EST UCRAINO. STRANA EUROPA

EST UCRAINO. STRANA EUROPA
Sul treno 27M da Mosca a Kharkiv per vedere da vicino chi crede nella Novorossiya,
chi vuole combattere per nonfinirecon i russi e chi spera che tutto si sistemi da solo
ti più solidi con l'Ue. In qualche modo le
di Luigi De Biase
elezioni in Ucraina sono un'altra piega della crisi europea. Una parte del paese si
"Del resto da quanto tempo - i vecchi se sente occidentale, l'altra crede che benesne ricordavano ancora - si erano introdot-sere e pace possano venire soltanto con i
ti pesi e misure? C'erano solo le bilance,
soldi e la benedizione di Mosca, ma intanuna volta. Nient'altro die le bilance. Leto il paese si sgretola. Il fatto che le presistoffe si misuravano col braccio e tutti san-denziali si tengano lo stesso giorno in cui
no che un braccio di un uomo, dal pugno l'Europa vota i suoi rappresentanti è decichiuso sino al gomito, misura un bracciosamente simbolico. Anche Rinat Akhmeesatto, né più né meno".
tov, l'uomo più ricco e più influente del
Joseph Roth, "Il peso falso" paese, dice ora che le elezioni sono fondal treno 27M segna i confini della Russia mentali per il futuro del paese e che si deal tempo di Vladimir Putin. Nella notte vono svolgere. Pochi giorni fa ha fatto cascende da Mosca a Belgorod, che è l'ultima pire quasi l'opposto, chiedendo al governo
città prima dell'Ucraina, attraversa di Kiev, lui industriale nell'est, federaliKharkiv, passa per Slovyansk, Gorlovka e smo. Lungo questa divisione si combatte la
Kramatorsk, torna in Russia dalle parti di battaglia per l'Ucraina, con cinquanta miRostov, s'allunga sulla costa del mar Nero, lioni di civili, decine di oligarchi, e milizie
sbuca dopo trenta ore a Sochi, ai piedi del che portano insegne di nuove nazioni.
Caucaso. E la donna all'ingresso della carL'altro enorme fattore della crisi è la
rozza numero cinque non spreca sorrisi Russia: nessun paese europeo ha confini
per i viaggiatori: è bassa, tozza, porta la molli come i suoi, le frontiere cambiano
gonna sopra le ginocchia e calze di nylon continuamente, anche se poco, secondo l'esotto le ginocchia, quando le chiedo di con- poca e l'uomo che governa. Negli anni Ottrollare il biglietto risponde di salire e tanta la Russia di Mikhail Gorbacev conaspettare il mio turno, così le domando a tava su un impero chiamato Unione sovietica grande da Chisinau a Vladivostok, e
da Novaya Zemlya nel mare dell'Artico si"Se tutto andrà bene, domani
no a Dushanbe, in Tagikistan. Poi è venuta la Russia di Boris Eltsin: via i paesi Balentrerai in un nuovo paese', dice
tici, via le Repubbliche dell'Asia centrale,
via la Bielorussia, l'Ucraina e il Caucaso
Pavel. EHI maggio, il giorno
meridionale. Con lui il Cremlino ha perso
del referendum a Donetsk
anche due regioni del Caucaso settentrionale, la Cecenia e il Daghestan. Era una
che ora si arriva in Ucraina per essere cer- Russia bella ed ebbra, ma pur sempre in
to che sia il treno giusto, e lei ripete senza ritirata. Esiste anche una Russia di Putin?
voltarsi: sedete, partiremo presto, all'alba Sì, esiste, e si contrappone in modo netto
a certi valori dell'occidente, offre un'altersaremo alla frontiera.
"Se tutto andrà bene domani entrerai in nativa che molti vogliono cogliere. Putin
un nuovo paese", mi ha detto Pavel quan- ha spostato un'altra volta i confini del paedo ha saputo che sarei partito. E' 111 mag- se, ha riportato la legge nel Caucaso dopo
gio, è il giorno del referendum a Donetsk e battaglie maledette, ha usato le armi conLugansk, il treno corre alla periferia di Mo- tro la Georgia, infine ha annesso la Crisca mentre migliaia di ucraini, nella parte mea. Oggi muove una guerra di nervi con
orientale del paese, decidono l'indipen- l'Ucraina.
denza delle loro regioni e la nascita della
Chi vuole ancora percorrere in treno la
"Novorossiya". Pavel è un giornalista di strada verso Kharkiv? Il governo ucraino
Itar-Tass e segue questa crisi praticamen- ha bloccato i voli dalla Russia e non si cate dal primo giorno. A dire il vero tutti i pisce se sia una mossa difensiva (impedire
russi lo fanno in un modo o nell'altro per- che altri giovani russi si uniscano alle miché da mesi giornali e tv non parlano d'al- lizie paramilitari che si trovano da mesi
tro, prima gli scontri a Kiev e la fuga di Vik- nella regione), oppure un contrattacco (rentor Yanukovich, poi l'annessione della Cri- dere la vita più difficile a quanti, su quemea, ora i disordini vicino al confine: è co- sta rotta, spostano ogni giorno merci e deme se non esistesse altra notizia al mondo. naro, e sono molti a farlo). Così il treno è
Ma il referendum non è l'unica scelta rimasto il modo più sicuro per passare da
per l'Ucraina. Domenica si andrà di nuovo un paese all'altro, e questo viaggio lento su
alle urne per le presidenziali, il favorito è vagoni di radica e letti di pelle marrone
Petro Poroshenko, un magnate dell'indu- prende un'aria da Guerra fredda.
