Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca I.S.I.S. “Giulio Natta” via Europa, 15 – 24125 Bergamo - Tel: 035 319376 Fax: 035 316449 C.F.: 80031940168 – Cod. mecc.: BGIS03200C email: [email protected]; pec: [email protected]; web: www.nattabg.it __________________________________________________________________________________ IL MONDO DEI VELENI E TTX « Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit. » « Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto. » (Paracelso, Opera Omnia) Esame di stato 2014 Il candidato Simone Scottini 5B ECOLOGICO-SANITARIO Bergamo, A.S. 2013/2014 1 INTRODUZIONE È stupefacente come la natura e le specie che vivono immersi in essa, siano stati e sono tutt’ora in grado di adattarsi ai suoi cambiamenti. Gli esseri viventi mutano e si adattano in continuazione per sopravvivere negli ambienti più ostili. Questo succede perché chi non si adatta si estingue. Una delle soluzioni che gli animali e i vegetali hanno trovato e adottato per sopravvivere è la produzione di sostanze in grado di difenderli e aiutarli a procurarsi il cibo. Ho scelto di approfondire gli aspetti del “mondo dei veleni” perché mi affascinano i meccanismi e le modalità con cui alcuni dei più straordinari esseri viventi, molti dei quali sconosciuti, producono e utilizzano queste sostanze ad elevata tossicità. Non solo gli animali e i vegetali sono in grado di creare veleni, l’uomo, infatti, fin dall’antichità ha creato e utilizzato veleni per gli scopi più svariati: dalla creazione dei medicinali, alla nascita dei più temibili e subdoli gas veleniferi a scopo bellico. Nella tesi saranno trattati argomenti che comprendono diversi rami di competenza, dalla microbiologia alla storia, dalla chimica fino ad arrivare alla cucina e ho cercato di creare un percorso logico, che mettesse in relazione questi argomenti e che fosse in grado di far comprendere in maniera semplice e diretta questo mondo spesso sconosciuto, frainteso e incompreso. Simone Scottini 2 MAPPA Emotossici Classificazione Cosa è un veleno Citotossici Neurotossici Il mondo dei veleni e TTX La tetrodotossina Veleni nella storia TTX in cucina Rapporto tra storia e veleno Veleni nelle guerre ee 3 INDICE 1. INTRODUZIONE AI VELENI Cosa è un veleno? …………………………….…………………………..5 “È la dose che fa il veleno” …………………...…………………………..5 Tipologie di avvelenamento…………………...…………………………..5 2. CLASSIFICAZIONE DEI VELENI Veleni endogeni ed esogeni …………………..…………………………..6 Veleni organici e inorganici ………………………………………………..7 3. AZIONI TOSSICOLOGICHE Azione emotossica ……………………………..…………………………..7 Azione citotossica …………………………………………………………..8 Azione neurotossica ……………………….......…………………………..9 4. 100 VOLTE PIÚ POTENTE DEL CIANURO: LA TETRODOTOSSINA (TTX) Cenni storici ………………………………………………………………...11 Produzione ………………………………..……………………………..….11 Meccanismo d’azione …………………….………………………………..12 Danni all’organismo ……………………….….…………………………....13 TTX in cucina: il Fugu ………………….………………………………..…14 Curiosità: lo Pseudomonas …………….……...…………………………..15 5. I VELENI NELLA STORIA Rapporto tra storia e veleno ……………..………………………………...16 Veleni nella prima guerra mondiale: i gas in prima linea ……………….17 Veleni nella seconda guerra mondiale: il gas nervino …………………..20 4 1. INTRODUZIONE AI VELENI Cosa è un veleno? Per veleno si intende una sostanza che, assunta da un organismo vivente, ha effetti dannosi temporanei o permanenti, fino a essere letali, attraverso un meccanismo chimico. Non sono considerate veleni le sostanze che hanno effetti dannosi per azione meccanica (esplosivi, ecc.) o per emissione di radiazioni. I veleni possono essere sia di origine naturale, sia xenobiotici prodotti da attività antropica. I veleni prodotti da organismi viventi sono anche detti tossine. L'assunzione di un veleno da parte di un uomo o di un animale si dice avvelenamento. Una sostanza in grado di contrastare l'azione di un veleno è chiamato antidoto o contravveleno. La disciplina scientifica la quale studia i veleni e la loro azione è la tossicologia. “È la dose che fa il veleno” (cit. Paracelso) Il concetto di veleno non può essere separato dal concetto di dose. In natura, infatti, tutte le sostanze possono provocare un danno su un organismo vivente; quello che permette di identificare una sostanza come tossica è la dose che provoca effetti dannosi. Alcune sostanze devono essere ingerite in quantità enormi per provocare un danno (ad esempio l'acqua o il normale sale da cucina), altre a dosi piccolissime. I farmaci a determinate dosi hanno effetti curativi, mentre ad altre dosi (più elevate) sono tossici. È detta LD50 la dose in mg di una sostanza in grado di uccidere la metà di una popolazione campione (misurata in kg) di ratti adulti esposta ad essa. Ad esempio la vipera comune possiede un LD50 pari a 6, e ciò significa 6 mg di veleno per kg di topi; per il calabrone tale valore scende a 3 mentre nel temibile cobra dagli occhiali è pari ad appena 0,29. Quindi il veleno del cobra dagli occhiali è 18 volte più potente di quello della vipera. Tipologie di avvelenamento Possono essere riscontrati due tipi di avvelenamento, acuto o cronico. L'avvelenamento di tipo acuto è dovuto a forti esposizioni all'agente velenifero in un breve lasso di tempo, ciò dà luogo a sintomi gravi e improvvisi, curati possibilmente con l'allontanamento dall'agente velenoso e con l'alleviamento dei sintomi. L'avvelenamento di tipo cronico è dovuto all'esposizione prolungata nel tempo, anche per anni, alla specie tossica, pur assorbendo un bassissimo dosaggio dell'agente per esposizione. Questo nel tempo porta a gravi danni, poichè in un arco temporale così lungo, il veleno ha raggiunto una distribuzione pressoché capillare nell'organismo. 