto, così resto in piedi nonostante l'invito educato a mettermi comodo. Mi chiede: Perché hai quei libri? Gli rispondo che non sono contrario al possesso di libri: forse la polizia ha disposizioni diverse? Lui precisa che non appartiene alla polizia, ma alle guardie di frontiera, poi viene al dunque: che cosa facevi a Mosca, chi hai visto lì? E' l'unica cosa che gli interessa davvero, perché il timore principale delle guardie di frontiera è che "provocatori russi" entrino nel paese. E' già accaduto, continua a succedere, è praticamente impossibile fermare gli infiltrati. Quando si convince che non faccio parte della categoria gli chiedo com'è la vita da Luomo più ricco del paese, Rinat Akhmetov, sembrava contrario alle elezioni, ora invece le vuole legittimare queste parti dopo il referendum. Lui risponde che è tutto tranquillo, poi dice che la madre lavora in Italia, che ha pensato di raggiungerla con la famiglia, ma ricominciare da capo sarebbe impossibile. Si alza e mi offre da bere, e mentre timbra il mio passaporto chiede per l'ultima volta: dimmi la verità, perché sei venuto a Kharkiv? Così gli dico: sono qui per vedere il rabbino Moskovitz. Il problema è che Moshe Moskovitz del movimento ortodosso Chabad-Lubavitch non si trova in Ucraina da giorni, come spiegano le tre segretarie all'ingresso del suo ufficio, nella sinagoga di Kharkiv. E' volato ad Haifa per assistere il sindaco della città, Gennady Kernes, trasferito in Israele per le cure dopo che uno sconosciuto gli ha sparato mentre faceva jogging. Le segretarie dicono che c'è la moglie, si chiama Miryam e ha qualche minuto da dedicarmi. Non esiste riparo più meraviglioso della volontà di Dio. Non ricordo dove ho letto questa frase ma è la prima cosa che mi viene in mente quando Miryam inizia a parlare. "Qui crediamo in Dio e sappiamo che, in un modo o nell'altro, lui risolverà ogni cosa - mi spiega, seduta dietro la sua scrivania - Quel che ci spaventa oggi è l'anarchia, la gente che va in strada armata e si comporta come se la legge non esistesse. So che è assurdo, ma gran parte del paese oggi si trova in questa condizione. E quando c'è una rivolta l'antisemitismo viene sempre a galla: è scritto nella storia dell'Europa". La comunità ebraica di Kharkiv è una delle più importanti in Europa orientale, qui c'è la sinagoga più grande dell'Ucraina e migliaia di giovani arrivano ogni anno in cerca delle loro origini. "Non tutti fra noi hanno la stessa opinione sulla crisi - prosegue Miryam - C'è chi crede che la colpa sia del governo ucraino e chi maledice la Russia. Non do- vete pensare che il parere dipenda soltanto dalla politica, perché anche gli affari hanno un peso. Chi aveva rapporti con la Crimea ora è sul lastrico, chi ce li ha con la Russia spera che il governo di Kiev non faccia sciocchezze. Non credo che il governo ucraino sia antisemita, oggi non conviene a nessuno esserlo. Ma mi inquieta il fatto che un movimento come Svoboda, guidato da un leader antisemita, sia riuscito a infiltrarsi nel governo e ne faccia parte ancora oggi". Il leader di Svoboda si chiama Oleh Tyahnybok, nel 2004 è stato escluso dal partito Nostra Ucraina dopo alcune dichiarazioni su una presunta "mafia moscovita e giudaica". Negli ultimi mesi ha proposto di inserire la voce "etnia" sui passaporti ucraini, e oggi è candidato alle elezioni presidenziali. "Il pericolo è che gli ebrei siano usati come pretesto da una parte o dall'altra per accusare avversari e nemici politici - conclude Miryam nel suo ufficio alla sinagoga di Kharkiv- Guardate che cosa è accaduto con Kernes: gli hanno sparato, i separatisti dicono che è stata una provocazione dei nazionalisti, quelli rispondono che in realtà si tratta di un'azione russa, ma intanto nessuno pensa di prendere i colpevoli". Poi suona il telefono, è il rabbino Moskovitz che chiama da Haifa per dire Che va tutto bene. (segue nell'imerto II) DONETSK. IL PESO FALSO La piaga delle terre di Gogol' deriva dai paramilitari che litigano tra loro. La gente non sifidané della polizia né dell'esercito (malconcio) (segue dall'inserto I) Sembra che Kharkiv voglia sparire nel nulla in attesa che le cose si sistemino da sole, che un giorno un ministro arrivi e dica: siete una città ucraina! Oppure: voi fate parte della Novorossiya! 