stria alimentare che spera di avere rapporSulla quinta carrozza viaggiano una pie-
I
cola famiglia, madre, figlio e madre della
madre; c'è una ragazza sui venticinque che
si è cambiata appena salita sul treno, ha
tolto i jeans e s'è infilata un vestito leggero a strisce bianche e blu; c'è un uomo che
passa di cabina in cabina cercando un accendino in prestito, ma a quanto pare nessuno fuma qui, questo è l'unico vagone in
tutta la Russia in cui nessuno esce a fumare e a parlare di città lontane. La donna
Domenica si vota per le
presidenziali, ma non è detto che
si riesca a farlo in tutto il paese.
E questo creerà altri guai a Kiev
delle ferrovie con la gonna sopra il ginocchio e le calze di nylon ha tolto le scarpe,
si è messa un paio di pantofole, ha distribuito le lenzuola in ogni scompartimento
ed è entrata nella cucina per mettere l'acqua a bollire. La cucina è minuscola ed è
occupata quasi interamente da un grosso
bollitore. Sul tavolo ci sono pane, formaggio e biscotti. L'acqua minerale costa cento rubli (due euro circa). Il caffè ottanta, così come il tè. Lei è responsabile di tutto qui:
è ufficiale delle ferrovie di stato, custode di
materassi e lenzuola, barista, cassiere, donna delle pulizie. Il vagone è suo, ha già
quello a cui pensare e come se non bastasse di tanto in tanto deve rispondere anche
alle domande dei viaggiatori. Nessuno sa
dire di preciso che cosa aspettarsi dal giorno successivo, perché nella notte i separatisti di Donetsk vincono il referendum sull'indipendenza con il 90 per cento dei voti,
a Lugansk vanno oltre il 95, l'esito non era
certo in discussione, ma ora si cerca di sapere come reagiranno le autorità ucraine.
Attaccheranno Lugansk e Donetsk? Costringeranno i ribelli a fuggire? Oppure isoleranno le province bloccando ogni treno,
auto, ogni volo diretto nel paese? Di questo si parla nella notte sul treno 27M.
L'alba è fresca e Belgorod appare all'orizzonte come uno spettro: si vedono sagome bianche di palazzi alti venti piani, insegne pubblicitarie e vagoni fermi all'imbocco della stazione passeggeri. Alla periferia
della città l'esercito russo ha ammassato le
truppe pronte per intervenire in Ucraina,
se mai ce ne fosse bisogno. Pochi giorni fa
il ministero della Difesa ha detto di avere
allontanato gli uomini dal bordo, ma si
tratta di uno spostamento minimo, appena
dieci chilometri, e non si sa con precisione quanti soldati ci sono in questa striscia
di terra. Sono cinquantamila? Forse centomila? Né i servizi segreti, né i satelliti, né
i reporter del New York Times sono riusciti a fare chiarezza, e non l'hanno fatta neppure i loro colleghi russi, sebbene i giornali e le televisioni non parlino d'altro. Forse per loro questa informazione non è fondamentale. Sulle strategie di Putin è stata
scritta ogni cosa: secondo una versione ab-
bastanza popolare in Europa, "Putin inganna l'occidente", dice una cosa e poi fa
l'opposto. In realtà la Russia ha mantenuto una posizione lineare rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Putin ha detto di essere pronto a difendere con ogni
mezzo i russi e quelli che parlano russo, la
Duma gli ha affidato il potere di usare l'esercito per svolgere il compito e lui l'esercito l'ha usato, con estrema prudenza,
quando la Crimea ha chiesto di entrare
nella Federazione russa. Ora lo tiene
schierato a Belgorod e sui mille chilometri
di confine con l'Ucraina. A giudicare dalla sua popolarità in patria (oggi oltre F80
per cento, il livello più alto nei tre mandati da presidente), si direbbe che i russi capiscano bene le sue parole e considerino
gli impegni mantenuti. In Europa si può dire che la politica russa sia violenta o senza senno, non che manchi di chiarezza. L'unica parte "non chiara" riguarda gli strumenti usati per portare a termine l'obiettivo, ma quello ha a che fare con l'abilità
dei diplomatici russi, che sembrano sempre più preparati degli altri.
In confronto, la politica estera europea
è un rompicapo. I governi si riuniscono, i
ministri firmano sanzioni, i cancellieri minacciano provvedimenti ancora più gravi.
E poi che succede? I russi lo domandano
ogni volta che ti incontrano: che cosa pensate voi di questa crisi? Che cosa farete alla Russia? Non temono le sanzioni ma il
passaparola sui mercati, l'incertezza che
già spinge molti in Europa a cancellare i loro affari in Russia. E' quella che chiamano
"sanzione segreta": non è scritta da nessuna parte, quindi è invulnerabile come tutti i fantasmi. Le misure ufficiali sono fastidiose, ma fanno anche sorridere. "Ecco le
sanzioni italiane: visti gratis per tre anni",
ha scritto il quotidiano Pravda pochi giorni fa, sulla prima pagina, con un po' d'ironia per le scelte - a volte contraddittorie del nostro governo.