5 Tipici avvelenamenti di questo tipo sono dovuti all'inquinamento da sostanze organiche (benzene) o metalli pesanti come Cadmio, Mercurio, Piombo e Arsenico. 2. CLASSIFICAZIONE Veleni endogeni ed esogeni In base a come giungono all’organismo, i veleni possono essere suddivisi in endogeni ed esogeni. I primi si formano nell'interno dell'organismo in svariate condizioni fisiologiche e patologiche, determinano le intossicazioni endogene o autointossicazioni, di cui si occupa la patologia e la clinica e sono in generale poco noti nella loro costituzione chimica. I secondi penetrano nell'organismo dall'esterno e determinano le svariate intossicazioni esogene, di cui si occupa più particolarmente la tossicologia. Esistono diverse classificazioni relative ai veleni esogeni: quelle che considerano lo stato fisico dei veleni (gas, liquidi, solidi) o la loro origine (animale, vegetale, minerale, industriale) e le classificazioni chimica, analitica, fisiologica e biochimica. Anche le intossicazioni sono dette endogene o esogene a seconda che la sostanza nociva che ne è all'origine provenga dall'interno o dall'esterno dell'organismo. Rientrano nel primo gruppo, quello delle intossicazioni endogene i casi dovuti ad alterazioni del metabolismo (produzione o accumulo di acetaldeide, acetone, acido piruvico, porfirine ecc.), a malattie renali (intossicazione uremica), all'assorbimento attraverso il canale digerente di sostanze alimentari denaturate o di sostanze tossiche prodotte dalla flora intestinale o da elminti, alla formazione di sostanze tossiche in seguito a traumi, ustioni, cancrene, all'accumulo di metaboliti, all'alterazione di organi deputati alla neutralizzazione, fissazione ed eliminazione di sostanze tossiche (fegato, polmoni, reni, cute ecc.). Al gruppo delle intossicazioni esogene, invece, sono da ascrivere i casi imputabili all'assorbimento o all'assunzione di veleni di qualsiasi natura, all'ingestione di alimenti avariati, oppure incongrui o contenenti sostanze tossiche (funghi, mandorle amare, farine inquinate da sclerozi di segale cornuta o di Ustilago maydis, insalate con erbe velenose, tossine di origine batterica ecc.), a punture o morsi di animali velenosi (pesci, molluschi, vermi, insetti, serpenti ecc.), a contatto e assorbimento in dose adeguata di sostanze chimiche, naturali oppure sintetiche. 6 Veleni inorganici e organici In relazione alla costituzione chimica i veleni possono essere suddivisi in inorganici e organici. Ai veleni inorganici appartengono: I metalloidi e i loro composti, es. fluoro e acido fluoridrico, cloro e acido cloridrico, ammoniaca, acido nitrico, vapori nitrosi; fosforo bianco ; monossido di carbonio, fosgene, solfuro di carbonio. I metalli e i loro composti: i metalli liberi non sono in generale direttamente velenosi, lo sono invece gli idrati e alcuni sali, es. soda caustica; e la maggior parte dei sali solubili dei metalli pesanti. Ai veleni organici appartengono: Idrocarburi e loro derivati, es. acetilene, cloroformio, petrolio. Alcoli, eteri, tioalcoli, tioeteri, es. alcool etilico, iprite; Acidi, es. acido cianidrico, aspirina, nitroglicerina; Sono veleni organici anche: adrenalina, naftalina, atropina, cocaina, nicotina, morfina, papaverina, caffeina, enzimi, tossine vegetali, animali e patologiche. 3. AZIONI TOSSICOLOGICHE I veleni più potenti che esistono sono quelli del mondo animale e vegetale. Solitamente queste sostanze non sono composte da una sola unità, in questo caso la tossina, ma bensì sono formate da un insieme di tossine. Così facendo viene a crearsi un veleno che può agire in modi diversi a seconda della specie produttrice. Azione emotossica Possono essere prodotti veleni che agiscono sul sistema vascolare andando a distruggere i vasi sanguigni e, avendo proprietà anti-coagulanti, causano la morte per emorragia interna. Questa azione del veleno è definita emotossica. Esistono anche veleni che hanno proprietà coagulanti. I veleni emotossici comprendono una prima serie di tossine, il cui prototipo è rappresentato dalla emolisina alfa. Alcune presentano tioli essenziali per la loro attività e sono proteine monomeriche che polimerizzano sulla membrana dei globuli rossi, formando oligomeri tubulari che si inseriscono nella porzione lipidica della membrana, causando la formazione di pori che alterano profondamente gli scambi della cellula con l'ambiente esterno, causandone la morte. 