0 ancora: questa terra è terra russa! Sulla Prospettiva Lenin ho visto un farmacista cancellare con lo straccio la scritta "referendum" che qualcuno ha lasciato sulla vetrina del suo negozio la notte prima. La maggior parte della gente non è troppo interessata al colore del passaporto, il desiderio di conoscere la fine della storia pare oggi molto più grande. Il sindaco Kernes appartiene al Partito delle Regioni, lo stesso dell'ex presidente Viktor Yanukovich, ma nei giorni della crisi ha cercato soprattutto di tenere insieme la città, lo ha fatto quando gli studenti delle scuole superiori hanno occupato il palazzo del governo giurando di difenderlo sino allo stremo dagli attacchi dei separatisti e anche un paio d'ore dopo, quando i filorussi sono arrivati davvero, hanno sfondato il portone d'ingresso e han- no preso a bastonate gli studenti. Oggi il palazzo è sorvegliato da una squadra di agenti del ministero dell'Interno. "Siamo circa tremila in città", dice il comandante all'ingresso dell'edificio. Alle sue spalle muratori e falegnami lavorano ancora per riparare i danni. I suoi uomini non sono di Kharkiv, vengono da altre città, da Poltava, forse anche da Leopoli. Il capitano dice: "La situazione è tranquilla, potreste trasfe- "Qui è tranquillo, potete trasferirvi se volete". Se accade qualcosa! uNonloso. Glioràni arriveranno allora" rirvi qui, è una città magnifica". E che cosa farete nel caso in cui qualcuno cercasse di occupare ancora il palazzo? "Non lo so - risponde - Suppongo che gli ordini arriveranno allora". L'assalto al palazzo del governo e l'agguato contro Kernes hanno sollevato molti dubbi sulla polizia locale, che da allora ha praticamente perduto il controllo sulla città. A Kernes hanno sparato con un fucile di precisione mentre correva nel Parco Gorkij. Quando lo hanno colpito era solo e passava accanto a un monumento per gli eroi del ciclismo (prima di vedere quel monumento non avevo mai sentito parlare di "eroi del ciclismo" ucraini o sovietici). Kernes è considerato in patria un politico originale: è un atleta, un collezionista di animali, i più generosi gli danno del corrotto, nei bar bisbigliano che è tossicodipendente o schizofrenico. Dicono che passasse la maggior parte del tempo all'Hotel National, un quattro stelle poco lontano dal centro. La hall è buia, ci sono divani in cui uomini parlano a bassa voce, quindi si avanza fra stampe francesi dell'Ottocento sino alla sala da pranzo e lì c'è un enorme leone imbalsamato, le cameriere passano senza farci caso ma l'animale è impressionante. "Kernes non è certo un modello per noi ebrei", mi dice Nika, insegnante di Lingue in una scuola di Kharkiv, tornata in Ucraina dopo gli studi a New York. "Al nostro paese serve un vero patriota, uno che faccia esclusivamente gli interessi della no- Nikolaj, leader di Pravy Sektor, dice che uqui non è la Crimea, siamo pronti a prove fisiche contro i separatisti" stra gente". Quando le chiedo un paragone poggia la tazza del caffè, sorride e domanda a sua volta: "Conosci Lukashenko? Credo che uno come Lukashenko sarebbe perfetto in Ucraina". Qualche tempo fa Kernes è finito al centro di uno scandalo per avere dato il via libera alla costruzione di un grande complesso residenziale proprio dentro il Parco Gorkij, lo stesso in cui gli hanno sparato. La polizia, come diceva la moglie del rabbino Moskovitz, non ha ancora