Mikhail Dmitriev - Dipartimento di Studi storici

MIKHAIL DMITRIEV
(Centro di ucrainistica e bielorussistica – MGU)
La cultura ortodossa dello Stato moscovita
nella storiografia russa e straniera degli ultimi anni (1988-2013)
1. I mutamenti cruciali nella storia della cultura ortodossa della Rus' moscovita: dalla celebrazione del millennio del
battesimo della Rus' alla creazione di centri di ricerca specialistici e dei primi dieci volumi dell’Enciclopedia ortodossa.
2. La nouvelle Clio nello studio della cultura ortodossa della Rus' moscovita: nuovi approcci e orientamenti:
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semiotica
ierotopia
storia sociale della cultura ortodossa; ''le vécu orthodoxe'' nella cultura della Rus' moscovita; tradizioni ortodosse
e «disciplinamento sociale»
comparatistica nello studio della cultura ortodossa della Rus' moscovita (in particolare, il progetto del Centro di
ucrainistica e bielorussistica (MGU) e dei suoi partners: L’influenza del cristianesimo ortodosso e occidentale
nella società europea nel medioevo e nella prima età moderna)
3. L’ancienne Clio nello studio della cultura ortodossa della Rus' moscovita - nuovi risultati:
-
istituzioni; chiesa e clero nella vita politica e socio-economica della Rus' moscovita
letteratura cristiana, pensiero religioso e mentalità religiose, teologia, ''filologia sacra''…
liturgia, arte sacra
chiesa e stato: cristianesimo e pensiero politico e pratiche politiche
''eretici'', dissidenti, vecchi credenti
4. Alcuni problemi di ricerca nella storiografia contemporanea della cultura ortodossa della Rus' moscovita:
-
-
-
la tradizione cristiana patristica orientale e il Corpus Areopagiticum nella cultura della Rus' antica e moscovita
il problema della tolleranza e intollerenza religiosa (giudei, musulmani, cattolici, protestanti, "eretici") e "accommodating cultural differences"
l’ortodossia e la cultura politico-giuridica della Rus' moscovita
venerazione delle icone, iconoclastia, ''iconicità''
santità, culto dei santi, monachesimo
il «silenzio intellettuale della Rus' antica» (questione posta da padre G. Florovskij)
il problema della ''nazionalità'' nel contesto delle tradizioni confessionali
l’influenza della cultura cattolica e protestante dell’Occidente sulla Rus' moscovita e il problema della
''pseudomorfosi'' della cultura ortodossa tra la seconda metà del XVII e l’inizio del XVIII secolo
la cultura ortodossa della Rus' moscovita e la cultura ortodossa delle terre ucraino-bielorusse tra XV e XVII secolo
5. Risultati – Tradizioni bizantino-ortodosse e tipologia dello sviluppo delle culture cristiane dell’Europa:
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una identità bizantino-ortodossa della cultura della Rus' moscovita?
una ''civilizzazione ortodossa'' della Rus' moscovita?
la ''tradizione culturale ortodossa'' come structure de la longue durée nella storia dell’Europa orientale?
L’"uomo ortodosso" nella Rus' moscovita.
MIKHAIL DMITRIEV
(Centro di ucrainistica e bielorussistica – MGU)
La cultura ortodossa dello Stato moscovita
nella storiografia russa e straniera degli ultimi anni (1988-2013)
Nel mio intervento procederò in questo modo: all’inizio farò alcuni commenti sintetici sui punti
fondamentali dell’indice distribuito ai partecipanti al nostro convegno e sui riferimenti bibliografici
che accompagnano i rispettivi punti dell’indice. Proporrò poi un commento più ampio sui risultati
dalle ricerche intorno a due problemi distinti della storia della cultura ortodossa della Rus’ moscovita, e cioè: a) la specificità confessionale delle tradizioni bizantine, tradizioni che hanno alimentato e
formato questa cultura; b) l’interazione tra la cultura ortodossa della Moscovia e le culture “eterodosse” e non cristiane (islam, giudaismo, paganesimo, protestantesimo, cattolicesimo).
Alcuni problemi di ricerca della storiografia contemporanea sulla cultura ortodossa della
Rus’ moscovita
1. La tradizione cristiana patristica orientale e il Corpus Areopagiticum nella cultura della Rus’
antica e moscovita.
Se ci si interroga su quale sia il principale risultato della ricerca negli ultimi venticinque anni e
della ripresa dei rapporti tra la storiografia russa contemporanea, la storiografia estera (principalmente tedesca) e la tradizione scientifica russa prerivoluzionaria, si può rispondere ricordando
l’individuazione di differenze tipologiche tra la cultura bizantino ortodossa della Rus’ e la cultura
cristiano-occidentale dell’Occidente “latino”.
Sono davvero grandi le differenze tra la tradizione normativa cristiana, giunta nella Rus’ (e nei
Balcani) da Bisanzio, e le tradizioni “latine” dell’Europa occidentale?
E quali sono gli elementi empirici nei quali esse si manifestano?
Abitualmente né gli storici, né i sociologi, né i culturologi e nemmeno gli studiosi di religione
“in generale” (in Russia come all’estero) attribuiscono particolare rilevanza alla distinzione fra i due
rami del cristianesimo per quanto concerne le rispettive istituzioni, i riti, e la dottrina normativa. Al
contempo, è noto che una serie di differenze è innegabile. Si tratta ad esempio della questione della
processione dello Spirito Santo, del primato del Papa e dei pani azzimi; dell’interpretazione del
peccato originale, della dottrina sull’immacolata concezione della Madre di Dio, della dottrina
dell’eccedenza dei meriti e di quella della grazia accumulata dai Santi, delle indulgenze e del purgatorio, dell’impossibilità del divorzio e del celibato. Non vanno dimenticati la comunione sotto l’una
o le due specie, la presenza o l’assenza di ordini monastici, il modo di concepire l’icona e la venerazione per le icone, le idee sulla sinfonia di chiesa e stato. E, dunque, anche le differenze più superficiali e immediatamente manifeste (ognuna delle quali possiede le proprie implicazioni storicoculturali e religioso-antropologiche) tra le due tradizioni sono molto profonde e significative.