7 Una seconda serie di tossine emolitiche, che presumibilmente agiscono con lo stesso meccanismo, presenta una serie di sequenze nonapeptidiche ricche di glicina che conferiscono alla tossina la proprietà di legare ioni bivalenti di calcio che risultano essenziali all'attività della tossina stessa. La maggior parte dei veleni ofidici, ovvero dei serpenti sono miscele di potenti emotossine accompagnate da agglomerati neurotossici. Soprattutto il veleno delle vipere è altamente emotossico ed è la causa del maggior numero di morti da morso di serpente negli Stati Uniti e in Sud America. I principali serpenti sono: il Crotalo adamantino negli States e la Vipera Ferro di lancia in Sud America. ( Vipera Ferro di lancia ) ( Crotalo adamantino ) Azione citotossica Si definisce azione citotossica l'effetto di un agente di tipo chimico (una molecola), fisico (temperatura, radiazione o onda elettromagnetica) o biologico (una cellula del sistema immunitario) in grado di indurre danno ad una cellula. L'agente che induce tale danno viene spesso definito citotossina. Le citotossine sono presenti nei veleni dei serpenti e in altri animali, ma sono anche prodotte da batteri come il clostridium botulinum. Sono ad azione solitamente molto più lenta rispetto alle potenti neurotossine ma causano danni altrettanto gravi. Le citotossine sono nella maggior parte dei casi associate a delle neurotossine. Essendo ad azione lenta non portano quasi mai alla morte dell’ospite, di fatti, qualche minuto dopo che si è venuti a contatto diretto con questa tipologia di tossina, i primi sintomi sono di dolore intenso, con presenza di gonfiore localizzato e cambiamento di colore intorno alla zona di contatto. Successivamente inizia la necrosi, solitamente dopo 30 minuti; le cellule che compongono il tessuto epiteliale iniziano a disgregarsi e a “sciogliersi” come immersi in un acido portando al distaccamento dei muscoli dall’apparato scheletrico. La perdita di un arto è molto probabile se non si viene curati con un antidoto specifico entro circa 2 ore dal contatto. 8 (clostridium botulinum S.E.M.) Azione neurotossica Una neurotossina è un tipo particolare di tossina che agisce sulle cellule del sistema nervoso, solitamente attraverso un'interazione con le proteine di membrana dei neuroni, quali i canali ionici. In base alla loro specifica origine, le neurotossine si distinguono in: Neurotossine animali: si tratta di miscele di enzimi e proteine, quali ad esempio i veleni di serpente e di alcune zecche o la tetrodotossina del pesce palla. Alle neurotossine microbiche appartengono le tossine di botulino e del tetano o la tossina difterica. Alle neurotossine vegetali appartengono invece quelle prodotte da digitale purpurea, oleandro, segale cornuta, funghi del genere Amanita e Psillocybe. Le neurotossine agiscono creando delle anomalie nella funzionalità dei diversi tipi di canali ionici, impedendo la propagazione dell'impulso neuronale; questo può condurre a paralisi motoria e morte dell'organismo. I canali-bersaglio possono essere sia quelli del sodio, che quelli del potassio o del calcio. La maggior parte dei veleni e delle tossine usate in natura dagli organismi che si devono difendere dai vertebrati sono neurotossine; diversi organismi (scorpioni, serpenti, api, ragni,) usano un insieme di diverse neurotossine. Le più potenti neurotossine sono: la cubotossina, la saxitossina e la tetrodotossina. La cubotossina è prodotta e iniettata tramite le nematocisti da una specie particolare di meduse: le cubomeduse. Dette anche vespe di mare, sono considerati i più pericolosi per l'uomo. Le specie più pericolose vivono soprattutto nei mari australiani e portano alla morte in circa un’ora per shock anafilattico. ( Carybdea marsupialis ) La saxitossina o sassitossina o mitilotossina è una neurotossina idrosolubile prodotta da un gruppo di protisti flagellati, i dinoflagellati. Spesso presente in molluschi che si cibano di fitoplancton, come le vongole, la saxitossina è un alcaloide fortemente tossico. 9 Questa tossina si lega saldamente ai canali del sodio interagendo con un gruppo carbossilico ionizzato (COO-) disposto all'ingresso del canale, sul versante extracellulare. L'intossicazione avviene via ingestione e provoca una varietà di sintomi, che dipendono dalla quantità di tossina assunta, soprattutto a livello neurologico, tra cui formicolio, parestesia alla bocca, labbra, lingua e alle estremità degli arti, profonda astenia muscolare, impossibilità a mantenere la stazione eretta, andatura atassica. Sintomi a livello gastrointestinale sono possibili ma meno comuni. I sintomi si manifestano rapidamente, dai 30 minuti alle 2 ore. La morte, nei casi fatali, giunge dopo 3 ore. La saxitossina è inclusa nella lista della convenzione sulle armi chimiche, che elenca le sostanze sufficientemente tossiche da essere utilizzabili per impieghi bellici e i loro precursori. Benché inizialmente isolata e caratterizzata nel corso di ricerche militari, la saxitossina si è rivelata un prezioso strumento di ricerca nello studio della cellula e della funzione dei canali del sodio La tetrodotossina è invece la più potente delle neurotossine ma sarà un argomento trattato approfonditamente nel prossimo capitolo. 