Storia contemporanea - questionari Lezione 2 Cosa si intende per “Guerra Fredda”? Il periodo della Guerra Fredda è il periodo della minaccia di guerra fra gli USA e l‟URSS. Esso si estende dal lancio delle prime bombe atomiche (1944) al crollo dell‟URSS (1989); Il periodo della Guerra Fredda si divide in due metà: - L‟Età dell‟oro: (i decenni dai 50 ai primi anni ‟70) - I decenni della crisi: quelli che seguono Cosa si intende per “seconda” Guerra fredda? Quali furono le coincidenze storiche che la fecero “scoppiare”? La cosiddetta “seconda Guerra fredda”, si sviluppò a metà degli anni 70 e fu determinata da una crisi dell‟economia mondiale che raggiunse il suo apice nei primi anni ‟80 ma che, inizialmente, fu avvertita soltanto perché il prezzo del petrolio aumentò per iniziativa dei paesi produttori. Breznev, successore di Chruscev, fu contento di questo rialzo perché quadruplicò il valore dei nuovi depositi di petrolio e gas naturale scoperti in URSS negli anni ‟60. Gli USA, invece, erano impegnati nella Guerra del Vietnam. Il conflitto, iniziato dal tentativo della guerriglia comunista (Fronte nazionale di liberazione o Vietcong) di rovesciare il governo filo occidentale sudvietnamita, divenne internazionale quando i sudvietnamiti ottennero l‟appoggio degli Stati Uniti, mentre i nordvietnamiti quello dell‟Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese. Facoltà di Psicologia Tale guerra demoralizzò e divise gli USA, portandoli dopo dieci anni (1965-75) alla sconfitta e alla ritirata; dimostrò, inoltre, il loro isolamento, dato che nessun alleato inviò aiuti. L‟isolamento fu reso ancora più evidente dalla guerra dello Yom Kippur del 1973 tra l‟alleato Israele e l‟Egitto e la Siria riforniti dai sovietici. Gli alleati europei, con eccezione di Portogallo, si rifiutarono perfino di offrire le basi militari d‟appoggio. Essi erano più preoccupati per le forniture di petrolio dal Medio Oriente che per gli interessi degli USA: attraverso l‟OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries, nata nel 1960 e che includeva originariamente Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela), gli stati arabi del Medio Oriente avevano impedito l‟appoggio a Israele, tagliando le forniture e minacciando l‟embargo e rendendosi conto, in tal modo, della propria capacità di moltiplicare il prezzo del petrolio. In tutto questo, gli Stati Uniti erano impotenti. Tuttavia, Vietnam e questione petrolifera indebolirono sì gli USA ma non modificarono l‟equilibrio internazionale. Lo fece, tra il 1974 e il 1979, una nuova ondata di rivoluzioni: regimi in Africa, in Asia e perfino America vennero attratti nell‟orbita sovietica e misero a disposizione dell‟URSS basi militari, specie navali. La seconda guerra fredda fu il prodotto della coincidenza di questa nuova ondata di rivoluzioni con il senso di fallimento degli USA. In che modo la situazione internazionale incide sul sorgere della Guerra Fredda? La Guerra fredda, in particolare, è legata ai ricordi delle crisi che hanno determinato le guerre mondiali. I governi accettarono la divisione mondiale stabilita alla fine della guerra, ma si trattò di un equilibrio di forze ineguale: - L‟URSS controllava o godeva di un‟influenza importante nella zona occupata dalle forze militari comuniste e non cercò di estendersi; - Gli USA ottennero un‟egemonia economica su larga scala, prendendo il posto delle ex potenze coloniali (specialmente Inghilterra e Francia); - In Europa le linee di demarcazione furono tracciate nel periodo 1943-45, in seguito agli accordi tra l‟americano Roosvelt, l‟inglese Churchill e il russo Stalin. La situazione della Germania venne risolta con la spartizione della Germania e della capitale Berlino secondo le aree di occupazione a est e a ovest; L‟URSS non accettò l‟esistenza di Berlino ovest, ma non era disposta a combattere per cancellarla; - Al di fuori dell‟Europa la situazione era caratterizzata da minor certezza, eccetto il Giappone dove gli USA esercitavano un‟occupazione unilaterale; - I paesi del terzo mondo in genere, benché non nutrissero simpatie per USA e alleati, non erano comunisti ed in politica internazionale si definivano “non allineati”. Facoltà di Psicologia Le due superpotenze continuarono, durante la Guerra fredda, a competere per cercare alleati e esercitare maggiore influenza. Entrambe si fidarono della moderazione della controparte, perfino in guerra. L‟avvento del comunismo in Cina nel ‟49 preoccupa sia l‟America che l‟URSS, la quale vede il proprio dominio minacciato da distacchi (ad esempio: il dittatore Tito in Jugoslavia), ma il possesso di armi nucleari da parte di entrambe rende la guerra indesiderabile; si sceglie dunque la tattica della minaccia. Dopo che l‟URSS acquisì le armi nucleari (l‟atomica nel 1949 e la bomba H nel 1953)entrambe le superpotenze abbandonarono l‟idea della guerra, considerata giustamente suicida. La Guerra fredda si svolse, più che fra gli Stati, tra i loro servizi segreti: la fama di questi ultimi diede vita a un fervido immaginario che sfociò in quel tipico derivato letterario che è il romanzo di spionaggio. In realtà, le operazioni del KGB, della CIA e simili, sebbene spettacolari, erano di poco conto. Facoltà di Psicologia Perché l’alleanza antifascista tra capitalismo e comunismo si rompe nel dopoguerra? La maggioranza delle persone in occidente si aspettava nel dopo guerra una grave crisi economica, in analogia con ciò che era successo dopo la prima guerra mondiale. Pertanto i programmi postbellici americani furono molto tesi più a impedire un‟altra Grande crisi (come quella derivata dal crollo di Wall Street del ‟29) che un‟altra guerra, perché i paesi che avevano combattuto la guerra erano in macerie e i popoli erano affamati, disperati, radicalizzati e pronti ad ascoltare l‟appello proveniente dall‟URSS: quello della rivoluzione sociale e delle politiche economiche (come la pianificazione statale) incompatibili col sistema internazionale di libero mercato. Gli USA erano i soli a fronteggiare questa minaccia. La situazione sembrava sfavorevole ai politici moderati: i comunisti erano emersi più forti. Era naturale che l‟alleanza tra la potenza capitalista e quella socialista, che aveva avuto la sua ragion d‟essere nella sconfitta del fascismo, si rompesse. Tuttavia, la politica americana si spinse oltre ed evocò uno scenario da incubo, come nella campagna retorica di Kennedy del ‟60 (“la libertà nel nome di Dio contro una spietata tirannia atea”). Qual è la situazione politica ed economica dell’URSS alla fine della seconda guerra mondiale? L‟URSS, alla fine della II Guerra Mondiale, non aveva mire espansionistiche e non covava intenzioni aggressive: - smobilitò le sue truppe riducendo l‟Armata rossa; - I regimi satelliti controllati da Mosca non erano tenuti a edificare stati sul modello dell‟URSS ma un regime di democrazia parlamentare multipartitica. Coloro che rifiutarono questa linea furono quelli le cui rivoluzioni, scoraggiate da Stalin, sfuggirono al controllo moscovita, come nella Jugoslavia di Tito; Facoltà di Psicologia - Gli effetti della guerra erano disastrosi: l‟economia a pezzi; un governo che non aveva buoni rapporti con la popolazione diffidente; - Stalin era tanto avverso alle avventure rischiose al di fuori dell‟unione quanto spietato all‟interno; necessitava di aiuto economico e perciò non aveva interesse a contrastare l‟unica potenza che poteva concederglielo: gli USA; - Stalin, in quanto comunista, credeva che il capitalismo sarebbe sì stato sostituito dal comunismo, ma i dirigenti non lo consideravano in crisi, dato che gli USA godevano di ricchezza e potenza palesi; In considerazione di ciò l‟unico atteggiamento che si addicesse all‟URSS non era quello aggressivo ma difensivo. In cosa consiste l’idea di “contenimento” del comunismo da parte degli USA? Cosa si intende per “maccartismo”? Kennan fu il diplomatico americano che nel ‟46 ideò la politica di “contenimento” Egli vedeva nella Russia una società tesa alla ricerca della sicurezza mediante la lotta senza patti con le potenze rivali, arretrata e barbarica, governata da un senso di insicurezza, pronta all‟isolamento: uno stato, insomma, governato dalla logica della forza piuttosto che da quella della ragione. Il comunismo non poteva che rendere la vecchia Russia ancora più pericolosa in quanto ideologia utopistica votata alla conquista del mondo. Gli USA, dunque, avrebbero dovuto contenere i caratteri della politica e società russa con una resistenza senza compromesso, anche a prescindere dall‟esistenza del comunismo. Dal punto di vista di Mosca, la sola strategia per difendere la posizione di potenza internazionale era la stessa: niente compromessi. L‟URSS poteva essere disposta a ritirarsi da ogni posizione allo scoperto tranne gli accordi di Yalta del ‟43-45 che le assicuravano di confinare con Iran e Turchia. Facoltà di Psicologia Gli americani a loro volta godevano del nucleare, a differenza dell‟URSS, ma la loro superiorità non era schiacciante: non disponevano neppure degli aeroplani per eventualmente sganciare le loro dodici atomiche. Mentre gli USA erano preoccupati per la supremazia mondiale dell‟URSS, Mosca era preoccupata per l‟egemonia americana. Dal punto di vista sovietico la tattica più logica era l‟intransigenza, piuttosto che la guerra. Perché dunque lo scontro da “razionale” divenne “irrazionale”? Come gli URSS, gli USA rappresentavano un‟ideologia che molti americani ritenevano il modello da seguire: la democrazia. Mentre i dirigenti sovietici non dovevano ottenere il voto favorevole del Congresso per vincere le elezioni presidenziali o parlamentari, il governo statunitense sì. Per questo scopo un anticomunismo apocalittico si rivelava utile e perciò attirava anche quei politici che non erano convinti della retorica che usavano (ciò non toglie che alcuni finissero per farsi pervadere dall‟ossessione). Un nemico esterno era utile. L‟anticomunismo era un‟ideologia popolare in un paese costruito sull‟individualismo e sull‟impresa privata, dove la nazione stessa era definita esclusivamente nei termini di un‟ideologia (l‟americanismo) che poteva essere considerata l‟opposto del comunismo. Facoltà di Psicologia Non fu il governo a iniziare la caccia alle streghe contro i rossi, ma demagoghi, alcuni dei quali, come lo stesso senatore McCarthy (da cui il nome “maccartismo”), non erano neppure particolarmente anticomunisti, ma scoprirono l‟efficacia della dinamica del capro espiatorio esterno ed interno su vasta scala. Che differenza intercorre fra l’atteggiamento degli USA e dell’Europa nei confronti del comunismo? Tutti gli stati occidentali europei erano anticomunisti ma la preoccupazione della cospirazione comunista mondiale non era presente come negli USA. Solo negli USA i presidenti venivano eletti (come John Fitzgerald Kennedy nel 1960) per il loro impegno anticomunista, anche se la presenza del comunismo nel paese era assolutamente insignificante. In realtà, come dimostra la retorica dei discorsi elettorali di Kennedy (“torneremo ad essere i primi […] punto e basta”), in gioco non era la minaccia comunista ma il mantenimento della supremazia statunitense. I paesi aderenti alla NATO, benché tutt‟altro che soddisfatti della politica americana, erano pronti ad accettarla per protezione contro la potenza di un sistema politico ripugnante (l‟URSS) di cui non si fidavano. Ma non tutti volevano la distruzione del comunismo. Lezione 3 Quali sono i principali terreni dello scontro tra USA e URSS durante la Guerra fredda? Gli USA e l‟URSS durante la Guerra fredda furono entrambe impegnate in guerre importanti, ma non l‟una contro l‟altra. In particolare: Stati Uniti ed alleati intervennero: - in Corea nel 1950, per impedire al regime comunista del Nord di espandersi verso il Sud, col risultato di impedirne sì l‟espansione ma senza destabilizzare il regime. - in Vietnam (1965-75), con gli stessi obbiettivi ed una forte sconfitta. L‟URSS a sua volta: - dal 1980 al 1988 appoggiò l‟Afghanistan contro la guerriglia rifornita dai Pakistani e appoggiata dagli americani Le sconfitte subite erano segno che la costosa tecnologia bellica sviluppata dalle superpotenze non era decisiva. Perché i movimenti pacifisti vengono tacciati come comunisti? Quel che la costante minaccia nucleare produsse fu il sorgere di movimenti pacifisti internazionali che vennero considerati dalla retorica (convinta o meno) della Guerra fredda armi segrete dei comunisti. Uno specifico movimento pacifista, quello dei giovani americani contro coscrizione obbligatoria per il Vietnam, si rivelò abbastanza importante. Ciò che questi movimenti lasciarono dietro di sé alla fine della Guerra fredda fu un novero di effetti secondari come, ad esempio, il simbolo antinucleare nelle controculture post-sessantottine o il pregiudizio ambientalista contro ogni tipo di energia nucleare. Perché la politica del blocco sovietico è più stabile di quella dei paesi sotto l’influenza nordamericana? Come cercano gli USA di rimediare a questo? A quali forze fanno appello? Al fine di rendere la politica del blocco comunista monolitica, L‟URSS: - eliminò i non comunisti dalle “democrazie popolari multipartitiche” dell‟Europa orientale, che furono ribattezzate come “dittature del proletariato” (cioè, di fatto, dittature dei partiti comunisti). - Istituì un‟internazionale comunista ristretta ed eurocentrica (Cominform o Ufficio di informazione dei partiti comunisti) per contrastare gli USA, che si sciolse nel 1956. - Il controllo sovietico stringeva l‟Europa orientale a eccezione della Finlandia, dove il partito comunista fu estromesso dal governo (forse Stalin non è intervenuto per evitare una guerra). Al fine di rimediare a tale situazione gli USA: - adottarono le misure di semplificare la situazione interna del Giappone e dell‟Italia, creando un sistema retto da un solo partito: - a Tokyo, in particolare, incoraggiarono la fondazione del partito liberaldemocratico; - in Italia, invece insistendo per l‟esclusione dell‟opposizione comunista dal potere, consegnarono il paese in mano ai democratici cristiani, sostenuti a seconda delle occasioni da diversi partiti minori (liberali, repubblicani, ecc.). Dall‟inizio degli anni ‟60 il solo partito con una certa consistenza, quello socialista, si aggregò alla coalizione governativa, disimpegnato dopo il 1956 dall‟alleanza coi comunisti. La conseguenza in entrambi i paesi fu di rendere stabilmente i comunisti in Italia e i socialisti in Giappone i più importanti partiti di opposizione, e di insediare un regime governativo di corruzione istituzionale su vasta scala: quando questa venne alla luce nel 1992-93, lasciò di stucco gli italiani (operazione “mani pulite”) e anche i giapponesi. Quel che gli USA avevano ottenuto era un sistema immobile di relazioni tra governi e opposizioni. Cos’è la Comunità Europea? Perché nasce? Quali incertezze la caratterizzano? La Comunità Europea, è l‟effetto più evidente della guerra fredda sulla politica internazionale europea. Essa fu una forma di organizzazione politica, di integrazione economica e in parte giuridica di un certo numero di stati nazionali indipendenti. Inizialmente, nel 1957, la Comunità Europea comprendeva sei stati (Francia, Repubblica federale tedesca, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo). Ad essi se ne sono aggiunti altri sei tra il ‟73 e l‟86 (Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Portogallo, Danimarca, Grecia) e infine altri tre nel ‟95 (Austria, Finlandia, Svezia). Attualmente sono 27, a causa dell‟entrata di Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Cipro, Bulgaria, Romania. Facoltà di Psicologia In teoria la comunità europea è impegnata a perseguire un‟integrazione politica ed economica ancor più stretta, che deve condurre ad una permanente unione politica federale o confederale. Essa fu creata sia (indirettamente) dagli USA, sia contro di essi. Ciò dimostra sia il potere degli Stati Uniti che le loro ambiguità e limiti, nonché la forza delle paure che tenevano insieme l‟alleanza: - la Francia continuava ad aver paura della Germania, memore delle aggressioni belliche; - a oriente, si temeva l‟URSS; - a occidente, gli USA. In breve, la Comunità europea costituiva un‟alternativa al piano americano. F Cos’è il Piano Marshall? Qual è il suo fine? il Piano Marshall è un programma massiccio di aiuti per la ricostruzione dell‟Europa lanciato dagli americani nel 1947 per rimettere in moto un‟economia mondiale nella quale gli USA avrebbero assunto il ruolo di leader. Nel 1946 - 47, infatti, la situazione dell‟Europa occidentale sembrava così tesa che il governo di Washington capì che la priorità assoluta era quella di far sviluppare l‟economica europea e più tardi quella giapponese. Il Piano, in particolare, assunse la forma di concessione di sovvenzioni e non di prestiti. Facoltà di Tuttavia, l‟originale piano di un‟economica mondiale basata sul libero commercio, sulla convertibilità monetaria e sui liberi mercati dominati dagli USA si rivelò irrealistico perché Europa e Giappone avevano difficoltà a gestire i pagamenti. L‟imposizione del modello americano, inoltre, non piaceva né agli inglesi né ai francesi. Il meglio che i francesi potessero fare in tal caso era intrecciare i loro interessi con quelli tedeschi, in modo da rendere impossibile un eventuale conflitto; per tale scopo imposero una propria versione della coalizione europea: la Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio (1950) che si sviluppò poi nella Comunità economica europea o Mercato comune europeo (1957), più tardi semplicemente Comunità europea e, dal 1993, Unione europea. I suoi quartieri generali erano a Bruxelles, ma il suo nucleo nell‟unità franco - tedesca. La fine della Guerra fredda e la riunificazione tedesca del 1990 ne avrebbero minato le fondamenta. Gli USA erano, in ogni caso, forti abbastanza da dettarne la condotta internazionale: la Germania venne riarmata, le tentazioni di un neutralismo europeo represse e l‟unico tentativo da parte di Francia e Regno Unito di impegnarsi indipendente dagli USA, cioè la guerra di Suez contro l‟Egitto nel 1956, fatta abortire. Cosa succede agli USA dagli anni ’60 in poi? Prima degli anni 60, con l‟oro di Fort Knox, quasi i tre quarti delle riserve auree mondiali, la stabilità del dollaro era garantita. Tuttavia, dagli anni ‟60 il valore della moneta iniziò comunque a scendere, per cui l‟Europa preferì scambiare coi lingotti la cartamoneta svalutata. L‟oro uscì fuori dall‟America e il suo prezzo salì: dagli anni ‟60 la stabilità del dollaro e dell‟economia internazionale non si basò più, dunque, sulle riserve auree degli USA, ma sulla disponibilità delle banche centrali dei paesi europei ad associarsi per stabilizzare il prezzo dell‟oro nel Consorzio aureo. Tale Consorzio non durò che fino al 1968: così ebbe termine la stabilità monetaria. Da questo momento fino alla fine della Guerra fredda, l‟egemonia economica statunitense andò scemando, quasi fino a scomparire. Significativamente, la guerra del Golfo nel 1991 contro l‟Iraq, non potendo essere pagata dagli USA, fu pagata dai altri paesi che li sostennero. Lezione 4 In che circostanza storica la Guerra fredda conobbe un abbassamento dei toni? Quali leader si fronteggiavano e che tipo di politica conducevano? L‟abbassamento dei toni della Guerra Fredda avvenne nei primi anni ‟60, grazie ad un periodo di prosperità vissuto dall‟Europa occidentale. I leaders che si fronteggiavano in tale periodo erano Chruscev in Unione sovietica e Kennedy negli USA. Chruscev, in particolare, alla fine degli anni 50, favorì in URSS una politica di riforme votata alla coesistenza pacifica, svuotò i campi di concentramento (gulag) e dominò la scena internazionale. Tuttavia, vi fu un certo attrito tra i bluff e l‟impulsività di Chruscev, da un lato, e la politica dimostrativa di John F. Kennedy, dall‟altro. Facoltà di Psicologia In quest‟epoca, al mondo capitalista sembrava di perdere terreno di fronte alle economie comuniste, la cui crescita durante gli anni ‟50 era simboleggiata dal lancio di satelliti spaziali sovietici e dal successo del comunismo a Cuba. L‟URSS, a sua volta, era preoccupata non solo dalla retorica di Washington ma anche della rottura con la Cina, che accusava Mosca di capitalismo, costringendo Chruscev ad un atteggiamento intransigente con l‟Occidente. L‟improvvisa decolonizzazione nel Terzo mondo, inoltre, sembrò favorire i sovietici, che da sempre si erano schierati con i popoli colonizzati. Facoltà di Psicologia Le due superpotenze si fronteggiarono a Berlino, nel Congo e a Cuba, risolvendo le questioni in modo pacifico: il Muro di Berlino, eretto nel 1961, chiuse l‟ultima frontiera che era rimasta incerta tra l‟Est e l‟Ovest; gli USA accettarono un paese comunista come Cuba alle porte di casa; i focolai di guerriglia nell‟America latina e in Africa si estinsero; Nel 1963 si installò una linea telefonica “calda” che collegò direttamente la Casa Bianca e il Cremino. Kennedy fu assassinato nel 1963; Chruscev si ritirò nel 1964 dall‟apparato sovietico, che preferiva una politica meno impetuosa. Che peculiarità aveva la politica di Breznev e cosa comportò per l’URSS? Perché? La politica dell‟URSS brezneviana degli anni ‟70 fu caratterizzata dall‟autocompiacimento. di Psicologia In questa fase, la nuova ondata di rivoluzioni contro i regimi conservatori di cui gli USA erano i difensori diede all‟URSS la possibilità di riprendere l‟iniziativa: i territori ex-portoghesi passarono sotto il controllo di movimenti comunisti; l‟Etiopia conobbe una rivoluzione filosovietica; la flotta sovietica acquisì nuove basi sull‟oceano Indiano; lo scià (imperatore) dell‟Iran cadde. In realtà, il regime brezneviano si era nel frattempo rovinato da solo, perseguendo un programma di armamenti che per vent‟anni, a partire dal 1964, aveva fatto crescere le spese militari del 4-5%. Tale corsa insensata dava la soddisfazione di raggiungere nel 1971 la parità con gli USA e nel 1976 il 25% di superiorità, eccezion fatta per il nucleare. Lo sforzo per distribuire le forze marittime in tutto il mondo fu anch‟esso irragionevole strategicamente, ma comprensibile come gesto politico: l‟URSS non accettava più di essere confinata. Facoltà di Psicologia In termini reali, la potenza statunitense rimaneva la più grande. Economicamente e tecnologicamente la superiorità occidentale e giapponese era incalcolabile. I sovietici, inflessibili, continuavano a rallegrarsi di produrre, durante gli anni ‟80, l‟80% in più di acciaio, il doppio di ghisa e cinque volte più trattori degli USA, non realizzando che l‟economia mondiale dipendeva dal silicone e dall‟elettronica. Gli scenari nucleari creati dal nulla, nel frattempo, ebbero l‟effetto di convincere i sovietici che un attacco da parte occidente era imminente e innescarono il più grande movimento europeo pacifista e antinucleare di massa di tutta l‟epoca della Guerra fredda, cioè la campagna contro il dispiegamento di nuovi missili in Europa. Facoltà di Psicologia Sul fronte americano, profondi traumi e un senso di disfatta e impotenza avevano lacerato le istituzioni negli anni ‟70, considerate anche le vicende in cui è stato coinvolto il presidente repubblicano Nixon (1968-74) con lo scandalo Watergate (la scoperta di un'incursione spionistica segreta effettuata da personalità legate al partito repubblicano negli uffici del comitato elettorale degli avversari democratici, all‟hotel Watergate di Washington). Come reagì politicamente l’occidente di fronte alla crisi che iniziò negli anni ’70? L‟equilibrio mondiale, alla fine degli anni ‟70 era stato ripristinato quando la NATO, l‟organizzazione militare antisovietica nata nel 1949, aveva iniziato il programma di riarmo degli alleati. Inoltre, i nuovi regimi di sinistra in Africa erano stati tenuti sotto controllo da movimenti o stati appoggiati dagli USA: l‟iniziativa aveva avuto successo nell‟Africa centrale e meridionale, poiché poteva contare sull‟appoggio del regime razzista sudafricano, mentre nel Corno d‟Africa no (in entrambe le aree, i russi si avvalevano dell‟aiuto di forze cubane, con l‟impegno di Fidel Castro per la rivoluzione nel Terzo mondo). In che senso il contributo di Reagan alla Guerra fredda fu di tipo ideologico? Il contributo di Reagan alla Guerra fredda fu ideologico e rientrò nella più generale reazione occidentale all‟epoca di incertezze iniziata negli anni „70. La Guerra fredda reaganiana, si svolse non solo contro l‟Impero del Male comunista, ma anche, all‟interno, contro la memoria di Roosevelt (19331945), il quale aveva promosso, all‟interno del sistema capitalistico, uno stato assistenziale e dall‟economia pianificata, su ispirazione dell‟economista Keynes. Il nuovo nemico divenne, insomma, il liberalismo sociale e politico, ovvero lo stato assistenziale e ogni altra forma di interferenza statale nell‟iniziativa privata. Facoltà di Psicologia In realtà, Reagan credeva effettivamente in una coesistenza tra USA e URSS che non si fondasse sull‟equilibrio nucleare; sognava un mondo privo di armi, così come anche il nuovo segretario generale del Partito comunista dell‟URSS, Michail Sergeevic Gorbacev (1985-91). Quando, come e per opera di chi finì la Guerra fredda? La guerra fredda finì quando entrambe le potenze riconobbero l‟assurdità della corsa nucleare e accettarono di credere nel desiderio dell‟altra di porvi fine. Tale atto era più facile per un sovietico perché la Guerra fredda non era mai stata vista da Mosca nei termini da “crociata” statunitensi; i sovietici non dovevano fare i conti con un‟opinione pubblica in stato di eccitazione. Gorbacev ebbe successo nel convincere gli americani e gli altri occidentali. A sua volta, l‟idealismo di Reagan seppe vincere l‟influenza dei personaggi bellicosi che lo circondavano: la Guerra fredda finì dunque coi due vertici di Reykjavik (1986) e di Washington (1987). Cosa successe all’area socialista con la distensione? Ciò che sconfisse l‟URSS non fu la guerra, ma la distensione. In ogni caso, la Guerra fredda non si poteva riconoscere finita finché l‟URSS non avesse cessato di essere una potenza: il complesso militar-industrale continuò a funzionare. Dopo la guerra fredda, le prospettive del socialismo come alternativa al capitalismo dipendevano dalla sua capacità di competere economicamente, ma già dal 1960 il divario era incolmabile. Quanto alla tecnologia, il confronto era improponibile. A minare il socialismo fu la combinazione tra i difetti economici e l‟invasione da parte dell‟economia capitalistica. Fu l‟interazione dell‟economia sovietica con quella capitalista dagli anni ‟60 che sancì la crisi della prima. Quali furono i tre effetti principali della fine della Guerra fredda? In primo luogo, la guerra fredda aveva oscurato tutte le rivalità internazionali precedenti la seconda guerra mondiale, tranne quella tra comunismo e capitalismo. Alcuni conflitti erano scomparsi perché gli imperi coloniali erano svaniti; altri perché, rispetto a USA e URSS, le potenze coinvolte erano di secondo piano. Francia e Germania occidentale non si fecero guerra dopo il 1947 non perché il conflitto fosse impensabile, ma perché entrambe appartenevano allo schieramento occidentale e perché Washington non avrebbe permesso alla Germania iniziative bellicose. Facoltà di Psicologia In secondo luogo, la guerra fredda aveva congelato la situazione internazionale, stabilizzandola. Stabilità non significò pace: gli anni tra il 1948 e il 1989 furono dominati da conflitti armati seri, seppur controllati o soffocati per timore di una guerra aperta. Le politiche vennero congelate solo in casi particolari: in Italia, Cile o Guatemala gli USA non potevano permettere andassero al governo comunisti o filocomunisti; l‟URSS non poteva non inviare truppe nei paesi dissidenti come Ungheria o Cecoslovacchia. Il blocco sovietico, con minore varietà di partiti, conobbe fratture: prima del 1970, l‟URSS aveva già perso il controllo su Jugoslavia, Albania e Cina; inoltre doveva sopportare il comportamento individualistico dei leader cubano e rumeno. Nel Terzo mondo, infine, solo alcuni paesi tolleravano l‟esistenza legale di partiti comunisti. A eccezione della Cina, nessuno stato importante mutò schieramento se non in seguito a una rivoluzione. Perfino gli alleati degli USA che si sentivano soffocati non abbandonarono lo schieramento. In tale contesto, entità politiche altrimenti incapaci di sopravvivere in ambito internazionale riuscirono a preservarsi, come ad esempio i regimi dell‟Arabia saudita e del Kuwait. Facoltà di Psicologia In terzo luogo, la guerra fredda ha riempito il mondo di armi. La tendenza, nel frattempo diffusasi, alla costruzione di governi retti da militari, procurò un mercato fiorente, alimentato non solo dalla spesa delle superpotenze, ma anche, dopo la rivoluzione dei prezzi petroliferi, dalle entrate locali di sultanati e sceiccati un tempo depressi. Tutti esportavano armi: le economie socialiste e alcuni stati capitalisti in declino come la Gran Bretagna avevano poche altre esportazioni competitive. La fine della Guerra fredda rimosse, insomma, i sostegni e le strutture dei sistemi di politica interni dei vari paesi. Rimase un mondo nel disordine e nel collasso. L‟idea di un “nuovo ordine mondiale” basato sull‟unica superpotenza rimasta si rivelò anacronistica, perché molto era cambiato dal secondo dopoguerra. Allora, gli USA avevano riconosciuto la necessità di ricostruzione delle economie perché il pericolo era facilmente identificato nell‟URSS. Una volta crollato questo pericolo, le conseguenze politiche non risultarono così chiare: le economie capitalistiche non considerarono questa come un‟emergenza globale, pertanto reagirono con lentezza. Lezione 5 Cosa si intende per “Età dell’oro”? È un‟età di boom economico sviluppatasi negli anni ‟50, soprattutto l‟area capitalistica e caratterizzata da un‟estensione dell‟opulenza e dello stile di vita nordamericani; Cosa fu l’Età dell’oro per gli Stati Uniti? E per il resto del mondo? Perché e in che senso si tratta di un fenomeno mondiale? L‟età dell‟oro per gli USA non fu così rivoluzionaria: essa infatti continuò l‟espansione degli anni di guerra, che erano stati favorevoli solo per loro, mentre gli altri paesi partivano da una base più modesta. Fra 1950 e 1973 l‟economia americana, infatti, crebbe più lentamente di ogni altra (a eccezione della Gran Bretagna), subendo un ritardo. F L‟età dell‟oro riguardò paesi capitalistici sviluppati, tre quarti della produzione mondiale e più dell‟80% dell‟esportazione di prodotti finiti ed in tal senso si trattò di un fenomeno mondiale. Negli anni ‟50 la crescita sembrava mondiale e indipendente dal regime economico, nonostante l‟area socialista (Secondo mondo) crescesse più velocemente (ad eccezione della Germania dell‟Est, in ritardo rispetto a quella federale). In ogni caso, il capitalismo (Primo mondo) rimase sempre in testa. Si trattò di un fenomeno mondiale, benché l‟opulenza non sia stata intravista dalla maggioranza della popolazione mondiale. In che modo il Terzo mondo fu interessato dall’Età dell’Oro? Facoltà di Psicologia Nel Terzo mondo, durante l‟età dell‟oro, a crescere fu la popolazione: africani e asiatici del Sud e dell‟Est raddoppiarono di numero; i latinoamericani aumentarono in misura ancor maggiore e ciò causò, negli anni ‟70 e ‟80, un ritorno della carestia di massa. L‟aspettativa di vita, in generale, si allungò di diciassette anni rispetto agli anni ‟30 e la produzione alimentare crebbe più in fretta della popolazione, ma negli anni ‟70 l‟Africa conobbe un ritardo nella produzione alimentare che raggiunse lo stallo negli anni ‟80. A quel punto, i paesi sviluppati, che producevano un‟eccedenza ingestibile di alimenti,decisero di ridurre la produzione e di esportare alimenti sotto costo, rovinando in tal modo i produttori dei paesi poveri. Facoltà di Psicologia L‟industria, a sua volta, si stava espandendo ovunque. Vi furono spettacolari rivoluzioni industriali, come in Spagna e Finlandia. Nei paesi del socialismo reale, paesi agricoli come Bulgaria e Romania subirono una massiccia industrializzazione. Nel Terzo mondo, ciò avvenne dopo l‟Età dell‟oro. Alla fine degli anni ‟80 appena quindici stati pagavano le importazioni grazie alle proprie esportazioni agricole. Perché in un primo momento l’attenzione nei confronti dell’inquinamento fu marginale? In che circostanza storica essa diventò più sentita? In che senso si può parlare di un “nuovo” inquinamento, rispetto a quello ottocentesco? L‟inquinamento e la degradazione ambientale, conseguenze immediate dell‟industrializzazione mondiale, non furono subito notate, se non solo da pochi fautori entusiasti della natura incontaminata e di coloro che si occupavano della protezione delle specie animali o della tutela di tradizioni culturali minacciate di estinzione. L‟ideologia dominante, basata sul concetto di progresso, dava per scontato che il crescente dominio della natura desse la misura del progresso dell‟umanità. Ciò anche in area socialista, dove l‟industrializzazione forzata fu cieca alle conseguenze di un sistema arcaico, basato sul carbone e sull‟acciaio. Facoltà di Psicologia Perfino in Occidente, il vecchio motto degli imprenditori dell‟Ottocento “Sotto la sporcizia c‟è qualcosa che luccica” (l‟inquinamento porta denaro) restava convincente, soprattutto per gli speculatori immobiliari: in un‟età di boom, ad essi bastava aspettare che il valore di un terreno edificabile o di uno stabile salisse alle stelle, in virtù della crescita della domanda. Tale meccanismo condusse, alla fine, ad un blocco della domanda e ad un crollo dei prezzi: a quel punto, i centri delle città furono sventrati e valorizzati, a costo di distruggere centri storici sedi di cattedrale come Worcester in Gran Bretagna o capitali coloniali spagnole come Lima in Perù. Da quanto le autorità scoprirono la possibilità di applicare metodi industriali per la rapida edificazione di alloggi popolari a basso costo, le periferie delle città si riempirono di squallidi palazzoni che faranno passare alla storia gli anni ‟60 come il decennio più disastroso nella storia dell‟urbanizzazione. Facoltà di Psicologia Gli effetti dell‟inquinamento ottocentesco erano scomparsi: la messa al bando del carbone a Londra nel 1953 aveva dissipato la nebbia; i salmoni tornavano nuotare di nuovo nel Tamigi; aziende più piccole, pulite e silenziose si distribuivano nella campagna; gli aeroporti sostituivano le stazioni ferroviarie; mentre la campagna si svuotava, alcune famiglie si trasferivano in villaggi o in fattorie abbandonate. Tuttavia, l‟impatto ambientale crebbe, in gran parte per colpa dei combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale…) che, dopo un‟iniziale preoccupazione circa il loro potenziale esaurimento, vennero consumati in misura crescente dopo la scoperta di nuovi giacimenti. Una delle ragioni che rese opulenta l‟Età dell‟oro fu appunto che il prezzo di un barile di petrolio saudita ammontò in media a meno di due dollari per tutto il periodo, rendendo basso il costo dell‟energia e facendolo calare. Facoltà di Psicologia Per ironia della storia, solo dopo il 1973, cioè quando l‟OPEC, il cartello dei produttori di petrolio, aveva deciso di aumentare i prezzi fino al massimo livello sopportabile dalle economie dei compratori occidentali, gli ecologisti si accorsero degli effetti ambientali del traffico, che aveva annerito i cieli delle città. La preoccupazione immediata fu per lo smog, ma una minaccia peggiore era rappresentata dalla produzione in crescita di agenti chimici che intaccano lo strato dell‟ozono. In questo, i paesi ricchi dell‟Occidente erano campioni, mentre l‟URSS continuava ad inquinare in maniera più visibile ma meno fatale, a causa della sua tecnologia arretrata. Quale modello di produzione è stato esportato dagli USA nel mondo? Per cosa viene impiegato? Che cambiamento apportano i beni “di massa” alla vita quotidiana? Il modello di produzione di massa inventato dall‟americano Henry Ford (fondatore della Ford), ovvero la catena di montaggio. Beni e servizi il cui godimento era limitato vennero prodotti per un mercato di massa, come il turismo verso i paesi tropicali. Divenne alla portata di tutti il frigorifero, la lavatrice, il telefono, insomma vivere come solo i veri ricchi avevano vissuto all‟epoca dei genitori. La servitù venne rimpiazzata dagli elettrodomestici. Facoltà di Psicologia La crescita economica sembrò alimentata da quella tecnologica. I nuovi prodotti creati non erano neppure immaginabili prima: alcuni, come le “plastiche” (nylon, polistirolo, ecc.) vennero inventati fra le due guerre mondiali; altri, come televisore e registratore, erano appena usciti dalla fase sperimentale. La guerra, con la sua domanda