Se ci spostiamo ad un livello di analisi più profondo, la contrapposizione tra le due tradizioni si
rende evidente in rapporto a parametri ancora più importanti.
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Il discorso potrebbe articolarsi sulla base dei seguenti punti:
- Criteri e metodi di interpretazione (esegesi) delle Sacre scritture e della Sacra Tradizione
(gnoseologia o epistemologia cristiana)
- Dottrina della natura dell’uomo, del peccato originale, del peccato e del peccaminoso (antropologia cristiana)
- Dottrina della salvezza, della libertà umana e della grazia nella salvazione (soteriologia)
- Dottrina della chiesa, del ruolo dei laici, dei concili, del clero, dei patriarchi (papi) (ecclesiologia)
- Dottrina della società, della chiesa e degli stati (“sociologia” e “politologia”)
In quali testi normativi si manifestano queste differenze?
In primo luogo e soprattutto, nella stessa patristica orientale (“greca”) e occidentale (“latina”).
In secondo luogo, nei testi verbali e non verbali che hanno interpretato le norme dottrinali esistenti
nelle due tradizioni patristiche.
A questo proposito vale la pena sottolineare il significato del cristianesimo come “religione del
libro” e “religione dei libri”, il ruolo importante svolto dall’esegesi, e il fatto che il corpus degli
scritti patristici ha costituito la base dell’esegesi medievale tanto in Oriente quanto in Occidente.
Le due tradizioni patristiche e le normative dottrinali da esse generate hanno trovato espressione
nei testi liturgici, nei riti in quanto testi non verbali, nell’arte sacra, nelle interpretazioni dei riti,
della Bibbia e delle istituzioni della vita ecclesiale, nella predicazione, nell’agiografia, nella polemistica...
Queste tradizioni sono diventate un fondamento dapprima prescrittivo (normativo) e poi anche
“vissuto”, fatto proprio dalla cultura cristiana nelle società ortodosse e occidentali (cristiano occidentali, “latine”) europee.
Coloro che dissentono da questa impostazione del problema affermano in primo luogo che le
questioni più rilevanti sono state risolte allo stesso modo nella patristica occidentale e orientale e
successivamente anche negli ambiti delle rispettive tradizioni (il dogma della Trinità, la dottrina
sulle due nature di Gesù Cristo, sui sette sacramenti, sulla chiesa visibile e invisibile; ideale comune
del monachesimo e della santità, riconoscimento della necessità del clero come categoria specifica
all’interno della chiesa e così via). In secondo luogo, secondo l’opinione dei dissenzienti, per il
semplice credente queste differenze e specificità non hanno avuto importanza nel medioevo, né
l’hanno ora.
Ciononostante, lo stato delle ricerche autorizza a respingere o a mettere in dubbio argomentazioni di questo genere.
La ricezione dei testi attribuiti a Dionigi Areopagita nella “noosfera” (espressione di G. M. Prochorov) della società russa antica (si veda l’articolo allegato di M. V. Dmitriev) da una parte, e dei
medesimi testi nella cultura “latina” dall’altra, fornisce un ottimo materiale per dare una soluzione
al quesito proposto.
Non è ancora disponibile uno studio complessivo 1 che dia conto di quali testi patristici bizantini
furono tradotti e circolarono, e quali no (dal periodo kieviano in poi). È evidente, se non altro, che
1
Ad eccezione dei lavori di A.S. Archangel’skij (A.S. Archangel’skij, Tvorenija otcov cerkvi v drevnerusskoj
pis’mennosti, vyp. 1-4, Kazan 1889-1890; A.S. Archangel’skij, Tvorenija otcov cerkvi v drevnerusskoj pis’mennosti.
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la patristica latina era del tutto ignota all’erudito della Rus’ antica, mentre quella bizantina giungeva
non soltanto (o non tanto?) attraverso la polemistica, l’esegesi e i sermoni, ma anche attraverso i
testi liturgici.
A favore della tesi dell’assimilazione del retaggio patristico bizantino nella Rus’ si possono citare numerose osservazioni di storici della letteratura, della filosofia e del pensiero politico (per non
parlare degli studiosi di arte) sui monumenti della letteratura e in generale della cultura russa antica
(G. P. Fedotov, G. M. Prochorov, B. A. Uspenskij, V. V. Byčkov, V. V. Mil’kov, J. Meyendorff,
F. von Lilienfeld, G. Schultz e altri).
Si potrebbe citare un gran numero di esempi che mostrano la composizione delle raccolte librarie monastiche: insieme alla celebrazione della liturgia, ai riti e alle cerimonie officiate fuori dalle
chiese, all’arte sacra, alla confessione, alla predicazione e alla confessione orali, esse hanno garantito il trapianto delle norme bizantine nel terreno slavo orientale.
Ci sono ottime ragioni per ritenere che gli inventari di raccolte librarie giunti fino a noi riflettano il mondo ideale all’interno del quale si muoveva il pensiero religioso, filosofico e storico dei ceti
colti della popolazione ortodossa dell’Europa orientale. Allo stesso modo si può a buon diritto sostenere che le idee e i concetti racchiusi in queste opere “discesero” fra gli strati più ampi della società attraverso l’omiletica, la polemistica, gli uffici divini e altri canali della “trasmissione culturale”.