scoperto il nome di chi l'ha colpito, ma non ha spiegato neppure come abbiano fatto a centrarlo. Camminando lì intorno penso che il cecchino non lo possa avere colpito dall'alto perché non ci sono edifici, non c'è una casa nel giro di chilometri, c'è soltanto una strada completamente piatta e trafficata in ogni ora del giorno. Quando rialzo gli occhi da terra vedo un camion con la gru e due operai che riparano i lampioni lontano meno di cinquanta metri. "L'idea che siamo stati noi è assolutamente assurda". Nikolaj cerca in qualche modo di mostrarsi divertito, ma sa che molti a Kharkiv pensano esattamente quello. Avrà quarantanni, porta i jeans, una vecchia camicia e una giacca ancora più vecchia. Qui è uno dei leader di Pravy Sektor, il movimento di estrema destra che ha combattuto a Kiev contro Yanukovich e corre alle elezioni presidenziali con un suo candidato, Dmitro Yarosh. "Se volete capire chi ha sparato a Kernes dovete cercare chi guadagna dalla sua morte - ripete - Le elezioni sono vicine, Kernes si sarebbe ricandidato. Senza di lui si farà avanti qualcun altro". In città è pieno di manifesti con il volto del sindaco e la scritta: "My Zhdem", noi aspettiamo. Forse l'annuncio non vale per tutti. Nikolaj si muove con estrema dignità. Quando gli ho chiesto di incontrarmi mi ha dato appuntamento in un ristorante uzbeco lontano da Kharkiv. Il ristorante si chiama Novruz, la scusa è che lì avremmo potuto discutere senza essere disturbati, la verità è che gli esponenti di Pravy Sektor non mettono piede in città da un mese per paura di essere arrestati. Va avanti così dagli scontri al palazzo del governo, è un'altra conseguenza di quella battaglia. Nikolaj è estremamente attento alle parole, direbbe tutto sottovoce se potesse, ma appena ci sediamo in giardino gli amplificatori sparano musica tradizionale a tutto volume, così dobbiamo strillare per capirci e tutti sentono quel che stiamo dicendo. Come se non bastasse la cameriera arriva, prende gli ordini e ci chiede quindici hryvnia per la musica, il che mette Nikolaj di pessimo umore. L'uomo è arrivato con due camerati molto più giovani di lui. Spiega che fare parte di Pravy Sektor significa essere pronti a fare "qualcosa di concreto" per difendere il paese. Quando gli chiedo che cosa si può fare di "concreto", risponde che è meglio non scendere nei dettagli. Ripete lo stesso alle domande precise sul numero di seguaci a Kharkiv e sull'organizzazione interna del gruppo. Gli altri due siedono tranquilli, non sono armati, uno interviene spesso nella conversazione, l'altro al massimo fuma. Pravy Sektor è nato circa sei mesi fa a Kiev dalla fusione di alcuni gruppi nazionalisti. I filorussi li chiamano genericamente "banderovzy", da Stepan Bandera, un politico ucraino che occupa una posizione controversa nella storia del paese: per alcuni è un eroe, uno che ha combattuto contro i sovietici per l'indipendenza del paese, per altri era semplicemente un nazista che ha mandato al macello ottantamila ebrei e polacchi, per non parlare dei connazionali. Nel 1941 ha approfittato dell'attacco nazista contro l'Unione sovietica per proclamare una Repubblica indipendente a Leopoli. Nel '59 il Kgb lo ha eliminato con il veleno a Monaco. Nel 2010, quando il governo ucraino ha deciso di dedicargli un'onorificenza, si è preso le condanne del Centro Simon Wiesenthal. In una delle sue prime interviste alla stampa, Yarosh ha dichiarato serenamente di avere a disposizione circa cinquemila uomini, gente preparata a combattere nei campi di addestramento che si svolgono costantemente nelle campagne del paese. Chiedo ai tre se hanno partecipato ai campi e la risposta è serena come quella di Yarosh: sì, con noi c'erano reduci della Cecenia, alcu- ce non dovessero votare, lo dice una legge approvata pochi giorni fa. Ma questa norma aprirà molti