di alta tecnologia, portò a numerosi sviluppi tecnologici che ebbero poi un uso civile. Senza di essa il transistor (meccanismo fondamentale delle radio, inventato nel 1947) e i primi calcolatori digitali civili (1946) sarebbero comparsi più tardi. L‟uso dell‟energia nucleare rimase invece al di fuori dell‟economia civile, tranne lo scarso contributo delle centrali termoelettriche (5% nel 1975). Che evento storico scatena il terremoto tecnologico nell’età dell’oro? Quali sono le principali conseguenze di tale rivoluzione? In primo luogo, il terremoto tecnologico trasformò la vita quotidiana dell‟uomo, perfino nei paesi poveri, dove la radio raggiunse i più remoti villaggi. La maggior parte dei cibi venne ottenuta con metodi nuovi: cibo congelato; uova e pollame d‟allevamento; carne imbottita di agenti chimici che alterano il sapore o la assemblano in modo da simulare tagli di qualità; prodotti freschi importati da aree lontane; diminuzione di ingredienti naturali o tradizionali, ecc. Quanto ai prodotti, gli LP comparvero nel 1948, le radioline nei ‟50, le audiocassette nei ‟60: centrale è il processo di miniaturizzazione, cioè il carattere portatile che ha esteso il potenziale utilizzo dei prodotti e quindi il mercato. Facoltà di Psicologia In secondo luogo, più complessa la tecnologia, più lunga e dispendiosa era la strada che portava dalla scoperta/invenzione alla produzione. Il settore “Ricerca e sviluppo” diventò un settore essenziale per la crescita economica e il vantaggio delle economie di mercato ne uscì rafforzato: le innovazioni tecnologiche non fiorirono nelle economie socialiste. Il tipico paese sviluppato aveva più di mille scienziati e ingegneri per ogni milione di abitanti negli anni ‟70. Il costo per sviluppare nuovi prodotti divenne una quota sempre più grande e indispensabile. Nel caso dell‟industria bellica, dove l‟obiettivo non era il profitto, i vecchi dispositivi venivano continuamente rinnovati, con beneficio per le aziende. Nelle industrie rivolte al mercato, come quelle chimico-farmaceutiche, una nuova medicina di cui ci fosse necessità, specialmente se protetta con brevetti, poteva creare profitti altissimi, giustificati come essenziali per ulteriori ricerche. Innovatori meno protetti dovevano accumulare più in fretta, perché appena qualche prodotto simile entrava sul mercato, il prezzo crollava. Facoltà di Psicologia Infine, le nuove tecnologie erano in gran parte ad alta densità di capitale e, tranne che per i lavoratori altamente specializzati, sostituivano la manodopera. Non c‟era bisogno di uomini, tranne che di consumatori. Questa dinamica non apparve evidente: l‟economia crebbe così velocemente che le fabbriche incamerarono sempre più manodopera. Le donne sposate, fino ad allora escluse dal mondo del lavoro, vi fecero il loro ingresso. Tuttavia, l‟ideale tecnologico rimaneva quello della produzione e erogazione di servizi automatizzati: robot che assemblano automobili, stanze di computer che controllano l‟energia, treni senza conduttori. La contraddizione di quest‟economia è quella di prevedere la presenza dell‟uomo solo in quanto consumatore, ma nell‟Età dell‟oro la prospettiva era irreale. Lezione 6 Cosa sono le “onde di Kondrat’ev”? Secondo l‟analisi dell‟economista russo degli anni 20 Kondrat‟ev, l‟Età dell‟oro può essere vista come un momento di fluttuazione ascendente, quindi di crescita, nel contesto dell‟alternanza di “onde lunghe” 50/60 anni che caratterizzano l‟economia fin dal „700. Perché l’Età dell’oro rappresenta un caso particolare nel contesto dell’andamento economico dal Settecento in poi? Quali sono le concause di tale peculiarità? Secondo Kondratev, la successione di “onde lunghe” della durata di quasi mezzo secolo ha costituito il ritmo basilare della storia del capitalismo. L‟Età dell‟oro era solo un‟altra oscillazione verso l‟alto, come il boom vittoriano degli anni 1850-73 (curiosamente le date coincidono quasi, a distanza di un secolo). Come quest‟ultima età, anche quella dell‟oro fu preceduta e seguita da ricadute, ma la sua peculiarità sta tutta nella straordinaria dimensione della crescita: un fenomeno che non ha avuto spiegazioni soddisfacenti. Facoltà di Psicologia La responsabilità dell‟ampiezza del boom può essere in parte attribuita a quei paesi dell‟area occidentale che dovevano colmare il loro ritardo nella crescita per raggiungere gli USA, scosso solo brevemente dalla Grande crisi. Nell‟imitarli, essi innescarono un processo che accelerò lo sviluppo economico. In che senso durante l’Età dell’oro il capitalismo viene riformato? La riforma del capitalismo durante l‟età dell‟oro consistette nella creazione di un‟economia mista che consentì agli stati e ai loro governi di pianificare e gestire dall‟alto le finanze e l‟industrializzazione. Quali sono le critiche dei neoliberisti a questo nuovo modello economico dell’economia mista e quando vengono prese in considerazione? Il capitalismo postbellico fu una sorta di matrimonio fra il liberalismo economico, la socialdemocrazia (che negli USA aveva assunto la forma del New Deal di Roosevelt, il piano di riforme economiche e sociali promosso fra il 1933 e il 1937 per contrastare la depressione del 29) con aspetti della politica economica dell‟URSS, che per prima aveva praticato la pianificazione economica. Fu questa la ragione che provocò la reazione da parte dei teologi del libero mercato negli anni ‟70 e ‟80, quando le politiche basate su quel connubio non furono più sorrette dal successo economico. Facoltà di Psicologia Uomini come l‟economista austriaco Friedrich von Hayek (1899-1992) non si erano mai dimostrati disposti a farsi convincere che le attività economiche che interferivano col laissez-faire neoliberista funzionassero. In realtà, tali uomini erano fedeli di una vera e propria religione economica e credevano nell‟equazione “libero mercato= libertà individuale”; di conseguenza, condannavano ogni azione che si scostasse da questo principio come La via della servitù (titolo di uno dei testi fondamentali del filosofo), perfino durante la crisi del „29. Facoltà d Fra gli anni ‟40 e ‟70 nessuno, comunque, prestò loro orecchio. La riforma del capitalismo è stato un evento deliberato, non casuale. Gli uomini (le donne non erano ancora in posizioni di potere) che delineavano i principi dell‟economia postbellica avevano tutti vissuto la grande crisi. Alcuni, come l‟economista britannico John Maynard Keynes (1883 –1946), avevano partecipato alla vita pubblica da prima del 1914: se non fossero bastati gli anni ‟30 per destare un appetito di riforma, i rischi nel lasciare il capitalismo in balia di se stesso erano palesi a chi aveva combattuto contro Hitler, figlio per antonomasia della Grande crisi. Perché teorici e politici hanno urgenza di riformare il capitalismo? Che diagnosi storica compiono nel loro mettersi all’opera? Quali erano i principi e le convinzioni che guidavano questi uomini? 1) la catastrofe delle due guerre mondiali era stata causata in gran parte dal tracollo del sistema finanziario e commerciale mondiale e dalla conseguente frammentazione del mondo in economie o imperi nazionali che aspiravano all‟autarchia; 2) il sistema mondiale era stato un tempo stabilizzato dall‟egemonia o almeno dalla centralità dell‟economia britannica e della sua valuta, la sterlina. Tra le due guerre la Gran Bretagna e la sterlina non erano più forti abbastanza e soltanto gli USA e il dollaro potevano sostituirle; 3) la crisi era stata causata dal fallimento di un libero mercato senza freni. Doveva pertanto essere integrato dalla programmazione pubblica e dalla gestione direttiva; 4) per ragioni sociali e politiche, si doveva operare affinché la disoccupazione di massa non tornasse più, in quanto era stato tale vissuto traumatico a fomentare il disagio sociale e quindi le derive nazionalistiche e bellicistiche del fascismo e del nazionalsocialismo. Facoltà di Psicologia Le classi dirigenti al di fuori dei paesi anglosassoni potevano fare poco per la ricostruzione del sistema della finanza e del commercio mondiali, ma trovavano congeniale ripudiare il vecchio liberismo. Che atteggiamento assumono i partiti socialisti e i sindacati nei confronti del nuovo capitalismo? i partiti socialisti e i movimenti sindacali si adattarono al capitalismo riformato, perché non avevano alcuna propria politica economica (solo i comunisti ne avevano una, ma consisteva nell‟imitare il centralismo dell‟URSS). La sinistra si “limitò” a battersi per migliorare le condizioni delle classi lavoratrici che costituivano la sua base elettorale e nel promuovere riforme sociali. Non disponeva di soluzioni alternative, al di fuori di un‟utopica e irrealizzabile abolizione del capitalismo, che nessun governo socialdemocratico sapeva come abolire né tentò di abolire. Insomma, le sinistre dovettero fare affidamento su un‟economia capitalistica forte e capace di creare ricchezza anche per finanziare i loro scopi. Cosa rende possibile, in sostanza, l’Età dell’oro? L‟età dell‟oro rende possibile l‟instaurarsi di una economia “mista”. In tale perido, campioni del liberalismo economico, fautori del libero mercato che un tempo si scagliavano contro Keynes, divennero sostenitori della pianificazione economica e diressero l‟economia semisocialista. Per circa trent‟anni ci fu consenso tra teorici e dirigenti occidentali: l‟Età dell‟oro sarebbe stata impossibile senza questo consenso sul fatto che l‟economia dell‟impresa privata o “libera impresa” aveva bisogno di essere salvata da se stessa. Il termine “capitalismo”, addirittura, venne evitato nei discorsi pubblici perché nella mentalità collettiva finì per essere associato ad idee negative, come anche “imperialismo”. Giudicare l‟impatto reale delle politiche economiche è compito arduo: gli economisti sono ancora discordi nella discussione sui meriti delle politiche intraprese per “salvare” gli stati dai mali che hanno inaugurato il Secolo. Facoltà di Psicologia Lezione 7 Quali istituzioni finanziarie prevede l’ONU e quale funzione hanno, di diritto e di fatto? Nel 1945 una conferenza di 50 paesi dava origine alle Nazioni Unite (ONU), oggi la più estesa organizzazione internazionale, finalizzata ad una cooperazione mondiale per un nuovo ordine nel rifiuto della guerra. Il piano originale contemplava l‟esistenza di istituzioni ideate un anno prima, durante la conferenza di Bretton Woods del 1944, cioè il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, con lo scopo originario di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella seconda guerra mondiale. Tuttavia, la pressione Guerra Fredda modificò l‟assetto dell‟ONU e sia l‟FMI che la Banca mondiale divennero subordinati di fatto alla politica statunitense. Facoltà di Psicologia Altri punti del programma furono realizzati solo parzialmente: la proposta Organizzazione internazionale del commercio, ad esempio, finì col diventare una struttura per ridurre le barriere commerciali. Da cosa era garantito il sistema economico mondiale nell’Età dell’oro? l‟Età dell‟oro fu l‟era del libero commercio. Ciò si dovette al dominio degli USA e del dollaro che, garantito da una quantità d‟oro, funzionò come stabilizzatore finché il sistema crollò all‟inizio degli anni ‟70, sotto Nixon. Quali furono i motori principali del boom economico? La Guerra fredda fu il più importante motore del boom. Essa convinse infatti gli USA che era urgente aiutare a crescere paesi che potevano diventare “concorrenti”. Il boom fu alimentato (oltre che dal lavoro degli ex disoccupati) anche dalla migrazione interna dalle campagne alle città, dalle regioni più povere alle più ricche. Il Piano Marshall ha contribuito alla modernizzazione, anche se probabilmente Germania occidentale e Giappone sarebbero diventati comunque delle potenze leader: in quanto sconfitti, non subivano infatti la tentazione di dissipare risorse nel campo militare. Quali furono le reazioni degli stati nei confronti delle migrazioni? I governi, quando il flusso di migranti crebbe, si opposero alla libertà di immigrazione e, anche laddove si trovarono costretti a permetterla (come per gli abitanti di paesi della confederazione del Commonwealth capeggiata dalla Gran Bretagna, che per la legge erano britannici a pieno titolo), decisero di bloccarla. In molti casi vennero previsti permessi temporanei in modo da consentire un rimpatrio, anche se l‟espansione della Comunità economica europea, che incluse paesi di emigrazione come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, rese ciò più difficile: all‟inizio degli anni ‟70, sette milioni e mezzo di persone erano emigrate. La risposta da parte dei popoli accoglienti si andò via via raffreddando, creando situazioni sociali delicate e portando, dopo il 1973, ad una rinascita della xenofobia. Cosa si intende per economia internazionale e transnazionale? Quali sono gli aspetti principali di questo secondo tipo di economia? L‟economia internazionale è quella tra Stati L‟economia transnazionale è quella al di sopra degli Stati Nell‟Età dell‟oro l‟economia rimase in un primo momento internazionale. Il grosso delle attività economiche, anzi, restava per lo più, nonostante la ripresa del commercio, all‟interno delle nazioni. Un‟economia transnazionale cominciò ad apparire solo dagli anni ‟60 in poi. Questo nuovo tipo di economia si caratterizzò per non avere limiti territoriali e per la capacità di porre dei limiti al potere degli stati. Essa continuò a crescere dopo il 1973, configurandosi come responsabile parziale della crisi successiva. I suoi segni più evidenti erano: - il formarsi di aziende transnazionali o “multinazionali”; - una nuova divisione del lavoro su scala mondiale; - il sorgere di paradisi fiscali “offshore”. Soprattutto quest‟ultimo aspetto dimostra quanto l‟economia capitalistica fosse sfuggita al controllo nazionale e a ogni altro tipo di controllo. Cosa significa offshore? Il termine offshore si diffuse negli anni ‟60 per designare la pratica di registrare la sede legale di una società in qualche territorio generoso, che consentiva di evitare tasse e limitazioni. à di Psicologia Negli anni ‟60 l‟invenzione della moneta europea e soprattutto degli eurodollari trasformò Londra in uno dei più grandi centri offshore: I dollari depositati in banche non statunitensi divennero uno strumento di transazioni, base di un mercato incontrollato e furono impegnati soprattutto per prestiti a breve termine. Tale divenne il meccanismo principale per riciclare i profitti petroliferi che i paesi dell‟OPEC avevano realizzato di colpo dopo l‟aumento intenzionale del prezzo del petrolio. Cosa sono le multinazionali? Come nascono? In che modo agiscono nei confronti delle realtà statali? Le multinazionali sono uno dei segni della nascita dell‟economia transnazionale sviluppatasi dopo il 1973, anche se esse, in realtà, non erano realtà completamente nuove. Le società per azioni americane avevano semplicemente accresciuto le filiali triplicandole nel giro di dieci anni (da 7.000 nei ‟50 a 23.000 nei „60), e altri paesi seguirono questa tendenza. La novità stava nella dimensione delle operazioni: negli anni ‟80 tre quarti delle esportazioni degli USA e quasi metà delle importazioni erano gestite da multinazionali. La funzione principale di queste società era di internazionalizzare i mercati, cioè rendersi indipendenti dallo stato, con l‟effetto secondario di rafforzare ulteriormente la concentrazione dei capitali. In che modo l’industrializzazione del Terzo mondo contribuisce alla crescita delle multinazionali? à di Psicologia L‟industrializzazione mondiale comportò una nuova divisione internazionale del lavoro. La Volkswagen, ad esempio, aprì stabilimenti in Argentina, Brasile, Canada, Ecuador, Egitto, Messico, Nigeria, Perù, Sudafrica, Jugoslavia. Le industrie del Terzo mondo rifornivano non solo i mercati locali, ma anche quelli mondiali; esse potevano esportare articoli locali (come tessili) oppure diventare parte di un processo manifatturiero internazionale. Fu questa l‟innovazione decisiva dell‟Età dell‟oro, anche se si sviluppò a pieno più tardi. Ciò che l‟ha reso possibile è stata la rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni attraverso il globo. In che senso le attività economiche transnazionali hanno conseguenze politiche? Nell‟Età dell‟oro divenne chiaro che unità che in precedenza non erano state considerate stati (fino all‟inizio degli anni ‟90 Andorra, Liechtenstein, Monaco e San Marino non erano neppure considerati come possibili membri delle Nazioni Unite), in quanto incapaci di difendere la propria indipendenza, potevano prosperare fornendo servizi direttamente all‟economia mondiale: di qui la crescita di nuove città-stato (Hong Kong, Singapore), una forma di ordinamento politico che si era vista fiorire per l‟ultima volta nel Medioevo; Territori desertici sul Golfo Persico furono trasformati in attori importanti nel mercato e nella politica mondiali (Kuwait, ad esempio) e in paradisi fiscali. Facoltà di Psicologia Questa situazione finì col procurare ai sempre più numerosi movimenti etnici e nazionalisti argomenti poco persuasivi per sostenere l‟indipendenza dallo stato nazionale cui erano associati, che li avrebbe resi paradossalmente più dipendenti dalle entità transnazionali. Il mondo più comodo per i giganti multinazionali è, infatti, un mondo di staterelli nani o del tutto privo di stati. Lezione 8 Quali connubi e quali accordi rendono possibili l’Età dell’oro? L‟accordo fra imprenditori e sindacati per contenere le richieste dei lavoratori entro limiti che non intaccassero i profitti presenti e futuri, in quanto dai profitti dipendevano gli investimenti nella produzione: senza di essi, l‟Età dell‟oro sarebbe stata impossibile. Facoltà di Psicologia Ma l‟accordo, in realtà, era triangolare, perché i governi presiedevano ai negoziati tra le “parti sociali”. Ciò in quanto la fortuna dell‟Età dell‟oro derivava dalla combinazione “keynesiana” fra la crescita economica, in un sistema capitalistico basato sul consumo di massa, e il pieno impiego della classe lavoratrice, meglio pagata e tutelata dallo stato. Dopo la fine dell‟Età dell‟oro questi accordi vennero attaccati dai teologi del libero mercato, che li bollarono di “corporativismo” (termine che riecheggiava in maniera tendenziosa il fascismo). Quali vantaggi provenivano dagli accordi per gli investitori, i lavoratori ed i governi nell’Età dell’Oro? I lavoratori ottenevano salari più alti e benefici aggiuntivi, nonché misure assistenziali. Il governo ne ricavava stabilità politica, indebolendo i partiti comunisti (tranne in Italia), e garantendo condizioni prevedibili per la direzione macroeconomica. Facoltà di Psicologia Le economie dei paesi industriali capitalistici andavano a gonfie vele, perché per la prima volta si formò un‟economia di consumo di massa, grazie alle condizioni di pieno impiego e di crescita dei salari, garantiti da misure di sicurezza sociale finanziate con l‟aumento delle entrate fiscali. Che alternanze conosce, dal secondo dopoguerra agli anni ’70, la scena politica dell’area capitalista? Per quali motivi avvengono tali alternanze e con quali effetti? - Subito dopo la guerra si formano ovunque governi riformisti (rooseveltiani negli USA, socialdemocratici nell‟Europa occidentale); - negli anni ‟50 il riformismo si ritira per lasciar spazio a governi di conservatori moderati, con un‟estromissione della sinistra dovuta soprattutto al clima generale di refrattarietà ai cambiamenti; - negli anni ‟60 il consenso si sposta nuovamente verso sinistra, in parte per il successo della gestione keynesiana dell‟economia, in parte per un ringiovanimento della classe politica. - Su uno sfondo pacifico, turbato solo dalla Guerra fredda, le rivolte studentesche del 1968 sono un fulmine a ciel sereno. Facoltà di Psicologia Durante gli anni ‟60 l‟egemonia degli USA declina e il sistema monetario mondiale, basato sulla convertibilità del dollaro in oro, si spezza. La produttività rallenta e la manodopera si esaurisce; Perché la ribellione studentesca del ’68 costituì una sorpresa per la classe politica? Da che vissuto era caratterizzata la nuova generazione? Quale fu il significato politico e culturale della ribellione? La nuova generazione di giovani, non avendo vissuto le guerre mondiali, nutre maggiori aspettative, anche di fronte all‟esplosione dei salari alla fine degli anni ‟60; Su uno sfondo pacifico, turbato solo dalla Guerra fredda, le rivolte studentesche del 1968 sono un fulmine a ciel sereno. La contestazione studentesca del ‟68, benché spettacolare, ebbe un rilievo economico trascurabile (dato che gli studenti non erano inseriti nelle dinamiche di produzione) ma un grande significato culturale, nel suo monito contro una pretesa società pacificata; L‟atteggiamento della classe lavoratrice fu più significativo della contestazione studentesca del ‟68, benché gli studenti facessero più spettacolo. La ribellione, infatti, mobilitò un settore minoritario della popolazione, quello dei giovani dei ceti medi che, in quanto non ancora impiegati nella vita professionale, avevano rilievo piuttosto trascurabile. Il significato culturale fu invece grande: servì da memento mori a una generazione che aveva creduto di aver risolto i problemi della società occidentale, con la fiducia in una economia di consenso sociale organizzato. Questo consenso, in sostanza, non sopravvisse alla fine degli anni ‟60. In che senso l’equilibrio dell’Età dell’oro era precario? Quali furono i motivi ed i segni della crisi a venire? Durante gli anni ‟60 l‟egemonia degli USA declinò e il sistema monetario mondiale, basato sulla convertibilità del dollaro in oro, si spezzò. Vi fu un rallentamento generale della produttività e la grande manodopera degli emigrati si esaurì. In cosa consistette il “crollo” del 1974 e quale fu la reazione di storici ed analisti di fronte ad esso? Sul piano economico, l‟espansione all‟inizio degli anni ‟70, accelerata da un‟inflazione in rapida crescita, da aumenti della massa monetaria mondiale e dal deficit americano, rese il sistema mondiale “surriscaldato”: nel solo 1972: il prodotto interno lordo e la produzione industriale dei paesi del Primo mondo crebbero rispettivamente del 7,5% e del 10%. Gli storici che non avevano dimenticato il modo in cui era finito il boom dell‟età vittoriana avrebbero potuto chiedersi se il sistema non stesse per crollare, ma nessuno previde il crollo del 1974, né lo prese sul serio quando si verificò, perché, sebbene il prodotto nazionale lordo dei paesi industriali avanzati calasse (non era mai accaduto dopo la guerra), la gente pensava ancora alla crisi economica nei termini del 1929; nel 1974, invece, la situazione era diversa. Facoltà di Psicologia La reazione immediata fu di andare alla ricerca di ragioni particolari per spiegare la fine dell‟espansione: - secondo una relazione dell‟OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nata nel 1948 tra le nazioni europee e l‟USA per coordinare l‟economia del Primo mondo) si trattò di una sfortunata combinazione di fattori di disturbo, dipendenti da errori evitabili, che difficilmente si sarebbe ripetuta. - Altri, ancor più ingenuamente, attribuirono la crisi all‟avidità degli sceicchi dell‟OPEC (cioè la loro decisione di alzare il prezzo del petrolio). A dispetto delle inesperte interpretazioni, l‟economia non recuperò il suo ritmo: dal 1973 si aprì un‟epoca di crisi. Lezione 9 In cosa consistette l’imbarazzo degli intellettuali nel definire la rivoluzione che l’Età dell’oro ha comportato nella società e nella cultura umane? Quale fu, invece, la percezione degli uomini comuni? Età dell‟oro realizza la più significativa rivoluzione umana nella storia. - Per gli intellettuali, si tratta di un fenomeno difficilmente classificabile, che hanno cercato di descrivere utilizzando, solo in termini negativi, la preposizione “dopo” nella sua forma latina: il mondo è diventato così post-industriale, post-imperiale, postmoderno, post-strutturalista, postmarxista, post-Gutenberg, ecc. - Per le persone con un tenore di vita medio alto, si tratta della semplice accelerazione d‟un cambiamento già in atto; - Per la maggior parte del globo, invece, i mutamenti furono repentini: per l‟80% della popolazione mondiale il Medioevo finì in pratica negli anni ‟50 e ne avvertì la fine negli anni ‟60. La gente di campagna che andava a cercare un lavoro in città senza intendere con ciò cambiare il proprio modo di vivere, si trovò a farlo automaticamente. La rapidità del cambiamento fu tale che pochi anni bastarono a diffondere, ad esempio, i vestiti di moda europea a Cuzco (capitale Inca, in Perù) o le calcolatrici tascabili nei mercati dei villaggi messicani più sperduti. à di Psicologia Cosa si intende per “morte della classe contadina” nell’età dell’oro, e perché si tratta di un evento straordinario? Quali furono i fattori che lo scatenarono? Nell‟età dell‟Oro, il mutamento sociale più notevole è sicuramente rappresentato dalla morte della classe contadina. Sin dall‟età neolitica la maggior parte degli esseri umani era sopravvissuta grazie alla terra e al bestiame o aveva sfruttato il mare. Con l‟eccezione dell‟Inghilterra, i contadini e gli agricoltori restavano una quota massiccia della popolazione occupata perfino nei paesi industrializzati fino alla metà del ventesimo secolo. Negli anni ‟30, anzi, il fatto che la classe contadina non tendesse a scomparire era ancora usato come un argomento per criticare la previsione di Karl Marx circa l‟estinzione di questo gruppo sociale. Facoltà di Psicologia Negli anni ‟80 meno di tre inglesi o belgi su 100 lavorava in agricoltura. Negli USA la percentuale era la stessa, e ciononostante questa nazione era sorprendentemente in grado di inondare il mondo con cibo. In Spagna e Portogallo i contadini, che nel 1950 formavano la metà della popolazione, vennero ridotti a circa il 15%. In Giappone, tra il 1947 e il 1985, cioè nel periodo dal ritorno di un soldato dalla guerra al suo pensionamento, si passò da un 50% a un 9%. di Psicologia Marx aveva previsto che lo sviluppo industriale avrebbe eliminato la classe contadina nei paesi di industrializzazione, ma non che il declino sarebbe accaduto anche nei paesi “arretrati”: in America latina negli anni ‟70 non c‟era un paese in cui i contadini non fossero diventati una minoranza. La situazione fu simile nei paesi islamici occidentali. Tra l‟Europa e il Medio Oriente solo la Turchia resisteva ancora negli anni ‟80 con una maggioranza assoluta dei contadini. Solo nell‟Africa subsahariana, nell‟Asia meridionale, nel Sudest asiatico e in Cina, aree che rappresentavano ancora la metà della razza umana, era ancora possibile trovare paesi che non erano stati toccati dal declino della popolazione agricola. Il blocco contadino dell‟India, tuttavia, era circondato da paesi la cui popolazione agricola stava declinando: il Pakistan, il Bangladesh e lo Sri Lanka. In Africa, fra l‟altro, il predominio contadino era illusorio, poiché l‟agricoltura era la faccia visibile di un‟economia che dipendeva dagli uomini che lavoravano nelle città bianche e nelle miniere del Sud. Facoltà di Psicologia Stranamente, la diminuzione della popolazione agricola nel mondo fu dovuta solo in parte ai progressi dell‟agricoltura. L‟impennata della produttività agricola, infatti, richiese capitali e il suo aspetto più appariscente fu l‟enorme quantità di macchine impiegate. Si realizzò così il sogno dell‟abbondanza attraverso la meccanizzazione agricola (tema molto presente, fra l‟altro, nella propaganda sovietica, che puntava tutto sull‟industrializzazione). Meno visibili furono i risultati di chimica agraria, zootecnica selettiva e biotecnologie. L‟agricoltura non aveva più bisogno di un alto numero di braccia e, laddove ne avesse, i trasporti eliminavano la necessità che la manodopera fosse insediata nella campagna. In che misura Est e Sud del mondo furono interessati dal fenomeno della morte della classe contadina? Nelle regioni povere del pianeta la rivoluzione agricola non fu assente, anche se fu meno sistematica. Il Terzo mondo e parte del Secondo mondo (socialisti o ex socialisti) non erano più in grado di gestire l‟alimentazione con la sola agricoltura e ancor meno riuscivano ad ottenere eccedenze da esportare, salvo per cereali specifici. La coltivazione era eseguita ancora con vecchi metodi e grande manodopera: i contadini non avevano ragioni per abbandonare un‟agricoltura che aveva bisogno di loro; l‟unico motivo poteva essere l‟esplosione demografica che rendeva progressivamente insufficiente la terra. Le campagne finirono per svuotarsi, le città si riempirono. La seconda metà del ventesimo secolo divenne dunque l‟età dell‟urbanizzazione, perfino in nazioni con prevalenza rurale. I più giganteschi agglomerati urbani alla fine degli anni ‟80 si trovavano, anzi, proprio nel Terzo mondo: il Cairo, Città del Messico, San Paolo e Shanghai. Paradossalmente, mentre i paesi sviluppati restavano più urbanizzati, le città più grandi si dissolvevano, a causa di una fuga verso le zone residenziali periferiche e verso le comunità satelliti; i centri cittadini, inoltre, si svuotavano nelle ore notturne. Ciò ha portato la popolazione di New York, Londra e Parigi a calare nel tempo. In ogni caso, il vecchio e il nuovo mondo convergevano. La “grande città” dei paesi sviluppati divenne un‟area di insediamenti urbani collegati, in genere raccolti attorno a una zona centrale o al centro economico e amministrativo, riconoscibile dall‟alto come una catena di grattacieli e di palazzi alti (tranne a Parigi dove tali edifici non erano permessi). Questi centri, costruiti in verticale, conseguenza naturale degli alti costi del terreno nei centri, erano inconsueti prima del 1950: New York era un caso unico. Divennero comuni dagli anni ‟60, quando anche città estese in orizzontale come Los Angeles acquistarono un centro di questo tipo. Facoltà di Psicologia I collegamenti, a partire dagli anni ‟60, furono garantiti da una nuova rivoluzione nel sistema dei trasporti pubblici, anche in seguito alla paralisi del traffico automobilistico. Mai, dopo i primi tram e metropolitane costruiti alla fine dell‟Ottocento, si erano costruiti, in così tante città, nuove metropolitane e sistemi veloci di collegamento con le periferie Allo stesso tempo vi fu un‟importante decentralizzazione, perché i complessi periferici o le comunità satelliti svilupparono i propri centri commerciali e i propri servizi per il tempo libero. D‟altro canto, la città del Terzo mondo, benché fosse anch‟essa collegata da trasporto pubblico, non poteva non essere disorganizzata, perché molte aree erano baraccopoli, talvolta abusive. Gli abitanti di città simili sono disposti a viaggiare per ore per lavorare (dal momento che un lavoro regolare è un bene prezioso) e anche fare pellegrinaggi per assistere a riti collettivi, come le partite di calcio. Di fatto però le conurbazioni sono diventate insiemi di comunità autonome. Ovviamente, nei paesi occidentali ricchi, queste comunità, almeno in periferia, usufruiscono di aree verdi molto più estese che nei centri sovraffollati dei paesi poveri dell‟Est e del Sud del mondo (ex Secondo e Terzo mondo). Mentre nei ghetti e nelle baraccopoli gli umani vivono in simbiosi con i ratti e gli scarafaggi, la strana terra di nessuno tra città e campagna, che circonda ciò che è rimasto dei vecchi quartieri residenziali delle città dei paesi sviluppati, è stata colonizzata da animali selvatici. Lezione 10 A cosa si deve il fatto che l’istruzione diventasse importante per le nazioni, nell’Età dell’oro? L‟istruzione divenne importante per le nazioni nell‟età dell‟Oro, perché vi fu un aumento delle occupazioni che richiedevano un‟istruzione a livello medio e superiore. In che misura gli studenti universitari aumentarono? Che differenze sussistono a riguardo tra l’area capitalista e socialista? Prima della seconda guerra mondiale Germania, Francia e Gran Bretagna, su una popolazione complessiva di 150 milioni di abitanti, annoveravano complessivamente 150.000 studenti studenti universitari. Con gli anni ‟60 gli studenti divennero, sia socialmente che politicamente, una forza molto più importante di quanto lo fossero mai stati, come dimostrò la ribellione studentesca del 1968, che ebbe estensione mondiale. Nell‟Europa tra il 1960 e il 1980 il numero degli studenti triplicò e quadruplicò, quando non si moltiplicò per cinque, come in Germania federale, Irlanda, Grecia; per sette in Finlandia, Islanda, Svezia, Italia; per nove in Spagna e Norvegia. Nei paesi socialisti la corsa verso l‟università fu meno marcata (Ungheria e Cecoslovacchia si mantennero su una percentuale minima), nonostante tali paesi ostentassero con orgoglio l‟istruzione di massa. Il caso della Cina di Mao è aberrante: egli abolì l‟istruzione universitaria durante il periodo della rivoluzione culturale (1966-76), rimanendo indietro rispetto all‟Occidente. Negli anni ‟80 se ne contavano milioni in Francia, Germania federale, Italia, Spagna e URSS, nonché (in misura minore) Brasile, India, Messico e Filippine. Qual era il criterio per la scelta della carriera universitaria, in occidente? Cosa rendeva possibile alle famiglie pagare gli studi? Le differenze tra le aree capitalista e socialista avevano un motivo preciso: la crescita universitaria, che negli anni ‟80 produsse più di centomila docenti universitari, era infatti dovuta alla pressione dei consumatori, alla quale i socialisti non dovevano rispondere data l‟impostazione socialista dell‟economia. In occidente l‟economia moderna capitalista, a causa della pressione dei consumatori, alla quale i Paesi socialisti non dovevano rispondere data l‟impostazione dell‟economia, richiedeva più amministratori, insegnanti e tecnici; di Psicologia Nonostante la pressione del consumismo facesse prevedere la necessità di una diffusione delle conoscenze, il boom studentesco eccedette i calcoli della pianificazione. Quando le famiglie ebbero la possibilità di scegliere, infatti, preferirono mandare i figli all‟università, non solo per la prospettiva di un reddito più alto, ma soprattutto per ottenere uno status sociale più elevato. Perché la comunità universitaria rappresenta una novità politica e culturale? Con il crescere del numero degli studenti universitari, i governi moltiplicarono gli edifici e gli istituti, specialmente negli anni ‟70, quando il numero degli studenti più che raddoppiò. Ed in tal modo le masse di giovani studenti e rispettivi insegnanti, milioni o centinaia di migliaia, sempre più concentrati in grandi e isolati campus o città universitarie, divennero una novità politica e culturale. Tali masse costituivano elementi transnazionali, perché si spostavano e comunicavano, e sapevano sfruttare la tecnologia della comunicazione più dei governi. Come si dimostrò negli anni ‟60, non solo gli studenti erano radicali e ribelli, ma unica espressione efficace allo scontento politico e sociale. Nei paesi dittatoriali era il solo gruppo di cittadini capace di azioni collettive: non a caso il numero degli studenti in Cile durante la dittatura di Pinochet, dopo il 1973 venne fatto calare dall‟1,5% all‟1,1%. Che estensione ebbe la ribellione studentesca del ’68? In che senso la ribellione non diventò una rivoluzione? In quale altro caso una ribellione studentesca lo diventò? La ribellione studentesca del 68 si estese dagli Stati Uniti e dal Messico fino alla Polonia, alla Cecoslovacchia e alla Jugoslavia, stimolata per lo più dall‟esplosione del maggio parigino del 1968, epicentro di una sollevazione continentale. di Psicologia Non si trattò di una rivoluzione perché gli studenti non potevano farla da soli. Dai ‟60 in poi funsero, semmai, da detonatori e segnali per strati meno infiammabili: dopo vent‟anni di miglioramento delle paghe in un regime di piena occupazione, infatti, la rivoluzione era l‟ultimo pensiero delle masse. Solo negli anni ‟80 e in paesi non democratici come Cina, Corea del Sud e Cecoslovacchia, le manifestazioni studentesche sembrarono far scoppiare una rivoluzione o costrinsero i governi a trattarle come un grave problema di ordine pubblico, risolto eventualmente con l‟eccidio, come a Pechino in piazza Tienanmen (1989). Notevole eccezione fu la Russia dove, diversamente da altri paesi comunisti, gli studenti non furono in primo piano né ebbero alcun ruolo nel crollo del comunismo. Quest‟ultima fu piuttosto una “rivoluzione di quarantenni” cui assistette una gioventù depoliticizzata e demoralizzata. Da cosa derivano i movimenti terroristici? Piccoli nuclei terroristici nacquero dopo il fallimento dei grandi sogni del 1968, quando alcuni studenti radicali tentarono di fare la rivoluzione da soli. Tuttavia, anche se questi movimenti ebbero eco vastissima, raramente ottennero effetti politici di rilievo. Ciò