10 4. 100 VOLTE PIÚ POTENTE DEL CIANURO: LA TETRODOTOSSINA (TTX) Storia della tetrodotossina ( capitano James Cook ) Il primo caso registrato di avvelenamento da tetrodotossina si ha nel diario di bordo del capitano James Cook. Egli registrò di come in un'occasione la sua ciurma mangiasse le parti carnee bianche del pesce palla pescato nei tropici, ed in seguito alimentasse i maiali presenti a bordo con i rimasugli del pesce come pelle, fegato e gonadi. L'equipaggio sperimentò ottundimento e mancanza del respiro, mentre il mattino dopo i maiali vennero trovati tutti morti. Col senno di poi, è chiaro che la ciurma ingerì una blanda dose di tetrodotossina, mentre i maiali mangiarono quelle parti del corpo del pesce palla che contengono la maggior concentrazione della tossina, ricevendo in questo modo una dose letale. La tossina venne isolata e denominata per la prima volta nel 1909 dallo scienziato giapponese Dr. Yoshizumi. Produzione della tossina La tetrodotossina venne scoperta nel pesce palla ma, diverse varianti, sono state trovate anche in altri animali ad esempio in piccoli polpi come il polpo ad anelli blu e in alcune specie di tritoni. Si è scoperto che la tetrodotossina può essere prodotta da alcuni batteri come la Pseudoalteromonas tetraodonis, alcune specie di Pseudomonas e Vibrio. La presenza dello stesso veleno in tanti animali spesso evolutivamente molto lontani è dovuta al fatto che essi possiedono una mutazione che li rende invulnerabili a questa neurotossina, dato che i dati scientifici disponibili rivelano che non si tratta di un prodotto del loro metabolismo, ma di organismi microscopici già citati, che vivono in simbiosi all'interno delle ghiandole salivari di molti di questi animali contenenti tetrodotossina. L'ospite ne è immune perché la selezione naturale ha creato una piccola modifica ad una delle proteine dei canali cellulari per il sodio, deformazione molecolare sufficiente ad impedire che la 11 tetrodotossina si attacchi come un vero e proprio tappo ostruendo il passaggio del sodio e quindi la propagazione dell’impulso nervoso. ( Pseudoalteromonas S.E.M. ) ( Vibrionaceae ) Meccanismo d’azione Il meccanismo d'azione, il blocco selettivo del canale del sodio, venne dimostrato definitivamente nel 1964 da Toshio Narahashi e John Moore della Duke University. La tetrodotossina si lega a quello che è noto come il sito 1 del poro del canale del sodio voltaggio-dipendente. Il sito 1 si trova nella apertura extracellulare del poro del canale ionico. Il legame di qualsiasi molecola a questo sito può temporaneamente disabilitare la funzione del canale ionico. La saxitossina e diverse tra le conotossine si legano nello stesso sito. La tetrodotossina blocca il potenziale d'azione nei nervi, essenzialmente impedendo alle cellule nervose dal far entrare il sodio nelle cellule e dunque impedendo la depolarizzazione ma impedendo così anche la morte cellulare per rigonfiamento torbido. L'utilizzo di questa tossina come una sonda biochimica ha dimostrato l'esistenza di due distinti tipi di canali del sodio regolati dal potenziale, presente negli esseri umani: il canale del sodio sensibile alla tetrodotossina (TTX-s Na+ channel) ed il canale del sodio resistente alla tetrodotossina (TTX-r Na+ channel). La tetrodotossina si lega ai canali dello TTX-s Na+ con una affinità di legame presente già a concentrazioni di 5-15 nanomoli, mentre i canali TTX-r Na+ legano la TTX con una affinità micromolare. Le cellule nervose che contengono canali TTX-r Na+ sono localizzate principalmente nel tessuto cardiaco, mentre le cellule nervose che contengono i canali del TTX-s Na+ dominano il resto del corpo. La prevalenza dei canali TTX-s Na+ nel sistema nervoso centrale rende la tetrodotossina un agente importante nel "silenziare" l’attività neurale in una coltura cellulare. 12 Danni all’organismo La diagnosi dell'avvelenamento da pesce palla è basata sulla sintomatologia osservata e dalla recente storia dietetica. Gli effetti dell'avvelenamento da tetrodotossina includono mancanza di fiato, ottundimento, sensazione di "testa leggera", paralisi e battito irregolare. Tipicamente, i sintomi maggiori insorgono rapidamente, quelli minori istantaneamente. Se si ingeriscono dosi più elevate di 1-2 milligrammi la morte è l'esito più comune. Anche se la tossina si slega dai canali del sodio, via via che la sua concentrazione attorno ai centri nervosi diminuisce, le sue molecole sono eccezionalmente potenti e si scindono dal legame molto lentamente. Il trattamento usualmente consiste di assistenza respiratoria. Il primo sintomo di intossicazione è costituito da un leggero 13 intorpidimento della lingua e delle labbra, che si manifesta da 20 minuti a 3 ore dopo l'ingestione del pesce. Il sintomo successivo è costituito da parestesia a faccia ed estremità, che possono essere seguite da sensazione di leggerezza. Possono comparire anche mal di testa, dolore epigastrico, nausea, diarrea e/o vomito. In alcuni casi possono comparire difficoltà a camminare. Il secondo stadio dell'intossicazione è costituito da una