Si potrebbe citare un cospicuo numero di esempi (o, più esattamente, case studies) per mostrare
in che modo la specificità confessionale dell’ortodossia bizantina si manifestò nella cultura della
Rus’ moscovita (le dispute sulla scrittura delle icone; gli approcci all’interpretazione delle Sacre
Scritture da parte, ad esempio, dello starec Artemij e di altri “non possessori”; la concezione della
santità, ad esempio, di Iosif Volockij (di Volokolamsk) e Zinovij Otenskij; il culto dei folli in Cristo; il rapporto con il testo e con la lingua slavo ecclesiastica in generale dei Vecchi credenti; gli
aspetti religiosi della concezione del potere dello zar e dei rapporti tra stato e chiesa; lo status ed il
ruolo dei laici nelle parrocchie; le dispute sul peccato originale e la salvezza nel XVII secolo, con,
sulla sfondo, il dialogo con la tradizione cattolica; la trattazione dei temi ierotopici, compreso il
progetto di fondare una Novyj Ierusalim [Nuova Gerusalemme, fondata dal patriarca Nikon –ndt]
nei pressi di Mosca, e così via).
La natura del nostro convegno non consente tuttavia di presentare compiutamente i mutamenti
verificatisi in questo ambito di studi.
2. Il problema della tolleranza e intollerenza religiosa (giudei, musulmani, cattolici, protestanti,
"eretici") e "ассommodating cultural differences".
Qual era il rapporto della cultura ortodossa della Rus’ moscovita con l’islam, e anche col paganesimo, il giudaismo, il cattolicesimo e il protestantesimo? Cercare di rispondere a questa domanda
inevitabilmente porta a chiedersi, come nel caso precedente, quanto abbiano influito gli orientamenti specificamente confessionali (teologici, e di conseguenza, della mentalità religiosa) del cristianesimo d’Oriente (e anche quelli specifici della tradizione cattolica romana nella storia
Obozrenie rukopisnogo materiala, Sankt-Peterburg 1888) e del breve saggio di C. Kern, Les traductions russes des
textes patristiques. Guide bibliographique, Chevetogne, 1957).
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dell’“Occidente europeo”) sulla formazione di uno specifico modo di considerare “l’eterodosso”
(“agareno”, “latino”, protestante, pagano, ebreo, "eretico in generale") nella Rus’ moscovita.
***
Implicitamente (e talvolta anche esplicitamente) si ritiene tuttavia che l'intolleranza religiosa sia
il prodotto naturale della cultura medievale cristiana (pancristiana, si può dire), dei suoi testi fondanti, originari, costitutivi. Ma se si confronta il modo in cui era visto l’“eterodosso” e come ci si
rapportava con lui, come venivano interpretate la tolleranza e l’intolleranza religiosa nel mondo
bizantino-ortodosso e in quello cristiano d’Occidente nel medioevo e nell’età moderna, appare molto dubbio che “di per sé”, quasi spontaneamente, la Bibbia e la tradizione dei primi secoli del cristianesimo inducessero all'intolleranza religiosa. In particolare, se si focalizza l’attenzione
sull’atteggiamento verso l’“eterodosso” delle autorità statali e religiose, del clero e della società
nelle culture ortodosse tradizionali (cioè fino alla metà del XVII secolo), si è portati a dubitare che
esistesse un modello cristiano (pancristiano) di intolleranza religiosa comune all’Occidente e
all’Oriente d’Europa.
E benché spesso si riconosca che c’è una difformità tra Bisanzio e l’Occidente “latino” per
quanto riguarda il rapporto con l’“eterodosso”, così come si ammette che la Russia pre-petrina tenne una politica tollerante nei confronti della maggioranza degli “eterodossi”, non ci si è mai posti
finora la domanda “weberiana” sulla possibile influenza esercitata dallo specifico confessionale
delle due tradizioni sulla formazione del discorso di tolleranza e intolleranza religiosa. Questa ipotesi è emersa negli ultimi quindici anni, nei quali si è tentato di compiere un’analisi comparata del
rapporto con l’“eterodosso” nella parte latina e in quella ortodossa dell’Europa 2. L’ipotesi di partenza si può riassumere così: lo specifico confessionale e culturale dell’ortodossia bizantino-slava
ha influito in modo sostanziale sull’interpretazione che la coscienza sociale (ideologie e mentalità)
dava delle norme che regolavano i rapporti fra cristianesimo ed “eterodossia” e sulla maniera in cui,
di conseguenza, si sviluppavano i conflitti confessionali e si determinavano gli orientamenti relativi
alla tolleranza/intolleranza religiosa.