in quanto, allorchè costituirono reale minaccia politica, furono repressi rapidamente appena le autorità lo decisero, negli anni 70: - in Sudamerica, con le “guerre sporche” condotte con tortura, - in Italia con la corruzione e le trattative segrete. I soli sopravvissuti nell‟ultimo decennio del secolo sono i terroristi nazionalisti baschi dell‟Eta e il movimento, teoricamente comunista, di guerriglia contadina Sendero Luminoso in Perù. Per quali motivi gli studenti dagli anni ’60 possono aver adottato il radicalismo di sinistra? L‟argomento più comune in politica faceva leva su fatto che gli studenti costituivano gruppi di età giovanile che includevano al loro interno un considerevole numero di donne: i giovani, che non partecipano di quella stabile sistemazione dell‟età adulta, sono tradizionalmente eccitabili e pronti a provocare tumulti e disordini; le passioni rivoluzionarie sono più comuni a diciotto anni. Questa convinzione era così inveterata nelle menti dei quadri di potere che in diversi paesi il sistema non prese in considerazione la militanza studentesca, nemmeno quando si trasformò in lotta di guerriglia armata. Gli studenti messicani, anzi, si resero conto che il loro stato reclutava i quadri dall‟università e che più un soggetto si mostrava rivoluzionario da studente, più alte erano le probabilità di ottenere lavoro dopo la laurea (ovverosia di essere integrato nel “sistema”). Facoltà di Psicologia Una fetta grande di studenti, beninteso, non era politicizzata in senso radicale: quella per cui la laurea era l‟unico scopo da tenere in conto. Tali studenti si facevano notare meno del più ridotto ma largo numero di militanti. In ogni caso, il radicalismo di sinistra era nuovo nei paesi sviluppati (mentre non lo era nei paesi arretrati). La crescita smisurata del numero degli studenti può fornire una possibile spiegazione. Era inevitabile, cioè, che si creasse una certa tensione tra masse studentesche e le istituzioni, in quanto queste ultime non erano pronte a ricevere una tale affluenza né materialmente, né organizzativamente, né intellettualmente. Inoltre, l‟università cessò di essere un privilegio eccezionale tale da ripagare gli sforzi effettuati nel corso di studi: vennero pertanto avvertiti di più i sacrifici che la condizione studentesca imponeva a giovani adulti con pochi soldi. Il rancore verso un particolare tipo di autorità, quella universitaria, si allargò facilmente nel rifiuto di ogni altra autorità, e perciò(nell‟Occidente) spinse gli studenti verso sinistra. Ragioni particolari le intensificarono in questo o quel paese (ad esempio, l‟avversione negli USA alla guerra del Vietnam, ovverosia ossia al servizio militare). In un senso più generale e meno definibile questa nuova massa si trovava in posizione anomala verso la società: i giovani non avevano un posto stabilito né modelli di relazione prefissati. L‟esistenza delle masse studentesche implicava interrogativi circa la società che le aveva generate, rendendo impellenti le domande. Le scontentezze non erano soffocate dalla consapevolezza di vivere in un‟epoca di progresso e in tempi migliori di quelli dei genitori: i tempi nuovi erano gli unici conosciuti. Lezione 11 In cosa consistettero i mutamenti nei sistemi di produzione nell’Età dell’oro? Durante gli anni ‟50 le trasformazioni della produzione economizzano il lavoro umano, ma il boom fa aumentare il numero complessivo degli operai fino agli anni ‟80, quando inizia a scemare; Già dagli anni ‟60 la classe operaia subisce però trasformazioni legate a spostamenti nella produzione. Le tradizionali industrie scompaiono o migrano e il vecchio sistema fordista lascia posto a reti di imprese di diversa grandezza, sparse tra i centri cittadini e la campagna; Da cosa era determinata l’illusione del tracollo della classe operaia? Il tracollo della classe operaia sarebbe avvenuto negli anni ‟80 e ‟90, ma già dagli anni ‟60 ve ne fu un‟illusione, dovuta sostanzialmente agli spostamenti nel processo di produzione. Le vecchie industrie decaddero: i minatori divennero meno frequenti dei laureati; l‟industria dell‟acciaio ebbe meno impiegati di McDonald‟s. Quando le industrie tradizionali non scomparvero, si spostarono: l‟industria tessile, dell‟abbigliamento e calzaturiera emigrarono e impiegarono operai dall‟estero. Vecchie aree industriali diventarono “cinture della ruggine”. Perfino nazioni identificate con le prime fasi industriali, come la Gran Bretagna, furono de-industrializzate e si trasformarono in musei di un passato sfruttato come attrazione turistica. Cosa significa “post-fordismo”? Negli anni 80, una delle espressioni più usate per designare il sistema industriale è stata, significativamente, quella di “postfordismo”: Fu caratterizzato dal sorgere reti di imprese, dal laboratorio familiare alla piccola azienda ad alta tecnologia, diffuse tra i centri cittadini e la campagna, mentre il grande stabilimento, costruito attorno alla catena di montaggio; la regione o la città dominata da una sola industria; la classe operaia unita nello stesso luogo e negli stessi quartieri divennero aratteristiche del passato. In Italia, le classiche regioni industriali “postfordiste” (come il Veneto, l‟Emilia-Romagna e la Toscana in Italia), mancano di grandi città industriali, di aziende dominanti e stabilimenti enormi. Quali furono gli effetti della crisi sulla condizione operaia? La classe operaia finì per pagare le spese delle nuove tecnologie: ciò divenne molto chiaro negli anni ‟80. I più colpiti furono gli operai e le operaie non specializzati o semispecializzati, che potevano essere sostituiti da macchine. Mentre i decenni del boom economico (cioè gli anni ‟50 e ‟60) cedevano il passo a un‟epoca di difficoltà negli anni ‟70 e ‟80, l‟industria cercò sempre più di risparmiare manodopera: almeno in Europa, le crisi fecero comparire di nuovo, dopo il periodo tra le due guerre mondiali, la disoccupazione di massa. Per quali motivi la coscienza operaia, durante l’Età dell’oro, viene messa in crisi? Alla fine dell‟Ottocento, ciò che univa la classe operaia era la condizione comune: in quanto poveri, prima del 1914 gli operai non avevano accesso ai beni di consumo durevoli e questa situazione rimase invariata anche tra le due guerre, con l‟eccezione del Nordamerica e dell‟Australia. In secondo luogo, un fattore di coesione era costituito anche dalla segregazione sociale, ovvero da stili di vita separati, modi specifici di vestire, poche possibilità di cambiamento (a differenza di strati impiegatizi più mobili, seppur altrettanto disagiati). I figli degli operai non si aspettavano di andare all‟università: la maggior parte non continuava studi dopo quelli dell‟obbligo, che in genere terminavano a quattordici anni. Facoltà di Psicologia Soprattutto, gli operai erano uniti da una componente vitale: la collettività, il predominio del “noi” sull‟io. Ciò che dava ai partiti operai la loro forza era la convinzione che gente come loro non poteva migliorare la propria sorte con l‟azione individuale, ma solo con l‟azione collettiva. Fino all‟invenzione della radio, che trasformò la vita casalinga, tutte le forme di divertimento al di là di qualche festa privata dovevano essere pubbliche e nei paesi più poveri era pubblica anche la televisione, perché la si guardava in qualche locale pubblico. La vita era cosa collettiva. Facoltà di Psicologia Questa cosciente coesione toccò l‟apice alla fine della seconda guerra mondiale. Durante l‟epoca d‟oro, invece, gli elementi di questa coesione vennero minati. Boom economico, pieno impiego e consumismo trasformarono la vita dei lavoratori. Questi, secondo i criteri dei loro genitori e, se vecchi, secondo i propri, non erano più poveri. Esistenze ricche furono privatizzate dal denaro, dalla tecnologie e dalla logica del mercato: il televisore sopprimeva la necessità di andare a vedere la partita di calcio al cinema, i telefoni l‟abitudine di chiacchierare con gli amici in piazza o al mercato. I sindacalisti o gli attivisti di partito, che una volta si incontravano nelle assemblee di elezione o in manifestazioni politiche pubbliche, che erano anche una forma di intrattenimento, potevano ora pensare a modi più attraenti di passare il tempo, a meno che non fossero ossessionati dalla politica: i contatti personali cessarono di essere una forma efficace di campagna elettorale, benché continuassero per tradizione. Facoltà di Psicologia Non che i lavoratori perdessero la loro fisionomia, ma una forma di opulenza era a portata di mano. Gli operai, soprattutto negli ultimi anni della giovinezza, prima che il matrimonio e le spese per la casa dominassero il bilancio familiare, potevano spendere il loro reddito in beni di lusso; l‟industria della moda e dei prodotti di bellezza dagli anni ‟60 in poi diede una risposta a questa disponibilità. Tra il mercato più alto e quello più basso dei prodotti ad alta tecnologia c‟era solo una differenza di grado. La classe operaia veniva dunque letteralmente addomesticata, ovvero riportata nell‟ambito del domestico. Quali sono gli elementi che determinano, dagli anni ’70 in poi, il progressivo sfasciamento della classe dei lavoratori? Perché l’esempio inglese è significativo in tal senso? Negli anni 70 e ‟80, iniziò la spinta del neoliberismo contro le politiche assistenziali e i sistemi corporativi di relazione industriale (sindacati) che avevano protetto i lavoratori più deboli. Lo strato superiore della classe lavoratrice, costituito da operai specializzati e capireparto, si adattò più facilmente perché il mercato garantiva loro guadagni. Nell‟Inghilterra di Margaret Thatcher (1979-1990), caso estremo, quando furono smantellate le protezioni sindacali e statali, la fascia inferiore dei lavoratori si trovò in una situazione peggiore rispetto al secolo prima. I lavoratori della fascia alta conobbero un miglioramento ed erano inclini a ritenere che stavano sovvenzionando ciò che, negli anni ‟80, venne definito in maniera inquietante la “sottoclasse”, cioè coloro che vivevano a spese del sistema assistenziale pubblico di cui lavoratori privilegiati ritenevano di poter fare a meno. Rinacque la vecchia distinzione vittoriana tra il povero “perbene” e quello “non rispettabile”, forse in una forma ancor più aspra, perché, dopo il boom, le spese assistenziali dello stato sociale erano generose. Facoltà di Psicologia Secondo i lavoratori di fascia alta o “perbene”, gli assistiti vivevano molto meglio di quanto ne avessero diritto. Questa convinzione li spinse a sostenere la destra politica conservatrice, mentre le tradizionali organizzazioni laburiste e socialiste difendevano l‟assistenzialismo. I tre governi Thatcher in Gran Bretagna ebbero successo perché fecero conto sull‟abbandono del partito laburista da parte dei lavoratori più qualificati. Questi abbandonarono i quartieri operai quando le industrie si trasferirono nelle periferie e in campagna, lasciando che i vecchi quartieri, denominati ora “cinture rosse”, si trasformassero in ghetti o in quartieri residenziali. Nei quartieri interni delle città, le case popolari, una volta destinate alla classe operaia, si trasformarono in insediamenti di emarginati, con problemi sociali o di assistiti privi di reddito. Lezione 12 Da cosa dipende la sempre maggiore presenza delle donne in campo lavorativo, durante l’Età dell’oro? In che misura cresce la loro presenza nelle università? Durante l‟Età dell‟oro la presenza delle donne in campo lavorativo cresce a causa nell‟estensione del settore terziario e di servizi già femminilizzati, nonché nella nascita di nuove industrie bisognose di manodopera a basso prezzo; Le donne entrano anche nelle università, riuscendo negli anni ‟80 a raggiungere la percentuale del 40% e oltre in USA, Canada Europa occidentale ed orientale; Quando (ri)nasce il femminismo? Quali effetti ottiene e quali no? Il femminismo rinasce negli anni „60, negli USA, per diffondersi nelle élites colte dei paesi dipendenti. Durante gli anni ‟70 e ‟80 raggiunge ceti più bassi “volgarizzandosi”; Le donne ottengono una forza politica importante tanto da determinare la sorte di leggi come quelle italiane sul divorzio e l‟aborto, e da convincere le forze politiche a tener conto di loro come base elettorale. Facoltà di Psicologia Qual è il rapporto fra diritti e ruoli della donna nel periodo dell’emancipazione? Quale il rapporto fra rappresentanza politica e situazione sociale? Fai degli esempi. Diritti e cambiamento dei ruoli non coincidono necessariamente: - in URSS, ad esempio, le donne sposate devono sopportare sia il peso familiare che lavorativo, senza che le relazioni tra i sessi cambino. L‟emergere sulla scena politica di personaggi femminili non è una spia della situazione complessiva delle donne. Paradossalmente i paesi dove la loro presenza è maggiore, sono caratterizzati da una situazione sociale peggiore; Quali differenze intercorrono fra i tre mondi, in termini di emancipazione femminile? Tale situazione è molto diversa nei tre mondi. In alcuni paesi del Terzo mondo si sviluppa uno strato sottile di donne emancipate, per lo più imparentate con politici e borghesi, ma poi viene represso dal fondamentalismo islamico. Nelle ex-colonie, le condizioni sono più favorevoli rispetto a quelle dell‟Estremo Oriente, dove la forza della tradizione è soffocante. Nel mondo socialista l‟occupazione femminile è al massimo e la libertà erotica è un tema politico; molte intellettuali fanno parte del partito, senza però ottenere ruoli di rilievo; il superlavoro finisce per fa sognare alle donne lo status di casalinga. Ma l‟iniziale spinta rivoluzionaria proveniente dall‟URSS in campo di diritti delle donne viene smorzata dalla resistenza delle tradizioni popolari. Ciononostante la condizione femminile migliora sensibilmente, seppure l‟economia pianificata non vada di pari passo con la libertà sessuale e lo statalismo non vada d‟accordo con la libera associazione; Nel primo mondo: il femminismo rinasce negli anni „60, negli USA, per diffondersi nelle élites colte dei paesi dipendenti. Durante gli anni ‟70 e ‟80 raggiunge ceti più bassi “volgarizzandosi”; Le donne ottengono una forza politica importante tanto da determinare la sorte di leggi come quelle italiane sul divorzio e l‟aborto, e da convincere le forze politiche a tener conto di loro come base elettorale. F In che senso il femminismo fin dalle origini assume una connotazione di classe? Per chi e perché la rivendicazione del diritto al lavoro ha una natura ideologica o economica? I problemi discussi dai primi movimenti femministi assumono un tono di classe in quanto si svolgono all‟interno del ceto medio. Le donne sostituiscono gli uomini nelle occupazioni impiegatizie e crescono in quelle d‟ufficio e intellettuali, mentre nutrono minore interesse per altri monopoli, soprattutto manuali; Dapprima l‟interesse delle femministe è quello di conciliare carriera e famiglia; successivamente, tema centrale diventa quello della differenza (sessuale), che esige un riconoscimento peculiare (maternità, violenze). Per le donne borghesi, negli anni ‟50 e ‟60 l‟esigenza lavorativa assume una forte carica ideologica. Per i ceti bassi, invece, l‟esigenza è invece economica in quanto il lavoro femminile deve sostituire lo scomparso lavoro minorile e provvedere al mantenimento di figli che studiano. Perché il tema della differenza di genere diventa così importante per il femminismo? Quale ideologia pone un freno al riconoscimento della differenza e perché? Dapprima l‟interesse delle femministe è quello di conciliare carriera e famiglia; successivamente, tema centrale diventa quello della differenza (sessuale), che esige un riconoscimento peculiare (maternità, violenze). Tuttavia, l‟impiego di una ideologia liberale basata sul concetto di uguaglianza conduce a un imbarazzo nell‟impostazione della questione sul rapporto fra i generi; Lezione 13 Quali erano le analogie fondamentali tra i modelli di famiglia nel mondo postbellico? Quali le differenze? La struttura sociale della famiglia presenta ovunque, nel dopoguerra, analogie che fanno capo all‟esistenza di un nucleo composto da un certo numero di persone che vivono sotto lo stesso tetto. Nella seconda metà del secolo XX, la famiglia nucleare subisce un mutamento, per lo meno nei paesi occidentali avanzati, dove sale il numero dei divorzi e delle persone che vivono da sole; La maggioranza dell‟umanità condivideva l‟esistenza di un matrimonio formale con relazioni sessuali privilegiate tra gli sposi (l‟adulterio è universalmente considerato un‟offesa); la superiorità dei mariti sulle mogli (patriarcato) e dei genitori sui figli, come pure delle generazioni anziane su quelle giovani; nuclei familiari composti da un certo numero di persone. Era dovunque presente un nucleo familiare (una coppia più dei bambini) che risiedeva sotto lo stesso tetto, anche quando il gruppo nella casa era più grande. L‟idea che la famiglia nucleare, modello tipico nella società occidentale dell‟Ottocento e del Novecento, sia emersa da unità più larghe, in un percorso di crescita della borghesia o di un individualismo sociale, si basa su fraintendimento storico circa la collaborazione sociale nelle società preindustriali. Nelle famiglie congiunte dei popoli slavi balcanici, ad esempio, era necessario che le donne lavorassero per la loro famiglia ma anche per i membri non sposati e gli orfani della comunità. Facoltà di Psicologia Quali furono le spie del crollo della famiglia nucleare classica? In che misura le leggi contribuirono alla liberalizzazione del rapporto fra i sessi? In nazioni con una tradizione di emancipazione in materia, come la Danimarca e la Norvegia i divorzi raddoppiarono. Cominciò anche a crescere il numero di persone che vivevano da sole. In Gran Bretagna nel primo terzo del secolo esse costituivano il 6% di tutti i nuclei familiari. Fra il 1960 e il 1980 la percentuale passò dal 12% al 22%, superando il 25% nel 1991. In molte grandi città occidentali i single finirono per formare quasi la metà di tutti i nuclei. La classica famiglia nucleare occidentale, cioè la coppia sposata con i bambini, era in palese declino. Nel ventennio 1960-80, negli USA la percentuale scese dal 44% al 29%; in Svezia dal 37% al 25%. Facoltà di Psicologia La crisi era legata ai mutamenti circa i modelli pubblici che regolavano la condotta sessuale, il rapporto di coppia e la procreazione. Quei modelli erano ufficiali o informali e il più grosso mutamento è databile agli anni ‟60 e ‟70. La crisi consiste in una liberalizzazione sessuale diffusa, alla quale la legge (depenalizzazione dell‟omosessualità, dell‟aborto e legalizzazione del divorzio) contribuisce solo in parte, in quanto asseconda le tendenze correnti nella società; Le rivoluzioni sono inizialmente più vistose nei paesi con morale coercitiva (soprattutto cattolica), per poi proseguire più speditamente negli altri. Quale autocoscienza fondamentale giovanile dall’Età dell’oro in poi? caratterizza la generazione La gioventù, in quanto gruppo autoconsapevole che si estendeva dalla pubertà – che nei paesi sviluppati iniziava prima rispetto alle generazioni precedenti – fino ai venticinque anni circa, diventò un agente sociale indipendente. Gli sviluppi politici più impressionanti degli anni ‟60 e ‟70 furono dovuti alla mobilitazione di una fascia di età che, in paesi meno politicizzati, faceva la fortuna dell‟industria discografica, il 75%-80% della cui produzione (cioè la musica rock) era destinata a un pubblico fra i 14 e i 25 anni. La radicalizzazione politica degli anni ‟60, anticipata da contingenti più piccoli di dissidenti, appartenne a una generazione di giovani che respingevano il ruolo di ragazzi o adolescenti (non ancora maturi) e non riconoscevano valore alle persone sopra i trent‟anni, tranne che a qualche guru occasionale. La rivoluzione dei costumi interessa particolarmente la nuova generazione di giovani, che acquista maggiore autoconsapevolezza ed indipendenza, giungendo a coprire un ruolo storico principale durante gli anni ‟60 e ‟70; L‟autonomia o autarchia giovanile viene rappresentata simbolicamente da personaggi pubblici (cantanti, attori) che conducono una vita votata all‟autodistruzione. Ne consegue un giovanilismo che viene accolto con favore dai produttori dei beni di consumo; Quali fattori di novità differenziano la gioventù nuova rispetto a quella borghese classica? Il gruppo d‟età, non nuovo, si differenzia da quello previsto nella borghesia classica nella misura in cui non accetta la classificazione di “immaturità”. Facoltà di Psicologia I giovani non si percepiscono in uno stadio preparatorio verso la maturità, ma in una condizione definitiva, in contrasto con un mondo che vede il potere in mano alla vecchia generazione. Il sistema esegue concessioni al giovanilismo, non solo sul piano consumistico ma anche su quello dei diritti (voto, rapporti sessuali); La cultura giovanile diviene dominante nelle economie di mercato dei paesi sviluppati, sia per il potere d‟acquisto dei giovani che per la loro maggiore flessibilità rispetto alle novità tecnologiche. La perizia nell‟uso delle nuove tecnologie permette loro di diventare “docenti” di una generazione che non sta al passo coi tempi; tale capovolgimento si estende anche nella moda; Quali elementi determinano il divario fra questa generazione e quella appena precedente, nel mondo? La gioventù moderna è internazionale: stesse produzioni culturali vengono fruite mondialmente, con una preponderanza dell‟immaginario nordamericano, che si diffonde attraverso la musica, il cinema e l‟iconografia in genere. Centrale è la competenza della gioventù mondiale nella comunicazione, la quale rende possibile un fenomeno come quello del ‟68. Facoltà di Psicologia Il profilo dell‟identità attraverso simboli mediatici viene rafforzato dalla distanza intergenerazionale. Il distacco è particolarmente traumatico in terre segnate dalla rivoluzione o da conquiste, ma il contributo dell‟Età dell‟oro è decisivo: anche il movimento migratorio interno dalle campagne alle città recide legami tradizionali importanti; Persino nel Terzo mondo, caratterizzato da una situazione politica precaria, i continui rovesciamenti conducono le nuove generazioni a guardare quelle del passato o con rifiuto o attraverso l‟idealizzazione, come accade ad esempio con Nelson Mandela. Lezione 14 Cosa si intende per carattere “demotico” e “antinomiano” della nuova cultura? La cultura giovanile fu caratterizzata da due peculiarità fondamentali. Essa fu: - demotica: cioè di ispirazione popolare, - antinomiana: cioè avversa a ogni tipo di regola, soprattutto in merito alla condotta personale. Ognuno doveva essere libero di “fare ciò che gli pareva”, con il minimo di costrizione esterna, benché di fatto la pressione dei coetanei e della moda imponesse un conformismo identico a quello di ogni tempo, quanto meno nei gruppi di giovani coetanei che condividevano la stessa sottocultura. Il carattere “antinomiano”, in particolare, si manifestò con maggior chiarezza quando trovò espressione intellettuale negli slogan del 1968, nonché nel fatto che il modo più ovvio per infrangere i legami imposti dal potere, dalla legge e dalle convenzioni furono il sesso e le droghe. Quali esempi storici del passato anticipano la moda demotica e in che senso la nuova misura rappresenta una novità? La cultura demotica ha esempi storici, nel passato, in: - Maria Antonietta di Francia che si divertiva a fare la pastorella; - nei romantici che avevano idolatrato la cultura popolare rurale; intellettuali come Baudelaire avevano fantasticato sulla nostalgie de la boue (la voglia dei bassifondi), - nei vittoriani, che avevano scoperto che avere relazioni sessuali con persone di estrazione sociale più bassa era soddisfacente. Nell‟età degli imperi (cioè quella fra il 1875 e il 1914) per la prima volta gli influssi culturali cominciavano a provenire dal basso e a essere recepiti al livello superiore, sia attraverso nuove forme popolari di arte sia attraverso il cinema. Da cosa era caratterizzato l’intrattenimento fra le due guerre? L‟intrattenimento tra le due guerre rimase sotto l‟egemonia delle classi medie. I film hollywoodiani erano “rispettabili”; la loro idea sociale si riconduceva ai “valori familiari”; la loro ideologia era la retorica patriottica. Facoltà di Psicologia I più grandi trionfi, come ad esempio Via col vento, erano basati su romanzi destinati ai lettori delle classi medie, alla stregua del Cyrano de Bergerac di Rostand. Il genere anarchico e volgare dei film comici derivati dallo spettacolo di varietà e dall‟ambiente del circo resistette per un po‟, benché negli anni ‟30 anch‟esso fosse costretto a ritirarsi sotto la spinta di un genere brillante, nato nei teatri e poi passato nella crazy comedy hollywoodiana. Anche il “musical” di Broadway che trionfò tra le due guerre era un genere borghese, sebbene fortemente contaminato dal jazz. Le commedie musicali erano per il ceto medio di New York, e i libretti si rivolgevano ad adulti sofisticati. Non si trattava di uno spettacolo di massa. Che forme assumono le ispirazioni demotiche nel campo della musica, del linguaggio e della moda? Quali possono essere i motivi alla base di tale rivoluzione? Nella musica: il rock fu l‟esempio più impressionante del carattere demotico della nuova cultura. A metà degli anni ‟50 il genere uscì dal ghetto che le case discografiche classificavano come “Rhythm and Blues” e che era destinato ai neri americani poveri, per diventare il linguaggio musicale universale dei giovani e in particolare dei bianchi. Facoltà di Psicologia Nel linguaggio: in Inghilterra i giovani aristocratici persero volontariamente l‟accento che identificava la loro classe e usarono un linguaggio che approssimava quello operaio. Anche le signorine cominciarono ad utilizzare l‟intercalare di parole oscene. Che la letteratura facesse eco era questione di tempo. Facoltà di Psicologia Lo stile “demotico” (popolare, pop) era un linguaggio con il quale i giovani cercavano faticosamente di entrare in rapporto con un mondo per il quale le regole e i valori dei genitori non sembravano più valide. Nella moda: i giovanotti eccentrici ed eleganti delle classi lavoratrici in passato avevano derivato il proprio stile dalla moda degli strati sociali superiori o di quelli medi, come la bohème artistica – che, a sua volta, veicolava l‟idea di un anticonformismo da inseguire anche a costo della povertà. Ora vi era invece un rovesciamento che prevedeva che il mercato della moda per i giovani di basso livello sociale non solo diventasse autonomo, ma anche che desse tono anche a quello delle classi alte. Mentre i blue jeans si diffondevano, l‟alta moda parigina accettava la sconfitta utilizzando i marchi di prestigio per vendere prodotti di massa. Il 1965 fu il primo anno in cui l‟industria francese dell‟abbigliamento femminile produsse più pantaloni che gonne. Quali peculiarità caratterizzano gli slogan del ’68? Gli slogan della ribellione, come “è vietato vietare”, non erano affermazioni politiche nel senso tradizionale, ma erano piuttosto proclamazioni di sentimenti privati. “Il personale è politico”, slogan importante del nuovo femminismo – probabilmente il risultato più duraturo della radicalizzazione politica –, esprimeva quanto per la nuova cultura fosse importante l‟individuo che manifesta le sue istanze in contesto pubblico. Un altro slogan del maggio „68, “quando penso alla rivoluzione voglio fare l‟amore”, che avrebbe lasciato di stucco i comunisti della rivoluzione sovietica, esprimeva quanto per i contestatori parigini fosse importante non tanto ciò che speravano di ottenere ma ciò che facevano, l‟entusiasmo che li trascinava. In che modo sesso e droga assumono un senso nell’antinomismo della nuova cultura? il sesso e le droghe costituirono il modo più ovvio per infrangere i legami imposti dal potere, dalla legge e dalle convenzioni esprimendo il carattere antinomiano della nuova cultura giovanile. Le droghe, tranne alcol e tabacco, erano state confinate fino ad allora a piccoli gruppi sociali e non avevano beneficiato di una legislazione permissiva. La loro diffusione durante i decenni della nuova gioventù non può essere spiegata soltanto con la ribellione: le sole sensazioni procurate potevano essere infatti motivo d‟attrazione sufficiente. Tuttavia, il fatto che la droga più diffusa, la marijuana, fosse pressoché innocua, fece sì che l‟attività sociale del fumarla, oltre che un piacere, diventasse non solo una sfida nei confronti del divieto, ma anche una dimostrazione di superiorità nei confronti dei proibitori. Facoltà di Psicologia Quanto al sesso, non v‟era bisogno di scoprirlo ma di farne un uso provocatorio, ostentato: episodio esemplare fu quello della pubblicazione, nel 1960, di Lady Chatterley, romanzo censurato sin dal ‟28 a causa dei suoi riferimenti erotici. Nel caso in cui un‟attività sessuale fosse proibita, bastava praticarla per rompere le regole; nel caso invece venisse tollerata, come l‟omosessualità femminile, l‟unico modo per farne un atto di rottura era rivendicarlo: questo motivo è, fra gli altri, alla base dell‟importanza attribuita dagli omosessuali al coming out, cioè alla dichiarazione pubblica del proprio orientamento. Negli USA l‟emergere di una subcultura omosessuale nelle città trendy di New York e San Francisco dovette attendere gli anni ‟60, mentre la costituzione di un gruppo di pressione politica omosessuale avvenne in queste città solo negli anni ‟70. Esso diede inizio a varie tendenze nella moda e nelle arti che rafforzarono l‟anticonformismo in quanto espressero a loro volta, in una sorta di feedback positivo, un rifiuto dell‟ordine stabilito da tradizioni, convenzioni e proibizioni. Facoltà di Psicologia Questo rifiuto non avvenne in nome di altri modelli, sebbene non mancassero gli ideologi “libertari”. La rinascita dell‟anarchismo, in altri termini, fu solo apparente Che differenza c’è fra anarchia e antinomismo? L‟anarchia: si basa sulla fede che l‟azione spontanea, antiautoritaria e libertaria possa condurre alla creazione di una società nuova; l‟antinomismo: invece, teorizza quale unico ideale l‟autonomia del desiderio individuale. Qual è il paradosso dell’antinomismo in relazione alle regole implicite della società consumistica? La nuova cultura, era caratterizzata da un anarchismo solo apparente, in quanto essa aveva quale unico ideale l‟autonomia del desiderio individuale e non la creazione di una società nuova. Si presupponeva quindi un mondo di individualismo egocentrico spinto ai suoi estremi limiti: paradossalmente, dunque, i ribelli condividevano i presupposti della società dei consumi di massa o almeno le motivazioni psicologiche sulle quali facevano leva coloro che producevano per il mercato. Si presupponeva, insomma, che il mondo consistesse di esseri umani, la cui identità consisteva nel perseguimento dei propri desideri individuali, non perché accettabili ma perché nutriti in massa. Lezione 15 Perché l’eclisse della comunità colpì gravemente le fasce sociali più svantaggiate? La rivoluzione culturale degli anni ‟60 e ‟70 rappresenta una rottura dei fili che legavano gli uomini al tessuto sociale. Essa interessa soprattutto la codificazione implicita dei ruoli e dei valori, il cui declino acuisce la distanza intergenerazionale; La rottura dei tessuti sociali gioca a sfavore dei poveri, in quanto viene a mancare quella rete comunitaria che li informava, permetteva lo scambio lavorativo, il risparmio e la sicurezza; Quale impulso condusse i popoli a mettere in discussione le gerarchie tradizionali? Quale fu l’esito del crollo delle tradizioni, in termini di sicurezza? Nelle società più tradizionaliste, le tensioni si palesarono nella misura in cui il trionfo dell‟economia di mercato minò la legittimità dell‟ordine sociale accettato, fondato sull‟ineguaglianza. L‟economia di mercato infatti, sortì un effetto livellante sul popolo, che iniziò a nutrire insofferenza nei confronti delle gerarchie sociali consolidate. Laddove il rovesciamento delle tradizioni ebbe luogo, ciò avvenne a costo della sicurezza; A premere in tal senso furono le aspirazioni egualitarie che “risvegliarono” i popoli in modo da colpire le giustificazioni dell‟ineguaglianza: in passato la ricchezza dei ragià (principi) indiani, così come l‟immunità dalle tasse della famiglia reale britannica (intatta fino agli anni ‟90), erano considerati attributi confacenti al ruolo che quei personaggi rivestivano nell‟ordine sociale e forse perfino cosmico, che simbolizzava il regno; ora, diventavano oggetti di risentimento. In che modo l’eclisse della comunità si rifletté nei discorsi ideologici e nei provvedimenti sociali? Quali furono le ispirazioni principali? Facoltà di Psicologia In Occidente, la rivoluzione sociale portò a una distruzione più ampia dei vecchi codici etici e sociali. Per ciò che riguarda i discorsi ideologici pubblici: casi esemplari sono alcuni argomenti tipici del femminismo: - quello secondo cui il lavoro domestico della donne deve essere calcolato e pagato secondo il valore di mercato, come se la relazione fra marito, moglie e figli si riducesse ad uno scambio commerciale; - quello che giustifica l‟aborto in termini di un illimitato diritto di scelta della donna, come se la decisione se avere o no un figlio riguardasse solo chi la prende. A incoraggiare una tale retorica sono state l‟influenza pervasiva delle dottrine economiche neoclassiche (utilitaristiche e individualistiche), che nelle società occidentali secolarizzate hanno preso sempre più il posto della teologia, nonché – in virtù dell‟egemonia culturale degli USA – l‟influenza della giurisprudenza americana ultraindividualista. Tutto ciò viene espresso perfettamente in una frase di Margaret Thatcher: “La società non esiste; esistono solo gli individui”. Facoltà di Psicologia Per ciò che riguarda i provvedimenti sociali: durante gli anni ‟70, i riformatori sociali nei paesi anglosassoni, turbati dagli effetti negativi della segregazione in istituti delle persone disabili o malati di mente, promossero con successo una campagna perché il maggior numero di queste persone venissero sottratte alla loro condizione di reclusione per essere assistite dalla comunità. Tuttavia, non c‟era nessuna comunità al di fuori dell‟istituto che potesse prendersi cura di loro: niente parenti o conoscenti; solo le strade di New York, che si riempirono di mendicanti senzatetto psicotici. Per “fortuna”, molti finirono nelle prigioni che, negli USA, divennero il ricettacolo primario di tutti i problemi sociali. Quale fu l’effetto della nuova cultura (individualista) su famiglia e chiese? la famiglia tradizionale e le chiese tradizionali furono le istituzioni più colpite dall‟individualismo morale. Infatti, negli anni ‟60 la frequenza alla messa del Québec (Canada) calò dall‟80% al 20% e la natalità al di sotto della media nazionale. La “liberalizzazione” delle donne, col diritto al controllo delle nascite e il divorzio, aumentò le distanze con la religione, soprattutto in paesi cattolici come l‟Irlanda, l‟Italia e perfino la Polonia (dopo la caduta del comunismo). Le vocazioni crollarono, così come la disponibilità al celibato. Le altre chiese, comprese le sette protestanti, decaddero anche più in fretta. Facoltà di Psicologia Come e perché le attività economiche vennero interessate dall’abbandono della vita comunitaria? Le conseguenze materiali dell‟allentamento dei legami familiari furono più gravi. Infatti la famiglia era stata sino ad allora essenziale per sorreggere l‟economia agricola e la prima economia industriale. Inoltre, in ambito commerciale, venivano meno la fiducia e l‟osservanza dei contratti che sino ad allora erano state garantite dalla forza dello stato o dai legami di sangue e di comunità: per questo motivo attività a rischio erano state gestite da imprenditori con parentele capaci di sostenerli, preferibilmente in gruppi religiosi come gli ebrei o i quaccheri. A essere colpiti furono proprio questi legami e queste solidarietà non economiche, come i codici morali. Tali codici erano più vecchi della società borghese, ma erano stati adattati. Il vecchio vocabolario dei diritti e dei doveri, delle obbligazioni, del peccato e della virtù, del sacrificio, della coscienza, dei premi e delle pene, non poteva più essere tradotto nel nuovo linguaggio della gratificazione immediata dei desideri. Tali legami sono ancora oggi indispensabili negli affari della malavita, in quanto essa non solo opera contro la legge, ma al di fuori della sua protezione. Le famiglie della „ndrangheta che più hanno successo sono, non a caso, caratterizzate da un notevole numero di fratelli. Facoltà di Psicologia Che ruolo assunse lo stato sociale? In cosa consistette il passaggio dalla “comunità” alla “società”? Una