interrogativi sulla legittimità delle elezioni e già rischia di favorire i candidati più vicini alle istanze dell'Ucraina occidentale, dove si voterà senz'altro, da Poroshenko alla sua rivale più quotata, che è Yulia Tymoshenko, sino ai partiti di estrema destra. Sarà un problema in più per l'Ucraina che sceglierà di avvicinarsi all'Europa. Anche a Slovyansk e Kramatorsk ci sono formazioni paramilitari ben organizzate. Fra questi gruppi non corrono buoni rapporti, spesso si scontrano, si contendono strade e prigionieri, vogliono mostrare ai finanziatori chi è davvero il più forte: non hanno un capo comune, sono divisi secondo clan, i soldi, più degli ideali, guidano le loro azioni. Le milizie sono posti di lavoro, voti, braccia a disposizione dei potenti locali. La gente non si fida della polizia, l'esercito ucraino - quello vero - è malconcio, le truppe sono senza cibo e sacchi a pelo, il compito di sfamarli è lasciato ai cittadini che vivono nelle zone in cui si svolgono le operazioni "antiterrorismo", come le * * * chiama il governo di Kiev. Per molti, gli uo"I tuoi pesi sono tutti falsi, eppure tut- mini dell'Armata Russo-Ortodossa sono più affidabili delle forze regolari. Ecco la Noti giusti Perciò non ti denunceremo! vorossiya: nessuna vera ideologia, nessun Siamo convinti che tutti i tuoi pesi sono senso della nazione, soltanto milizie che digiusti. Io sono il grande verificatore". fendono le strade dagli attacchi di "fasciJoseph Roth, "Il peso falso" sti" e poliziotti. "Signori viaggiatori, il treno seguirà un Le milizie sono un problema enorme percorso alternativo a causa di operazioni per l'Ucraina. In un paese piegato dalla militari". Questo è il messaggio che il cacrisi economica e spaventato della guerra potreno del convoglio 17 da Kharkiv a Docivile, basta una tuta verde per trasforma- netsk trasmette con il microfono due minure un autista senza lavoro in una buona re- ti dopo la partenza. E' un treno minimo, un cluta. In Ucraina ci sono decine di milizie vagone di prima classe e due di seconda, paramilitari, Pravy Sektor ha il suo eserci- gente che vive nelle terre di Gogol', nelle to privato e chiede al governo di ricono- cittadine di Slovyansk, Kramatorsk e Gorscerlo ufficialmente, Svoboda ha un brac- lovka, dove ora si combatte per l'indipencio armato, il governatore di Dnipropetrov- denza. Nessuno protesta, nessuno chiede sk, Igor Kolomoisky, possiede PrivatBank qual è il tragitto alternativo - una domanda ed è legato a tre battaglioni che si chiama- che metterebbe il controllore in terribile no Dnipro, Donbass e Azov: garantiscono difficoltà. Tutto questo accade pochi minula sicurezza in quattro distretti nella par- ti prima che il controllore si avvicini a due te meridionale del paese, i loro comandan- grossi televisori piazzati sopra le nostre teti proteggeranno le elezioni del 25 maggio, ste e faccia partire un film sull'hockey al per questo motivo a Donetsk e nelle altre tempo dell'Unione sovietica. A quel punto province separatiste è diventato quasi im- molti si addormentano, sul treno 17. Il conpossibile trovare uno sportello di Privat- voglio arriva a Donetsk a notte fonda. Oggi Bank che funzioni ancora. Il magnate del- la città si trova in quella parte di Ucraina le materie prime Akhmetov usa gli operai in cui sventolare la bandiera sbagliata delle sue fabbriche per tenere sotto con- equivale a un reato. E dato che non esiste trollo le città dell'est, autorizza scioperi, una norma scritta per fermare chi cammivuole impedire che i separatisti prendano na in strada con un drappo giallo e blu al troppo potere, ma non si oppone alle loro bavero della giacca, la pena dipende dalrichieste. Naturalmente anche i filorussi l'uomo che rappresenta la legge in quel hanno gli eserciti. A Donetsk tre formazio- preciso momento: uno schiaffo, uno sputo, ni