*
*
*
"Tutti sapevano poi che un candeliere
d'argento pesava una libbra e venti grammi, un candeliere di ottone circa due libbre.
Si, da quelle parti c'era molta gente cìie
non si fidava per nulla di pesi e misure.
Pesavano con la mano e con l'occhio. Non
era una regione propizia per un veiificatore statale".
Joseph Roth, "Il peso falso"
La stazione di Belgorod è anche il posto
di confine, quindi sui vagoni salgono gli
agenti della dogana russa per mettere i timbri sui passaporti. Sono donne, portano un
borsello legato alla cintura, chiedono i documenti, fanno qualche domanda senza
ascoltare le risposte. Il controllo dura pochi minuti - che importanza ha per loro sapere che qualcuno ha deciso di lasciare il
paese? Dopotutto si occupano di numeri, di
statistiche e carte bollate, un cittadino in
meno non può essere un problema seno.
Questo è il confine politico, ma la terra offre meno segni d'orientamento: non c'è un
fiume a Belgorod, non c'è una valle, una
montagna, una rottura netta fra i due territori. Anche i villaggi sono uguali: cominciano con case di legno, proseguono con case
basse in muratura efinisconofra gli alberi. Così si avanza, lenti fra le campagne,
aspettando un segno. La donna delle ferrovie si sveglia intorno alle sette, lascia il suo
scompartimento e attraversa il corridoio
senza salutare sino alla cucina. L'unico sorriso lo fa quando chiede di aspettare che
l'acqua sia calda prima di preparare il
caffè. Quasi tutti i viaggiatori sono scesi a
Belgorod: il bambino con la madre e la madre della madre, l'uomo anziano che cercava disperatamente un accendino e la ragazza con il vestito a strisce. "Perché andate a
Kharkiv - mi domanda la donna mentre
versa il caffè - E' lì che vivete?". Le rispondo che sono soltanto un turista. "Strani
tempi per essere turista", dice lei, tornando nella cabina. Si capisce che il confine è
superato perché all'altezza di un villaggio
chiamato Tzupivka c'è un ponticello azzurro con l'erba accanto ai binari e uomini chini a raccogliere fragole vicino a campi di
fiori viola. Ora la donna delle ferrovie è seduta in una cabina e discute con un'altra,
parlano di guerra e di quel che sentono nei
loro viaggi. Poi s'interrogano: ricordate la
Yugoslavia? Finirà allo stesso modo qui?
Avranno viaggiato per anni sul quel treno,
ma nessun viaggio pesa come questo. Perché dopo Kharkiv viene Slovyansk e lì si
spara, perché si deve attraversare la parte
più pericolosa dell'Ucraina prima di tornare in Russia, perché la guerra non l'hanno
mai vista, neppure quando è caduta l'Urss.
A loro bastano le facce di quelli che passano sul vagone numero cinque per sapere
che la vita non è come prima.
Quando il treno arriva a Kharkiv sono
quasi le otto del mattino. Le crisi politiche
aprono sempre un'epoca d'oro per gli
ispettori. Il primo agente della polizia di
frontiera sale e controlla i bagagli, è una
donna, verifica ogni cosa, chiede di vedere anche l'iPad, vuole sapere se ho con me
materiale pornografico o video che incitano alla violenza. Il primo controllo passa
A Kharkv la moglie del rabbino
àce: uMinquieta che Svoboda,
guidato da un antisemita, faccia
ogg parte del governo"
senza problemi. Poi arrivano quelli del
passaporto, e per il passaporto non basta
un solo agente, ne arrivano due, hanno la
tuta mimetica, uno guarda i documenti e
l'altro siede e fa domande. Perché vieni da
Mosca? Che cosa porti con te?, chiede uno.
Vuole controllare di nuovo i bagagli e
quando apre lo zaino spalanca gli occhi al
collega: grida "meterialy, materialy!", e la
parola viaggia rapidamente di cabina in
cabina, sino agli orecchi della donna delle ferrovie, che attraversa il corridoio a
passi stretti e rapidi, inciampa, si riprende
e mi fissa come se qualcuno avesse rubato sulla sua santa carrozza. Il termine "materialy" indica carte potenzialmente pericolose, nel mio caso si tratta di due quotidiani russi e cinque libri (GogoF, Tolstoj e
Joseph Roth). L'uomo in divisa mi chiede:
"Perché hai questi libri? Che cosa vuoi fare in Ucraina?". Lo guardo ma non trovo
una risposta adatta ai suoi pensieri, gli dico soltanto che tutti dovrebbero leggere.
Così mi ordina di scendere dal treno e di
seguirlo alla centrale, nella caserma delle
guardie di frontiera, che si trova nei sotterranei all'ingresso della stazione. Ci fermiamo di fronte a un cancello di metallo, un
uomo apre, ci guarda dall'altra parte e ci
lascia nassare. Dietro il nortone vedo una
ventina di uomini in divisa che si riposano,
sono tutti molto giovani, solo due di loro
hanno il fucile in spalla, gli altri lo tengono sulle ginocchia. Seguo i due in fondo a
una scala, mi fanno sedere, mi chiedono di
aspettare che il capitano si liberi per potermi interrogare.