volta che le pratiche e le istituzioni tradizionali non furono più accettate, i vecchi codici si ridussero a espressioni di preferenze e si diffuse una pretesa al “diritto di preferenza” ad ogni costo. Qui risiede la differenza tra il linguaggio dei “diritti” (legali o costituzionali) che divenne centrale nella società dell‟individualismo incontrollato (almeno negli USA), e il vecchio idioma morale nel quale diritti e doveri erano due facce della stessa medaglia. Dagli anni ‟60 in poi tale linea trovò espressione ideologica in teorie varie, dal neoliberismo in economia al “postmodernismo” nella cultura, tutte tese a ridurre i valori all‟illimitata libertà individuale. Facoltà di Psicologia All‟inizio, salvo che ai reazionari, i vantaggi di tale libertà sembravano enormi. Essere un genitore singolo (di solito, ragazza madre) significava ancora vivere in povertà, ma nei moderni stati assistenziali anche in questi casi veniva garantito un livello minimo di protezione, tra pensioni, servizi sociali e case di riposo. Sembrò naturale si potessero affrontare anche altre evenienze che un tempo erano state risolte entro l‟istituzione familiare: nacquero ad esempio gli asili nido, fortemente richiesti dai socialisti. Nonostante gli attacchi del neoliberismo, lo stato assistenziale sopravvisse nei paesi più ricchi: in questo modo divenne evidente quanto sostenuto da sociologi ed antropologi, cioè che l‟intervento dello stato e la funzione della comunità sono in rapporto di proporzione inversa; nei termini del tedesco Ferdinand Tönnies, la società industriale moderna comportava un passaggio dalla Gemeinschaft (comunità), fondata sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea, alla Gesellschaft (società), basata sulla razionalità e sullo scambio. Cos’è una sottoclasse? Quali furono le problematiche sociali con cui si scontrarono le sottoclassi negli anni del neoliberismo? Il termine di “sottoclasse” ricomparve nel lessico sociopolitico negli anni del neoliberismo (anni 80), , per indicare quella porzione di persone che, nelle società avanzate, dopo la fine del pieno impiego, non riuscivano a guadagnarsi da vivere (o non vi si impegnavano), mentre per i due terzi della popolazione l‟economia funzionava. I membri di tale classe, esclusi dalla società “normale”, confidavano sull‟assistenza pubblica, eventualmente integrandola con lavori in nero o criminosi, che non potevano essere censiti. Negli USA, la maggioranza dei neri divennero l‟esempio tipico di sottoclasse. Molti si consideravano una società fuorilegge o un‟anti-società. Con il declino e la scomparsa delle grandi industrie, sottoclassi comparvero in diversi paesi. Tuttavia nei quartieri abitati da sottoclassi non c‟era alcuna comunità e pochissimo appoggio da parte dei congiunti; perfino l‟aiuto dei vicini, ultima reliquia della comunità, non poteva sopravvivere alla paura da giungla hobbesiana. Nei luoghi dove sopravvisse il senso della comunità, si conservò un certo ordine sociale. In paesi come il Brasile, dove povertà e disuguaglianza dominano, non è tuttavia presente quella insicurezza che pervade le città dei paesi avanzati, dove sono stati smantellati i vecchi codici di comportamento. Paradossalmente, vivere in un‟area socialmente retrograda ma strutturata tradizionalmente come l‟Irlanda del Nord, nonostante la disoccupazione e vent‟anni di guerra civile, è più sicuro che vivere nella maggior pare delle grandi città del Regno Unito. F Cosa sono le politiche dell’identità? Cosa rappresentano? Le Politiche di identità sono sorte negli USA dagli anni ‟60 a fronte della disintegrazione di valori, costumi, convenzioni. Si trattava di movimenti nostalgici, di carattere etnico/nazionalista o religioso (integralista), che vagheggiavano il ricupero di un ordine e una sicurezza perfetti, ritenuti appannaggio del passato. Questi movimenti, in realtà poveri di proposte, palesavano l‟esigenza di una comunità cui appartenere. Per quale motivo il crollo delle comunità ebbe effetto sull’economia di mercato? La disintegrazione della società tradizionale costituì un pericolo per l‟economia capitalistica in quanto quest‟ultima si era sempre basata su costanti del comportamento umano ritenute fondamentali sin dai tempi di Adam Smith (1723-1790, padre dell‟economia classica), quali: - l‟abitudine a lavorare, - la disponibilità a rinviare la gratificazione (investimento; orgoglio del risultato), la fiducia reciproca, - l‟abitudine all‟obbedienza e alla lealtà. E, con la crisi della famiglia tradizionale queste motivazioni rischiavano di venire meno. Il capitalismo poteva funzionare senza, ma quando accadde, sorsero i problemi: negli anni ‟80 nella Borsa di paesi come USA e Gran Bretagna imperversarono speculazioni che condussero il mercato mondiale ad uno stato di crisi. Il capitalismo, insomma, scoprì troppo tardi l‟essenzialità delle strutture sociali tramontate: paradossalmente, pertanto, il neoliberismo, di moda negli anni ‟70 e ‟80, ebbe il suo trionfo proprio nel momento in cui cessava di essere plausibile. F Lezione 16 Qual è l’esito della decolonizzazione del secondo dopoguerra in ambito politico? Il moltiplicarsi a dismisura il numero degli stati indipendenti nel Terzo mondo; Da che ritmo è caratterizzata la crescita demografica dagli anni ’50 in poi? Che differenze sussistono tra questo ritmo e quello mantenuto dal XVI al XIX secolo? La popolazione mondiale raddoppia dagli anni ‟50 ad oggi, per lo più nelle regioni decolonizzate: il tasso di natalità, in queste ultime, è maggiore rispetto a quello dei paesi sviluppati; quello di mortalità conosce un drastico calo a causa dei progressi scientifici e tecnologici capaci di salvare un gran numero di vite; Alla fine degli anni ‟80, la popolazione dei paesi ricchi membri dell‟OCSE (cioè quelli europei più gli USA, il Canada, l‟Australia e il Giappone) rappresentava 15% di quella mondiale; tale quota, peraltro, era in declino, dal momento che il tasso di natalità nei paesi sviluppati era inferiore rispetto a quello di mortalità. Le economie emergenti non sono in grado di reggere tale aumento, pertanto il divario fra paesi avanzati e arretrati si acuisce, nonostante un tasso di crescita (indicato dal PIL) identico; In precedenza, invece, dal sedicesimo secolo in poi, la crescita demografica aveva sempre favorito il mondo “sviluppato”: da meno del 20% della popolazione mondiale nel 1750, le popolazioni di origine europea erano aumentate fino a costruire circa un terzo dell‟umanità nel 1900. Quali sono le cause dell’impennata demografica e quali i suoi esiti immediati? Dalla metà del XX secolo la popolazione mondiale iniziò a crescere con un ritmo senza precedenti, per lo più nelle regioni conquistate. L‟unico fattore che faceva crescere la popolazione di questi paesi era l‟immigrazione dal Terzo mondo, protagonista, dal dopoguerra in poi, di un‟esplosione demografica che costituisce probabilmente il mutamento più fondamentale nel Secolo breve. Il tasso di natalità è sempre stato, nei paesi del Terzo mondo, molto più elevato di quello dei paesi “sviluppati”, mentre i grandi tassi di mortalità sono calati, dagli anni ‟40,quattro o cinque volte di più di quanto calò quello di mortalità in Europa nell‟Ottocento. Infatti, mentre in Europa tale calo dovette attendere il miglioramento delle condizioni di vita, nei paesi poveri durante l‟Età dell‟oro la tecnologia moderna si diffuse sotto forma di medicine e mezzi di trasporto, in grado di salvare vite umane su vasta scala. Facoltà di Psicologia La popolazione esplose, benché né l‟economia né le istituzioni fossero mutate come necessario. La conseguenza immediata fu l‟allargamento del fossato tra paesi ricchi e poveri, avanzati e arretrati, nonostante un tasso di crescita identico: un‟uguale crescita di PIL, infatti, non aveva lo stesso significato in relazione ad una popolazione stabile e ad una in estrema crescita. Per che tipo di istituzioni si orientano le nuove realtà politiche del Terzo mondo e con quali esiti? Dopo la decolonizzazione, la preoccupazione principale dei paesi poveri fu quella della forma politico-istituzionale da adottare. In genere essi si orientarono, spontaneamente o sotto spinta esterna, su sistemi derivati dai loro vecchi padroni imperiali. Divennero repubbliche parlamentari fondate su libere elezioni, con una piccola minoranza di repubbliche democratiche popolari inclini a seguire il modello sovietico. Ogni paese si proclamò democratico “sulla carta”, sebbene solo i regimi comunisti o social rivoluzionari insistessero nel definirsi popolari o democratici. Queste etichette indicavano lo schieramento in cui le nuove realtà si collocavano, ma erano poco realistiche in quanto mancavano le condizioni materiali e politiche perché la realtà corrispondesse al quadro delineato nella costituzione o simbolizzato dalla denominazione: le tradizioni passate non erano quelle dell‟Occidente. Lo stesso valeva per gli stati comunisti, anche se l‟autorità del singolo partito guida in stile sovietico rendeva meno incongruente l‟etichetta con la realtà. Facoltà di Psicologia Uno dei pochi incrollabili e immutati principi comunisti era garantire la supremazia di un partito politico composto di civili sulle forze militari. Tuttavia, negli anni ‟80, fra gli stati che si proclamavano rivoluzionari (Algeria, Benin, Birmania, Repubblica del Congo, Etiopia, Madagascar, Somalia, Libia), molti erano governati da militari giunti al potere attraverso un colpo di stato. La stessa situazione vigeva in Siria ed Iraq. Per quale motivo si diffonde la pratica del colpo di stato nei paesi emergenti dopo la decolonizzazione? Perché l’Occidente rimane immune da tale rischio? La tendenza a cadere sotto regimi militari divenne una caratteristica unificante di questi paesi emergenti, di qualunque affiliazione politica o tipologia costituzionale fossero. In molti stati i militari avevano un peso superiore, anche in quelli dove i rapporti col governo erano problematici (come in Francia). Tuttavia, la condotta abituale nei paesi con istituzioni stabili e con governi costituzionali era di obbedire e astenersi dalla politica o, al limite, tramare dietro le quinte. La politica dei colpi di stato fu perciò il prodotto della nuova epoca di governi incerti o illegittimi. Nella seconda metà del secolo essa fu più comune, dato che, dei duecento stati esistenti al mondo, i più erano nuovi e perciò privi di legittimazione tradizionale, nonché retti da sistemi politici inadatti e suscettibili di tracolli. Le forze armate erano spesso il solo corpo capace di azione politica. Inoltre, poiché la Guerra fredda era largamente condotta attraverso le forze armate dei paesi dipendenti o alleati, queste venivano finanziate e armate dalla superpotenza cui erano legate. Facoltà di Psicologia Nei più importanti paesi comunisti i militari rimasero sotto controllo grazie alla supremazia del partito. Nei più importanti paesi occidentali, meccanismi altrettanto efficaci li tennero sotto controllo. In Italia, ad esempio, dove gli USA mantennero un gruppo paramilitare pronto al colpo di stato nel caso il partito comunista fosse stato ammesso nella compagine governativa, rimasero sempre in carica governi civili, seppure con periodi di importante instabilità (gli anni ‟70 o “anni di piombo”). Solo in quei paesi in cui i traumi della decolonizzazione furono intollerabili (sconfitta patita a opera delle colonie) gli ufficiali furono tentati dal colpo di stato, come in Francia negli anni ‟50 durante le guerre per mantenere l‟Indocina e l‟Algeria, e in Portogallo quando crollò l‟impero in Africa negli anni ‟70. In entrambi i casi, le forze armate vennero riportate sotto il controllo civile. Il solo regime militare appoggiato dagli USA in Europa fu quello in Grecia nel 1967 effettuato da un gruppo dell‟ultradestra, che crollò dopo sette anni. Facoltà di Psicologia Le condizioni per l‟intervento militare erano più invitanti nei paesi del Terzo mondo, specialmente quelli nuovi, deboli e piccoli, dove poche centinaia di uomini potevano essere decisivi e dove era probabile che i governi producessero caos, corruzione. Il più piccolo indizio che il governo potesse cadere ai comunisti era sufficiente a garantire l‟appoggio americano. Il tipico capo non era un aspirante dittatore ma un uomo sinceramente convinto di poter rimettere in ordine lo stato, nella speranza che il governo civile riprendesse le redini. In generale, entrambi gli obiettivi fallivano e pochi regimi mantenevano il potere a lungo. In che modo gli stati emergenti decidono di gestire le politiche per lo sviluppo? Si deliberò di porre fine all‟arretratezza agricola con l‟industrializzazione mediante il modello sovietico della pianificazione e con la sostituzione delle importazioni con prodotti locali. Entrambe le vie presupposero un controllo da parte dello Stato. Seguendo l‟esempio del Messico nel 1938, le nuove potenze intrapresero una nazionalizzazione del settore petrolifero, creando imprese statali. In questo modo scoprirono che il possesso fisico di petrolio e gas conferiva grande vantaggio nella relazione con le potenze straniere. La formazione dell‟Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) divenne possibile perché la proprietà del petrolio era passata dalle compagnie ai governi che lo estraevano. Meno successo ebbero quei paesi che sottovalutarono i loro limiti – mancanza di personale qualificato, quadri economici e amministrativi; analfabetismo; scarsa familiarità o simpatia per la modernizzazione – specialmente quando si posero obiettivi difficili perfino per paesi sviluppati, come l‟industrializzazione pianificata. In questi paesi, dagli anni ‟70 definiti “di nuova industrializzazione”, le politiche stataliste produssero burocrazia, corruzione e sprechi ma anche crescita economica. Facoltà di Psicologia Lo sviluppo industriale non interessava alla maggioranza degli abitanti che vivevano coltivando la terra in proprio. Qual è la risposta della classe contadina alla modernizzazione, nel tempo? Nell‟emisfero occidentale e negli aridi territori dei paesi musulmani occidentali le campagne si svuotarono e le città si ingigantirono. Invece, in regioni fertili e non troppo popolate, come l‟Africa nera, la popolazione avrebbe potuto sostenersi da sola. Gli abitanti, per lo più, non avevano bisogno dei propri stati, che erano deboli e potevano essere elusi ritirandosi nella vita del villaggio. I contadini asiatici e islamici, in maggioranza, erano più poveri o peggio nutriti e disponevano di terre limitate. Ciononostante, molti decisero di non lasciarsi attrarre dallo sviluppo economico, obbedendo ad un timore nei confronti di tutto ciò che è “estero”; decidendo, cioè, di minimizzare i rischi piuttosto che massimizzare profitti. Tale atteggiamento non bastò a tenere i contadini fuori dalla rivoluzione economica mondiale, la quale raggiunse le popolazioni più isolate sotto forma di sandali di plastica, taniche di benzina, vecchi camion e uffici pieni di carte. L‟effetto fu quello di dividere gli uomini in due categorie: quelli della costa (le città, familiari alla carta scritta) e dell‟interno (foreste). Ovviamente, l‟interno era governato dalla costa. Cosa sono le riforme agrarie e quali sono le loro motivazioni principali? Negli anni ‟60 le popolazioni rurali cominciarono a considerare la modernità come una promessa piuttosto che come una minaccia. C‟era un aspetto dello sviluppo economico che poteva sedurre la gente delle campagne: la riforma agraria. Questo slogan poteva riferirsi ai programmi più disparati: - frazionamento delle grandi proprietà latifondiste; - redistribuzione delle terre fra i contadini e i braccianti; - riforme dei fitti; - collettivizzazione delle terre, ecc. Agli occhi dei modernizzatori la ragione per attuare una riforma agraria era: - politica (ottenere l‟appoggio contadino) - ideologica (ridare la terra a chi la lavora) più che economica, dato che la maggior parte riformatori non si aspettava molto da una mera redistribuzione delle terre. di Psicologia La riforma dimostrò che l‟agricoltura gestita dai coltivatori, in un‟ottica moderna, poteva essere efficiente e più flessibile della tenuta latifondista. Furono agricoltori con mentalità imprenditoriale a sancire i progressi dell‟agricoltura dei paesi dipendenti nel secondo dopoguerra, cioè la “rivoluzione verde” che ha introdotto nuove varietà di colture scientificamente selezionate e che ha sostituto la tipica piantagione imperialista (solitamente di caffè, zucchero o gomma) caratterizzata dalla grandezza piuttosto che dai criteri di coltivazione. a La ragione economica più forte per la riforma agraria non si fondava tanto sulla produttività ma sull‟eguaglianza. Lo sviluppo economico ha provocato prima un aumento e poi una diminuzione della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, anche se il declino economico e una fede teologica nel libero mercato hanno rovesciato poi questa tendenza. L‟eguaglianza alla fine dell‟Età dell‟oro era maggiore nei paesi occidentali avanzati che nel Terzo mondo. Tuttavia, mentre la disuguaglianza era massima in America latina, seguita dall‟Africa, era bassa in paesi asiatici, dove una riforma era stata imposta dalle forze d‟occupazione americane o sotto il loro auspicio (Giappone, Corea del Sud e Taiwan). La disuguaglianza sociale dell‟America latina è dunque connessa con l‟assenza di una riforma agraria in tanti paesi. La riforma agraria fu senz‟altro bene accolta dai contadini del Terzo mondo, almeno finché non si trasformò nell‟agricoltura collettiva o nella produzione cooperativa, come avvenne nei paesi comunisti. Comunque ciò che i modernizzatori vedevano nella riforma non coincideva con il significato che essa aveva per i contadini, i quali non avevano interesse per la macroeconomia, ma avanzavano richieste specifiche. di Psicologia Lezione 17 Cosa significa “Terzo mondo” e quali sono le caratteristiche che permettono una classificazione unitaria? L‟espressione “Terzo mondo” designa l‟insieme degli stati post-coloniali dell‟Africa e dell‟Asia, sorti nel secondo dopoguerra, e l‟America latina, In contrapposizione col Primo mondo (capitalista) e il Secondo mondo (comunista). Al di là delle diversità, i paesi inclusi sono tutti relativamente poveri, dipendenti dalle grandi potenze, diffidenti nei confronti del sistema capitalistico, neutrali rispetto alla Guerra fredda; Per quali motivi i paesi del Terzo mondo guardano con simpatia all’URSS e che relazioni ci sono fra i conflitti nel Terzo mondo e la Guerra fredda? La simpatia nei confronti dell‟URSS è dovuta, tra le altre cose, all‟atteggiamento che gli USA assumono nella Guerra fredda: per paura di un‟espansione sovietica, appoggiano elementi conservatori nei paesi poveri e amplificano la rete di organizzazioni facenti capo alla NATO per fronteggiare il pericolo russo; Benché la Guerra fredda stabilizzasse l‟ordine mondiale, quest‟ultimo non era caratterizzato da una vera e propria pace. Quali sono le aree più “calde” nel Medio Oriente e per quali motivi? il Medio Oriente fu tormentato da rivoluzioni militari, ed alleati americani erano coinvolti in Israele, Turchia e Iran; l‟isolata India, invece, fu impegnata tra gli anni ‟60 e ‟70 in una guerra contro la Cina e due contro il Pakistan di cui l‟Occidente rimase quasi all‟oscuro. I conflitti regionali non avevano alcun nesso essenziale con la Guerra fredda: l‟URSS era stata, infatti, tra i primi a riconoscere lo stato d‟Israele (nato nel 1948), che sarebbe poi diventato grande alleato degli USA, mentre gli stati arabi o islamici erano uniti nella repressione del comunismo all‟interno. Facoltà di Psicologia Il principale fattore di instabilità era proprio Israele perché i coloni ebraici costruirono confini più larghi di quelli previsti dalla spartizione effettuata dalla Gran Bretagna (che governava il territorio palestinese dal 1920 dietro accordi con la Francia). Nel tempo furono espulsi 700.000 palestinesi non ebrei, una popolazione più grande di quanto fossero gli ebrei sul suolo israeliano nel 1948. Israele, inoltre, per mantenere i propri confini, combatté una guerra ogni dieci anni (1948, 1956, 1967, 1973, 1982). Il terzo millennio ha visto un inasprirsi delle ostilità: (2004, 2006, 2008). Si trasformò nella più temibile potenza militare della regione e si dotò di armi nucleari, ma non riuscì a edificare relazioni stabili con i paesi vicini o, ancor meno, coi palestinesi. Facoltà di Psicologia La condizione del Medio Oriente oggigiorno dimostra quanto la sparizione del fronte della Guerra fredda conseguente al crollo dell‟URSS del 1990 l‟abbia tuttavia lasciato in una situazione esplosiva. Tre focolai minori contribuirono a tenere il Medio Oriente in tale stato esplosivo: - il Mediterraneo orientale, - il Golfo Persico e - la regione di frontiera tra Turchia, Iran, Iraq e Siria, dove i curdi tentarono invano di conquistare l‟indipendenza nazionale che il presidente americano Wilson incautamente li aveva esortati a chiedere nel 1918. Il mediterraneo orientale rimase relativamente tranquillo, visto che la Grecia e la Turchia erano membri della NATO, anche se la Guerra fredda portò all‟invasione turca di Cipro, divisa in due nel 1974. D‟altro canto, la rivalità tra le potenze occidentali, l‟Iran e l‟Iraq per il controllo del Golfo Persico, ricco di petrolio, doveva condurre alla guerra fra l‟Iraq e l‟Iran rivoluzionario, durata dal 1980 al 1988 e, dopo la fine della Guerra fredda, fra gli USA e alleati e l‟Iraq nel 1991. Da quali peculiarità è caratterizzata la situazione dell’America latina nel contesto internazionale? L‟America latina rimase lontana dai conflitti. Tranne in piccoli territori, essa era stata decolonizzata da tempo. Culturalmente e linguisticamente, le sue popolazioni erano occidentali. Soprattutto, essa aveva ereditato dai conquistatori una gerarchia razziale ma anche un forte grado di mescolanza. Erano presenti pochi bianchi, tranne che nei territori meridionali (Argentina, Uruguay, Brasile meridionale), popolati in seguito a una massiccia emigrazione di europei. Dovunque la posizione sociale cancellava la provenienza razziale. Nel Messico fu eletto presidente un indiano zapotec; in Argentina un immigrato libanese musulmano e in Perù un immigrato giapponese. Scelte simili erano impensabili negli USA (almeno fino a Barack Obama). All‟America latina, insomma, spetta il primato di esser rimasta estranea al nazionalismo etnico proprio di altri continenti. Facoltà di Psicologia Inoltre, mentre l‟America latina era consapevole di essere una sorta di dipendenza neocoloniale (cioè post-imperialista) di una singola potenza, cioè degli USA, questi ultimi erano tanto realisti da non inviare marines nei paesi più grandi del continente. I governi latinoamericani, a loro volta, sapevano che la cosa più saggia era mantenersi i favori di Washington. L‟Organizzazione degli Stati Americani (OAS) fondata nel 1948 con quartier generale a Washington nacque, appunto, per garantire un‟atmosfera di accordo totale. Non a caso, il trionfo, a Cuba, della rivoluzione (1953-59), comportò la sua espulsione (1963).Facoltà di Psicologia Lezione 18 Quali sono i tre motivi che rendono inadatta l’espressione “Terzo mondo” nel momento stesso in cui inizia ad essere utilizzata nel linguaggio ideologico? L‟espressione “Terzo mondo” perde validità nel momento stesso in cui inizia ad essere impiegata. Negli anni ‟70 diventa palese l‟inadeguatezza di un‟unica nomenclatura per designare paesi caratterizzati da divergenze significative; - In primo luogo: il Terzo mondo si divide a causa dello sviluppo economico: infatti, il trionfo dell‟OPEC nel 1973 fa sì che i paesi più piccoli e abbondanti di petrolio si arricchiscano a dismisura a differenza di altri; in genere, stati la cui economia dipende dall‟esportazione di un singolo prodotto primario si arricchiscono a dismisura, a scapito di altri; - In secondo luogo, i confini del Terzo mondo si rarefanno in quanto 1) gran parte di esso è in via di industrializzazione, nel tentativo di allinearsi col Primo mondo; 2) fra i paesi europei, alcuni conoscono una fioritura industriale solo verso la fine dell‟Età dell‟oro; 3) la nuova divisione internazionale del lavoro rende i paesi in via di sviluppo appetibili per le industrie che si spostano; - Infine, alcuni paesi in via di sviluppo vengono identificati come “a basso reddito”, costituendo un sottogruppo all‟interno del Terzo mondo. Tali paesi non presentano interesse economico, salvo come mercato d‟esportazione d‟armi. Quali sono gli effetti della globalizzazione sui movimenti umani in campo internazionale e intranazionale? La globalizzazione provoca spostamenti di masse: - turismo - migrazione. Dai paesi ricchi un ingente flusso turistico si riversò nel Terzo mondo. Dai paesi poveri l‟emigrazione di manodopera verso i ricchi si gonfiò scontrandosi, talvolta, con barriere politiche. Tale fenomeno interessò non soltanto i paesi industriali, ma anche le nazioni produttrici di petrolio: la maggior parte del movimento migratorio interessò, infatti, aree vicine. Negli anni ‟70 e ‟80 divenne sempre più difficile distinguere gli emigranti in cerca di lavoro dalla fiumana di persone sradicate dalla carestia, dalla persecuzione o dalla guerra. I paesi del Primo mondo si sforzavano di impedire l‟immigrazione, sotto pressione di una rinascente xenofobia, con eccezione dei permissivi USA, Canada e Australia. Qual è la reazione della popolazione rurale nei confronti della modernità, nel Terzo mondo? E quella della popolazione cittadina? Facoltà di Psicologia La globalizzazione ebbe anche l‟effetto di immettere gli abitanti del Terzo mondo in una modernità che non necessariamente piaceva. Questo è il motivo della moltiplicazione di fondamentalisti e tradizionalisti, nemici della modernità che pur tuttavia prendevano atto dei cambiamenti nel mondo: volenti o nolenti, il nuovo li raggiungeva sotto forma di autobus, camioncini, pompe di petrolio, radioline a pile. In un mondo dove le popolazioni rurali emigravano in città e dove la popolazione urbana era pari a un terzo di tutti i cittadini, i villaggi finivano per connettersi strettamente alla città a causa o di legami parentali, o dell‟invasione dei prodotti del mercato globale. La città, inoltre, comportava realtà e costumi nuovi che entravano in conflitto col passato: il distacco dalle tradizioni da parte dei giovani fu immediato e venne deplorato dovunque. Facoltà di Psicologia La coscienza del cambiamento si diffondeva nelle campagne e perfino in zone nelle quali la vita rurale non era stata trasformata dall‟introduzione di nuove colture o tecnologie. Nelle campagne del Terzo mondo la modernità fece il suo ingresso attraverso la “rivoluzione verde” che ebbe luogo in Asia dagli anni ‟60 in poi. Fiorirono, inoltre, nuove colture destinate all‟esportazione (frutti tropicali, fiori), tra cui la cocaina. La Colombia, negli anni ‟70, costituiva la tappa intermedia per il trasporto della coca dalla Bolivia e dal Perù, nonché la sede dei laboratori. I contadini si stanziavano in quelle terre per sottrarsi al controllo statale e dei proprietari terrieri e venivano difesi dai guerriglieri comunisti del FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), che si finanziavano tramite il narcotraffico. La logica di mercato entrò in conflitto con l‟agricoltura di sussistenza e con attività tradizionali e semplici come caccia e pesca. Yucca e banane lasciarono il posto all‟iperpagata cocaina; piste d‟atterraggio e insediamenti sorti dal nulla per ospitare produttori e trafficanti sostituirono vecchi villaggi contadini. Facoltà di Psicologia La sorte dell‟economia rurale era in qualche modo legata alle tendenze degli emigranti. La gente aveva imparato da questi ultimi che esistevano possibilità di vita alternative, che non era destino condurre una vita da schiavi, traendo un sostentamento miserevole da terre aride. Dagli anni ‟60 in poi, nei villaggi di campagna situati in zone marginali da un punto di vista agricolo, rimasero solo gli anziani. Tuttavia, era possibile che una comunità di montagna si rinvigorisse trovandosi una nicchia economica grazie ad una simbiosi fra le entrate di emigranti e residenti. Poiché gran parte delle nazioni del Terzo mondo non erano dotate di servizio statistico ufficiale, né svolgevano ricerche su opinione pubblica e tendenze di mercato, né possedevano dipartimenti universitari di scienze sociali che svolgessero indagini e inchieste, la modernità giunse nella forma di un‟esplosione improvvisa. Il Congo belga (Zaire), ad esempio, dagli anni ‟60 in poi esportò massicciamente in tutta Africa il proprio genere di musica popolare sviluppatosi negli anni ‟50 e, più significativamente, vide il sorgere di una coscienza politica tale da costringere i belgi a concedere al Congo l‟indipendenza nel 1960. Negli anni ‟50 e ‟60 le trasformazioni sociali, evidenti nell‟emisfero occidentale, divennero innegabili anche nel mondo islamico e nel Sud e Sudest asiatico. Paradossalmente, furono meno visibili nelle aree socialiste, dove la rivoluzione comunista fece da elemento conservatore. Perfino nelle società tradizionali il tessuto etico venne sottoposto a una tensione crescente. Facoltà di Psicologi Con l‟ingresso nel mondo moderno di larghi strati della popolazione, veniva messo in discussione il monopolio del potere da parte delle elites occidentalizzate e, con esse, i programmi, le ideologie, il vocabolario e la sintassi del discorso pubblico. Le nuove masse urbane e i ceti medi, per quanto acculturati, proprio a causa del loro numero non potevano essere come le elites e spesso nutrivano nei confronti di queste ultime un forte rancore, soprattutto nell‟Asia meridionale. Specificamente, ad essere rifiutata fu l‟aspirazione ottocentesca di stampo occidentale a un progresso laico e materiale: nei paesi islamici la nuova democrazia di massa islamica condusse a una negazione dei valori che nel liberalismo occidentale sono associati allo stato di diritto, come ad esempio quelli delle donne; l‟esclusivismo indù in India veniva sostenuto dai nuovi ceti medi; il nazionalismo etno-religioso dello Sri Lanka veniva sostenuto da una nuova massa di giovani istruiti. Lo scomparire dei vecchi contrassegni di casta e status, che in passato separavano le persone ma non lasciavano dubbi sulla posizione relativa di ogni individuo, generarono instabilità e disparità; la vita comunitaria diventò sempre più angosciosa. In che senso la storia di alcuni paesi del Terzo mondo sembrò ripercorrere la strada del Primo mondo? Facoltà di Psicologia In molti paesi del Terzo mondo i mutamenti potevano anche guidare la politica in direzioni proprie della storia del Primo mondo. Nei “paesi di nuova industrializzazione”, infatti, si svilupparono classi operaie industriali che chiesero il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, come in Brasile, Corea del Sud, Europa dell‟Est. In genere non nacquero partiti politici, laburisti o socialisti, fatta eccezione per il “Partito dei lavoratori” brasiliano nato negli anni „80. Facoltà di Psicologia La crescita industriale generò un ceto ampio e istruito di professionisti che, pur lontani dall‟essere sovversivi, avrebbero ben accolto una liberalizzazione dei regimi autoritari che promuovevano l‟industrializzazione nel Terzo mondo. Simili aspirazioni negli anni ‟80 venivano covate in America latina, Estremo Oriente (Corea del Sud e Taiwan), nei paesi del blocco sovietico. C‟erano però vaste aree del Terzo mondo dove era impossibile prevedere le conseguenze della trasformazione sociale. L‟unica cosa certa era l‟instabilità. In questo disorientamento, il modello da seguire era difficilmente identificato col mondo occidentale. Un modello di progresso più confacente e incoraggiante veniva rappresentato dal “Secondo mondo” dei paesi socialisti modellati sull‟URSS. di Psicologia Lezione 19 In che senso la Rivoluzione del 1917 permette alla Russia di conservare il proprio assetto imperiale? Che estensione assume l’area socialista? Quali sono i suoi rapporti col resto del mondo? Perché? Con la Rivoluzione d‟Ottobre del 1917 e dopo la guerra civile del 1917-21, il Partito comunista russo riesce a conservare l‟Impero russo ortodosso degli zar, ma in una nuova forma, cioè l‟URSS; Infatti, all‟inizio degli anni ‟20 la maggior parte di ciò che prima del 1914 era stato l‟Impero russo ortodosso degli zar riemerse nella stessa forma imperiale, ma sotto il governo dei bolscevichi (corrente maggioritaria del Partito socialdemocratico russo) e con l‟obiettivo di costruire il socialismo mondiale. Fu il solo degli antichi imperi dinastico-religiosi (russo, ottomano, absburgico) a sopravvivere alla prima guerra mondiale. L‟area dei paesi socialisti si espande dall‟Europa dell‟Est all‟Estremo Oriente e costituisce un universo separato e autonomo politicamente ed economicamente. Le ragioni della separazione sono politiche: il fallimento dell‟ideale rivoluzionario mondiale sovietico, il timore del comunismo, la Guerra fredda; Isolato, il socialismo è costretto a svolgersi “in un solo paese” e priorità viene data a industrializzazione e pianificazione. Lenin inaugura il “comunismo di guerra” durante la guerra civile, mediante una statalizzazione totale che si rivela inefficace nella ricostruzione dell‟economia. Il Partito bolscevico non aveva previsto che la Russia sarebbe sopravvissuta in isolamento, diventando il nucleo di un‟economia collettivistica indipendente (ciò che venne chiamato “socialismo in un solo paese”). Si pensava che la funzione della Rivoluzione fosse quella di innescarne altre nei paesi industriali più avanzati, pronti, secondo Marx, per il socialismo. Qual è la linea politica decisa dal partito bolscevico? Quali sono i due principali provvedimenti di Lenin? Quali i loro meriti e limiti? Quando divenne chiaro che la Russia era da sola, la scelta più logica fu favorire il progresso economico e sociale. Lenin (1870-1924, segretario del Partito comunista): - Nel 1918 diede il via alla nazionalizzazione delle industrie e al “comunismo di guerra”, misura d‟emergenza per fronteggiare la guerra civile (1917-21) suscitata dall‟opposizione. di Psicologia - nel 1921 introdusse la Nuova politica economica (NEP) che reintroduceva il mercato e che costituiva un passaggio al “capitalismo di stato”. La NEP fu oggetto di critica durante gli anni ‟20 in quanto rappresentava una “deviazione” del comunismo. Estremisti come Trockij volevano interromperla e premevano per una industrializzazione massiccia (sarà la politica di Stalin) mentre i moderati di Bucharin erano consapevoli dei limiti oggettivi del paese, dominato dall‟agricoltura. Anche Lenin, colto da una paralisi nel 1922, sembrò pronunciarsi a favore di una soluzione gradualistica. La prospettiva socialistica era entrata in crisi quando in Germania, con la Repubblica di Weimar (1919-1933), crollavano le speranze di una “rivoluzione proletaria”, ma la causa più profonda consisteva negli effetti devastanti della guerra civile: il grado di arretratezza era peggiore rispetto ai tempi degli zar; inoltre, Rivoluzione e guerra civile avevano ucciso, disperso o trasferito negli uffici del Partito la “base” degli operai, lasciando un popolo di contadini ancorati al passato per i quali il Partito bolscevico non rappresentava niente. Facoltà di Psicologia La NEP ebbe successo nel ricostruire l‟economia dalle rovine: nel 1926 il livello dell‟anteguerra, sebbene non elevato, venne recuperato. Tuttavia, l‟URSS rimaneva rurale, come nel 1913, pertanto i parametri per il futuro socialista erano determinati dal comportamento della massa contadina. Una continuazione della NEP poteva determinare al massimo un tasso di industrializzazione modesto, perché mancava personale qualificato: erano pochi i prodotti industriali che i contadini potevano comprare; dunque, questi ultimi non avevano motivo di abbandonare l‟agricoltura di sussistenza per accrescere il proprio potere d‟acquisto mediante il commercio di eccedenze. L‟intento della NEP, per ora inattuabile, era insomma quello di ricreare un sistema imprenditoriale. Ciò che fece esitare il Partito bolscevico nell‟abbandonarla, tuttavia, fu non tanto il rischio di rigenerare il capitalismo, bensì il costo dell‟alternativa: un‟industrializzazione forzata; in pratica, una seconda rivoluzione, effettuata non più dal basso, ma dal potere statale. Quali sono le decisioni di Stalin in ambito economico? Che risultati riesce ad ottenere e quali problematiche solleva? Stalin (1878-1953): - eliminò la NEP appena ottenuta la leadership del Partito bolscevico (1928). - Istituì i piani quinquennali, che sostituirono la NEP nel 1928, per creare nuove industrie piuttosto che gestirle; Data l‟abbondanza di materie prime nel territorio, si decise di concedere priorità alle industrie pesanti