paralisi ingravescente: molte vittime dell'intossicazione sono incapaci di muoversi e possono presentare difficoltà anche a mantenere la posizione seduta. Il soggetto presenta un'ingravescente insufficienza respiratoria; in genere sono presenti dispnea, cianosi e ipotensione. Viene colpito anche il linguaggio. La paralisi è via via ingravescente e possono comparire convulsioni, danni alle funzioni intellettive e aritmie cardiache. La vittima, nonostante sia completamente paralizzata, può essere cosciente e in alcuni casi completamente lucida fino a poco prima della morte, che in genere avviene in 4-6 ore, con un range stimato da 20 minuti a 8 ore. Riguardo la ricerca per l'antidoto contro la tetrodotossina si è avuto un discreto successo nei test per un possibile antidoto nel topo, ma è necessario condurre ulteriori test per determinare l'efficacia negli esseri umani. TTX in cucina: il Fugu Il Fugu è un piatto tipico della cucina giapponese. È una portata a base di pesce palla, ma con una corretta tecnica di preparazione il veleno non contamina la pietanza. La difficoltà di preparazione lo ha reso uno dei piatti più celebri del Giappone. Ad Osaka gli hanno dedicato un museo. In Giappone viene ancora servito sulle tavole dei ristoranti ma in ( Fugu sashimi ) Italia è proibito dal 1992. Trattato da cuochi diplomati che sanno come estrarre il veleno dalle carni, il segreto è lasciargli un po’ di quella tossina sufficiente a dare una leggera euforia e un po’ di formicolio alle labbra e alla lingua. Il piatto più popolare è fugu sashimi, chiamato anche Fugu sashi o Tessa, affettato in modo molto sottile, decorato e preparato in modo da ricordare il crisantemo. Per affettare il fugu e servirlo esiste un particolare tipo di coltello, chiamato fugu hiki. Il piatto può esser servito fritto, ed è il Fugu Kara-age; l’Hire-zake invece è un piatto a base di pinne fritte accompagnato da sakè caldo. Nel Fugu-chiri invece è bollito insieme ad ortaggi. ( Fugu-chiri ) 14 Il fugu è consumato in Giappone da secoli. Si sono trovate prove che ne attestano la consumazione nel Periodo Jōmon (che va da circa il 10000 a.C. fino al 300 a.C.). Durante lo shogunato Tokugawa (16031868) venne vietato il consumo di fugu nella zona di Edo, ma il divieto non durò a lungo. Il piatto fu nuovamente proibito durante il periodo Meiji (1867-1912). Dal 1993 al 2006 i casi di avvelenamento sono notevolmente diminuiti; si sono registrati appena 23 casi di cui uno solo avvenuto in un ristorante, tutti gli altri erano pescatori che avevano ingerito ciò che avevano pescato. In passato i decessi oscillavano fra i 50 e i 200 all'anno. Fra i vari decessi, è famoso quello dell'attore Mitsugoro Bando che chiese di mangiare il fegato del pesce una delle parti a più alta concentrazione di veleno insieme a ovaie, intestino e pelle. In Giappone dal 1958, in seguito all'elevato numero di morti (420 nel biennio 1956-1958), un cuoco, per poter preparare e servire il fugu, deve obbligatoriamente ottenere una licenza speciale rilasciata dal ministero competente, concessa solo dopo un esame sia scritto che pratico, durante il quale fra le altre cose il candidato deve saper riconoscere oltre 30 specie della famiglia cui il pesce appartiene: le tetraodontidae. Sempre in Giappone è proibito servirlo al tavolo dell'Imperatore. In Italia ne è proibito il commercio a scopo alimentare a partire dal 1992. Nel 1977 ci furono tre casi mortali e si trattava di pesci importati da Taiwan. Per la legge tedesca, i fugu non possono essere importati per il consumo. Divieti analoghi esistono anche in alcuni paesi del Sud-est asiatico ma talvolta non sono efficaci, come in Thailandia che lo vieta dal 2002 ma dove può essere acquistato nei mercati locali. Negli Stati Uniti esistono pochi ristoranti giapponesi autorizzati, ma il pesce deve essere importato dal Giappone, in filetti e congelato. Curiosità: lo Pseudomonas Pseudomonas è un genere di batteri appartenenti alla famiglia delle Pseudomonadaceae. Sono bacilli Gram-negativi, aerobi obbligati, ossidasi positivi, catalasi positivi ed hanno flagelli polari che permettono loro di muoversi. Si trovano nel terreno e nelle acque ma anche sulle piante. Producono pigmenti come la piocianina che permette di alterare la funzione ciliare, stimolare la risposta infiammatoria e provocare danno ai tessuti. Alcuni ceppi sono capsulati. Il principale fattore di virulenza è la exotoxina A oltre alla endotoxina. Hanno inoltre un exopolisaccaride mucoide che permette una maggiore adesione alle cellule dell'ospite, formare biopellicole, inibire la fagocitosi e ridurre l'attività antibiotica. Sono batteri che colonizzano l'essere umano in zone umide come le piscine. La specie Pseudomonas aeruginosa è una delle più diffuse tanto da essere presente in molti campioni di feci umane e più raramente anche in zone di epidermide più umide come ascelle ed inguine. È il batterio opportunista per eccellenza e causa, in ospedali dove non sono seguite correttamente le norme di igiene, vere e proprie piccole epidemie con conseguenze a volta anche gravi. Generalmente provoca infezioni osteoarticolari, otite esterna, polmonite. È anche responsabile di follicoliti cutanee, infezioni oculari come congiuntivite ed endocardite. 