Il capitano ha una trentina d'anni, è vestito in borghese e siede in un ufficio che
evidentemente fa anche da stanza da letto. La camera è così piccola che manca il
posto per sedere, a meno che uno dei due
decida di sedersi sul letto, così resto in piedi nonostante l'invito educato a mettermi
comodo. Mi chiede: Perché hai quei libri?
Gli rispondo che non sono contrario al possesso di libri: forse la polizia ha disposizioni diverse? Lui precisa che non appartiene
alla polizia, ma alle guardie di frontiera,
poi viene al dunque: che cosa facevi a Mosca, chi hai visto lì? E' l'unica cosa che gli
interessa davvero, perché il timore principale delle guardie di frontiera è che "provocatori russi" entrino nel paese. E' già accaduto, continua a succedere, è praticamente impossibile fermare gli infiltrati.
Quando si convince che non faccio parte
della categoria gli chiedo com'è la vita da
Luomo più ricco del paese,
Rinat Akhmetov, sembrava
contrario alle elezioni, ora invece
le vuole legittimare
queste parti dopo il referendum. Lui risponde che è tutto tranquillo, poi dice che
la madre lavora in Italia, che ha pensato di
raggiungerla con la famiglia, ma ricominciare da capo sarebbe impossibile. Si alza
e mi offre da bere, e mentre timbra il mio
passaporto chiede per l'ultima volta: dimmi la verità, perché sei venuto a Kharkiv?
Così gli dico: sono qui per vedere il rabbino Moskovitz.
Il problema è che Moshe Moskovitz del
movimento ortodosso Chabad-Lubavitch
non si trova in Ucraina da giorni, come
spiegano le tre segretarie all'ingresso del
suo ufficio, nella sinagoga di Kharkiv. E'
volato ad Haifa per assistere il sindaco
della città, Gennady Kernes, trasferito in
Israele per le cure dopo che uno sconosciuto gli ha sparato mentre faceva jogging.
Le segretarie dicono che c'è la moglie, si
chiama Miryam e ha qualche minuto da
dedicarmi. Non esiste riparo più meraviglioso della volontà di Dio. Non ricordo dove ho letto questa frase ma è la prima cosa che mi viene in mente quando Miryam
inizia a parlare. "Qui crediamo in Dio e
sappiamo che, in un modo o nell'altro, lui
risolverà ogni cosa - mi spiega, seduta dietro la sua scrivania - Quel che ci spaventa
oggi è l'anarchia, la gente che va in strada
armata e si comporta come se la legge non
esistesse. So che è assurdo, ma gran parte
del paese oggi si trova in questa condizione. E quando c'è una rivolta l'antisemitismo viene sempre a galla: è scritto nella
storia dell'Europa". La comunità ebraica
di Kharkiv è una delle più importanti in
Europa orientale, qui c'è la sinagoga più
grande dell'Ucraina e migliaia di giovani
arrivano ogni anno in cerca delle loro origini. "Non tutti fra noi hanno la stessa opinione sulla crisi - prosegue Miryam - C'è
chi crede che la colpa sia del governo
ucraino e chi maledice la Russia. Non do-
vete pensare che il parere dipenda soltanto dalla politica, perché anche gli affari
hanno un peso. Chi aveva rapporti con la
Crimea ora è sul lastrico, chi ce li ha con la
Russia spera che il governo di Kiev non
faccia sciocchezze. Non credo che il governo ucraino sia antisemita, oggi non conviene a nessuno esserlo. Ma mi inquieta il fatto che un movimento come Svoboda, guidato da un leader antisemita, sia riuscito a
infiltrarsi nel governo e ne faccia parte ancora oggi".
Il leader di Svoboda si chiama Oleh
Tyahnybok, nel 2004 è stato escluso dal partito Nostra Ucraina dopo alcune dichiarazioni su una presunta "mafia moscovita e
giudaica". Negli ultimi mesi ha proposto di
inserire la voce "etnia" sui passaporti
ucraini, e oggi è candidato alle elezioni
presidenziali. "Il pericolo è che gli ebrei
siano usati come pretesto da una parte o
dall'altra per accusare avversari e nemici
politici - conclude Miryam nel suo ufficio
alla sinagoga di Kharkiv- Guardate che cosa è accaduto con Kernes: gli hanno sparato, i separatisti dicono che è stata una provocazione dei nazionalisti, quelli rispondono che in realtà si tratta di un'azione russa, ma intanto nessuno pensa di prendere
i colpevoli". Poi suona il telefono, è il rabbino Moskovitz che chiama da Haifa per dire Che va tutto bene.