di base e alla produzione di energia, fondamento di ogni grande economia industriale: carbone, ferro, acciaio, elettricità, petrolio. D‟altro canto, il governo, che sotto Stalin trasformò di nuovo i contadini in servi della gleba e fece funzionare l‟economia grazie ai lavori forzati dei prigionieri dei gulag (dai quattro ai tredici milioni di individui), godette di un forte sostegno popolare. i Psicologia L‟economia pianificata era, in pratica, un‟economia di guerra: gli obiettivi produttivi venivano fissati senza considerarne i costi; il metodo per avvicinarli era impartire ordini urgenti che generavano un impegno spasmodico. Fu la politica dello “slancio”: fissati degli obiettivi deliberatamente irrealistici, questi dovevano essere compresi e realizzati ovunque da personale privo di esperienza, pressoché analfabeta e abituato alla vita contadina. L‟impreparazione aggravava la responsabilità del vertice e perciò accentuava l‟accentramento dei poteri. Tutte le decisioni vennero sempre più accentrate, con conseguente burocratizzazione. Finché il compito consisteva nel garantire il livello di semisussistenza e costruire le sole fondamenta dell‟industria, l‟industrializzazione forzata funzionò. Durante gli anni ‟30 il tasso di crescita russo sorpassò quello delle altre potenze, tranne il Giappone. In pochi anni l‟URSS fu in grado di combattere la seconda guerra mondiale contro la Germania e vincerla, nonostante la perdita temporanea di territori che contenevano un terzo della popolazione e metà degli stabilimenti industriali. Nei primi quindici anni dopo la seconda guerra mondiale il ritmo sarebbe cresciuto tanto da illudere Chruscev (successore di Stalin) di poter superare il capitalismo. Facoltà di Psicologia In pochi altri regimi il popolo avrebbe potuto o voluto sopportare i sacrifici degli anni ‟30. In ogni caso, anche se il sistema mantenne i consumi della popolazione a un livello basso, garantì il minimo sociale: lavoro, pensioni, sanità, cibo, vestiti, alloggio. Vi fu una certa uguaglianza, almeno fino alla morte di Stalin, quando i privilegi della nomenklatura (elite del Partito) divennero inauditi. Gli investimenti più generosi avvennero nel campo dell‟istruzione e posero fine all‟analfabetismo di massa. L‟industrializzazione si appoggiava sugli operai ma soprattutto sui contadini sfruttati: giuridicamente e politicamente in inferiorità, venivano tassati di più e ricevevano meno servizi. Inoltre, la creazione di cooperative o fattorie statali fu disastrosa: produzione del grano ed allevamento crollarono, fino a provocare una carestia nel 1932-33. La produttività non ritornò ai livelli della NEP fino al 1950. Persino la meccanizzazione agricola fu inefficiente: dopo un iniziale eccedenza di grano, l‟agricoltura non fu più in grado di soddisfare il fabbisogno e così, dagli anni ‟70, l‟URSS dovette ricorrere al mercato mondiale dei cereali, acquistando un quarto del fabbisogno. In sostanza, la vecchia agricoltura inefficiente fu mutata in una costosa agricoltura inefficiente. à di Psicologia Il modello agricolo russo fu un fallimento e, ciononostante, il solo a essere copiato nell‟area socialista. Tuttavia, tale fallimento dipendeva più dalle condizioni sociopolitiche dell‟URSS che dal progetto bolscevico: cooperazione e collettivizzazione ebbero successo, ad esempio, nell‟Ungheria degli anni ‟80, che esportò più prodotti agricoli della Francia pur avendo un‟area coltivata pari a un quarto di quella francese. In URSS giocavano un ruolo penalizzante la resistenza della classe contadina e una burocratizzazione estrema cui neppure Stalin seppe rimediare. Il Grande Terrore (o Grandi Purghe), diretto da Stalin alla fine degli anni ‟30 per epurare il partito comunista da presunti cospiratori, fu un disperato tentativo di impedire alla burocrazia di prevalere. Facoltà di Psicologia Ulteriore zavorra era costituita dalla rigidità: il sistema era strutturato per una crescita nella produzione di articoli dalla qualità predeterminata, ma non era provvisto di un meccanismo interno che facesse variare quantità o qualità degli stessi. Non vi furono invenzioni destinate all‟economia civile, non esistendo un mercato che indicasse le preferenze dei cittadini. Di fronte a un pessimo sistema distributivo e a servizi scadenti, la crescita del livello di vita dai ‟40 ai ‟70 poté verificarsi solo grazie all‟economia in nero che crebbe dalla fine degli anni ‟60. Gli obiettivi principali, comunque, vennero conseguiti: messa a confronto con la Russia zarista del 1913, nel 1986 l‟URSS era coperta da una popolazione inferiore in percentuale mondiale, ma godeva di un reddito nazionale e di una produzione industriale incomparabilmente maggiori. A breve, questo dinamismo si sarebbe esaurito. Perché il sistema politico sovietico rappresenta un’anomalia nella sinistra europea? Il sistema politico dell‟URSS fu unico nel suo genere in quanto rappresentò una rottura con la tradizione democratica, anche se conservò sulla carta l‟impegno per la democrazia (significativamente, la Costituzione sovietica del 1936 ammetteva competizioni elettorali che non ebbero mai luogo); L‟evoluzione concreta riflesse la storia del Partito bolscevico, le crisi e le priorità del regime, nonché il carattere di Stalin. Già il modello leninista del partito d‟avanguardia, inteso come un insieme di quadri di rivoluzionari organizzati in modo da eseguire gli ordini di una direzione centrale, era potenzialmente autoritario. Il pericolo si fece più immediato dopo la Rivoluzione d‟Ottobre, quando i bolscevichi da un gruppo di poche migliaia si trasformarono in un partito di massa di centinaia di migliaia e infine di milioni, sopraffacendo tutti i socialisti che si erano alleati a loro. Essi non condividevano la vecchia cultura politica della sinistra; tutto ciò che sapevano era che il partito aveva ragione e che le decisioni prese dall‟autorità superiore dovevano essere eseguite per salvare la rivoluzione. Quali sono i fattori che sanciscono il passaggio dal Partito unico alla dittatura personale staliniana? Cosa caratterizza il rapporto di Stalin col partito e con le masse? La guerra civile del 1917-21 impose uno stile di governo autoritario: quando venne vinta, il Partito era già diventato “unico”. Nel 1921 vennero bandite le discussioni collettive; i congressi di partito annuali si fecero via via occasionali. Facoltà di Psicologia Con Stalin il potere divenne un‟autocrazia che cercò di imporre il controllo totale su tutti gli aspetti della vita e del pensiero dei cittadini, essendo la loro esistenza subordinata agli obiettivi del sistema. Quest‟idea, lontana da quelle di Marx ed Engels, non sarebbe venuta in mente ad alcun socialista prima del 1917. Diventato il socialismo un movimento di massa, il “marxismo-leninismo” si trasformò in un catechismo semplice e dogmatico – strumento ideale per introdurre alcuni concetti nelle menti della prima generazione alfabetizzata della storia russa – e in simboli di identità e lealtà. I capi vennero investiti di una sorta di infallibilità papale: la costruzione del mausoleo di Lenin nella Piazza Rossa sfruttò palesemente l‟attrazione che esercitava sulle plebi contadine il culto cristiano di santi e reliquie. Quanto al Partito, l‟ortodossia e l‟intolleranza vi erano entrate non come valori, bensì per ragioni pragmatiche: Lenin non voleva che le discussioni finissero per costituire un ostacolo all‟azione. Convinto delle proprie ragioni, egli faceva comunque leva sulle proprie capacità argomentative; difficilmente, pertanto, avrebbe tollerato quella specie di religione secolarizzata coercitiva che si affermò dopo la sua morte. Facoltà di Psicologia Per trasformare il partito – ormai gerarchizzato, centralizzato e inamovibile – in una dittatura personale, Stalin non ripercorse la via di Hitler. La fedeltà dell‟entourage e del Partito non gli furono infatti garantite da carisma, sicurezza di sé o sentimento di una missione personale, ma dal terrore. Si trattò di uno strumento tattico: insieme alla prudenza, esso era finalizzato ad evitare i rischi e rifletteva l‟assenza di fiducia nella propria capacità valutativa (una sorta di complesso di inferiorità rispetto al lucido Lenin). Secondo lui il potere – ovvero tutto ciò che i bolscevichi avevano ottenuto nonché unico strumento per cambiare la società – era esposto a pericoli e pertanto ne andava fatto un uso spietato. Le Grandi Purghe, dirette contro il Partito, iniziarono quando il XVII Congresso del Partito comunista sovietico del 1934 rivelò l‟esistenza di una consistente opposizione. Fra 1934 e 1939 dai quattro ai cinque milioni di membri vennero arrestati e dai quattro ai cinquecento mila furono giustiziati senza processo. Al Congresso successivo, solo 37 delegati su 1827 erano sopravvissuti. Facoltà di Psicologia In realtà, la sua tattica dimostrò un forte senso delle relazioni pubbliche: la sua immagine forte fu efficace sulle masse, in quanto finì per legittimare di fronte a loro il nuovo regime. Ciò che conferì al terrore staliniano una disumanità senza precedenti fu che non si arrestò di fronte a nulla. Non si ispirò al principio che un grande fine giustifica i mezzi, né che i sacrifici presenti non sono nulla di fronte ai benefici futuri; il terrore fu semplicemente l‟applicazione del principio della guerra totale: proprio come durante la seconda guerra mondiale, le sofferenze del popolo non costituivano un limite e intere popolazioni potevano essere criminalizzate a priori (come gli ebrei). Se tuttavia negli stati democratici e costituzionali vi sono forze che contrastano tale meccanismo, nei sistemi assolutistici tali forze non esistono. Cos’è un “totalitarismo” e perché, secondo Hobsbawm, non è possibile applicare tale definizione all’URSS? Il termine “totalitarismo” era stato inventato negli anni ‟20 dal fascismo italiano per descrivere i propri scopi e fino al secondo dopoguerra era stato usato quasi esclusivamente per criticare un sistema centralizzato esteso a ogni aspetto della vita sociale, che non soltanto imponeva un controllo fisico sulla popolazione ma che, per mezzo della propaganda e dell‟istruzione, riusciva a far sì che il popolo interiorizzasse i valori proposti. Il romanzo “1984” di George Orwell (del 1948) espresse nella forma più incisiva questa immagine: una società di massa sottoposta al lavaggio del cervello sotto l‟occhio del “Grande Fratello”, dal quale dissentiva solo qualche individuo isolato. La storia dell‟URSS, secondo Hobsbawm, non è quella di un regime “totalitario”. Quello dell‟URSS, di fatto, non fu un totalitarismo, nella misura in cui, piuttosto che un controllo del pensiero, ottenne una depoliticizzazione dei cittadini: le dottrine del marxismo-leninismo rimasero sconosciute o indifferenti per chi non era interessato a determinate carriere. Solo gli intellettuali erano costretti a prendere sul serio un‟ideologia che si autoproclamava “scientifica”. Tuttavia, proprio il fatto che i sistemi socialisti avessero bisogno di intellettuali nei quadri di potere creava un fermento che sfuggiva al controllo dello stato e che solo il terrore poteva domare. Morto Stalin, la cultura dissidente riemerse; negli anni ‟60 e ‟70 il dissenso dei riformatori comunisti e la dissidenza intellettuale crebbero nonostante la linea ufficiale “monolitica” dell‟URSS, fino a raggiungere il loro culmine negli anni ‟80. Facoltà di Psicologia Lezione 20 Per quali motivi l’URSS esercitò fascino sul Primo e sul Terzo mondo? L‟URSS esercita una certa attrattiva: - sul mondo capitalistico: perchè immune dalla crisi causata da Wall Street nel ‟29, - sul Terzo mondo: in quanto simbolo anti imperialista di riscatto dall‟arretratezza; Quali paesi entrano nell’area socialista? Quando e come? i confini dell‟area socialista si estendono: - nel 1945: a Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Albania e Germania dell‟Est. - nel 1949: a Cina (1949), Corea settentrionale e ex Indocina francese. - nel 1959: a Cuba - negli anni ‟70: in Africa; Cosa significa “socialismo reale”? Quale espressione viene inventata negli anni ’50 come alternativa a tale forma di socialismo? Il socialismo messo in atto nell‟intera area venne denominato “socialismo reale”, in quanto questo termine suggeriva che potevano esserci migliori forme di socialismo, ma che in pratica quella era al momento l‟unica funzionante. Il socialismo reale veniva contrapposto con il socialismo teorico. Come è strutturato il sistema politico del blocco? Gli stati comunisti formati dopo la seconda guerra mondiale erano controllati da partiti comunisti, formati secondo la matrice sovietica, cioè stalinista. Si trattava dunque per lo più di sistemi politici a partito unico con strutture autoritarie centralizzate; l‟autorità politica promulgava la “verità” culturale e intellettuale; le economie erano pianificate; le gerarchie facevano capo alla figura del capo supremo. Questo valeva anche per il partito cinese, che aveva stabilito la propria autonomia da Mosca negli anni ‟30 sotto Mao Tse-tung. Facevano eccezione la Cuba di Fidel Castro e i brevi regimi africani, asiatici e latinoamericani che sorsero negli anni ‟70. Politicamente, l‟area costituisce un unico blocco sotto la leadership dell‟URSS, appoggiata dal regime comunista cinese, indipendente dal 1949. La fiducia di Stalin nella fedeltà del blocco viene delusa dall‟opposizione della direzione jugoslava di Tito alle direttive moscovite nel ‟48; Quale evento annuncia la crisi del sistema socialista e quando tale crisi diventa concreta? Qual è la reazione occidentale? A mettere in crisi la coesione del blocco è la fuga di notizie dal XX Congresso del PCUS (Partito Comunista dell‟Unione Sovietica) nel 1956, in cui Chruscev pronuncia duri giudizi sulle politiche del defunto Stalin. Tale crisi diviene concreta quando la Polonia assunse immediatamente una direzione riformistica; in Ungheria esplose una rivoluzione il cui intento era sottrarre il paese al giogo della Guerra fredda, ma venne repressa dall‟URSS; I paesi occidentali non sfruttano questa crisi se non per fini propagandistici. Ciò dimostra la stabilità delle relazioni: entrambe le parti accettano i limiti di influenza e durante gli anni ‟50 e ‟60 l‟equilibrio non viene turbato (ad eccezione di Cuba). Da cosa sono caratterizzate le politiche dei paesi socialisti dal 1956 in poi? In Polonia: dopo il 1956, l‟agricoltura venne privatizzata, con scarsi risultati, mentre la crescita industriale rafforzò la classe operaia. Essa si strutturò progressivamente in un movimento politico, ma di ideologia antisocialista, e costitui un motivo di preoccupazione per il governo; In Ungheria: la classe dirigente riformista, imposta dopo la sconfitta della rivoluzione del 1956, cercò di ottenere gli obiettivi del 1956 entro limiti accettabili per l‟URSS; In Cecoslovacchia, dopo le purghe degli ultimi anni di Stalin (‟50-‟53), la situazione fu immobile e caratterizzata dal disagio: da un lato, gli slovacchi non si sentivano a proprio agio in uno stato che includeva due nazioni; inoltre, le istanze di liberalizzazione economica, politica e sociale, diffuse in tutto il blocco, erano particolarmente sentite non solo perché la fase staliniana era stata lunga e dura, ma anche perché molti cecoslovacchi (soprattutto intellettuali) erano turbati dal contrasto tra il comunismo teorico e la realtà del regime. Ai tempi del nazismo, infatti, il Partito comunista, cuore della resistenza, aveva attirato soprattutto giovani caratterizzati da un idealismo fatto di devozione e abnegazione. I riformisti, interpretando gli umori del tempo, coniarono una felice espressione passata alla storia: “socialismo dal volto umano”. Facoltà di Psicologia Come al solito, la riforma venne dall‟alto, cioè dal Partito, che diede vita nel 1968 ad un periodo di liberalizzazione, la “Primavera di Praga”. Preceduta e accompagnata da fermenti e agitazioni politico-culturali, coincise con l‟esplosione mondiale della contestazione studentesca. Non si può dire se il “Programma d‟azione” cecoslovacco potesse essere accettabile o meno per i sovietici, anche se prevedeva la rimozione del partito unico e la pericolosa introduzione di una democrazia pluralista. La coesione e l‟esistenza del blocco nell‟Est Europa, comunque, parvero in gioco. I regimi più intransigenti, privi dell‟appoggio delle masse, come quello della Polonia e della Germania orientale, temevano che l‟esempio avrebbe prodotto la destabilizzazione al loro interno. In compenso, i cecoslovacchi furono appoggiati dalla maggioranza dei partiti comunisti europei, dai riformisti ungheresi e dal regime indipendente di Tito in Jugoslavia, come pure dalla Romania che, dal 1965, aveva cominciato a prendere le distanze da Mosca sotto Ceausescu (in realtà, più un nazionalista che un riformatore). Facoltà di Psicologia Quando Tito e Ceausescu fecero visita a Praga la folla li accolse in modo trionfale. A quel punto Mosca (sotto Breznev, 1964-82) decise di rovesciare il regime di Praga con la forza militare. Questo gesto segnò la fine del ruolo di Mosca come guida del movimento comunista internazionale, ruolo già messo in discussione dalla crisi del 1956. Facoltà di Psicologia Sul piano economico, da cosa dipende il bisogno di riforme e in che misura esse vengono attuate? Con quali risultati? Nell‟Età dell‟oro le economie sviluppate non socialiste crescevano e prosperavano. Se i rapporti fra economie centralizzate e di mercato non erano impensabili (la Finlandia, ad esempio, nel 1983 avrebbe ricevuto dall‟URSS un quarto delle sue importazioni e vi avrebbe inviato una quota simile di esportazioni), la coesistenza dei due sistemi (privato e collettivo) creò disastri, come in Germania, dove il tasso di crescita rallentò e il PNL calò. Negli anni ‟60, quasi dovunque vennero effettuati tentativi per rendere più elastico il sistema attraverso una decentralizzazione. Ad eccezione delle riforme ungheresi, i provvedimenti non ebbero successo e, talvolta, furono solo abbozzati o (come in Cecoslovacchia) impediti. Di conseguenza, quando l‟economia mondiale entrò in un nuovo periodo di instabilità negli anni ‟70, nessuno si aspettava più che le economie del “socialismo reale” sorpassassero o raggiungessero quelle capitaliste. Facoltà di Psicologia Lezione 21 Quali problemi interessano l’economia mondiale al termine dell’Età dell’Oro, a partire dal 1973? Quali difficoltà caratterizzano la loro interpretazione? Dopo il 1973 (con la fine dell‟Età dell‟Oro) il mondo perde i suoi punti di riferimento e scivola nell‟instabilità. Tale crisi, nelle regioni non comuniste e avanzate, non venne riconosciuta né tanto meno ammessa, se non quando i paesi del “socialismo reale” crollarono (1990). Per molti anni le difficoltà vennero considerate soltanto “recessioni”: non era stato spezzato il tabù sulle parole “depressione” o “crollo”, che evocavano gli anni ‟30. Solo negli anni ‟80 divenne chiaro quanto si fossero sgretolate le fondamenta dell‟Età dell‟oro. Al limite, si ammetteva che le recessioni degli anni ‟80 fossero le più serie “da cinquant‟anni”: tale locuzione evitava di specificare il punto di riferimento, cioè proprio gli anni della catastrofe. In breve, i trucchi del linguaggio pubblicitario, tipici dell‟economia di mercato, avevano contagiato il linguaggio politico. Solo negli anni ‟90 vi fu un‟esplicita ammissione (in Finlandia) che le difficoltà economiche in corso erano le peggiori dagli anni ‟30. Quali fattori stabilizzanti dell’economia rendono questa crisi difficile da spiegare? Il controllo computerizzato delle scorte di magazzino, migliori comunicazioni e trasporti più veloci riducevano l‟instabilità dovuta al “ciclo di rotazione delle scorte” della vecchia produzione di massa. In passato, enormi quantitativi di merce venivano immobilizzate in magazzino per renderle disponibili in caso di espansione della domanda; quando le scorte dovevano svendersi in periodi di contrazione della domanda, si bloccava la produzione. Il nuovo metodo, inventato dai giapponesi e possibile grazie alle tecnologie degli anni ‟70, consisteva nel diminuire le merci immagazzinate e produrre solo una quantità sufficiente per rifornire tempestivamente i commercianti. L‟economia veniva anche stabilizzata dal reddito privato derivante dalla spesa pubblica (per i servizi): queste spese ammontavano a un terzo del PNL e in tempi di crisi crebbero, perché salirono i costi dei sussidi, delle pensioni e dell‟assistenza. In che modo tale crisi si esplica nelle diverse aree del pianeta? Nel mondo capitalista: la crescita economica continuò, ma più lentamente e con brevi periodi di stagnazione, nelle recessioni del 1973-5 e del 1981-3. Il commercio continuò e durante gli anni ‟80 accelerò. Alla fine del Secolo, i paesi capitalistici sviluppati erano più ricchi e produttivi e l‟economia mondiale più dinamica. In altre aree del pianeta la situazione era meno rosea: - In medio oriente: la crescita del PNL pro capite si fermò, dando vita ad una depressione che fece dilagare la povertà. - Il blocco comunista durante gli anni ‟80 conobbe una crescita che subì un brusco arresto dopo il 1989, generando una crisi addirittura peggiore di quella del 1929, in quanto caratterizzata dalla disintegrazione dell‟intero tessuto economico e sociale. - In Oriente, la crescita spettacolare dell‟economia cinese e di quasi tutta l‟Asia orientale e sudorientale (con l‟eccezione del Giappone degli anni ‟90) ne fece la regione più dinamica dell‟economia mondiale. In generale, i problemi sui quali si era concentrata la critica al capitalismo prima della guerra e che l‟Età dell‟oro aveva eliminato per una generazione (povertà, disoccupazione di massa, miseria e instabilità) ricomparvero. Che politiche adottano i governi per fronteggiare la crisi del dopo 73 (fine dell’età dell’Oro) e con quali esiti? Nei paesi capitalisti sviluppati, la presenza di sistemi assistenziali permise di evitare disordini sociali, ma il rallentamento della crescita economica schiacciò le finanze sotto il peso della spesa sociale. Quasi nessun governo riuscì a ridurre la spesa pubblica o controllarla; neppure quelli più contrari allo stato assistenziale. Il capitalismo non aveva tanto smesso di funzionare, bensì era diventato incontrollabile: nessuno seppe, da allora, come affrontare le variazioni capricciose dell‟economia. I governi, peraltro, non seppero riconoscere la crisi; negli anni ‟70, dunque, guadagnarono tempo continuando ad applicare le ricette keynesiane. Rimasero in carica molti governi socialdemocratici intervallati da brevi parentesi conservatrici che non ebbero successo. Da cosa è caratterizzata l’opposizione fra keynesiani e neoliberisti (dopo l’età dell’Oro)? In che senso si tratta di “ideologie”? - i keynesiani sono socialdemocratici - Ad essi si oppone una minoranza dei liberisti. I liberisti aquisiscono visibilità col conferimento del Nobel per l‟economia a Von Hayek nel 1974. La battaglia fra le due correnti di pensiero non è puramente economica ma costituisce uno scontro fra ideologie caratterizzate da una concezione a priori della società: - i neoliberisti: contestano i valori “svedesi” di uguaglianza e solidarietà, - le sinistre keinesiane: contestano l‟egoismo antisociale “thatcheriano”; Dal 74 in poi i neoliberisti, sostenitori del libero mercato, passarono all‟offensiva, anche se giunsero ad influenzare politiche governative soltanto dagli anni ‟80. Caso particolare fu costituito dal Cile, dove la dittatura militare e terrorista di Augusto Pinochet, nata nel 1973 per un golpe militare appoggiato dagli USA contro il governo popolare di Salvador Allende, permise ai consiglieri americani di instaurare un‟economia liberista senza regole, dimostrando palesemente l‟assenza di connessione tra libero mercato e democrazia (come invece voleva la retorica della Guerra fredda). Facoltà di Psicologia La battaglia fra le due scuole non era puramente tecnica. Si trattava, piuttosto, di una guerra fra ideologie nascoste dietro argomenti economici: i keynesiani sostenevano che gli alti salari, il pieno impiego e lo stato assistenziale creano domanda e stimolano la produzione; i neoliberisti, che le politiche stataliste non consentono il controllo dell‟inflazione, la riduzione dei costi e la crescita dei profitti, motore della crescita, e che il libero mercato, lasciato a sé, tende a distribuire crescita e ricchezza (teoria della “mano invisibile” di A. Smith). In entrambi i casi era in gioco una concezione a priori della società. I neoliberisti diffidavano di un paese socialdemocratico come la Svezia, nonostante lo sviluppo economico spettacolare. Essi contestavano, a prescindere dai risultati, “il modello svedese” coi suoi valori di uguaglianza e solidarietà. Di contro, la sinistra avversava il governo della Thatcher, nonostante i suoi successi economici, perché era fondato su un egoismo antisociale. Il “fondo” delle teorie era costituito, insomma, da posizioni non confutabili. Facoltà di Psicologia Se i neoliberisti non si fanno commuovere dalle ingiustizie sociali di un capitalismo selvaggio neppure quando non produce ricchezza, il caso del Giappone degli anni „80 dimostra quanto il successo capitalistico giovi di una distribuzione egualitaria: esso si appoggiò su un divario sociale più basso rispetto a ogni altro paese capitalista, compresa la Svezia. Un altro esempio storico, quello di “Mani pulite” in Italia, rappresenta quanto importante sia l‟aspetto etico in politica: l‟elettorato italiano si ribellò alla corruzione del sistema politico e lo disintegrò disertando le urne nel 1992. In ogni caso, i keynesiani non ebbero successo. Vincolati dal loro impegno per piena occupazione, stato assistenziale e politiche di consenso sociale, furono schiacciati tra le richieste dei capitalisti e quelle dei lavoratori, difficili da contemperare durante una recessione. Negli anni ‟70 e ‟80 la socialdemocratica Svezia mantenne l‟occupazione attraverso il sovvenzionamento delle industrie e un‟espansione del pubblico impiego; il sistema assistenziale si allargò, ma fu necessario abbassare il tenore di vita degli operai, imporre tasse sui redditi più alti e indebitarsi. Queste misure provvisorie furono capovolte alla fine degli anni ‟80, quando il “modello svedese” iniziò a perdere credito. Neanche i neoliberisti seppero affrontare la crisi, come fu evidente negli anni ‟80. Era facile attaccare le politiche keynesiane, dato che queste non erano più tenute a galla dalla crescita della ricchezza, dell‟occupazione e delle entrate fiscali. Perfino la sinistra britannica dovette ammettere che le destatalizzazioni della Thatcher erano necessarie. La convinzione che lo stato non fosse “la soluzione, ma il problema” (Reagan), non bastava però a creare una politica economica alternativa, soprattutto in un mondo in cui la spesa pubblica ammontava a un quarto del prodotto nazionale lordo (USA) o al 40% (Europa). Essa poteva essere gestita con criteri imprenditoriali ma non poteva funzionare secondo la logica del libero mercato. Alla fine, quasi tutti i governi neoliberisti furono obbligati a gestire e dirigere le proprie economie, proprio mentre affermavano il contrario: il più grande dei regimi neoliberisti, gli USA del presidente Reagan, di fatto usò metodi keynesiani per uscire dalla depressione del 1979-82; quello più ideologico, la Gran Bretagna della Thatcher, tassò i cittadini in misura maggiore rispetto ai laburisti, aumentando il peso dello stato. Entrambi furono, paradossalmente, nazionalisti e diffidenti: una contraddizione in termini, datala fiducia che comporta la fede nella bontà del libero mercato. Facoltà di Psicologia Di fatto non ci fu un‟unica politica neoliberista, tranne che dopo il 1989 negli ex stati socialisti dell‟area sovietica, dove, seguendo il consigli di superesperti economici occidentali, si fecero tentativi disastrosi per convertire da un giorno all‟altro l‟economia statalista in un‟economia di libero mercato. L‟entusiasmo neoliberista, comunque, non sopravvisse alle contrazioni dell‟economia mondiale degli anni ‟90 e fu messo a tacere dalla scoperta che l‟economia più dinamica dopo la caduta del blocco sovietico era quella della Cina comunista. Quali sono le caratteristiche dell’economia mondiale che sanciscono il fallimento del modello keynesiano? In che modo tali caratteristiche sono legate alla nascita delle “sottoclassi” nelle economie di mercato avanzate? Ciò che minò più profondamente il modello keynesiano fu la mondializzazione dell‟economia dopo il 1970, che pose i governi alla mercé di un “mercato mondiale” incontrollabile. Le fluttuazioni coincisero con sconvolgimenti strutturali del sistema di produzione, che non solo venne “transnazionalizzato” ma anche trasformato dalla rivoluzione tecnologica. Si presumeva che la crescita dell‟economia, resa possibile dalla rivoluzione industriale, avrebbe creato nuovi posti di lavoro, rimpiazzando la perdita dei vecchi. L‟Età dell‟oro aveva confermato questi ottimismi, ma i decenni di crisi eliminarono manodopera perfino in settori in espansione. La disoccupazione non fu ciclica, ma strutturale: i posti di lavoro non vennero recuperati. Questo fenomeno non fu determinato soltanto dal trasferimento delle industrie verso i nuovi paesi industriali, dove i salari erano più bassi, bensì dalla vittoria della logica dell‟automazione: prima o poi, anche l‟operaio meno pagato sarebbe risultato più costoso di una macchina. In una logica competitiva, le macchine vincevano l‟uomo, in quanto possono essere migliorate e i loro costi ridotti, mentre un uomo non può durare a lungo senza la “manutenzione” del compenso. Facoltà di Psicologia La produzione eliminava manodopera più in fretta di quanto l‟economia di mercato generasse posti di lavoro. Questo processo fu accelerato dalla competizione mondiale, dalle difficoltà finanziarie dei governi, dei datori di lavoro e, dopo il 1980, dai fautori del libero mercato. Questi insistevano affinché i settori improduttivi dei paesi venissero trasformati in imprese aventi come fine i profitti. In tal modo, la manodopera veniva trasferita ad aziende private, interessate esclusivamente al proprio utile. Governi ed enti pubblici cessarono di svolgere la funzione di datori di lavoro da “ultima risorsa”: il declino dei sindacati, indeboliti sia dalla depressione che dall‟ostilità dei governi neoliberisti, accelerò questo processo, dal momento che la protezione dei posti di lavoro era una delle loro funzioni principali. L‟economia mondiale si stava espandendo, ma si era rotto quell‟automatismo per cui l‟espansione produceva occupazione per uomini e donne senza qualifica. Facoltà di Psicologia I contadini, che per tuta la storia avevano formato la maggioranza del genere umano, erano diventati eccedenti a seguito della rivoluzione agricola. In passato, i milioni di contadini di cui non c‟era più necessità in agricoltura erano stati facilmente assorbiti da altri settori occupazionali, che richiedevano solo la disponibilità a lavorare. Ora, diventati di nuovo eccedenti, potevano essere formati per lavori di livello più alto, come quelli in campo informatico; la maggior parte di questi lavori esigeva, però, un alto grado di specializzazione (addirittura universitario) e i posti non bastavano a compensare le perdite. Nei paesi capitalistici ricchi, la manodopera in esubero ripiegò sull‟assistenza pubblica e i lavoratori assistiti diventarono oggetto del disprezzo di coloro che sapevano di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro. Nei paesi poveri, i disoccupati entrarono nella oscura ma vasta area dell‟economia “sommersa” o “parallela”: lavoretti, servizi, espedienti, compravendite, furti. Si ricreò una “sottoclasse” separata e segregata, portatrice di problemi sociali considerati insolubili ma anche secondari, in quanto propri di una minoranza. di Psicologia Lezione 22 Quali sono i motivi delle tensioni dei “Decenni di crisi” e come si esprimono socialmente e culturalmente? Negli anni della crisi, fu la combinazione di fase depressiva e ristrutturazione produttiva a generare tensioni sociali nel mondo capitalistico Ciò in quanto tale combinazione fece mancare il lavoro a una generazione abituata al pieno impiego. In particolare, - negli anni ‟80 furono soprattutto gli operai ad essere colpiti dalla crisi, - gli anni ‟90 furono il turno dei settori impiegatizi e professionali. Ciò significava perdere ogni punto di riferimento, considerato anche lo sgretolamento dei vecchi modi di vita avvenuto grazie alla rivoluzione sociale. A livello sociale: non è un caso se, dei dieci più grandi omicidi di massa della storia americana, otto siano avvenuti dopo il 1980, in genere per opera di uomini bianchi di mezza età dai trenta ai cinquant‟anni, vissuti in uno stato di solitudine, frustrazione e rabbia, o vittime di una catastrofe esistenziale: rimanere disoccupati dopo essersi trasferiti per lavoro in età non più giovanile significava non aver dove tornare. A livello culturale: La precarietà generò un sentimento di odio diffuso che venne a galla nella musica degli anni ‟80 (ad es., il rap, il trash metal) e si manifestò nella crescente crudeltà esplicita di film (ad es., gli horror) e programmi televisivi. Perché i partiti socialdemocratici decadono nell’età della crisi? Quali forze prendono il loro posto? Quale finisce per essere l’atteggiamento delle masse nei confronti della politica? Disorientamento e insicurezza produssero fratture e spostamenti nella politica ed in particolare i primi sconfitti furono socialdemocratici e laburisti, il cui strumento per soddisfare le richieste dei propri elettori – cioè la politica economica e sociale dei governi – si era indebolito. Nella nuova economia transnazionale, i salari e gli stipendi erano esposti alla competizione straniera e la capacità dei governi di proteggerne il potere d‟acquisto era diminuita. Facoltà di Psicologia In tale fase, tra gli elettori socialdemocratici: - chi godeva di un lavoro relativamente sicuro si pose contro chi temeva di perderlo; - chi viveva e lavorava nelle vecchie aree sotto la protezione dei sindacati si pose contro chi viveva in nuove aree meno minacciate dalla crisi e non sindacalizzate. Oltre a ciò, dagli anni ‟70 molti giovani di estrazione sociale media abbandonarono la sinistra per aderire a movimenti dalla natura più settoriale – ambientalisti, femministi, ecc. – indebolendo la sinistra tradizionale. di Psicologia Nuove forze politiche si sono insediate nel vuoto lasciato dai socialdemocratici : - i partiti xenofobi e razzisti di destra, - partiti secessionisti (su base etnico-nazionale ma non solo), - partiti “verdi” - altri movimenti sociali sedicenti di sinistra. Molte di queste nuove realtà ottennero una presenza significativa, talvolta persino un predominio regionale, anche se nessuna ha rimpiazzato i vecchi gruppi. Le più influenti hanno respinto le ideologie universalistiche delle politiche democratiche e liberali, in favore di una qualche identità di gruppo; ne deriva un‟ostilità viscerale per gli stranieri e per gli immigrati, nonché per gli stati nazionali accentratori, nati dalle tradizioni rivoluzionarie americana e francese. Facoltà di Psicologia L‟importanza di questi movimenti non risiede tanto nelle loro proposte positive, quanto nel rifiuto della “vecchia politica”. Esempi di negazione anti-politica furono, ad esempio, il successo della Lega Nord in Italia o le elezioni presidenziali americane del 1992, caratterizzate da un 20% di voti a favore del ricco texano Ross Perot, estraneo ai partiti. à di Psicologia Per quale motivo la crisi viene avvertita improvvisamente nel blocco sovietico? In che modo il crollo politico del blocco rappresenta un problema economico mondiale? La crisi, nei Paesi del II Mondo, venne dapprima occultata, cosicché il mutamento risultò improvviso sia: - in Cina (dopo la morte di Mao, nel ‟76) - in URSS (dopo la morte di Breznev, nell‟82). Il massiccio ricorso dell‟URSS al mercato internazione del grano e l‟impatto delle crisi petrolifere degli anni ‟70 resero evidente la fine del “campo socialista” come economia regionale autonoma. Il disordine derivante dal crollo del blocco sovietico non fu dunque soltanto politico, ma economico: crollarono la divisione interregionale del lavoro e la rete di reciproche dipendenze nella sfera sovietica, costringendo paesi a fare i conti in proprio con un mercato mondiale che non erano in grado di affrontare. L‟Occidente, a sua volta, era altrettanto impreparato a integrare nel mercato i resti del vecchio sistema comunista: - la Comunità europea non ha mostrato alcuna volontà di integrare paesi ex socialisti fino al 2004; - la Finlandia, che nel dopo guerra aveva conosciuto un successo economico spettacolare anche grazie ai commerci con l‟URSS, entrò in crisi; - la Germania, maggiore potenza economica