distinte si sono unite nell'Armata Rus- una manganellata. Negli uffici pubblici so-Ortodossa e nei giorni scorsi questi uo- hanno sostituito le bandiere dell'Ucraina mini hanno attaccato i seggi delle presi- con quelle, più discrete, della provincia denziali per fermare i preparativi. Rubano (c'è un sole che sorge su campo nero). Alla i timbri, distruggono i registri, vogliono co- facoltà di Scienze politiche hanno interrotstringere il governo ad annullare tutto. Il to alcuni corsi per evitare problemi. Nelle Parlamento ucraino accetterà il risultato strade bandiere non ce ne sono, l'ultima rifinale anche nel caso in cui alcune provin- masta si trova sulla colonna di un ponte, a ni hanno combattuto alfiancodei russi, altri stavano dalla parte opposta, ma sono passati vent'anni da allora e oggi sosteniamo tutti una causa comune. Chiedo a Nikolaj che cosa farebbe se i filorussi annunciassero un referendum anche qui a Kharkiv, lui risponde che questa "non è la Crimea, qui siamo pronti a prove fisiche contro i separatisti". Poi aggiunge che il vero problema di Pravy Sektor non sono né la Russia né i separatisti filorussi: "In questo momento siamo preoccupati soprattutto dal governo, noi abbiamo liberato l'Ucraina da Yanukovich e cosa abbiamo in cambio? La polizia ci vuole disarmare, molti di noi sono finiti in carcere, ci perseguitano senza ragione. Indebolire noi significa indebolire tutto il paese. In America tutti i cittadini possiedono armi e lo stato li rispetta. Qui in Ucraina avviene l'esatto contrario. Non abbiamo più un luogo in cui incontrarci. La polizia sa chi siamo e dove viviamo, conosce le targhe delle nostre auto. Con i social network il loro lavoro è diventato sin troppo facile". venti metri d'altezza, e l'ha sistemata lì un prete che prega in strada ogni giorno con una ventina di fedeli per l'unità dell'Ucraina. Lo incontro accanto alla sua tenda, il vento è caldo quel pomeriggio. Secondo padre Sergiy la secessione è "un peccato" perché è il diavolo che separa, mentre il Signore unisce. E spiega che i separatisti hanno le bandiere dell'Unione sovietica, non bisogna aggiungere altro. Poi racconta: "Anche nella mia chiesa siamo divisi. Quasi tutti sono contrari ai separatisti, ma nessuno vuole dirlo apertamente perché fra i nostri fedeli sono molti i filorussi. Mi hanno detto che metto in pericolo tutta la comunità con le mie preghiere, ma a Slovyansk hanno preso la mia chiesa e l'hanno trasformata in un deposito di armi. Forse i miei colleghi sono pronti a morire per Dio, non per questo paese". Un'altra volta i separatisti sono entrati nella tenda di padre Sergyi con i passamontagna e i manganelli, hanno rovesciato la croce e hanno gridato: "Non vi perdoneremo Odessa". A Odessa, che si trova sul mar Nero, settecento chilometri a ovest rispetto a Donetsk, decine di uomini e donne sono stati uccisi nel palazzo delle Unioni professionali. Il palazzo non è "andato a fuoco", in quel momento era occupato da un gruppo consistente difilorussied è finito sotto l'attacco di nazionalisti ucraini e gruppi di ultras armati di bottiglie molotov. Alcuni sono riusciti a fuggire, altri sono morti carbonizzati e intossicati: è stata la peggiore strage dall'inizio della crisi insieme con la mattanza che le forze di sicurezza hanno portato a termine nella capitale durante gli ultimi giorni di Yanukovich. A Kiev alcuni politici hanno salutato la strage come un gesto di coraggio, c'è chi ha scritto che quel giorno la città ha mostrato "il suo valore". Gli ucraini si incolpano a vicenda, in Europa si osserva e si giudica dalle colonne sghembe dell'"obiettività". Ma l'"obiettività" non è più di questa terra: nessuno chiama le stragi con il loro nome, nessuno parla di omicidi e agguati, ma soltanto di "provocazioni". Chi muore passa su un elenco di nomi che non si piangono, tutt'al