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VENERDÌ
DA DOMANI
Incontro su “Cuore d’acciaio”
d Venerdì prossimo, 31 gennaio, alle 20, presso la sede di Le ali di Pandora per “Appunt@
mento d’autore” sarà presentato l’ultimo romanzo di Patricia Flament “Cuore d'acciaio” edito
da Lupo. Interverrà con l’autrice Marianna Burlando.
Secondo l’ultimo studio sullo stato dell’ambien-
te curato dall’Arpa la Puglia è la regione con le
maggiori emissioni industriali in Italia e le condizioni dell'aria e dell’acqua sono preoccupanti.
La conversazione sul libro della Flament sarà
un’occasione per parlare anche di questo con
Marianna Burlando, psicologa e psicoterapeuta
presso l’Oncologico di Casarano.
Noel Gazzano in mostra a Lecce
d Verrà inaugurata domani presso
la Tipografia del Commercio di
Lecce, in via dei Perroni, la personale di pittura di Noel Gazzano “Uragani e melagrane. Immagini Femminili in Salento”. Interverranno
Maurizio Nocera e Lucia Buttazzo.
Italo-americana, docente universitaria di antropologia, studiosa di
identità femminile, Gazzano si immerge con sensibilità curiosa nella
cultura e nella natura del Salento.
La mostra sarà visitabile fino al 10
febbraio (h: 10-12; 17-20).
Cultura&Spettacoli
Dai Templari
ai Celestini
Dalle osservazioni
di due studiose
il parallelo
tra Santa Croce e
S. Maria
di Collemaggio
di Leda CESARI
Lunga e magica è la strada
che conduce dall’Aquila a Lecce, da Santa Maria di Collemaggio a Santa Croce, dai Templari ai Celestini. È la strada dell’alchimia e dell’ermetismo,
del simbolismo medievale e della spiritualità più elevata; la
strada percorsa da due studiose,
Maria Grazia Lopardi e Maria
Grazia Giorgino. Avvocato dello Stato aquilano la prima, leccese la seconda, entrambe
esperte in tradizione iniziatica.
Insieme - come i Templari, numero di due - in viaggio lungo
sentieri che attraversano il tempo e le latitudini per perpetuare
una conoscenza antica eppure
immortale. Che si palesa solo a
chi abbia occhi per vedere.
Percorsi di luoghi vibranti
“dove sapienti Costruttori hanno affidato alla pietra messaggi
eterni, sfruttando le energie del
luogo per renderli viventi in
ogni tempo; porte del Cielo varcando le quali si ha la percezione di cambiare dimensione, dove quello che l’anima avverte
scaturisce dalla sacralità del
luogo, già sacro prima di ogni
rito di fondazione ed esaltato
dall’Arte regale dei Maestri Costruttori che vi hanno edificato
costruzioni armoniche, casse di
risonanza della musica divina
ordinatrice del cosmo”, avvertono infatti le due studiose. Che
raccontano: “Di ritorno da Lione e dal secondo Concilio Lionense Pietro Angeleri, l’eremita dei monti d’Abruzzo che un
ventennio dopo sarebbe diventato Papa con il nome di Celestino V, venne ospitato dai Templari nel luogo che ora ospita il
Teatro dei Celestini”. A Lione
soggiornava in quei giorni Guglielmo di Beaujeu, Gran Maestro dei Templari e fino al
1273 Gran Precettore della Provincia Apulia. “Tornato in
Abruzzo, il tenace pellegrino si
fermò a riposare a Collemag-
In alto le facciate di Santa Croce e
Santa Maria di Collemaggio. Nelle
foto sotto il titolo, a destra, i due
“men green” che figurano nei fregi
delle due chiese
IL FILO DEI SIMBOLISMI
TRA LECCE E L’AQUILA
A sinistra, Maria Grazia Lopardi e Maria
Grazia Giorgino. Qui sopra, i giochi di
luce nella chiesa di Collemaggio, in alto
nella navata di Santa Croce
gio, all’Aquila; in sogno gli apparve la Vergine, che gli chiese
di costruire una chiesa su quel
colle già dedicato al suo culto”.
Si può ipotizzare al riguardo, precisano le due studiose,
che il sogno “nasconda un preciso mandato da parte dei Templari, che apprezzavano la santità di Pietro ed erano particolarmente devoti a Notre Dame
quale simbolo della materia
umana in grado di assurgere in
cielo”.
La chiesa venne intitolata infatti a Maria Assunta: facciata
con disegno di croci rosse su
fondo bianco - e i Cavalieri
Templari avevano una croce
rossa sul mantello - torre ottagonale come le colonne interne, in numero di 8 per 2: “Simbolismo spesso presente in chiese e cappelle templari, a suggerire la posizione intermedia tra
il quadrato della Materia e il
Cerchio dello Spirito, dunque
la materia spiritualizzata asso-
ciata alla Vergine, in cielo con
il suo corpo fisico spiritualizzato”.