europea, sottopose a tensioni enormi l‟economia propria e quella europea, perché sottovalutò i costi dell‟assorbimento dei sedici milioni di tedeschi dell‟Est. Si trattava, per lo più, di conseguenze inaspettate. Facoltà di Psicologia Nel 1980 economisti comunisti giunsero a pubblicare all‟interno del regime analisi negative sui sistemi economici socialisti. Più difficile è identificare il periodo in cui i dirigenti comunisti rinunciarono alla fede nel socialismo, perché dopo il 1989-91 tendevano ad anticipare nelle dichiarazioni la data dell‟abiura. È comunque certo che molti riformatori avrebbero voluto abbandonare il leninismo, anche se pochi lo ammettevano (tra questi il PCI italiano, motivo d‟ispirazione per i riformatori dell‟Est). Essi avrebbero voluto trasformare il comunismo in una socialdemocrazia occidentale: il loro modello era Stoccolma. Tuttavia, la crisi dei sistemi comunisti coincise con la crisi del capitalismo dell‟Età dell‟oro, che significò anche crisi dei sistemi socialdemocratici. Il crollo repentino del comunismo, inoltre, fece sembrare indesiderabile un faticoso programma di trasformazione graduale e ciò fu alla base del trionfo degli ideologi integralisti del libero mercato: lo sfrenato liberismo divenne perciò l‟ideologia ispiratrice dei regimi post-comunisti, irrealizzabile e disastrosa. Facoltà di Psicologia Gli effetti della crisi sui paesi del Terzo mondo furono assai diversi, ma una generalizzazione è possibile: dal 1970 quasi tutti sono sprofondati progressivamente nei debiti. - Nel 1970 i paesi con un debito superiore a un miliardo erano solo dodici e nessuno aveva debiti superiori a 10 miliardi; - nel 1980 sei paesi avevano un debito pari o maggiore di tutto il loro PNL; - nel 1990, ventiquattro. Tra di essi figuravano tre “giganti” del debito internazionale (dai 60 a 110 miliardi di dollari), cioè il Brasile, il Messico e l‟Argentina. Facoltà di Psicologia I debiti non venivano saldati, ma le banche non se ne preoccupavano in quanto il tasso d‟interesse a loro favore era del 9,6%. Negli anni ‟80, tuttavia, l‟intero mondo entrò in panico quando, a cominciare dal Messico, i più grossi debitori non poterono più pagare gli interessi. Il sistema bancario occidentale fu sull‟orlo del collasso: parecchie delle più grandi banche avevano prestato denaro con una tale larghezza negli anni ‟70 che, tecnicamente, ora erano in bancarotta. Fortunatamente, i tre giganti del debito non seppero agire congiuntamente; furono perciò stipulati accordi separati, che garantirono la solvibilità. I debiti, insomma, rimasero, ma non costituirono più una minaccia. Fu il momento più pericoloso per l‟economia mondiale capitalistica dopo il 1929. Facoltà di Psicologia Nel frattempo, le risorse dei paesi poveri non aumentavano. Gli operatori dell‟economia mondiale capitalistica, che sostenevano logiche di profitto, decisero nei decenni di crisi di escludere dalle iniziative gran parte del Terzo mondo. Gli investimenti stranieri si assottigliarono fino a scomparire. Gli unici investimenti massicci (da circa un miliardo di dollari) riguardavano solo quattro paesi nell‟Asia orientale (Cina, Thailandia, Malesia, Indonesia) e tre in America latina (Argentina, Messico, Brasile). Beninteso, l‟economia mondiale non trascurò del tutto le regioni emarginate: alcune, più piccole e suggestive, divennero paradisi turistici o fiscali; altre vennero rivalutate in seguito alla scoperta della presenza di risorse naturali. Il resto del Terzo mondo rimase fuori dall‟economia. Persino all‟interno dell‟area dell‟ex URSS si creò un divario tra distretti o repubbliche ricchi di risorse e non; il Secondo mondo stava diventando Terzo mondo e il divario tra paesi ricchi e poveri (“paesi meno sviluppati”, classificati dall‟ONU in base a un PNL annuo pro capite inferiore ai 300 dollari) si andava allargando. à di Psicologia Lezione 23 In che senso gli stati nazionali conoscono una progressiva crisi a partire dal Novecento? Cosa succede al loro interno? L‟affermarsi dell‟economia transnazionale pregiudicò il funzionamento dello stato nazionale territoriale, che non poteva più controllare se non una parte sempre più piccola degli affari economici. Di conseguenza, organizzazioni il cui campo d‟azione era vincolato alle frontiere nazionali, come sindacati, parlamenti e reti di comunicazione televisiva e radiofonica persero importanza, mentre ne guadagnarono le multinazionali, il mercato valutario internazionale, i sistemi di comunicazione. La scomparsa delle superpotenze, che potevano almeno controllare i paesi loro allineati, rafforzò questa tendenza. Perfino la funzione di ridistribuzione del reddito alla popolazione tramite stato assistenziale, sistema educativo e sanitario venne messa in discussione: i teologi del libero mercato si adoperarono affinché fosse il settore privato ad occuparsene. di Psicologia Questo indebolimento andò di pari passo con la nuova moda di spezzare gli stati nazionali in entità che pretendevano di essere nuovi stati nazionali più piccoli, basati per lo più sulla rivendicazione di qualche monopolio etnicolinguistico. Negli anni ‟70 questo fenomeno si diffuse notevolmente in Occidente (soprattutto Europa e Canada); con la crisi del comunismo si diffuse anche a est, dove dopo il 1991 si formarono più nuovi stati nazionali che in ogni altro momento del Secolo. In altre aree, come Afghanistan e Africa, il crollo e disintegrazione degli stati negli anni ‟80 e ‟90 non condussero a spartizioni ma a periodi di anarchia. Facoltà di Psicologia La tendenza alla spartizione fu paradossale, perché i nuovi ministati nazionali presentarono gli stessi inconvenienti di quelli vecchi, con la penale della dimensione svantaggiosa. Il solo modello di stato conosciuto è comunque rimasto quello di un territorio chiuso da frontiere e con istituzioni autonome: lo stato nazionale modellato nell‟epoca delle rivoluzioni borghesi (1789-1848). Cos’è il principio di autodeterminazione dei popoli e che uso ne viene fatto da parte dei secessionisti? Si tratta del diritto di un popolo all‟indipendenza e alla scelta del proprio regime politico, un principio a cui, a partire dal 1918 (cioè dal Trattato di Versailles che ha chiuso la Prima guerra mondiale) tutti i regimi hanno aderito. Sia l‟Europa, sia l‟URSS erano concepite come insiemi di tali stati. Nel caso dell‟URSS (e della Jugoslavia) si trattava di unioni di stati che in teoria conservavano diritto di secessione (a differenza degli Stati Uniti): quando si spezzarono, si adottarono le frontiere preesistenti l‟unione. Come si concretizza il tentativo da parte degli stati nazionali (negli anni 80) di difendere la propria autonomia dal mercato globale? Il nuovo nazionalismo rappresentava innanzitutto una resistenza degli stati nazionali contro il venir meno dei loro poteri. Il fenomeno divenne chiaro negli anni ‟80, di fronte a tentativi da parte di potenziali membri della Comunità Europea di conservare la propria autonomia senza uniformarsi a parametri comunitari in materie giudicate importanti il protezionismo, uno dei principali strumenti tradizionali di autodifesa dello stato nazionale, fu più debole rispetto all‟Età della catastrofe: il libero mercato era già realtà, a maggior ragione dopo la caduta delle economie stataliste. Parecchi stati, per proteggersi contro la competizione, svilupparono metodi clandestini: l‟esempio più impressionante fu l‟Italia, che riuscì a riservare la fetta più grossa del proprio mercato interno automobilistico alla Fiat. Facoltà di Psicologia Si verificarono battaglie ancor più accese quando i fattori in gioco erano culturali: francesi e tedeschi, ad esempio, sovvenzionarono le loro agricolture non solo per i voti dei contadini, ma anche perché all‟agricoltura erano legati paesaggi, tradizioni, caratteri nazionali. I francesi, sostenuti dagli altri paesi europei, assunsero un atteggiamento ostile nei confronti del mercato audiovisivo mondiale non solo per paura della concorrenza americana, ma soprattutto per preservare l‟arte del cinema francese. Vi sono, insomma, beni di valore che gli stati nazionali non possono sacrificare alla logica del mercato. Facoltà di Psicologia Un secondo elemento a fomentare il separatismo fu: l‟egoismo collettivo della ricchezza, deriva delle disparità economiche. I governi si erano assunti la responsabilità di promuovere lo sviluppo di tutto il loro territorio e perciò avevano ripartito le risorse in modo che le regioni più povere e arretrate venissero sovvenzionate da quelle più ricche. La Comunità Europea si dimostrò realistica tanto da ammettere al proprio interno stati il cui stato non avrebbe imposto sforzi eccessivi agli altri (tale realismo mancò, invece, nella creazione dell‟Area di libero commercio del Nordamerica nel 1983, che unì USA e Canada al ben meno ricco Messico). Quali sono le ragioni di fondo dei movimenti separatisti nell’Europa di fine secolo? Quanto alla Jugoslavia, la pressione venne dalle repubbliche “europee” del Nord, ovvero la Slovenia e la Croazia; la Slovacchia fu divisa dalla Repubblica ceca, che si proclamava “occidentale”; In Spagna le regioni che ospitano movimenti separatisti come Catalogna e Province Basche sono tra le più ricche e sviluppate. In Italia, esempio di partito separatista per ragioni economiche è la Lega Lombarda (1982), confluita nella Lega Nord nel „91, che si prefigge la secessione del settentrione e della capitale economica Milano, da Roma, capitale politica. La retorica della Lega, caratterizzata dall‟appello a un glorioso passato medievale e al dialetto lombardo, rientra nel modello delle agitazioni nazionalistiche, ma la questione di fondo rimane il desiderio della regione più ricca di tenersi le proprie risorse. Facoltà di Psicologia In un terzo senso, il separatismo è una reazione alla “rivoluzione culturale”, cioè alla dissoluzione di tessuti sociali, norme e valori tradizionali. Di fronte ad essa, la parola “comunità” ha iniziato a usarsi in maniera vuota e indiscriminata (“intellettuale”, “delle pubbliche relazioni”, “gay”, ecc.). Cosa sono le “identità di gruppo” scoperte a partire dagli anni ’60? Cosa rappresentano da un punto di vista storico? Che retorica utilizzano? Le identità di gruppo sono insiemi ai quali un individuo si fa “appartenere” inequivocabilmente, che apparirono alla fine degli anni ‟60 negli USA. Molti di tali “insiemi” facevano appello a forme di etnicità, mentre altri, adottavano condotte di separatismo, adoperando tuttavia lo stesso linguaggio nazionalistico (ad es. “nazione gay”). La politica dell‟identità di gruppo non aveva una connessione intrinseca con “l‟autodeterminazione nazionale”. Una secessione, infatti, non avrebbe avuto senso negli USA per i neri africani o per gli italo americani (al massimo, potevano sviluppare un “nazionalismo di lunga distanza” a sostegno delle patrie originarie o adottive). Lo scopo di una politica d‟identità in società eterogenee è entrare in competizione per risorse gestite da uno stato non etnico: chi rappresenta gruppi specifici (latinoamericani, orientali, omosessuali), non vuole separazione ma attenzione. Facoltà di Psicologia L‟elemento che accomuna le politiche di identità etnica e il nazionalismo etnico è l‟insistenza che l‟identità di un gruppo consista in caratteristiche esistenziali, ritenute primordiali, immodificabili e personali, condivise col solo gruppo. Questa esclusività “compensa” il fatto che le differenze effettive si siano attenuate: tratti che in passato identificavano, ad esempio, gli ebrei (tra cui la discriminazione nei loro confronti) sono pressoché scomparsi. In sostanza, politiche dell‟identità e nazionalismi non costituiscono programmi, ma reazioni emotive; a loro volta, queste evidenziano il bisogno di meccanismi istituzionali capaci di rispondere efficacemente ai problemi della globalizzazione. Per questo scopo sono nati gli enti internazionali. Qual è la funzione degli enti internazionali e quale la loro efficacia? Da quando nel 1945 furono istituite le Nazioni Unite (ONU), diversi enti internazionali hanno visto la luce, in base al presupposto, poi smentito, che gli USA e l‟URSS avrebbero continuato a prendere decisioni globali di comune accordo. L‟ONU è diventata un‟associazione cui uno stato deve appartenere se vuol ottenere il riconoscimento della propria sovranità. Il bisogno sempre maggiore di coordinazione globale (indispensabile, fra l‟altro, per risolvere problemi come quello ambientale) ha portato alla moltiplicazione degli organismi internazionali. Dagli anni ‟70 agli anni ‟80 il numero delle organizzazioni interstatali e organizzazioni internazionali non statali è raddoppiato. Sfortunatamente, le uniche procedure per ottenere un‟azione congiunta, cioè i trattati firmati e ratificati separatamente da ogni stato, erano macchinose e inadeguate, come dimostrato dalle iniziative per preservare l‟Antartide dall‟inquinamento e per vietare la caccia alle balene. Inoltre, la debolezza degli strumenti veniva sottolineata dalla facilità della violazione: negli anni ‟80 l‟Iraq uccise migliaia di cittadini coi gas tossici, infrangendo una delle poche convenzioni rispettate, cioè il Protocollo di Ginevra del 1925 per la messa al bando della guerra chimica. Quali sono i due metodi più efficaci oggigiorno per indirizzare gli stati al perseguimento di politiche comuni? Facoltà di Psicologia I due modi di assicurare la possibilità di un‟azione internazione sono: - Il primo: l‟abdicazione volontaria della sovranità nazionale, da parte di stati di media grandezza bisognosi di sostegno, a favore di autorità soprannazionali. - Il secondo: le autorità finanziarie internazionali, istituite alla fine della seconda guerra mondiale sotto spinta dello stesso Keynes: principalmente il FMI (Fondo monetario internazionale) e la Banca mondiale. Qual è il ruolo dell’FMI e della Banca Mondiale?: l‟FMI (Fondo monetario internazionale) e la Banca mondiale sono autorità finanziarie internazionali. Essi, influenzati dal gruppo del G7 (poi G8), concedono prestiti a paesi in stato di bisogno, a condizione di adottare politiche neoliberistiche. Tali interventi causano instabilità politica nel Terzo mondo e provocheranno il collasso degli ex paesi socialisti dopo il 1990. di Psicologia Lezione 24 Quale fu la politica statunitense nei confronti del Terzo mondo, nel periodo della Guerra fredda? All‟inizio della Guerra fredda, il Primo mondo era generalmente stabile; eventuali disordini nel Secondo venivano compressi dal conservatorismo comunista e dalla minaccia sovietica; nel Terzo mondo, invece, solo l‟India e alcune ex colonie hanno evitato, dal 1950 in poi, conflitti armati intestini o addirittura colpi di stato militari per reprimere, impedire o promuovere rivoluzioni. Tale instabilità appariva evidente anche agli Stati Uniti, che si erano fatti protettori dello status quo e che associavano l‟instabilità al comunismo sovietico. Essi decisero di combattere questo pericolo con ogni mezzo, dagli aiuti economici alla propaganda ideologica, dall‟eversione militare alla guerra, preferibilmente alleandosi con regimi locali amici o corrotti, ma se necessario anche senza sostegno. Per questa ragione il Terzo mondo si configurò come una zona di guerra, mentre Primo e Secondo conobbero la più lunga epoca di pace dall‟Ottocento in poi. Che relazione vi fu, invece, fra l’URSS e i movimenti rivoluzionari del terzo mondo? Che effetto ebbe la crisi dell’autorità sovietica sulla configurazione e sul successo di tali movimenti? Il potenziale rivoluzionario del Terzo mondo era evidente anche ai regimi comunisti, se non altro perché i capi dei movimenti di liberazione coloniale tendevano a considerarsi socialisti, impegnati come l‟URSS a realizzare l‟emancipazione; coloro che avevano ricevuto un‟educazione occidentale si ritenevano perfino ispirati da Marx e Lenin, sebbene nel Terzo mondo partiti comunisti forti fossero rari e nessuno di essi fosse destinato a diventare la forza principale di liberazione (tranne che in Mongolia, Cina e Vietnam). Comunque, parecchi nuovi regimi si resero conto dell‟utilità del modello leninista e lo imitarono. Alcuni movimenti furono sciolti (Iraq e Iran, anni ‟50) o eliminati con massacri (Indonesia, 1965). Facoltà di Psicologia Per parecchi decenni l‟URSS concepì le proprie relazioni coi movimenti rivoluzionari e di liberazione del Terzo mondo in termini pragmatici, dal momento che non intendeva allargare la propria area. Tale politica non mutò neppure sotto Chruscev (1956-64), quando conquistarono potere movimenti rivoluzionari a Cuba (1959) e in Algeria (1962). La decolonizzazione africana portò anch‟essa al potere capi che si fregiavano del titolo di anti-imperialisti, socialisti e amici dell‟URSS, specialmente quando accettavano aiuti da essa in veste di potenza non colonialista: fu il caso di Lumumba nel Congo belga, il cui assassinio lo trasformò in un‟icona del Terzo mondo. Quando uno dei nuovi regimi, quello a Cuba di Fidel Castro, si proclamò comunista, l‟URSS lo prese sotto la sua ala protettrice, ma prestando attenzione a non danneggiare le relazioni con gli USA. Durante gli anni ‟70 l‟URSS si limitò a sfruttare congiunture favorevoli che non aveva creato: la speranza di Chruscev era infatti che il capitalismo venisse seppellito dalla superiorità economica del socialismo e non da un conflitto. Facoltà di Psicologia Quando la leadership sovietica iniziò ad essere messa in discussione, i partiti comunisti nel Terzo mondo mantennero una certa moderazione. Il nemico non era il capitalismo (non ancora sviluppato) ma gli interessi dei gruppi di potere locali e l‟imperialismo statunitense che li appoggiava. La via per la vittoria non era la lotta armata bensì un fronte popolare e nazionale (cioè l‟unione delle forze progressiste) nel quale accogliere una borghesia “nazionale”. La strategia parve vincente e, per questo, fu bloccata da colpi di stato militari, seguiti da repressioni terroristiche (Brasile 1964, Indonesia 1965, Cile 1973). Ciononostante e forse in virtù delle sue disavventure, il Terzo mondo, terra della maggioranza dell‟umanità, divenne il pilastro della speranza nella rivoluzione sociale. Esso alimentava gli ideali di cui partiti appartenenti alla tradizione illuministica avevano bisogno: fortezze di progresso non rivoluzionario quali i paesi scandinavi, l‟Olanda e il Consiglio mondiale delle Chiese protestanti si adoperarono appassionatamente per aiutare le forze progressiste nel Terzo mondo. Cosa rappresentò, invece, il Terzo mondo per i movimenti occidentali di tradizione illuministica? Forse in virtù delle sue disavventure, il Terzo mondo, terra della maggioranza dell‟umanità, divenne il pilastro della speranza nella rivoluzione sociale. Esso alimentava gli ideali di cui partiti appartenenti alla tradizione illuministica avevano bisogno: fortezze di progresso non rivoluzionario quali i paesi scandinavi, l‟Olanda e il Consiglio mondiale delle Chiese protestanti si adoperarono appassionatamente per aiutare le forze progressiste nel Terzo mondo. La Rivoluzione cubana Dopo il 1945, la forma principale di lotta rivoluzionaria nel mondo sembrò essere la guerriglia: ne ebbero luogo trentadue, tutte al di fuori del Nordamerica e dell‟Europa (tranne tre: Grecia, Cipro, Irlanda del Nord). A portare la guerriglia sulle prime pagine dei giornali fu un movimento relativamente piccolo, atipico ma di successo: il 1 gennaio 1959 a Cuba. Fidel Castro (1927- ), giovane forte e carismatico, proveniva da una buona famiglia di proprietari terrieri, aveva idee politiche confuse (perfino i suoi slogan, come “Victoria o muerte!”, mancavano di connotazione ideologica) ma era determinato a diventare l‟eroe della libertà contro la tirannia. Dopo un oscuro periodo trascorso nelle file dei gruppi studenteschi armati dell‟Università dell‟Avana, scelse la ribellione contro il governo del generale Fulgencio Batista. Facoltà di Psicologia Batista aveva partecipato, nel 1933, a un colpo di stato militare col grado di sergente; si era nuovamente insediato al potere nel 1952 e aveva abrogato la Costituzione, portando la corruzione nel governo. Fidel iniziò la sua lotta con un attacco a una caserma nel 1953; imprigionato e poi esiliato, passò al contrattacco insieme ad un gruppo di guerriglieri tornando sull‟isola e insediandosi nelle montagne. Ernesto “Che” Guevara (1928-1967), medico argentino e talentuoso capo guerrigliero, si mosse per conquistare il resto dell‟isola con 148 uomini (300 a impresa conclusa). Catturando Santiago (città dai mille abitanti) nel 1959, gli uomini di Fidel dimostravano che una forza irregolare poteva controllare un territorio piuttosto grande e difenderlo. D‟altra parte, l‟esercito di Batista era demoralizzato: il regime era fragile, privo di consenso e corrotto. Il suo crollo, insomma, fu la conseguenza di una determinazione generale da parte delle classi sociali e delle formazioni politiche. Quando Castro ereditò il governo, godette di una popolarità unica nella storia del Secolo. Facoltà di Psicologia I ribelli latino-americano negli anni ‟50 si ritrovarono ad attingere non solo alla retorica dei liberatori dell‟Ottocento (come Bolivar), ma si collegarono anche alla tradizione di sinistra anti-imperialista e rivoluzionaria, successiva alla Rivoluzione Sovietica del 1917. Essi erano sia a favore di una “riforma agraria” sia contro gli USA. Benché radicali, tuttavia, né Fidel né i suoi sostenitori erano comunisti. Infatti, il Partito comunista cubano non dimostrò simpatia per Fidel, finché parte di esso non lo seguì freddamente nella sua lotta. Persino i sospettosi Stati Uniti finirono per riconoscere l‟estraneità di Fidel al comunismo. Facoltà di Psicologia Malgrado ciò, l‟ideologia rivoluzionaria e l‟acceso anticomunismo degli USA negli anni del maccartismo spingeva Cuba a simpatizzare per i comunisti, in quanto questi ultimi erano i soli ad assumere un‟esplicita posizione anti-imperialistica. La Guerra fredda fece il resto: Cuba poteva contare sull‟URSS in caso di conflitti con gli USA; inoltre, Fidel aveva bisogno di organizzare il proprio governo, che per ora si reggeva solo sui suoi discorsi informali in pubblico, e il Partito comunista poteva fornire validi schemi organizzativi. Alla fine, nel 1960, prima che Fidel diventasse convintamene comunista, gli USA decisero di trattarlo come tale e la CIA (agenzia di spionaggio estero) fu autorizzata a predisporre un piano per rovesciarlo; nel 1961 fu tentato un attacco, ma si rivelò un fallimento. Cuba sopravvisse, isolata dall‟embargo statunitense e dipendente dall‟URSS. Attirò la simpatia della sinistra nei paesi dell‟emisfero occidentale e nei paesi avanzati, “pubblicizzando” nel mondo la strategia guerrigliera come strumento rivoluzionario grazie a fattori oggettivamente “attraenti” come l‟eroismo, le figure romantiche di capi studenti, un popolo osannante, l‟ambiente paradisiaco dei tropici. In che modo la Rivoluzione cubana finì per fare da “propaganda” alla guerriglia? Che effetto ebbe sui giovani latinoamericani? E in Europa? La rivoluzione cubana ispirò gli intellettuali militanti latinoamericani, incoraggiando l‟insurrezione di tutto il continente, caldeggiata da “Che” Guevara. Gruppi di giovani entusiasti si lanciarono in imprese di guerriglia sotto lo stendardo di Fidel, Trockij o Mao. Tranne che in America centrale e in Colombia, dove potevano far leva su una base contadina di sostegno, la maggior parte fallì, lasciando dietro molti cadaveri, fra i quali quello dello stesso Che (Bolivia). La strategia fu impostata nel peggiore dei modi, considerato il successo di altri movimenti efficaci e durevoli, come le FARC (Forze armate della rivoluzione colombiana, 1964 ufficialmente comuniste, e il movimento peruviano di ispirazione maoista Sendero Luminoso. Facoltà di Psicologia Di rado i movimenti di guerriglia furono movimenti di rivolta contadina (escluse le FARC). Essi furono formati soprattutto da giovani intellettuali, provenienti dalle classi medie. La stessa composizione li caratterizzava in Europa, ad eccezione dei movimenti di guerriglia dei “ghetti” come l‟IRA in Irlanda del Nord o le Pantere Nere negli Stati Uniti, formati da ragazzi di strada. La guerriglia urbana era più facile di quella rurale, poiché non necessitava di una complicità di massa, ma poteva sfruttare l‟ambiente anonimo della grande città, l‟uso del denaro e un minimo di simpatizzanti, per lo più ceti medi: questi gruppi “terroristici” riuscirono ad attuare colpi di grande effetto pubblicitario, un gran numero di rapine per autofinanziarsi, nonché uccisioni spettacolari (come quella del leader politico italiano Aldo Modo, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978), ma non innescarono alcuna rivoluzione. Facoltà di Psicologia In ogni caso, persino in America latina, le forze più importanti non furono i guerriglieri bensì i politici civili a capo dei partiti e gli eserciti nazionali. La moda dei regimi militari di destra, che cominciò a diffondersi negli anni ‟60 in molti stati sudamericani, non fu infatti una reazione antirivoluzionaria. A cosa furono dovuti i colpi di stato in Argentina e in Cile? In Argentina i militari rovesciarono nel 1955 il capo populista Juan Domingo Perón (1895- 1974) che aveva basato la propria forza sull‟appoggio delle organizzazioni sindacali e sulla mobilitazione dei poveri; Quando Perón tornò dall‟esilio nel 1973, dimostrò di nuovo di quanta popolarità godesse nel paese. I militari, dopo la sua morte (1974), ripresero il potere e imposero un regime basato sulla repressione sanguinosa e sulla tortura (famosi sono i “desaparecidos”, contestatori del regime buttati nell‟oceano da un aereo), nonché sulla retorica patriottica, finché furono costretti all‟esilio, in seguito alla sconfitta subita nella guerra contro l‟Inghilterra della Thatcher nel 1982, per il possesso delle isole Falkland (o Malvine). Facoltà di Psicologia In Cile il fronte popolare costituito dalla sinistra unita dei socialisti, dei comunisti e di altre forze progressiste aveva vinto le elezioni negli anni ‟30. Nel 1973 il governo del presidente socialista Salvador Allende venne destabilizzato e rovesciato da un colpo di stato militare, appoggiato dagli USA, che introdusse in Cile i tratti tipici dei regimi militari degli anni ‟70: esecuzioni; massacri; tortura sistematica dei prigionieri; esilio in massa degli oppositori. Il capo militare del regime, il generale Pinochet, rimase al potere per diciassette anni, nei quali impose una politica economica ultraliberista, dando dimostrazione che il liberismo economico non è necessariamente legato al liberalismo politico e alla democrazia. Facoltà di Psicologia Lezione 25 Cos’è il “terzomondismo”? Quali erano gli eroi della generazione giovanile del ’68? Il “terzomondismo”: è una posizione secondo cui la rivoluzione mondiale deve iniziare dalla liberazione del mondo povero sfruttato dal (neo)colonialismo delle grandi potenze. E‟ una posizione che cattura molti intellettuali di sinistra dei paesi sviluppati e che costituisce una compensazione per il fallimento dell‟idea rivoluzionaria del 1917; Le guerriglie nel Terzo mondo funsero da ispirazione per gli studenti del ‟68. e le icone delle manifestazioni studentesche furono: - Che Guevara, - il filosofo Marcuse - il rivoluzionario vietnamita Ho Chi Minh. Quali caratteristiche rendevano gli studenti “pericolosi” per lo estabilishment politico? L‟impeto destabilizzante del ‟68 sorprese e spaventò l‟establishment politico dei paesi capitalisti sviluppati, in quanto nessuno, sino ad allora, aveva preso sul serio la prospettiva classica di una rivoluzione di massa; L‟onda si abbatté su tutti e tre i mondi, per opera di studenti la cui efficacia politica era moltiplicata dal numero (centinaia di migliaia che sarebbero diventate milioni) e da altre tre caratteristiche: - nelle Università potevano mobilitarsi facilmente e, rispetto agli operai, disponevano di più tempo libero; - si trovavano nelle città più importanti e manifestavano sotto gli occhi dei politici e delle macchine da presa; - non era facile ucciderli, in quanto non appartenevano alle classi basse ma erano figli del ceto medio, terreno di reclutamento delle élite dirigenti. L‟eccezione più tragica fu costituita dal Messico, dove il governo reagì aprendo il fuoco sui manifestanti; nonostante la tragicità dell‟evento, l‟eco mediatica fu relativamente scarsa. Quale fu la reazione operaia di fronte alla ribellione studentesca? Quale fu la natura della ribellione e perché non può definirsi rivoluzione? Gli studenti innescarono anche ondate di scioperi operai, che paralizzarono la Francia nello stesso 1968 e l‟Italia nell‟«autunno caldo» del 1969. Non si trattò, tuttavia, di rivoluzioni: gli operai non volevano rovesciare il sistema; gli stessi studenti non erano interessati a conquistare il potere, sebbene le dimissioni del presidente Johnson negli USA potessero far pensare il contrario. Che tipo di marxismo ispirò gli studenti? La ribellione del 68, pur essendo “culturale” (contro i vecchi valori borghesi), finì per politicizzare un numero consistente di studenti ribelli, che si ispirarono alle figure chiave del radicalismo di sinistra, cioè Marx, i campioni della Rivoluzione d‟Ottobre (Lenin, Trockij) e Mao. In quanto prodotto di aule e non di prassi operaia, si trattò di un marxismo mescolato con altre mode e ideologie: la teoria restava poco collegata alla pratica politica che, di solito, consisteva nella militanza estremista. Quale fu l’esito della fine del ’68? Quando il “sessantotto” finì, molti radicali: - si volsero ai vecchi partiti della sinistra, che ne giovarono (come il Partito socialista francese, o il Partito comunista italiano); - scalarono le gerarchie universitarie (soprattutto negli USA); - altri formarono organizzazioni di “avanguardia” clandestine, spesso terroristiche. Abbondarono fuorilegge che speravano di compensare con la violenza di pochi la sconfitta di massa. Le Brigate Rosse italiane negli anni ‟70 furono il più importante tra i gruppi europei di matrice bolscevica. In che senso il ’68 costituì l’ultimo grido della rivoluzione mondiale? La rivolta studentesca fu l‟ultimo strepito della rivoluzione mondiale: - sia nel classico senso utopistico di attuare un rovesciamento permanente dei valori e instaurare una società perfetta. - sia nel senso operativo di realizzare questi obiettivi per le strade, sulle barricate, con le bombe e con le imboscate sulle montagne. La prospettiva fu mondiale non solo perché l‟ideologia era universale, ma anche perché il mondo ora era veramente globale: i libri del filosofo Marcuse, teorico della rivoluzione studentesca, uscivano contemporaneamente ovunque nel mondo. Questa generazione, la prima a poter contare su telecomunicazioni internazionali e viaggi facili, riconosceva di trovarsi nel “villaggio globale” (espressione del sociologo canadese Marshall McLuhan: un mondo esplorabile come un villaggio e in cui si sono infranti i confini dei villaggi). Facoltà di Psicologia Tuttavia, il ‟68, piuttosto che essere una rivoluzione mondiale, ne fu una “rievocazione” (il conservatore Raymond Aron si spinse a descriverlo come uno “psicodramma”: nessuno si aspettava più la rivoluzione sociale né considerava rivoluzionaria la classe operaia, se non qualche fedelissimo di Marx. Qual era la natura dei movimenti di liberazione nel Terzo mondo, a quei tempi (68)? I radicali dell‟America latina e gli studenti statunitensi liquidavano anzi il “proletariato” come nemico del radicalismo in quanto“ingranaggio del sistema”, tanto più se si considera il generale appoggio degli operai alla guerra del Vietnam. Il futuro della rivoluzione si trovava dunque nelle campagne del Terzo mondo, ma le campagne si svuotavano e i suoi abitanti erano lungi dal maturare una coscienza “rivoluzionaria”. Facoltà di Psicologia Soprattutto, i movimenti nei quali i rivoluzionari riponevano le loro speranze erano tutt‟altro che ecumenici: i vietnamiti, i palestinesi, i movimenti di liberazione si occupavano dei propri interessi; si legavano a un mondo più ampio solo perché i leader comunisti si sentivano ideologicamente internazionalisti o perché la Guerra fredda li costringeva ad allinearsi. Quali eventi dimostrarono il crollo dell’universalismo rivoluzionario? Il decadimento dell‟universalismo rivoluzionario fu dimostrato dal caso della Cina comunista che, per i propri interessi, negli anni ‟70 e ‟80 si allineò con gli USA e scese in guerra contro URSS e Vietnam. Rivoluzioni con mire extranazionali sopravvivevano solo come movimenti regionali (panafricano, panarabo, panlatinoamericano) che creavano rete tra militanti della stessa lingua e che, come il castrismo, potevano contenere aspirazioni “mondiali”: lo dimostra l‟impegno del “Che” Guevara nel Congo e l‟aiuto cubano in supporto del Corno d‟Africa e dell‟Angola. Il colpo di grazia nei confronti dell‟ideale rivoluzionario venne dato dalle crisi del blocco sovietico a partire dal 1956: - Già nel 1947 il “campo socialista” si era diviso tra fedeli a Stalin e dissidenti (Jugoslavia); - Si diffusero molti “marxismi” di ispirazione antistaliniana; - la Cina ruppe con l‟URSS nel 1958 e chiamò gli stati del blocco a coalizzarsi contro di essa; - i partiti comunisti occidentali, guidati da quello italiano, cominciarono apertamente a prendere le distanze da Mosca; - infine, l‟invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 affossò l‟internazionalismo comunista. Il solo organismo che ricordava debolmente la tradizione era l‟Internazionale socialista (unione mondiale dei partiti socialdemocratici e laburisti, nata nel 1951) che rappresentava partiti di governo e di opposizione, per lo più occidentali, che avevano abbandonato l‟ideale rivoluzionario e che, per lo più, avevano finito per smettere di credere nelle teorie marxiste. Facoltà di Psicologia Lezione 26 Quali furono gli eventi che inaugurarono l’ondata rivoluzionaria degli anni ’70? Negli anni ‟70 una nuova ondata rivoluzionaria inizia in Europa col rovesciamento dei regimi portoghese, greco e spagnolo, che sanciscono il ritorno alla democrazia costituzionale interrotta dal fascismo; Qual era la posizione dei regimi africani, orientali e centroamericani nei confronti del socialismo negli anni 70? Cos’è la teologia della liberazione e a che tipo di figure era legata? In Africa: molti regimi si dichiarano in favore del socialismo. l‟unico cui il marxismo possa “applicarsi” è il Sudafrica, paese capitalistico sviluppato e industrializzato, dove un movimento di liberazione con l‟aiuto dei comunisti pone fine all‟apartheid. In Oriente: la sconfitta statunitense in Vietnam rafforza il comunismo. L‟America centrale: si sposta a sinistra e vede sorgere la figura del prete rivoluzionario, la cui legittimazione teorica è data dalla “teologia della liberazione”, osteggiata in Vaticano; Quali furono le politiche degli USA e dell’URSS? Come venne combattuta la “seconda Guerra fredda” (anni 70)? Gli USA: indeboliti dalla fine dell‟Età dell‟oro, interpretano le rivoluzioni come segnali dell‟espansionismo sovietico. Ciò scatena la “seconda guerra fredda” che viene combattuta per procura, per lo più in Africa e in Afghanistan (1979-88); L‟URSS: di Breznev si astiene dall‟intervenire in America latina, ma decide di intervenire in Afghanistan per sostenere la Repubblica filocomunista contro i integralisti musulmani, appoggiati dagli USA. In Africa, incoraggia Fidel Castro a inviare truppe in supporto dei movimenti di liberazione. Quali furono i motivi del rovesciamento del regime dello scià, in Iran? La rivoluzione iraniana (1978-9) nacque da una reazione contro il programma di modernizzazione intrapreso dallo scià, i cui effetti deludono: - la riforma agraria non ha successo e costringe all‟importazione; - il boom petrolifero genera inflazione; - la modernizzazione culturale suscita l‟opposizione dei musulmani osservanti e finisce per dar vita a gruppi intellettuali rivoluzionari; - inoltre, la mancanza di pregio della dinastia e l‟abitudine a reprimere i dissensi mediante azioni di polizia aumentano il malcontento; Chi “fomentò” il popolo a compiere la rivoluzione in Iran? Perché si trattò di una rivoluzione “da manuale giacobino”? Come venne attuata? A incoraggiare le masse alla rivoluzione è il clero islamico, capeggiato dall‟ ayatollah Khomeini. In che senso la rivoluzione in Iran fu caratterizzata da una novità ideologica? La novità principale della rivoluzione iraniana fu ideologica: fece un uso strumentale della sinistra, che organizza lo sciopero operaio, eliminandola dal nuovo regime; rifiuta la tradizione “illuministica” consegnandosi al fondamentalismo religioso. In quale forma l’attivismo politico di minoranze è permaso in ambito globale, incidendo sullo scenario contemporaneo? L‟attivismo delle minoranze