(segue nell'imerto II)
DONETSK. IL PESO FALSO
La piaga delle terre di Gogol' deriva dai paramilitari che litigano tra
loro. La gente non sifidané della polizia né dell'esercito (malconcio)
(segue dall'inserto I)
Sembra che Kharkiv voglia sparire nel
nulla in attesa che le cose si sistemino da
sole, che un giorno un ministro arrivi e dica: siete una città ucraina! Oppure: voi fate parte della Novorossiya! 0 ancora: questa terra è terra russa! Sulla Prospettiva
Lenin ho visto un farmacista cancellare
con lo straccio la scritta "referendum" che
qualcuno ha lasciato sulla vetrina del suo
negozio la notte prima. La maggior parte
della gente non è troppo interessata al colore del passaporto, il desiderio di conoscere la fine della storia pare oggi molto
più grande. Il sindaco Kernes appartiene
al Partito delle Regioni, lo stesso dell'ex
presidente Viktor Yanukovich, ma nei giorni della crisi ha cercato soprattutto di tenere insieme la città, lo ha fatto quando gli
studenti delle scuole superiori hanno occupato il palazzo del governo giurando di difenderlo sino allo stremo dagli attacchi dei
separatisti e anche un paio d'ore dopo,
quando i filorussi sono arrivati davvero,
hanno sfondato il portone d'ingresso e han-
no preso a bastonate gli studenti. Oggi il palazzo è sorvegliato da una squadra di agenti del ministero dell'Interno. "Siamo circa
tremila in città", dice il comandante all'ingresso dell'edificio. Alle sue spalle muratori e falegnami lavorano ancora per riparare i danni. I suoi uomini non sono di
Kharkiv, vengono da altre città, da Poltava,
forse anche da Leopoli. Il capitano dice:
"La situazione è tranquilla, potreste trasfe-
"Qui è tranquillo, potete
trasferirvi se volete". Se accade
qualcosa! uNonloso. Glioràni
arriveranno allora"
rirvi qui, è una città magnifica". E che cosa farete nel caso in cui qualcuno cercasse di occupare ancora il palazzo? "Non lo
so - risponde - Suppongo che gli ordini arriveranno allora".
L'assalto al palazzo del governo e l'agguato contro Kernes hanno sollevato molti
dubbi sulla polizia locale, che da allora ha
praticamente perduto il controllo sulla
città. A Kernes hanno sparato con un fucile di precisione mentre correva nel Parco
Gorkij. Quando lo hanno colpito era solo e
passava accanto a un monumento per gli
eroi del ciclismo (prima di vedere quel monumento non avevo mai sentito parlare di
"eroi del ciclismo" ucraini o sovietici). Kernes è considerato in patria un politico originale: è un atleta, un collezionista di animali, i più generosi gli danno del corrotto,
nei bar bisbigliano che è tossicodipendente o schizofrenico. Dicono che passasse la
maggior parte del tempo all'Hotel National, un quattro stelle poco lontano dal centro. La hall è buia, ci sono divani in cui uomini parlano a bassa voce, quindi si avanza fra stampe francesi dell'Ottocento sino
alla sala da pranzo e lì c'è un enorme leone imbalsamato, le cameriere passano senza farci caso ma l'animale è impressionante. "Kernes non è certo un modello per noi
ebrei", mi dice Nika, insegnante di Lingue
in una scuola di Kharkiv, tornata in Ucraina dopo gli studi a New York. "Al nostro
paese serve un vero patriota, uno che faccia esclusivamente gli interessi della no-
Nikolaj, leader di Pravy
Sektor, dice che uqui non è la
Crimea, siamo pronti a prove
fisiche contro i separatisti"
stra gente". Quando le chiedo un paragone
poggia la tazza del caffè, sorride e domanda a sua volta: "Conosci Lukashenko? Credo che uno come Lukashenko sarebbe perfetto in Ucraina". Qualche tempo fa Kernes
è finito al centro di uno scandalo per avere dato il via libera alla costruzione di un
grande complesso residenziale proprio
dentro il Parco Gorkij, lo stesso in cui gli
hanno sparato. La polizia, come diceva la
moglie del rabbino Moskovitz, non ha ancora scoperto il nome di chi l'ha colpito, ma
non ha spiegato neppure come abbiano fatto a centrarlo. Camminando lì intorno penso che il cecchino non lo possa avere colpito dall'alto perché non ci sono edifici,
non c'è una casa nel giro di chilometri, c'è
soltanto una strada completamente piatta e
trafficata in ogni ora del giorno. Quando
rialzo gli occhi da terra vedo un camion
con la gru e due operai che riparano i lampioni lontano meno di cinquanta metri.
"L'idea che siamo stati noi è assolutamente assurda". Nikolaj cerca in qualche
modo di mostrarsi divertito, ma sa che
molti a Kharkiv pensano esattamente
quello. Avrà quarantanni, porta i jeans,
una vecchia camicia e una giacca ancora
più vecchia. Qui è uno dei leader di Pravy
Sektor, il movimento di estrema destra che
ha combattuto a Kiev contro Yanukovich e
corre alle elezioni presidenziali con un
suo candidato, Dmitro Yarosh. "Se volete
capire chi ha sparato a Kernes dovete cercare chi guadagna dalla sua morte - ripete - Le elezioni sono vicine, Kernes si sarebbe ricandidato. Senza di lui si farà
avanti qualcun altro". In città è pieno di
manifesti con il volto del sindaco e la scritta: "My Zhdem", noi aspettiamo. Forse l'annuncio non vale per tutti. Nikolaj si muove con estrema dignità. Quando gli ho chiesto di incontrarmi mi ha dato appuntamento in un ristorante uzbeco lontano da
Kharkiv. Il ristorante si chiama Novruz, la
scusa è che lì avremmo potuto discutere
senza essere disturbati, la verità è che gli
esponenti di Pravy Sektor non mettono
piede in città da un mese per paura di essere arrestati. Va avanti così dagli scontri
al palazzo del governo, è un'altra conseguenza di quella battaglia.