Un altro aspetto di questa ipotesi è l’idea che proprio il retaggio religioso bizantino-ortodosso
abbia reso possibile la nascita – nella storia degli stati ortodossi dell’Europa orientale e Sudorientale (e anche della regione caucasica) – di un modello specifico di pluralismo religiosoculturale. Si possono assumere come punto di partenza i dati accumulati dalla storiografia sulle
relazioni con i musulmani nella cultura ortodossa della Rus’ moscovita del XV-XVII secolo. Non
occorre ricordare che gli slavi orientali e l’Europa orientale in generale giunsero ad una collaborazione con il mondo dell’islam ancora prima che si instaurasse lo stato kieviano; che al momento
della “scelta della fede” da parte del principe Vladimir, una delle alternative era l’islam; che in que2
È questa una delle linee di ricerca del progetto internazionale “L'influenza del cristianesimo ortodosso e occidentale sulla società. Un approccio comparativo”. Si veda: M.D. Dmitriev, Vlijanie pravoslavijai i zapadnogo christianstva
na obščestva. Sravnitel’nyj podchod, in “Voprosy istorii”, 1997, N. 12, pp. 3-19; Les Chrétiens et les Juifs dans les
sociétés de rites grec et latin. Approche comparative. Actes du colloque organisé les 14-15 juin 1999 à la Maison des
Sciences de l’Homme (Paris). Textes réunis par M. Dmitriev, D. Tollet et E. Teiro, Paris, Honoré Champion Editeur,
2003; Être catholique, être orthodoxe, être protestant. Confessions et identités culturelles en Europe médiévale et moderne. Etudes réunies et publiées par Marek Derwich et Mikhaïl V. Dmitriev. Wrocław, 2003; M. Dmitriev, L’Europe
“latine” et l’Europe “orthodoxe”: dimensions d’alterité, in “Revue historique”, T. 311, 2009, N. 3, pp. 645-670.
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sto periodo e in seguito la Rus’ ebbe a che fare con l’islam sia fra i Bulgari della Volga, sia fra i
pečenegi e i polovcy; che la secolare subordinazione all’Orda d’Oro, divenuta all'inizio del XIV
secolo uno stato islamico, fu un fattore cardinale nella storia dell’Europa orientale.
Vale però la pena di ricordare che già alla metà del XV secolo fra i sudditi dei sovrani moscoviti
vi era un consistente gruppo di musulmani, che mantenevano la stessa posizione di privilegio
dell’aristocrazia russa. Si trattava inizialmente dai “tatari di Kasimov” e delle loro enclaves presso
Rjazan’ (il “khanato [carstvo] di Kasimov”), ma sul modello del “khanato di Kasimov”, entro i
confini dello stato russo, si forma nel XV-XVII secolo una diaspora musulmana. Compare anche un
significativo numero di ex-musulmani che si convertono all’ortodossia. D’altro canto, nella regione
della Volga, e probabilmente anche in altre regioni, procede l’islamizzazione della popolazione
pagana (a giudicare da alcuni dati, anche pagani “neobattezzati” divennero musulmani). Cingisidi e
“semplici” principi e murzy [principi ereditari, ndt], non solo battezzati, ma anche non battezzati,
ottennero proprietà e “sostentamento” [l’istituto del kormlenie, ndt] nella parte centrale della Rus’
moscovita 3. I nuovi venuti musulmani ricevevano in cambio del servizio militare proprietà con contadini dipendenti, ortodossi e non-ortodossi. Nei secoli XVI-XVII un sobborgo [sloboda] tataro si
formò a ridosso delle mura di Mosca, e fra i tatari che vi abitavano molti rimanevano non battezzati.
Sui confini esterni, la Rus moscovita aveva costantemente a che fare con i musulmani e l’islam.
Un momento critico nei rapporti tra i musulmani e la Russia nei secoli XVI-XVII fu rappresentato dalla presa di Kazan’ e dalla conquista dei khanati di Kazan’ e Astrachan’ negli anni Cinquanta
del XVI secolo. Questi eventi vengono spesso interpretati come manifestazioni caratteristiche
dell’atteggiamento della società russa, della chiesa e dello stato verso l’islam e i musulmani. In effetti, sappiamo che l’annessione di Kazan’ e Astrachan’ fu accompagnata da dichiarazioni bellicose;
le fonti riferiscono di crudeltà perpetrate, molti musulmani furono deportati nei territori interni della
Russia, le moschee spesso vennero distrutte o spostate in altri luoghi, e così via. Tuttavia, perfino
negli anni della conquista militare della regione della Volga, si rilevano aspetti che portano a ritenere quantomeno molto ambiguo il rapporto della Russia con i musulmani. Il fatto più significativo è
che gli eventi di Kazan’ dell’inizio degli anni Cinquanta del XVI secolo non impedirono la profonda integrazione dei musulmani (non solo dei tatari battezzati!) nella società della Rus’ moscovita.
Il fenomeno dell’integrazione dei musulmani in Russia nei secoli XV-XVII è stato descritto con
una certa precisione e il numero dei lavori dedicati a questa pagina della storia dello stato moscovita
è in continuo aumento. Sono abbastanza studiati anche i rapporti della Rus’ con i musulmani e con
le formazioni politiche islamiche fuori dai suoi confini. Tuttavia, per quanto appaia strano, poche
ricerche sono state dedicate per ora alla politica della chiesa nei confronti dei musulmani e del
mondo musulmano; altrettanto superficialmente sono stati sudiati testi e pratiche che riflettono la
visione dell’islam e dei musulmani nella cultura ortodossa della Rus’ moscovita.
Il problema delle reciproche relazioni fra la Rus’ moscovita e i musulmani viene in varia misura
esaminato e definito in molti libri ed articoli: si tratta di profili generali di storia della Russia, pub3
Per esempio, una parte delle entrate provenienti da Zvenigorod, nella regione di Mosca, era rimessa nel XVI secolo a Murtazalej Achkimbekov, mentre Ibal Azjubakovič possedeva a quel tempo grandi proprietà nella regione di Mosca (S.V. Roždestvenskij, Služiloe zemlevladenie v Moskovskom gosudarstve 16 veka, in “Zapiski istorikofilologičeskogo fakul’teta Sankt-Peterburgskogo universiteta”, N. 43, 1857, pp. 215-217). Non sembra che Murtazalej
Achkimbekovič e Ival Azjubakovič fossero cristiani ortodossi. La questione delle terre e del “sostentamento” dei Cingizidi è analizzata nel libro di A. V. Beljakov, Čingisidy v Rossii XV-XVII vekov, Rjazan’ 2011, pp. 265-292, 307-329).