Altre particolarità: “Nella
basilica aquilana, in giorni particolari dell’anno - al solstizio
d’estate e il 15 agosto, Festa
dell’Assunta - si manifestano
incredibili proiezioni di luce solare, foriere di un progetto grandioso: il compimento della
Grande Opera”. Ancora, il pavimento, “ricco di simboli pitagorici, si snoda come un trattato
in pietra di alchimia: a iniziare
dalle losanghe, simbolo dell’acqua mercuriale da cui scaturisce la pietra filosofale”. Segue
poi un percorso di croci “il cui
simbolismo evidenzia la dinamizzazione della materia posta
nel crogiolo alchemico, quindi
un tratto di pavimento in cui
l’ottagono segna il passaggio
della spiritualizzazione. Per
concludere con il cerchio, in
tutte le tradizioni simbolo dello
spirito immanifesto”.
Simbolismo confermato da
uno straordinario effetto del 15
agosto: i costruttori di Collemaggio, infatti, hanno fatto sì
che quel giorno al tramonto la
luce del sole, attraverso il rosone centrale, vada a colpire il
fiore a 8 petali sulla sommità
del finestrone gotico: “In un
istante appare intorno al fiore
una corona di luce che, sovrapponendosi alla sagoma del finestrone, rende visibile - con un
po’ di immaginazione - la Vergine avvolta nel suo manto, assunta in cielo”. Un momento
dopo, il sole tramonta.
Stesso messaggio per la
chiesa di Santa Croce dei Celestini a Lecce, che pur essendo
successiva di tre secoli riprende il simbolismo aquilano, “a
evidenziare un passaggio di conoscenze, probabilmente, dai
Templari ai Celestini”. La facciata della basilica leccese racconta infatti un percorso alchemico vero e proprio: “L’iniziato entra nella prima fase della
Grande Opera, la nigredo, cominciando a raffinare la materia grezza”. Il passaggio successivo è alla seconda fase, “l’albedo, quando si fanno decantare
le scorie per consentire il passaggio all’ultima fase, la rubedo, che indica la spiritualizzazione della materia”. I giochi
solari all’interno di Santa Croce confermano infine lo stesso
simbolismo: e, guarda caso, “una delle strade che conducono
verso la basilica di Santa Croce
si chiama Via dei Templari”.
“DIVERGENZE PARALLELE” ALLA FONDAZIONE PALMIERI
di Marinilde GIANNANDREA
“Divergenze parallele” nella doppia personale di Marcello Nitti e Davide Russo,
due giovani tarantini, provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Lecce, portatori di
un’inquietudine pittorica che riesce a invadere le superfici ma che trova consapevolmente strade autonome nella dialettica dei soggetti e delle stesure.
Che si tratti di due fedeli alla pittura, e
per certi versi alla figurazione, non c’è alcun dubbio, perché in “Untitled”, in corso fino al 29 gennaio negli spazi della Fondazione Palmieri a Lecce, le opere appese nella
navata dell’ex chiesa di S. Sebastiano compongono, di fatto, una quadreria contemporanea e sembrano volere dichiarare con una
certa sfrontatezza la vitalità di un mezzo,
che trova tra i più giovani fedeli seguaci e
che - ricorda Giovanni Matteo nel testo critico della mostra - ci porta ancora a fermarci,
osservare, parlare, scrivere”.
Coerente e omogenea, la ricerca di Nitti
Sfide oltre la tradizione con Nitti e Russo
Da sinistra, due opere di Marcello Nitti e Davide Russo
presenta una galleria di ritratti borghesi, invecchiati dal tempo, nei quali anche i procedimenti tecnici sono un rifacimento della pittura ottocentesca, scura, a volte mimetica.
Ma a ben guardare si tratta di un’illusione.
Ogni ritratto ha una perturbazione contemporanea che altera la percezione, sia che si
tratti di un oggetto tecnologico, sia che si alluda ad una malattia o a una dissolvenza. In
questo elogio dell’imperfezione, ricco di nostalgie, citazioni e riferimenti, i protagonisti
si trovano a vivere un tempo sospeso, imprigionati dentro le cornici ingombranti dei
quadri di famiglia. Inquietudini, disordini
psichici, appaiono come segnali di un disagio individuale e collettivo e il corpo sembra dichiarare con una certa intenzione liberatoria le proprie mancanze.
Davide Russo sembra invece non inseguire un progetto unitario e nelle opere si
colgono percorsi diversi evidenti anche nella varietà dei soggetti e dei formati. Si va
dall’infinitamente piccolo di un autoritratto,
fedelmente riprodotto con pratica fiamminga e poi volutamente cancellato da un’impronta di colore, alle citazioni cinematografiche con i volti in bianco e nero di alcuni miti hollywoodiani, anch’essi nascosti dietro
dallo spessore e dagli effetti imperfetti del
colore. Con un’aperta dichiarazione del potere della materia e dalla forza del segno e
della pennellata, la pittura si stende libera,
espressiva e veloce dentro scenari intrisi di
una cupezza che non concede via di scampo, in cui affiora un’umanità sofferente e delirante in bilico tra dato reale e visioni fantastiche. Una “bad painting”, indirizzata alla
catastrofe e al collasso, volutamente provvisoria e indecisa, che segnala anche la vitalità della pratica del non-finito e la tendenza
esplicita all’auto-cancellazione.