Nikolaj è estremamente attento alle parole, direbbe tutto sottovoce se potesse, ma
appena ci sediamo in giardino gli amplificatori sparano musica tradizionale a tutto
volume, così dobbiamo strillare per capirci e tutti sentono quel che stiamo dicendo.
Come se non bastasse la cameriera arriva,
prende gli ordini e ci chiede quindici hryvnia per la musica, il che mette Nikolaj di
pessimo umore. L'uomo è arrivato con due
camerati molto più giovani di lui. Spiega
che fare parte di Pravy Sektor significa essere pronti a fare "qualcosa di concreto"
per difendere il paese. Quando gli chiedo
che cosa si può fare di "concreto", risponde che è meglio non scendere nei dettagli.
Ripete lo stesso alle domande precise sul
numero di seguaci a Kharkiv e sull'organizzazione interna del gruppo. Gli altri due
siedono tranquilli, non sono armati, uno interviene spesso nella conversazione, l'altro
al massimo fuma. Pravy Sektor è nato circa sei mesi fa a Kiev dalla fusione di alcuni gruppi nazionalisti. I filorussi li chiamano genericamente "banderovzy", da Stepan
Bandera, un politico ucraino che occupa
una posizione controversa nella storia del
paese: per alcuni è un eroe, uno che ha
combattuto contro i sovietici per l'indipendenza del paese, per altri era semplicemente un nazista che ha mandato al macello ottantamila ebrei e polacchi, per non
parlare dei connazionali. Nel 1941 ha approfittato dell'attacco nazista contro l'Unione sovietica per proclamare una Repubblica indipendente a Leopoli. Nel '59 il Kgb
lo ha eliminato con il veleno a Monaco. Nel
2010, quando il governo ucraino ha deciso
di dedicargli un'onorificenza, si è preso le
condanne del Centro Simon Wiesenthal. In
una delle sue prime interviste alla stampa,
Yarosh ha dichiarato serenamente di avere
a disposizione circa cinquemila uomini,
gente preparata a combattere nei campi di
addestramento che si svolgono costantemente nelle campagne del paese. Chiedo ai
tre se hanno partecipato ai campi e la risposta è serena come quella di Yarosh: sì,
con noi c'erano reduci della Cecenia, alcu-
ce non dovessero votare, lo dice una legge
approvata pochi giorni fa. Ma questa norma aprirà molti interrogativi sulla legittimità delle elezioni e già rischia di favorire i candidati più vicini alle istanze dell'Ucraina occidentale, dove si voterà senz'altro, da Poroshenko alla sua rivale più quotata, che è Yulia Tymoshenko, sino ai partiti di estrema destra. Sarà un problema in
più per l'Ucraina che sceglierà di avvicinarsi all'Europa.
Anche a Slovyansk e Kramatorsk ci sono
formazioni paramilitari ben organizzate.
Fra questi gruppi non corrono buoni rapporti, spesso si scontrano, si contendono
strade e prigionieri, vogliono mostrare ai finanziatori chi è davvero il più forte: non
hanno un capo comune, sono divisi secondo clan, i soldi, più degli ideali, guidano le
loro azioni. Le milizie sono posti di lavoro,
voti, braccia a disposizione dei potenti locali. La gente non si fida della polizia, l'esercito ucraino - quello vero - è malconcio,
le truppe sono senza cibo e sacchi a pelo,
il compito di sfamarli è lasciato ai cittadini che vivono nelle zone in cui si svolgono
le operazioni "antiterrorismo", come le
* * *
chiama il governo di Kiev. Per molti, gli uo"I tuoi pesi sono tutti falsi, eppure tut- mini dell'Armata Russo-Ortodossa sono più
affidabili delle forze regolari. Ecco la Noti giusti Perciò non ti denunceremo! vorossiya: nessuna vera ideologia, nessun
Siamo convinti che tutti i tuoi pesi sono senso della nazione, soltanto milizie che digiusti. Io sono il grande verificatore". fendono le strade dagli attacchi di "fasciJoseph Roth, "Il peso falso" sti" e poliziotti.