15 La diagnosi microbiologica si effettua isolando il germe in terreni di coltura come Agar Cetrimide e Agar MacConkey. Generalmente le varie specie di Pseudomonas sono resistenti alla maggior parte degli antibiotici, in quanto sono scarsamente permeabili, producono enzimi capaci di inattivare penicilline e sono dotate di meccanismi di espulsione di molti antibiotici ( pseudomonas aeruginosa S.E.M ) 5. I VELENI NELLA STORIA Rapporto tra storia e veleno “Solo pochi decenni fa, pensare a un assassinio per veleno poteva far sorridere, perché la mente andava subito a figurarsi stregonerie, pozioni medievali e fattucchiere da fiaba, oppure criminali subdoli alle prese con investigatori da romanzo, meglio se con un po’ di nebbia attorno: insomma, se non era Biancaneve doveva essere per forza Agatha Christie… Ma nel 2006 hanno fatto il giro del mondo le drammatiche foto dell’ex agente del KGB, Aleksandr Litvinenko, avvelenato con il polonio-210, un micidiale e molto moderno isotopo radioattivo. I veleni, come gli esami, non finiscono mai”. (Carmen Covito, introduzione in “Storia dei veleni. Da Socrate ai giorni nostri" di Jean de Maleissye) Uccidere qualcuno avvelenandolo è qualcosa di molto più subdolo del farlo in qualsiasi altro modo. I veleni sono antichi quanto l’uomo. Il pensiero subito corre a Cleopatra, bellissima regina dell’antico Egitto che si uccise con un morso letale di cobra anche se alcuni studi recenti affermano che il suicidio della regina sia avvenuto a causa di un mix di potenti veleni. Utilizzò l’oppio come analgesico, la cicuta come causa dell’arresto respiratorio e l’aconitum che è una pianta tossica. Proprio dall’antichità parte il lungo viaggio, a cominciare dal più famoso avvelenato della storia: Socrate. Il grande filosofo greco accettò la condanna a morte bevendo, per sua stessa mano, un boccale di cicuta. 16 Dagli avvelenati agli avvelenatori, e anche in questo caso veleni e donne è un binomio che va di pari passo. Stiamo parlando di Lucrezia Borgia, passata alla storia come “la signora dei veleni”. Lei, tra le più importanti figure femminili del nostro Rinascimento, è stata tra i personaggi che più hanno legato il loro nome ai veleni. Leggenda vuole che non si separasse mai da un anello concavo con cui metteva la sostanza mortale nella bevanda di chi voleva far fuori, oppure che era solita tenere un banchetto in onore della vittima designata alla quale faceva mangiare, tra le varie portate, funghi tossici. Fino ad arrivare a Emma, la protagonista di Madame Bovary, il capolavoro di Gustave Flaubert che si suicida ingoiando dell’arsenico. Passando poi dalla prima guerra mondiale, dove i veleni erano utilizzati per asfissiare e provocare ulcere ai militari in trincea. Per non bastare si è arrivati alla seconda guerra mondiale, con l’utilizzo dei gas nervini e la nascita delle camere a gas. Sono stati scritti numerosi trattati tra le nazioni più potenti coinvolte nelle due guerre mondiali che stipulano l’assoluto divieto di utilizzare determinate sostanze chimiche tossiche come arma sia di offesa sia di difesa. Tra queste sostanze si ricordano: il fosgene, l’iprite e il gas nervino ma non solo, anche la saxitossina è stata vietata come tossina utilizzabile in guerra. Veleni nella prima guerra mondiale: i gas in prima linea. A partire dagli ultimi decenni del 1800 e l'inizio del 1900, le condizioni generali della chimica dopo una lunga preparazione di laboratorio erano in grado di fornire prodotti dalle straordinarie capacità indispensabili al progresso. Anche se preparate con finalità di pace, molte sostanze rivelarono proprietà tossiche ben superiori ai prodotti normalmente usati in chimica industriale o come veleni per altri scopi ed applicazioni. Per esempio il gas "Fosgene", tristemente famoso sui campi di battaglia europei del 1914-1918, fu scoperto dal chimico inglese John Davy nel 1812, miscelando cloro e ossido di carbonio. Anche il terribile gas "Yprite" era stato ottenuto dal chimico inglese Guthrie nel 1860, rivelando le sue terrificanti capacità vescicatorie. Nel 1914 il chimico tedesco Meyer mise a punto un sistema per la produzione industriale dell'Yprite. Il cloro, che fu tra i primi tipi di gas impiegati a scopi offensivi durante la Grande Guerra, veniva già impiegato dal 1910 per la creazione di vernici e medicinali in Germania. In Europa dunque la produzione di sostanze aggressive con opportune modifiche poteva raggiungere livelli di produzione giornaliera enormi, ottenendo così subito quantità notevoli di agressivo adatto all'impiego bellico. Si giunse molto presto ad impiegare sostanze chimiche di tipo gassoso a scopi offensivi e in particolare 17 non appena ci si rese conto di non poter riprendere la Guerra di movimento, bloccati in trincea, senza appunto armi non convenzionali e rivoluzionarie. Contrariamente a quanto si pensi e venga a tutt’oggi narrato da molti storici e scrittori dell’argomento, non furono I tedeschi, bensì i francesi