più si vendicano. Con questi pesi falsi si misurano le colpe nella guerra d'Ucraina. Se c'è una cosa che i separatisti non hanno ancora sconfitto è la burocrazia. Per lavorare come giornalisti a Donetsk occorre un accredito della Repubblica popolare, l'autorità che ha indetto il referendum defili maggio e cerca di impedire le presidenziali ucraine che si svolgono domenica. L'ufficio è al centro della città, in un palazzo occupato dai ribelli, e si può entrare soltanto scortati da un volontario. Quello che si offre di accompagnarmi si chiama Vova, lo fa soprattutto per vedere i suoi superiori e chiedere un paio di anfibi e una tuta mimetica (ora porta una maglietta nera, i pantaloni di una tuta, calze di spugna A Donetsk sventolare la bandiera sbagliata è un reato. La pena dipende da chi rappresenta l'autorità in quel momento e sandali). Al cancello d'ingresso ci sono la testa di una scimmia con la scritta "Obama", simboli della Repubblica di Donetsk, della chiesa ortodossa e dell'Unione sovietica. Il tragitto sino al corpo del palazzo passa per barricate di vecchi copertoni, filo spinato, rottami e sacchi di sabbia, in ogni angolo del cortile ci sono uomini armati, ma pochi dentro hanno il permesso di portare pistole e fucili. Si vedono divise d'ogni tipo, alcuni hanno camicie russe, altri giacconi americani, quelli con le armi sono un paio per pianerottolo e tengono i kalashnikov penzolanti sulle spalle. Al primo piano ci sono cucina e infermeria, al secondo un ospedale, al quinto tengono i prigionieri. L'ufficio stampa si trova al settimo, ma l'accredito è valido soltanto con un timbro che si ottiene all'undicesimo piano, in quelli che un tempo erano gli uffici del governatore. I separatisti dormono dove capita, nessuno beve, si fuma ovunque. L'infermeria e la cucina sembrano le sole cose funzionanti in questo palazzo occupato. "Sono qui dal 6 maggio - dice Igor, faccia stanca, mani tatuate, uno dei cuochi del palazzo - Ho lavorato sui treni, sono stato in Siberia da ragazzo, ora ho perso il lavoro e credo che non andrò mai via di qui". Mi chiede di collegare una vecchia tv a un lettore dvd mentre prepara caffè e pane con la pancetta. Sul tavolo ci sono due grosse buste di plastica con funghi e patate. "E' impossibile dire quanti soldati ci siano qui, Negli appartamenti dei miliziani regna la confusione. Ognuno controlla un piano, gli ascensori sono tutti bloccati a volte il cibo non basta per tutti. Nessuno riceve denaro, tutto quel che possono avere è due pasti al giorno. Molti sono vegetariani, è per quello che ho comprato le patate e i funghi". Negli appartamenti dei paramilitari regna la confusione. Ogni milizia controlla un piano diverso, gli ascensori sono bloccati, le finestre coperte con libri, poster, sedie e scrivanie: è come se ogni giorno qualcuno arrivasse e aggiungesse un piccolo pezzo a quel caos gigantesco. "Non ce ne andremo mai", ripete Viktor, uno studente di Psicologia inquadrato nel gruppo "Oplot". C'è solo un modo per risolvere la crisi, spiega, ed è l'arrivo dell'esercito russo. Ma le truppe ucraine si sono già schierate in forze alle spalle della città, tra la periferia di Donetsk e il confine con la Rus- sia: anche se le milizie della Novorossiya dovessero chiedere aiuto, per Putin sarebbe difficile mandare le sue truppe oltre quella linea. Fuori dal palazzo, a pochi passi di distanza, i giovani bevono e parlano nei loca- . ». f li sulla Prospettiva Artema. Il vento è ancora tiepido, la musica esce dai ristoranti e raggiunge la passeggiata. Così scorre il tempo nell'Europa orientale, aspettando di sapere che ne sarà dell'Ucraina. Luigi De Biase -11^- « «Sl'i'cV La bandiera della Repubblica popolate di Donetsk sventola fuori da un edificio amministrativo occupato dal separatisti
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