"Signori viaggiatori, il treno seguirà un
Le milizie sono un problema enorme percorso alternativo a causa di operazioni
per l'Ucraina. In un paese piegato dalla militari". Questo è il messaggio che il cacrisi economica e spaventato della guerra potreno del convoglio 17 da Kharkiv a Docivile, basta una tuta verde per trasforma- netsk trasmette con il microfono due minure un autista senza lavoro in una buona re- ti dopo la partenza. E' un treno minimo, un
cluta. In Ucraina ci sono decine di milizie vagone di prima classe e due di seconda,
paramilitari, Pravy Sektor ha il suo eserci- gente che vive nelle terre di Gogol', nelle
to privato e chiede al governo di ricono- cittadine di Slovyansk, Kramatorsk e Gorscerlo ufficialmente, Svoboda ha un brac- lovka, dove ora si combatte per l'indipencio armato, il governatore di Dnipropetrov- denza. Nessuno protesta, nessuno chiede
sk, Igor Kolomoisky, possiede PrivatBank qual è il tragitto alternativo - una domanda
ed è legato a tre battaglioni che si chiama- che metterebbe il controllore in terribile
no Dnipro, Donbass e Azov: garantiscono difficoltà. Tutto questo accade pochi minula sicurezza in quattro distretti nella par- ti prima che il controllore si avvicini a due
te meridionale del paese, i loro comandan- grossi televisori piazzati sopra le nostre teti proteggeranno le elezioni del 25 maggio, ste e faccia partire un film sull'hockey al
per questo motivo a Donetsk e nelle altre tempo dell'Unione sovietica. A quel punto
province separatiste è diventato quasi im- molti si addormentano, sul treno 17. Il conpossibile trovare uno sportello di Privat- voglio arriva a Donetsk a notte fonda. Oggi
Bank che funzioni ancora. Il magnate del- la città si trova in quella parte di Ucraina
le materie prime Akhmetov usa gli operai in cui sventolare la bandiera sbagliata
delle sue fabbriche per tenere sotto con- equivale a un reato. E dato che non esiste
trollo le città dell'est, autorizza scioperi, una norma scritta per fermare chi cammivuole impedire che i separatisti prendano na in strada con un drappo giallo e blu al
troppo potere, ma non si oppone alle loro bavero della giacca, la pena dipende dalrichieste. Naturalmente anche i filorussi l'uomo che rappresenta la legge in quel
hanno gli eserciti. A Donetsk tre formazio- preciso momento: uno schiaffo, uno sputo,
ni distinte si sono unite nell'Armata Rus- una manganellata. Negli uffici pubblici
so-Ortodossa e nei giorni scorsi questi uo- hanno sostituito le bandiere dell'Ucraina
mini hanno attaccato i seggi delle presi- con quelle, più discrete, della provincia
denziali per fermare i preparativi. Rubano (c'è un sole che sorge su campo nero). Alla
i timbri, distruggono i registri, vogliono co- facoltà di Scienze politiche hanno interrotstringere il governo ad annullare tutto. Il to alcuni corsi per evitare problemi. Nelle
Parlamento ucraino accetterà il risultato strade bandiere non ce ne sono, l'ultima rifinale anche nel caso in cui alcune provin- masta si trova sulla colonna di un ponte, a
ni hanno combattuto alfiancodei russi, altri stavano dalla parte opposta, ma sono
passati vent'anni da allora e oggi sosteniamo tutti una causa comune. Chiedo a Nikolaj che cosa farebbe se i filorussi annunciassero un referendum anche qui a
Kharkiv, lui risponde che questa "non è la
Crimea, qui siamo pronti a prove fisiche
contro i separatisti". Poi aggiunge che il vero problema di Pravy Sektor non sono né
la Russia né i separatisti filorussi: "In questo momento siamo preoccupati soprattutto dal governo, noi abbiamo liberato l'Ucraina da Yanukovich e cosa abbiamo in
cambio? La polizia ci vuole disarmare, molti di noi sono finiti in carcere, ci perseguitano senza ragione. Indebolire noi significa
indebolire tutto il paese. In America tutti i
cittadini possiedono armi e lo stato li rispetta. Qui in Ucraina avviene l'esatto contrario. Non abbiamo più un luogo in cui incontrarci. La polizia sa chi siamo e dove viviamo, conosce le targhe delle nostre auto.
Con i social network il loro lavoro è diventato sin troppo facile".
venti metri d'altezza, e l'ha sistemata lì un
prete che prega in strada ogni giorno con
una ventina di fedeli per l'unità dell'Ucraina. Lo incontro accanto alla sua tenda, il
vento è caldo quel pomeriggio.
Secondo padre Sergiy la secessione è
"un peccato" perché è il diavolo che separa, mentre il Signore unisce. E spiega che
i separatisti hanno le bandiere dell'Unione sovietica, non bisogna aggiungere altro.
Poi racconta: "Anche nella mia chiesa siamo divisi. Quasi tutti sono contrari ai separatisti, ma nessuno vuole dirlo apertamente perché fra i nostri fedeli sono molti i filorussi. Mi hanno detto che metto in
pericolo tutta la comunità con le mie preghiere, ma a Slovyansk hanno preso la mia
chiesa e l'hanno trasformata in un deposito di armi. Forse i miei colleghi sono pronti a morire per Dio, non per questo paese".