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blicazioni sulla storia dell’economia, dei contadini e della proprietà fondiaria, ricerche sulla storia
della politica estera e della diplomazia, sulla storia dell'arte e dei monasteri, studi di critica letteraria
e onomastica. Molto numerose sono anche le pubblicazioni che riguardano in particolare la popolazione musulmana e tatara della Rus’ moscovita, e quasi sempre vi si leggono considerazioni sul
modo in cui le élites moscovite consideravano l’islam, i tatari, i musulmani, e sui conflitti fra la
Rus’ moscovita e il “mondo islamico”.
Le ricerche specifiche sono invece molto più scarse e rientrano in due categorie principali. In
primo luogo, abbiamo lavori dedicati ai tatari della Rus’ moscovita, e cioè la diaspora musulmana o
di provenienza musulmana residente nel territorio dello stato moscovita, o ricerche sulla politica
delle istituzioni statali ed ecclesiastiche in relazione a questo strato di popolazione (si veda la bibliografia). In secondo luogo, abbiamo rarissime pubblicazioni nelle quali si cerca di chiarire il
punto di vista delle fonti conservatesi sui musulmani e l’islam.
La storiografia prerivoluzionaria ha prodotto una serie di lavori che consentono di giudicare il
livello di integrazione dei musulmani nella società della Rus’ moscovita e la politica portata avanti
nei confronti sia della diaspora musulmana, sia dei vicini stati islamici (ricerche di V. V.
Ven’jaminov-Zernov, N. A. Firsov, G. I. Peretjatkovič, I. Ja. Gurljand). La visione dell’islam e dei
musulmani non veniva affrontata come una questione a parte, anche se proprio la prassi, descritta
dagli storici, delle relazioni con la diaspora musulmana all'interno della Russia e con gli stati musulmani ai suoi confini, consentiva di giudicare, almeno fino a un certo punto, quali fossero le idee
delle autorità russe, del clero e della società sull’islam e gli “agareni”.
Nella storiografia più recente (postrivoluzionaria e postbellica) questo tema emerge con una certa frequenza sia negli studi riguardanti la politica verso le enclaves musulmane sul territorio della
Russia e i gruppi musulmani della popolazione, sia in quelli che si occupano delle relazioni fra la
Russia e gli stati musulmani (K.V. Bazilevič, A.L. Choroškevič, V.V. Trepavlov, A.V. Beljakov,
M.V. Moiseev, I.V. Zajcev, B. Nolde, H.-H. Nolte, A. Kappeler, A.G. Bachtin, Ja. Pelenski, D.
Ostrovskij).
La storia dei musulmani russi (i “tatari” delle fonti russe 4), cioè della diaspora musulmana in
Russia (in primo luogo la storia della politica statale che li riguardava) è stata studiata più raramente, ma sotto diversi aspetti. Sono stati approfonditi soprattutto la proprietà fondiaria e lo status sociale dei musulmani in varie regioni della Russia e specialmente lungo la Volga; si tratta di questioni che si intrecciano strettamente con quella della proprietà fondiaria dei proprietari terrieri ortodossi, della chiesa e dei monasteri e con quella dello status e delle terre dei pagani nelle regioni della
Russia dove la popolazione non era confessionalmente omogenea.
Un aspetto molto importante del problema, quello dell’attività missionaria della chiesa ortodossa rivolta ai musulmani, viene trattato nelle parti iniziali di due libri ed in qualche articolo.
Alle idee sull’islam e i musulmani diffuse nella cultura russa (si può parlare di “discorsi islamici”) sono dedicati pochi lavori. Per il periodo propriamente medievale (fino alla fine del XV secolo)
abbiamo il libro di V.N. Rudakov, in cui il punto di vista sull’islam e i musulmani riflesso nei testi
della Rus’ kieviana del periodo degli appannaggi, della dominazione mongolo-tatara, delle repubbliche cittadine di Novgorod e Pskov, è studiato nel contesto dell’analisi dei topoi diffusi nelle opere narrative.
4
Bisogna avere sempre presente che nelle fonti russe la parola “tatary” designa in genere la confessione religiosa e
non l’etnia.
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Per quanto strano, il periodo successivo allo “scontro sul fiume Ugra” (1480) è ancor meno studiato da questo punto di vista. Nonostante la questione non sia stata quasi mai affrontata, spesso ci
si può imbatte nell’affermazione aprioristica che nella letteratura russa del periodo moscovita (e di
conseguenza nella coscienza sociale della Rus’ moscovita) si riscontrano forti sentimenti antiislamici. Ja. Pelenski ha analizzato la cornice ideologica in cui si svolse la conquista del khanato di
Kazan’ 5, ma il suo libro non va al di là della ristrettissima impostazione adottata. I dati offerti dalle
fonti del XVI-XVII secolo sull’atteggiamento verso gli “eterodossi” e, in particolare, verso l’islam,
sono stati studiati in rapporto al tema della tolleranza religiosa anticomoscovita solo in un articolo
di Hans-Heinrich Nolte 6.