ad impiegare per primi i gas durante la Grande Guerra. Proprio durante i primi mesi di Guerra, sul finire del 1914, la Francia esplose alcune cariche di gas lacrimogeno ai danni delle truppe tedesche lanciate verso Parigi. Si trattò tuttavia di un fatto decisamente casuale, al quale la Francia non diede alcun seguito in termini di ulteriore sperimentazione. Questa tragica eredità venne, al contrario, subito raccolta dalla Germania, che iniziò prontamente a studiare questo nuovo e subdolo strumento di offesa. Già durante l’assalto e la successiva conquista di Neuve Chapelle, nell’ottobre del 1914, i tedeschi lanciarono gas starnutente all’indirizzo del nemico e tre mesi dopo, nel gennaio 1915, analoghe sostanze irritanti fecero la loro comparsa sul Fronte Orientale, ai Danni dell’esercito russo. Tuttavia, in quest’ultima circostanza, il gas non riuscì a vaporizzarsi completamente, dopo esser stato lanciato all’interno di proiettili speciali, a causa della temperatura troppo rigida. 18 Si iniziò allora a capire che l’impiego effettivo di questa nuova arma era inscindibilmente legato alle condizioni atmosferiche (temperatura, umidità, forza e direzione del vento). Il debutto dei gas letali, in grado di uccidere oltre che menomare, avvenne il 22 aprile del 1915, durante la seconda battaglia di Ypres, nelle Fiandre. In questo strategico saliente del Fronte Occidentale, dove da molto tempo si cercava disperatamente di sbloccare lo stallo della guerra di posizione, si fronteggiavano tedeschi, francesi, inglesi, canadesi e truppe coloniali algerine. Poco prima dell’alba i tedeschi iniziarono a bombardare le linee avversarie con proiettili tradizionali, per poi sostituirli con munizioni caricate a gas di cloro. I difensori francesi ed algerini, ignari di questa nuova terribile minaccia, credettero semplicemente in una nuvola di fumo artificiale, creata per mascherare l’avanzata nemica; ordinarono pertanto di raddoppiare la vigilanza, anzichè scappare a gambe levate. Nel giro di pochi minuti iniziarono a moltiplicarsi esponenzialmente le perdite, falciate silenziosamene dalla nube giallastra che si spostava lentamente e inesorabilmente verso ovest. Si formò una rottura importante del fronte che i tedeschi stessi, increduli e sostanzialmente impreparati a risultati così devastanti della loro nuova arma, non riuscirono a sfruttare. Dopo una breve istanza di condanna ufficiale, da parte dell’opinione pubblica nei confronti di questa nuova disumana arma, il desiderio di vendetta da arte degli Alleati non fece altro che sancire ufficialmente l’introduzione dei gasi letali, come strumento d’offesa, nell’arsenale di ciascuna fazione in lotta. Gli inglesi furono i primi a restituire la tragica pariglia: la sera del 24 settembre 1915, circa 400 “proiettori” lancia-gas erano pronti a vomitare una densa nube di cloro sulle trincee tedesche di Loos. L’attacco avvenne alle prime luci dell’alba del giorno seguente, con risultati a dir poco catastrofici: il vento contrario o comunque non abbastanza forte, fece ristagnare gran parte del gas a ridosso delle linee inglesi. Anche in questa occasione le condizioni metereologiche intervennero direttamente sulla riuscita dell’attacco con i gas. Da questo momento in poi fu tutto un susseguirsi di ulteriori esperimenti e messa a punto di nuovi sistemi di lancio e dispersione di gas sempre più letali, per arrivare alla terrificante “Yprite”, o “gas mostarda”, introdotta dai tedeschi, nel settembre del 1917. Questo gas, oltre ad avere effetti vescicanti, ristagnava sulle divise, sull’intero campo di battaglia e persino nel sottosuolo, aumentando la sua potenzialità d’offesa per settimane e settimane. Tristemente noti e molteplici i casi di contaminazione ai danni degli stessi portaferiti e dei medici chiamati ad assistere i gasati di Yprite. Italia e Austria-Ungheria non furono da meno nell’impiego di sostanze chimiche aggressive. Basti pensare allo sfondamento di Caporetto, riuscito in gran parte per merito di circa 2000 proiettili di Fosgene, lanciati contro gli ignari soldati italiani, nell’ ottobre 1917. Parlare di contromisure per contrastare gli effetti dei gas letali, almeno durante la Grande Guerra, risulta 19 inevitabilmente un tragico eufemismo. La stessa lunga fase sperimentazione di questo nuovo strumento di offesa, interessò analogamente la realizzazione di valide contromisure di cui dotare i soldati esposti ad un attacco con il gas. Se nei primi mesi di guerra sarebbe forse bastato urinare in un fazzoletto e respirare attraverso di esso, con l'avvento di aggressivi chimici sempre più potenti, fecero la loro prima apparizione vere e proprie maschere antigas. Rozze, ingombranti e, in generale, soffocanti dopo solo pochi minuti d'uso, queste protezioni furono costantemente rivedute, potenziate e appesantite da ulteriori strati di garza, filtri e sostanze antagoniste degli aggressivi sintetici usati dal nemico. In pratica, la produzione di maschere antigas si rivelò sempre un passo indietro rispetto a quella dei gas venefici. Al termine della guerra, tutte le nazioni del mondo bandirono ufficialmente