nella forma della guerriglia e del terrorismo diventa endemico nell‟Asia meridionale e in area islamica: gli attentati terroristici internazionali crescono dal ‟68 in poi; Qual è la condizione di possibilità affinché una mobilitazione di massa sia efficace? Il successo delle azioni di massa è legato a incrinature nella legittimità dei regimi. Quali motivi possono aver reso necessaria la mobilitazione di massa? Una delle sue ragioni risiede nella distanza tra governati e governanti, accentuata laddove la credibilità del potere viene messa in discussione; Altra ragione è rappresentata dall‟urbanizzazione, che rende le città roccaforti del consenso necessarie da conquistare per ottenere o conservare il potere politico; In che misura il mondo contemporaneo è esposto alle rivoluzioni? Il pericolo attuale di vere e proprie rivoluzioni, specie in Occidente, è comunque trascurabile, a causa di un crollo sociale che si esprime nelle forme dell‟antipolitica e del disincanto. Lezione 27 Perché il comunismo cinese non può essere considerato sottospecie o satellite di quello sovietico? Il comunismo cinese non può essere considerato semplicemente sottospecie o “satellite” di quello sovietico, in quanto: - la Cina godeva, rispetto al resto dei regimi, di un elevato grado di omogeneità etnica e di una storia di unità politica lunga duemila anni. Facoltà di Psicologia - La Cina imperiale si considerava il centro e il modello della civiltà mondiale: la sua civiltà classica, l‟arte, la scrittura e il sistema di valori sociali erano motivo d‟ispirazione per gli altri (il sistema di scrittura giapponese, ad esempio, è derivato da quello cinese). - I paesi comunisti invece, erano e si consideravano culturalmente arretrati e marginali: l‟energia con la quale Stalin insisteva sull‟indipendenza dall‟Occidente e sulle invenzioni autoctone (telefono, aeroplano) manifestava un forte senso di inferiorità. il fatto che non avesse avuto ai confini stati in grado di minacciarla e che, grazie alle armi da fuoco, non avesse avuto difficoltà nel respingere i barbari, rafforzò il suo senso di superiorità nazionale, ma non la preparò all‟espansione dell‟imperialismo occidentale nell‟Ottocento. La sua inferiorità tecnologica si tradusse in un‟inferiorità militare, dovuta non tanto a un‟incapacità tecnica o culturale, ma a un senso di autosufficienza che la rendeva riluttante a modernizzarsi mediante l‟adozione di modelli europei (a differenza del Giappone, che lo faceva con la “Restaurazione Meiji”). Facoltà di Psicologia Perché l’Impero cinese si rivelò vulnerabile nei confronti dell’imperialismo occidentale? Per il fatto che non avesse avuto ai confini stati in grado di minacciarla e che, grazie alle armi da fuoco, non avesse avuto difficoltà nel respingere i barbari, rafforzò il suo senso di superiorità nazionale, ma non la preparò all‟espansione dell‟imperialismo occidentale nell‟Ottocento. La sua inferiorità tecnologica si tradusse in un‟inferiorità militare, dovuta non tanto a un‟incapacità tecnica o culturale, ma a un senso di autosufficienza che la rendeva riluttante a modernizzarsi mediante l‟adozione di modelli europei (a differenza del Giappone, che lo faceva con la “Restaurazione Meiji”). Quando l‟impero Qing (1644-1912) cadde in seguito a una rivoluzione indipendentista guidata da Sun Yat-Sen, spezzandosi in frammenti territoriali, controllati da signori della guerra, il partito di Sun, il Kuomintang (partito nazionalista cinese), tentò di ricomporlo nella forma di una sola Repubblica. Sun Yat-sen, leader del KMT, era un patriota, un democratico e un socialista, che confidava sul consiglio e sull‟appoggio della Russia – in quanto sola potenza rivoluzionaria e antiimperialista – e che giudicava il modello bolscevico del partito unico il più conforme ai suoi scopi. Il Partito Comunista Cinese, nato nel 1921, grazie a questo legame venne ammesso nel movimento nazionale ufficiale, in un clima di accordo: gli obiettivi a breve termine dei due partiti erano simili; entrambi avevano la loro base nelle città più sviluppate del Sud; i loro quadri provenivano dalla stessa élite istruita, con percentuale maggiore di uomini d‟affari nel KMT e di operai nel PCC; entrambi includevano percentuali simili di proprietari terrieri e intellettuali; sebbene i comunisti provenissero più spesso da un‟educazione “occidentale”, condividevano col KMT la filiazione dal movimento antiimperialista d‟inizio secolo. Facoltà di Psicologia Dopo la morte di Sun nel 1925, il suo successore alla guida del KMT, Chiang Kai-shek, non riuscì a stabilire un controllo sul paese e, dal 1927, ruppe con la Russia e iniziò a perseguitare i comunisti, affermati nelle città operaie. Costretti a ripiegare nelle campagne, questi ultimi condussero una guerriglia rurale, sotto parere di Mao Tse-tung, il cui ingegno strategico gli valse il ruolo di capo del PCC. Il KMT estese il proprio controllo sul paese fino all‟invasione giapponese del 1937, ma il suo abbandono del programma rivoluzionario non gli permise di tenersi la simpatia del popolo; il suo stesso esercito, costituito da poco più che mercenari, mancava di lealtà e morale; i ceti urbani che lo appoggiavano costituivano il 10% della popolazione cinese, che per il 90% viveva in campagna ed era controllata da notabili e signorotti locali (signori della guerra, famiglie nobili, funzionari del vecchio impero). In quali condizioni venne ridotto l’impero cinese sotto il dominio occidentale e quali furono le forze interessate a ricostituire la sua antica grandezza? Quando i giapponesi invasero la Cina, la resistenza del KMT fu inutile. I comunisti, invece, sfruttando la loro popolarità dovuta anche al loro impegno sociale a favore dei poveri, riuscirono a mobilitare la resistenza di massa nelle zone occupate. Si impadronirono del potere nel 1949, spazzando via senza sforzo il Kuomintang: così nasceva la Repubblica Popolare Cinese. In che senso il comunismo cinese ha origini sia sociali che nazionali? Il comunismo cinese ebbe origini sia sociali che nazionali: Le origini sociali: che alimentarono la rivoluzione furono la povertà e l‟oppressione del popolo cinese, sia nelle città costiere del centro e del sud, enclave industrializzate controllate dalle potenze imperialistiche straniere (Shanghai, Canton, Hong Kong), sia nelle campagne (i contadini costituivano il 90% della popolazione). Il cinese medio viveva con mezzo chilo di riso o grano al giorno, ottanta grammi di tè all‟anno e un nuovo paio di calzature ogni cinque anni. L‟elemento nazionale: era invece veicolato da una sfiducia nei confronti degli stranieri, diffusa sia tra gli intellettuali di origine sociale media o alta (terreno di reclutamento dei quadri dirigenti dei movimenti politici cinesi del Novecento), sia tra le masse: movimenti di massa sorsero già nel 1900, con la Rivolta dei Boxer (società segreta anti-imperialista), repressa immediatamente. Mao tse tung -Il Grande Timoniere Facoltà di Psicologia Una volta impadronitisi del potere, (1949) i comunisti rappresentarono di fronte al popolo i legittimi successori dell‟Impero, tanto più perché, in base all‟esperienza marxista-leninista, seppero forgiare un‟organizzazione politica disciplinata, capace di coordinare il territorio nazionale. La continuità delle tradizioni cinesi fu d‟aiuto, in quanto queste includevano la fedeltà del popolo verso il regime legittimo nonché degli amministratori verso la propria funzione: a differenza degli altri sistemi comunisti, nati da una “rottura” col passato, in Cina i dibattiti politici erano caratterizzati da continui riferimenti alla storia. Il vissuto del popolo fu, in sostanza, quello di una restaurazione: dell‟ordine, della pace, del benessere, della civiltà, di un governo in cui i funzionari si richiamavano alle decisioni della dinastia Tang (618-907), ricostituendo la grandezza dell‟antico Impero. Il sistema sembrò funzionare: nei primi anni, i contadini accrebbero la produzione di cereali. Durante la Guerra di Corea (1950-3), la capacità cinese di tenere a bada la potenza americana permise di evitare il panico: la pianificazione dell‟economia e dell‟istruzione si svolse regolarmente. Facoltà di Psicologia Ben presto, tuttavia, la nuova Repubblica Popolare cominciò a entrare in un periodo di catastrofi provocate dalle decisioni arbitrarie del “Grande Timoniere” (Mao): - Nel 1955, si diede inizio al disastroso “Grande balzo in avanti”, programma di sviluppo agricolo e industriale che consistette in una rapidissima collettivizzazione dell‟agricoltura e delle proprietà contadine e in una pianificazione industriale; - Dal 1956, le relazioni con Chruscev entrarono in crisi a causa delle critiche di quest‟ultimo nei confronti dello stalinismo (appoggiato da Mao) e delle politiche economiche “non marxiste” dello stesso Mao; a sua volta, Mao appoggiò criticò Chruscev di revisionismo e dittatura e appoggiò le dissidenze esteuropee. - Nel 1960 vi fu la rottura con l‟URSS nel 1960, che comportò la cessazione degli aiuti sovietici; - Di fronte all‟accoglienza fredda e all‟opposizione degli esponenti del PCC, Mao si impose con la Rivoluzione Culturale, un periodo di terrore che finì con la sua morte, nel 1976. Facoltà di Psicologia Diversamente dal comunismo russo, il comunismo cinese non aveva relazioni dirette con le teorie di Marx. Tale convinzione motivò la follia del “Grande balzo in avanti”: la Cina doveva essere industrializzata entro il 1958. In quell‟anno la nazione doveva raddoppiare la produzione di acciaio servendosi di innumerevoli, piccole e arretrate fornaci da cortile. Nello stesso anno, l‟agricoltura doveva progredire nella forma di 24.000 “comuni agricole del popolo” istituite nel giro di due mesi. Facoltà di Psicologia La vita contadina venne collettivizzata; i redditi monetari vennero sostituiti dalla fornitura di servizi di base (cibo, assistenza medica, istruzione, funerali, barbiere, cinema). Inizialmente l‟84% delle famiglie contadine acconsentì a farsi collettivizzare, in apparenza senza brutali conseguenze; questo perché la storia della Cina era sempre stata caratterizzata dall‟autocrazia e dall‟obbedienza. Tuttavia, l‟idea alla base del Grande balzo era che l‟agricoltura dovesse sia fornire le risorse per l‟industrializzazione, sia provvedere a se stessa, e che nessuna risorsa dovesse essere sottratta all‟industria per investire in tecnologie agricole. Per questo, a differenza dell‟URSS, la Cina non conobbe l‟urbanizzazione di massa fino agli anni ‟80 (la popolazione rurale non calò sotto l‟80% nel periodo maoista). Alla fine, comunque, il sistema non funzionò: una resistenza passiva delle popolazioni provocò la carestia del 1960 (proprio come nella Russia di Stalin). Facoltà di Psicologia In ambito politico, Mao tentò in un primo momento di attuare una liberalizzazione della vita culturale, politica, economica e sociale mediante la Campagna dei Cento Fiori (1956-7), incitando gli intellettuali ad esprimere il loro pensiero in ogni materia, per migliorare la nazione (“che cento fiori fioriscano, che cento scuole gareggino”). Quando questa esplosione di libero pensiero assunse la forma della contestazione (già endemica nello stesso PCC), la sfiducia nei confronti degli intellettuali riaffiorò. Il partito lo accantonò nel 1959, nominando un altro presidente dello stato. Il contrattacco fu costituito dalla fondazione, da parte di Mao, del movimento studentesco, degenerato in senso anarcoide, delle “Guardie rosse” contro la direzione del partito e contro gli intellettuali. Fu questa la Grande Rivoluzione Culturale (1966-76) che devastò la Cina e permise a Mao di riottenere il controllo del partito: l‟istruzione universitaria venne interrotta e gli intellettuali condannati al lavoro obbligatorio nelle comuni agricole. La predilezione di Mao per i contadini, insomma, rimase intatta: essi furono esortati a risolvere i problemi produttivi del paese, in un‟ottica di competizione reciproca sostenuta da una lettura “bellica” della dialettica marxista. Lezione 28 Come funzionava la “stagnante” economia del blocco sovietico prima di Gorbacev? I riformatori, Gorbacev in primis, definirono “epoca della stagnazione” gli anni di Breznev (1964-82), perché il regime aveva smesso di modificare un‟economia palesemente in declino. Tra gli anni ‟70 e ‟80 il tasso di crescita dell‟URSS calò progressivamente. Nel 1985 le sue esportazioni consistevano in energia e il 60% delle importazioni in beni industriali: come una colonia, riforniva le economie più avanzate, cioè i paesi satelliti; le industrie della Cecoslovacchia e della Repubblica democratica tedesca, d‟altra parte, contavano sul mercato poco esigente dell‟URSS e dunque non erano motivate a migliorare le proprie carenze. Quali furono i segnali del declino del comunismo? La fiducia nel socialismo fu minata, tra le altre cose: - da indicatori sociali di base, come il tasso di mortalità, che avevano smesso di migliorare. - dalla diffusione in Occidente del termine, sconosciuto prima del 1980 fuori dal PCUS, di nomenklatura (“lista dei nomi” dei dignitari politici), che finì con l‟indicare la debolezza della burocrazia dell‟era brezneviana, sempre più corrotta In che senso i paesi socialisti furono le “vere vittime” della crisi degli anni ’70? In che misura l’URSS fu causa del proprio male? Durante la crisi degli anni 70, gli stati satelliti del blocco sovietico, diversamente dall‟URSS delle guerre mondiali, non erano isolati bensì sempre più coinvolti nell‟economia mondiale ed in questo senso essi furono le vere vittime della crisi mondiale, mentre i paesi capitalisti sviluppati riuscirono a superare le scosse. Facoltà di Psicologia Il mercato mondiale venne trasformato dalla crisi petrolifera: il prezzo del greggio quadruplicò nel 1973 e triplicò alla fine degli anni ‟70, dopo la rivoluzione iraniana. Per i paesi produttori, tra cui l‟URSS, il petrolio diventò oro nero: ingenti ricchezze entrarono senza necessità di riforma economica e consentendo di pagare le importazioni dall‟Occidente. Questo indusse Breznev a competere più attivamente con gli USA e a intraprendere una corsa suicida agli armamenti. Altra conseguenza fu l‟aumento della circolazione internazionale di capitale, che la Banca mondiale utilizzò per distribuire prestiti: pochi paesi in via di sviluppo resistettero alla tentazione e ciò provocò la crisi debitoria dei primi anni ‟80. I paesi socialisti che cedettero tentarono di migliorare le loro economie, ma le strutture socialiste non erano abbastanza flessibili da poter usare le risorse finanziarie in maniera produttiva. Di conseguenza, la crisi degli anni ‟80 fu più acuta. Se in Europa occidentale i consumi petroliferi calarono del 40% in relazione all‟aumento dei prezzi, URSS ed Europa dell‟Est si dimostrarono incapaci di risparmiare; i costi di produzione sovietici crescevano, mentre i pozzi petroliferi rumeni si prosciugavano: ciò provocò una crisi energetica all‟inizio degli anni ‟80 che si ripercosse sulla disponibilità di alimenti e manufatti industriali. Il solo modo per fronteggiare tale crisi fu il metodo stalinista dello “slancio”, laddove la pianificazione ancora funzionava. Esso ebbe successo fra l‟81 e l‟84, riuscendo a ridurre il debito, ma incoraggiò le solite speranze nella crescita automatica, allontanando l‟urgenza di riforme: ne conseguì un nuovo indebitamento e un deterioramento delle prospettive. Facoltà di Psicologia Il vero tallone d‟Achille del sistema sovietico era costituito dall‟Europa dell‟Est. Dopo la primavera di Praga i regimi satelliti avevano perso legittimità: essi vennero mantenuti dalla coercizione e dalla minaccia di un intervento sovietico o dall‟offerta alla cittadinanza un relativo aumento della libertà e della qualità di vita, che tuttavia la crisi economica non permetteva di mantenere. L‟unico regime ad essere contrastato da un‟opposizione organizzata fu la Polonia, dove negli anni ‟70 un movimento operaio sostenuto da intellettuali ex marxisti e dalla Chiesa, incoraggiata dall‟elezione al pontificato di Karol Woityla (1978), diede voce al nazionalismo antirusso diffuso fra le masse: fu la nascita del Solidarnosc, il cui leader (Lech Walesa) sarebbe diventato presidente dieci anni dopo. Nel 1981, comunque, Chiesa e Stato si accordarono per evitare un imminente intervento armato sovietico, insediando un regime militare che non riuscì tuttavia a conquistare l‟opinione pubblica. A questo punto, il regime andava riformato oppure preservato con la forza; i sovietici, tuttavia, avevano abbandonato la loro linea aggressiva: nel 1985 il riformista Michail Gorbacev (1985-1891) era diventato segretario del PCUS. Qual era il retroterra culturale dei riformisti e contro cosa dovettero combattere nella loro opera di rinnovamento? Gli anni di Breznev erano stati anni di fermento politico e culturale nell‟élite sovietica, costituita da capi di partito ma anche dirigenti economici, accademici, tecnici, esperti, ecc. Lo stesso Gorbacev rappresentava questa nuova generazione, in quanto aveva studiato diritto (mentre la via classica per il potere partiva dalle fabbriche o da studi di ingegneria o agronomia). Il clima di autocritica che pervadeva l‟ambiente culturale metropolitano spiega la risposta entusiasta all‟appello di Gorbacev per la glasnost, ovverosia per la “trasparenza” d‟informazione, in chiara rottura col passato. In che senso il rinnovamento dell’URSS fu una “ribellione di quarantenni”? l‟assenza di un equivalente russo del Sessantotto fu il segno che il movimento riformista di Gorbacev era una ribellione “di quarantenni”, cioè dell‟élite piuttosto che della base popolare. Cos’è la glasnost? Gorbacev lanciò la campagna per trasformare il socialismo sovietico coi due slogan della: - perestrojka:“ristrutturazione” (economica e politica) - glasnost: “trasparenza” (libertà d‟informazione). La glasnost: aveva lo scopo di mobilitare la classe politica contro l‟immobilità del sistema, ma la democratizzazione improvvisa dell‟apparato, che aveva funzionato fino ad allora secondo uno schema militare, lo fece andare allo sbaraglio. A peggiorare la situazione fu il fatto che da un punto di vista contenutistico la glasnost era più dettagliata della perestrojka: significava reintroduzione di uno stato costituzionale e democratico, basato sulle leggi e sulle libertà civili. Ciò implicava una separazione tra partito e stato e lo spostamento del governo dal primo al secondo; a sua volta, ciò comportava la fine del sistema monopartitico e del ruolo guida del PCUS. Questo nuovo sistema costituzionale fu effettivamente istituito. Cos’è la perestrojka? Il nuovo sistema economico della perestrojka fu, invece, appena delineato nel 1987-8, con una timida legalizzazione della piccola impresa privata (realtà peraltro già esistente) e con la dichiarazione della bancarotta delle imprese statali in perdita. Il programma avrebbe funzionato se la Russia fosse ancora stata (come la Cina a quei tempi) un paese con maggioranza rurale, la cui idea di ricchezza fosse avere un televisore. Perché la combinazione fra glasnost e perestrojka fu disastrosa per l’URSS? La combinazione della perestrojka con la glasnost fu deleteria, in quanto la distruzione dei vecchi meccanismi avvenne contemporaneamente in ambito politico ed economico: concretamente, ciò si risolse in un crollo del tenore di vita. L‟economia precipitò anche a causa di un‟idea vaga del programma: un‟economia di mercato socialista di imprese autonome ed economicamente valide, pubbliche, private e cooperative, guidate dal centro decisionale economico. Si trattava di un compromesso forzato: i riformatori desideravano acquisire i vantaggi del capitalismo senza perdere quelli del socialismo, senza sapere come attuare la transizione. Facoltà di Psicologia Infine, l‟URSS, soprattutto durante Breznev, si era evoluta in una struttura decentrata, i cui elementi erano tenuti assieme dalle istituzioni pansovietiche del partito, dell‟esercito e della pianificazione centrale. La maggior parte sistema del sistema era costituito da signorie feudali autonome rette da capi locali (segretari dei partiti delle repubbliche dell‟Unione, dipendenti dall‟apparato centrale). L‟economia non avrebbe funzionato se non fosse stata sviluppata una rete di relazioni indipendenti dal centro, che col tempo venne paralizzata dalla corruzione. Fu questa “seconda economia” ad essere colpita dalla perestrojka, mediante un conferimento di maggiori libertà ai dirigenti del complesso militarindustriale. Nell‟immediato, questa sospensione dell‟autorità del partito sfociò nell‟anarchia economica. In breve, il connubio glasnost-perestrojka si rivelò disastroso. Quali furono le avvisaglie del crollo del blocco socialista? Quali paesi ad economia comunista ne furono immuni? Nel 1988, come conseguenza della glasnost, furono fondati primi fronti nazionalisti (Estonia, Lettonia, Lituania, Armenia). Il separatismo non era diretto tanto contro il centro quanto contro i partiti comunisti locali non favorevoli alla linea Gorbacev: l‟obiettivo iniziale non fu l‟indipendenza, ma il nazionalismo si radicalizzò negli anni 1989-90. Il crollo politico seguì la convocazione delle nuove assemblee democratiche e divenne irreversibile fra 1989 e 1990. L‟attenzione internazionale, a quel punto, era concentrata su un fenomeno connesso: la dissoluzione dei regimi comunisti satelliti. Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Repubblica democratica tedesca, Romania abbandonavano il socialismo, seguite dalle “outsider” Jugoslavia e Albania. La Repubblica democratica tedesca venne annessa dalla Germania occidentale (1990) e la Jugoslavia si frantumò nella guerra civile (1991-5). Ad Oriente, la Cina decise nel 1989 di ristabilire la sua autorità reprimendo le dimostrazioni studentesche nella piazza principale della capitale (Tien an men), con un costo di vite umane di parecchie centinaia. Il massacro suscitò orrore nella pubblica opinione occidentale e fece perdere al PCC la poca legittimazione di cui poteva godere fra gli intellettuali cinesi, compresi quelli del partito, ma lasciò libero il regime di proseguire con successo la sua politica di liberalizzazione economica. Il crollo del comunismo fu pertanto limitato all‟URSS e agli stati dell‟orbita sovietica: Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba non ne furono interessati. Lezione 29 In che misura il crollo del blocco sovietico può essere definito come una “rivoluzione”? Il crollo del blocco sovietico venne interpretato come una rivoluzione, sebbene nessuno dei regimi venisse rovesciato. I regimi comunisti rimasero al potere solo perché non c‟era alternativa allo status quo: il grosso dei cittadini aveva accettato la situazione; le persone dotate, tra cui persino i dissidenti (soprattutto artisti), lavoravano solo entro il sistema, previo consenso. Facoltà di Psicologia Nessuno “credeva” all‟ordine stabilito; neppure i governanti, che tuttavia si sorpresero quando le masse dimostrarono il loro dissenso (Romania 1989). Nessun governo ordinò di sparare: in genere, tutti abdicarono pacificamente (persino in Romania la repressione fu breve). I comunisti non erano più nemmeno uniti e talvolta combattevano gli uni contro gli altri (come nella breve guerra fra Cina e Vietnam nel ‟79). L‟unico elemento che accomunava i paesi del blocco e che li legava idealmente al Terzo mondo era il comune debito nei confronti della “superpotenza” sovietica: persino le dissidenti Jugoslavia e Albania sapevano che la sua scomparsa le avrebbe indebolite. Facoltà di Psicologia I comunisti erano, inoltre, una generazione del passato: nel 1989 poche persone sotto i sessant‟anni avevano l‟esperienza della resistenza antifascista, che aveva congiunto comunismo e patriottismo. Che percezione del sistema sovietico e del comunismo permise, nei regimi satelliti, l’abbandono delle politiche socialiste? L‟URSS si disinteressa dei paesi della sua orbita, diventati meno importanti strategicamente con la fine della Guerra fredda. La reazione delle masse e delle élite è quella della contestazione aperta, di fronte alla quale i regimi abdicano pacificamente; Quali furono le cause economiche e politiche del crollo dell’URSS? La causa principale del crollo consistette nella disintegrazione dell‟autorità centrale, che costrinse ogni unità territoriale a pensare a se stessa. Riformatori disperati furono spinti ad adottare una visione estremista: bisognava distruggere il vecchio sistema; per questo motivo, la nuova economia fu caratterizzata dall‟introduzione immediata del libero mercato. I piani che segnarono tale introduzione non si basavano, tuttavia, sulla conoscenza delle economie capitalistiche; queste venivano raccomandate dagli esperti finanziari americani e inglesi i quali, a loro volta, non si basavano sulla conoscenza della realtà sovietica. Senz‟altro questi ultimi avevano ragione nell‟affermare che il dirigismo economico fosse inferiore alle economie basate sulla proprietà e sull‟impresa privata: ciononostante, il risultato fu disastroso. Facoltà di Psicologia La crisi finale, paradossalmente, non fu economica, ma politica: nonostante la volontà del popolo fosse quella di mantenere l‟unità dell‟URSS nella forma di una federazione (referendum del 1991), la democratizzazione rese inevitabile la rottura. Gorbacev negoziò un Trattato dell‟Unione che aveva lo scopo di preservare il potere federale. La vecchia élite, diffidente nei confronti dell‟iniziativa, reagì organizzando un colpo di stato per restaurare l‟ordine, che tuttavia non raccolse successo, proprio a causa dell‟importanza assunta dagli stati a danno del potere centrale. Questi eventi portarono alle dimissioni di Gorbacev, alla dissoluzione dell‟URSS e alla nascita della Repubblica Russa sotto il presidente Boris Eltsin (1991-9), il quale sciolse il Partito comunista. Il mondo accettò il contro-colpo di stato di Eltsin e trattò la Russia come il successore dell‟URSS. Facoltà di Psicologia Le repubbliche dell‟ex URSS, tuttavia, vennero intimorite dal nazionalismo russo fomentato da Eltsin, basato sulla presenza in tali repubbliche di minoranze russe. Il timore accelerò la separazione (l‟Ucraina fece il primo passo nel 1991), ponendo fine a qualsiasi parvenza d‟unione. La distruzione dell‟URSS provocò così il rovesciamento di quattro secoli di storia russa e il ritorno alle dimensioni e al profilo della Russia precedenti Pietro il Grande (1672-1725). Poiché la Russia era stata una grande potenza sin dalla metà del Settecento, la sua disintegrazione lasciò un voto internazionale inaudito nella storia moderna: analogamente al periodo della guerra civile (1918-20), divenne una zona di disordine, conflitto e potenziale catastrofe. Perché i paesi ex comunisti adottarono politiche neoliberistiche e sulla base di quali diagnosi economiche? Riformatori disperati furono spinti ad adottare una visione estremista perché bisognava distruggere il vecchio sistema: per questo motivo, la nuova economia fu caratterizzata dall‟introduzione immediata del libero mercato. I piani che segnarono tale introduzione si basarono sulle raccomandazioni dagli esperti finanziari americani e inglesi i quali, tuttavia, non erano a conoscenza della realtà sovietica. A cosa si dovette la scomparsa dell’ideologia comunista? Innanzitutto: ciò accadde perché il comunismo non si fondava sulla conversione in massa, ma era la fede di alcuni quadri: tutti partiti comunisti furono élite minoritarie. Che l‟adesione delle masse non si basasse su un‟attiva convinzione fu dimostrata dallo scetticismo che si diffuse quando le informazioni sul resto del mondo iniziarono a filtrare. In secondo luogo il comunismo era una fede strumentale che concepiva il presente solo come mezzo per il futuro; un tale sistema di credenze è più adatto alle élite che alle chiese universali, il cui campo d‟azione deve essere quello quotidiano. Facoltà di Psicologia D‟altro canto, l‟URSS con la sua morte offrì uno dei più forti argomenti a conferma dell‟analisi di Karl Marx: come nel capitalismo, essa aveva dato vita ad una contraddizione fra forze produttive (la centralità della massa operaia e contadina) e relazioni sociali (l‟ipertrofia dell‟élite immobile e corrotta). Seguendo modalità peculiari, il crollo dell‟Unione rappresentava una specie di rivoluzione che, tuttavia, non offriva la certezza di un sistema migliore. Facoltà di Psicologia Il comunismo sovietico non era un‟alternativa al capitalismo, ma una risposta specifica alla situazione di un paese arretrato in una condizione storica unica. Nonostante il fallimento della rivoluzione “universale”, che lasciò l‟URSS da sola, questa è riuscita ad ottenere risultati notevoli (tra cui la sconfitta della Germania), ma a costi intollerabili e al prezzo di edificare un‟economia senza sbocchi nonché un sistema politico aberrante, lo stalinismo: la Rivoluzione d‟Ottobre, in quelle condizioni, poteva produrre soltanto quel socialismo spietato, brutale e autoritario. In ogni caso, l‟esperimento del “socialismo reale” è finito: i regimi comunisti sopravvissuti, come la Cina, hanno abbandonato l‟ideale di un‟economia controllata e pianificata in una società collettivizzata. È problematico speculare sulla possibilità di un altro socialismo: che il progetto sovietico fosse razionale è stato accettato persino dagli economisti non socialisti. Il problema del “socialismo reale” è stato quello di non essersi saputo riformare, essendosi l‟URSS imposta come modello del “socialismo in quanto tale”, senza lasciare alternative. Così si chiude il “Secolo breve”. di Psicologia Lezione 30 La tecnologia diffonde l’esperienza estetica e modifica i contesti percettivi: che significa? Gli sviluppi dell‟arte nel Novecento vengono generati in gran parte dalla tecnologia, che diffonde l‟esperienza estetica ovunque attraverso i massmedia: radio, TV e, più tardi, PC; Anche la percezione dell‟arte muta, in quanto viene meno la “finzione artistica”, neutralizzata dall‟impressione di realtà di musiche sintetiche e di filmati. In che senso il monopolio dell’arte colta viene sottratto all’Europa nel secondo dopoguerra? Qual è lo stato della cultura e degli intellettuali nel mondo? Nell‟Età dell‟oro aumentarono le risorse investite in opere d‟arte, soprattutto negli USA: New York andò via via sostituendo Parigi come centro dell‟arte visiva, diventando la sede principale del mercato dell‟arte (vi si producevano le opere più costose). Il premio Nobel cominciò a valorizzare la letteratura non europea e non statunitense dagli anni ‟60; lo stesso accadde nel cinema. In breve, l‟Europa perdeva il monopolio dell‟arte “colta”. Ciò fu particolarmente evidente in architettura: dopo la guerra numerosi furono i monumenti costruiti negli USA, soprattutto alberghi; lo svizzero Le Corbusier, importante esponente della corrente in voga ai tempi (Stile Internazionale, già Movimento Moderno), costruì un‟intera città in India; il brasiliano Oscar Niemeyer fece altrettanto nella propria patria. Facoltà di Psicologia I vecchi centri europei erano stremati dalla guerra, con l‟eccezione dell‟Italia, dove il sentimento antifascista sotto la guida dei comunisti ispirò un decennio di rinascita culturale (il cinema neorealista di Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica). In Francia, i più famosi scrittori erano saggisti piuttosto che letterati (ad es., J.