I discorsi propriamente religiosi (inclusi quelli teologici) del rapporto con l’islam nei testi del
periodo moscovita non sono stati quasi studiati (a parte un recente articolo di carattere generale di
P. Bushkovitch).
È chiaro che, scontrandosi con il fatto rappresentato dall’integrazione dei musulmani nella Rus’
moscovita, gli storici, in un modo o nell’altro, sono costretti a domandarsene le ragioni. Come interpretano l’atteggiamento tollerante verso l’eterodossia nella Rus’ moscovita? Molti di loro, senza
condurre alcuna indagine specifica mirante a identificare e chiarire i motivi della posizione tollerante delle cerchie statali ed ecclesiastiche, affermano che si tratta di una questione di pragmatismo
politico: il governo russo avrebbe temuto insurrezioni dei musulmani dentro il proprio territorio o
l’intervento dei vicini stati musulmani in difesa dei correligionari. Si afferma talvolta che la chiesa e
lo stato non avevano risorse per un’opera di cristianizzazione, oppure che avevano altre e ben più
importanti preoccupazioni. In qualche caso si ipotizza che, ad esempio, non si convertissero al cristianesimo i tatari di Kasimov, di Temnikov, di Kostroma o di Nižnyj Novgorod, perché si vedeva
in loro una forza che, restando musulmana, sarebbe potuta servire da “quinta colonna” nella conquista di Kazan’, Astrachan’, e magari della Crimea. Si afferma inoltre che lo stato era interessato ai
musulmani sia come forza militare che faceva parte dell’esercito russo, sia in quanto fornitori dello
jasak [tributo tataro]. Molto spesso ci si imbatte in un fenomeno storiografico decisamente tipico:
due o tre episodi di lotta violenta con l’islam alla metà del XVI secolo e altri due o tre episodi isolati dello stesso genere nel corso del XVII secolo sono letti come “dimostrazione” dell’intolleranza
della chiesa e dello stato nell’epoca pre-petrina. Lo storico tedesco J. Glazik in un libro dedicato
all’evangelizzazione russa ortodossa fra i musulmani ha tentato di argomentare la tesi per cui la
tolleranza verso gli eterodossi sarebbe un’illusione, alimentata dall’assenza di fonti adeguate. E
tuttavia, il suo principale argomento a favore di questa tesi è la convinzione che la chiesa cristiana
non potesse che tendere alla diffusione della “vera fede” tra i non credenti.
A. Kappeler ha descritto molto bene la politica delle autorità russe nella regione della Volga
nella seconda metà del XVI secolo e anche dopo, ma di fatto ha rinunciato a darne una spiegazione,
limitandosi ad enunciare la tesi secondo cui fino al XIX secolo la Russia sarebbe rimasta da questo
punto di vista un impero “premoderno”.
L’unico tentativo a me noto di spiegare il fenomeno della tolleranza religiosa nella Rus’ moscovita nel XVI-XVII secolo è quello dello storico tedesco H.-H. Nolte, autore di una vasta e ampiamente documentata monografia sulla tolleranza religiosa russa tra il XVII e l’inizio del XVIII seco5
J. Pelenski, Russia and Kazan. Conquest and Imperial Ideology (1438-1560s), The Hague-Paris, 1974.
H.-H. Nolte, Verständnis und Bedeutung der religiösen Toleranz in Russland, 1600-1725. Zur Kirchlichkeit des
Moskauer Reiches, in “Jahrbücher für Geschichte Osteuropas”, Neue Folge, Bd. 17, 1969, pp. 494-530.
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lo 7, e di un ampio articolo specialistico in cui tenta di spiegare come la tolleranza religiosa fosse
inscritta nei tratti propri della chiesa (Kirchlichkeit) della Rus’ moscovita 8.
La soluzione di questo enigma proposta da Nolte (per la verità in modo un poco sorprendente) è
imperniata sull’interpretazione del modo in cui nei testi russi veniva intesa la correlazione tra etnico
e confessionale. Nell’interpretazione di Nolte è cruciale la parola “forestiero”. Il fatto è che nelle
fonti russe incontriamo un’innumerevole quantità di casi in cui a qualsivoglia gruppo di popolazioni
non ortodosse in Russia – compreso il caso dei musulmani – viene attribuito proprio il termine “forestiero”. Secondo la logica di questo uso lessicale, tutti i sudditi non ortodossi dello zar costituirebbero una sorta di comunità extraterritoriale pur non essendolo affatto, dal momento che erano
sudditi dello zar russo. Soltanto all’epoca di Pietro I il temine “forestiero” comincia ad essere usato
in modo più o meno coerente in rapporto agli stranieri, e non ai sudditi “forestieri” della Russia.
Nel complesso, rimane aperta la questione delle modalità e delle ragioni di un rapporto decisamente particolare con l’eterodossia nella Russia pre-petrina. È indubbio, tuttavia, che se ci si accosta al problema lasciandosi guidare da analogie e criteri occidentali, nella Russia del XVI-XVII
secolo ci si scontra conn un paradosso sorprendente: lo stato russo, a partire dalla metà del XV secolo e fino alle riforme petrine, si è autoproclamato un regno ortodosso, unico depositario
dell’autentica religione libero da dominazioni straniere, e che in rapporto alla fede si pone gli stessi
obiettivi della chiesa ortodossa: custodire, difendere e diffondere il vero cristianesimo. E sebbene
questa ideologia venga espressa con chiarezza in molti testi, né lo stato, né la chiesa, né la società
praticarono quelle forme di intolleranza religiosa che purtroppo furono dominanti (nonostante alcune eccezioni) nella cultura dell’Occidente cristiano durante il medioevo e la prima età moderna.