l'utilizzo dei gas letali durante qualsiasi genere di conflitto. Ironicamente, lo stesso Adolf Hitler, caporale porta-ordini, sopravvissuto a molteplici attacchi chimici nelle Fiandre, fu una delle voci di condanna più forti all'indirizzo di questo modo inumano di guerreggiare. Le armi chimiche avevano causato così tante sofferenze in Europa durante la guerra, che per la gente del tempo il loro uso era sinonimo delle maggiori atrocità. I quotidiani, le riviste e i memoriali erano pieni di resoconti di attacchi coi gas. Negli anni venti i generali sostenevano che da solo il gas non aveva mai vinto una battaglia; i soldati lo odiavano, e odiavano le maschere antigas; solo i chimici affermavano che era una buona arma. Nel 1925 sedici delle maggiori nazioni del mondo firmarono, nell'ambito della Terza Convenzione di Ginevra, un protocollo inteso a vietare l'utilizzo dei gas tossici; gli Stati Uniti lo ratificarono solo nel 1975. I veleni nella seconda guerra mondiale: il gas nervino. Quando il pubblico pensa all’argomento dello sviluppo e dell’utilizzo del gas tossico, da parte dei tedeschi e dei nazisti, nel corso degli anni precedenti e contemporanei alla seconda guerra mondiale, vengono subito in mente le immagini dei programmi di sterminio su vasta scala e delle camere a gas di Auschwitz e degli altri campi di concentramento. La storia dell’Olocausto tuttavia suggerisce che i nazisti utilizzarono metodi, attrezzature e gas che vennero messi all’opera per uno scopo diverso da quello per il quale erano stati progettati. Viene suggerito che, con delle modalità alquanto primitive, il personale dei vari campi di concentramento sviluppò metodi tra loro differenti per mettere all’opera quello che viene considerato un programma coordinato di sterminio degli ebrei. L’apparato nazista per la guerra chimica era il più progredito del mondo. Nei laboratori della Bayer, uno scienziato, Gerhardt Schrader, fece una scoperta fondamentale. Il 23 Dicembre del 1936, egli mise a punto una nuova sostanza chimica nell’ambito di uno studio sui potenziali 20 insetticidi. Durante l’esperimento, Schrader sperimentò il suo nuovo preparato sui pidocchi in bassissime concentrazioni. Tutti i pidocchi morirono in pochi secondi. Nel Gennaio del 1937, Schrader scoprì che il suo nuovo prodotto aveva spiacevoli effetti collaterali sugli esseri umani. Il prodotto che Schrader aveva sviluppato era il Tabun, il primo gas nervino del mondo. Il Tabun rappresentava un balzo in avanti esponenziale nel livello di tossicità dei gas velenosi. Anche in dosi molto piccole, l’inalazione o l’assorbimento, attraverso la pelle, del Tabun, colpiva il sistema nervoso centrale e provocava delle convulsioni e una morte quasi immediate. Il Tabun era così letale che presto divenne chiaro che non poteva essere utilizzato come insetticida. Schrader, tuttavia, contattò il ministero della guerra e vennero effettuati degli esperimenti per conto della Wehrmacht. Nel 1938, Schrader venne trasferito in una nuova sede per sviluppare nuovi preparati per la Wehrmacht. Egli scoprì ancora un altro preparato, a cui diede il nome di Sarin. Negli esperimenti iniziali del gas Sarin sugli animali, si scoprì che il Sarin era dieci volte più letale del Tabun. Con l’approssimarsi della guerra, i chimici tedeschi vennero attivamente impiegati nello sviluppo del gas Soman. Il Soman, un altro preparato chimico organico della famiglia del Tabun, venne valutato come 200 volte più letale del Tabun. Nonostante il livello di tossicità e le enormi scorte di questi mortiferi gas nervini, la storia dell’Olocausto si è sviluppata intorno all’utilizzo di due gas, il monossido di carbonio e lo Zyklon B. Questo composto venne sviluppato durante gli anni ’20; gli scienziati inventarono questo tipo di gas all’acido cianidrico per utilizzarlo come insetticida, specialmente come disinfettante per i magazzini di grano. Non vi sono dubbi che i sovietici scoprirono grosse quantità di Zyklon B quando giunsero a Auschwitz e a Majdanek, quantità che servivano a combattere il tifo piuttosto che a uccidere i detenuti. Similmente, i racconti dei motori dei sottomarini e dei carri armati catturati ai sovietici che emettevano le esalazioni diesel a scopo di sterminio appaiono essere nient’altro che un prodotto della propaganda di guerra. Se la classe dirigente nazista avesse voluto sterminare gli ebrei d’Europa, avrebbe avuto a disposizione mezzi molto più sofisticati e letali per attuare un tale piano. La storia ufficiale delle gasazioni dell’Olocausto richiede un’interruzione della ragione e una fede nell’assurdo. 21 ( Notare le macchie blu sui muri dovute all’utilizzo di zyklon B, 64 anni dopo il suo utilizzo) Sitografia Blog di Andrea Carancini: http://andreacarancini.blogspot.it/2009/01/i-gas-tossici-ela-storia-dellolocausto.html La Grande Guerra: http://www.lagrandeguerra.net/gggas.html Wikipedia: http://it.wikipedia.org Allzoon: http://www.allzoon.com/2010/02/il-veleno-delle-vipere-tossicologia-efarmacologia Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/ 22
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