Un'altra volta i separatisti sono entrati
nella tenda di padre Sergyi con i passamontagna e i manganelli, hanno rovesciato la croce e hanno gridato: "Non vi perdoneremo Odessa". A Odessa, che si trova sul
mar Nero, settecento chilometri a ovest rispetto a Donetsk, decine di uomini e donne sono stati uccisi nel palazzo delle Unioni professionali. Il palazzo non è "andato
a fuoco", in quel momento era occupato da
un gruppo consistente difilorussied è finito sotto l'attacco di nazionalisti ucraini e
gruppi di ultras armati di bottiglie molotov. Alcuni sono riusciti a fuggire, altri sono morti carbonizzati e intossicati: è stata
la peggiore strage dall'inizio della crisi insieme con la mattanza che le forze di sicurezza hanno portato a termine nella capitale durante gli ultimi giorni di Yanukovich. A Kiev alcuni politici hanno salutato la
strage come un gesto di coraggio, c'è chi ha
scritto che quel giorno la città ha mostrato "il suo valore". Gli ucraini si incolpano
a vicenda, in Europa si osserva e si giudica dalle colonne sghembe dell'"obiettività". Ma l'"obiettività" non è più di questa
terra: nessuno chiama le stragi con il loro
nome, nessuno parla di omicidi e agguati,
ma soltanto di "provocazioni". Chi muore
passa su un elenco di nomi che non si piangono, tutt'al più si vendicano. Con questi
pesi falsi si misurano le colpe nella guerra d'Ucraina.
Se c'è una cosa che i separatisti non hanno ancora sconfitto è la burocrazia. Per lavorare come giornalisti a Donetsk occorre
un accredito della Repubblica popolare,
l'autorità che ha indetto il referendum
defili maggio e cerca di impedire le presidenziali ucraine che si svolgono domenica. L'ufficio è al centro della città, in un palazzo occupato dai ribelli, e si può entrare
soltanto scortati da un volontario. Quello
che si offre di accompagnarmi si chiama
Vova, lo fa soprattutto per vedere i suoi superiori e chiedere un paio di anfibi e una
tuta mimetica (ora porta una maglietta nera, i pantaloni di una tuta, calze di spugna
A Donetsk sventolare la
bandiera sbagliata è un reato. La
pena dipende da chi rappresenta
l'autorità in quel momento
e sandali). Al cancello d'ingresso ci sono la
testa di una scimmia con la scritta "Obama", simboli della Repubblica di Donetsk,
della chiesa ortodossa e dell'Unione sovietica. Il tragitto sino al corpo del palazzo
passa per barricate di vecchi copertoni, filo spinato, rottami e sacchi di sabbia, in
ogni angolo del cortile ci sono uomini armati, ma pochi dentro hanno il permesso
di portare pistole e fucili. Si vedono divise d'ogni tipo, alcuni hanno camicie russe,
altri giacconi americani, quelli con le armi
sono un paio per pianerottolo e tengono i
kalashnikov penzolanti sulle spalle. Al primo piano ci sono cucina e infermeria, al
secondo un ospedale, al quinto tengono i
prigionieri. L'ufficio stampa si trova al settimo, ma l'accredito è valido soltanto con
un timbro che si ottiene all'undicesimo
piano, in quelli che un tempo erano gli uffici del governatore. I separatisti dormono
dove capita, nessuno beve, si fuma ovunque. L'infermeria e la cucina sembrano le
sole cose funzionanti in questo palazzo occupato.
"Sono qui dal 6 maggio - dice Igor, faccia stanca, mani tatuate, uno dei cuochi del
palazzo - Ho lavorato sui treni, sono stato
in Siberia da ragazzo, ora ho perso il lavoro e credo che non andrò mai via di qui".
Mi chiede di collegare una vecchia tv a un
lettore dvd mentre prepara caffè e pane
con la pancetta. Sul tavolo ci sono due grosse buste di plastica con funghi e patate. "E'
impossibile dire quanti soldati ci siano qui,
Negli appartamenti dei
miliziani regna la confusione.
Ognuno controlla un piano, gli
ascensori sono tutti bloccati
a volte il cibo non basta per tutti. Nessuno
riceve denaro, tutto quel che possono avere è due pasti al giorno. Molti sono vegetariani, è per quello che ho comprato le patate e i funghi". Negli appartamenti dei paramilitari regna la confusione. Ogni milizia
controlla un piano diverso, gli ascensori sono bloccati, le finestre coperte con libri,
poster, sedie e scrivanie: è come se ogni
giorno qualcuno arrivasse e aggiungesse un
piccolo pezzo a quel caos gigantesco. "Non
ce ne andremo mai", ripete Viktor, uno studente di Psicologia inquadrato nel gruppo
"Oplot". C'è solo un modo per risolvere la
crisi, spiega, ed è l'arrivo dell'esercito russo. Ma le truppe ucraine si sono già schierate in forze alle spalle della città, tra la
periferia di Donetsk e il confine con la Rus-
sia: anche se le milizie della Novorossiya
dovessero chiedere aiuto, per Putin sarebbe difficile mandare le sue truppe oltre
quella linea.
Fuori dal palazzo, a pochi passi di distanza, i giovani bevono e parlano nei loca-
. ». f
li sulla Prospettiva Artema. Il vento è ancora tiepido, la musica esce dai ristoranti
e raggiunge la passeggiata. Così scorre il
tempo nell'Europa orientale, aspettando di
sapere che ne sarà dell'Ucraina.
Luigi De Biase
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La bandiera della Repubblica popolate di Donetsk sventola fuori da un edificio amministrativo occupato dal separatisti