Quali sono le ragioni delle differenze apparentemente paradossali tra Rus’ moscovita e Occidente “latino”? Come interpretare il modello di pluralismo religioso-culturale “anticomoscovita”
nel contesto della storia europea dell’epoca? E in particolare: come il clero russo intendeva
l’esigenza di conservare e diffondere il cristianesimo tra i popoli non battezzati della Russia? Che
opinione avevano gli autori ortodossi (gli ideologi dell’ortodossia) dei musulmani nel XVI-XVII
secolo? Quali ripercussioni pratiche ebbero le concezioni religiose sugli eterodossi che si erano
formate in quest’epoca? Questa è solo una parte delle domande che devono andare a costituire un
adeguato programma di ricerca. Quando ci si accosta ad esse, tutte le spiegazioni che cercano di
evitare riferimenti a correlati confessionali “funzionano” male, perché quasi sempre sono speculative e aprioristiche. Nella misura in cui abbiamo a che fare con culture cristiane, è logico e necessario
chiedersi quale fosse il rapporto che si instaurò con l’islam negli ambienti ecclesiastici e nel pensiero religioso (o, se si preferisce, nelle mentalità religiose). Ma questo è un compito che appartiene al
futuro.
Ma in un intervento di sintesi non è possibile trattare per esteso tutto ciò che è noto oggi sul
rapporto della cultura ortodossa della Rus’ moscovita con l’islam, il paganesimo, il protestantesimo
e il cattolicesimo...
Nel complesso, i dati raccolti dalle ricerche sui rapporti fra la Rus’ moscovita, i musulmani e gli
altri eterodossi autorizzano a fare una serie di constatazioni.
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H.-H. Nolte, Religiöse Toleranz in Russland.
H.-H. Nolte, Verständnis und Bedeutung der religiösen Toleranz in Russland, 1600-1725. Zur Kirchlichkeit des
Moskauer Reiches, in “Jahrbücher für Geschichte Osteuropas”, Neue Folge, Bd. 17, 1969, pp. 494-530.
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In primo luogo, numerose ricerche scientifiche hanno mostrato che i musulmani erano profondamente, e forse anche organicamente, integrati nella società della Rus’ moscovita.
In secondo luogo, la loro integrazione nella società della Rus’ non si accompagnò
all’assimilazione religiosa.
In terzo luogo, i due fenomeni di cui sopra sono stati possibili grazie al fatto che l’atteggiamento
degli ambiti statali ed ecclesiastici (e verosimilmente della società) verso i musulmani, sia
all’interno, sia al di là dei confini del territorio russo, fu (non sempre, ma prevalentemente) di tolleranza o indifferenza.
Infine, nella misura in cui abbiamo a che fare con culture cristiane, le differenze tra i modelli di
rimozione dei contrasti religiosi in Russia e nei paesi “latini” d’Europa appaiono estremamente
rilevanti.
Se la prima e la seconda conclusione di queste indagini preliminari, pur non essendo accettate
dalla maggior parte degli storici, corrispondono a constatazioni esposte in alcuni lavori scientifici
(soprattutto tedeschi), la terza e la quarta tesi si oppongono all’opinione dominante sul rapporto
della Rus’ con il mondo dell’islam e dell’“eterodossia” in generale.
Per quanto riguarda il punto di vista sui cattolici e il rapporto col cattolicesimo e con la cultura
“latina” nella Rus’ moscovita nel XVI e XVII secolo, i dati raccolti dagli studiosi consentono di
affermare che, sebbene negli ambiti statali ed ecclesiastici imperasse (come si ritiene sia stato provato) un’accesa ostilità verso i cattolici e il cattolicesimo, ereditata da Bisanzio, essa coesisteva con
la deliberata adozione di molti elementi della cultura “latina” da parte della cultura moscovita del
XVI e della prima metà del XVII secolo. È da tempo accertato e riconosciuto, inoltre, il fatto che
nella seconda metà del XVII secolo la cultura russa (teologia inclusa) subì un innesto di dottrine e
concezioni “latine”
Per quanto riguarda il rapporto tra Rus’ moscovita e paganesimo, protestantesimo e giudaismo, i
dati acquisiti dalla ricerca sul rapporto tra la società, la chiesa e lo stato della Rus’ antica e moscovita e i pagani, hanno portato da tempo gli studiosi a concludere che la cristianizzazione della Rus’
rimase a lungo assai superficiale; che fino all’epoca petrina e anche dopo, il paganesimo continuò a
rimanere la religione di una parte considerevole della popolazione della Russia; che tentativi sistematici di convertire i pagani all’ortodossia con la violenza non furono attuati fino al XVII secolo.
In secondo luogo, una consolidata tradizione storiografica mostra chiaramente che i protestanti,
a dispetto della grande quantità di testi anti-protestanti di epoca moscovita, vennero stabilmente
integrati senza attriti e senza assimilazione nella società russa dell’epoca pre-petrina.
Infine, le ricerche condotte nei tempi più recenti hanno mostrato che le culture ortodosse tradizionali (ovvero le culture ortodosse fino alla metà del XVII secolo) si differenziano dalle culture
cristiane dell’Occidente medievale per una serie di indici che riguardano la visione degli ebrei e del
giudaismo. La differenza più evidente è l’assenza nelle culture ortodosse dell’Oriente europeo (fino
alla metà del XVII secolo) di quell’”antisemitismo chimerico” (chimerical Antisemitism) (il concetto è stato formulato da G. Langmuir), caratteristico invece delle culture “latine” medievali.
Ci sono quindi tutti i presupposti per affermare che la prevalenza di un rapporto di relativa tolleranza o di relativa indifferenza delle autorità russe, del clero e della società dello stato russo dei
secoli XV-XVII nei confronti delle tradizioni religiose non-ortodosse è un fatto della storia russa
ormai assodato dagli studiosi, a prescindere dal rapporto della storiografia contemporanea, segnata
dal postmodernismo, con il concetto di fatto. La risposta all’interrogativo sulle cause e i correlati
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che resero possibile tale situazione non è stata ancora trovata. Ciononostante, una visione comparativa del modello di interazione cristiano-occidentale e di quello antico-russo con l’islam e le altre
tradizioni non cristiane, consente di supporre che proprio i fattori confessionali (e non il pragmatismo politico, le condizioni geopolitiche, la carenza di risorse, la bassa densità della popolazione e
delle relazioni sociali, e così via) siano in qualche modo connessi con il sistema di concezioni, discorsi e pratiche instauratosi nella Rus’ moscovita in rapporto agli “eterodossi”. Di conseguenza,
l’ipotesi di un modello cristiano-orientale di pluralismo religioso e culturale necessita di una elaborazione ulteriore.