-P. Sartre). Londra, dopo il 1950, ha costituito un importante centro per il teatro, la musica e l‟architettura, ma non per la letteratura. L‟Irlanda ha conosciuto una certa fioritura della poesia. I soli talenti della Germania erano dell‟Est, dove il comunismo permise una rinascita culturale, diversamente dalle dittature di Stalin e Mao. Nei paesi socialisti la preferenza, tipica delle dittature, per i grandi monumenti riduceva la libertà creativa degli artisti. Quando non imponevano le proprie vedute, tuttavia, la loro generosità nel sovvenzionale attività culturali si rivelava utile: l‟Occidente importò da Berlino Est la figura del regista dell‟opera lirica d‟avanguardia. Facoltà di Psicologia L‟URSS fu terreno culturalmente incolto. L‟arte visiva soffrì sia a causa dell‟ortodossia ideologica che dell‟isolamento. Inoltre, gli intellettuali erano lontani non solo dal governo, ma anche dal popolo, che accettava il sistema e vi si conformava. Ironicamente, quando l‟apparato di coercizione culturale si dissolse, gli intellettuali abbandonarono l‟attività creativa per dedicarsi all‟agitazione politica (ad es., Solzenicyn). La Cina di Mao fu caratterizzata da una repressione spietata, sottolineata da rare aperture, come la Campagna dei Cento fiori che servì a meglio identificare le vittime delle purghe successive: la Rivoluzione culturale chiuse per dieci anni l‟istruzione secondaria e universitaria, interruppe la pratica della musica e ridusse il repertorio teatrale e cinematografico a una decina di opere politicamente corrette. La vicenda, associata all‟antica tradizione autoritaria della Cina, ha impedito all‟arte cinese di riemergere. Facoltà di Psicologia La creatività è invece fiorita nell‟Europa dell‟Est, a seguito della destalinizzazione innescata da Chruscev (1956). Fino al crollo del blocco comunista, che comportò anche quello della produzione culturale, neppure le autorità riuscirono a controllare la produzione artistica. Gli artisti erano accomunati dall‟idea che il pubblico avesse bisogno di loro: in assenza di dibattito politico e di libertà di stampa, essi erano i soli portavoce del popolo o, almeno, delle persone colte. Questa situazione riguardava anche altri paesi nei quali gli intellettuali erano in contrasto col sistema: il regime dell‟apartheid in Sudafrica, ad esempio, fu combattuto sulle prime con ispirate denuncie letterarie. Paradossalmente, nel Secondo e nel Terzo mondo, artisti ed intellettuali, quando non venivano perseguitati, godevano di certo prestigio sociale e relativa agiatezza economica. In America latina gli scrittori più importanti, a prescindere dalle loro opinioni politiche, potevano aspirare a carriere diplomatiche. Negli anni ‟80 numerosi artisti e intellettuali si presentarono come candidati ad elezioni presidenziali; nella maggior parte dei paesi occidentali, potevano aspirare solo al ministero della cultura. Facoltà di Psicologia In che modo patrocinio privato e vita accademica sanciscono mutamenti nella produzione artistica? Quanto alle accresciute risorse investite nelle arti, solo in USA esse videro un primato del patrocinio privato: i miliardari, incoraggiati da sgravi fiscali, sostennero iniziative culturali, artistiche e scientifiche, talvolta fondando un museo a loro intitolato (svolgere questo ruolo mediceo, in assenza di una gerarchia sociale formalizzata, conferiva prestigio). Di conseguenza, il mercato dell‟arte conobbe un crescendo vertiginoso, superando i livelli dell‟ultimo Ottocento: i prezzi degli impressionisti francesi e dei post impressionisti salirono alle stelle; l‟acquisto d‟un‟opera d‟arte diventò un investimento. Significativa fu anche l‟integrazione delle arti nella vita accademica: in contrapposizione con l‟industria dello spettacolo, l‟arte “elevata” è destinata a un pubblico altamente istruito. L‟élite culturale può prendere parte allo spettacolo di massa (cinema, radio, tv, musica popolare) conferendogli certa sofisticazione, ma nonostante questo il grosso pubblico si imbatte solo casualmente nell‟alta cultura, come ad esempio quando un brano di musica classica accompagna una pubblicità. In società particolarmente classiste, come quella britannica, i prodotti editoriali colti sono addirittura di tutt‟altro tipo rispetto aquelli destinati al pubblico “semianalfabeta”. Facoltà di Psicologia L‟espansione dell‟istruzione universitaria ha fornito più occasioni di lavoro per uomini e donne privi di offerta commerciale: i poeti insegnano o risiedono nei college, dando vita a generi letterari nuovi. Quali sono le cause del declino dei generi classici dell’arte colta? Il Novecento è stato caratterizzato da un declino dei generi artistici in voga nell‟Ottocento. La scultura ne è stata la prima vittima: il monumento pubblico è sopravvissuto, dopo la prima guerra mondiale, solo nei paesi dittatoriali. Anche la pittura presenta caratteristiche diverse da quella “modernista” tra le due guerre (che annoverava Picasso, Matisse, Chagall, Klee). Nella musica classica il declino dei vecchi generi è stato nascosto dalla crescita di interpretazioni; pochi compositori si sono dedicati al genere operistico: gli americani (come Leonard Bernstein) hanno preferito il musical; solo i russi (Prokof‟ev, Sostakovic, Stravinskij) hanno continuato a comporre sinfonie. Una ritirata simile ha interessato il romanzo: nella seconda metà del secolo, “grandi romanzieri”, cioè scrittori che abbiano tematizzato un‟intera società o epoca, sono stati scarsi in Occidente: casi felici quello del russo Solzenicyn e del siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de Il Gattopardo (da cui il film diretto da Visconti). L‟America latina ha invece giocato un ruolo da protagonista: gli autori più famosi sono stati senz‟altro il colombiano Gabriel García Márquez e l‟argentino Jorge Luis Borges. Facoltà di Psicologia Una prima causa del declino dei classici è costituita dalla disponibilità di nuove e attraenti modalità d‟espressione artistica: una grande quantità di dipinti o disegni è stata sostituita dal trionfo della macchina fotografica; il romanzo a puntate ha ceduto il posto agli sceneggiati; il film ha preso il posto del romanzo e del dramma teatrale, diventando il genere culturale più comune (e mantenendo fortunatamente una sezione di “alta qualità” grazie a firme illustri). Altro fattore è il trionfo universale del consumismo. Dagli anni ‟60 ad oggi, immagini e suoni accompagnano la vita cittadina nella forma di pubblicità, intrattenimento, musica commerciale: a confronto, l‟impatto dell‟«alta cultura» è al massimo occasionale, perfino sulle persone più acculturate, specialmente da quando il trionfo della tecnologia ha messo in crisi la parola stampata. In che contesto nasce la Pop-Art e con quali finalità? negli ‟50 l‟arte visiva fu scombussolata dalla Pop Art. I suoi artisti (Andy Warhol, Roy Lichtenstein) riproducevano con accuratezza e impassibilità i segni visivi del consumismo americano: scatolette, bandiere, bottiglie di cocacola, Marilyn Monroe. Non riconducibile all‟idea ottocentesca di arte, questa moda riconosceva nel consumismo la capacità di soddisfare bisogni non solo materiali, ma anche spirituali: la dimensione commerciale recava con sé una dimensione estetica. Cos’è il modernismo? Da quali successi è coronato e in quali campi? Cosa ne provoca la crisi? i modernisti, convinti del progresso dell‟arte, si proponevano di conquistare in un ipotetico futuro il gusto della massa; rifiutavano le convenzioni borghesi e liberali dell‟Ottocento nella prospettiva di dar vita ad un‟arte, appunto, “moderna” (cioè per il XX secolo). Correnti moderniste come il cubismo costituivano sia un rifiuto, una critica e un‟alternativa nei riguardi della pittura ottocentesca, sia una collezione di “opere d‟arte” a pieno titolo; altre, come il dadaismo, si spingevano fino a rifiutare lo statuto di “arte”. Facoltà di Psicologia Il modernismo ebbe successo nella prima metà del XX Secolo: innovazione e speranza sociale furono alimentate dall‟esperienza della prima guerra mondiale, della crisi del ‟29 e della potenziale rivoluzione mondiale. Arte e architettura moderniste (il già citato Movimento Moderno) conquistarono gli USA riempiendo le sue città di grattacieli iperfunzionali come il World Trade Center a New York. Numerosi furono i grandi edifici (aeroporti, aziende, palazzi) costruiti secondo i nuovi canoni: funzionalità come fonte di bellezza. Le innovazioni tecniche moderniste si affermarono perfino nel mondo socialista, ma con risultati opposti: in quanto si prestavano alla costruzione veloce di alloggi di massa, diedero vita a disumani blocchi di cemento destinati ad ospitare le famiglie operaie. Fatta eccezione per l‟architettura e la pubblicità, comunque, il modernismo rimase un‟avanguardia, ovvero arte di nicchia: pittura e scultura moderniste del secondo dopoguerra consistevano di una serie di trovate sempre più disperate, attraverso cui gli artisti cercavano invano di dare alle loro opere un marchio riconoscibile. Negli anni ‟60 i modernisti dovettero abdicare di fronte all‟imponente Popart e a correnti persino più radicali: scarabocchi considerati opere d‟arte; gesti che ridicolizzavano l‟arte e il suo mercato (ad es., l‟associazione casuale di oggetti nel minimalismo); creazione di opere non acquistabili (performance art, ad es., pittura su strada, statue viventi, ecc.). Facoltà di Psicologia Cosa si intende per postmoderno? il termine “postmoderno:”apparve negli anni ‟80 per designare non tanto un “movimento” quanto un distacco generale da criteri di giudizio e di valore prestabiliti. La sua diffusione ebbe luogo in ogni campo (filosofia, scienze sociali, antropologia, storia), promossa inizialmente dagli intellettuali francesi, le cui mode (decostruzionismo, poststrutturalismo) fecero breccia nelle università statunitensi. Tutti i postmodernismi hanno in comune uno scetticismo circa l‟esistenza di una realtà oggettiva e/o circa la possibilità di giungere a una sua comprensione concorde con mezzi razionali. Da cosa è caratterizzata l’esperienza di fruizione artistica “nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”? il vecchio modello dell‟artista individuale e amanuense era destinato a fallire: la creazione tendeva ormai ad essere collettiva e tecnologica, specie nell‟emergente cinema, dove una buona cooperazione e divisione del lavoro potevano addirittura sancire il successo di un regista (mentre la critica francese si ostinava ancora, negli anni ‟50, a considerare quest‟ultimo come unico padre dell‟opera finale). Facoltà di Psicologia Testo centrale per comprendere questo aspetto è L‟opera d‟arte nell‟epoca della sua riproducibilità tecnica (Walter Benjamin, anni „30): ad essersi trasformato nel Novecento non è solo il processo creativo (che ha reso il filmato la forma d‟arte principale) ma anche il modo in cui gli uomini percepiscono la realtà e fanno esperienza estetica. Quest‟ultima non si risolve più in quel novero di laici gesti religiosi praticati nelle chiese borghesi dei musei, delle pinacoteche, delle sale da concerto e dei teatri: gli ultimi sopravvissuti di questo tipo di consumo sono rappresentati dal turismo e dalle gite scolastiche; un turista o uno studente d‟oggi, tuttavia, anche quando rimane in adorazione di fronte ad un‟opera d‟arte, vive in un universo percettivo differente, caratterizzato da una molteplicità inaudita di stimoli. Impressioni sensoriali giungono simultaneamente da ogni lato, proprio come da sempre succede nelle piazze delle città, con la differenza che la tecnologia ha immerso la vita quotidiana nell‟arte: è quasi impossibile evitare l‟esperienza estetica (musica, colori, immagini). Lezione 31 Come si distribuiscono le comunità scientifiche nel Novecento e perché? Nel Novecento gli scienziati si moltiplicano come effetto della rivoluzione dell‟istruzione e si spostano verso gli USA, i soli a potersi permettere le forme più costose della ricerca; La concentrazione degli scienziati in pochi centri finanziati dagli stati ricchi fonde gli scienziati in un‟élite dal linguaggio sempre più incomprensibile; la letteratura scientifica divulgativa nasce a questo punto come risposta a una nuova esigenza di comprensione Quali differenze intercorrono tra la percezione della scienza nell’Ottocento e nel Novecento? Quali sono le tappe che sanciscono tale passaggio? Fino alla fine dell‟Ottocento, la scienza avanzata aveva avuto un‟applicazione ristretta; sebbene il concetto di “tecnologia” (utilizzo della scienza a vantaggio dell‟uomo) fosse già diffuso, alla gente comune le teorie scientifiche arrivavano solo in forme ideologiche (come il darwinismo sociale, che applicava la selezione naturale alla realtà storica). Alla fine dell‟Ottocento ebbe luogo una sorta di “esplosione” scientifica che interessò non solo la tecnologia (automobili, aviazione, radio, film, telegrafo, raggi x) ma anche la teoria scientifica (relatività, fisica quantistica, genetica), ma persino nel primo Novecento importanti teorie come quelle sull‟intelligenza artificiale (1935) e scoperte come quella della fissione nucleare (1937) vennero impiegate non immediatamente (rispettivamente, per decrittare codici segreti e per costruire la bomba atomica): fu la seconda guerra mondiale a dimostrare come l‟investimento nella scienza potesse fornire potenza e risolvere problemi in termini brevi. Facoltà di Psicologia La trasformazione della scienza sperimentale in tecnologica fu definitiva col boom economico; ogni scoperta fu seguita da un‟applicazione non necessariamente legata alle condizioni sperimentali: i transistor (cfr. lez. 30) nacquero da ricerche sulla fisica dei corpi solidi; i raggi laser, scoperti negli anni ‟60 durante studi sulla natura della luce, diedero vita ai lettori CD negli anni ‟80. Da cosa è causato e come si esprime il sospetto nei confronti della scienza? la nostra epoca è caratterizzata da un‟inquietudine anti-scientifica: l‟incomprensibilità della scienza, le sue conseguenze imprevedibili e l‟insignificanza dell‟individuo al suo cospetto hanno condotto a ricercare cose che “la scienza non può spiegare”; Già dal 1947, i nordamericani, seguiti dagli inglesi, cominciarono ad avvistare dischi volanti, chiaramente ispirati dalla fantascienza. manifestazione artistica di tale sentimento: è il genere letterario fantascientifico, di origine anglo-americana, che, nato alla fine dell‟Ottocento, dalla seconda metà del Novecento si è distinto per il suo immaginario problematico del futuro (celebre è il film Blade Runner). Molti credevano fermamente che questi UFO provenissero da civiltà extraterrestri superiori alla nostra; alcuni sostenevano di aver visto gli alieni o di averci viaggiato insieme. Questo fenomeno, ad onta del suo estendersi, “curiosamente” interessò soprattutto il mondo anglosassone, dove lo scetticismo degli scienziati veniva liquidato come gelosia, ottusità o perfino cospirazione. Quali teorie mettono in crisi il paradigma newtoniano? In che senso il principio di complementarietà costituisce un tentativo di soddisfare i “criteri estetici” dei teorici? La crisi della fisica di Newton: ebbe inizio allorché Einstein, dopo aver formulato la teoria della relatività (1905), avanzò l‟esigenza di mediare due teorie indispensabili sulla natura della luce ma incompatibili: una teoria delle particelle e una delle onde elettromagnetiche; un problema simile riguardava l‟atomo, concepito come un sistema di non precisate particelle elementari. Le incertezze si estesero quando Heisenberg formulò il “principio di indeterminazione” (1927) secondo cui l‟osservazione dei fenomeni subatomici ne muta la natura: quanto più precisamente vogliamo conoscere la posizione di una particella subatomica, tanto più incerta è la determinazione della sua velocità e viceversa. I concetti della fisica classica (posizione, velocità o momento) non potevano applicarsi al di là di una certa soglia. La fisica di Galileo e di Newton restava valida, ma solo a livello macroscopico, non microscopico. Facoltà di Psicologia Le inquietudini derivanti dall‟incompatibilità fra teorie passate e presenti non vennero sanate dalla costruzione della meccanica quantistica (1927), secondo cui la realtà dell‟atomo è quella di stati quantici indivisibili che si manifestano nei modi dell‟onda e della particella. I progressi in fisica si sono ottenuti sulle rovine di ciò che la tradizione considerava certo (caso esemplare è il concetto di “antimateria”: assurdo per il pensiero non-scientifico, costituisce la dimostrazione di quanto sia trascurabile l‟esperienza comune di fronte alle esigenze del calcolo teorico). Secondo il maestro di Heisenberg, Niels Bohr, i fisici dovevano imparare a vivere nella contraddizione permanente: sommare le diverse descrizioni della realtà naturale (ondulatoria e particellare), nell‟impossibilità di un modello unitario. Lo scopo di questo “principio di complementarietà” non era quello di far avanzare la ricerca, ma consolare gli scienziati: oggigiorno l‟approccio multidisciplinare è di norma (ad es., l‟effetto della musica può essere analizzato fisicamente, fisiologicamente, psicologicamente, esteticamente, ma non è possibile connettere questi modi di comprensione). Facoltà di Psicologia Nonostante la crisi dei fondamenti e della descrizione del mondo, un criterio di natura estetica restava indiscusso: una teoria, per essere buona, doveva essere “bella”, cioè elegante, generale, semplice ed economica (secondo la lezione di Guglielmo d‟Ockham). Galileo e Newton avevano dimostrato che le stesse leggi governano il cielo e la terra; nell‟Ottocento la chimica aveva ridotto a novantadue elementi le forme della materia e la fisica aveva ricondotto alle stesse radici elettricità, magnetismo e ottica. Nonostante la relatività di Einstein mancasse di una teoria unica che conciliasse, da un lato, spaziotempo e gravità e, dall‟altro, elettroni, protoni e campi elettromagnetici, gli scienziati hanno perseguito l‟ideale di una teoria di tutte le cose. Solo dagli anni ‟60 hanno tuttavia intravisto la possibilità di ridurre la molteplicità delle particelle subatomiche a un gruppo semplice e coerente. Una nuova sintesi chiamata “teoria del caos” spezzava intanto il nesso tra causalità e prevedibilità: essa sosteneva che gli effetti derivanti da cause specificabili (ad es., il movimento del fumo di un fiammifero) non possono essere previsti (da cui la frase di Lorenz “Il battito delle ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas”). Che atteggiamento tennero i governi nei confronti della ricerca scientifica nel periodo della seconda guerra mondiale? Nella seconda guerra mondiale la politicizzazione della scienza toccò il culmine. I soli due tipi di regime ad interferire con la scienza in linea di principio furono il nazismo e lo stalinismo: nel momento stesso in cui ne fecero uso, la censurarono in quanto metteva in discussione le loro concezioni del mondo. Non approvarono la fisica post-einsteiniana, “ebrea” per i nazisti e “non materialista” per i sovietici. Un‟accoglienza diversa fu riservata alla genetica: in Germania si sviluppò un entusiasmo razzista per l‟eugenetica, da cui i genetisti presero subito le distanze; in Russia, essa venne rifiutata perché individuava nei geni una struttura delimitante le possibilità umane, mentre l‟ideologia sosteneva che con l‟azione si potesse raggiungere qualsiasi risultato. Un agronomo di secondo piano, Lysenko, entrò nelle grazie di Stalin affermando che il comportamento biologico delle piante fosse condizionabile in quanto dipendeva dall‟ambiente e non dai geni (lamarckismo): i suoi oppositori vennero spesso rinchiusi nei gulag e tale linea continuò almeno fino alla morte di Stalin, con effetti disastrosi. Facoltà di Psicologia Nel mondo occidentale, gli scienziati inglesi e americani mobilitati dallo stato per fini militari, ispirati da un forte antifascismo premettero sui governi per la costruzione della bomba atomica; seguirono l‟orrore di fronte al risultato a Hiroshima e Nagasaki e le successive campagne contro il nucleare. Questa parabola descrive l‟incidenza, in guerra, del fervore politico nella scienza, nonché la realizzazione, da parte dei governi, dell‟importanza della ricerca. Cos’è il catastrofismo? nel XX secolo nasce la teoria del caos (preceduta da una “teoria delle catastrofi”), che non è difficile collegare al clima apocalittico delle guerre. Facoltà di Psicologia Negli anni ‟70, inoltre, divenne manifesto che la tecnologia era in grado di produrre mutamenti fondamentali e irreversibili alla Terra in quanto habitat. Nel 1973 si scoprì che i fluoro carburi impoverivano l‟ozono nell‟atmosfera; negli anni ‟90 l‟esistenza dei buchi dell‟ozono è diventata conoscenza comune. L‟effetto serra, cioè riscaldamento del pianeta dovuto all‟emissione di gas, cominciò a essere discusso al 1970 e divenne allarme negli anni ‟80. La scoperta delle conseguenze della tecnologia era perfino più inquietante della prospettiva nucleare, perché a differenza di quest‟ultima, non erano evitabili: erano il portato della crescita economica. Fu così che la parola ecologia, coniata nel 1873 per designare ramo della biologia che trattava delle interrelazioni degli organismi con l‟ambiente, acquistò negli ‟70 l‟odierno significato politico. Quando si ricominciò a mettere in discussione la libertà di ricerca scientifica? Quali furono le discipline maggiormente criticate e perché? Dopo la scoperta delle conseguenze della tecnologia, politica e ideologia tornarono ovunque a mettere in discussione le scienze naturali (non succedeva in maniera così diffusa dai tempi di Galileo). Bersagli principali di polemica furono tuttavia la genetica e la biologia. I cui modelli biochimici di spiegazione della vita si erano imposti a danno delle spiegazioni religiose, soprattutto dopo la scoperta della struttura genetica (il DNA “a doppia elica”) da parte di Crick e Watson negli anni „50, che aveva fornito ulteriore forza alla teoria di Darwin. Facoltà di Psicologia La tendenza della teoria darwiniana a prestarsi a letture ideologiche era stata palesata non solo dal “darwinismo sociale” ma anche dalle politiche razziali del nazismo, per cui gli intellettuali liberali si sentivano a disagio col concetto stesso di razza; molti dubitavano che fosse persino legittimo indagare le differenze geneticamente determinate tra gruppi umani, per paura di incoraggiare razzismi. Nel dopoguerra, furono molti i dibattiti sull‟importanza dell‟eredità (genetica, sociale) e dell‟ambiente nella formazione dell‟individuo: i conservatori erano propensi ad accettare una società in cui le ineguaglianze fossero definitive (genetiche), mentre la sinistra sosteneva che esse potessero essere rimosse con l‟azione in campo sociale. Figli di tale discussione furono, da un lato, il femminismo, che propose la sostituzione del termine “sesso” con quello di “genere”, intendendo che “donna” non fosse una categoria biologica ma un ruolo sociale; dall‟altro, la sociobiologia, una sorta di neo-darwinismo secondo cui i progressi sociali sono riconducibili a selezioni biologiche. In che senso parlare di una ricerca “libera” ai nostri tempi è problematico? Alla fine del Novecento, l‟imposizione ufficiale di restrizioni alla scienza si è ripresentata solo in regimi caratterizzati da una forte influenza delle organizzazioni religiose. Al di là di ciò, la ricerca scientifica è di fatto determinata da chi la finanzia, ovverosia dai governi, i cui fini sono sempre utilitaristici (ad es., cura di malattie come il cancro o l‟AIDS). Una ricerca “pura”, cioè al momento inutile, può essere finanziata nell‟ottica di una sua ipotetica utilità, o per puro prestigio. I ricercatori, pertanto, non studiano necessariamente ciò che interessa loro: la scienza ha troppo potere per essere lasciata a se stessa. Facoltà di Psicologia Lezione 32 Qual è il panorama degli equilibri internazionali all’inizio del nostro millennio? Il Secolo si è chiuso in maniera problematica, lasciando questioni aperte in diversi ambiti, come quello del rapporto fra gli stati. Il mondo manca del tutto di un sistema o struttura internazionale. Indicativa di tale situazione è stata la comparsa, dopo il 1989, di nuovi stati territoriali (soprattutto nell‟ex area sovietica) che hanno respinto la mediazione di terzi, fissando i loro confini senza l‟intervento di un meccanismo indipendente. L‟importanza del consorzio delle grandi potenze (i vincitori della prima guerra mondiale) si è affievolita: alle vecchie conferenze internazionali (decisive quelle del ‟43-‟45, che sancirono gli equilibri del mondo dopo la Seconda guerra mondiale) si sono oggi sostituiti brevi vertici, organizzati soprattutto per motivi di immagine. - Gli USA sono la sola organizzazione politica a potersi chiamare “grande potenza” - La Russia si è ridotta ai livelli di metà Seicento; - Gran Bretagna e Francia, nonostante il possesso da parte loro di armi nucleari, non sono che potenze regionali; - Germania e Giappone sono “grandi potenze” soltanto da un punto di vista economico. - l‟Unione Europea è incapace di qualsiasi politica unitaria che non sia economica. In che senso il Novecento è la storia del fallimento delle ideologie? Da cosa sono state sostituite le vecchie fedi? Il Novecento iniziò come un‟epoca di guerre fra “religioni”: quelle più militanti e assetate di sangue furono le ideologie laiche affermatesi nell‟Ottocento, cioè il socialismo e il nazionalismo, i cui idoli erano costituiti da astrazioni (il comunismo mondiale) oppure da uomini politici venerati (Hitler). Tali ideologie crollarono, insieme alle religioni tradizionali (ridottesi a un novero di sette): il nazismo venne sconfitto; l‟ideale socialista scemò anche prima del crollo dell‟URSS. La loro forza non risiedeva nell‟evocare sentimenti religiosi, ma nel promettere la soluzione dei problemi di un mondo in crisi, nella prospettiva di migliorare la condizione umana. Il Novecento, insomma, è la storia del fallimento di simili programmi. Il crollo dell‟URSS sancì il fallimento del comunismo sovietico, cioè di un‟economia basata sulla proprietà statale dei mezzi di produzione e sulla pianificazione centrale, senza ricorso al mercato. Tutte le altre forme di economia con proprietà sociale di mezzi di produzione, distribuzione e scambio (non necessariamente statale) sono state annientate: persino socialismi di altra matrice (come la socialdemocrazia) sono entrati in crisi. Alla luce di ciò, la teoria di Marx difficilmente sopravvivrà nelle forme “pratiche” conosciute finora. Anche l‟utopia opposta, quella neoliberista, è fallita: un‟economia nella quale le risorse siano ripartite interamente da un mercato senza alcun freno e che produca il massimo di beni, servizi, felicità e libertà non è mai esistita. Prima degli anni ‟80 il neoliberismo non era che un principio ideale per criticare le economie esistenti e la burocrazia; il tentativo più coerente di applicarlo, cioè quello dei governi Thatcher, dovette essere applicato gradualmente e, nonostante la cautela, fu segnato dal fallimento economico. Le terapie d‟urto nei paesi ex socialisti ebbero invece un effetto immediatamente distruttivo: le teorie eleganti del neoliberismo avevano scarsa attinenza con la realtà. Da un lato, il fallimento sovietico ha confermato nei sostenitori del capitalismo che nessuna economia può funzionare senza il “mercato”; dall‟altro, il fallimento ultraliberista ha confermato nei socialisti che le relazioni tra gli uomini sono troppo importanti per essere lasciate in balia del mercato. Infine, gli economisti scettici hanno finito per ritenere che non vi sia correlazione tra il successo economico e la teoria economica abbracciata da un potere politico (o persino tra il successo economico e la presenza di fiorenti studi economici in loco). Più grave è stato il crollo delle politiche miste su modello keynesiano, la cui attrattiva non risiedeva tanto nella suggestività della teoria quanto nel successo pratico. Quando i decenni di crisi fecero realizzare alle istituzioni la loro perdita di controllo, l‟utopia neoliberista risultò attraente quanto meno perché liquidava il problema delle decisioni collettive, sostenendo che lasciare che ogni individuo perseguisse la propria soddisfazione avrebbe condotto al risultato migliore. Le guide più antiche, cioè le religioni tradizionali, non offrono alternative plausibili. Esse sono in disarmo perfino in paesi in cui l‟appartenenza a una chiesa e la pratica religiosa sono ancora abituali. Nuove sette militanti e comunità di culto (spesso fortemente irrazionali), non sono riuscite a controbilanciare la presenza delle antiche guide: la loro notorietà non corrisponde ad adesioni di massa. Nel Terzo mondo, ad eccezione delle grandi popolazioni dell‟Estremo Oriente – immuni per millenni dalle religione ufficiali (ma non dal culto privato) grazie alla tradizione confuciana – le tradizioni religiose plasmano le concezioni popolari assumendo un ruolo importante, specie quando le masse diventano protagoniste politiche. Negli ultimi decenni le elite laicizzate e modernizzatici sono state messe da parte (come nella rivoluzione iraniana): l‟attrattiva di una religione politicizzata è forte in quanto è nemica della civiltà occidentale ricca ed atea, considerata responsabile a sua volta dello sconvolgimento delle tradizioni, nonché dello sfruttamento dei paesi poveri. Questi movimenti sono conosciuti in Occidente sotto la definizione fuorviante di “fondamentalismo”: essi guardano indietro a una realtà più semplice, stabile e comprensibile, quale si immagina il passato; non hanno nulla da dire circa i problemi attuali; sono il sintomo della malattia che pretendono di curare. Le stesse considerazioni valgono per quell‟amalgama di slogan ed emozioni, difficilmente definibile come ideologia, fiorito sulle rovine delle istituzioni e delle ideologie: trattasi della xenofobia e delle politiche dell‟identità. Il diritto all‟autodeterminazione nazionale si è ridotto ad un‟espressione di ferocia tale da condurre osservatori ragionevoli, nei primi anni ‟90, a proporre l‟abbandono del diritto stesso. È un fenomeno di ricorso storico: come i movimenti revanscisti e rancorosi tra le due guerre generarono il fascismo, così l‟odierna protesta politicoreligiosa del Terzo mondo e il bisogno di identità ed ordine sociale nel disintegrato Primo mondo (la richiesta di comunità è abitualmente associata a quella di legge e ordine) procurano il terreno nel quale possono crescere nuove forze politiche. Non è scontato che a nascere siano movimenti organizzati di massa a carattere nazionale come quello fascista; il dato più certo è rappresentato dall‟impermeabilità dei nuovi movimenti alle teorie economiche accademiche: la loro spregiudicatezza, ovvero la tendenza ad abbracciare capricciosamente una teoria o l‟altra, è motivata da una profonda mancanza di cognizione. Quali sono i problemi “a lungo termine” del mondo globale? I problemi centrali e determinanti nel lungo periodo sono quello demografico ed ecologico. La popolazione mondiale dovrebbe, secondo le stime, stabilizzarsi nel 2030 a dieci miliardi (cinque volte quella del 1950) a causa di un declino dei tassi di natalità nel Terzo mondo. Una mancata stabilizzazione o una diminuzione della popolazione causerebbe problemi complessi, primo tra i quali una crescita degli squilibri fra aree povere e ricche. I paesi ricchi, con popolazione vecchie e pochi bambini, circondati da eserciti di persone che reclamano lavori modesti, devono scegliere tra il consenso all‟immigrazione (con annessi problemi politici), la chiusura totale delle frontiere (impraticabile) o una via di mezzo: quella più probabile è un‟immigrazione temporanea e condizionata che non dia agli stranieri i diritti politici e sociali di cittadinanza. Come si è comportata l’economia mondiale dagli anni ’90 ad oggi? I problemi dell‟economia mondiale sono, in relazione a quelli demografici ed ecologici, meno gravi. Anche abbandonata a se stessa, infatti, l‟economia continuerebbe a crescere. Stando al sistema di Kondrat‟ev, l‟economia sarebbe entrata in un‟altra espansione prima del terzo millennio; ciò avvenne alla fine degli anni ‟90, ma fu ostacolata dai postumi della disintegrazione sovietica (attualmente siamo nella fase discendente, che potrebbe durare decenni, salvo un‟accelerazione dei tempi). Si allarga, però, il fossato fra paesi ricchi e poveri, per effetto sia dell‟impatto su gran parte del Terzo mondo dei Decenni di crisi (soprattutto anni ‟80), sia del generale impoverimento degli stati ex-socialisti. In tale contesto, l‟idea, tipica dell‟economia neoclassica, che il commercio internazionale illimitato condurrebbe nel tempo ad un livellamento della ricchezza mondiale (teoria della “mano invisibile) cozza contro l‟esperienza storica e il senso comune: un‟economia che si sviluppa attraverso disuguaglianze non può essere scevra da complicazioni. In primo luogo, la logica del profitto ha condotto ad un‟espulsione, da parte della tecnologia, del lavoro umano, senza procurare occupazione per gli espulsi e senza garantire una crescita sufficiente ad assorbirli: la piena occupazione raggiunta nell‟Età dell‟oro oramai è un miraggio. In secondo luogo essa ha spostato le industrie in base al costo della manodopera: l‟effetto della concorrenza mondiale del lavoro potrebbe essere un abbassamento dei salari nelle regioni più ricche, con conseguenze sociali esplosive. In passato, simili pressioni venivano affrontate mediante provvedimenti statali, come il protezionismo, ma le spinte in tal senso durante i Decenni di crisi si sono rivelate deboli: il trionfo del liberismo ha ridotto il potere degli stati. L‟Età dell‟oro si è basata sulla crescita dei redditi perché le economie di consumo di massa hanno bisogno di una massa di consumatori con reddito sufficiente per potere acquistare beni di consumo durevoli ad alta tecnologia: dal dopoguerra ad oggi l‟esportazione verso il Terzo mondo è diminuita perché il grosso del potere d‟acquisto si trova nei mercati del lavoro ad alti salari. Proprio questi salari, essenziali per l‟economia, sono a rischio. Nei paesi ricchi il mercato è stato comunque stabilizzato dallo spostamento della manodopera dall‟industria al settore più stabile del terziario, nonché dai redditi dovuti ai servizi sociali e assistenziali: questo può spiegare perché il crollo di Wall Street del 1987, il più grave dal 1929, non sfociò in una crisi come quella degli anni ‟30 (anche il crollo di fine 2008, per quanto preoccupante, non può essere paragonato alla catastrofe di quegli anni). Orbene, i fattori stabilizzanti sono a rischio: i governi occidentali, sotto spinta dell‟ortodossia economica ultraliberista, sono portati a ritenere che il costo dei servizi sociali e assistenziali vada ridotto; se l‟economia mondiale può abbandonare una minoranza di paesi poveri, in quanto economicamente non interessanti, lo stesso si può fare con le persone all‟interno dei confini statali, finché il numero dei consumatori interessanti resta sufficiente. Se i costi lo giustificano, non c‟è ragione perché un paese non debba chiudere un intero settore produttivo e importare tutti i prodotti dall‟estero. Le conseguenze politiche e sociali di questa concezione non possono essere evitate: la scelta razionale delle imprese consiste infatti nel ridurre i costi (materiali ma anche umani). Persino economicamente non vi sono garanzie di miglioramento: l‟ultraliberismo successivo agli anni ‟70 non ha ottenuto apprezzabili successi; guardando ancora più a ridosso, la grande depressione di fine Ottocento è probabilmente dovuta in gran parte al libero mercato, mentre le misure protezionistiche hanno permesso un certo sviluppo dei paesi che le hanno adottate. La moda della liberalizzazione negli anni ‟80 ha fatto senz‟altro leva sulla crisi del blocco sovietico. La combinazione della crisi mondiale all‟inizio degli anni ‟90 e il fallimento della “terapia d‟urto” ultraliberista sui paesi ex socialisti hanno tuttavia dato vita a ripensamenti. In ogni modo, la nascita di una concezione realista dell‟economia frenata da diversi fattori. Il primo ostacolo è rappresentato dalla mondializzazione, che ha smantellato i meccanismi di protezione economica nazionale. Il secondo consiste nell‟assenza di una minaccia credibile al sistema capitalistico, in passato rappresentata dal nazismo e dal comunismo, i quali avevano fornito al capitalismo lo stimolo per riformarsi. A sedare uno stimolo riformistico sono il declino della classe operaia e dei suoi movimenti (accelerato dal crollo dell‟URSS); l‟insignificanza militare del Terzo mondo; la riduzione dei poveri nei paesi sviluppati a una “sottoclasse”. Ciò nondimeno, il sorgere di movimenti dell‟ultradestra nei paesi sviluppati e la rinascita, nei paesi ex comunisti, di un consenso per gli eredi del vecchio regime costituiscono segnali di fermento. Quali sono le prospettive del mercato del lavoro mondiale? La logica del profitto conduce ad una diminuzione della manodopera umana e ad uno sfruttamento di quella a basso costo nei paesi poveri. Questo comporta delle difficoltà nei paesi a redditi alti, che nell‟epoca del libero mercato si ritrovano disarmati: l‟ultraliberismo dominante frena non solo il protezionismo ma anche fattori stabilizzanti del mercato come le politiche assistenziali (dimostratesi capaci di frenare una crisi globale nel 1987); Da cosa è caratterizzato il dibattito economico odierno? Il mancato successo dell‟ultraliberismo ha dato vita a ripensamenti dagli anni ‟90, ma la nascita di una teoria economica realista è frenata sia dalla mondializzazione che dall‟assenza di una minaccia credibile al sistema capitalistico: nazismo, comunismo e movimenti operai sono memorie. I segni di inquietudine sono rappresentati dai movimenti dell‟ultradestra ad Ovest e dai nostalgici comunisti nell‟ex blocco sovietico. Contro quali elementi di disturbo devono lottare e quali nuovi “poteri” hanno i governi odierni, rispetto a quelli del passato? Gli stati, che continuano a definirsi “democrazie”, sono minacciati da un lato dalle spinte secessionistiche e dalla crisi della loro forma istituzionale; dall‟altro, la loro capacità di controllare i cittadini è stata rafforzata dalla tecnologia; La democrazia è in crisi perché, essendo la società liberista caratterizzata dall‟anteposizione dell‟interesse privato rispetto a quello generale, la politica, mentre si occupa del secondo, deve “accontentare” le masse in merito al primo. Spesso, peraltro, queste ultime non forniscono indizi di preferenza, anche per incompetenza; Se nell‟Età dell‟oro prevaleva l‟interesse collettivo e vigeva un accordo fra rivali su questioni fondamentali, dagli anni ‟70 in poi governi e stati sono sempre più malvisti. In tal contesto, le autorità tendono sempre più a scavalcare i meccanismi democratici; Qual è il rapporto fra i governi e le masse? La risposta delle masse è una delega totale degli affari di stato alla “classe politica”. Le autorità vengono comunque “disturbate” dall‟attivismo di minoranze e dai mass media, strumenti difficili da controllare in un sistema sedicente “democratico”; In che senso si può parlare di una crisi della democrazia? Oggigiorno la crisi democratica è acuta: in una società caratterizzata dall‟anteposizione dell‟interesse privato rispetto a quello generale, ogni proposta di aumentare le tasse, per quanto motivata, è un suicidio elettorale, per cui le elezioni diventano una gara di menzogne in materia fiscale; le autorità devono accontentare un‟opinione pubblica che non sempre fornisce indirizzi su questioni importanti; alcune decisioni riguardano materie sulle quali la maggioranza degli elettori e degli eletti non hanno competenze (ad es., il nucleare): in tal caso, di solito, si può contare sui consiglieri esperti, ma quando neanche questi ultimi sono d‟accordo, i politici brancolano nel buio come la giuria di un tribunale messa di fronte a perizie psicologiche dalle valutazioni opposte. Ci sono stati momenti in cui è prevalso l‟interesse collettivo e in cui vigeva l‟accordo su questioni fondamentali fra rivali: era il caso dell‟Età dell‟oro, durante la quale i governi godevano di una forte legittimazione. Dai decenni di crisi in poi il caso di popoli che si identifichino coi loro governi è sempre più raro: in molti paesi governo e stato sono malvisti; molti sono corrotti, soprattutto nel Terzo mondo (ma anche altrove, come ha dimostrato l‟Italia degli anni ‟80). A poter prendere decisioni con più facilità sono gli organismi che sfuggono alla politica democratica: società private, autorità soprannazionali e regimi non democratici. I governi sono sempre più tentati di scavalcare l‟elettorato e le assemblee parlamentari, ponendoli di fronte a fatto compiuto: la politica è sempre più evasiva perché i politici temono di dire agli elettori ciò che questi non vogliono sentirsi dire; sempre più organismi decisionali vengono sottratti al controllo elettorale; persino paesi senza divisione dei poteri ritengono opportuna una tacita riduzione della democrazia (mentre in paesi come gli USA tale operazione è indispensabile quando i conflitti tra l‟esecutivo e il legislativo risultano irrisolvibili). Quale modello potrebbe risolvere i problemi dell’attuale democrazia e con quali esiti? L‟epoca delle teocrazie imposte è finita: bisogna sedurre le masse. Rimane impossibile “imporre” loro determinate condotte: l‟unico strumento alternativo, quello della democrazia plebiscitaria, sancirebbe l‟abbandono della democrazia liberale. Una via d‟uscita potrebbe essere quella di ricreare un consenso che permetta alle autorità di agire in libertà, almeno finché il grosso dei cittadini non ha motivi seri per essere scontento: si tratta del modello napoleonico, cioè l‟elezione di un “salvatore del popolo” cui delegare ogni potere (democrazia plebiscitaria). Questo modello non offre prospettive incoraggianti per il futuro della democrazia parlamentare liberale. Concludendo, ogni aspetto del Secolo ci pone di fronte ad una serie di questioni aperte che non permettono semplici risposte modellate sul passato. L‟unico modo che ha l‟umanità per uscire dall‟attuale crisi storica è quello di cambiare, reinventandosi.
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