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Curriculum vitae
DMITRIEV MIKHAÏL VLADIMIROVITCH
Russia, Moscow
Depuis 1984 - assistant, maître de conférences, professeur associé (Dozent), professeur (full professor) de la
chaire d’histoire des Slaves de l’Ouest et du Sud à la faculté d’histoire de l’Université de Moscou.
Depuis 2002 recurrent visiting associate professor à l’Université de l’Europe Centrale, Budapest
La recherche les non-conformismes religieux, la tolérance, les rapports inter-confessionnels et les mentalités
chrétiennes dans l’histoire des Slaves de l’Est (Russie, Ukraine, Biélorussie).
Publications de recherche
Auteurs de 4 livres (2 publiés en français):
L’Orthodoxie et la Réforme. Les mouvements de Réforme dans les pays ruthènes des la République
Polonaise dans la deuxième moitié du XVIe siècle, Moscou: Editions de l’Université Lomonossov de
Moscou, 1990 (en russe).
Dissidents russes. I. Feodosij Kosoj. Baden-Baden: V. Koerner-Verlag, 1998 (Bibliotheca
dissidentium. Répértoire des non-conformistes religieux des seizième et dix-septième siècles. Vol.
XIX. Ed. par A. Séguenny) (en francais).
Dissidents russes. II. Matvej Baskin. Le starec Artemij. Baden-Baden: V. Koerner-Verlag, 1999 (Bibliotheca dissidentium. Répértoire des non-conformistes religieux des seizième et dix-septième siècles. Vol. XI. Ed. par A. Séguenny) (en francais).
Entre Rome et Constantinople: la genèse de l’Union de Brest (1595/1596), Moscou: Editions de
l’Université Lomonossov de Moscou, 2003 (en russe).
Editeur, co-éditeur de 10 ouvrages collectifs; dizaines d’articles en français, anglais, allemand ; plus de 100
articles de recherche en russe
***
Depuis 1993: coordinateur d’un large programme international de recherche “Influence de l’Orthodoxie et
du Christianisme occidental sur les sociétés. Approche comparative”, lancé par la Maison des sciences de
l’homme (Paris) et le Centre d’études ukrainiennes et biélorusses à l’Université Lomonossov, dont je suis
directeur .
Ouvrages publiés dans le cadre de ce programme
Moines et monastères dans les sociétés de rite grec et latin. Études publiées par J.-L. Lemaitre, M. Dmitriev et P. Gonneau. Genève: Librairie Droz, 1996.
Fonctions sociales et politiques du culte des saints dans les sociétés de rite grec et latin au Moyen Age
et à l’époque moderne. Approche comparative. Sous la dir. de M. Derwich et M. Dmitriev. Wroclaw:
LARHCOR, 1999
Les Chrétiens et les Juifs dans les sociétés de rite grec et latin, Moyen Âge - XXe siècle. Approche comparative. Sous la dir. de M. Dmitriev et D. Tollet. Paris: Honoré Champion, 2003.
La frontière entre les chrétientés grecque et latine au XVIIème siècle. De la Lithuanie à l’Ukraine subcarpathique (= XVIIème siècle, 2003, N 3, Juillet-Septembre 2003, 55ème année).
Être catholique, être orthodoxe, être protestant. Confessions et identités culturelles en Europe médiévale et moderne. Etudes réunies et publiées par Marek Derwich et Mikhaïl V. Dmitriev. Wroclaw:
LARHCOR, 2003.
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Религиозные и этнические традиции в формировании национальных идентичностей в Европе.
Средние века – новое время. Под ред. М.В. Дмитриева / Religious and ethnic traditions in shaping
national identities in Europe. The Middle Ages et ethnicité dans la formation des identités nationales en
Europe. Moyen Âge – Modern Period. Ed. by Mikhaïl V. Dmitriev М.: Индрик, 2008.
Сравнительное изучение религиозных традиций: Россия, Восточная Европа, постсоветское
пространство. Сборник авторских программ и материалов учебных курсов. Под ред. Д.И.
Полывянного. / Comparative Studies of Religious Traditions. Russia, Eastern Europe, Post-Soviet
Space. Ed. by D.I. Polyvianny. Иваново: Изд-во «Ивановский государственный университет»,
2010.
Христиане и евреи в православных обществах Восточной Европы. Средние века – новое время.
Под ред. М.В. Дмитриева /Christians and Jews in the Orthodox Societies of Europe. Moyen Âge –
Modern Period. Ed. by Mikhaïl V. Dmitriev. Moscou : « Indrik », 2011.
Религиозные традиции Европы и современность: изучение и преподавание в российских и
зарубежных университетах. Под ред. Д.И. Полывянного / Religious Traditions of Europe and Recent History: Studies and Teaching in Universities in Russia and Abroad. Ed. by D.I. Polyvianny.
Иваново: Изд-во «Ивановский государственный университет», 2011.
В печати: Confessiones et nationes. Discours identitaires nationaux dans les cultures chrétiennes.
Moyen Âge – XXe siècle. Sous la dir. de M. Dmitriev et D. Tollet. Paris : Honoré Champion éditeur,
2014.
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